XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 87 di Mercoledì 15 aprile 2015

INDICE

Audizione dell'on.Gianni Alemanno, già sindaco di Roma:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 2 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Mirabelli Franco  ... 15 
Fava Claudio (Misto-PSI-PLI)  ... 16 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 17 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 17 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 17 
Esposito Stefano  ... 18 
Falanga Ciro  ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Falanga Ciro  ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Garavini Laura (PD)  ... 20 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 20 
Garavini Laura (PD)  ... 20 
Falanga Ciro  ... 20 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 20 
Mirabelli Franco  ... 21 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 21 
Mirabelli Franco  ... 22 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 22 
Bindi Rosy , Presidente ... 22 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 22 
Fava Claudio (Misto-PSI-PLI)  ... 22 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 22 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 23 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 23 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 24 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 24 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 24 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 24 
Mirabelli Franco  ... 25 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 25 
Garavini Laura (PD)  ... 26 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 26 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 26 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 26 
Bindi Rosy , Presidente ... 26 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 27 
Bindi Rosy , Presidente ... 27 
Falanga Ciro  ... 27 
Bindi Rosy , Presidente ... 27 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 27 
Bindi Rosy , Presidente ... 28 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 28 
Bindi Rosy , Presidente ... 28 
Alemanno Gianni , già sindaco di Roma ... 28 
Bindi Rosy , Presidente ... 28

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.30.
  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Audizione dell'on. Gianni Alemanno, già sindaco di Roma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'onorevole Gianni Alemanno, già sindaco di Roma. L'audizione ha ad oggetto le vicende contenute nell'inchiesta cosiddetta «Mafia capitale».
  Avverto che, ai sensi dell'articolo 15 del Regolamento interno, l'audizione si svolge in forma libera e che l'audito si avvale della facoltà di farsi assistere da un legale di fiducia nella persona dell'avvocato Francesco Sacco. L'onorevole Alemanno è altresì accompagnato dal dottor Antonio Liguori e dal dottor Simone Viti. Ricordo inoltre che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  Nel ringraziare l'audito per la sua presenza, cedo ora la parola all'onorevole Alemanno, il quale ha altresì predisposto le copie del suo intervento che possono essere distribuite ai commissari.

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Grazie, presidente. Come ho già dichiarato, per me è un dovere e un onore riferire in questa importante Commissione sul tema dell'infiltrazione della criminalità organizzata nella città di Roma e in particolare nell'amministrazione capitolina, ma ovviamente il fatto di essere personalmente coinvolto in qualità di indagato in un'indagine difficile e complessa come «Mafia capitale» impone dei limiti a questa testimonianza.
  L'inchiesta infatti è tuttora in corso, mentre numerosi boatos giornalistici preannunciano l'arrivo di nuove ondate di provvedimenti giudiziari. Per questo è impossibile da parte mia, come da parte di chiunque, esprimere un giudizio complessivo sul valore, sulla fondatezza e sul significato di tale inchiesta.
  Solo quando questa sarà completata e tutti gli atti saranno depositati a disposizione delle parti, sarà possibile realmente esprimersi senza tutte quelle cautele, che sono oggettivamente e soggettivamente necessarie in questa fase.
  Da parte mia posso soltanto illustrare quanto ho percepito nel corso del mandato da sindaco e quanto sono riuscito a comprendere successivamente, in base alla lettura delle ordinanze e delle rivelazioni giornalistiche. A valle di questo posso tentare di formulare delle semplici ipotesi in forma aperta e problematica.
  L'unica certezza che vi devo manifestare è la mia completa estraneità rispetto alle ipotesi di reato e alle connivenze che mi vengono addebitate nella ricostruzione di questi presunti fenomeni criminosi, ma anche da questo punto di vista mi sforzerò di non interferire con l'inchiesta in corso e inviterei tutti, a cominciare dal sottoscritto, a non trasformare questa audizione libera in un improprio atto istruttorio.
  La prima domanda a cui credo di dover rispondere anche in base alla lettura dell'audizione del sindaco Marino e del prefetto Pecoraro è quella sulla percezione di infiltrazioni mafiose all'interno delle istituzioni capitoline. C'era all'interno delle istituzioni la consapevolezza o almeno la percezione o il sospetto che ci potesse essere un'infiltrazione di criminalità organizzata addirittura di stampo mafioso ?Pag. 3
  La risposta è identica a quella che è già stata data dal prefetto e dal sindaco in carica: non c'era nessuna idea, neanche lontana, di un simile a rischio all'interno del Campidoglio. Si potevano temere azioni corruttive, ci si pone da sempre il problema di mantenere entro limiti di legittimità e legalità l'attività di lobbying esercitata dai diversi gruppi economici e imprenditoriali, ma un sospetto di questo genere non ci ha mai neppure sfiorato.
  Eravamo però in buona compagnia: non soltanto politica e burocrazia capitolina apparivano ignare di questi rischi, ma nessun segnale è arrivato dalle altre istituzioni statali e territoriali, dalle forze politiche, dalle rivelazioni giornalistiche o dal dibattito culturale nella nostra città.
  Per essere più precisi, un primo, inquietante segnale sulla possibile presenza di infiltrazioni mafiose nella città arrivò con l'inchiesta giornalistica I quattro re di Roma di Lirio Abbate su L'Espresso del 12 dicembre 2012, poi ripresa e ampliata alla vigila della campagna elettorale, quindi alla conclusione del mio mandato, dalla puntata di Report del 14 aprile 2013 su Rai3.
  Se però si riesaminano quell'articolo e quella trasmissione televisiva, emerge con chiarezza che la denuncia di criminalità organizzata riguardava quasi esclusivamente attività legate al territorio, non direttamente attinenti la pubblica amministrazione.
  Tutto l'articolo di Abbate del 2012 è incentrato sul controllo dello spaccio della droga, e l'unico accenno che viene fatto a rapporti con uomini della nostra amministrazione è in questa frase quanto mai generica, scritta riferendosi a Carminati: «Chi trent'anni fa ha condiviso la militanza nell'estremismo neofascista sa di non potergli dire di no, per questo la sua influenza si è moltiplicata dopo l'arrivo in Campidoglio di Gianni Alemanno, che ha insediato nelle municipalizzate come manager o consulenti molti ex di quella stagione di piombo».
  Al contrario, l'inchiesta di «Mafia capitale». del pool della procura di Roma non fa quasi alcun riferimento allo spaccio della droga, il cuore dell'articolo di Abbate, e presenta le attività criminali sul territorio come un sottofondo intimidatorio per la penetrazione mafiosa all'interno delle istituzioni.
  Di queste infiltrazioni in Campidoglio – lo ripeto ancora una volta – non vi era alcuna percezione all'interno del dibattito pubblico e del confronto politico nella nostra città. Durante i cinque anni del mio mandato sono stato accusato di qualsiasi cosa da parte di opposizioni e media particolarmente aggressivi, dalla neve a Roma, dagli episodi criminali sul territorio, alle difficoltà economiche della città, ma mai di questo tipo di connivenze.
  Stesso discorso nella campagna elettorale 2013, dove era entrato in campo un soggetto del tutto nuovo, il Movimento 5 Stelle, completamente estraneo agli equilibri politici e quindi alle eventuali connivenze della consiliatura che mi ha visto sindaco.
  Prima di procedere oltre nel comprendere questa situazione, dobbiamo fare un passo indietro di alcune decine di anni, per indagare su quello che giornalisticamente è stato definito «il comune passato nell'estremismo di destra» di esponenti della mia amministrazione e di personaggi coinvolti in «Mafia capitale», segnatamente Massimo Carminati.
  Ho già avuto modo di sottolineare di non aver mai conosciuto personalmente Massimo Carminati, e anzi di aver sempre pensato, fino all'articolo de L'Espresso di dicembre 2012, che questo personaggio non avesse più alcun ruolo all'interno della città già da molto tempo.
  Successivamente alla pubblicazione di questo articolo, mi sono preoccupato di chiedere personalmente a tutti i miei collaboratori provenienti dalla militanza giovanile di destra se avessero rapporti di qualche genere con il Carminati, ma le risposte da parte di tutti sono state nettamente negative, con l'ammissione da parte di qualcuno solo di un'antica conoscenza, priva di ogni valenza politica, sociale o economica.
  Tutto questo deve essere inquadrato in una frattura radicale che affonda le sue radici fin dagli anni ’70, il conflitto fra Pag. 4quella che può essere definita una «destra istituzionale», quella dell'MSI e poi di Alleanza Nazionale caratterizzata dalla partecipazione alle elezioni e dalla normale dialettica parlamentare, e quella che può essere definita una destra extraparlamentare o addirittura eversiva, che invece condannava in modo assoluto l'impegno politico nelle istituzioni.
  Quella spaccatura ha separato e contrapposto questi due mondi, in modo non molto diverso dallo scontro che ci fu in quegli anni fra il PCI, il movimento delle autonomie e le brigate rosse.
  Peraltro, basta leggere le intercettazioni di Massimo Carminati per constatare non solo l'assoluta assenza di un contatto diretto con il sottoscritto, ma anche il tono di massimo disprezzo con cui parlava di me con gli altri interlocutori. La stessa lontananza e ostilità che contrapponeva i politicanti che avevano fatto un percorso istituzionale e gli estremisti che avevano invece compiuto scelte profondamente diverse.
  Per essere ancora più precisi, ci sono esempi di persone che, pur avendo un passato da extra-parlamentare, nel momento della nascita di Alleanza Nazionale hanno deciso di aderire a questo progetto. Tutte le persone di destra che ho coinvolto in posizioni significative nell'amministrazione capitolina sono state selezionate in base a questa scelta: tutti, nessuno escluso, avevano aderito da tempo ad Alleanza Nazionale, professando una chiara scelta di rispetto per le istituzioni democratiche, rompendo (o dicendo di rompere) ogni rapporto politico e sociale con gli ambienti estremisti.
  Per questo motivo, almeno dal mio angolo di percezione, non c'era, né ci poteva essere, alcuna continuità tra gli uomini del mio entourage e il mondo di riferimento di Massimo Carminati.
  Aggiungo che è falsa anche l'immagine secondo cui io mi sia circondato nella mia azione istituzionale soltanto di persone provenienti da militanza di destra. In realtà fra i miei collaboratori erano presenti persone di ogni provenienza, da Franco Panzironi approdato in AN venendo da una lunga militanza democristiana, a Liborio Iudicello, da me nominato segretario comunale direttore generale, la massima carica burocratica all'interno del Campidoglio, pur essendo cresciuto in esperienze amministrative guidate da uomini di sinistra (ricordo che è stato il segretario generale della provincia di Firenze guidata da Matteo Renzi) ai vari capi di gabinetto, tutti magistrati privi di ogni connotazione politica, fino a numerosi manager di municipalizzate, scelti quasi tutti in base alle loro esperienze tecniche, senza particolari coloriture politiche.
  In ogni caso difendo la storia della destra politica e sociale di Roma, in particolare quella dei giovani militanti degli anni ’70 e ’80 che, salvo frange marginali, non è una storia di criminali o di eversori, ma di persone che hanno fatto un preciso percorso politico di legalità e di adesione ai dettami costituzionali, dalle lotte politiche degli anni ’70 fino alla nascita di Alleanza Nazionale nel congresso di Fiuggi del 1995.
  Tutto quanto fin qui detto non mi esime da una severa autocritica sui metodi da me seguiti nello scegliere i dirigenti apicali delle municipalizzate. Come ho già detto, queste scelte nella stragrande maggioranza dei casi non furono dettate da criteri politici, ma sicuramente, a fronte dell'importanza e della gravità degli incarichi che si dovevano distribuire, non è corrisposta da parte mia un'adeguata attenzione sui metodi di selezione dei candidati.
  Questo deriva principalmente dall'ordine delle priorità che ho dato alla mia amministrazione. Mi sono concentrato soprattutto sulle infinite emergenze di una città come Roma, mettendo in secondo piano il necessario approfondimento sulla selezione del capitale umano.
  Voglio anche enumerare una serie di azioni che la nostra amministrazione ha attuato nel corso degli anni in Campidoglio, per contrastare i fenomeni di infiltrazioni mafiose sul territorio (ripeto: sul territorio, non nelle istituzioni di cui non avevamo percezione) e per combattere ogni forma di mitizzazione culturale di vecchi fenomeni criminali come la banda della Magliana.Pag. 5
  Il 15 luglio 2008 abbiamo creato all'interno dell'amministrazione capitolina un dipartimento per la sicurezza sotto la regia del generale Mario Mori, con cui abbiamo promosso e firmato il secondo e terzo Patto per Roma sicura. Il 23 aprile 2009 abbiamo aderito come Roma Capitale all'osservatorio per il controllo degli appalti promosso dalla provincia di Roma sotto la presidenza Zingaretti e la prefettura di Roma, e successivamente, il 4 marzo 2012, abbiamo aderito alla consulta antimafia promossa dalla provincia di Roma.
  Il 21 giugno 2011 abbiamo istituito insieme alla camera di commercio e alla prefettura di Roma un osservatorio sulle compravendite di società, per monitorare e combattere l'infiltrazione mafiosa nell'economia della città. Siamo più volte intervenuti sugli organi d'informazione con colloqui diretti, oltre che in sede di comitato provinciale per l'ordine pubblico e per la sicurezza, per sollecitare le istituzioni preposte alla massima vigilanza contro la criminalità organizzata, specialmente dopo una serie di omicidi e gambizzazioni avvenute nei quartieri di Roma.
  In particolare, il 5 luglio 2011 ho scritto all'allora Ministro dell'interno, Roberto Maroni, per chiedere una forte risposta degli apparati di pubblica sicurezza dello Stato ai gravi episodi criminali avvenuti in quei giorni nella capitale. Il 24 novembre 2011 mi sono recato dal Ministro gli interni Anna Maria Cancellieri per chiedere un coordinamento fra tutte le forze disponibili, per avere una strategia di contrasto alla criminalità organizzata a Roma.
  Abbiamo rafforzato la rete degli sportelli antiusura a Roma, con la firma il 28 settembre 2011 di un protocollo antiracket con l'associazione FAI di Tano Grasso e la nomina di un appartenente di tale associazione, l'avvocato Luigi Ciatti, come delegato del sindaco per le politiche di contrasto all'usura e all'estorsione.
  Abbiamo denunciato con forza, suscitando anche molte polemiche, il carattere diseducativo per le giovani generazioni della serie televisiva Romanzo criminale, che presentava gli appartenenti alla banda della Magliana come affascinanti eroi maledetti nella più efferata storia criminale della nostra città.
  Abbiamo sostenuto infine sugli organi di stampa e facilitato sul piano amministrativo la decisione dell'autorità religiosa di traslare dopo decine di anni, il 18 giugno 2012, la salma di Enrico De Pedis fuori dalla chiesa di Sant'Apollinare.
  In realtà l'unico personaggio con cui tutte le parti politiche e la struttura amministrativa del Campidoglio avevano rapporti era Salvatore Buzzi. Non deve stupire che l'attuale sindaco di Roma, Ignazio Marino, volendo fare una donazione simbolica in campo sociale, abbia conferito la sua prima indennità proprio alla cooperativa 29 giugno.
  Come riportato in un articolo di Miriam Mafai del 1984 su La Repubblica, Buzzi ha rappresentato da sempre, in particolare per la sinistra romana e italiana, il simbolo del percorso di riabilitazione e reinserimento di un detenuto. Nonostante la gravità del reato per cui era stato condannato, Buzzi si distingue nel carcere di Rebibbia, vero laboratorio delle politiche di riabilitazione dei detenuti dopo la fine dell'emergenza degli anni di piombo, come un modello di approfondimento intellettuale, di impegno artistico e di relazione politica.
  Questo gli vale la grazia del Presidente Oscar Luigi Scàlfaro e, attraverso lo storico impegno di Angiolo Marroni come garante dei detenuti nella regione Lazio, l'adozione da parte del PCI come riferimento su cui puntare per i nuovi esperimenti di cooperazione sociale per dare lavoro i soggetti svantaggiati, tra i quali gli ex detenuti.
  La legge istitutiva della cooperazione sociale è la n. 381 del 1991, e la Cooperativa 29 giugno, costituita nel 1985, si qualifica come un polo propulsore di questo settore fin dall'elezione di Francesco Rutelli a sindaco di Roma nel 1993.
  Da allora, lo spazio imprenditoriale e sociale occupato da questo gruppo si è progressivamente allargato presso tutte le istituzioni territoriali che operano nella nostra città, tenendo anche presente che la Pag. 6già citata legge n. 381 prevede riserve di appalti e affidamenti diretti per le cooperative sociali di tipo B, ovvero quelle che hanno tra i loro soci soggetti svantaggiati.
  Per questi motivi, quando mi sono insediato in Campidoglio, Salvatore Buzzi si presentava legittimamente come un punto di riferimento imprescindibile, quasi un monopolista, nei diversi campi di lavoro in cui poteva operare la cooperazione sociale. Buzzi era diventato uno dei principali esponenti della lega delle cooperative a Roma e il portavoce ufficiale di tutte le centrali (Confcooperative, AGCI) in materia di cooperazione sociale.
  Aggiungo che anche il sottoscritto proviene da esperienze politiche e sociali simili, essendo stato per anni responsabile di Alleanza Nazionale per il settore non profit e soprattutto, durante la mia esperienza da ministro, il naturale punto riferimento nel centrodestra per il movimento cooperativo.
  Su queste basi si è costituito un rapporto di dialogo politico e anche di disponibilità personale fra il sottoscritto e il presidente della Cooperativa 29 giugno, non avendo alcun interesse a interpretare il ruolo del sindaco di destra chiuso in un ostracismo pregiudiziale nei confronti del cooperativismo sociale, della solidarietà e del reinserimento dei detenuti.
  Al contrario, con la delibera n. 124 del 23 aprile 2009 la nostra giunta fissò al limite massimo del 5 per cento previsto dalla legge la riserva di appalti per le cooperative sociali, suscitando gli apprezzamenti di tutte le centrali cooperative di ogni colore e di tutto il mondo del terzo settore.
  Nonostante questo atteggiamento positivo, nella prima parte del mio mandato ho cercato di ridimensionare il ruolo egemone che la Cooperativa 29 giugno aveva ereditato dall'amministrazione Veltroni. Questo ha generato una lunga e dura conflittualità fra il sottoscritto e le cooperative sociali guidate da Salvatore Buzzi e pienamente appoggiate da tutta l'opposizione di sinistra, durata dal 5 novembre 2009 al 28 settembre 2010, documentata in un libro appositamente stampato diffuso da Buzzi che ho messo fra gli allegati.
  In sintesi, l'idea che la Cooperativa 29 giugno abbia avuto un imprevisto salto di livello nella propria attività grazie alla nostra amministrazione deve essere ridimensionata e contestualizzata sia perché questo gruppo era già sulla strada di una progressiva crescita con le due precedenti giunte di centro-sinistra, sia perché durante il nostro mandato sono sopraggiunte una serie di emergenze tali da provocare l'espansione del naturale ambito di attività della cooperazione sociale.
  In questo senso va spiegato l'allargamento del campo nomadi di Castel Romano, nato durante l'amministrazione Veltroni e da sempre gestito dal gruppo di Salvatore Buzzi. Quando il 28 settembre 2012 un'emergenza di carattere igienico-sanitario ci impose di chiudere il campo di Tor de’ Cenci, le possibilità di trasferire i nomadi ivi residenti erano solo due: il campo La Barbuta sul lato opposto della città e il campo di Castel Romano poco lontano sulla via Pontina.
  Salvatore Buzzi si offrì di procedere a un rapido allargamento del campo, utilizzando un'area limitrofa già di sua proprietà, e questa possibilità fu colta dall'amministrazione proprio per fronteggiare l'emergenza.
  Stesso discorso va fatto per l'aumento esponenziale di richiedenti asilo e rifugiati causato dall'operazione Mare Nostrum, per la cui ospitalità si misero rapidamente in movimento tutte le realtà sociali e imprenditoriali specializzate nell'assistenza alloggiativa tra cui, in posizione storicamente preminente, quelle aderenti alla Lega delle cooperative.
  Questo aumento di impegno, come risulta dalle audizione del prefetto Pecoraro e del sindaco Marino, si è registrato in egual misura sia nelle gare del comune che in quelle della prefettura.
  L'obbligo derivante dalle direttive europee di aumentare esponenzialmente la raccolta differenziata dei rifiuti in un breve arco di tempo ha moltiplicato la necessità dell'AMA di ricorrere all'esternalizzazione dell'attività di raccolta e riciclaggio, trovando anche in questo caso il gruppo di Buzzi in posizione dominante. In tutte queste Pag. 7attività la cooperazione sociale poteva usufruire sia delle corsie preferenziali previste dalla legge n. 381, sia di prezzi altamente concorrenziali rispetto a qualsiasi altra realtà imprenditoriale.
  Se non fosse avvenuta la retata del 2 dicembre scorso, tutto lascia credere che il percorso di crescita della Cooperativa 29 giugno sarebbe continuato del tutto immutato anche sotto l'amministrazione Marino, come dimostrano gli ottimi rapporti già instaurati durante la campagna elettorale con gli uomini della futura giunta di centro-sinistra.
  In tutta questa vicenda ovviamente non posso non render conto dei contributi economici che le diverse imprese legate alla galassia della Cooperativa 29 giugno hanno dato alla Fondazione Nuova Italia di cui sono presidente e le cene di finanziamento delle mie campagne elettorali 2013 e 2014.
  Si tratta di contributi regolarmente registrati e tracciati, che assommano, secondo il decreto della procura della Repubblica di Roma che mi riguarda, a 75.000 euro più 40.000 euro, in un arco di tempo che va dal gennaio 2012 fino al settembre 2014. Sono somme che rappresentano una frazione assolutamente minoritaria nelle raccolte economiche realizzate in queste circostanze e che non sono immediatamente evidenti nel loro insieme, perché erogate da sigle imprenditoriali e cooperativistiche completamente diverse.
  Queste sigle possono essere ricondotte a Salvatore Buzzi solo dopo un'attenta ricostruzione della sua vasta galassia societaria, che io personalmente ho potuto compiere soltanto in base ai risultati dell'inchiesta «Mafia capitale».
  Bisogna sottolineare che il gruppo Buzzi era impegnato anche nel finanziamento legale delle campagne elettorali di Ignazio Marino, di altri gruppi politici di destra e di sinistra, nonché nelle cene di finanziamento promosse dall'attuale Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Si tratta di un'attività di lobbying il cui carattere trasversale era molto enfatizzato da Salvatore Buzzi, proprio per dimostrare che, nonostante la sua dichiarata appartenenza al PD, il mondo sociale e imprenditoriale da lui diretto comprendeva lavoratori e interessi di tutti gli orientamenti politici.
  In questo quadro si spiega anche l'aiuto offerto da Buzzi in termini di presenza di pubblico alla mia manifestazione al cinema Adriano del 13 ottobre 2013, una presenza promessa ma in realtà non attuata, come si evince dalle conversazioni telefoniche tra Buzzi e Panzironi, e di raccolta di preferenze per il sottoscritto nelle elezioni europee del 2014.
  Buzzi sottolineava sempre la sua propensione a dare lavoro ai soggetti svantaggiati senza fare discriminazioni politiche, e quindi la presenza tra i suoi lavoratori anche di persone di destra disponibili a partecipare alle nostre attività.
  In tutte le 1123 pagine dell'ordinanza firmata dal GIP Flavia Costantini il 29 novembre 2014 non esiste alcun riscontro, né mio raccordo con Salvatore Buzzi che metta in relazione queste utilità con atti amministrativi di mia pertinenza.
  Infine una nota di colore: le telefonate e gli sms di Salvatori Buzzi intercettate dagli inquirenti mettono in evidenza un linguaggio volgare e spregiudicato, un umorismo particolarmente cinico, che però non corrisponde affatto alla mia esperienza. In ogni interlocuzione con me, pubblica e privata, il presidente della Cooperativa 29 giugno ha sempre utilizzato un linguaggio estremamente attento, educato, politically correct, come si addice alla sua immagine, simbolo della cooperazione sociale e di redenzione degli ex detenuti.
  Un'altra specifica va fatta anche per quanto riguarda il ruolo e il percorso amministrativo che hanno contraddistinto Luca Odevaine. Come è noto, il vicecapo di gabinetto del sindaco Veltroni fu allontanato dalla mia amministrazione capitolina poche settimane dopo il suo insediamento, per andare poi ad assumere la carica di comandante della polizia provinciale dell'amministrazione di Nicola Zingaretti.
  Quello che però va sottolineato per spiegare la continuità di determinati percorsi è che Odevaine, nel vasto campo di deleghe che aveva nel gabinetto Veltroni, Pag. 8gestiva anche tutto il settore dei nomadi, degli immigrati e dei rifugiati politici. È in questa fase della sua attività che consolida l'esperienza e la rete di relazioni in questo settore.
  Questo non vuol dire, né io mi sogno di affermare, che l'allora sindaco Walter Veltroni e poi presidente Nicola Zingaretti, che lo ha designato come rappresentante dell'UPI sul tavolo del Ministero dell'interno per la gestione dell'accoglienza, avessero una qualsiasi cognizione del modo in cui Luca Odevaine organizzava e orientava la sua attività. Lo dico per evidenziare che tra indirizzo politico e gestione amministrativa, al di là di quanto previsto dalla legge Bassanini, ci può essere una reale, profonda separazione di responsabilità e di consapevolezza.
  A Luca Odevaine personalmente devo la singolare calunnia di aver esportato soldi in contanti in Argentina. In un'intercettazione del 13 gennaio 2014 Luca Odevaine, parlando con i suoi collaboratori, dice: «sai che Alemanno ha fatto quattro viaggi, lui e il figlio, con le valigie piene di soldi in Argentina, se li so’ portati con le valigie piene de contanti».
  Questa incredibile idea secondo la quale il sindaco in carica di Roma fa da spallone con il figlio allora minorenne per portare soldi in contanti in uno dei paesi più finanziariamente instabili del mondo e con cui non ho avuto nessun rapporto, a parte due viaggi turistici nell'arco di vent'anni, non trova alcuna particolare attenzione da parte degli inquirenti, ad oggi non risulterebbe avviata nessuna rogatoria in Argentina, né tantomeno alcun riscontro nelle risultanze delle indagini.
  Questa calunnia manifestamente infondata diviene però occasione per grandi titoli in prima pagina sui giornali e per notizie sul web, ancora oggi indicizzate da Google ai primi posti delle ricerche sul mio nome.
  Tutto quanto fin qui raccontato prescinde dal rapporto creatosi dal 2012 in poi tra Salvatore Buzzi e Massimo Carminati. È questo l'elemento imponderabile che, per quello che ci è dato di capire, non solo attrae l'attenzione degli inquirenti, ma spiazza e rende vane le poche difese immunitarie che le istituzioni potevano erigere a propria difesa.
  Come ho già detto, dopo aver letto l'articolo di Lirio Abbate su L'Espresso del dicembre 2012, cercai di verificare l'esistenza di eventuali rapporti di Massimo Carminati con uomini della nostra amministrazione. Li ho cercati ovviamente tra le persone provenienti da una storia di destra, ma non potevo certo immaginare che questo contatto potesse passare attraverso Salvatore Buzzi, il quale in nessuna occasione mi ha mai citato l'esistenza di questo rapporto.
  Massimo Carminati, pur non avendo pendenze con la giustizia prima dell'arresto del 2 dicembre 2014, non avrebbe mai potuto accreditarsi con le nostre istituzioni, essendo un pregiudicato senza alcuna particolare rappresentatività sociale. Si era tenuto lontano dalla politica del centro-destra, non aveva mai aderito o parteggiato per AN o per il PdL, non aveva mai cercato contatti con il sottoscritto, era sconosciuto a quasi tutti i dirigenti politici del Campidoglio.
  Non ho elementi di conoscenza soggettiva, se non quanto letto nelle carte delle inchieste e sulle pagine dei giornali, per giudicare l'attività di Carminati sul territorio, quello che so per certo è che la sua esistenza non era una notizia diffusa in Campidoglio, tantomeno qualcuno mi mise in guardia sul suo possibile ruolo di condizionamento sull'amministrazione.
  È per me francamente difficile comprendere cosa abbia portato un già accreditato e potente rappresentante della cooperazione sociale come Salvatore Buzzi a costituire un rapporto stabile con una persona problematica come Massimo Carminati, anche a prescindere dalla reale natura di questo rapporto.
  Come testimoniano le famose fotografie della cena organizzata presso la sede del centro Baobab il 28 settembre 2010, Buzzi riusciva con le sue sole forze a mettere attorno al tavolo, oltre che il sottoscritto, personaggi del calibro di Umberto e Angiolo Pag. 9Marroni, il futuro Ministro Giuliano Poletti, tutto il vertice delle cooperative e buona parte del PD romano.
  Aveva risolto già in quella data la sua conflittualità con l'amministrazione capitolina di centro-destra dopo quasi un anno di aspre lotte, e per accreditarsi nelle istituzioni e verso la nostra amministrazione non aveva alcun bisogno di mettere in circuito la presenza in un ex appartenente alla banda alla Magliana, che anzi non poteva non risultare nociva e screditante.
  Sarà l'inchiesta a fornire una risposta a tutte queste domande, se siamo di fronte a un'incredibile leggerezza o a un disegno criminale così contorto da apparire a me incomprensibile, ma rimane il fatto che il rapporto tra Salvatore Buzzi e Massimo Carminati e tutto quanto può essere derivato da esso è rimasto ignoto, oltre che al sottoscritto, anche a tutti gli organi di informazione, a tutte le forze politiche e, salvo la procura di Roma, a tutte le istituzioni preposte all'ordine pubblico nella nostra città.
  Al termine di questa audizione provo a fare alcune considerazioni di carattere sistemico sulle debolezze manifestate dall'amministrazione capitolina rispetto ai problemi evidenziati dall'inchiesta.
  Esiste da sempre un'area grigia di tolleranza da parte degli enti locali rispetto a provvedimenti che riguardano le fasce di disagio sociale. Delle problematiche delle emergenze abitative, del reinserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati, dell'assistenza di immigrati, dell'assegnazione di locali ad associazioni sociali si tende a fare un più disinvolto ricorso a pratiche di emergenza, ad affidamenti diretti e a controlli meno pervasivi.
  D'altra parte, a livello comunale i settori sensibili in termini di legalità e di controlli sono sempre stati considerati altri (urbanistica e lavori pubblici, grandi appalti di beni e servizi) anche per gli interessi economici che muovono, miliardi di euro a fronte di qualche decina di milioni utilizzati per nomadi e immigrati. Tutto questo, mescolato alle crescenti emergenze che segnano la nostra società in una fase di crisi economica, apre uno spazio ampio e pericoloso a inserimenti tutt'altro che trasparenti di strutture organizzate in grado di strumentalizzare le fasce sociali più disagiate.
  A prescindere dall'insorgere di fenomeni realmente criminali, si pone il problema di aumentare il grado di controllo e la solidità delle procedure in questi contesti. Questo riguarda in particolare la sfera del terzo settore e segnatamente la cooperazione sociale. Recentemente il Governo ha promosso un disegno di legge di riordino delle normative sul non profit, oggi particolarmente frammentarie, lacunose e contraddittorie.
  L'impresa sociale per sua natura ha la necessità di operare in mercati protetti, attraverso riserve di quote e procedure speciali, ma la normativa che designa queste necessità deve essere oggi precisata e aggiornata, per evitare comportamenti discrezionali e incontrollabili.
  Il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro nella sua audizione presso questa Commissione ha dichiarato: «Noi siamo completamente senza paracadute», per sottolineare la mancanza di precise fonti informative in grado di valutare persone e ambienti che vengono in contatto con le diverse amministrazioni, soprattutto quando è in corso un'inchiesta ancora secretata da parte della magistratura.
  Se lo dice un prefetto, che è la massima autorità dello Stato sul territorio, questo vale a maggior ragione per un sindaco e per un amministratore locale. È necessario trovare un metro affinché i rappresentanti delle istituzioni siano messi in condizioni di accedere a fonti informative garantite dal punto di vista istituzionale, che permettano di evitare all'origine contatti pericolosi.
  Il magistrato Alfonso Sabella diventato assessore al comune di Roma ha rilasciato in un'intervista su La stampa del 7 luglio la seguente dichiarazione riferita al Campidoglio: «Una macchina amministrativa totalmente fuori controllo, la patologia è quella che di fronte a un ceto politico locale scarsamente preparato c’è una burocrazia comunale in grado di amministrare, decidere, scegliere senza che nessuno possa ostacolarla».Pag. 10
  Questo severo giudizio sulla macchina burocratica capitolina si scontra con la profonda demotivazione che caratterizza tutto il mondo dei dirigenti e degli impiegati comunali. La radice è una costante inadeguatezza delle istituzioni e dei suoi apparati burocratici rispetto agli enormi problemi che presenta una capitale come Roma.
  Durante il mio mandato, con la legge per Roma Capitale abbiamo cominciato a rafforzare questa struttura, ma per renderla veramente adeguata bisogna creare apparati che in termini di qualificazione, di potere e anche di stipendi siano almeno a livello di quelli ministeriali, distinguendo definitivamente Roma dagli altri 8.300 comuni italiani.
  Tra queste nuove strutture che bisogna costituire all'interno di Roma Capitale è necessario promuovere non solo la centrale acquisti, già costituita sotto la nostra amministrazione e rafforzata durante quella del sindaco Marino, ma anche una centrale appalti, che unifichi in un'unica struttura fortemente controllata e qualificata tutte le gare di appalto, che oggi sono disperse presso ogni dipartimento comunale.
  Analogamente è necessario conferire l'azionariato di tutte le società municipalizzate a una holding che svolga per le società partecipate il ruolo di centrale acquisti e centrale appalti. Saranno queste strutture a valutare oggettivamente dove ricorrano condizioni di somma urgenza, di affidamento diretto e di concessioni facilitate per motivazioni sociali.
  Una riflessione a parte va fatta rispetto ai personaggi che hanno seguito un percorso di riabilitazione dopo aver commesso gravi reati. Ho letto nei verbali delle audizioni precedenti molti commenti ironici sul fatto che l'autore di un omicidio come Salvatore Buzzi potesse assumere ruoli di grande importanza come erogatore di servizi pubblici. La funzione riabilitativa della pena è garantita dalla nostra Costituzione e quindi bisogna sviluppare un pensiero e degli interventi correttivi che vadano oltre le suggestioni nel momento in chiave di garantismo o di giustizialismo.
  In ogni caso non possiamo dimenticarci che tutte le statistiche indicano che la percentuale di recidiva di ex detenuti reinseriti attraverso strutture sociali è un decimo rispetto a quelle di ex detenuti abbandonati a loro stessi.
  Questi problemi vanno affrontati a Roma come in altre città a prescindere dagli esiti dell'inchiesta «Mafia capitale», perché non bisogna aspettare l'insorgere di fenomeni criminali per comprendere le difficoltà con cui si misurano le nostre amministrazioni a diretto contatto con la società e con il territorio.
  Gli amministratori locali ormai da troppi anni sono abbandonati a se stessi nell'affrontare difficilissimi compiti con risorse sempre più scarse e con partiti politici e rappresentanze sociali sempre più destrutturati e incapaci di accompagnare positivamente l'azione amministrativa.

  PRESIDENTE. La ringraziamo anche per averci fornito un testo scritto, perché questo rende più spedita la fase successiva che è dedicata alle domande.
  Noi di solito seguiamo il metodo prima della formulazione delle domande da parte di tutti i commissari e poi delle risposte, perché questo garantisce una sorta di parità tra tutti, altrimenti i primi sarebbero avvantaggiati anche nei tempi che non sono mai abbastanza.
  Comincerei io, accogliendo un passaggio della sua introduzione e ribadendo che è un'audizione libera anche se questa è una Commissione d'inchiesta e non abbiamo alcuna intenzione di trasformarci in magistrati. Facciamo il nostro lavoro, che tuttavia non ci richiede meno impegno nell'individuare gli aspetti più critici e più problematici, per cercare di approfondirli anche in una sede parlamentare, politica.
  La prima domanda che le vorrei rivolgere è relativa al fatto che, al di là di qualche intervista, questa è la prima occasione nella quale lei ha potuto esprimere le sue valutazioni su questa vicenda che l'ha interessata e che, se non sbagliamo, la vede indagata anche per il 416-bis. Mi sembra che lei non sia stato mai sentito in sede giudiziaria.Pag. 11
  La prima domanda che quindi vorrei farle è perché non abbia sentito la necessità di chiarire da subito questa sua posizione che, rispetto a quella di tutti gli altri, è particolarmente delicata proprio per il suo ruolo di sindaco ricoperto negli anni nei quali una parte importante dell'inchiesta ha visto verificarsi i fatti più importanti, e anche perché lei viene da tutti indicato come il capo di un'amministrazione nella fase nella quale, al di là delle cose che lei ci ha detto, la mafia capitale avrebbe avuto un insediamento e uno sviluppo ancora più forte dentro l'amministrazione, proprio in virtù di questa difesa che ha voluto svolgere in questa sede.
  Lei qui ha ribadito di non conoscere Carminati, come aveva già detto in alcune interviste, però Carminati era invece ben conosciuto da alcuni suoi collaboratori. Risulta chiaramente dall'ordinanza di rapporti frequenti, che denotavano un certo potere, la possibilità di esercitare un'influenza non indifferente da parte di Carminati nei confronti delle scelte compiute dalla sua amministrazione. In particolare, cito due persone a lei molto legate: il suo capo della segreteria Lucarelli e Franco Panzironi, che con lei condivideva e condivide la responsabilità dentro la sua fondazione politica.
  Negare la conoscenza di Carminati da parte di queste due persone non è possibile, dato quanto risulta dall'inchiesta, quindi in sede politica, anche a partire dal fatto che ciascuno di noi ha esperienza di amministrazione, di rapporti con i propri collaboratori, della differenza che c’è tra i nostri collaboratori e i funzionari della pubblica amministrazione, delle due l'una: o i suoi collaboratori avevano un potere autonomo rispetto a lei o è difficile per noi capire come rapporti così assidui da parte del suo capo della segreteria non potessero avere qualche conseguenza e risonanza o almeno informazione o da parte sua conoscenza di questa realtà.
  Sembra infatti che siano stati molto influenti in quelle nomine, che lei dice quasi tutte fatte per competenza. Questo «quasi» mi ha colpito un po’, quel «quasi» sembra abbastanza ampio e in quel «quasi» e non solo in quello questi due signori erano interlocutori fissi di alcuni personaggi che forse non avevano proprio chiarito la differenza tra la destra eversiva, la destra sociale e la destra istituzionale.
  La terza domanda riguarda il suo rapporto con Buzzi. È vero che tutti quelli ai quali abbiamo rivolto domande, come anche a ciascuno di noi, anche a me poteva essere capitato di partecipare a un incontro della Cooperativa 29 giugno, perché era considerata un fiore all'occhiello e molti esponenti anche di parte politica diversa dalla sua sono rimasti non poco meravigliati per quanto è accaduto, e molti hanno fotografie insieme; ma è difficile spiegare con la semplice trasversalità che caratterizzava Buzzi il fatto che una persona cresciuta nell'ambiente della sinistra, come lei dice, un fiore all'occhiello della sinistra, anche di quella intellettuale e istituzionale, non solo finanziasse (secondo lei una piccola parte, ma, sebbene i costi della politica siano molti, non proprio una piccolissima parte) i finanziamenti ancorché legittimi che sono arrivati alla sua fondazione e le sue campagne elettorali, ma quello che colpisce anche qui è una sorta di confidenza eccessiva su questo punto, ovvero che non sia tanto Buzzi che offre, quanto Buzzi che viene continuamente sollecitato dai suoi collaboratori a dare una mano alla sua attività politica. In particolare, soprattutto il momento, se mi permette, nel quale sono arrivate le tre tranche di 10.000 euro tutte riconducibili a Buzzi, ancorché con nomi diversi, giunte dopo una lunga lotta per cambiare l'atto di programmazione del comune.
  Questo è un dato che ci ha sorpreso, perché questi tre finanziamenti arrivano proprio dopo che Buzzi la spunta con una serie di colloqui sempre con i soli collaboratori, perché poi è vero che l'attività è trasversale, ma passare da 26 milioni del 2010 a 50 milioni nel 2013 di attività delle cooperative di Buzzi è difficile dire che sia sintomo della sua volontà di ridimensionarlo. Questi sono i dati e quindi da questo punto di vista non potevamo non fare questa domanda.Pag. 12
  Andrei avanti su un altro punto; risulterebbe che alle elezioni europee sarebbero arrivati voti dagli «amici del sud», però sappiamo che con alcuni di questi amici del sud Buzzi aveva stabilito dei rapporti di affari non indifferenti, perché abbiamo scoperto i collegamenti con la Calabria, le cooperative costituite a Roma da parte di ’ndranghetisti.
  Questi amici del sud vengono chiaramente qualificati come «i mafiosi». È vero che questo lo dice con sua moglie, però non le ha fatto nascere qualche dubbio di chi fossero ?
  L'altra domanda è relativa a un altro aspetto, quello che riguarda l'Argentina. Non ritorno su quella che lei ha definito «la calunnia di Odevaine», però sul perché il furto che c’è stato a casa sua, collegato al presunto trasferimento, non sia mai stato denunciato ci piacerebbe avere delle risposte.
  Sono iscritti in molti, quindi io mi fermo qua.

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Se posso rispondere, visto che sono cinque domande abbastanza impegnative, sarò rapido.
  Per quanto riguarda la prima domanda, quando l'inchiesta è partita e sono stati portati gli avvisi di garanzia i miei legali si sono interfacciati con il pool degli inquirenti, dichiarando la mia disponibilità a essere ascoltato, ma il pool degli inquirenti ha ritenuto che non fosse ancora il tempo di questo confronto, perché l'inchiesta era ancora in corso.
  Noi quindi ci siamo offerti, ma sono gli inquirenti a dire che, a meno che non volessi confessare o autodenunciarmi, non c'era motivo per sentirmi. Da quel momento in poi non ho avuto alcun atto istruttorio e alcuna sollecitazione. Fin dall'inizio comunque i nostri legali si sono resi disponibili.
  Questione Carminati. Le pagine dell'ordinanza sono 1243, però per quello che risulta a me Franco Panzironi non ha mai avuto rapporti con Carminati, ha sempre avuto rapporti con Buzzi, non con Carminati.

  PRESIDENTE. La proprietà transitiva vale molto più dell'esplicito riferimento dei nomi.

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. No, per tutto quello che ho spiegato fino adesso non è la stessa cosa. Il fatto che Panzironi potesse parlare con Buzzi non significa assolutamente che pensasse di parlare anche con Carminati. Questo non lo sapeva nessuno. Escludo che un vecchio democristiano come Franzo Panzironi si sarebbe messo a chiacchierare con un ex appartenente della banda della Magliana, e comunque nell'ordinanza mi pare che non ci sia alcuna traccia di questo.
  Per quanto riguarda Lucarelli c’è una sola traccia di una telefonata che non è intercettata, ma viene raccontata da Buzzi alla moglie, quindi non c’è neanche la dimostrazione oggettiva che ci sia stato un rapporto diretto fra Lucarelli e Carminati.
  Lucarelli è una di quelle persone che io ho interrogato quando è stato pubblicato l'articolo su L'Espresso e mi ha detto di non avere alcun rapporto con Carminati, e nell'ordinanza l'unica traccia di questo rapporto tra Lucarelli e Carminati è data da questa telefonata raccontata da Buzzi.
  Altre persone hanno avuto rapporti come emerge nell'ordinanza, ma questi due miei diretti collaboratori non hanno avuto quasi nessun rapporto con Carminati, anzi non ci sono prove di un rapporto diretto fra Lucarelli e Panzironi e Carminati.
  Per quanto riguarda la trasversalità di Buzzi e la vicinanza, Buzzi era un personaggio con una straordinaria capacità di creare relazioni, disponibile, amicale, stava sempre in Campidoglio, era amico praticamente di tutti, quindi non nego (l'ho scritto anche nella mia relazione) che si era creata anche una vicinanza personale di questioni, di elementi, di chiacchiere, per cui non ho trovato nulla di male nell'avere questo tipo di rapporto.
  Il fatto che lui come persona di sinistra avesse rapporti con me esponente di un'amministrazione di destra è abbastanza ovvio, perché da un lato c'era questa Pag. 13volontà trasversale, dall'altro lato ero io il capo dell'amministrazione, quindi aveva tutto l'interesse per aprire un rapporto. Quando si crea un rapporto fra una persona di destra e una persona di sinistra, un rappresentante delle realtà sociali di destra e un rappresentante delle realtà sociali di sinistra, non c’è nulla di strano, perché ad esempio quando ero Ministro dell'agricoltura una delle persone con cui lavoravo di più era Carlin Petrini.

  PRESIDENTE. Ma non è che Carlin Petrini finanziasse le sue campagne elettorali...

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. No, però questo fatto delle campagne elettorali nasce su una realtà che ha riguardato tutte le realtà imprenditoriali della città.
  Nel caso del finanziamento delle campagne elettorali, cito solo un dato che indubbiamente fa un certo scalpore: il finanziamento dato sulla campagna elettorale comunale di Buzzi ammonta a circa 30.000 euro in una campagna purtroppo costata 1.964.000 euro, quindi è una realtà che portava a relazioni di finanziamento legali, tracciate con tutte le forze economiche e imprenditoriali.
  Buzzi teneva (come tutto il mondo della cooperazione) a scrollarsi di dosso questa etichetta di cooperazione rossa: tutto il mondo della cooperazione tende sostanzialmente a dire che sono imprenditori come tutti gli altri, non solo di sinistra.
  Nelle mie realtà c'erano anche ex detenuti che provenivano dalla destra. Questo è il messaggio che veniva fuori, ma fino a che si parla di Buzzi, fino a che c’è il contatto con Buzzi, non è la stessa cosa che averlo con Carminati. Se mi fossi trovato di fronte Carminati, mi sarei posto problemi molto seri, con Buzzi non avevo alcuna prevenzione da questo punto di vista perché lo ritenevo una persona accreditata, seria, portata in palmo di mano da tutti, e quindi francamente questo tipo di problemi non me li sono posti.
  Non c’è in tutta l'ordinanza del GIP Costantini alcuna traccia di un sinallagma, di un collegamento, fra i versamenti fatti e le azioni amministrative, ci sono casualità e possibili correlazioni temporali, ma non sono così rigide, sono molto più ampie e molto più lasche di quanto è stato detto.

  PRESIDENTE. Dovrei definire lasca anche la sua risposta, perché la mia domanda nasce dalla verifica delle date, laddove il giorno dopo aver sbloccato la situazione arrivano i finanziamenti.
  La mia non è un'affermazione lasca e neanche quella dell'ordinanza, onorevole Alemanno, la sua risposta un pochino lo è...

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. A me queste realtà non risultavano, ma riguarderemo meglio l'ordinanza, non mi risultava questo strettissimo collegamento e comunque questa è l'unica traccia.
  Per quanto riguarda la questione del salto di livello, il salto di livello c’è stato, però c’è stata anche l'emergenza e ho spiegato le tre fonti di emergenza molto forti, che spiegano questo salto di livello. Mare Nostrum, e non è colpa mia se durante la nostra amministrazione e non sotto un'altra, l'allargamento di Castel Romano è stata una cosa su cui ci si è impegnati molto ed è stato un intervento abbastanza costoso, anche se molto meno costoso dell'altro campo realizzato con la mano pubblica, La Barbuta, e stesso discorso vale per la raccolta differenziata.
  Ci sono state circostanze che hanno dilatato questo intervento e lo hanno dilatato per tutti e con tutti, perché questo vale per il comune di Roma e per la prefettura.
  Gli amici del sud, infine: ho chiesto aiuto a tutte le reti sociali perché chi fa una campagna elettorale vasta come quella per le elezioni europee in genere si rivolge ai rappresentanti sociali e di categoria per chiedere se ci sia qualche amico, qualche persona che possa dare una mano in questa o quella provincia.
  Lo chiesi anche a Buzzi, sempre nell'ottica che dentro la Lega delle cooperative non lavorava solo gente di sinistra ma anche gente di destra, e lui mi disse: «Ho degli amici in Calabria». Io non sono abituato a Pag. 14pensare che tutti i calabresi siano mafiosi o ’ndranghetisti, quindi non potevo immaginare che potesse pensare a questo.
  Devo anche dire che nello slang allucinante di Buzzi nelle lunghe conversazioni questo può voler dire tutto e il contrario di tutto, i mafiosi di cui parla in Calabria possono anche essere tranquillamente persone ex detenute che erano dentro le cooperative sociali per avere lavoro, quindi da questo punto di vista non so cosa abbia fatto lui, ma posso dire che dal punto di vista di quanto avevo percepito non c'era un problema di questo genere.
  La questione dell'Argentina, infine: non è vero, ho denunciato il furto, lo sto dicendo in tutti i modi e ne esiste ampia traccia, basta digitare su Google il mio nome. La polizia è venuta e ha fatto le indagini, abbiamo avuto un risarcimento dall'assicurazione, quindi non è vero, lo ripeto in tutte le salse: ho denunciato questo furto, a parte che non ha nulla a che fare con l'Argentina, sono due cose completamente distinte, ma è una costruzione giornalistica.
  Io ho fatto questo viaggio in Argentina per andare a vedere i ghiacciai della Patagonia, ci sono andato di corsa perché avevo poco tempo, questo ha creato tutte queste congetture, qualche giorno prima avevo avuto questo furto, che è finito su tutte le pagine dei giornali, è stato denunciato, sono state svolte inchieste e ho avuto il rimborso dell'assicurazione. Vi porto le carte, perché questa storia continua a rimbalzare però è totalmente falsa.

  PRESIDENTE. L'amore per la montagna del sindaco Alemanno, quindi almeno su questo riscontro, posso testimoniarlo.
  Prima di passare la parola al capogruppo del PD Mirabelli, vorrei lasciare a verbale questa cosa, perché il tribunale del riesame, nell'ordinanza del 17 dicembre 2014, scrive: «Ed ancora la forza di intimidazione appare evidente nell'episodio del denaro dovuto dal comune ad una cooperativa del Buzzi per un appalto in cui la somma da pagare era passata dai 100.000 euro preventivati ai 300.000 euro.
  In questa occasione, a fronte delle difficoltà incontrate per il pagamento, il Buzzi fa intervenire il Carminati, con esiti positivi e sorprendenti, ottenendo la liquidazione del dovuto a seguito di un incontro con il capo della segreteria del sindaco Alemanno, che viene costretto ad uscire dal suo ufficio per andare a parlare con il Buzzi».

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Mi permetto di interloquire: come ho detto prima, questa è l'unica traccia di rapporto fra Lucarelli e Carminati, che però non è dimostrata oggettivamente, si basa sull'intercettazione di una conversazione che Buzzi fa con un altro, non c’è un riscontro oggettivo da questo punto di vista, ed è l'unico caso di ipotesi di un contatto fra Lucarelli e Carminati.

  PRESIDENTE. I riscontri oggettivi per un riesame che confermano l'ordinanza del pubblico ministero stanno nelle cose. Aggiungo anche un'altra cosa: ci sarà stata anche l'emergenza, capisco questo tentativo di dire che non si conoscevano i rapporti tra il Buzzi e il Carminati, però i rapporti c'erano e la magistratura li scopre dopo, mentre chi si trova a capo delle amministrazioni dovrebbe scoprirle in itinere per mantenersi sereno e tranquillo.
  Per quanto riguarda l'emergenza immigrati, è un aspetto; per quanto riguarda l'AMA e la gestione del verde, il grande impegno per far nominare Fiscon francamente rende molto difficile credere che l'aumento dei lavori fatti dalle cooperative del Buzzi fosse legato solamente all'aumento delle necessità, perché c’è un tale accanimento per arrivare a questa nomina che quello che segue dopo fa chiaramente pensare che i collegamenti esistano.

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Fiscon è una persona cresciuta nell'AMA, è la memoria storica dell'AMA, da vent'anni lavorava in AMA, era già stato direttore operativo ed era naturale, in un momento di cambiamento aziendale, che fosse nominato Fiscon, che chiunque a Pag. 15Roma sa che è la quintessenza dell'AMA, è cresciuto sotto tutte le amministrazioni, ha avuto il ruolo di direttore operativo, che è immediatamente sotto il direttore generale, fino a tutte le amministrazioni di centro-sinistra, quindi nulla di più scontato.

  PRESIDENTE. Da questo punto di vista, se fossi stata in lei questa risposta non l'avrei data, perché lei risulta dall'ordinanza molto resistente alla nomina di Fiscon. Diamo la parola a Mirabelli.

  FRANCO MIRABELLI. Grazie, presidente, grazie, onorevole Alemanno. Prima di porre tre domande tengo a fare due velocissime considerazioni.
  Trovo stupefacente che lei consideri questa vicenda come una vicenda che si è disvelata con un articolo de L'Espresso. Un attento conoscitore di Roma come lei sa che questa vicenda, che questo scenario che poi l'inchiesta ha concretamente definito, era uno scenario che addirittura molti romanzi avevano raccontato, quindi dire che nessuno aveva l'idea che a Roma ci potesse essere un intreccio o comunque organizzazioni criminali di quel tipo francamente mi sembra difficile.
  Io la ringrazio per l'onestà con cui ha posto le questioni, però le devo dire con altrettanta onestà che la tesi, che ho ritrovato più volte nella sua relazione, secondo cui il tema è che non ci sono anticorpi, non ci sono, come dice il prefetto Pecoraro, paracaduti per proteggere le amministrazioni dalle infiltrazioni di questo tipo, non la condivido. Non penso che uno si faccia eleggere sindaco per poi sottoporsi a un destino cinico e baro, in cui può trovarsi improvvisamente, senza avere nessuna possibilità di contrasto, in una situazione come quella che si è trovato di fronte lei.
  Credo che ci siano responsabilità politiche (la giustizia farà il suo corso) che ci si deve assumere sapendo che questa ( lei ne ha dato atto) è un'inchiesta che racconta di «Mafia capitale» non rispetto all'amministrazione precedente, ma rispetto alla sua amministrazione. Quello che abbiamo letto su cui si sta indagando è qualcosa che è avvenuto in un intreccio molto forte tra criminalità organizzata e amministrazione romana durante la sua amministrazione.
  Detto questo, voglio farle velocemente quattro domande. La prima: questo nesso stretto tra scelte operate dall'amministrazione e interessi tutelati delle cooperative di Buzzi e non solo ha dei nomi e cognomi di persone (abbiamo già parlato di Panzironi) di persone legate a lei, come Testa, come Pucci, persone che hanno rapporti diretti anche con Carminati, persone che sono state nominate direttamente da lei o su suo consiglio in enti pubblici. Per alcune di queste persone (Pucci addirittura condannato per reati legati all'eversione, lo stesso Panzironi che nell'ultima fase è stato nominato nonostante fosse indagato per la vicenda Alitalia) c’è una responsabilità politica su cui le chiedo di andare più a fondo.
  Trovo normale che una persona quando diventa sindaco di una città si circondi di persone competenti ma anche fidate, però credo che qui si sia andati oltre e su queste persone o almeno alcune di loro si sia fondato quell'intreccio di cui stiamo leggendo.
  Lo richiamava la presidente, ma io le faccio la domanda contraria: non le chiedo perché Fiscon, ma le chiedo perché si è operato per mandare via il direttore generale precedente, Anelli, perché da quanto si capisce c’è stato un lavoro, orchestrato da Panzironi con cui lei ha un rapporto stretto, per mandare via quel direttore in un'azienda che (anche su questo le chiederei di dirci qualcosa) sotto il suo mandato ha assunto 2 mila persone. Se non è così me lo dirà, però questo è il dato.
  Le ha già chiesto il presidente se fosse a conoscenza del nesso tra amministrazione comunale, cooperative di Buzzi e contributi alla campagna elettorale o alla fondazione. Io le chiedo la stessa cosa rispetto agli appalti della Breda per i pullman, che mi risulta siano stati discussi anche alla sua presenza e su cui Mancini ha dichiarato di aver ricevuto un beneficio economico personale, una tangente.Pag. 16
  L'ultimo punto è il «senza paracadute» del prefetto Pecoraro, che qui gli abbiamo contestato. Credo che la prefettura di Roma avesse la responsabilità di controllare come venivano spesi i soldi che dava per i campi profughi; a lei chiedo come mai non sia stata controllata la qualità della spesa rispetto ai campi nomadi, perché credo che fosse una precipua responsabilità dell'amministrazione comunale.
  Una cooperativa sociale lavora, è la più grande, ma sul funzionamento c’è un controllo di qualità che non è stato mai fatto e c’è un controllo anche di congruità della spesa, come dimostrano le intercettazioni, che non è mai stato fatto e su cui anche l'amministrazione comunale aveva una responsabilità.

  CLAUDIO FAVA. Tre domande, onorevole Alemanno. A proposito del rapporto con Buzzi lei ha detto che Buzzi si presentava legittimamente come punto di riferimento imprescindibile, quasi un monopolista. La caratura del personaggio non è quella di un millantatore, ma quella di chi lavora in modo consolidato con l'amministrazione da tempo e non ha bisogno di millantare.
  A complemento della domanda posta dalla presidente e della risposta che lei aveva dato, le chiedo una sua valutazione su alcune delle frasi emerse nelle intercettazioni ambientali nei confronti di Buzzi, perché Buzzi non dice di essere un punto imprescindibile, ma dice qualcosa in più: «Tra tutti quelli che ci stanno a dà una mano il migliore è Alemanno» e insiste: «Al ballottaggio voteremo Alemanno perché a noi ci conviene Alemanno per il rapporto che c’è», e continua, dopo che lei non è stato eletto, dicendo che se vinceva Alemanno ce li saremmo comprati tutti, abbiamo l'assessore ai lavori pubblici, Tredicine, l'assessore ai servizi sociali.
  Lei potrebbe dirmi che è un millantatore, però abbiamo assunto come premessa che un personaggio di questo calibro non ha bisogno di millantare, quindi vorrei che lei mi dicesse quale opinione si è fatto delle ragioni per cui in queste conversazioni, sapendo di non essere intercettato e presumendo che dicesse la verità, Buzzi ha detto quello che ha detto.
  Seconda domanda. Lei ha dichiarato di non aver mai incontrato né conosciuto personalmente Massimo Carminati. Le chiedo se le risulti quello che come altri ho letto nei mesi scorsi, cioè dell'autunno del 1982 e del fatto che a Rebibbia in quell'autunno casualmente ma contestualmente si trovasse recluso assieme a Buzzi che scontava la pena per l'omicidio anche lei per lancio di una bottiglia molotov all'ambasciata dell'Unione Sovietica, per cui poi verrà prosciolto. Suo compagno di cella era Peppe Dimitri, che era di Avanguardia Nazionale, forte e solido amico di Carminati. Carminati viene catturato in quel periodo, ferito, portato a Rebibbia. Carminati è NAR, Peppe Dimitri Avanguardia Nazionale, lei quella bottiglia l'aveva lanciata in nome e per conto di una cultura politica affine a quella degli altri detenuti che si trovavano assieme lei in quel momento a Rebibbia.
  O è tutto falso quello che ho letto oppure c'era questa contestualità di presenze di voi tre insieme a Rebibbia, quindi vorrei sapere se lei ne conservi memoria, se in qualche modo sia tornata nel corso della sua vita.
  Terza e ultima domanda, il generale Mori. Lei ha detto che era importante ma difficile al tempo stesso costruire dei paracadute, degli anticorpi che permettessero di prevenire ciò che poi è diventato nel linguaggio investigativo e giudiziario mafia capitale, ed è la ragione per cui con intenzione preventiva e un'intelligenza positiva in senso investigativo che lei affida alla regia del generale Mario Mori un Patto per Roma sicura per cinque anni.
  Che esiti ha prodotto questa regia di cinque anni ? Non mi sembra che questo Patto per Roma sicura per cinque anni abbia reso la città davvero più sicura, a giudicare da quello che ci raccontano i magistrati, quindi cosa doveva fare Mori ?
  In secondo luogo, come mai sceglie Mori ? Glielo chiedo perché quando lei lo sceglie Mori non è più in servizio, si è congedato ma in quel momento è da nove Pag. 17mesi imputato per favoreggiamento aggravato nei confronti della mafia per avere favorito la fuga di Provenzano.
  Sappiamo che poi il processo si conclude nel 2013, sei anni dopo, con una assoluzione, ma quando lei lo chiama è da nove mesi un ex ufficiale indagato per un reato piuttosto grave e gli affida la gestione della sicurezza della città con gli esiti che sappiamo.
  Le chiederei quindi cosa abbia prodotto realmente per questi cinque anni la consulenza di Mario Mori e come mai scelse Mori.

  RICCARDO NUTI. La prima domanda riguarda le minacce di Bianconi a Gramazio e i soldi pubblici utilizzati per campagne elettorali. Il 18 gennaio 2013 Patrizio Bianconi, consigliere comunale del PdL, va dal ragioniere generale del comune, Maurizio Salvi, e scopre che i fondi promessi per non meglio precisate opere pubbliche in via Pagano non sono stati stanziati.
  Luca Gramazio, capogruppo PdL al consiglio comunale di Roma, lo rassicura, ma il consigliere comunale Bianconi è infuriato perché si avvicina la campagna elettorale per l'elezione del sindaco e vuole i soldi per pagare i manifesti e le cene. Ci sono numerose intercettazioni di telefonate fra Bianconi e Gramazio che non sto qui a riportare, in cui Bianconi, oltre a minacciare di morte Gramazio, lo definisce anche «tangentaro», ma soprattutto Bianconi parla di soldi che sono già stati messi altre volte al bilancio comunale per la campagna elettorale di altri concorrenti per il consiglio comunale di Roma.
  Il 29 maggio 2013 (scrivono i ROS) viene intercettata una conversazione fra Testa e Carminati, in cui quest'ultimo, infastidito dai problemi per il comportamento molesto di Bianconi, chiede all'amico di essere informato qualora ci fosse bisogno di un suo intervento.
  Di questa vicenda lei viene informato il 21 maggio 2013, tramite una chiamata con Antonio Lucarelli...

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Di Bianconi, non di Carminati.

  RICCARDO NUTI. Si, Bianconi con Gramazio. Carminati si preoccupava con Testa della situazione fra Bianconi e Gramazio, lei viene informato della questione di Bianconi e Gramazio da Lucarelli, suo capo segreteria, il 21 maggio 2013. Come è possibile che dei soldi pubblici venissero destinati per campagne elettorali personali ? Cosa sapeva delle minacce di morte di Bianconi verso Gramazio e Sammarco ? Perché lei ha risolto la questione candidando poi Bianconi ?
  Dalle ricostruzioni e da una serie di articoli di giornale si evidenzia che lei in realtà conosceva Carminati o almeno sembra così. Lei nomina Riccardo Mancini, che già era stato tesoriere del suo comitato elettorale nel 2008, amministratore delegato di EUR S.p.A.
  Mancini è amico di Carminati, che ovviamente sappiamo benissimo faceva parte della banda della Magliana, come più volte ricordato, ma quando lei fa riferimento all'articolo di Lirio Abbate del 2012 su L'Espresso scorda quello del 2010 di Fittipaldi, che scrive su L'Espresso un articolo in cui spiega chi è Mancini, condannato a un anno e nove mesi per violazione della legge sulle armi, e i suoi rapporti con Carminati.
  Fittipaldi nel realizzare l'articolo nel 2010 (due anni prima di quello di Lirio Abbate) contatta addirittura il suo portavoce Turbolente in merito alle presenze di Carminati nei rapporti con la sua amministrazione, in particolare con Mancini, e Turbolente afferma di aver sentito sia Mancini che Alemanno e che non è vero che Carminati fa la scorta a Mancini, ma che Carminati e Mancini vanno in giro insieme perché si conoscono da anni.
  È evidente quindi che lei conoscesse Carminati e a questo punto c’è da chiedersi perché, nonostante sapesse di questo rapporto fra Carminati e Mancini, abbia mantenuto Mancini nel suo ruolo. Le presenze di persone come Carminati appartenente ai NAR con tutto quello che è già stato detto accanto a uomini abbastanza importanti nel comune di Roma attorno a lei, come Luca Gramazio, ma anche Domenico Gramazio che lei ha nominato Pag. 18consigliere per la sanità, non le hanno creato allarme, e, se sì, cosa ha fatto contro questo sistema ?
  Un'altra domanda è sulla questione dei voti per le europee chiesti a Buzzi tramite la ’ndrangheta, perché l'11 maggio nella telefonata dice «Ai nostri amici che stanno al sud che ti possono dare una mano con parecchi voti». Se, sebbene io non lo condivida, a livello amministrativo lei dichiara che aveva a che fare con queste questi personaggi che già operavano prima della sua giunta, quindi aveva rapporti con persone di sinistra perché era sindaco e non poteva esimersi, dopo, quando lei non è più sindaco, per quale motivo lei, uomo di destra, chiede voti a una persona che definisce di sinistra ?
  Perché quando le dice che hanno parecchi voti in Calabria e non in Finlandia, lei non pensa che cercare voti da uno di sinistra che ha avuto a che fare con dei mafiosi in Calabria sia da evitare ? Chiede anzi se debba fare qualche telefonata, debba fare qualcosa, quindi mi sembra che questo rapporto con Buzzi non sia legato semplicemente alla questione amministrativa, ma vada addirittura oltre la questione destra /sinistra. Lei era infatti disposto a prendere voti da personaggi molto discutibili, amici di Buzzi, calabresi, pur di essere eletto alle europee.
  Vorrei sapere infine se fosse a conoscenza della tangente di 700.000 euro per l'appalto dei quarantacinque filobus da acquistare presso la Breda Menarini. Le risulta che l'ex amministratore delegato di EUR S.p.A. avesse fatto delle pressioni al Consorzio CCC per la realizzazione del corridoio della Laurentina e che ruolo aveva Mancini in questo appalto ? Grazie.

  STEFANO ESPOSITO. Io non farò domande utilizzando le ordinanze, le intercettazioni, nel senso che prendo atto del documento che l'onorevole Alemanno ci ha letto, personalmente ritengo che ci sia un'idea troppo autoassolutoria del contesto che si è vissuto in quegli anni sotto la sua amministrazione. Prendo atto che lei rivendica di aver utilizzato i suoi amici di partito per dare una direzione politica e non solo all'amministrazione da lei diretta, però le faccio questa domanda, che tornerà nel tempo ad essere un elemento su cui discutere: lei non ha mai avuto la sensazione di una struttura amministrativa del comune di Roma e dei municipi fuori controllo ?
  Se sì, ha svolto azioni mirate ad intervenire su questa struttura amministrativa ? Lei a un certo punto nella sua relazione parla di necessità di creare delle strutture che facciano il controllo degli appalti, ma il tema della struttura amministrativa di questa città, dove con ogni probabilità si sono insediati elementi di criticità che hanno permesso la realizzazione di alcuni fatti criminosi (lo verificheremo con il procedere dell'inchiesta) non le è mai risultato evidente nei cinque anni in cui ha gestito il Campidoglio ?
  Su tutta la partita delle partecipate del comune, tra le più grandi d'Italia in molti casi, dove sono avvenute delle vere e proprie (mi passi il termine) «infornate» di assunzioni per fede politica, lei ritiene di autoassolversi su questo tema, cioè ritiene di poter dire di non aver prestato «sufficiente attenzione alle risorse umane», come scrive nella relazione ?
  Credo che sia il contesto complessivo che in quegli anni ha favorito l'idea che Roma fosse un'amministrazione, non solo sul piano politico naturalmente, ma anche sul piano della struttura amministrativa, penetrabile, su cui si potessero fare operazioni che in precedenza non erano neanche state immaginate.
  Non vorrei apparirle troppo specifico, lei si è occupato molto anche del litorale romano, tra l'altro uno degli assessori del municipio quando lei era sindaco, un suo stretto collaboratore, è citato complessivamente nell'inchiesta, ma rispetto alle concessioni lungo il litorale, rispetto alla situazione di grave illegalità, che non è da oggi, sul litorale romano e nella gestione delle concessioni, lei ha mai assunto una posizione per intervenire su quell'argomento ?
  Oggi si parla moltissimo di Ostia e tutto si può dire tranne che questa vicenda possa essere semplicemente addebitata Pag. 19alla sua amministrazione, così come non si può pensare che sia nata sotto la sua amministrazione, ma è una questione che è nata almeno una quindicina se non vent'anni fa. Visto che in quegli anni si sono concretizzate determinate situazioni, vorrei sapere se sulla partita delle concessioni del litorale abbia fatto degli interventi specifici.

  CIRO FALANGA. Credo, onorevole Alemanno, che lo studio di un fenomeno criminale, lo studio di un fenomeno mafioso da parte di questa Commissione non possa che muovere dalla sua genesi. Lei ha detto che i rapporti di Buzzi erano preesistenti anche con le precedenti amministrazioni e a mio avviso a nulla rileva che vi sia stato poi nel corso del suo mandato di sindaco un consistente incremento del volume d'affari di queste cooperative che facevano capo a Buzzi perché, se c’è un fenomeno, c’è a prescindere dagli effetti concreti che produce.
  Consideri peraltro che io non conosco tutti gli atti, non ne ho avuto il tempo ed ho quindi l'umiltà di approssimarmi a questo argomento con molta cautela, ma lei ha fatto riferimento ai rapporti precedenti del Buzzi con le precedenti amministrazioni.
  Questo non perché io voglia individuare anche in altri responsabilità che si vorrebbero individuare in lei, ma semplicemente per uno studio, perché, se c’è un fenomeno da studiare, io lo vado a studiare dal suo sorgere fino al suo epilogo, e mi pare l'approccio più corretto nel momento in cui ci approssimiamo ad affrontare tematiche di questo genere.
  La vorrei quindi invitare ad essere più preciso relativamente a questi pregressi rapporti del Buzzi con le precedenti amministrazioni, cioè su cosa ha trovato quando ha assunto la carica.
  L'altro aspetto che trovo centrale è la consapevolezza. Alla Camera, nei vari provvedimenti di legge che abbiamo licenziato sulla corruzione e sul voto di scambio, c’è stato un dibattito molto acceso sulla consapevolezza. In alcuni momenti qualche forza politica l'ha inserito, in altri ha ritenuto di escluderlo, motivandone l'esclusione con la non necessaria dicitura «consapevolmente», perché un reato per essere tale deve necessariamente essere accompagnato dall'elemento del dolo.
  Sia che ci sia l'avverbio «consapevolmente», sia che non ci sia, per quanto mi riguarda da operatore del diritto ritengo che la consapevolezza sia un elemento essenziale che chiunque si approssima a un processo ma anche soltanto a un'indagine come la nostra deve approfondire.
  Lei ha chiaramente fatto riferimento ad una figura del Buzzi accreditata, particolarmente e seriamente impegnata. Che Buzzi possa avere avuto dei rapporti con soggetti legati alla criminalità lei, sindaco, o lo sapeva o non lo sapeva, e se lei non lo sapeva, perché non vi erano elementi tali (non possiamo parlare in termini di «non poteva non sapere» perché questa frase non mi piace), lei ha descritto Buzzi come una persona degna di ogni riguardo, per cui devo presumere che lei non avesse consapevolezza dei rapporti del Buzzi con soggetti della criminalità organizzata. Lei ha chiesto voti al Buzzi, lo ribadisca che nelle file delle cooperative ci sono varie anime della politica, perché la cooperativa è vista come una opportunità di lavoro anche per i soci lavoratori e ci va dentro chiunque (di destra, di sinistra, di centro, del nord, del sud).
  Lei ha già detto che la sua richiesta di voti o di consensi è andata anche in quella direzione, e per la verità al posto suo io avrei fatto la stessa cosa, cioè avrei chiesto voti a tutti, perché quando si è candidati si chiede il voto a tutti, a meno che non si abbia la consapevolezza che il soggetto al quale sto chiedendo i voti sia legato alla criminalità organizzata.
  Ribadisco quindi che il fulcro centrale è l'elemento della conoscenza, quindi la consapevolezza, e che esclusa tale consapevolezza non comprendo per quale ragione ci si debba stupire (io non mi stupisco affatto) del fatto che lei abbia potuto chiedere voti al Buzzi ovvero abbia chiesto al Buzzi se avesse amici fuori regione. Peraltro condivido che in Calabria come in Campania non ci sono soltanto Pag. 20’ndranghetisti e camorristi, ma ci sono anche persone per bene, mi consenta di dire come me, per esempio, in Campania. Grazie.

  PRESIDENTE. Infatti è Buzzi che dice che sono mafiosi i suoi amici, non è che l'abbiamo detto noi ! Noi non stiamo accertando la responsabilità penale, onorevole, non è la sede nella quale dobbiamo accertare la responsabilità penale e su questo siamo tutti tranquilli.

  CIRO FALANGA. A meno di aver avuto qualche sensazione...

  PRESIDENTE. No, dopo le spiego perché. Prego, onorevole Garavini.

  LAURA GARAVINI. Grazie, presidente. Nel fare mie le considerazioni inizialmente fatte sia dal senatore Mirabelli che dal senatore Esposito, vorrei andare subito alle domande perché i tempi sono molto stretti.
  Innanzitutto vorrei sapere dall'onorevole Alemanno se abbia mai avuto contatti con le imprese riconducibili alla famiglia Mambrini, in particolare la Mambrini Costruzioni o la FIMA S.p.A.

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Scusi, mi ero distratto.

  LAURA GARAVINI. Se abbia mai avuto contatti con le imprese riconducibili alla famiglia Mambrini ad esempio la Mambrini Costruzioni o la FIMA S.p.A., se ditte quali queste abbiano finanziato la sua campagna elettorale oppure la fondazione Nuova Italia da lei costituita, oppure se abbiano mai assunto personale da lei segnalato.
  Vorrei inoltre capire chi all'interno della sua amministrazione curasse i rapporti specifici con il consiglio comunale, soprattutto per quanto riguarda i vari finanziamenti da ripartire poi sui diversi territori in sede di approvazione di bilancio.
  Vorrei sapere infine se fosse a conoscenza del fatto che gran parte degli appalti che sono stati prima fatti e poi assegnati nel corso del suo mandato venissero puntualmente offerti e pubblicati a ridosso delle festività, Natale o Pasqua, e quale ritiene che fosse il motivo per mettere in appalto proprio in periodi così infelici, per giunta con termini molto stretti di scadenza per potervi fare riferimento. Grazie, presidente.

  CIRO FALANGA. Mi è mancato di chiederle dei suoi rapporti con la prefettura, al di là di quelli istituzionali per cui nel conferimento degli appalti lei richiede le varie certificazioni, se fossero corretti sotto il profilo documentale gli appalti che dall'amministrazione venivano conferiti alle singole ditte, che venivano poi accompagnati da certificazioni rilasciate dalla prefettura, ma al di là di queste certificazioni quali fossero i rapporti con la prefettura proprio sotto il profilo del controllo della regolarità degli atti amministrativi.

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Provo a ricominciare daccapo. La questione di Romanzo criminale e delle persone provenienti dalla banda della Magliana è stato un tema ampiamente dibattuto sui giornali nel corso del mio mandato, però, come ho cercato di spiegare nella mia relazione, si trattava sempre di un ragionamento rispetto al territorio. Dopo l'omicidio Simmi o altre realtà di questo genere, era un tema che stava sostanzialmente sul territorio.
  Ho messo negli allegati anche una serie di miei interventi in cui io sollecito la magistratura e i vari apparati di polizia a sviluppare indagini e a darmi riscontri, anzi lancio grida di allarme da questo punto di vista, ma questo è il territorio. Del fatto che sotto scacco non fosse il territorio, ma fosse, almeno da quanto riguarda l'inchiesta «Mafia capitale», il Campidoglio non c’è nessuna traccia in nessun articolo di giornale, non c’è alcuna traccia nella polemica politica, non lo sapevo io e non lo sapeva nessuno.
  Adesso mi è stato chiesto quale fosse il mio rapporto con il prefetto, era un rapporto Pag. 21di grande disponibilità e collaborazione, ma non c’è mai stato un prefetto, un comandante dei carabinieri, un questore che mi abbia detto di stare attento perché il Campidoglio era sotto attacco.
  Noi abbiamo parlato finora di Buzzi, ma il fatto citato nella mia relazione, che ribadisco, è che quando Ignazio Marino vuole dare un segnale di donazione a qualcuno dal punto di vista sociale chi sceglie ? La Cooperativa 29 giugno. Questo dimostra non che Marino volesse donare soldi alla mafia, ma semplicemente che anche nel centro-sinistra, anche nel nuovo gabinetto, non c'era neanche lontanamente l'ombra di un rischio di questo genere, e di questo dobbiamo prendere atto perché altrimenti siamo tutti matti, sia il prefetto che la sinistra e la destra.
  Per quanto riguarda la questione del paracadute, non è una questione di destino cinico e baro, ma del fatto che, se non c’è una informazione preventiva, si parla molto ed è molto enfatizzata anche nella comunicazione l'immagine del sindaco in mezzo alla gente, che incontra ogni giorno migliaia di persone, che ha rapporti con tutti, che è il sindaco di tutti e quindi non si fa chiudere nello schema di parlare solo con la gente di destra, ma parla anche con la gente di sinistra e viceversa, ma, se non c’è un'informazione di base attendibile, non è possibile avere quel paracadute di cui parlava il prefetto Pecoraro.
  Qui, in questa Commissione, ha detto che noi non abbiamo paracadute, l'ha detto la massima istituzione dello Stato sul territorio e, se non ce l'ha il prefetto il paracadute (e lo diceva rispondendo alle vostre domande sul suo incontro con Buzzi), è evidente che a maggior ragione non ce l'hanno neanche i sindaci, non ce l'ho io e non ce l'ha Marino.
  Da questo punto di vista una riflessione seria, sistemica deve essere fatta, perché di volta in volta si cerca di rispondere a questo portando all'interno della propria amministrazione magistrati, ex appartenenti alle forze dell'ordine, persone in grado di recepire informazioni, ma si tratta soltanto di cose assolutamente casuali che spesso danno dei risultati inadeguati.
  Veniamo invece al discorso di Testa e di Pucci. Testa è una persona che io ho contribuito a far nominare in una società del gruppo ENAV ma, siccome aveva avuto delle disavventure giudiziarie, non è mai stato coinvolto da me in nessuna attività comunale, non è stato mai nominato in nessuna realtà del comune nei cinque anni, quindi Testa per me non poteva avere nessun ruolo rispetto ad attività politiche amministrative.
  Pucci viene assunto peraltro in un ruolo di basso livello all'interno dell'EUR S.p.A. da Mancini come suo assistente, non è stata una cosa da me decisa né che mi portava ad avere rapporti diretti da questo punto di vista.
  Ho nominato Panzironi perché avevo precedenti esperienze al Ministero delle politiche agricole e forestali, dove è stato per alcuni anni responsabile dell'UNIRE, dove ha dato buoni risultati e non è stato mai coinvolto in nessuna inchiesta giudiziaria e penale. Da questo punto di vista, quindi, su Panzironi mi assumo le mie responsabilità, mentre né Pucci né Testa hanno avuto a che fare con la mia attività amministrativa.
  La signora Anelli, al contrario di quello che è stato detto, era considerata vicina a Panzironi, ma era un dirigente nominato durante il periodo in cui Panzironi era amministratore delegato e quindi l'arrivo di Fiscon viene visto come un modo per allentare i rapporti con Panzironi. L'Anelli è una persona che io ho cercato in tutti i modi di tenere alla guida dell'amministrazione, ma purtroppo a un certo punto ha detto basta perché era troppo complicato e si è dimessa irrevocabilmente.

  FRANCO MIRABELLI. Sono state tolte le deleghe però...

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. No, furono tolte queste deleghe dal consiglio di amministrazione contro il mio parere, nacque un conflitto e, se voi guardate tutte le intercettazioni, si vede che le Pag. 22nomine prima di Berti e poi di Fiscon vengono vissute all'interno del consiglio comunale come degli interventi contro Panzironi.
  Levare le deleghe non dipendeva da me, perché le deleghe non vengono date dal sindaco, è stato un atto proprio del consiglio di amministrazione contro la mia volontà. Io ho difeso la signora Anelli in tutti i modi ma alla fine non ne poteva più e si è dimessa.
  A quel punto, non avendo altre possibilità ed essendo abbastanza vicini alle elezioni, il consiglio di amministrazione ha optato per la decisione scontata che era quella di Fiscon.
  Per quanto riguarda la questione degli appalti Breda Menarini, non c'entra nulla con questa vicenda, non c’è nessuna connessione nelle carte dell'inchiesta con questa vicenda, comunque, visto che è stata posta la domanda, rispondo...

  FRANCO MIRABELLI. C’è una cena con tutti i contraenti...

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. No, ma io parlo di questa inchiesta: nell'inchiesta «Mafia capitale» non c’è nessuna connessione, comunque rispondo ugualmente, non c’è problema.
  Questa è una vicenda su cui Mancini ha fatto alcune ammissioni, ma di cui io non so niente, tantomeno potevo immaginare, ammesso che sia vero, che Mancini avesse fatto pressioni nei confronti di un consorzio per rinunciare a un appalto (questa è l'accusa).
  Vengo alle domande dell'onorevole Fava. Buzzi come tutti gli imputati di questa inchiesta parla tantissimo al telefono, dice tutto e il contrario di tutto, dice anche che hanno già un rapporto con questa amministrazione, ma non si troverebbero male neanche se arrivasse un'amministrazione di centro-sinistra perché avrebbero comunque avuto contatti e rapporti, fa una serie di elenchi di persone, fa delle ipotesi di attribuzioni che erano assolutamente non previste, erano sue illazioni, suoi pensieri, e francamente non posso come nel caso dell'Argentina inseguire tutte le chiacchiere che questi signori fanno per telefono. Non ne sapevo assolutamente nulla.
  Vengo invece al fatto più sostanziale del 1982. Mi sono anche domandato se citare questa vicenda sulla relazione iniziale, ma immaginavo che sarebbe arrivata una domanda. Vi ho detto che c’è una contrapposizione fra destra istituzionale e destra eversiva, questa contrapposizione era così forte che quando io fui arrestato per questa famosa molotov fui detenuto nel braccio di Rebibbia G8 e non nel braccio omogeneo di destra G9, perché, se fossi andato al G9 in quanto persona iscritta al Movimento sociale italiano, sarei stato aggredito e picchiato dalle persone che appartenevano ai NAR, a Terza posizione e a tutte le varie realtà.

  PRESIDENTE. C’è sempre un G8 di mezzo !

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Sì, ma non quello. I G sono i bracci di Rebibbia e per tutto il periodo sono stato detenuto nel G8 e quindi per questo motivo non ho avuto alcuna possibilità di incontrare Carminati.
  Soltanto l'ultimo mese della mia detenzione fui portato al G9 in un momento di maggiore calma, ma non ho incontrato Carminati, ho avuto un incontro fuggevole con Dimitri, che però con questa vicenda non c'entra niente ed è anche morto da alcuni anni, prima di tutta questa vicenda.

  CLAUDIO FAVA. Non era il suo compagno di cella ?

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Non era assolutamente il mio compagno di cella, era lì da moltissimi anni ed è persona ormai morta, quindi lasciamola stare.
  Da questo punto di vista il fatto che io abbia conosciuto Carminati a Rebibbia è del tutto destituito di fondamento. L'unica cosa che è avvenuta a Rebibbia è che si sapeva che c'era Buzzi che in quel periodo era detenuto anche lui al G9, pur essendo uno di sinistra e facendo lo scritturale.Pag. 23
  Non ho mai conosciuto Carminati né in quegli anni, né negli anni successivi, perché, ripeto, facciamo parte di due realtà antagoniste, contrarie, contrapposte da sempre, al di là poi delle imputazioni che sono state attribuite a Carminati.
  Io rivendico la nomina del generale Mario Mori, sapevo bene che era imputato in quel momento, c’è una lunga e nota polemica sui giornali tra gli innocentisti di Mario Mori e i colpevolisti, io all'epoca ero un convinto innocentista, ero convinto dell'assoluta innocenza di Mario Mori, cosa che poi peraltro in larga parte è stata dimostrata, e quindi non ho avuto alcuna remora a mettere questa persona nella regia del dipartimento sicurezza.
  L'ho fatto e ho anche affrontato le polemiche in quel momento, perché ho sempre difeso Mario Mori e l'ho sempre considerato un punto di riferimento, e devo dire che anche confrontandomi con altri esponenti delle autorità di ordine pubblico non ho trovato particolare scandalo per questa scelta.
  Cosa ha prodotto Mario Mori ? Mario Mori ha prodotto la creazione di un dipartimento, che non era principalmente volto alla criminalità organizzata, perché il problema principale che noi percepivamo era quello relativo alla microcriminalità, alle presenze sul territorio.
  Sono stati fatti degli interventi significativi nel secondo e terzo Patto, ma è chiaro che quelli sono stati anni duri, anche se sono stati anni contraddistinti da un calo del numero complessivo dei reati rispetto agli anni precedenti, anche se ovviamente in quel momento si manifestano alcuni omicidi e gambizzazioni, che destano grande allarme e che mi portano a fare tutte quelle denunce.
  Vengo all'onorevole Nuti. Bianconi era una persona notoriamente fortemente caratteriale, noto per i suoi scoppi d'ira e per le sue invettive, in cui se la prendeva praticamente con tutti. Diciamo che tra me e Gramazio, l'allora capogruppo del PdL, c'era un tentativo di contenere il problema, perché comunque era una persona eletta e questo ovviamente generava dei problemi oggettivi.
  Tenete presente che per una serie di fatti, per le persone nominate assessori che poi si sono dovute dimettere da consiglieri, per il fatto che ci sono state le dimissioni, per il fatto che altre persone sono state elette in altri livelli istituzionali, la lista del PdL in Campidoglio con le varie dimissioni è andata giù fino in fondo, fino a far entrare persone a Roma con qualche centinaio di preferenze, quindi persone che in una situazione normale non sarebbero mai diventate consiglieri, e questa è una delle tante persone con cui ci siamo dovuti confrontare da questo punto di vista.
  Ho letto le sue invettive e sono le normali invettive che chi non sa bene di cosa parla rivolge nei confronti di una persona che ha ruoli istituzionali o politici. Di sostanziale e di concreto non c’è assolutamente nulla in tutte le diverse invettive che l'ex onorevole Bianconi ha rivolto nei miei confronti.
  Dell'interessamento di Carminati sul caso di Bianconi non ho mai saputo nulla, perché di questa vicenda ho parlato sempre e solo con il capogruppo Gramazio, che cercava di gestire un gruppo consiliare molto intemperante e talora molto in difficoltà. Mancini e gli articoli di...

  RICCARDO NUTI. Scusi, manca la parte dei soldi pubblici per campagne elettorali personali.

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. È una delle tante sciocchezze che Bianconi in crisi isterica urlando diceva, ma Bianconi è un personaggio che bisogna conoscere per comprendere (adesso non voglio allargarmi da questo punto di vista), ha detto tantissime cose, però di grande livello di inattendibilità.
  Per quanto riguarda la questione di Riccardo Mancini, amministratore delegato dell'EUR, l'articolo di Fittipaldi parla di questa amicizia fra Mancini e Carminati, io nella mia relazione ho detto che alcune delle persone da me interrogate sui rapporti di Carminati mi hanno detto che avevano dei rapporti antichi di amicizia, di conoscenza, ma di nessuna valenza imprenditoriale, economica, sociale o politica.Pag. 24
  Mancini è uno di questi, Mancini non ha fatto mistero di aver conosciuto da giovane Carminati, però mi ha detto di non frequentarlo e di non avere rapporti con lui, ed è quello che lui mi ha dichiarato, quindi io non ho avuto alcun elemento concreto per mettere in dubbio quello che Mancini mi diceva. Più che sollecitare e redarguire tutte le varie persone non potevo fare.
  Quello che Turbolente può avere detto a queste persone, a Fittipaldi, francamente non lo so, ma l'idea che Carminati potesse fare la guardia del corpo a Mancini o altre cose di questo genere chiaramente è una cosa assolutamente fuori dalla grazia di Dio.

  RICCARDO NUTI. Scusi, la questione della scorta è già messa da parte, perché lo stesso Turbolente lo dice, però Turbolente afferma di aver chiesto sia a Mancini che a lei.

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Ho capito, Turbolente può dire quello che vuole, in realtà non è vero, perché questa cosa non è mai stata chiesta, né io avevo nessun elemento per poter...

  RICCARDO NUTI. Precisiamo che Turbolente non era ovviamente il suo portavoce.

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Quando si parla si possono dire tante cose molto imprecise, a me Turbolente non ha chiesto una cosa di questo genere, io avevo modo di verificarlo. So che chiesi a Mancini se avesse rapporti con Carminati dopo non l'articolo di Fittipaldi, ma dopo l'articolo specifico pubblicato in prima pagina su L'Espresso con le quattro foto di Carminati e degli altri tre presunti boss, denunciandoli come gestori dello spaccio di droga, non come persone all'assalto del Campidoglio, e lui mi rispose di conoscerlo, di salutarlo, ma di non avere alcun rapporto né di carattere imprenditoriale sociale, né di carattere politico. Più di questo non avevo modo di verificare se questo fosse vero oppure no.
  Per quanto riguarda la questione di Buzzi e della Calabria, dei voti di destra e di sinistra, qui ci sono persone che, benché non elette con le preferenze, hanno una certa esperienza politica. Nelle elezioni europee dove ci sono le preferenze quello che un candidato cerca non sono i voti, ma sono le preferenze, e c’è una differenza fondamentale perché, se io chiedo i voti per il partito in cui sono candidato, significa che chiedo a uno di sinistra di votare per la destra e può sembrare strano.
  Io in realtà cercavo preferenze, cioè dicevo a Buzzi, come ho detto a tutte le organizzazioni imprenditoriali, Buzzi a cui parlavo come rappresentante della Lega delle cooperative, non come rappresentante della Cooperativa 29 giugno che non avrebbe avuto alcun motivo per andare a cercare in Calabria, se nella sua organizzazione ci fosse gente di destra a cui dire di dare la preferenza ad Alemanno invece di darla a un'altra persona, punto.
  Questo l'ho chiesto a tutte le organizzazioni agricole, anche quelle di sinistra, l'ho chiesto a tutte le varie realtà e l'ho chiesto anche a Buzzi in quanto persona della Lega delle cooperative, cioè di un mondo imprenditoriale esteso in tutta Italia che sta facendo da anni uno sforzo terribile, poco creduto, ma sta facendo un notevole sforzo nella comunicazione dai tempi di Poletti in poi per dire di non essere un'organizzazione imprenditoriale targata in maniera netta a sinistra, dicono di essere aperti a varie realtà e a varie situazioni (poi se è vero o non è vero si va a vedere).
  Buzzi mi diceva che c'erano nelle sue fila anche persone di destra che potevano essere sollecitate a dare una preferenza, punto, quindi non ho mai pensato che Buzzi prendesse voti nel PD e li portasse a un partito di centro-destra: ho pensato che dentro la sua organizzazione ci potessero essere persone di questo genere.
  La cosa «autoassolutoria», onorevole Esposito: è chiaro che io mi difendo, poi ognuno fa la sua parte, mi pare di aver Pag. 25avuto in questi mesi un sufficiente numero di aggressioni e di accuse, quindi consentitemi almeno di difendermi !
  Il problema del «fuori controllo» è una continua preoccupazione che c’è all'interno di qualsiasi amministratore, perché ovviamente la sensazione che la macchina amministrativa e burocratica possa andarsene per conto proprio al di là dell'indirizzo politico è una sensazione che abbiamo tutti, al di là delle denunce fortissime fatte da Sabelli recentemente sulla stampa.
  In particolare, quello che ho cercato di fare, ma non ci sono riuscito perché c’è stata una fortissima opposizione in consiglio comunale, era di costituire una holding a cui conferire tutte le proprietà delle municipalizzate, innanzitutto perché ci avrebbe permesso un risparmio fiscale, ma soprattutto perché la creazione di una holding in cui vengono conferite tutte le proprietà di tutte le municipalizzate permette di creare la centrale appalti, la centrale acquisti, di avere un controllo più diretto e non di avere diciassette realtà da controllare.
  Prima si ironizzava (e lo comprendo) sulle nomine da me fatte durante il mio mandato, ma ieri mi sono divertito a rifare un esame: ho enumerato le diciassette principali municipalizzate del comune di Roma e ho messo in colonna i presidenti e gli amministratori delegati, quindi 17 moltiplicato per 2 fa 34 e su 34 cariche apicali soltanto sette sono fatte su persone qualificate, ma chiaramente orientate politicamente a destra, gli altri sono tecnici o persone provenienti da altre realtà e altre esperienze.
  Se siano stati bravi o non bravi questo ovviamente è un giudizio politico, però consegno questo prospetto al presidente e lo dico, anche perché in molti casi ci sono persone che sono rimaste per anni non modificate rispetto alle nomine fatte da Veltroni. Fuortes è rimasto per tutti i cinque anni a capo di Musica per Roma e non è stato da me sostituito.

  FRANCO MIRABELLI. Non è coinvolto nell'inchiesta.

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. No, per carità, non sto dicendo questo: sto dicendo che non ho fatto tutte nomine orientate, questa era la mia risposta.
  Sulla questione delle infornate di assunzioni sono in corso due processi, uno per ATAC e uno per AMA, vedremo i risultati, però il problema va spiegato, perché quando si parla di centinaia di assunzioni clientelari, parentopoli e persone orientate politicamente, non è esatto, perché le persone sospettate da questo punto di vista sono alcune decine nell'ambito di centinaia di assunzioni, che si spiegano sostanzialmente con il fatto che l'AMA ha cominciato la raccolta differenziata che è passata dal 17 al 35 per cento e questo richiede una grande forza lavoro.
  Gran parte di queste sono persone completamente selezionate secondo criteri che la magistratura ritiene non adeguati, ma sono criteri che non hanno nulla a che fare con sospetti di parentopoli e di clientele. In particolare, l'ATAC dall'amministrazione Veltroni alla mia amministrazione è calata di 1.000 unità, quindi anche questa storia delle infornate indifferenziate è molto discutibile.
  Per quanto riguarda Ostia, infine, noi ci occupammo di Ostia perché rientrava in quell'allarme criminalità organizzata sul territorio, al punto che chiedemmo e ottenemmo dal prefetto di convocare un consiglio provinciale dell'ordine pubblico e della sicurezza proprio sul territorio di Ostia e dentro il municipio di Ostia.
  Abbiamo fatto vari interventi, il tema di Ostia come luogo di infiltrazioni della criminalità organizzata, tra l'altro pesante, non autoctone e originali come «Mafia capitale», è un tema antico, che da parte nostra ha trovato massima sollecitazione.
  Vengo a come è nato il fenomeno Buzzi. Non so se sia un fenomeno criminale oppure no, per quanto riguarda la mia conoscenza, leggo le carte, ho già spiegato chiaramente che Buzzi nasce da un orientamento politico e, quando io arrivo in Campidoglio, lo trovo già fortemente impiantato. Poi è cresciuto ulteriormente, non c’è dubbio, secondo me sarebbe Pag. 26cresciuto anche se avesse vinto Rutelli nel 2008, però era là, era presente, era fortemente accreditato, era omaggiato e riverito da tutti.
  Per quanto riguarda il fatto dei voti da tutti, ho già spiegato che il problema non era tanto di prendere voti quanto semplicemente di fare la normale attività per trovare delle preferenze, e francamente sfido a sostenere che qualcuno non cerchi magari di trovare anche qualche preferenza nel mondo di sinistra e portarle a destra e viceversa, altrimenti le elezioni che le facciamo a fare se pensiamo che tutti i bacini elettorali siano impermeabili ?
  Sulla questione Mambrini non so niente, non mi sovviene nulla su Mambrini, non ne so assolutamente nulla, per cui se magari mi fa capire perché abbia citato proprio questo nome...
  Con la prefettura i rapporti erano ottimi, lo ripeto, c'era grande collaborazione, più volte in questi anni ho sollecitato il prefetto a darmi punti di riferimento, ma – ripeto – ho sollecitato il questore, il comandante dei carabinieri sia a interventi sul territorio, sia a tenermi informato di quello che succedeva nelle istituzioni, e non c’è mai stata una traccia di tutto questo.
  È chiaro che dal 2012 era in corso un'inchiesta della magistratura secretata e quindi questa era una questione bloccata, però non c’è stata alcuna capacità del sistema delle istituzioni di individuare eventuali pericoli, eventuali situazioni. Questo è il problema più delicato su cui al termine di questa audizione mi permetto di dire che la Commissione antimafia si dovrebbe interrogare, perché, come ha spiegato il prefetto, non bastano le informative sulla trasparenza o le certificazioni antimafia: spesso ci si trova di fronte a situazioni totalmente impreviste.
  Buzzi si muoveva liberamente da tutte le parti, Odevaine sedeva ai tavoli del Ministero dell'interno, non del Ministero dell'agricoltura, probabilmente le realtà istituzionali, gli apparati del nostro Stato e degli enti locali dovrebbero avere uno spirito di cooperazione più forte per difendere le istituzioni da questo punto di vista.

  LAURA GARAVINI. Chi curava i rapporti con il consiglio comunale per la definizione di tutti gli emendamenti o comunque di tutte le delibere che prevedevano quei finanziamenti sui territori ? Era a conoscenza del fatto che le gare d'appalto venivano sempre proposte in prossimità di festività e, se sì, perché ?

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Ci saranno stati alcuni casi, ma non mi pare che venissero fatte tutte in prossimità...tenderei a escluderlo, non mi risulta.
  Per quanto riguarda i rapporti con il consiglio comunale, dipendeva dall'argomento e dai temi: in alcuni casi erano gli assessori competenti, in alcuni casi il sottoscritto, in altri casi il mio gabinetto, ma non c'era una realtà fissa, non avevamo un delegato al rapporto con il consiglio comunale.

  RICCARDO NUTI. Sulla questione Bianconi non ha risposto alla mia ultima domanda. A seguito della vicenda delle minacce da lei ricordata, perché poi la questione è stata risolta candidando nuovamente Bianconi ?

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Perché le liste del PdL non le scrivevo io, ma le scriveva la realtà del partito, il PdL, e all'epoca scelse di candidarlo dicendo che, se non lo avessero candidato, chissà cosa si sarebbe inventato, essendo persona fuori controllo in piena campagna elettorale, tanto sicuramente non sarebbe stato eletto come non è stato eletto. Il PdL ha preferito gestire la situazione in questa maniera.
  Io mi occupavo più direttamente della lista civica, sul PdL mi sono rimesso alle decisioni degli organi territoriali che facevano queste scelte.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Alemanno, ringrazio tutti i commissari.

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  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Non dia stilettate finali.

  PRESIDENTE. Non do stilettate finali perché in questa sede per quanto ci riguarda non ci sono imputati, né inquisiti, quindi non è questo il punto, se non per le garanzie come la presenza di un avvocato.
  Non è questo il nostro obiettivo e, se così fosse, non ci permetteremmo di interferire con l'attività dell'autorità giudiziaria, però nel pieno rispetto dei compiti istituzionali non posso non fare due sottolineature proprio per il lavoro di questa Commissione.
  È evidente che il fatto che nessuno si fosse accorto di «Mafia capitale» è il nostro vero oggetto di inchiesta, nel senso che, al di là delle responsabilità che in sede penale verranno accertate dalla magistratura, a noi tocca capire perché può accadere tutto questo, può accadere in misura quantitativamente diversa anche sotto amministrazioni diverse, e, se non arriva il procuratore particolarmente esperto, un certo procuratore a un certo punto, di queste cose non si ha contezza.
  Questo è l'oggetto della nostra inchiesta, perché, consapevoli che le misure repressive per combattere la mafia ci hanno fatto ottenere grandi risultati, vorremmo avere anche qualche misura preventiva in più che interpelli tutti (amministrazione, politica) per poter combattere questa cosa. Questo è il nostro intento.
  Partendo da questo intento, però, proprio perché non vogliamo fare i magistrati, ci sono delle responsabilità previe che noi non possiamo non sottolineare anche in questa sede, perché il sindaco Alemanno può non avere avuto rapporti diretti con alcune persone, ma molte persone che stavano intorno al sindaco Alemanno avevano rapporti permanenti e quotidiani con alcuni personaggi, compreso il Carminati.
  Non è vero che tutte queste persone non avevano nessuna responsabilità, perché quantomeno le avevano attraverso altri che avevano legami, quindi era una sorta di catena di Sant'Antonio in cui magari il Sant'Antonio non era a conoscenza dell'elemento finale o dell'elemento di mezzo, ma qui sta l'inchiesta, come emerge dalle stesse parole di Carminati, sul «mondo di mezzo», per cui loro erano sopra, gli altri sotto o viceversa, e intorno c'era tutto un condizionamento nel quale essere capaci di agire.
  Ciò che impressiona nelle intercettazioni è che il sindaco Alemanno poteva non sapere, ma loro sapevano tutto. In particolare, quando viene arrestato Mancini o qualcuno della Roma EUR, la preoccupazione è che «tanto si vuole arrivare al sindaco e l'unico che può metterlo in difficoltà è Panzironi». Questi discorsi li fa Carminati, che sta seguendo tutto quello che accade intorno al sindaco nell'amministrazione, nel suo gabinetto, nella sua segreteria, nelle sue nomine come una ragnatela.
  In sede giudiziaria il sindaco Alemanno sarà in grado di dimostrare che non ha responsabilità soggettive, che sono le uniche che contano dal punto di vista penale, però in questa sede noi dobbiamo ragionare anche sulle responsabilità oggettive. Da questo punto di vista è evidente che ci troviamo dentro un meccanismo inquietante e preoccupante per il passato e anche per il futuro, se la politica non si attrezza, compreso il discorso dei finanziamenti, perché si chiedono voti a tutti e chi fa attività economiche è disponibile a finanziare tutti, certo, ma lo si fa dopo che si sono stabiliti rapporti con quella amministrazione, non lo si fa prima.

  CIRO FALANGA. Pure prima in via preventiva.

  PRESIDENTE. In questo caso ci interessa verificare, perché tra il ristabilimento dei fondi che interessano la programmazione economica del comune e il finanziamento alla Fondazione c’è un sms di mezzo che notifica...

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Non può dire questa cosa, presidente: l’sms fa riferimento solo al fatto che lo stanziamento c’è, sulla Fondazione Nuova Italia non c’è nessun sms, altrimenti non sarei qui.

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  PRESIDENTE. Sindaco, c’è il versamento.

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. C’è il versamento ma non c’è alcun sms !

  PRESIDENTE. C’è un automatismo (mi faccia finire), sono finanziamenti leciti, perché stiamo argomentando di questi temi anche nei confronti di altri responsabili politici, c’è tra di noi un punto di vista diverso sul finanziamento pubblico e privato, ma questo non c'entra niente.
  Il fatto che si è interessati ai risultati elettorali di una certa persona, tanto che si fa persino il voto disgiunto, è semplicemente perché c’è una rete intorno che, anche magari a sua insaputa, è in grado di controllare tutta l'amministrazione.
  Questo è un modello che in questa vicenda noi stiamo studiando, stiamo capendo, dal quale nascono necessariamente delle conseguenze per quanto riguarda il nostro lavoro, che è quello di ritenere che un simile modo di agire, anche se non ci fossero stati di mezzo il Carminati capo mafioso e il Buzzi capo mafioso, sarebbe comunque un modo per cui l'amministrazione non è completamente libera ed esclusivamente al servizio dell'interesse pubblico, perché intorno a lei, anche all'insaputa del capo dell'amministrazione, c’è una ragnatela penetrante e preoccupante.
  Se riguarda anche altre amministrazioni precedenti o successive...

  GIANNI ALEMANNO, già sindaco di Roma. Non è questo il tema, però sottolineo il fatto che, nel momento stesso in cui si è deciso di abolire il finanziamento pubblico, forme chiare, forse più regolamentate e definite di finanziamento privato devono essere stabilite, quindi, se c’è carenza di regole, si facessero, però il dato è che oggi tutto quello che è stato fatto per il finanziamento stava secondo le regole.

  PRESIDENTE. Una di queste regole può essere che chi lavora per quell'amministrazione non possa finanziare il capo di quell'amministrazione. Questa è una regola che per quanto mi riguarda andrebbe scritta, perché, che sia un imprenditore, che sia una cooperativa, che siano delle suore che stanno lavorando per un'amministrazione non finanzino gli esponenti di quell'amministrazione.
  Non so se tutti siano d'accordo però, se siamo d'accordo noi, è già qualcosa. Nel ringraziare l'onorevole Gianni Alemanno, già sindaco di Roma, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.30.