XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 44 di Giovedì 23 aprile 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), sull'applicazione del Fondo di solidarietà comunale e sul processo di attuazione del nuovo sistema contabile degli Enti locali (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Castelli Guido , sindaco di Ascoli Piceno, delegato per la finanza locale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 5 
Castelli Guido , sindaco di Ascoli Piceno, delegato per la finanza locale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 5 
Ferri Andrea , responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 6 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 9 
Fornaro Federico  ... 9 
Guerra Maria Cecilia  ... 10 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 11 
Ferri Andrea , responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 11 
Castelli Guido , sindaco di Ascoli Piceno, delegato per la finanza locale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 13 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 13 

ALLEGATI: Documentazione depositata dall'ANCI:

Allegato 1: Modalità di riparto del Fondo di Solidarietà Comunale (FSC) 2015 – Nota metodologica IFEL (importi soggetti a lievi variazioni) ... 15 

Allegato 2: Modalità di riparto del Fondo di Solidarietà Comunale (FSC) 2015 per le RSO – Nota metodologica ... 20 

Allegato 3: Conferenza Stato-Città e autonomie locali del 31 marzo 2015 – Nota sul punto 1 all'Odg – Fondo di solidarietà comunale 2015 ... 25

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), sull'applicazione del Fondo di solidarietà comunale e sul processo di attuazione del nuovo sistema contabile degli enti locali.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), sull'applicazione del Fondo di solidarietà comunale e sul processo di attuazione del nuovo sistema contabile degli enti locali.
  L'ANCI è rappresentata dal delegato per la finanza locale, il sindaco di Ascoli Piceno, dottor Castelli, che peraltro è stato ripetutamente ospite della nostra Commissione. Lo ringraziamo nuovamente per la sua disponibilità e gli cedo la parola per lo svolgimento della relazione.

  GUIDO CASTELLI, sindaco di Ascoli Piceno, delegato per la finanza locale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Siamo noi a ringraziarvi per averci voluto ospitare ancora una volta su un argomento complesso dal punto di vista sia politico sia tecnico. Ringrazio anche il direttore scientifico dell'IFEL, dottor Andrea Ferri, che sarà sicuramente più rigoroso e puntuale di me nell'esprimere alcuni aspetti che rappresentano una parte delle nostre preoccupazioni.
  Anticipo, quindi, la conclusione di questa breve illustrazione, visto che la relazione che condensa le nostre valutazioni è già stata consegnata agli atti. Sostanzialmente, invitiamo il Parlamento e il Governo a valutare come il miglioramento del ciclo economico e gli esiti positivi che potrebbero derivare dagli andamenti complessivi e migliorati della spesa pubblica, possano essere finalizzati, in tutto o in parte, a una correzione del trend di contenimento della spesa locale e di stress inflitto negli ultimi anni alla spesa dei comuni. Viviamo in un contesto in cui le molteplici riforme, già fatte, in corso o da farsi, richiedono un contesto finanziario di tranquillità e di serenità. Per riforme così complesse, quali riformare il catasto e la riscossione, favorire le aggregazioni delle municipalizzate e l'associazionismo dei comuni, rivedere la fiscalità immobiliare attraverso l'auspicata local tax, riordinare il sistema territoriale degli enti locali, si richiede una condizione diversa da quella che si è determinata negli ultimi 5-8 anni.
  Ripetiamo come se fosse un rosario sciorinato giorno per giorno di fronte a questa e ad altre Commissioni che il contributo cui i comuni sono tenuti è stato definito sproporzionato e impressionante, non da me o dal dottor Ferri, ma dal presidente della Corte dei conti Squitieri, il quale, a margine della valutazione dell'anno effettuata dalla Corte dei conti, ha valutato come, anche considerando l'aumento tanto vituperato delle entrate locali, Pag. 4la riduzione della spesa primaria del comparto dei comuni, pari al 7,8 per cento, sia stata la maggiore registrata dell'insieme del sistema Paese. Questa era proprio la riduzione della spesa primaria dei comuni, a fronte della riduzione dell'1,3 per cento per le amministrazioni centrali e, addirittura, di un aumento del 3,6 per cento della spesa previdenziale.
  La nostra considerazione è questa: non ci sottraiamo alle molteplici e complesse azioni di riforma che produrranno senz'altro, nel tempo e con la conveniente razionalità, ulteriori contributi al miglioramento dei saldi di finanza pubblica, ma chiediamo che tutto ciò avvenga ponendo uno stop a quello che sembra un trend inesorabile e incessante, di cui in parte intravediamo anche qualche presagio e segno nello stesso DEF. Vede, signor presidente, nel momento in cui nel DEF si parla di una potenziale spending review di 10 miliardi di euro, ma non si fa esplicito riferimento ai comparti che dovranno sostenere questa contrazione della spesa, si esprime una condizione complessiva di turbativa e di compressione delle possibilità operative.
  Parlo spesso della fiscalità difensiva come il risultato non di una smania tassaiola che guida la mano di sindaci pazzi che vogliono stritolare i contribuenti, ma come di un riflesso quasi pavloviano, che deriva dalla poca certezza del quadro complessivo. In questo contesto, quando non si ha certezza di quale dei comparti del sistema pubblico dovrà onorare l'esigenza di rientro della spesa, è difficile e complesso operare scelte previsionali programmatiche.
  Del resto, ma sul punto tornerà il direttore Ferri, sappiamo che quest'anno una parte cospicua di questo contributo va a rifluire nella grande sfida dell'armonizzazione contabile, che abbiamo realizzato proprio per rendere armonizzata la contabilità di tutti i pezzi di questo Paese. Se poi non si utilizza questa differenziazione, questa possibilità di comparazione, per chiedere unicuique suum, a ciascuno il suo, si rischia di vanificare una delle ragioni per cui abbiamo fatto questa riforma doverosa, utile e probabilmente storica. Tra le tante cose che il Parlamento e il Governo avevano deciso di fare con la legge delega n. 42, infatti, questa sicuramente è e sarà, anche se non voglio essere troppo enfatico, una riforma veramente importante e significativa, che ci sta affaticando non poco e che abbiamo accettato di portare avanti, affrontando ulteriori riduzioni di spesa. Il nostro auspicio, però, è che a fronte di questa contabilità armonizzata si possa essere capaci di modulare i sacrifici in maniera armonizzata per gli effetti.
  Prima di entrare nel merito di alcuni aspetti, sapete che con ogni probabilità, a fronte di quel trend di cui si diceva, la manovra 2015 si comporrà di tre elementi. C’è una riduzione significativa del Patto di stabilità, e l'obiettivo complessivo assegnato al comparto segna un -59 per cento, che va tuttavia posto in fase con le conseguenze dell'armonizzazione contabile. Non ho la pretesa di essere capace di aggiungere informazioni su questo, ma uno degli elementi cardine dell'armonizzazione contabile è che i bilanci dei comuni saranno depurati di somme consistenti, che dovranno essere accantonate e sterilizzate, quindi compensate da analoghe e corrispondenti riduzioni di spesa, relative ai cosiddetti residui di dubbia esigibilità.
  Questo importante aspetto, che generava indeterminatezza o comunque il rischio di una non inossidabile veridicità di alcuni bilanci, viene definitivamente affrontato. Ogni anno, quei crediti che non hanno le caratteristiche di esigibilità richiesti dalla normativa dovranno essere accantonati. Si prevede anche, qualora si producano dei disavanzi a carico dei nostri bilanci, che possano essere distribuiti nell'arco di un trentennio. Ciò costituisce il risultato uno degli incontri di volontà tra l'ANCI, il Governo e Parlamento.
  Se non vado errato, secondo le valutazioni del MEF e non secondo le nostre, che sono più abbondanti, questa somma cuba 1 miliardo e 750 milioni. Il miglioramento che abbiamo registrato relativamente alla maggiore possibilità di spesa per investimento Pag. 5da riduzioni dell'obiettivo di patto viene compensato da una riduzione della spesa possibile, che deriva proprio da quest'operazione di miglioramento ed efficientamento del nostro quadro. A questo si aggiunge una riduzione dei trasferimenti, pari a 1,2-1,5 miliardi di euro, come da legge di stabilità, e poi, per il resto, 288 o giù di lì, tra il decreto n. 95 e decreto il n. 66.
  Aggiungerò tre considerazioni prima di passare più specificamente nell'ambito tecnico. Anzitutto, quest'anno le riduzioni di spesa fanno registrare un evento che, con enfasi propria dei sindaci di provincia, stavo per definire storico. Per la prima volta, non essendo più alimentato da risorse statali il fondo di solidarietà comunale, è il territorio che cede risorse per circa 620 milioni di euro allo Stato centrale. È la prima volta che accade, nel senso che le rutilanti e continue riduzioni hanno portato a questo risultato non secondario. La responsabilità fiscale, anche se in una quota non mostruosa, è curiosamente analoga a quel fondo di 625 milioni di euro che l'anno scorso fu assegnato nella riforma IMU-TARES per consentire l'invarianza di gettito.
  Guarda caso, quello non solo non è stato riassegnato, ma addirittura segna questa coincidenza tra ciò che cediamo in termini di risorsa reale. Dell'IMU, presidente Giorgetti, in parte un euro va alla spesa statale, che non è esattamente ortodosso o, comunque, allineato ai princìpi dell'autonomia.
  Un secondo tema a noi caro e importante è che i comuni non si sottraggono. Nessuno pensa che in Italia vi sia un’«Arcadia» che si chiama comparto comunale. Chiediamo, tuttavia, che anche la modulazione dei sacrifici possa avvenire nel rispetto della nostra capacità di autorganizzazione. Questo significa che chiediamo al Governo e al Parlamento di avere i nostri obiettivi finanziari, in modo che Castelli ad Ascoli arrivi a un certo obiettivo. Come ci arriva è affar suo.
  Parlavo con il dottor Ferri del fatto che esiste anche quello che una volta si diceva contratto con la propria comunità. È un'iperbole, ma, se si decide di dare il caviale ai ragazzini dell'asilo nido, è una scelta, se viene dichiarata.

  PRESIDENTE. È un crimine.

  GUIDO CASTELLI, sindaco di Ascoli Piceno, delegato per la finanza locale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). È un crimine farlo dal punto di vista alimentare, ma una parte della nostra spesa deriva dal rapporto che sia con la propria comunità. Se questa capacità, ove vi sia, di erogare servizi di una certa qualità e di un certo standard è sostenuta da capacità fiscali autonome che onorano comunque i budget riconosciuti dallo Stato centrale, non vedo per quale motivo si debba verificare un'intrusione nella nostra capacità di organizzare.
  Il neocentralismo, quella parte forse meno apprezzata dall'ANCI rispetto a questo quadro, che sappiamo essere complicato, è esattamente questo, ovvero il fatto che vi sia una sorta di dirigismo che va nella carne viva dei comuni, che ripeto, anche quando vogliono e devono essere rispettosi dei vincoli o dei budget, si vedono proprio destinatari di incursioni spesso e volentieri particolarmente difficili da sopportare e digerire, ma sarà bene che sia il dottor Ferri a esprimersi al riguardo, soprattutto sull'armonizzazione contabile. Mi riferisco, ad esempio, alle diverse modalità con cui nel tempo si sono verificati questi famosi tagli.
  Richiamo i 17 miliardi di euro in cinque anni perché spesso abbiamo verificato che le modalità di composizione, la qualità del taglio, le modalità operative dei tagli stessi sono sempre diversi, quasi sempre successivi, postumi rispetto all'indicazione dell'obiettivo. Quello che succede in molti comuni – in questi giorni siamo tutti alle prese con il riaccertamento straordinario dei residui e con il bilancio di previsione – è che dalla Conferenza Stato-Città escono indicazioni tecnico-operative ad esempio per la modalità di applicazione del taglio che vanno nel senso di incidere in maniera diversa sul sistema dei comuni.Pag. 6
  Per carità, avverrà pure per ragioni che hanno una loro razionalità, ma i comuni da 3.000 a 10.000 abitanti, per come è stato composto il taglio e per come è stato messo in fase rispetto ad altri, per esempio a carico delle aree vaste o delle città metropolitane, saranno quelli che patiranno di più in relazione all'elemento territoriale e a quanto incide la distribuzione del taglio.
  Abbiamo bisogno di stabilità anche nei tagli o nei criteri di taglio. Lo sforzo dell'ANCI è di questo genere. Si parla dei comuni in genere come di un insieme omogeneo, ma non è così. I comuni sono più di 8.000, hanno caratteristiche diverse, sono perfettamente consapevoli di dover riequilibrare, ove necessario, certi aspetti della propria spesa, ma è difficile da accettare per poter imboccare seriamente un percorso di virtuosità è il dovere utilizzare davvero la sfera di cristallo per capire come il MEF tradurrà concretamente i sacrifici che dobbiamo accettare.
  Concludo qui per passare, col permesso del presidente, la parola al direttore Ferri, soprattutto per quanto riguarda alcuni aspetti dell'armonizzazione che vanno conosciuti per poter decidere.

  ANDREA FERRI, responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Vorrei chiarire un punto sui tagli. Per il forte impatto basato sulla spesa cui accennava il presidente Castelli abbiamo avuto i decreti nn. 95 e 66, che, in modo diverso ma sostanzialmente omogeneo, hanno inciso sulla spesa di cassa dei comuni. Purtroppo, nel documento che abbiamo esibito è saltata una piccola appendice, che riprendeva delle osservazioni critiche sull'incongruenza e inopportunità di operare sulla spesa di cassa.
  La spesa è un misto alimentato da sforzo fiscale proprio standard, sprechi, inefficienze, scelte di erogazione di servizi, ma anche il tipo di dati che si usano per approssimarla, quelli del SIOPE, più recenti perché si tratta di un sistema nuovo che ha grandi capacità di monitoraggio, non rappresentano l'anagrafica comunale in termini di spesa. Prendono, infatti, qualsiasi movimento di cassa che si sia verificato anche per situazioni occasionali per cui si spendono soldi regionali, dalle piccole alluvioni ai piccoli disastri ambientali che non hanno la caratteristica del grande evento, di cui tutti teniamo conto, e per mille altri motivi che non ripercorrerò.
  Secondo me, questo è un punto di grande importanza, perché c’è un'ideologia nel discorso del colpire la spesa che spesso va fuori bersaglio, proprio perché la spesa in sé, per di più la spesa di cassa – inizialmente, era di un anno solo, poi abbiamo introdotto delle variazioni – contiene istruzioni molto importanti. In queste, soprattutto i piccoli comuni hanno problemi, perché si verificano variabilità importanti.
  Sempre relativamente ai tagli, ma si collega a un discorso diverso e più importante di prospettiva sulla normalizzazione del sistema, abbiamo avviato nel 2015 sulla base di una norma della legge di stabilità 2013-2014, il riparto di una quota apparentemente modesta del fondo di solidarietà sulla base di capacità fiscali nonché fabbisogni standard, citando quasi testualmente la norma aggiunta nel 2013. Inizialmente, c'era l'ipotesi di usare solo i fabbisogni standard. Si disse che il sistema era monco considerando solo tali fabbisogni e che era necessario considerare le capacità fiscali per ovvi motivi.
  Probabilmente, c’è stato nel sistema sia politico sia tecnico di attuazione delle leggi un grande sforzo, tuttora in corso, per definire fabbisogni standard sulla base di molti dati raccolti dei quali sono ancora in corso gli aggiornamenti. Il tempo passa e, quindi, si pone il tema di aggiornamento già all'ordine del giorno per i fabbisogni. Abbiamo lavorato sulle capacità fiscali che, salvo alcuni aspetti, sono un argomento più semplice dal punto di vista concettuale e analitico.
  Non c’è stata, però, una altrettanto approfondita discussione sulle modalità applicative degli schemi di perequazione. Sono due cose completamente diverse. Si può aver definito nella maniera migliore o Pag. 7più approssimata, comunque accettata e condivisa l'anagrafica, cioè come si identifica dal punto di vista dello standard 8.000 enti molto diversi tra loro, ma si può non avere alcuna idea su come applicare nel concreto uno schema perequativo.
  In questo le leggi ci aiutano, ma più a usar prudenza. Bisogna discutere di come funziona. Il meccanismo che è stato applicato con apparente limitatezza, perché riguardava il 20 per cento del fondo, vuol dire 740 milioni di euro. Non è una cifra enorme, pure in un contesto di calo di risorse, che non è certo tra i più favorevoli per operazioni di questo genere. Il meccanismo applicativo che, però, alla fine è prevalso è stato quello di avere un cosiddetto target perequativo, cioè un punto di riferimento per l'individuazione per ogni singolo ente di quale sarebbe l'ipotetico punto di arrivo del meccanismo di perequazione, pari a 13,5 miliardi di euro.
  Questo significa che, per distribuire 740 milioni, si è fatto riferimento a un'ipotetica perequazione generale di tutte le risorse standard disponibili, cioè i gettiti fiscali, IMU e TASI al netto della trattenuta e fondo di solidarietà. Sono 13 miliardi di euro per le regioni a statuto ordinario. Chiaramente, facendo questo ragionamento e prendendo l'80 per cento, come da modalità ordinarie, e il 20 per cento in base a quest'ipotetica perequazione generale di ben 13 miliardi, le variazioni intervenute sulle assegnazioni dei comuni sono molto più alte del valore dei 740 milioni rapportato al totale delle risorse: 740 milioni sono il 4,8 per cento delle risorse standard, di questo 13,8, l'apparato su cui si applica il fondo di solidarietà facendo i conti con i tributi standard e così via. Questo 4,8 per cento per un certo numero di comuni importante può arrivare al 7, all'8, al 10 per cento e oltre in più o in meno rispetto alla situazione base, se non avessimo applicato il sistema. Spero di essere riuscito a spiegarmi.
  C’è una specie di effetto ottico, come un prisma che prende un ammontare di un certo valore, che appunto sarebbe il 4,8 per cento delle risorse di tutti i comuni, una cifra per nulla trascurabile, ma determinata in quel modo, e si arriva a redistribuire non più o meno intorno a questo 4,8 o intorno alla media, come avevamo proposto, ma si arriva a redistribuire fino a +10 e -10 per cento delle risorse.
  In sostanza, la nostra critica, dal punto di vista dell'approccio politico all'avvio di questa faccenda, è che forse bisogna andare un po’ più cauti in prima battuta, perché diversi elementi convergono tutti insieme quest'anno, soprattutto su segmenti più fragili. Abbiamo verificato che, soltanto con l'effetto di perequazione 2.000 comuni al di sotto dei 10.000 abitanti, di cui 1.500 al nord – non è un problema nord-sud, ma più piccolo/grande, anche per motivi tecnici di come funziona il meccanismo dei fabbisogni e delle capacità fiscali – che hanno un ulteriore taglio, con quelli corretti negativamente nella perequazione, di oltre il 20 per cento dei tagli di legge dei 1.500 milioni di cui parlava il presidente Caselli poco fa, si supera il 100 per cento.
  Sono forse cose sulle quali non si è prestata un'attenzione adeguata. Abbiamo cercato di contenere una certa istanza innovativa e di applicazione di certi meccanismi. Spero che ci sia modo con il decreto sugli enti locali per avere un'attenzione sull'analogo tema relativo alla compensazione dei terreni montani. Quando ci sono problemi di stima su una piccola quota di gettito, 270 milioni sul segmento sconosciuto, si possono compiere tanti errori per forza di cose, perché non ci sono i dati e così via, e quindi c’è il rischio che, su un segmento particolare di comuni, che sono piccoli, con territori montani importanti, si addensi un altro taglio. Sono elementi di segmento che meritano una maggiore attenzione rispetto a quella che noi stessi siamo riusciti a richiedere in fase istruttoria.
  Tra l'altro, questo è un elemento importante. Se arrivassimo, come chiediamo, a un approfondimento sugli schemi applicativi della perequazione, potremmo stare tranquilli che si correggerebbe quel che va corretto della prima attuazione e poi si Pag. 8andrebbe avanti in un tempo ragionevole. Non si è più bravi, infatti, se si fa più in fretta la perequazione. Normalmente, si perequano situazioni di vecchia data, per cui c’è comunque bisogno di un'assoluta gradualità, come recita la legge n. 42 e come peraltro dice il buonsenso.
  Tutti gli schemi perequativi dei trasferimenti statali erano decennali-dodicennali negli anni Novanta-Duemila ipotizzati, ma mai veramente e pienamente attuati. È molto importante, però, avere quell'approfondimento, perché possiamo dire che, nel medio periodo, ciascun comune ha un suo target, una linea di convergenza e si sa che deve restringere o che deve allargarsi. Questo deve essere considerato come una sorta di elemento segnaletico di accompagno di un'operazione di riequilibrio, speriamo non di ulteriori tagli, altrimenti sarebbe un altro scenario ancora. Se, invece, non abbiamo uno schema perequativo ben condiviso che regga al tempo, avremo sempre shock di questo tipo, troppo veloci, troppo lenti, ogni anno con qualche elemento di variazione di criterio che contribuisce a ulteriori shock e stress di cui non abbiamo bisogno.
  Il nuovo sistema contabile ha avuto un'importante evoluzione negli ultimi mesi, nel senso che devo dire che è stata una delle operazioni su cui ha funzionato un elemento di concertazione, di ascolto e di verifica sul territorio. È chiaro che adesso, dopo la sperimentazione, durata tre anni, siamo di fronte all'emersione di tanti problemi nuovi. Altro è una sperimentazione condotta con centinaia di comuni, altro l'applicazione dei nuovi princìpi su tutto il territorio.
  Abbiamo concordato con Parlamento e Governo, sia con modifiche normative intervenute e che potrebbero intervenire ulteriormente, sia con modifiche amministrative. Il principale elemento amministrativo di monitoraggio di accompagno di forma della contabilità è la Commissione ARCONET, costituita da tutti i soggetti più coinvolti in senso scientifico, professionale e di rappresentanza istituzionale, che ha un potere istruttorio importante, potendo proporre modifiche di princìpi contabili, che poi, per decreto ministeriale, possono essere adottate in modo delegificato.
  Naturalmente, altre cose non hanno queste caratteristiche, ma contiamo che questa capacità di affinamento possa funzionare, così come ci sembra sia stato saggiamente considerato importante evitare un impatto troppo repentino, in particolare, del fondo crediti di esigibilità, che è l'elemento restrittivo più importante, di immediato impatto, assieme all'accertamento dei residui di straordinario. Il fondo crediti di esigibilità, che impatta direttamente nella sterilizzazione della spesa, ha un termine quinquennale nella legge di stabilità per essere assorbito integralmente nel bilancio corrente.
  Questo termine quinquennale con una modifica di princìpi viene adottato anche a consuntivo. Per un'asimmetria della norma, infatti, si era trattato soltanto l'aspetto preventivo, ma è evidente che, se ci fosse la necessità di coprire integralmente al 100 per cento a consuntivo l'intero ammontare del fondo, l'effetto restrittivo sarebbe quasi identico, perché nel corso della gestione non emergono risorse in automatico che permettono di gestire il peso. Quest'aspetto è considerato e trattato, quindi, a livello sia amministrativo sia legislativo. Diverse delle osservazioni che la stessa Commissione bicamerale fece a suo tempo in qualche modo sono state riprese da questi interventi di flessibilizzazione.
  Si è considerato il tema della sperimentazione, sollevato suo tempo come un elemento da considerare anche in fase di attuazione, e si sta cercando di continuare a consideralo. Effettivamente, gli enti sperimentatori partono da una situazione di vincolo finanziario molto più bassa, e quindi subiscono un impatto maggiore, perché decade quello sconto di patto che l'anno scorso valeva oltre il 50 per cento con l'abbassamento dell'obiettivo di avanzo.
  La formulazione degli obiettivi di quest'anno è cambiata notevolmente con qualche piccolo vantaggio per gli enti sperimentatori, probabilmente va un po’ seguìta Pag. 9meglio anche in fase di aggiustamento in corso d'anno. Altro è, infatti, l'aspetto Patto di stabilità, che ha dei momenti di allentamento in corso d'anno a seconda del patto verticale incentivato, nel senso che diversi aspetti non concludono il vincolo di patto con la pubblicazione che si spera avverrà tra breve.
  Certamente, però, almeno in accordo con la Ragioneria e con il Governo, ma nell'ambito però di una norma di legge, quindi dell'ipotetico e auspicato decreto sulla finanza locale, si renderà possibile operare un'ulteriore riaccertamento. Questi enti sperimentatori hanno fatto il lavoro iniziale sulla base di regole più restrittive di quelle che oggi sono state allestite per l'avvio del sistema su scala nazionale. È ipotizzabile che, di fronte all'occasione di una diluizione dell'assorbimento dell'accertamento straordinario, ad esempio, ulteriori residui possono emergere. Questo si è sostenuto da parte nostra sotto il profilo tecnico di applicare.
  Tra le nostre proposte, che invece non hanno accettazione fino adesso, non hanno intesa tecnica, c’è il fatto di poter intervenire con una provvista di cassa analoga a quella del DL n. 35 per i pagamenti pregressi quando l'ente locale, a fronte dell'applicazione dei vari aspetti dell'armonizzazione, si ritrovi nella duplice condizione di disavanzo di amministrazione e in anticipazione di cassa. Probabilmente, una fascia di enti, non localizzati per latitudine – ci sono città importanti e comuni più piccoli, più fragili – dovrebbe poter godere di una provvista di cassa analoga al meccanismo tutto sommato poco costoso dell'anticipazione usata per i pagamenti pregressi per sostenere il passaggio con un ulteriore strumento.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FEDERICO FORNARO. Ringrazio i rappresentanti l'ANCI anche per la pacatezza dell'esposizione, che apprezzo soprattutto se commisurata alle urla che ho ascoltato in queste settimane.
  Credo che i soggetti auditi abbiano posto questioni molto importanti. In particolare – la senatrice Guerra potrà essere più precisa al riguardo – ritengo che le questioni sollevate dal dottor Ferri rispetto al tema del fabbisogno e all'utilizzo degli strumenti scientifici per arrivare alla corretta ripartizione del fondo, che sono ancora aperte, abbiano fatto emergere criticità molto significative. Ritengo che vada in questa sede sollecitato nuovamente in maniera formale un decreto urgente sul tema degli enti locali, di cui si parla da alcune settimane e che evidentemente è ancora in fase di realizzazione, come è stato confermato peraltro nell'audizione di fronte alle Commissioni bilancio da parte del presidente Fassino e del presidente dell'UPI. Credo che esso sia assolutamente necessario non soltanto per mettere a posto la questione del fondo, dei 625 milioni di euro, relativo all'integrazione IMU-TASI, ma anche perché una serie di questioni regolamentari deve essere riordinata.
  Rilevo che questa Commissione ha posto da tempo un faro su tutta la partita del nuovo sistema contabile e, anche di recente, abbiamo richiamato sul tema il Governo. Credo e spero che il Governo possa accompagnare... questa è stata, devo dire, la sua disponibilità fin dall'inizio a una «rigidità» rispetto a una nostra richiesta di allungare l'introduzione del nuovo sistema. Dall'altra parte, ci è sempre stata dichiarata la disponibilità invece a intervenire qualora emergessero dei problemi. Devo dare atto che sono il 36 per cento.
  Certamente, da questo punto di vista, potrebbe essere utile, proprio in un sistema di relazioni, poter utilizzare forse meglio l'esperienza degli sperimentatori; ad esempio, Comunicando quali siano stati i comuni sperimentatori perché si crei anche sul territorio un sistema positivo.
  Sollevo un'ultima questione che giudico molto problematica. Mi permetto di rilevare che si continua a porre l'accento sul carattere montano dell'IMU, che, però, in questo momento, non si applica più ai comuni montani. Devo dare atto al Governo Pag. 10di avere sistemato dal punto di vista formale la questione col decreto sui rimborsi, ma non ancora con la cassa. Constato, invece, un problema rilevante ancora per i comuni della cosiddetta collina svantaggiata, che si sono ritrovati il taglio a dicembre sul fondo 2014, autorizzati a fare un accertamento convenzionale.
  A questo punto, non credo che il dato della differenza negativa finirà nel conto consuntivo 2014. La certificazione di questa differenza è successiva al 31 marzo: nella tempistica, dovendo approvare il consuntivo entro fine aprile, credo che nessuno l'abbia inserito, anche perché altrimenti salterebbero tutti i patti di stabilità e, per essere chiari, anche da questo punto di vista senza nessuna colpa degli amministratori.
  Siccome questo rappresenta alla fine un residuo attivo di dubbia esigibilità, hanno rivisto il taglio esattamente uguale nel fondo del 2015, e quindi si troveranno con una certa gestione. Segnalo che, a quel che mi risulta da dati assolutamente «random» e senza alcuna validità scientifica, mentre nel nord siamo su una forbice tra il 20 e il 30 per cento in meno rispetto allo stimato del Ministero, al sud la percentuale è molto più significativa e per molti comuni significa centinaia di migliaia di euro, e non stiamo parlando di comuni di grossissime dimensioni. Nel sud ci sono comuni che hanno estensioni molto grandi, che prima non erano soggetti e adesso lo sono diventati. Intanto, occorre che si inizi ad indicare i nomi giusti e che, successivamente, si possa trovare all'interno del decreto una soluzione a tale problematica, altrimenti non avremo messo una bomba a orologeria sotto i bilanci di centinaia di piccoli comuni, considerata la difficoltà di gestione nel passaggio ad eventuali pre-dissesti e dissesti. Questo è il rischio vero, infatti, oltre ai problemi di cassa che ne conseguono.

  MARIA CECILIA GUERRA. Vorrei tornare sulla questione dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali per accertarmi di aver capito bene. Da quanto il dottor Ferri ci ricordava, sono due i problemi. Da un lato, avremmo un modello perequativo di lungo periodo, relativamente al quale occorre decidere; dall'altro, bisognerebbe capire se, applicando quel modello, avremmo problemi di avvicinamento nel tempo da gestire perché non siano troppo traumatici. Si tratta pertanto di due questioni separate.
  È chiaro, a mio avviso, nel modello che ha rappresentato, che gli effetti su singoli comuni, per quanto mediati dal 20 per cento, possano avere un'incidenza molto forte, e, quindi, probabilmente c’è la necessità di valutare il percorso per non avere, se lo si accelera, effetti di riproporzionamento eccessivi nel breve periodo.
  Non ho ben compreso la valutazione concernente il modello. Si è ipotizzato che si possa fare una perequazione vera, totale, cioè si è preso tutto il gettito dei tributi standard, si è partiti dai 13 miliardi, le capacità fiscali standard, più il fondo. Praticamente questo è stato equiparato ai fabbisogni standard. Vorrei capire il legame tra le due cose. Il modello perequativo di legge che verrebbe è di là da essere pensato, da quello che lei mi dice, perché di legge avremmo non un unico fondo, tanto per cominciare, ma due. Uno sarebbe regolato solo dalla capacità fiscale standard per le funzioni non fondamentali; l'altro, che richiede la conoscenza di capacità e fabbisogni, sarebbe regolato per le funzioni fondamentali. Non mi sembra che questo passaggio sia stato precisato e, forse, non è tanto facile da compiere, ma occorre essere più strigenti al riguardo, essendoci una normativa.
  Mi piacerebbe capire come, fuori dagli incontri di qualche tavolo, si possa comprendere il meccanismo per esercitare una funzione di controllo sull'applicazione delle norme. Francamente, credo che sia nostro dovere esplicitarlo. È possibile avere informazioni al riguardo ? Inoltre, ha delle critiche da muovere non solo al percorso di avvicinamento, ma anche al target dato ?
  Inoltre, nell'esame che abbiamo fatto, come Commissione, dei fabbisogni standard, ovviamente abbiamo sollevato tanti rilievi, ma non pregiudiziali, anche riguardo Pag. 11alla bontà del processo, che richiedono un'applicazione molto monitorata e attenta. In particolare, abbiamo insistito, come aveva già insistito questa Commissione anche nelle precedenti pronunce sui fabbisogni standard, sulla necessità di un'attività che abbiamo chiamato di benchmarking, di controllo sostanziale e confronto tra i singoli comuni. Il fatto che i dati siano stati messi a disposizione dei singoli comuni ha portato a vostra conoscenza un'attività di valutazione sulla loro congruenza rispetto all'esperienza dei singoli comuni, che possa aiutare in questa fase di revisione e di aggiornamento dei dati a essere più precisi ?

  PRESIDENTE. Do quindi la parola ai nostri ospiti per la replica.

  ANDREA FERRI, responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). È chiaro che ci sono due punti di avvicinamento e contenuto del modello. Metodologicamente, mi preme far presente in tutte le sedi che l'aspetto contenuto del modello deve essere approfondito. Di certo, è un problema non averlo approfondito in maniera assolutamente insufficiente sotto il profilo tecnico, ma anche a livello politico. Sono, infatti, scelte che dipendono anche da come si interpreta un determinato riferimento alla legge n. 42, in base ad un ragionamento di buonsenso.
  Siamo arrivati a 10 miliardi di euro di tagli operati rispetto alla legge n. 42. La distanza dal 2009-2010 è di quasi 10 miliardi di tagli sul comparto comunale, quindi una rivoluzione dentro i tributi. Ci sarebbe anche da dire, forse, che è necessaria una rivisitazione, essendo peraltro successo altro. Dal punto di vista metodologico, questo tipo di dibattito politico deve essere svolto e non può dirsi liquidato qualsiasi sia e qualsiasi fosse la qualità del modellino applicato per questo 20 per cento al 2015. Questo è un primo aspetto che giudico molto importante.
  Ovviamente, sono tutti argomenti nei quali c’è un gioco sempre a somma zero, peggio ancora che sui tagli. Si qualifica, infatti, il comparto con comuni che tra fabbisogni e capacità fiscali «vincono» e comuni che tra fabbisogni e capacità fiscali «perdono». È evidente che, per noi, direi anche associativamente, è estremamente importante che si sviluppi un dibattito di elevato livello sull'argomento. Non stiamo discutendo su un comune che smargina da una parte o dall'altra. È un tema sul quale uscire alla fine, per il 2016, con un robusto schema di ampia condivisione.
  L'unico modo che ho per valutare l'avvicinamento sono i risultati e non c’è un metodo che, siccome mi riporta a più 200 per cento, è considerato positivamente. Se i risultati mi portano al raddoppio dell'aspettativa sensoriale, per cui ero al 5 per cento di redistribuzione e mi trovo qualcuno con una distribuzione di più 10 e 0 meno 10, ho un problema a priori, tanto più se all'origine di tutto c’è solo una prescrizione di legge che impone di redistribuire il 20 per cento. La legge non dice di redistribuire il 20 per cento facendo riferimento a un preciso intero ammontare. È molto concisa sul fatto che il 20 per cento sia di più del 10 che la legge esprimeva inizialmente e comunque si tratta di una misura piccola. Se, invece, rapporto le variazioni derivate come risultato da questo a un 100 per cento di riferimento, mi accorgo che forse c’è un problema di gradualità, prima di tutto non ben compreso da tutti i decisori. Penso quindi che vi sia anche questo problema e andrebbe mediata con tale elemento la tendenza a dire di ampliare perché il problema di riequilibrio è molto importante. Dipende allora dal modello. Inizialmente, la proposta governativa era di lavorare su una perequazione che riguardasse l'intero ammontare delle risorse fiscali standard, con target perequativo cosiddetto di 30 miliardi di euro. Noi avevamo ipotesi diverse per cominciare, proprio per consentire una discussione più approfondita, ma abbiamo a disposizione una quota di qualcosa che va a riequilibrare 13 miliardi di euro: ha senso che ci poniamo il problema di perequare tutte le capacità fiscali che riguardano l'addizionale Pag. 12IRPEF piuttosto che le tariffe ? Le capacità fiscali riguardano quote anche del tutto estranee all'operazione specifica fondo di solidarietà. Come testè ricordato, effettivamente il fondo di solidarietà è un oggetto derivato dalle ipotesi di perequazione, ma non discendente da quelle prescrizioni. Il fondo di solidarietà è stato introdotto per effetto di un eccesso di tributi, di ICI. Il passaggio ICI-IMU ha condotto a una situazione in cui non si reggeva, territorialmente parlando, una base imponibile che, oltre a essere più alta a Parma che a Potenza, per motivi anche strutturali, addirittura cresceva per le abitazioni del 60 per cento. Di perequativo nei termini dettati dalla legge n. 42 c’è pochissimo e, quindi, anche tale meccanismo andrebbe ripensato, in quanto si sta compiendo un'operazione un po’ troppo forzata al riguardo.
  Siamo scesi, anche su nostre sollecitazioni e rifiutando comunque schemi più modesti che avevamo proposto, comunque a una dimensione di grandissimo rilievo: usare il fondo di solidarietà per perequare 13 miliardi di euro e usare infine uno schema analitico che cerca di rappresentare al suo interno il ruolo della perequazione delle funzioni fondamentali al fabbisogno con la popolazione che pesa il 30 per cento. Indico intanto che la nota metodologica è uscita. Essa non è completa, perché ci sono elementi di cui non c’è comprensione, ma voi siete in grado di chiamare SOSE per far studiare per filo e per segno il meccanismo.
  Quello che, però, rileviamo è che lì dentro c’è un'immagine evocativa dell'ipotesi della legge n. 42. Naturalmente, però, non basta che certe espressioni si assomiglino perché si sia fatta un'operazione positiva, perché il contesto è completamente diverso. Non voglio crederlo, ma il rischio è che si dia e si voglia dare ad intendere che quel tipo di analisi – si introduce la popolazione, ma non si sa se c'entri o meno – introduca una formula estremamente complessa per stabilire la quota di ciascun comune su un totale di riparto, utilizzando appunto coefficienti di riparto che non sono né quello dei fabbisogni né quello delle capacità fiscali, considerato inoltre che poi ci sono problemi tecnici per arrivare a ripartire in maniera inversa e così via.
  Deve essere chiaro che quell'insieme di meccanismi è un tentativo empirico per avviare il sistema, ma che non ha né la base di condivisione e robustezza tecnico-politica né, a nostro avviso, la sufficiente prudenza per poter essere qualcosa che viaggia in maniera duratura nel tempo, indipendentemente dagli altri aspetti di contorno, che altrimenti influenzano ogni momento.
  Quanto al benchmarking e al problema dei dati, vogliamo cogliere l'occasione dell'aggiornamento di questi mesi, che spero possa concludersi in breve, perché serve per arrivare a elaborazioni entro ottobre, che in qualche modo possono servire anche per lo scenario che si va prospettando sul 2016. Vogliamo usarlo, però, anche per rinnovare molto fortemente il sistema di pubblicizzazione dei dati.
  OpenCivitas non rappresenta in maniera adeguata anzitutto il rapporto con le spese storiche, la cui ricostruzione per singolo comune è stata fatta in una maniera che può produrre delle rappresentazioni molto fuorvianti. Alcuni servizi riguardano il 2009, altri il 2010, si sono ipotizzati dei riproporzionamenti che non sempre funzionano, i dati storici erano affetti, ancora fino a pochi mesi fa, da errori incomprensibili su capoluoghi di provincia o di regione che non è chiaro come possano essere avvenuti.
  Quest'occasione serve non solo ad irrobustire il meccanismo dei fabbisogni, relativamente poco influenzato da tutto l'eventuale problema di rappresentazione, mentre i giornali, la pubblicistica e quel commentare un po’ estemporaneo usano quel tipo di rapporto come a giudicare efficienze e inefficienze e non hanno, invece, nessun tipo di rapporto con l'efficienza e l'inefficienza, a renderlo più forte rispetto all'utilizzo che se ne deve fare in questi schemi ma anche a migliorare radicalmente il sistema di pubblicizzazione. Quello è il modo con cui i comuni possono in qualche modo riconoscersi in un sistema Pag. 13che li aiuta a fare politiche di contenimento della spesa, di autodiagnosi di quanto serve, di prodotti congiunti che dovrebbero essere del sistema dei fabbisogni.
  Speriamo poi di poter improntare un'attività di supporto proprio sulla spesa, che non è il nostro campo tradizionale. Noi siamo più orientati ai contributi, alle entrate e ai fabbisogni, ma vorremmo poter lavorare un po’ più sulla spesa, perché effettivamente sul tema dell'associazionismo e su quello della concentrazione dei centri di spesa saremo incalzati nei prossimi tempi e c’è un trade-off tra spinta alla razionalizzazione della spesa, alla riduzione e rappresentanza democratica. Bisogna trovare forme in cui si possa irrobustire anche in questo caso la capacità gestionale di forme associative più forti di quelle che fino adesso abbiamo visto.

  GUIDO CASTELLI, sindaco di Ascoli Piceno, delegato per la finanza locale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). A partire dall'esperienza concreta di sindaco, anche nel mio caso, mentre, come strumento di autodiagnosi, costi e fabbisogni standard hanno rappresentato un'occasione di confronto, si genera invece un disallineamento rispetto ai risultati attesi quando, in questo momento così complicato di contrazione di risorse, si sa o si presume che certe schematizzazioni presidieranno ai tagli.
  A fronte di questa mole di tagli, infatti, è inevitabile che il ragioniere cerchi un risultato che possa mitigare certi effetti. Devo essere onesto e sincero: si rischia anche di produrre un atteggiamento di minore adesione al risultato atteso dovuto al fatto che i costi e i fabbisogni standard nascono in un contesto di finanza derivata. Il costo e il fabbisogno standard nella sanità è una cosa, il costo e il fabbisogno standard nel sistema territoriale è un'altra, dove ormai c’è totale autofinanziamento. Questo vuol dire dover adeguare la modellizzazione a questo problema.
  L'esperienza concreta, quindi, è, in attesa di aggiornamento, quella di massimizzare il significato in termini benchmarking e autoanalisi e raggiungere quanto prima una schematizzazione certa, qualora si ritenga comunque di usare i costi e i fabbisogni anche come metro per la distribuzione dei sacrifici e delle riduzioni di spesa. È necessario saperlo prima e con certezza. La questione della diversificazione tra molteplicità dei criteri di taglio diventa un problema oggettivo, se si vuole raggiungere quell'obiettivo.
  Concludo dicendo che abbiamo un'esperienza simile in previsione anche della famosa inclusione in una logica di consolidato delle questioni delle nostre società partecipate all'interno dei nostri bilanci. Se si vuole raggiungere quest'obiettivo, che è condiviso, è necessario condividere in maniera molto precisa i criteri. Mi pare ci sia un rinvio al 30 settembre. Se si vuole fare, non si deve renderla impossibile. Il mondo delle autonomie è così molteplice e modulare richiedere un atteggiamento molto mirato.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare i rappresentanti dell'ANCI per i loro interventi e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegati) avverto che sullo stesso argomento giovedì prossimo ascolteremo il dottor Verde e la dottoressa Lapecorella, che ci illustreranno il loro punto di vista sul tema e che, nei prossimi giorni, sarà pronta la relazione semestrale, così almeno possiamo procedere all'esame e alla sua approvazione. Continuano poi i contatti per quanto riguarda le audizioni in prospettiva comparata.
  Dichiaro pertanto chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.15.

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ALLEGATO 2

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