XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Mercoledì 11 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente di Assocalzaturifici, dott. Cleto Sagripanti:
Catania Mario , Presidente ... 3 
Sagripanti Cleto , Presidente di Assocalzaturifici ... 3 
Catania Mario , Presidente ... 5 
Scarparo Matteo , responsabile dell'area economica ... 5 
Catania Mario , Presidente ... 7 
Cancellara Tommaso , Direttore generale di Assocalzaturifici ... 7 
Catania Mario , Presidente ... 8 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 8 
Senaldi Angelo (PD)  ... 8 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 9 
Catania Mario , Presidente ... 9 
Sagripanti Cleto , Presidente di Assocalzaturifici ... 10 
Catania Mario , Presidente ... 12 
Scarparo Matteo , responsabile dell'area economica ... 12 
Catania Mario , Presidente ... 13 

ALLEGATI: Documentazione presentata da Assocalzaturifici ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 14,35.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente di Assocalzaturifici, dott. Cleto Sagripanti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente di Assocalzaturifici, dottor Cleto Sagripanti. Il presidente è accompagnato dal dottor Tommaso Cancellara, direttore generale dell'associazione e dal dottor Matteo Scarparo, responsabile dell'area economica.
  Do quindi la parola al Presidente di Assocalzaturifici, Cleto Sagripanti.

  CLETO SAGRIPANTI, Presidente di Assocalzaturifici. Grazie, presidente. Grazie dell'invito a partecipare a questa audizione per noi molto importante, in quanto teniamo tanto a venire qui a Roma a portare le nostre informazioni, descrivere lo stato di salute del settore e le nostre problematiche sempre in maniera molto costruttiva.
  Ricordo infatti che domani alle ore 10.30, presso la Sala Aldo Moro, presenteremo il nostro annuale Shoe Report, un momento in cui Assocalzaturifici viene a Roma a presentare lo stato di salute del settore, ogni anno con una certa angolatura, quest'anno riferita all'innovazione del settore dell’e-commerce e a una visione europea del settore.
  Ogni anno vi portiamo quindi le nostre informazioni, in quanto crediamo che il nostro compito sia prima di tutto informarvi e magari anche di fare proposte. Talvolta si chiedono anche risorse, però veniamo qui sempre in maniera molto costruttiva.
  L'incontro di oggi per noi è fondamentale perché parliamo di un fenomeno che ha un duplice aspetto negativo, il primo dei quali è quello sociale. Se infatti avete visitato delle aziende in alcuni dei cosiddetti «Stati canaglia» quali il Bangladesh, l'India, la Cina, dove ci sono ancora ampie sacche di povertà e disinformazione, Paesi dove normalmente si fa contraffazione, avrete potuto constatare le deplorevoli condizioni di lavoro di queste fabbriche.
  Nelle concerie indiane, ad esempio, che non rispettano minimamente le norme su materiali dannosi e condizioni di lavoro pericolose, ci sono le vasche di acqua e acido dove bambini di 14-15 anni conciano le pelli a mano con l'acqua fino alle ginocchia, quindi sono destinati a vedersi amputare le gambe a 30 anni. Fuori dalle fabbriche, infatti, si vedono tanti trentenni senza gambe.
  Queste sono le condizioni delle fabbriche da cui provengono i prodotti contraffatti. A questo si aggiungano casi come quello del palazzo crollato in Bangladesh che ha causato 800-1000 vittime, perché in quei Paesi le fabbriche non sono certo come i nostri bei capannoni che rispondono ai tanti vincoli della 626.Pag. 4
  Anche in Italia abbiamo molta contraffazione, siamo anche noi bravi copiatori di prodotti di moda, però molti vengono da questi Paesi. A livello più tecnico lascerò la parola al dottor Scarparo, che è molto competente in questa materia che seguiamo da tempo e che illustrerà le tante azioni che facciamo per l'anticontraffazione, anche in tema di formazione della Guardia di Finanza e di tutti i soggetti coinvolti.
  Il nostro direttore Tommaso Cancellara, arrivato da circa due mesi al vertice dell'associazione e molto preparato sui mercati, farà un intervento di visione sui vantaggi che potremmo avere da una lotta alla contraffazione efficace in Italia ma soprattutto in Paesi come la Cina. Il dottor Cancellara ha lavorato a Shanghai per quattro anni.
  Il settore calzaturiero spesso viene accostato a settori maturi che ormai non hanno più spazio in Italia, ma ricordo che l'Italia è il secondo esportatore al mondo di calzature in termini di valore dopo la Cina.
  Noi esportiamo miliardi di euro e siamo secondi nel mondo solo alla Cina. Certo, in termini di volume siamo i decimi dietro Cina, India, Messico, Brasile, ma come valore siamo i secondi al mondo, in quanto abbiamo un settore che vale oro per questo Paese, come credo tutta la manifattura, e ci fa piacere constatare come sia in Italia che in Europa si stia rivalorizzando la manifattura con Europa 2020, Horizon 2020, tutti progetti tesi a recuperare quel 20 per cento di PIL della manifattura. Il settore calzaturiero può essere uno di quelli in grado di dare maggior impulso.
  Ricordo che il settore moda rappresenta il 4 per cento del PIL in Italia, come l’automotive, e (lo dico senza alcuna polemica) tutti conosciamo gli aiuti, i sostegni, l'attenzione di cui l'automotive gode in Italia, mentre quando si parla di moda e di calzature lo si fa spesso ritenendoli settori effimeri e maturi, perché ormai tutti hanno delocalizzato e non c’è più spazio.
  Noi diamo invece lavoro a 80.000 addetti diretti nelle aziende calzaturiere, più tutto l'indotto di accessori, di tacchi, di suole, di solette, di fibbie. Io provengo da un distretto importante per le calzature, quello delle Marche, dove produciamo circa il 40 per cento delle calzature del Paese, e ci sono aziende che danno lavoro a 400 persone, e non parlo di Tod's ma anche di tante altre aziende che danno lavoro a 300-500 persone.
  Quando aggrediamo in maniera efficace la contraffazione difendiamo quindi posti di lavoro, perché, come dico spesso a mio figlio, io non produco calzature, io devo produrre buste paga, questo è il mio obiettivo, questa è la mia missione aziendale. Se poi lo faccio producendo calzature o altro, non cambia molto. Lottare contro la contraffazione significa produrre più buste paga, perché diamo più lavoro ai nostri operai e ai tanti giovani interessati a entrare nelle aziende calzaturiere.
  Il settore calzaturiero sta infatti tornando a essere interessante per i giovani. Abbiamo molti giovani che sono interessati a entrare nelle nostre catene di montaggio, a occuparsi di marketing e di controlli qualitativi, e vedono all'interno delle nostre aziende un bel percorso di carriera perché il nostro è un settore ricco, non a caso la nostra bilancia commerciale è in positivo di 2-3 miliardi da quindici anni a questa parte.
  Da anni siamo impegnati nell'anticontraffazione. Adesso Matteo Scarparo vi illustrerà le nostre efficaci iniziative, a dimostrazione che parlare di queste cose non è parlare di un settore maturo, ma bisogna portare avanti a Bruxelles la battaglia sul made in, che sembra italiana ma in realtà è europea, perché altre nazioni europee come la Spagna, il Portogallo, la Francia, l'Inghilterra hanno un forte settore calzaturiero.
  Due anni fa l'Inghilterra è stata la prima nazione a parlare di reshoring, di questo fenomeno che fa tornare nel Paese d'origine le produzioni, e Cameron ha dichiarato che hanno recuperato 5.000 posti lavoro solo nel calzaturiero grazie al Pag. 5reshoring, perché tantissime aziende storiche inglesi hanno fatto rientrare le loro produzioni in Inghilterra.
  Stiamo seguendo anche noi questo fenomeno, ci sono 196 casi in Italia di rientro di produzione tra calzature e abbigliamento, e potremmo dare una mano in termini legislativi a difendere i nostri prodotti e i nostri marchi.
  Si parla spesso di contraffazione su marchi, quindi di prodotti di Gucci, Prada, Tod's, ma l'anticontraffazione riguarda il made in Italy falso, la proprietà intellettuale di un modello che un povero artigiano di Porto Sant'Elpidio o di Busto Arsizio si è impegnato notte e giorno per realizzare e si vede copiare anche da aziende organizzate che restano impunite.
  Ho anche assistito a qualche sequestro, ma poi manchiamo di efficacia. Pur rischiando di colpire qualche nostro associato, chiediamo quindi misure veramente severe contro chi va a copiare modelli, marchi, proprietà intellettuale, perché dietro a quello c’è l'investimento di tante persone e di tante famiglie.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Diamo la parola al dottor Matteo Scarparo, responsabile dell'area economica e servizi.

  MATTEO SCARPARO, responsabile dell'area economica. Grazie, presidente. Io mi occupo di servizi alle imprese e di tutta l'area economica, studi e statistica all'interno della nostra associazione e delle politiche che noi cerchiamo di stimolare in termini di lotta alla contraffazione sia a livello nazionale, sia a livello europeo, dove noi siamo rappresentati dalla nostra Confederazione europea della calzatura a Bruxelles.
  Come diceva correttamente il presidente, quando parliamo di lotta alla contraffazione per quanto riguarda il nostro mondo, significa operare almeno su tre livelli distinti. Il primo livello tocca il mondo della formazione, con cui noi abbiamo un grande rapporto di osmosi grazie alle relazioni con il MIUR, con una serie di progetti con cui andiamo a stimolare le giovani generazioni a partire dalla scuola primaria fino alle scuole secondarie e agli istituti tecnici, con il lancio di progetti concreti con i quali stimolare il dibattito sul prodotto calzaturiero.
  Molti di questi progetti negli ultimi anni hanno toccato il tema dell'autenticità delle produzioni e della sensibilità nei confronti di una sostenibilità del prodotto, che evidentemente deve essere tutelata anche in termini di leggi per difenderla dalla contraffazione e dai rischi che la contraffazione può produrre nella società e tra i consumatori.
  Sempre sul piano della formazione e della sensibilizzazione nei confronti del consumatore, la nostra associazione sviluppa progetti con il Ministero per lo sviluppo economico attraverso la produzione di alcuni vademecum, cioè una serie di pillole informative, piccole, però sostanziali per il consumatore, con cui andiamo a illustrare al pubblico le normative che esistono e devono essere rispettate, affinché un prodotto possa dirsi conforme ad alcune caratteristiche basiche.
  Si tratta quindi di processi di etichettatura molto semplici, che il consumatore deve poter conoscere nella sostanza, per poter acquistare con tranquillità un prodotto sul mercato. Questi sono alcuni esempi di cosa facciamo a livello di formazione e di sensibilizzazione dei consumatori.
  C’è poi tutta l'attività di studio sul tema. È recente un progetto estremamente positivo e innovativo, realizzato grazie al finanziamento del Ministero per lo sviluppo economico, sulla contraffazione on line, che è una delle tematiche più importanti di questi ultimi anni e che ha aperto una serie di problematiche che fino a 10-15 anni fa molte imprese ignoravano.
  Da questo studio sono emersi elementi di estremo interesse, che ovviamente sono motivo di grande preoccupazione per la maggior parte delle nostre imprese, ossia una serie di fenomeni che riguardano la contraffazione di marchio per quanto riguarda i brand che tutti conoscono, non necessariamente le grandi griffes della moda, perché anche brand che si collocano Pag. 6sul segmento di mercato tra il medio e il medio-alto sono oggetto di contraffazione in tanti ambienti web.
  Lo studio si è focalizzato su alcune piattaforme, evidentemente le più conosciute, tra cui non poteva mancare Taobao di Alibaba, e i risultati sono estremamente chiari. Citiamo un dato su tutti: mediamente un brand venduto su questi siti genera per l’e-store, la società che vende al dettaglio queste produzioni, un fatturato dieci volte superiore con il brand fasullo rispetto a quello del brand autentico.
  Un ipotetico marchio italiano venduto contraffatto (una serie di parametri indica la percentuale di rischio che quel prodotto sia contraffatto) sviluppa quindi trimestralmente vendite per un valore mediamente pari a 10 volte il prodotto autentico. Significa perciò che queste piattaforme sono certamente degli strumenti di promozione, ma sono anche degli strumenti di forte contraffazione e di danno per molte delle nostre imprese. Questo è il secondo livello su cui noi andiamo a operare come Assocalzaturificio, il fronte degli studi.
  Il terzo livello è quello della lobby o di attività istituzionale di pressione sul mondo politico e sulle istituzioni affinché si adottino misure che riteniamo più efficaci rispetto a questo fenomeno che genera un danno economico stimabile dai 190 ai 250 milioni di euro annui per il solo settore calzaturiero.
  In questa attività di pressione e di rappresentanza di cui l'odierno appuntamento fa parte rivolgiamo alcune richieste specifiche al mondo delle istituzioni. La prima è un'azione di sistema più forte. Recentemente, insieme ad altre organizzazioni del nostro settore come la Camera nazionale della moda, abbiamo raccolto una serie di casi di contraffazione che riguardano marchi calzaturieri per esempio in Cina; abbiamo raccolto un dossier insieme alla Camera nazionale della moda ed ai colleghi dell'abbigliamento che abbiamo inviato all'Ambasciata d'Italia a Pechino, coordinandoci con Confindustria.
  Questa è un'azione molto interessante dal punto di vista di uno step operativo di raccolta dei dati, ma poi bisogna anche implementare queste operazioni con procedure che ci consentano di intervenire in maniera più forte su chi produce contraffazione, su chi genera questo tipo di fenomeno in Italia o all'estero.
  Questo significa fare delle leggi molto più severe sui provider, quindi su chi fornisce servizi on line, investire risorse perché ci sia un monitoraggio molto più forte sui percorsi, sui nuclei che sul web generano le piattaforme che vendono prodotti contraffatti, e coordinare un'azione di sistema non solo intersettoriale, ma anche a livello internazionale.
  Probabilmente bisognerebbe essere anche molto più forti in Europa nel generare questo tipo di dibattito, e creare quindi delle sinergie per alcuni tipi di servizi on line, affinché possano essere fermati in tempi congrui, perché molte delle nostre aziende che vedono vendere il proprio prodotto contraffatto su siti non riescono a intervenire da sole, fanno fatica; aziende come le nostre che vivono stagionalmente delle vendite rischiano di perdere intere porzioni di fatturato su alcune collezioni.
  Per noi come associazione, produrre un'azione collettiva da soli è comunque oneroso e difficile, quindi bisogna generare una best practice che ci consenta di operare di concerto con le ambasciate, con i ministeri, coordinandoci anche con le nostre istituzioni europee per attuare dei protocolli di intervento e di forte contrasto a livello internazionale.
  Recentemente la vicepresidente di Confindustria ha sollevato il tema europeo di un’Authority forte che lavori sulla contraffazione e ci sentiamo di condividere appieno questo punto di vista, perché bisogna incidere in maniera dettagliata.
  Un'altra richiesta che rivolgiamo alle istituzioni è quella di dedicare una sezione dell'attività inquirente e giudicante esclusivamente al mondo del falso, quindi tribunali che possano esercitare un'attività dedicata a questo specifico campo, perché il settore si sta ampliando: è un mondo criminale che vive parallelamente all'industria che opera nella legalità e genera fatturato sottraendolo alle nostre imprese.Pag. 7
  Questi sono i tre campi in cui stiamo lavorando in questi anni. Ovviamente siamo in grado di fornirvi qualsiasi informazione e dettaglio sia sugli studi che abbiamo condotto, sia sulle nostre attività a sostegno di una corretta informazione nei confronti dei consumatori e del pubblico attraverso il sito o qualsiasi altro documento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al direttore generale, dottor Cancellara.

  TOMMASO CANCELLARA, Direttore generale di Assocalzaturifici. Grazie, presidente. Sarò molto breve. Sono entrato da poco, ma credo che il presidente e il collega Scarparo abbiano dato un'idea ben chiara della contraffazione per quanto riguarda il nostro mercato. Vi dirò alcune impressioni sui mercati esteri, che si riconducono al tema in questione, ossia quali sono i mercati attivi nella contraffazione, cosa stiamo facendo noi a livello di associazione e cosa sta succedendo sui mercati.
  È già stata ampiamente citata la Cina, che rappresenta circa l'82 per cento dei produttori di falso, quindi una volta concentratisi sulla Cina, seguita a siderale distanza da Filippine, Hong Kong e Turchia, ci si è concentrati sulla quasi totalità del falso.
  È interessante cosa sta facendo la Cina, e oggi c’è un articolo su Il Sole 24Ore che vi invito a leggere se non l'avete ancora fatto, che illustra come la Cina stessa sta operando per l'anticontraffazione. Questo è un dato interessante, perché Xi Jinping, il Presidente della Cina, sta facendo una lotta serrata contro la corruzione. Da lì è derivato uno studio su quello che sta succedendo a livello di produzione e anche una critica – per ora lieve, ma interessante – della contraffazione.
  Alibaba tramite la piattaforma Taobao, che è la piattaforma di e-commerce più importante al mondo, sta creando dei sistemi di regolatori interni, perché sono stati messi sotto questione dal loro stesso Governo. Il motivo è semplice, ma altrettanto forte: il Governo capisce che Taobao, che ormai ha fatto una IPO (offerta pubblica iniziale) sul mercato americano, quindi si è quotata alcuni mesi fa, attirando i riflettori del mondo intero, rappresenta la Cina dal punto di vista della vendita on line e, se rappresentare la Cina significa rappresentare una quantità di prodotti falsi, la Cina stessa non fa una bella figura, quindi è un buon segnale.
  Per farlo, però, devono fare ciò che Scarparo stava chiedendo anche al nostro Governo, laddove possiamo aiutare la vendita on line di prodotti reali oscurando i siti che vendono falsi. È la stessa cosa che sta facendo la Cina, che ha messo in questione più di 4.000 voci attualmente, ma poi saranno decine di milioni le voci su Taobao che dovranno essere messe in questione. Si stanno muovendo anche da quel punto di vista e questo rappresenta un piccolo spiraglio anche per noi.
  È chiaro che loro lo fanno in Cina, noi qui in Italia e anche a livello europeo potremmo adottare misure (la tecnologia ci può aiutare) per evitare il più possibile la presenza di falsi su queste piattaforme di e-commerce.
  L'ultimo punto riguarda quello che sta facendo Assocalzaturifici, che è legato all'attività day by day dell'associazione anche nell'ottica di contrastare la contraffazione. Noi organizziamo circa 28 manifestazioni fieristiche o appuntamenti internazionali per tutti i nostri associati calzaturieri italiani nel mondo.
  Un'attività che vorrei citare, visto che con il presidente partiremo domenica, è l'attività che stiamo facendo a Shangai. Grazie alla lungimiranza dell'associazione, siamo alla quinta edizione e per la prima volta nella storia si sta facendo unione con gli altri comparti della moda italiana, siamo insieme ad altre associazioni che rappresentano la moda e ce ne sono altre che a livello confindustriale stanno aderendo, e ne siamo ben felici.
  L'Assocalzaturifici fa parte di una federazione che si chiama FIAMP (Federazione Italiana per l'Accessorio Moda Persona), in cui ci sono le associazioni che rappresentano gli ottici, gli orafi, i pellicciai, i pellettieri. Come FIAMP, se riterrete, Pag. 8saremmo lieti di tornare in questa sede in futuro e di fare una panoramica anche più ampia sull'accessorio moda persona, anche per esprimere più voci.
  Facciamo diverse attività anche di informazione e di formazione verso tutti i nostri rappresentanti e, come testimonia la presenza del dottor Scarparo, abbiamo un ufficio interno che si occupa di dati e di statistiche. Saremmo molto felici di poterli condividere con voi perché capiamo che a livello verticale solo un'associazione di categoria possa arrivare così in profondità. Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  FILIPPO GALLINELLA. Avete sollevato molte questioni nei vostri interventi e cercherò con le domande di puntualizzare alcuni focus che necessitano di un approfondimento.
  Le calzature si dividono per fasce di prezzo e immagino che la contraffazione riguardi soprattutto le fasce medio-alte. Visto che accennavate a dati statistici, vorrei chiedervi come si distribuisca la contraffazione per settore merceologico di pregio, perché credo che in base a questo si possano differenziare gli interventi, perché combattere una frode per un valore di 100 euro è diverso da combatterne una da 1000 euro.
  Come avete accennato, il maggior mercato che produce contraffazione che è quasi tutta on line è quello cinese, dove però il Governo sta cercando di intervenire sul fenomeno, perché ne va della credibilità del Paese sul piano internazionale.
  La contraffazione del prodotto calzaturiero italiano avviene più in Italia o in Europa ? È più facile acquistare un prodotto contraffatto all'interno o fuori dalla UE ? Se quasi tutto il vostro mercato è extra Italia, vi interessa maggiormente che la contraffazione sia combattuta fuori del mercato italiano. Se invece il vostro mercato è totalmente interno, questa Commissione ha potere di indirizzo sul legislatore italiano. Questo ci serve per indirizzare l'eventuale azione che è la finalità di questa Commissione d'inchiesta.
  Oltre all'eventuale azione legislativa che noi siamo tenuti a valutare, vorrei conoscere gli strumenti tecnologici che adottate e i progetti con il MISE per far conoscere al consumatore quali sono le differenze tra un prodotto contraffatto e uno originale, cosa che cambia se si fa in Italia, in Europa o nel mondo.
  Credo quindi che sia molto importante l'azione di marketing, perché questi incontri a livello internazionale servono anche a spiegare al consumatore di Oltralpe come riconoscere un prodotto italiano.
  So che lei, presidente, è anche imprenditore, quindi vorrei conoscere la sua esperienza di produttore.

  ANGELO SENALDI. Ringrazio il presidente di Assocalzaturifici. Vengo da un territorio molto prossimo a un distretto calzaturiero, che è quello della zona di Parabiago, frequento quelle aziende e conosco le problematiche che mi vengono illustrate nel corso delle mie visite.
  Vorrei sottolineare due aspetti. Il primo riguarda una valutazione perché, oltre alla produzione a marchio italiano, credo che ci sia tutta una produzione fatta in Italia di alta moda, per cui i calzaturifici italiani lavorano anche conto terzi per altri, e credo che lì ci sia l'attacco maggiore della contraffazione. Volevo capire se la mia sensazione sia corretta, cioè se i grandi marchi stranieri che vengono a far produrre calzature in Italia perché riconoscono la capacità delle nostre industrie subiscano l'attacco maggiore della contraffazione.
  Rispetto alle difficoltà di valutazione e di etichettatura che sta ponendo l'Europa, già il collega Gallinella chiedeva quali meccanismi tecnologicamente avanzati pensiate di implementare. Lo dico anche perché in Commissione attività produttive stiamo valutando una proposta di legge sul sostegno a etichettature volontarie e non riproducibili, cioè a quei meccanismi che permettono di identificare perfettamente anche la filiera.Pag. 9
  Vorrei sapere quanto Assocalzaturifici o FIAMP in generale stia spingendo le organizzazioni industriali verso questa possibilità, cioè se da parte vostra ci sia uno sforzo anche nei confronti delle altre associazioni e dei vostri colleghi imprenditori perché vengano introdotti questi sistemi.
  Vi è infatti la sensazione che ci siano anche parti consistenti dell'imprenditoria italiana (forse anche qualcuno nel settore della moda) che non vedono di buon occhio la possibilità per i consumatori di ricostruire tutta la filiera.

  FILIPPO GALLINELLA. Solo una questione tecnica, perché, al di là della contraffazione, il dottor Scarparo accennava a una collaborazione con il MIUR per quanto riguarda la formazione, perché per fare un prodotto a marchio italiano, al di là dei prodotti, la manualità italiana è fondamentale. C’è necessità di formazione, perché mancano alcune professionalità, quindi si può essere costretti a far fare determinate lavorazioni fuori Italia, perché non c’è nessuno che sappia farla. Vorrei sapere se come Assocalzaturifici possiate darmi una valutazione di questo.

  PRESIDENTE. Aggiungo anch'io alcune rapide riflessioni, che sono anche delle domande. Ci è ben chiaro quanto il settore sia importante in termini di fatturato, di occupati, di propensione all’export, è un settore storico dell'economia nazionale, un settore che affonda le radici in un passato ormai remoto.
  Siamo infatti usciti dalla seconda guerra mondiale con un tessuto di piccole imprese artigianali o semi-artigianali di grandissima qualità, ben posizionate in distretti circoscritti, tra i quali quello marchigiano è un distretto storico. Nel corso dei decenni il tessuto è un po’ cambiato, ha dato luogo a qualche media e grande impresa particolarmente qualificata, ci siamo sempre più specializzati sulle fasce medio-alte del mercato internazionale.
  È aumentata moltissimo la propensione all'export, perché negli anni ’50 era un mercato soprattutto domestico, mentre oggi c’è una quota di export molto alta. La realtà di oggi è estremamente più complessa, quindi è complessa anche l'attività di contrasto che ha un approccio e delle problematiche diverse a seconda che si tratti di una contraffazione che ha come obiettivo il mercato interno, dove il consumatore italiano è il potenziale destinatario della contraffazione, o di una contraffazione che si rivolge a un consumatore straniero, che però è importantissimo per noi proprio per la propensione all'export che hanno oggi i nostri marchi, quindi il tema di internet.
  Nella breve relazione del dottor Scarparo si è fatto cenno sia alla tematica del web, sia a quella della normativa interna relativa al quadro domestico. Lei ha parlato di un approccio più energico nei confronti dei provider, oltre che di un approccio di maggiore incisività del sistema Paese nelle relazioni bilaterali con i Paesi dai quali ha origine la contraffazione.
  Nell'approfondimento fatto finora abbiamo colto i limiti di un approccio energico nei confronti dei provider, laddove il tema dell'oscuramento dei siti ha un'efficacia limitata e parziale e riguarda soltanto il cliente domestico, e probabilmente nemmeno tutti, perché oggi è facile aggirare l'oscuramento dei siti da parte di un normale utente di internet.
  Ci sembrava quindi preferibile (questo è l'orientamento che stiamo maturando come Commissione) un approccio tendente a raggiungere degli accordi, delle intese non tanto con i provider quanto piuttosto con le piattaforme di commercio elettronico.
  Mi piacerebbe quindi che voi ritornaste su questo nucleo di questioni per esprimerci qualche altra considerazione in merito, che ci sarebbe utile.
  L'altro aspetto è la normativa interna. Lei, dottore, ha fatto riferimento a una specializzazione in materia di contraffazione, quindi a tribunali dedicati. Come lei sa, l'impostazione di fondo del nostro sistema non comporta una specializzazione delle sedi dei tribunali (parlo di penale, non di civile, dove esiste il tribunale Pag. 10delle imprese). In materia penale il sistema non va in questa direzione, non contempla questa possibilità, come anche sotto il profilo della magistratura inquirente pensare a una specializzazione secca sulla contraffazione è difficile.
  Noi stavamo ragionando su altri tipi di soluzione che potessero andare verso una migliore articolazione delle fattispecie attualmente previste dall'ordinamento, che risale al Codice Rocco e quindi probabilmente darebbe esiti migliori se fosse aggiornata, però anche su questo vorrei chiedervi un approfondimento.
  Do la parola al Presidente Sagripanti per la replica.

  CLETO SAGRIPANTI, Presidente di Assocalzaturifici. Grazie per le domande. Vado a ritroso partendo dall'ultima sull'esigenza di manodopera specializzata nel nostro settore. Tra le tante iniziative che abbiamo fatto in collaborazione con il MIUR due sono quelle più importanti da questo punto di vista, che sono i due ITS che abbiamo avviato, uno nelle Marche e uno in Veneto, per formare i giovani nel nostro settore.
  Qualche anno fa avevamo l'esigenza di formare giovani specializzati perché i tecnici nati negli anni ’50 e ’60 con lo sviluppo del settore erano andati in pensione. Grazie agli ITS e alle tante iniziative realizzate in collaborazione con il MIUR e con il Ministero del lavoro abbiamo avuto diversi strumenti per affiancare i più giovani a queste persone in età pensionabile.
  Ormai non abbiamo più questa esigenza e, al di là delle problematiche contingenti in questo periodo soprattutto con la Russia, il nostro è un settore che assume i giovani e offre tante opportunità di crescita dell'occupazione. Come vi dicevo, il nostro obiettivo è produrre non tanto calzature, quanto buste paga, quindi incrementare l'occupazione.
  Oggi i nostri ITS sono più rivolti alla creazione di figure non tanto manageriali ma intermedie, come responsabili del merchandising per chi ha negozi in tutto il mondo, quindi quella persona che analizza le categorie giuste di prodotto per una collezione, responsabili retail, perché molte aziende calzaturiere e molti marchi possono avere negozi in tutto il mondo, e c’è bisogno di queste figure.
  Siamo passati a creare soprattutto queste figure intermedie di managerialità, ovviamente sempre con la massima attenzione a creare le figure di manodopera specializzata, che però vengono create all'interno delle aziende con questi strumenti che stiamo mettendo in funzione grazie al Ministro del lavoro, quindi preferiamo farlo in affiancamento.
  Ovviamente c’è tutta l'attività di sensibilizzazione nelle scuole, in cui andiamo da oltre vent'anni con il nostro funzionario Eugenio Girotti che è ormai conosciuto negli istituti scolastici di tutta Italia, perché andiamo nelle scuole elementari e medie con concorsi o attività anche solo di conoscenza del settore, per fare innamorare i giovani di un settore che offre splendide opportunità.
  Venti o trenta anni fa si poteva accettare che un'azienda calzaturiera fosse conosciuta come sporca e maleodorante, ma oggi se visitate le aziende a Parabiago (il nostro vicepresidente Rossetti è uno di quelli che più ci rappresenta), nel Brenta, in Toscana, nelle Marche, visitate aziende pulite, con aria condizionata, asili nido all'interno (non parlo solo di Tod's), quindi belle aziende in cui è bello lavorare, è bello produrre calzature. Invitiamo anche chi ci rappresenta a livello politico a visitare le aziende per rendersi conto di questo.
  Il secondo punto sollevato era quello della tracciabilità. Per noi la madre di tutte le battaglie è quella del made in, come accennavo in premessa, ma qui parliamo di una tematica più inerente a Bruxelles che a Roma. La nostra battaglia è quella del made in: l'Europa è l'unica al mondo a non avere la legge sul made in, tutti i prodotti che arrivano in Europa non hanno l'obbligatorietà di indicare il Paese d'origine.
  Cosa si nasconde dietro a questo ? Possiamo parlare della situazione di un Gino Rossi, cioè un marchio esistente in Polonia, dove è il più forte marchio nelle Pag. 11calzature. A tutti sembra una produzione italiana, ma in realtà si tratta di prodotti cinesi, indiani, cambogiani.
  Molte società importatrici del nord Europa creano marchi italian sound o spanish sound (di questo soffrono anche le aziende spagnole e francesi) e fanno intendere al consumatore che si tratti di un prodotto fatto in Italia, mentre è prodotto in Cina.
  In tutti gli altri continenti del mondo c’è una legge sul made in. Io calzaturiero italiano devo mettere obbligatoriamente il made in Italy se spedisco le calzature in India, in Brasile, in Israele, negli Stati Uniti, dove, pur essendo il Paese più liberale al mondo, una legge sin dai primi del ’900 impone di mettere made in Italy o made in China.
  Questo toglie spazio ai nostri prodotti, perché soprattutto nelle fasce medio-alte di prezzo quando andate ad acquistare un prodotto di calzature per uomo a 3-400 euro, se c’è scritto made in China non credo lo acquistiate a quel prezzo. Se invece si acquistano da Pittarosso o da Globo, il prodotto a 80 euro difficilmente viene fatto in Italia o in Spagna. Un prodotto a 4-500 euro di qualche griffe che ha un ricarico di 8-10 volte, acquista a 20 e vende a 200-400, non credo si venda se c’è scritto made in China.
  La legge sul made in non è una battaglia di retroguardia: è una battaglia per aumentare i posti di lavoro, ma soprattutto una battaglia per il consumatore, che ha diritto di sapere dove è fatto il prodotto. Su questo in Italia c’è una forte compattezza di tutte le associazioni, anche quelle meno interessate.
  Chi è contrario a Bruxelles, a parte i Paesi del nord Europa, sono le associazioni dei consumatori. Abbiamo invitato spesso i vostri colleghi europarlamentari a capire chi ci sia dietro queste associazioni dei consumatori, perché si sono schierate in audizione contro di me a Bruxelles su questa legge, sostenendo che confonda il consumatore, mentre al contrario indicare made in China o made in India mi sembra che renda tutto più chiaro.
  Stiamo facendo squadra anche con gli europarlamentari italiani e siamo compatti a Bruxelles. In Parlamento un anno fa abbiamo vinto nella votazione (700 contro 400), addirittura alcuni europarlamentari tedeschi hanno votato a favore del made in, sconfessando il loro Paese che blocca questa legge in Consiglio europeo.
  Ben vengano le leggi a favore di dichiarazioni volontarie sulla tracciabilità, noi produttori italiani ne saremmo lieti. Il problema è chi va a controllare se questa tracciabilità sia vera, e, siccome c’è una forte lobby delle Camere di Commercio che spinge sulla tracciabilità dei prodotti, non vorrei che fosse un fatto di business, perché poi chi paga le Camere di Commercio che vanno a tracciare da dove arriva la pelle, il tacco, la suola ?
  Vi parla un componente della Giunta della Camera di Commercio di Macerata, però sto lì per far funzionare le Camere di Commercio, non per approfittare di una legge che potrebbe mettere in difficoltà il produttore, perché non sempre per me è facile ottenere dalla conceria la dichiarazione della provenienza del materiale o di una fibbia, verificare se provenga davvero da quella fabbrica a Busto Arsizio o a Parabiago nelle Marche, ed è un ulteriore costo per l'azienda già oberata di costi per i controlli.
  Ben venga questo, quindi, però non so se quanto scrivono le aziende sulla tracciabilità sia vero, se non c’è qualcuno che le controlla in maniera adeguata; ma il controllo costa e quindi non vorrei che si alimentasse un business dei controllori a discapito delle aziende. Noi siamo tra le realtà più controllate al mondo, eppure in Europa continuano a entrare prodotti su cui non viene scritto made in China.
  Per quanto riguarda la mia esperienza da imprenditore, parlo in maniera molto accalorata di questi temi perché sono nato in un'azienda di calzatura, a 11 anni ero già dentro l'azienda di mio padre a interessarmi di calzature.
  Due anni fa ho lasciato l'azienda di famiglia per creare una holding, un portafoglio di marchi made in Italy. Ho il marchio Alberto Fermani nelle Marche, il Pag. 12marchio Kallisté in Veneto perché credo molto nel made in Italy e in quella fascia medio-alta di lusso che può generare molti posti di lavoro.
  In particolare in Veneto soffriamo della contraffazione, perché nella nostra azienda, la Kallisté, produciamo per N. 21 e Roberto Cavalli, ma spesso ci troviamo di fronte a prodotti identici ai nostri venduti agli angoli delle strade.
  Dovremmo almeno evitare sui marciapiedi, nelle spiagge tutta questa vendita di prodotti contraffatti, perché l'Italia, il Paese della moda, è l'unico Paese al mondo che permette ancora questa vergogna. Possibile che il Parlamento non possa creare una legge per metterli in galera e buttare via le chiavi ? Questa gente toglie lavoro ai nostri figli, è una vergogna. Aiutateci in questo ! Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente, lei ha introdotto e adesso spero che il dottor Scarparo approfondisca la tematica che avevo sollevato nel mio intervento, quella dell'attività di contrasto, quindi anche della normativa nazionale, non solo del problema del web.

  MATTEO SCARPARO, responsabile dell'area economica. Grazie, presidente, mi riallaccio alla prima domanda che ci aveva posto l'onorevole Gallinella sul tema della segmentazione dei prodotti per dare qualche informazione al riguardo.
  Nello studio che abbiamo condotto grazie al finanziamento del Ministero e che il Ministero stesso ha condotto insieme a questa azienda che ha operativamente messo in piedi il sistema di rilevazione web è chiaro che l'attività contraffattiva è più vivace su alcuni segmenti, ma non necessariamente sui segmenti di prezzo.
  Abbiamo suddiviso questo campione di marchi sia per segmento di prezzo, sia per posizionamento di mercato. Nel segmento del prezzo c'erano alcuni raggruppamenti come la griffe, l'internazionale, il medio economico, e abbiamo visto che il lusso e il fine sono quelli che soffrono di più dal punto di vista della contraffazione. Le percentuali mi sembra siano del 60-70 per cento, quindi hanno una quota molto ampia rispetto agli altri, però anche i posizionamenti sul mercato determinano un quadro interessante della situazione.
  I marchi che vendono soprattutto sui mercati emergenti, sono quelli che sono più oggetto di contraffazione, quindi prodotti italiani non necessariamente del segmento alto che però vendono molto in Russia, in Cina, in Kazakistan, tutti mercati in cui le nostre aziende, non necessariamente grandi ma anche medio-piccole, sono vittime di fenomeni di contraffazione di marchio.
  Alcuni marchi che il grande pubblico qui magari non conosce, le assicuro che in Kazakistan, in Turchia, in Russia sono contraffatti e si vendono nelle bancarelle, spesso vicino a prodotti autentici, perché il retail non ha un comportamento univoco, è fluido e poco chiaro anche sul posizionamento dei prodotti, sono mercati abbastanza primitivi da questo punto di vista. C’è una serie di dati molto interessanti che possiamo mandarvi.
  Per quanto riguarda le osservazioni del presidente riguardo alle azioni di contrasto che vorremmo si adottassero nei confronti del fenomeno contraffattivo sia sul piano internazionale che sul piano nazionale, mi vorrei riallacciare sul piano nazionale a quanto ha detto il mio presidente per risolvere una volta per tutte questa situazione. Accennava giustamente alle persone che vendono in strada o in spiaggia prodotti contraffatti, calzature, borse o occhiali.
  Noi auspicheremmo interventi radicali da questo punto di vista. Altri studi commissionati da Unioncamere, sempre di concerto con il MISE, fanno emergere chiaramente la consapevolezza di chi acquista il prodotto contraffatto. Le attività di sensibilizzazione vanno bene e noi riteniamo che sia giusto investire anche sulla sensibilizzazione del consumatore, però temo che si faccia un'operazione su chi è già consapevole di acquistare un prodotto contraffatto e per superficialità lo acquista comunque.
  Anche inasprire le sanzioni su chi acquista il prodotto contraffatto non ci sembra Pag. 13vada a ledere un diritto del consumatore. Questo elemento potrebbe fungere da deterrente. È inoltre necessario agire in profondità con un controllo più capillare del territorio sui fenomeni di vendita ambulante, che penalizzano pesantemente i nostri prodotti.
  Dal punto di vista della visione internazionale del problema è vero che oscurare i siti è una soluzione parziale, perché i nuclei da cui partono tutte le varie piattaforme on line sono in grado di riaprire altre forme di vendita on line e quindi il beneficio di averne oscurato uno non dura molto, però è anche vero che, se non si oscurano, agiscono in profondità sul mercato e creano grossi problemi di fatturato alle nostre aziende.
  Poi c’è l'azione di contrasto più profonda che presuppone forme di accordo tra le parti, però bisogna incidere in maniera forte nell'ambito dei negoziati che l'Unione europea conduce con le aree emergenti di mercato (Cina, Vietnam, Mercosur, gli stessi Stati Uniti). In molti di questi mercati la tutela della proprietà industriale e intellettuale è un tema aperto e quindi adottare dei protocolli in cui si agisce in comune sui contraffattori potrebbe aiutare a risolvere il fenomeno in maniera più incisiva e strutturale.
  In Confindustria si parlava di come agire in Cina sulla titolarità di chi può adire a fermare una vendita on line di un prodotto contraffatto. Queste tematiche non sono ancora chiare, perché, se Rossetti vede una serie di suoi prodotti contraffatti on line e vuole cercare di contrastare questa vendita, c’è anche un problema di essere rappresentato. Non potrebbe essere l'azienda a dichiararsi danneggiata: bisogna che sul mercato cinese sia riconosciuta la titolarità del soggetto danneggiato dal fenomeno. Credo che debba essere per forza un consumatore a fare un'operazione di questo tipo.
  Cambiare i protocolli e discutere di queste tematiche può aiutare a risolvere in maniera più strutturale il fenomeno, però ci vuole un'azione più forte anche a livello di Europa, quindi fare pressioni affinché l'Europa metta a disposizione risorse e si faccia sentire molto di più sui tavoli internazionali. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.
  Dispongo che la documentazione presentata sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna.

  La seduta termina alle 15.40.

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