XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 21 di Martedì 3 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2 

Seguito dell'audizione del procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma, Franco Ionta:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 3 
Grassi Gero (PD)  ... 4 
Ionta Franco  ... 4 
Piepoli Gaetano , Presidente ... 9 
Ionta Franco  ... 9 
Piepoli Gaetano , Presidente ... 9 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 9 
Ionta Franco  ... 10 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 10 
Ionta Franco  ... 10 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 10 
Ionta Franco  ... 10 
Grassi Gero (PD)  ... 11 
Ionta Franco  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Ionta Franco  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Ionta Franco  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Ionta Franco  ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Ionta Franco  ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Ionta Franco  ... 14 
Grassi Gero (PD)  ... 14 
Ionta Franco  ... 14 
Grassi Gero (PD)  ... 14 
Ionta Franco  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Gotor Miguel  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Grassi Gero (PD)  ... 14 
Ionta Franco  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Ionta Franco  ... 15 
Gotor Miguel  ... 15 
Ionta Franco  ... 15 
Cervellini Massimo  ... 15 
Ionta Franco  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Ionta Franco  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Ionta Franco  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Ionta Franco  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Ionta Franco  ... 18 
Buemi Enrico  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Buemi Enrico  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Buemi Enrico  ... 18 
Ionta Franco  ... 18 
Grassi Gero (PD)  ... 18 
Ionta Franco  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Ionta Franco  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Ionta Franco  ... 19 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Buemi Enrico  ... 19 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 20 
Buemi Enrico  ... 20 
Corsini Paolo  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Corsini Paolo  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 20 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 20 
Buemi Enrico  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 21 
Buemi Enrico  ... 21 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Carra Marco (PD)  ... 22 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 22 
Grassi Gero (PD)  ... 23 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 23 
Gotor Miguel  ... 23 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 23 
Gotor Miguel  ... 23 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 23 
Gotor Miguel  ... 23 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 24 
Gotor Miguel  ... 24 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 24 
Gotor Miguel  ... 24 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 24 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 24 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 24 
Grassi Gero (PD)  ... 24 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 24 
Grassi Gero (PD)  ... 24 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 24 
Buemi Enrico  ... 24 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 24 
Grassi Gero (PD)  ... 24 
Carra Marco (PD)  ... 24 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 24 
Buemi Enrico  ... 25 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 25 
Buemi Enrico  ... 25 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 25 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 25 
Gotor Miguel  ... 25 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 25 
Gotor Miguel  ... 25 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 26 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 26 
Gotor Miguel  ... 26 
Grassi Gero (PD)  ... 26 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 26 
Gotor Miguel  ... 26 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 26 
Gotor Miguel  ... 26 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 26 
Gotor Miguel  ... 26 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 27 
Gotor Miguel  ... 27 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 27 
Gotor Miguel  ... 27 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 27 
Gotor Miguel  ... 27 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 27 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 27 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 27 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 27 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 28 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 28 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 28 
Ionta Franco , Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma ... 28 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 28

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 21.00.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Seguito dell'audizione del procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma, Franco Ionta.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma, Franco Ionta, che ringraziamo per la disponibilità con cui ha nuovamente accolto l'invito a intervenire in seduta notturna in Commissione.
  Lo scorso 24 febbraio il dottor Ionta ha svolto una relazione nella quale ha affrontato molti temi di interesse per la nostra inchiesta. Ricordo, in particolare, che nel corso della seduta sono stati messi a disposizione della Commissione gli indici di due procedimenti penali della procura di Roma, il n. 3349 del 1990 e il n. 6065 del 1998, entrambi conclusisi con un'archiviazione, i cui contenuti meritano un approfondimento da parte della nostra Commissione.
  Al riguardo, avendo consultato l'indice a cui ha fatto riferimento il dottor Ionta nelle carte che ci ha presentato, credo che sarebbe estremamente utile se il dottor Ionta potesse illustrarci questa sera la genesi e lo sviluppo di tali procedimenti molto articolati e complessi, così da consentirci di meglio valutarne l'oggetto e la rilevanza ai fini dell'inchiesta parlamentare che stiamo conducendo.
  Dall'esame dei suddetti indici emerge, inoltre, un collegamento investigativo con un procedimento condotto dall'allora sostituto procuratore di Roma dottor Piero De Crescenzo, del quale sarebbe utile conoscere estremi e contenuti, perché non ne abbiamo traccia.
  Sempre martedì scorso il dottor Ionta ci ha poi consegnato copia della sentenza di condanna dell'ex sottufficiale dei Carabinieri Demetrio Perrelli, riconosciuto responsabile del reato di calunnia per aver dichiarato che i Carabinieri avevano rinvenuto il memoriale di Moro nascosto dietro un pannello nel covo di Via Monte Nevoso già nel 1978, e di due richieste di archiviazione relative rispettivamente agli elementi emersi nel corso delle audizioni di Franco Piperno e del colonnello Umberto Bonaventura, svoltesi nel 2000 dinanzi alla Commissione stragi, e al coinvolgimento di Senzani nel rapimento e nell'omicidio di Aldo Moro.
  Quest'ultima richiesta, invero molto succinta, presenta profili di interesse per la nostra inchiesta. Pertanto, inviterei sin d'ora il dottor Ionta a fornirci gli indici degli atti contenuti nel relativo fascicolo, con riserva di valutarne l'integrale acquisizione.
  Ricordo, inoltre, che nel corso della seduta del 24 febbraio scorso abbiamo consegnato al dottor Ionta copia della corrispondenza intercorsa nell'ottobre e nel novembre 1999 tra lui e il presidente Pellegrino, con riferimento a un appunto del 27 settembre 1978, originariamente Pag. 3classificato segretissimo, relativo alla provenienza di una parte del munizionamento impiegato nelle stragi di via Fani.
  In proposito, il dottor Ionta si era riservato di fornirci elementi circa le indagini che vennero condotte per indentificare l'autore e di verificare i contenuti del citato appunto, non avendo noi rinvenuto copia di delega scritta allo svolgimento di indagini.
  Ricordo, infine, che al dottor Ionta sono stati formulati per iscritto alcuni quesiti che prendono spunto dai temi trattati nella seduta della Commissione stragi del 9 marzo 1995. Nel rispondere ai suddetti quesiti, in particolare quelli riguardanti il colonnello Guglielmi, pregherei il dottor Ionta di riferirci anche quanto è a sua conoscenza in ordine alle indagini condotte dal dottor De Ficchy sulla presenza del colonnello Camillo Guglielmi sul luogo della strage di via Fani e al ruolo che lo stesso colonnello avrebbe ricoperto nelle esercitazioni di forze speciali che, secondo documenti pubblicati nel 2003 dal settimanale Famiglia Cristiana, si sarebbero svolte nell'area laziale poco prima del rapimento di Aldo Moro.
  Aggiungerei anche che per noi è di notevole interesse acquisire il fascicolo. Abbiamo capito le difficoltà immense della procura e della metodologia di archiviazione nell'individuare i fascicoli, ma sarebbe utile almeno avere un'unità di grandezza: sapere se i fascicoli aperti, mai chiusi o su cui si sta indagando in relazione alla vicenda Moro siano due, tre, cinque, una decina, più di dieci, meno di venti, più di trenta oppure se non ce ne sia alcuno. Credo per noi sia un elemento importante.
  Come ultimo punto, mi permetto di segnalarle una riflessione fatta il 18 novembre alla nostra Commissione da Giovanni Pellegrino: «Il problema è chi ha messo la scopa, chi ha messo la doccia sulla scopa, chi ha fatto piovere nella casa di sotto». Si riferisce alla famosa vicenda di via Gradoli. «La verità, per esempio, secondo Ionta – questo non è consacrato nelle sue audizioni, ma me lo disse privatamente – era che Morucci voleva far fuori Moretti perché voleva contrastare la deriva militarista delle Brigate Rosse. Pertanto, creò quella sorta di trappola per determinare l'irruzione nel covo, nella speranza che venisse catturato Moretti. È un'ipotesi del dottor Ionta, però, di cui non abbiamo riscontro».
  Partirei da questo. Poi ci saranno tutti i colleghi che vogliono fare domande.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Cercherò di rispondere, per quello che mi è possibile, alle sollecitazioni del presidente, che sono puntualissime e richiedono qualche indicazione preliminare.
  Intanto voglio subito dire che ho con me alcuni documenti che credo la Commissione possa acquisire ai fini di una migliore conoscenza di un segmento investigativo. Non tornerò a spiegare il sistema di archiviazione presso gli uffici giudiziari, perché non voglio ripetermi.
  Nel caso di stasera io ho portato alcuni documenti che credo utili, tra cui un ulteriore indice di un procedimento penale che reca il numero 15621, del 1993. Questo fascicolo è poi sfociato nei procedimenti relativi a Germano Maccari e a Raimondo Etro e contiene molte cose.
  Contiene, infatti, una serie di indicazioni provenienti da varie fonti, ma prevalentemente da Morucci, Faranda e altri soggetti delle Brigate Rosse, di cui ovviamente vi è traccia negli indici, sentiti ai fini della ricostruzione di quello che fu indicato come il gruppo di fuoco immediatamente operativo in via Fani, quello composto da Morucci, Bonisoli, Fiore e Gallinari, e poi dalla presenza operativa di altre persone.
  In particolare, parlo della Algranati, che aveva il compito di avvisare il commando all'arrivo delle vetture di Moro, di Casimirri, Moretti, Seghetti e Balzerani e poi di Loiacono, che non era presente come indicazione nel memoriale di cui abbiamo parlato la volta scorsa, quello veicolato da suor Teresilla verso la Presidenza della Repubblica, il cui nome fu fatto, se io non ricordo male, in dibattimento proprio da Morucci.Pag. 4
  Poi c’è la posizione di Raimondo Etro, che, come ho accennato la volta scorsa, partecipò all'inchiesta preliminare su Moro, faceva da prestanome a Morucci per l'appartamento di via Savorelli ed era stato incaricato, un mese prima del rapimento di Moro, esattamente il 14 febbraio 1978, di essere l'autore materiale dell'omicidio del dottor Riccardo Palma. All'ultimo momento Etro non eseguì l'attentato, che fu invece eseguito da altra persona che era con lui.
  Secondo un'indicazione che si può verificare, ma che non è del tutto riscontrata, costui avrebbe fatto anche il recupero delle armi lunghe utilizzate nell'agguato di via Fani in un bar che gli era stato indicato, dove sarebbero state convogliate queste armi.
  Faccio un'osservazione sulla differenza che c’è tra le persone che hanno avuto un ruolo operativo in via Fani specificamente e i condannati per la vicenda Moro, che sono molti di più, sicuramente. La preparazione, la gestione e poi quello che è successo con l'omicidio, naturalmente, hanno visto la responsabilità di altre persone.
  Quando io, l'altra volta, ho fatto riferimento ai nove più Loiacono ed Etro, cui avevo accennato, facevo riferimento a quelle che, per mia conoscenza, sono le indicazioni nominative delle persone coinvolte direttamente nella strage di via Fani, e non a tutti gli altri soggetti che hanno avuto un ruolo nel comitato esecutivo o che si sono, anche dal punto di vista delle Brigate Rosse, interessati della gestione di Moro, che sono sicuramente molti di più.
  Anche per confermare una mia indicazione di ormai vent'anni fa sulla presenza di persone che nel corso dei procedimenti di un qualche rilievo, o addirittura di assoluto rilievo, si presentano con dichiarazioni che necessitano sicuramente di approfondimento, ma che spesso poi non hanno alcun riscontro o addirittura hanno riscontri negativi – sono dichiarazioni che confermo – ci sono, in questo fascicolo di cui ho dato il numero, una serie di dichiarazioni che io ricordo di aver anche registrato.
  Sono dichiarazioni di un maresciallo della Polizia penitenziaria (allora si chiamavano agenti di custodia), che si chiamava Incandela, il quale riferiva di una visita notturna – io non ho il verbale, ma ho un ricordo di queste dichiarazioni – fatta dal generale Dalla Chiesa e da Mino Pecorelli, i quali gli avrebbero consegnato il memoriale di Moro.
  Ricordo che questo verbale si concluse con la mia domanda ovvia: «Dov’è questo memoriale ?» Ovviamente, il memoriale non c'era.

  GERO GRASSI. Non era il memoriale. Erano alcune carte di Moro.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Io ricordo questo verbale. Magari, se lei ha modo di leggerlo, lo potrà vedere più diffusamente. Io ricordo che gli erano state portate delle carte – a me sembrava di ricordare il memoriale – che lui avrebbe nascosto da qualche parte, ma che poi non mi furono consegnate. Questo è il dato storico. Poi, ovviamente, le valutazioni spettano a voi.
  C'erano poi alcune dichiarazioni, sempre in questo fascicolo – le troverete – di una certa signora Gabriella Pasquali Carlizzi, che sosteneva di essere a conoscenza del luogo di prigionia di Moro e voleva che io l'accompagnassi in questo stabile.
  Ci sono anche le dichiarazioni di un giornalista, Nicotri – non ricordo il nome – che aveva intervistato il confessore di Andreotti. C’è il verbale anche di questo.
  Questo per dire che i processi, o comunque i procedimenti, raccolgono molto materiale. Per questo per noi è molto difficile, quando veniamo sollecitati a indicare un documento dove si tratti una data questione, individuare quale sia il procedimento nel quale quella singola questione è trattata. Non vorrei ripetermi, ma credo che sia utile spiegare questo.
  In questo fascicolo, che perciò ho portato, ci sono molti di questi spunti. Si parla di Cazora e di altri spunti di varia fonte. Specialmente nella fase delle indagini, com’è inevitabile, sono molte le sollecitazioni Pag. 5che arrivano da privati, da enti, da libri, da articoli di stampa. Tutto quello che sembra avere una qualche attinenza con ciò che si sta facendo in quel momento, ovviamente, si tenta di riscontrarlo.
  Sempre in questo fascicolo io sono riuscito a recuperare i due verbali, da me redatti il 30 marzo del 1994, dei due funzionari, Fabbri e Parolisi, che hanno partecipato alla missione dell'estate del 1993 nella quale ci fu il contatto con Alessio Casimirri.
  Perché sono importanti ? Perché specialmente Parolisi spiega la ragione del contatto con Casimirri, che era derivata da una conoscenza risalente a quando lui stesso e Casimirri frequentavano il medesimo liceo – non ricordo quale – di Roma. C'era una certa conoscenza tra i due, che legittimava l'incontro.
  Naturalmente, non c’è stata alcuna elargizione, secondo quello che viene detto in questo verbale, di soldi, spese o cose particolari. Lo dico perché l'altro giorno il presidente mi diceva una cosa che mi giungeva totalmente nuova, cioè che questa missione sarebbe costata più di un miliardo, ma meno di due.
  Io non so questa informazione da dove derivi. Io questa informazione non ce l'ho. Ho portato i due verbali proprio per verificare questo viaggio, in esito al quale, come dicevo la volta scorsa, si arrivò a una sorta di indicazione verso il nominativo del fotografo che io ho poi ricostruito chiamarsi Giovanni Morbioli. Noi abbiamo poi escluso questo fotografo e abbiamo identificato Germano Maccari come colui che effettivamente era il quarto uomo di via Montalcini. Naturalmente, non ho gli atti, ma ho l'indice in cui questo sviluppo investigativo può essere ricostruito.
  Ho portato anche – questo pure mi sembra un punto delicato, utile per la Commissione – la mia richiesta di misura cautelare in carcere nei confronti di Germano Maccari, che è stata firmata l'11 ottobre 1993. Cito questa data perché, fino ad allora, la Faranda non aveva voluto rivelare il nome del quarto uomo di via Montalcini, cosa che non farà nemmeno esplicitamente in epoca successiva. Dirà semplicemente, in tre distinti esami testimoniali, che la persona che noi avevamo fatto arrestare in realtà non era uno sbaglio.
  Spesso l'interlocuzione era difficile, sia con lei, sia con Morucci. Loro hanno sempre tenuto una posizione di «non confermo e non smentisco», mai di asseverazione precisa. Era una sorta di linguaggio convenzionale, tale che, se c'era una smentita, era un «no», se non c'era una smentita, probabilmente la risposta era affermativa, se si diceva «Non avete sbagliato a fare questa cosa», voleva dire che l'impostazione era corretta.
  Questo come prima battuta. Inoltre, dal momento che il presidente mi sollecitava sull'appunto, dico subito che esso – ho fatto la verifica – è presente nell'indice che vi ho portato la volta scorsa. Nel n. 6065 troverete questo appunto, che è stato inoltrato il 28 ottobre 1999 dal presidente della Commissione Pellegrino, è stato ricevuto dal mio ufficio il 2 novembre ed è stato esitato con una mia nota il 6 novembre 1999.
  Che cosa è successo in questi giorni, tra la data di arrivo e la data di esito della nota ? È stato fatto un accertamento tramite la DIGOS per sentire la persona che nell'informativa viene indicata. Il nome ora lo troviamo. Si tratta della persona la cui sigla compariva su questo documento inizialmente «classificato» – lo dico tra virgolette per via di un'osservazione che farò fra un attimo – il prefetto Domenico Spinella, il quale disse di ricordare l'appunto, ma di non ricordare assolutamente chi fosse o potesse essere il funzionario che lo aveva redatto.
  Il 6 novembre io mando, quindi, sia questa informativa della DIGOS sia la perizia. La perizia balistica, che non ho fatto io, è la perizia fatta a iniziare dal 16 marzo 1978, poi depositata esattamente l'11 luglio 1978. È una perizia balistica, cioè è proprio una perizia sui reperti balistici rinvenuti a via Fani.
  Leggendo questo appunto, di cui mi si sollecitava, faccio alcune osservazioni. La prima è che questo appunto deriva sicuramente da un funzionario – ovviamente, Pag. 6non so di quale grado – della DIGOS della questura di Roma. Questo è evidente perché nel passaggio 3 si parla di una fotocopia di una bozza di comunicato in cui si dice «sequestrato da questa DIGOS». È evidente, quindi, che chi scrive è sicuramente un funzionario della DIGOS. Questo è il primo punto.
  Il secondo punto è che queste non mi sembrano, direi proprio che non sono, indagini svolte così come sembrerebbe dall'intestazione, perché nell'intestazione si legge testualmente: «Nel corso delle indagini relative all'omicidio dell'onorevole Moro è risultato quanto segue».
  In realtà, quelle che sono scritte qui mi sembrano delle osservazioni derivate. Non sono indagini svolte dal funzionario, tant’è vero che nel punto 2 si dice una cosa molto chiara. Si dice, cioè, che «dagli esami compiuti dai periti su alcuni bossoli risulterebbe che le munizioni usate provengano da un deposito dell'Italia settentrionale».
  Questa è la ragione per la quale io ho mandato la perizia fatta tra il 16 di marzo 1978 e una certa data di luglio 1978, in modo che la Commissione potesse vedere se questo «risulterebbe» corrisponde effettivamente a quello che i periti avevano accertato.
  Poiché questo appunto è del 27 settembre 1978, dunque a perizia depositata, può darsi che questo funzionario abbia avuto notizia – non so quanto di prima mano, diretta o indiretta – del possibile contenuto della perizia svolta e l'abbia riassunto nel secondo punto.
  Io non trovo un'altra spiegazione, ma quello che è certo è che comunque non sono indagini svolte dalla DIGOS quelle rappresentate in questo appunto. Si tratta di informazioni che io definirei derivate, nel senso che l'estensore di questo appunto non ha svolto una diretta investigazione. Probabilmente ha avuto accesso, o leggendo, o parlando con qualche perito o magari con qualche magistrato, a questa possibilità, del resto messa al condizionale, che i periti avrebbero riscontrato questa provenienza da un deposito...
  Peraltro, l'espressione è veramente di una genericità disarmante. Si parla di un deposito del Nord Italia. L'appunto non reca alcuna indicazione specifica, il che mi fa concludere per un'acquisizione non solo parziale, ma probabilmente indiretta del contenuto della perizia. Tutto questo, però, è semplicemente una mia illazione, ragion per cui, come tale la consegno alla Commissione. Non ho altro da dire su questo punto specifico dell'appunto.
  Quanto ai documenti, credo di aver detto quello che ho portato. Lo ripeto un'ultima volta: l'indice del n. 15621, per le ragioni che ho detto, ma anche un provvedimento di stralcio da questo processo.
  Questo l'ho portato per far capire che spesso, durante un'indagine così complessa come può essere questa, è necessario procedere alla separazione di carte e alla formazione di altri fascicoli. Questo provvedimento di stralcio, per esempio, determina la creazione di altri fascicoli.
  Per questo motivo è difficile, ripeto un'ennesima volta, andare a rintracciare dove si trova specificamente un dato documento. Con un'indicazione di numero del procedimento la ricerca è più agevole. Per questa ragione ritengo particolarmente utile fornire alla Commissione gli indici dei procedimenti. Tenterò di fare la stessa cosa, come mi è stato chiesto ora dal presidente con l'indice del procedimento penale che riguarda Giovanni Senzani; lo manderò poi, magari posta o con un corriere.
  Per quello che riguarda De Ficchy, io ricordo che si interessò di sentire Guglielmi, in quale procedimento francamente non sono in grado di dirlo. De Ficchy è persona di grandissimo scrupolo e di grandissima capacità. Non mi risulta che si sia proceduto a carico di Guglielmi. Altro non posso dire, perché non ho una conoscenza diretta della questione.
  Lo stesso vale per i fascicoli in corso. Il dottor Capaldo credo sia in grado di dire se esistono dei fascicoli in cui si tratti della strage di via Fani e dell'omicidio e del sequestro dell'onorevole Moro.Pag. 7
  Ho avuto modo di vedere il resoconto stenografico dell'audizione del Procuratore generale Ciampoli, il quale vi ha consegnato un documento all'esito del quale è stata trasmessa in Procura la posizione di Pieczenik per le valutazioni che deve fare necessariamente la procura competente, cioè quella di Roma.
  Immagino che quella trasmissione abbia dato luogo a un procedimento. Io non so se questo sia un procedimento contro ignoti, perché Pieczenik non è stato identificato, oppure se si tratti di «K atti relativi» alla posizione di Pieczenik oppure se sia stato messo Pieczenik imputato di o indagato di. Questo non lo so, ma Capaldo lo sa per certo.
  Il numero di cui parlava prima il presidente, di dieci o venti, è inimmaginabile. Non credo proprio, perché, come ho detto già l'altra volta, quando, ad agosto 2008, io ho lasciato l'ufficio per altro incarico, non credo che ci fosse nessun fascicolo aperto sulla vicenda di Moro.
  Escludo, a meno che in questi anni non si siano verificate cose particolari, che ci siano procedimenti in corso. Per procedimenti intendo indagini preliminari in corso. In dibattimento assolutamente no. Questa di Pieczenik è altamente probabile, anche perché la trasmissione degli atti dalla Procura generale, ovviamente, genera un fascicolo e, quindi, quello sicuramente è in trattazione. Questo riguarda la terza sollecitazione del presidente.
  Non mi sottraggo all'indicazione che ha fornito Pellegrino. Anche se credo che la Commissione abbia già sentito da me queste parole, nel mio lavoro io ho sempre cercato di andare alla ricerca di un riscontro alle cose, alle sollecitazioni, agli input. Non ho mai lavorato su suggestioni, ipotesi o vere e proprie indicazioni di pura suggestione.
  È vero quello che dice Pellegrino. È vero. Certamente io non sono in grado di dire in quale circostanza sia avvenuto, ma ricordo questo colloquio, sicuramente informale e al di fuori di qualunque riunione ufficiale. Sicuramente nella mia testa c'era questo: la conoscenza dell'ambiente e la conoscenza delle persone mi hanno fatto sempre dubitare dell'accidentalità dell'episodio di via Gradoli. La maniacalità con cui queste persone si sono mosse durante la loro azione terroristica è veramente fotografata dagli appunti, dalla meticolosità con cui fanno le cose, con cui segnano le singole spese e i singoli movimenti, da come vengono fatte le inchieste, da come vengono pagati i militanti. C’è una maniacalità ossessiva. Ci sono il piano A e il piano B. Qualunque operazione viene studiata davvero in un modo molto accurato.
  Peraltro, proprio per l'operazione di Moro, come risulta da alcuni verbali, la domenica precedente, il 12, in un villino di Velletri fu fatta praticamente la simulazione dell'operazione di Moro, dell'aggressione alla scorta e dell'uccisione. La simulazione prevedeva, come è evidente e come ho cercato di dire anche l'altra volta, l'assunzione da parte di ciascun partecipante di un ruolo specifico.
  Ho visto che qualcuno accenna alla «mistica dell'autosufficienza delle Brigate Rosse». Io penso che non sia questo il canone da utilizzare. Il canone da utilizzare è che l'esperienza vissuta direttamente per conoscenza dei processi, delle persone e delle modalità di azione mi ha fatto pensare sempre – se non c’è un dato che me lo smentisca, rimango della mia opinione – che la meticolosità operativa si spinge, direi inevitabilmente, a escludere la presenza di estranei rispetto all'organizzazione. Non è possibile immaginare «un terzo» che non sia persona che quantomeno sia un militante irregolare delle Brigate Rosse. È impensabile che un terzo estraneo di qualunque provenienza possa essere presente in un'azione delle Brigate Rosse.
  Mi sono allontanato dal tema. Confermo, dunque, quella chiacchierata, quel colloquio con il presidente Pellegrino e confermo, altresì, quello che io gli dissi. Parto dall'impossibilità storica, oltre che logica, di un'accidentalità di quella operazione, conoscendo un po’ anche il modo di pensare dei militanti delle Brigate Rosse, Pag. 8che in qualche modo avevano anche identificato le modalità con cui la «controrivoluzione» si muoveva.
  Io ho sempre pensato che, a un certo punto, nella vicenda Moro ci fossero due possibilità, anche se ho sempre ritenuto che la decisione dell'uccisione fosse stata presa dall'inizio: c'era un partito – chiamiamolo così – della trattativa e c'era un partito della non trattativa, non direi della fermezza, perché anche quello della non trattativa era un partito particolarmente insidioso. Non che fosse fatto per ragioni umanitarie o per ragioni di buonismo; c'era una ragione politica nel coltivare la possibilità della trattativa.
  Comunque, sicuramente, se vogliamo proprio semplificare, Moretti, che comandava l'operazione, era riconducibile al primo dei partiti e Morucci era sicuramente riconducibile al partito della trattativa. C'era un dissidio molto forte, politico, su questo.
  Peraltro, Morucci – anche questo credo che sia importante per la Commissione – non aveva un ruolo particolarmente importante nella gestione del prigioniero Moro, perché a via Montalcini non risulta essere mai andato. Quello che succedeva a via Montalcini lo sapeva di rimbalzo, probabilmente tramite Germano Maccari, che era un uomo inserito da lui e dalla Faranda nell'operazione. Morucci non aveva il controllo diretto di ciò che avveniva in via Montalcini. Semplifico, naturalmente.
  Qual è la mia idea ? Poiché quel covo di via Gradoli, se io ricordo bene – non ho fatto un approfondimento in vista di questa domanda, che ovviamente non potevo prevedere – era stato fornito da Morucci, credo tramite una persona a lui vicina dell'ambiente universitario, non escludo affatto che egli, così come chiunque farebbe probabilmente, nel momento in cui lui ha ceduto la disponibilità di quell'appartamento a Moretti e alla Balzerani, che vi abitavano, abbia tenuto le chiavi di quell'appartamento. Non escludo, quindi, neanche l'ipotesi che l'operazione doccia, per capirci, sia un'operazione fatta per far cadere quella base; ma soprattutto per fare in modo che Moretti e Balzerani venissero arrestati in quella base, non semplicemente per far cadere una base.
  Questo perché ? Perché, secondo una modalità operativa questa volta prevalentemente dei Carabinieri, se si individuava un covo brigatista per certo, e quello lo era per certo, l'operazione consisteva non semplicemente nel rivelare il covo, ma anche nel fatto di mettere delle persone dentro il covo, in modo tale che potessero arrivare poi le persone che quel covo abitavano, che quell'appartamento abitavano.
  La mia fantasia, la mia suggestione, partecipata a Pellegrino, fu esattamente questa: Morucci, conoscendo le modalità operative della «controrivoluzione» che avrebbe occupato il covo in attesa dei brigatisti di rientro, non solo avrebbe fatto cadere il covo, che, tutto sommato, ai fini dell'operazione Moro non era poi così decisivo, ma soprattutto avrebbe preso la leadership – diremmo così – politica della gestione della trattativa, avendo egli sposato la tesi della trattativa.
  Questo, però, contraddice... Ecco perché non ne ho mai parlato se non stasera, per questa ragione di sollecitazione del presidente, a cui non volevo sottrarmi, perché qui siamo nel campo delle ipotesi, nel campo delle suggestioni, che tengo per me. Oggi ne sto parlando per la prima volta pubblicamente perché non mi sentivo, naturalmente, di contraddire ciò che dice Pellegrino, poiché egli dice la verità. Quel colloquio ci fu – non ricordo in quale circostanza, ma ci fu – e io gli espressi questa suggestione, o ipotesi. Vedete voi.
  Mi sembra di non dover dire altro. Ovviamente, mi riservo di mandare alla Commissione, se lo trovo – questo sia chiaro – l'indice degli atti del procedimento di Senzani, di cui mi è stato chiesto.
  Per quello che riguarda i vari punti, della precisa ricostruzione – credo di averne parlato diffusamente – del rullino di fotografie ho un vago ricordo, ma ovviamente questa è una cosa che soltanto chi ha avuto un ruolo nell'immediatezza della strage vi può spiegare. Io non me ne Pag. 9sono occupato. All'epoca credo che se ne interessasse Infelisi. Lo stesso dicasi per il blocco delle linee telefoniche.
  Sul numero dei carcerieri e sull'identità di Altobelli credo di aver detto forse anche troppo.
  Quanto al falso comunicato, naturalmente anche questo fa parte delle indagini fatte nell'immediatezza.
  Sul punto f) della lettera che mi avete inviato, concernente la valutazione dell'efficacia dell'azione di prevenzione e di investigazione, francamente, non saprei dire.
  Le altre mi sembrano domande di carattere più politico che giudiziario. I verbali delle riunioni del Comitato di crisi credo di averli letti. Probabilmente sono acquisiti da qualche parte, ma in quale fascicolo non sono assolutamente in grado di dirlo.
  Per quanto riguarda la motocicletta Honda, credo che ne abbiamo parlato. Negli atti ci sono gli sviluppi possibili, con l'indicazione anche di quelli che potevano esserne gli occupanti. Non credo – ma questa è una mia opinione, non avendo letto gli atti, naturalmente – che la lettera anonima che è stata mandata, credo, alla DIGOS di Torino possa fornire degli spunti illuminanti. Senza entrare nel merito delle acquisizioni, quella lettera anonima il cui autore si definiva partecipante, insieme a un'altra persona, con la complicità di Guglielmi, a parte che gli anonimi... va bene. Comunque, non credo che fornisca degli spunti interessanti.
  Sul colonnello Guglielmi, l'unico che può avere maggiore cognizione, è sicuramente De Ficchy che ha svolto indagini sulla sua presenza in via Fani.
  Di una prigionia sul litorale romano di Ostia non ho conoscenza. Per me e per le acquisizioni che sono state fatte l'unico posto dove è stato tenuto prigioniero Aldo Moro è via Montalcini.
  Borghi e Giovanna Currò, francamente, non mi dicono molto. Probabilmente sono dei nomi di copertura. Non ricordo che Moretti o la Balzerani abbiano utilizzato questi nomi, ma posso sbagliarmi.
  Nirta è stato interrogato sicuramente. In qualche atto ci dovrebbe essere il riferimento a lui, se non addirittura un procedimento stralcio che lo riguarda. Evidentemente la sua presenza non fu assolutamente dimostrata.
  Sulla missione credo di aver detto.
  Quanto a infiltrazioni di agenti dei servizi, non mi risulta nulla al riguardo e credo che ciò sia coerente con quello che ho detto fino a un attimo fa. Che io sappia, gli infiltrati sono quelli di un'epoca dei primissimi anni Settanta, o addirittura anche prima, ma sono noti, ossia Pisetta e Girotto. Non mi risultano altre infiltrazioni nel senso in cui viene detto qui.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GAETANO PIEPOLI

  PRESIDENTE. Grazie, signor procuratore. Mi permetta di chiederle: lei, per caso, sa chi sia l'ufficiale che poi non fece la perquisizione a via Gradoli ?

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Ripeto, queste sono cose che andrebbero chieste a chi ha svolto le indagini dal 16 marzo in poi, durante la prigionia dell'onorevole Moro, indagini che non ho fatto io. Non lo so. Non so nemmeno se l'episodio sia vero.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLO BOLOGNESI. Io vorrei farle due o tre domande. La prima è questa: quando lei parla della partecipazione in via Fani, esclude la presenza di altre entità. Io le chiedo: come mai quel giorno tutto era preparato per via Fani, erano tutti sicuri che Moro e la scorta passassero in via Fani ? Questa può essere una suggestione. Non dico che lei abbia indagato su questo, ma, secondo lei, è possibile che ci fosse una cosa così preparata in via Pag. 10Fani e che quel giorno lì Moro passasse per via Fani ? Qual è, secondo lei, la spiegazione di questo fatto ?
  Se mi dice che alcune prove dell'attentato sono state fatte in precedenza, vuol dire che sapevano che il «giorno x» era il giorno buono per fare l'operazione. È chiaro che, se dovesse essere vero questo, immediatamente si apre quanto meno un'ipotesi di lavoro che riguarda chi ha dato indicazione di passare per via Fani.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Ho capito la sua domanda.

  PAOLO BOLOGNESI. L'altra domanda è questa. Dalle carte dell'archivio parallelo della via Appia...

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Alla circonvallazione Appia.

  PAOLO BOLOGNESI. ...rinvenuto nel 1996 è emersa l'esistenza di una struttura segreta denominata l'Anello, o «noto servizio», attiva dal 1948 al 1981, che, attraverso il suo responsabile, Adalberto Titta, si attivò, secondo diverse fonti e testimonianze, anche durante il sequestro dell'onorevole Moro.
  La prima a occuparsi giudiziariamente di questa struttura è stata la Procura di Brescia, che ha trasmesso ai colleghi di Roma, per competenza, l'inchiesta. Nel 2003 lei ha chiesto l'archiviazione. Le chiedo una valutazione degli elementi emersi su questo servizio segreto occulto e le motivazioni della richiesta di archiviazione, di cui peraltro chiedo alla presidenza di acquisire gli atti.
  L'ultima domanda è questa. I consulenti della Commissione stragi, l'8 marzo del 2001, riferirono al presidente senatore Pellegrino che presso l'archivio della DIGOS di Roma avevano rinvenuto due faldoni recanti il primo la dicitura «A4 sequestro Moro, covo di via Monte Nevoso, rinvenimento del 9 ottobre 1990, carteggio», e il secondo «Sequestro Moro: elenco appartenenti organizzazione Gladio».
  Poiché da un resoconto di audizione della Commissione stragi io ho appreso che i sostituti procuratori della Repubblica Salvi e Ionta – quindi lei – hanno dichiarato di aver aperto un'inchiesta circa il rinvenimento presso la DIGOS di Roma dei documenti citati, le chiedo di sapere quali sono stati i risultati della vostra inchiesta. In particolare, vorrei conoscere le ragioni di quell'accostamento tra carte rinvenute in via Monte Nevoso ed elenchi di «gladiatori», come tra liste di «gladiatori» e carte intestate «Moro elenco».

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Sono tre domande molto impegnative.
  La prima richiede una mia opinione. Faccio un po’ fatica a esprimere un'opinione. Io posso dire, per quello che ho già tentato di comunicare alla Commissione, che certamente l'operazione Moro non era un'operazione estemporanea. Il percorso di Moro era stato evidentemente molto ben studiato. C'erano delle abitudini di orario e di percorso. C'era un'alta probabilità del passaggio delle automobili più o meno verso quell'ora e in quella zona.
  Per maggiore sicurezza, come ho detto all'inizio, c'era – come poi si scoprirà – l'Algranati nel «cancelletto superiore», che doveva dare un avviso per far vedere a quelli del gruppo di fuoco immediatamente operativo che le auto passavano proprio da lì. Del resto, l'operazione era studiata per bloccare Moro in un dato modo e a un dato segnale di stop. Poi c'era la questione del furgoncino di cui erano state bucate le ruote.
  Sicuramente non era un'operazione estemporanea. Tenderei ad escludere che le Brigate Rosse – non l'hanno mai fatto e non l'avrebbero fatto certamente per Moro – si fossero avventurate per la città armate per vedere se Moro passasse di là. Lo escluderei completamente.
  Secondo me, hanno fatto un'azione... Questo, se è disponibile, Morucci ve lo può sicuramente spiegare. Non so se sia disponibile, ma sicuramente Morucci vi potrebbe spiegare con quale metodica, con Pag. 11quale tempistica e con quale accuratezza addirittura le macchine che dovevano servire per l'operazione furono rubate e spostate da un posto all'altro.
  Considerate che l'appartamento-prigione – chiamiamolo così, per la precisione – di via Montalcini fu comprato dalla Braghetti e dal signor Altobelli (l'intestataria, però, era la Braghetti) nell'estate del 1977, a operazione Moro di là da venire. Era in vista di quell'operazione.
  Se io non ricordo male, furono sottoposti a inchiesta sia Fanfani sia Andreotti. Poi, per una serie di ragioni logistiche, preferirono puntare su Moro, ma la preparazione contro la Democrazia Cristiana era immaginata e programmata dall'estate del 1977, molti mesi prima dell'agguato di via Fani.
  Se lei mi chiede un'opinione, le risponderei così: la metodica delle Brigate Rosse non consente un'azione estemporanea. È proprio inimmaginabile.
  Ricordo vagamente, quanto alla sua seconda domanda, che ci fu una trasmissione di atti dalla Procura di Brescia. Non deve stupire – forse l'altra volta io non sono stato molto chiaro – sia per Gladio, sia per Anello, sia per tutte le questioni che riguardano la sicurezza dello Stato, se troverete sempre il mio nome, perché io fungevo da coordinatore di questa struttura e, quindi, ci sono sempre.
  A un certo punto, poi, ho fatto in modo di distribuire il lavoro tra i colleghi che si interessavano dell'eversione anarchico-insurrezionalista, da un lato, della destra e dell'internazionale, dall'altro, e delle Brigate Rosse e della sinistra, nel terzo settore di intervento.
  Ricordo la trasmissione degli atti da Brescia. Sicuramente è stato archiviato, se lei me lo ricorda. Le ragioni ora io non le ricordo e non le posso ricordare, ma, se è stato archiviato, è perché quell'indicazione non trovò alcun tipo di riscontro. Non so nemmeno se questo Anello o «noto servizio» sia poi una cosa effettivamente esistente. Io ricordo di quegli atti trasmessi da Brescia, forse originati da dichiarazioni di qualcuno che parlava di questo «noto servizio», ma non mi sembra che avessero una grande concretezza.
  Sui due fascicoli rinvenuti non ho capito bene se alla DIGOS o dove non saprei proprio dire, a meno che non si faccia riferimento – quella, però, non era la DIGOS, ma era un ufficio dell'UCIGOS – a un luogo in cui furono trovati dei fascicoli che riguardavano, però, delle intercettazioni e dei pedinamenti fatti nei confronti di un soggetto che veniva indicato come appartenente all'ETA basca.
  Io ricordo di aver svolto una serie di indagini su questo. Poi, a un certo punto, incriminai dei funzionari della DIGOS e del SISDE, fu opposto il segreto di Stato da due Governi diversi e la Corte costituzionale presso la quale io feci ricorso mi dette torto, dicendo che quell'operazione era coperta da segreto e che l'autorità non poteva indagare più di tanto.
  Poi il processo fu trasmesso a Bologna e non so, francamente, che esito abbia avuto. Credo che in qualche modo la Corte costituzionale abbia ripetuto che non si potesse indagare più di tanto su questioni coperte da segreto.
  Questo è l'episodio che forse potrebbe essere quello di cui lei mi ha parlato, ma non ho un altro ricordo relativamente al rinvenimento di quei due faldoni. Quello che le ho detto me lo ricordo perché ci sono andato io e, quindi, mi ricordo molto bene di questa scatola contenente fotografie e nastri di intercettazione relativi a un personaggio indicato come appartenente all'ETA basca, ma dei due faldoni non saprei, né saprei proprio dove andare a cercarli. Così non mi dice nulla. Non credo di aver fatto io questo accesso. Probabilmente me ne ricorderei.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI

  GERO GRASSI. Vorrei comprendere due passaggi suoi, per comparare due valutazioni. Una è sulle infiltrazioni, l'altra è sul maresciallo Incandela.
  Parto dalle infiltrazioni. Lei ha detto, se ho capito bene, che non le risulta alcun Pag. 12tipo di infiltrazione. Agli atti delle Commissioni procedenti, però, c’è un passaggio relativo all'infiltrazione di frate Girotto, risalente all'inizio degli anni Settanta.
  Poi, quando un suo collega, di cui non mi ricordo il cognome, interroga i brigatisti Franceschini e Maccari sul numero dei brigatisti presenti in via Fani, entrambi rispondono «sei», mentendo spudoratamente.
  Dopodiché, il giudice fa loro osservare: «Scusate, ma voi siete andati a fare il sequestro Sossi, che non era scortato, in diciotto e il sequestro Moro, scortato, personaggio rilevante rispetto a Sossi, in sei». I due brigatisti, invece di contestare il «sei» da loro detto precedentemente, rispondono: «No, guardi, dottore, non eravamo diciotto a rapire Sossi». Il magistrato dice: «Li abbiamo arrestati tutti». «No, eravamo diciannove». Il magistrato dice: «Chi mancava ?». I due brigatisti rispondono: «Ci dia l'elenco e le diciamo chi mancava». Vedono l'elenco, scoprono che ne manca uno e dicono al magistrato: «Questo che manca è Francesco Marra, pescivendolo di Quarto Oggiaro, in provincia di Milano». Il giudice chiede: «Perché manca ?» I due rispondono: «Semplice, perché era un infiltrato dei Carabinieri.» Lo dicono i brigatisti, ovviamente, io non me ne assumo la paternità.
  Questo è un episodio che aggiungo alla sua valutazione sugli infiltrati. Potrebbe darsi che questa cosa che io ho detto lei non la conosca.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Assolutamente no, è la prima volta che la sento.

  GERO GRASSI. Appunto, non c’è dubbio. Non le dico una mia sensazione. La prendo dagli atti.
  Passo alla seconda domanda. Anche qui mi confronto e vediamo se le cose... Quando lei cita il maresciallo della Polizia penitenziaria Incandela, in servizio presso il carcere di Cuneo, ci sono due episodi, uno del dicembre del 1978 e l'altro dell'estate del 1981.
  Lei giustamente dice che arrivano insieme nella stessa automobile Dalla Chiesa e Pecorelli e dicono al maresciallo Incandela (il senatore Gotor si ricorderà il termine tecnico; stiamo parlando del «salame», perché così viene definito). Il maresciallo dice che Pecorelli imponeva a Dalla Chiesa delle cose) che «nel carcere di Cuneo è entrato tramite le finestre del parlatorio – sto riportando testualmente – un pacco a forma di salame. Lì dentro c’è materiale di Moro contro Andreotti. Maresciallo, lo devi trovare e, senza vederlo, me lo devi portare». Il maresciallo Incandela fa una grande ispezione nel carcere di Cuneo, trova questo materiale e, senza vederlo – dice lui alla magistratura, io non c'ero – lo porta a Dalla Chiesa.
  Qualche anno dopo, praticamente tre anni dopo, Dalla Chiesa richiama Incandela e questa volta gli porta lui un «salame», specificandogli: «Qui dentro ci sono carte di Moro contro Andreotti. Le devi nascondere nel carcere di Cuneo, poi devi fare un'ispezione, le devi trovare e me le devi portare senza leggerle». Incandela si rifiuta e dichiara alla magistratura: «Da quel momento ho perso la stima e l'amicizia del generale Dalla Chiesa».
  Perché io le dico questo ? Perché queste cose Incandela, ovviamente, non le ha dette a me. Stanno agli atti e io le ho assunte da là. Da quello che mi è sembrato di capire, lei questa cosa non l'ha vissuta direttamente, ma le è stata...

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. L'ho esaminato direttamente e negli atti c’è anche la cassetta di registrazione.

  GERO GRASSI. Di Incandela ? Perfetto. È questo che volevo sapere. Lei è l'unico che ha seguito il caso Incandela ?

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Se lei ha finito, le rispondo subito. Io non so se Incandela sia stato sentito da altre persone. Negli atti che vi ho portato stasera c’è l'indice in cui viene menzionato il verbale di Incandela, che io non ho Pag. 13consultato. Infatti, ho riferito il mio ricordo. Lei mi parla di «salami», mentre io ricordo che lui mi parlò della presenza in ore notturne nel carcere di Cuneo del generale Dalla Chiesa e di Pecorelli, su una macchina peraltro, credo, privata, non una macchina ufficiale, guidata da Pecorelli.
  Negli atti c’è anche la registrazione. Io ricordo molto bene di essere andato a Genova a sentire questa persona e di aver fatto il verbale, ma ricordo di aver fatto anche la registrazione delle dichiarazioni rese da questo maresciallo. Quello che lei mi diceva del «salame» passato dalle finestre non lo ricordo, non mi risulta, ma, se c’è, sta nella registrazione di Incandela, che, ripeto, è negli atti.
  Se poi mi chiede un'opinione, le dico che mi sembra molto strano, conoscendo le abitudini di cautela del generale Dalla Chiesa, che se ne andasse alle 2 o alle 3 di notte, o comunque di notte, in giro con Pecorelli, su una macchina privata, a trovare un signor nessuno che si chiama maresciallo Incandela a Cuneo.
  Io non so se ci fossero dei rapporti tali di confidenza per poter immaginare che il generale Dalla Chiesa, che non dormiva due giorni nello stesso posto, si recasse privatamente, perché così bisognerebbe immaginare, su una macchina, probabilmente la stessa su cui poi Pecorelli è stato ucciso, a portare...
  Rimane il fatto che quando gli chiesi dove fosse questo memoriale – io ricordo che mi parlò di materiale e non di «salame», ma si può verificare; ci sono gli atti che lo dicono – mi disse che non ce l'aveva più. Non mi raccontò tutta questa cosa che lei mi ha detto.

  GERO GRASSI. Mi scusi, ma c’è un'evidente contraddizione in quello che dice. Il maresciallo Incandela il memoriale non poteva averlo, perché l'aveva dato a Dalla Chiesa. Lei chiede a Incandela il memoriale, ma noi sappiamo, e Incandela lo dice, che l'ha dato a Dalla Chiesa.
  Io l'opinione la rispetto, anche se non la condivido, ma lei non può chiedere a Incandela una cosa che ha Dalla Chiesa e che Incandela dichiara di aver dato a Dalla Chiesa.
  Ho capito male io ?

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Mi perdoni. Vorrei essere chiaro. Io non lo conoscevo proprio. Non ho mai sentito nominare il signor maresciallo Incandela. Se sono andato a sentirlo, è perché da qualche parte risultava o qualche sua intervista o qualche dichiarazione in cui riferiva questa cosa.
  Naturalmente, se io avessi saputo che il memoriale, o le carte, o non so che cosa, ce l'aveva Dalla Chiesa, è evidente che non avrei chiesto a Incandela se ce l'aveva lui. Fu lui a dirmi che queste carte le aveva messe dietro un bagno, non so dove.
  Tra l'altro, il memoriale, sia pure dattiloscritto, era stato rinvenuto a via Monte Nevoso dagli uomini di Dalla Chiesa. Io non capisco proprio la ragione per la quale Dalla Chiesa si dovesse poi rivolgere al maresciallo Incandela per affidargli questo memoriale.
  Comunque, ripeto, poiché il mio ricordo può essere fallace, c’è la registrazione di quello che il maresciallo Incandela mi ha detto.
  Circa l'altra questione che lei riferiva sul sequestro Sossi, ovviamente, io del sequestro Sossi non so nulla. Tuttavia, che Franceschini e Maccari, interrogati non so bene da chi, possano aver detto chi fossero le persone che erano fisicamente a via Fani mi sembra piuttosto improbabile. Bisognerebbe controllare, ma probabilmente Franceschini era detenuto all'epoca.

  GERO GRASSI. Chiedo scusa, ma chi ha detto questo ? Io non ho detto questo, mi dispiace.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Avrò capito male. Lei ha detto che c'era una persona che interrogò...

  GERO GRASSI. Franceschini e Maccari parlavano del sequestro Sossi e dicevano Pag. 14che nel sequestro Sossi c'era tale Francesco Marra, che era un infiltrato dei Carabinieri. Io non ho parlato di via Fani.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Ho capito male, allora. Però che Maccari abbia partecipato al sequestro Sossi faccio molta fatica a immaginarlo. Non credo proprio. Semmai è stato Franceschini, ma Maccari mi pare impossibile.

  GERO GRASSI. Io non ho detto che Maccari ha partecipato al sequestro Sossi. Ho detto che ha raccontato con Franceschini del sequestro Sossi.
  Dottore, mi dispiace, ma lei non mi può far dire cose che io non ho detto.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Io non le voglio far dire nulla. Maccari è sempre stato a Roma. Che io sappia non ha mai fatto azioni per le Brigate Rosse fuori di Roma. Che abbia partecipato al sequestro Sossi faccio fatica a immaginarlo.

  GERO GRASSI. Ho capito, ma queste cose stanno agli atti della Commissione. Non me le sono inventate io. Saranno anche false, ma sono agli atti della Commissione.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Le ho premesso che io di Sossi non so nulla. Le ho fatto semplicemente...

  PRESIDENTE. I due parlavano e anche Maccari partecipava al dibattito. Il dottor Ionta ha la sua opinione personale che Maccari non abbia mai partecipato a nulla fuori di Roma. Io credo che, anche se lo convinciamo che abbiano parlato di Sossi, questo non ci aggiunga nulla.

  MIGUEL GOTOR. L'unico dubbio è pensare che l'attività di un magistrato che sente un singolo testimone o imputato esaurisca poi completamente ciò che quel testimone o imputato ha detto nella sua vita rispetto alla stessa vicenda oggetto di indagine.
  Questa è un'evidenza, ma mi stupisce la reazione successiva che porta a dire che lei non sa di quale «salame» stiamo parlando e che ritiene che sia strano o improbabile che il generale Dalla Chiesa incontri su una macchina non di servizio...
  La informo che il signor Incandela – poi possiamo discutere per secoli sulla sua attendibilità – è stato ascoltato anche dall'autorità giudiziaria di Palermo il 27 giugno e il 25 luglio 1994.
  Preciso, solo per il gusto di metterlo agli atti e per evitare che, invece, resti agli atti che si debba ancora discutere se sia esistito o non sia esistito quell'incontro e se sia esistito o non sia esistito il «salame», che Incandela all'autorità giudiziaria di Palermo dichiarò: «Dalla Chiesa continuò per vari giorni a sollecitarmi affinché io trovassi gli scritti del sequestro Moro che si trovavano all'interno del carcere, nonché i documenti concernenti l'onorevole Andreotti. Dopo circa quindici giorni di ricerche rinvenni l'involucro che Pecorelli mi aveva descritto all'interno di un pozzetto con un coperchio di lamiera, profondo circa 20-30 centimetri, che si trovava in un piccolo locale dove venivano presi in consegna i generi di conforto portati ai detenuti dai loro familiari. L'involucro, della lunghezza di 20-30 centimetri, aveva la forma di un salame ed era avvolto con un nastro isolante da imballaggio color marrone. In qualche punto si vedeva sotto il nastro del nylon bianco del tipo delle buste di plastica. L'involucro poteva contenere un centinaio di fogli».
  Ho letto questo, soltanto perché restassero agli atti le dichiarazioni di Incandela fornite all'autorità giudiziaria di Palermo e non – credo – al dottor Ionta, da quello che il dottor Ionta ci ha detto.

  PRESIDENTE. Come restano a verbale le opinioni espresse dal dottor Ionta. Non sindachiamo stasera.

  GERO GRASSI. Presidente, un flash per chiudere ad adiuvandum su questa vicenda.Pag. 15
  Nello stesso processo la suocera del generale Dalla Chiesa dichiara (ovviamente gliel'ha detto la figlia defunta) che il generale aveva detto alla moglie che tutte le carte del caso Moro le aveva trattenute per sé, una parte l'aveva data alla magistratura e una parte ad Andreotti. È la testimonianza della madre della signora Emanuela Setti Carraro alla procura generale della Repubblica di Palermo.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Scusi, presidente, prendo atto del fatto che Incandela sia stato sentito dall'autorità giudiziaria di Palermo. Ovviamente, io non conosco questo verbale. Quello che ha detto a me – non la mia opinione, presidente – sta negli atti. Io non ho espresso un'opinione...

  PRESIDENTE. Quando ho parlato di opinioni, mi riferivo al fatto che Dalla Chiesa andasse in giro con Pecorelli la sera.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Certo. Quella era un'opinione.

  MIGUEL GOTOR. Si ridicolizzano delle cose che non meritano di essere...

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Sono d'accordo. Io sto dicendo semplicemente che il maresciallo Incandela fu sentito da me e che gli atti sono nell'indice che vi ho portato. Li potrete confrontare con gli atti resi a Palermo. Quell'incontro era affidato alle parole del maresciallo Incandela, essendo morti sia Pecorelli sia Dalla Chiesa.
  Dopodiché, voi più di me certamente fate delle valutazioni che io non sono tenuto a fare, tutto sommato.

  MASSIMO CERVELLINI. A me serviva un breve chiarimento rispetto all'audizione scorsa.
  A un certo punto, io sicuramente ho inteso male circa il quarto uomo, l'ingegner Altobelli, cioè Germano Maccari, e quello che fa riferimento a questa parte. Lei diceva che Savasta lo descrive senza conoscere. Ha usato una frase di questo tipo. Mi spieghi meglio.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Io ho cercato, sia pure in pochissimi minuti... ma questi atti sono qui. L'indice che vi ho portato oggi è esattamente la genesi. C’è la mia richiesta di misura cautelare nei confronti di Germano Maccari, come ho detto prima, dell'11 ottobre 1993. Il percorso logico attraverso il quale si arriva all'identificazione di Germano Maccari è ben descritto in queste carte.
  D'altra parte, non si sarebbe potuta fare una richiesta di misura cautelare, che poi ha esitato tutto il percorso che ha portato alla condanna di Germano Maccari, se l'identificazione non fosse stata certa.
  Ho anche ricordato che a questo si aggiunge la confessione di Maccari della sua presenza in via Montalcini durante il sequestro.

  PRESIDENZA. Senza fare la perizia del contratto.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Questo lo ricordo molto bene: lo confessò chiedendo che non si facesse la perizia, perché il documento l'aveva firmato lui. Naturalmente, se la Commissione ha interesse, ci sono gli atti di quel dibattimento che sono particolarmente rilevanti, anche per lo scontro che c’è stato in aula tra la Faranda e Germano Maccari sul ruolo di quest'ultimo.
  Dunque, io ho cercato di dire che per un determinato periodo ci fu l'assimilazione tra la figura, anche fisica, dell'ingegner Altobelli con Gallinari. In realtà, Gallinari, in qualche dichiarazione certamente non processuale, si è assunto la responsabilità politica della gestione dell'omicidio Moro, ma non ha mai detto che lui fosse quello che aveva sparato.Pag. 16
  C’è stata, io credo, una specie di appiattimento, nel senso che, a un certo punto, si è quasi tramandato che il quarto uomo fosse Gallinari. In realtà, Savasta conosceva... Io non ricordo se lui conoscesse Germano Maccari, ma non sapesse che frequentava il covo. C’è scritto tutto. Non lo ricordo.
  Quello che ricordo, però, è che il fisico descritto, anche proprio dal punto di vista del torace, non corrispondeva alle indicazioni che provenivano, credo, da Morucci sulla fisionomia di questo personaggio. Pertanto, a un certo punto, noi ci siamo resi conto che Gallinari non poteva essere, che c'era un'altra persona, che questa persona non era Giovanni Morbioli, quello che in qualche modo proveniva non proprio dalle dichiarazioni, ma da una suggestione – la troverete nel verbale dei due andati da Casimirri – e che, quindi, alla fine, facendo questa specie di imbuto progressivo, come ho cercato di spiegare, si arrivava a Germano Maccari.
  Se lei mi chiede se Savasta conoscesse Germano Maccari, in questo momento io non le so rispondere, ma ci sono i verbali di Savasta. Basta esaminarli.
  Io ho ritenuto utile portarvi, come documento iniziale, la mia richiesta di misura cautelare nei confronti di Maccari per due ragioni fondamentali. La prima è che le dichiarazioni di Faranda, asseverative della responsabilità, e anche di Morucci sono successive all'arresto di Germano Maccari, non lo precedono.
  La seconda è perché lì viene spiegato il percorso attraverso il quale, escludendo Gallinari e Morbioli, si arriva all'identificazione del quarto uomo come Germano Maccari.
  Se lei mi chiede se Savasta e Maccari si conoscevano, ripeto, non le so rispondere in questo momento. Nei verbali sicuramente gli è stato chiesto. Essendo della colonna romana, probabilmente sì, ma qui dico una cosa di logica e non di ricordo specifico.

  PRESIDENTE. Grazie. Io volevo aggiungere due cose, scusandomi se mi sono dovuto assentare, ma purtroppo c'era un problema di salute di mia madre che non potevo affidare ad altri.
  Ritorno su questo famoso appunto «segretissimo». Poiché è piuttosto recente quando lei lo riceve, nel 1999, forse, se lo leggiamo un attimo insieme, alcune cose ci aiutano: «Questura di Roma. Appunto segretissimo. Nel corso dell'indagine relativa all'omicidio dell'onorevole Moro e degli uomini di scorta è risultato quanto segue: uno dei fucili rinvenuti nel covo di via Negroli di Milano ove è stato tratto in arresto il noto Alunni Corrado proviene dalla rapina perpetrata ai danni dell'armeria Bruni di Viterbo in data 16 agosto 1977, nel corso della quale furono asportate numerose pistole e fucili». Io comincio ad avere qualche difficoltà a capire che cosa c'entri questo con l'indagine relativa all'omicidio Moro.
  «Dagli esami compiuti dai periti su alcuni bossoli rinvenuti in questa via Fani – perché dice “in questa” ? – risulterebbe che le munizioni usate provengano da un deposito dell'Italia settentrionale, le cui chiavi sono in possesso di sole sei persone».
  Lei lo scriverebbe mai un appunto così ?

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Se mi chiede un'opinione...

  PRESIDENTE. No, glielo chiedo come persona informata dei fatti. Scriverebbe mai a una persona dicendo che «i bossoli che hanno trovato in via Fani sono da ritenersi provenienti da un deposito...». Dire che «risulterebbe che provengano da un deposito dell'Italia settentrionale» è come dire «vattelapesca». La parte singolare è «le cui chiavi sono in possesso di sole sei persone», che è la specificazione del posto. Se qualcuno mi scrive un appunto così, come minimo lo chiamo e gli chiedo di che sta parlando.
  Leggiamo anche l'ultimo punto e poi le do la parola. «In una postilla manoscritta che figura su di una fotocopia di una bozza di comunicato a firma Soccorso rosso, sequestrato da questa DIGOS nell'abitazione Pag. 17di un certo Vianello Paolo, sospettato di aderire alle Brigate Rosse, i periti ravviserebbero rapporti di omografia con quella del noto latitante Mario Moretti, che presso Vianello dimorò...» e questa avrebbe qualche cosa a che vedere con l'omicidio Moro.
  È un appunto ritenuto segretissimo. La cosa che mi sembra altrettanto singolare – al massimo io so degli appunti che fanno i medici e, quindi, questa cosa a me non dice niente – è che lo leggo siglato dal capo della DIGOS di allora, Spinella, e dal questore De Francesco.
  Io adesso non lo so, ma tutti gli appunti... Mi sembra che rispetto alle risposte che di solito ci vengono fornite su questo pezzo di carta queste fossero «quattro notizie apprese al bar» da una fonte ignota, che vengono scritte a un signore ignoto, su domande astruse che sembra questo signore abbia chiesto. Tutto questo è segretissimo e, guarda caso, lo firmano il capo della DIGOS e che è questore di Roma, mentre non c’è la firma di alcun usciere che avrebbe appreso al bar queste notizie.

  GERO GRASSI. E nessuno glielo contesta, presidente.

  PRESIDENTE. Io non so chi glielo dovesse contestare. Questa, però, è una cosa che a me desta qualche... O è falso tutto, e allora qualche autorità ce lo dovrebbe dire, o altrimenti è una cosa singolare.
  Ritorno a dire che è un appunto astruso, inviato a persona ignota, di «notizie acquisite al bar», che sembra rispondere a domande che nessuno ha posto, guarda caso, però, siglato – unica cosa certa e incontrovertibile e dagli stessi ammessa – dal capo della DIGOS e dal questore di Roma. Che idea si è fatto quando gliel'hanno mandato ?

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Presidente, ripeto quello che ho cercato di dire all'inizio, quando lei mi ha chiesto di questo documento. A me sembra intanto di poter notare che questo appunto si collochi nel corso delle indagini relative all'omicidio dell'onorevole Moro.
  Quello che è contenuto qui non è esito di indagine. Uno dei fucili rinvenuti nel covo di via Negroli di Milano, dove è stato tratto in arresto... e corrisponde a questa rapina dell'armeria Bruni, è un atto probabilmente peritale, in cui si è fatta una comparazione, per esempio, tra l'arma rinvenuta in quel covo e l'arma... oppure di polizia, ma certamente è difficilmente immaginabile che l'abbiano fatto la questura o la DIGOS di Roma. È evidente che, se il covo di via Negroli è di Milano e la rapina è stata fatta all'armeria Bruni, non vedo che tipo di indagine abbia potuto fare questo signor anonimo estensore.
  Come seconda osservazione, come ho cercato di dire, la mia sensazione – qui parliamo di sensazioni, naturalmente – è che l'estensore di questo appunto faccia riferimento agli esami compiuti dai periti. Il punto più delicato è il secondo...

  PRESIDENTE. Se non sbaglio, stando alla data di questo appunto, l'unica perizia che era stata fatta era quella di Ugolini, allegata alle verifiche, che parla di bossoli di un colore strano e del fatto che tutti gli altri erano prodotti dall'azienda Fiocchi. L'unica perizia è quella che non dice assolutamente né che stanno a nord, né...
  Qualcuno qualche indagine l'ha fatta.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Mi perdoni, presidente. L'italiano deve avere un senso. Poiché qui c’è scritto «dagli esami compiuti dai periti su alcuni bossoli», io traggo da questa indicazione questo tipo di ricostruzione, di scenario possibile. Io non so di questo appunto né chi l'ha scritto, né a chi l'ha dato. Ovviamente, se me lo manda la Commissione stragi, è perché la Procura non l'aveva.
  Il senso potrebbe essere questo: la perizia balistica è stata conferita il 16 marzo e viene esitata l'11 luglio 1978, e io l'ho mandata a voi...

  PRESIDENTE. Ma non dice delle sei chiavi.

Pag. 18

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Appunto. La mia sensazione è che questa pseudo-informazione derivante dalla perizia questo signor funzionario potrebbe averla in qualche modo sbirciata, percepita, ricevuta. Non c’è...

  ENRICO BUEMI. Quello che non è comprensibile... Mettiamo che questa sia una velina di un funzionario che svolge funzioni particolari... Prima viene confezionato questo atto, che prende in esame due situazioni. Io non vedo il legame tra le due situazioni. Si parla del furto e, quindi, del sequestro del fucile (peraltro, non si parla del tipo) e poi si mette all'interno di questa cosiddetta velina la questione delle munizioni, provenienti da questo fantomatico deposito del Nord. È un deposito militare, un deposito privato, un deposito delle Brigate Rosse ? Che deposito è ?

  PRESIDENTE. E i sei che hanno le chiavi ?

  ENRICO BUEMI. Da profano, questo è un messaggio.

  PRESIDENTE. Noi i dubbi ce li possiamo far venire, ma non facciamo gli inquirenti. Anche a lei, che è stato autorità inquirente, il dubbio è venuto che questa sia una cosa singolare, no ?

  ENRICO BUEMI. Io faccio un altro mestiere e il dubbio mi è venuto. Lei probabilmente aveva degli elementi per non farselo venire. Ci dica quali erano gli elementi per cui non le è venuto il dubbio.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Forse non sono stato chiaro. Cercherò di essere, possibilmente, ancora più chiaro.
  Il secondo punto, quello che riguarderebbe direttamente Moro, perché gli altri due proprio non saprei come collegarli....

  GERO GRASSI. Il primo si potrebbe collegare...

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Sì, va bene, nel 1999 c'erano stati già diversi processi, ragion per cui....

  PRESIDENTE. Nel 1978, però, hanno la sfera di vetro questi...

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. In merito io non posso esprimere altro se non un'opinione, perché non ho un elemento documentale o testimoniale che possa dirmi come sono andate le cose. Non sapendo chi è stato l'autore, ovviamente, diventa difficile; però, per la mia conoscenza, le sigle apposte su questo appunto significano che queste due persone ne hanno avuto conoscenza, non altro. Non significa che siano firme di confezionamento del documento. Sono firme di conoscenza del documento.
  Sul secondo punto azzardo un'ipotesi. Che sia stata fatta una perizia sui bossoli rinvenuti a via Fani è evidente ed è certo. Che questa perizia fosse coperta da segreto è altrettanto certo.
  Pertanto, se qualcuno ha avuto informazioni contenutistiche rispetto a quella perizia, non può che fare un appunto riservato. Lo possiamo chiamare segreto o segretissimo, ma certamente, se uno ha avuto cognizione diretta, indiretta, mediata, verbale, per acquisizione di aver letto una carta di quella perizia, certamente non ne può fare oggetto di un appunto comunicabile, perché, in realtà, quello che emerge da una perizia lo conosce solamente chi ha dato la perizia, ma è chiuso nel segreto delle indagini e non può essere comunicato a terzi.
  Poiché l'informazione, o pseudo-informazione, è talmente non solo generica, ma vaga e indeterminata... La ragione per la quale io ho mandato la perizia alla Commissione è esattamente quella. Se io avessi trovato un riscontro, avrei detto: «Guardate che nel punto 52 i periti dicono che...».Pag. 19
  Io l'ho mandata proprio in blocco, senza fare alcun tipo di osservazione. Ho detto: «Questa è la perizia che dice certe cose». Questo appunto parla di un deposito che non si sa quale sia, dice che sei persone hanno le chiavi di questo deposito e che alcuni di questi bossoli i periti avrebbero dimostrato che provengono da un deposito. La perizia è questa. La Commissione faccia il raffronto per vedere se...
  Ripeto un'ultima volta: a me queste sembrano informazioni derivate. Non sono indagini svolte da questa persona, chiunque essa sia.

  PRESIDENTE. Qualcun altro questa cosa delle sei chiavi e del Nord gliela deve aver detta, perché i periti questo non lo scrivono da nessuna parte.
  Nell'indagine che lei fa fare – evidentemente lei non affida al dottor Vulpiani una delega, ma gli chiede di fornire sommarie informazioni – il dottor Spinella dà una risposta che io vorrei solo che lei mi aiutasse a capire che cosa significa: «Non ricordo chi sia stato l'estensore dell'appunto suddetto, che mi viene esibito in copia fotostatica. Riconosco la mia firma e la firma dell'allora questore di Roma, Emanuele De Francesco. Ritengo che si potrebbe risalire all'estensore esaminando l'originale dell'appunto, nel quale dovrebbe evidenziarsi, se il tempo non l'ha cancellata, la sigla apposta in prossimità della mia firma».
  Io non sono un esperto di queste cose, ma perché uno che ha la firma sua e quella di De Francesco dovrebbe immaginare che sia stata cancellata dal tempo proprio l'unica terza firma ? Questo lo dice il capo della DIGOS.
  Anche questa risposta del 1999 mi sembra perlomeno criptica. Non riesco a capire per quale motivo uno che riconosce la firma sua e quella di De Francesco, il che è già un dato significativo... Io mi rifiuto di credere che appunti così generici...
  Condivido molto del suo ragionamento logico. L'estensore non sapeva di che si parlava, ma molto probabilmente il capo della DIGOS e il questore qualcosina di più sulla perizia, vista la delicatezza dell'indagine, anche a settembre del 1978, l'avranno saputa. Che mettano la sigla su un pezzo di carta che riporta cose singolari è strano, ma soprattutto che nel 1999 l'unica cosa che il capo della DIGOS ricordi sia che forse c’è la firma dell'estensore cancellata dal tempo mi sembra avere lo stesso messaggio delle sei chiavi in precedenza.
  Questa è una mia opinione. Credo che pure a lei questa risposta per cui l'unica firma cancellata dal tempo sia quella dell'estensore....

  PAOLO BOLOGNESI. Non mancano dei documenti ?

  PRESIDENTE. No. Questo è il verbale del 1999, che hanno inviato.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Questo è quello che io ho inviato alla Commissione.

  PAOLO BOLOGNESI. Sembra quasi che quello sia l'unico documento rimasto di una serie. Non ci potrebbe essere una cosa di questo tipo ?

  PRESIDENTE. Il dottor Spinella risponde alla domanda che gli fa porre il procuratore, che gli chiede: «Chi l'ha firmato ?», sostanzialmente nel modo seguente: «Non so chi sostanzialmente sia l'estensore, però, se voi trovate l'originale – quindi, dà già per scontato che l'originale non c’è, perché quella è una fotocopia – accanto alla mia firma dovreste trovare quella dell'estensore». Questa è la frase normale.
  Spinella, però, aggiunge una cosa in più: «Se non l'ha cancellata il tempo». Premesso che il tempo cancella tutto, ma non fa cancellazioni selettive statisticamente....

  ENRICO BUEMI. Poiché il dottor Ionta sta per rispondere, vorrei tornare un attimo sulle munizioni. Quelle munizioni sono indeterminate all'interno di questa relazione, ma, durante l'indagine credo Pag. 20che un lavoro di individuazione delle munizioni e una ricerca sull'eventuale provenienza siano stati fatti.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Certo.

  ENRICO BUEMI. Vorrei capire qualcosa di più. Vorrei comprendere qual è l'atteggiamento dei due «siglatori» rispetto a dei dati che, in una certa fase, dovevano pur emergere dopo la perizia.
  Il fatto che ci sia questo appunto, di cui hanno preso visione e che, o prima o dopo, la perizia abbia detto determinate cose, nel senso che le munizioni potrebbero essere queste, ma non si sa da dove provengono, oppure che le munizioni sono queste e provengono da... perché è stata fatta una ricerca finalizzata a capire da dove provenissero...

  PAOLO CORSINI. Io sono molto ingenuo, ragion per cui torno un attimo al documento «segretissimo».
  Il destinatario di questa missiva legge che le munizioni provengono da un deposito del quale sono a conoscenza soltanto sei persone. Suppongo che chi riceve questa informazione venga incuriosito.

  PRESIDENTE. Questo non lo possiamo chiedere al dottor Ionta, perché non ne ha la minima idea. L'appunto resta appunto. Lo riceve dalla Commissione.

  PAOLO CORSINI. Benissimo. Chiunque abbia avuto in mano questo appunto segretissimo non può non essersi posto istintivamente l'interrogativo: come mai si fa riferimento alle sei persone senza nominarle, e per quale ragione ? Chi sono queste sei persone ? Verrebbe istintivo a chiunque porsi questa domanda, sia in relazione alla collocazione spaziale del deposito, sia in relazione alla circostanza, estremamente curiosa, che si ritenga di fornire un'informazione suppletiva che riguarda l'esistenza delle sei persone. Io non riesco a darmi una spiegazione della ragione per la quale chi lo riceve non si ponga questo interrogativo.

  PRESIDENTE. E chi lo firma non ricorda né di averlo firmato, né se il tempo l'abbia cancellato.

  PAOLO BOLOGNESI. Cosa generica, ma non è generico l'appunto. L'appunto è ben chiaro. Uno che parla di un deposito del Nord e dice che ne hanno l'accesso sei persone scrive un appunto estremamente chiaro.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Svolgo proprio due battute. Non vorrei ripercorrere argomenti già svolti.
  La mia sensazione – mi si chiede un'opinione su questo – come ho cercato di dire, è che questa è la rappresentazione non di un'investigazione diretta, ma di cose percepite altrove.
  La perizia su tutti i bossoli, sulle armi, ovviamente, è stata fatta in vari processi e non in una sola circostanza. È evidente che qui si scarica – per così dire – la responsabilità dell'informazione sui periti che hanno fatto la perizia...

  ENRICO BUEMI. Dottore, ci può dire dalle perizie – se non le abbiamo acquisite; mi scuso per la mia ignoranza – se è stata individuata la provenienza ?

  PRESIDENTE. No, assolutamente no. L'ho detto prima. Solo nella perizia che aveva il dottor Ionta e che noi abbiamo acquisito agli atti, da quanto sembra me, e in nessuna delle altre si fa riferimento a questa tipologia di bossoli prodotti da una data azienda, bossoli che hanno, però, una tipologia di verniciatura compatibile non con le forze ordinarie, ma con una lunga conservazione – non faccio balistica, lo dico solo per capire a che cosa servissero – come se fossero da utilizzare dopo un lungo periodo di tempo.
  Non risulta agli atti neanche che, a seguito di quella perizia, gli inquirenti abbiano ritenuto di dover chiedere all'azienda Pag. 21produttrice se quei bossoli fossero stati da loro prodotti oppure no. Nel 1999, esce fuori... Perlomeno, nelle carte da noi viste questo non c’è, ma io parlo delle prime indagini del 1978. Nelle carte noi non l'abbiamo trovato. Se poi l'hanno fatto e non l'hanno messo a verbale, non lo so. Cercheremo meglio.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Secondo me, molte risposte ai quesiti le trovate comunque in molte delle carte che già la Commissione possiede. Io ricordo molto bene che troverete anche qui molti verbali di Morucci, per esempio, sul tipo di armamento, sulla provenienza delle armi, su quale fosse l'arma posseduta in quel momento in dotazione a Tizio, Caio o Sempronio, sulla provenienza delle armi lunghe. Tutta questa parte è parametrata, da un lato, dagli elementi scientifici delle perizie e, dall'altro, anche dalle dichiarazioni delle persone che fisicamente hanno fatto queste cose.
  Peraltro, Morucci è un esperto di armi formidabile e io ricordo anche di un confronto in udienza con uno dei periti, non so se Benedetti o Salza, comunque uno di coloro che avevano fatto le perizie, che la Commissione sicuramente ha. La risposta è lì.
  Da ultimo, io ho visto tante volte appunti non firmati. Non è così insolito che l'appunto non sia firmato. Ci potrebbe essere la firma o la sigla, ma potrebbe anche non esserci. Fatto sta che la sigla...

  ENRICO BUEMI. Soprattutto dei servizi.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Sì, appunto. Questo documento è piuttosto insolito perché la questura normalmente, salvo nella parte di prevenzione o non ostensibile, deve avere rapporto, ovviamente, con l'autorità giudiziaria.
  Ho cercato di fornire una spiegazione possibile, che magari è completamente sbagliata, ma, se io riferisco al capo della DIGOS o al questore di Roma una notizia che ho appreso da un atto coperto da segreto, qualche cautela rispetto alla circolazione di questo documento la devo avere.
  Poiché io ho una certa esperienza anche di documenti classificati, posso dire che la classifica di «segretissimo» è molto alta e richiede la capacità di poterla apporre. Non tutti i funzionari hanno la titolarità della classifica di «segretissimo».
  In più, ci dovrebbe essere anche una sorta di brogliaccio, peraltro ufficiale, di circolazione del documento, degli enti destinatari, delle persone che l'hanno visto, delle persone che ne hanno estratto copia.
  Io non vorrei, quindi che questo «segretissimo» in realtà non sia tale in senso tecnico, relativo all'apposizione di classifica di «segretissimo», con un protocollo e con tutta una procedura per la sua conoscenza, ma sia un modo per dire: «Queste notizie non sono a conoscenza pubblica e non le potrei sapere nemmeno io, funzionario della DIGOS». Io ho questa sensazione, almeno per la questione che riguarda i periti.
  La prima può essere un'informazione di polizia. La seconda è sicuramente dei periti, per come è scritto qui, e così anche la terza, perché anche la terza fa riferimento ai periti che avrebbero fatto questa valutazione di omografia.
  Pertanto, io non vorrei che questo «segretissimo» andasse a coprire il fatto che queste informazioni, specialmente la seconda e la terza, provenissero da atti giudiziari che in quel momento non potevano essere conosciuti ufficialmente dalla DIGOS, o da questo funzionario che faceva probabilmente parte della DIGOS, come dice lui, perché dice «sequestrato da questa DIGOS, in questa via Fani». È evidente che si tratta di un funzionario della DIGOS di Roma – direi che su questo non ci sia dubbio – che ha tratto, credo di poterlo dire, le pseudo-informazioni da atti giudiziari.

  PRESIDENTE. Comunque, di questa fotocopia esistono due copie, una presso di noi e presso la Procura della Repubblica e una presso la Fondazione Flamigni; sono Pag. 22copie dello stesso atto, con vistose differenze.
  Sulla base di questo, anche dopo le riflessioni che ha fatto il dottor Ionta, suggerisco di affidare alla polizia scientifica una serie di accertamenti su quale delle due fotocopie sia un fotomontaggio, oppure se si tratta di appunto, visto che l'originale non è in alcuna sede ufficiale. Ne abbiamo una copia in cui appare «segretissimo», una copia in cui appare «nota declassificata», una copia dove ci dovrebbe essere una firma e non c’è, e via dicendo. Ci sono una serie di modificazioni in corso d'opera che forse ci potranno aiutare a capire. Credo, dopo il dibattito di questa sera, che abbiamo acquisito la convinzione di dover disporre questi accertamenti su un atto importante.

  MARCO CARRA. Ho un paio di curiosità da sottoporre al dottor Ionta, legate peraltro ad affermazioni – me lo lasci dire – piuttosto perentorie che lei ci ha proposto questa sera.
  La prima è questa: lei ha sostenuto, all'inizio dell'audizione, che la decisione da parte delle Brigate Rosse di uccidere il presidente Moro fosse stata acquisita da subito. La mia curiosità è questa: per quale ragione arriva a questa conclusione, quando tutta una serie di atti e di fatti dice cose sostanzialmente differenti ? Questa è la prima curiosità.
  La seconda curiosità in parte recupera una considerazione che ha già fatto il collega Gero Grassi. Lei esclude la presenza di infiltrati. Le chiedo – non so se questa possa considerarsi una sua opinione – che opinione si è fatto del ruolo di Mario Moretti, visto che abbiamo già affrontato la questione nel corso di altre audizioni e che questo terrorista è riuscito a sfuggire ad alcuni arresti e ha assunto via via un ruolo sempre più ambiguo all'interno dell'organizzazione nel rapporto con «la politica».
  La terza curiosità è relativa alla partecipazione di soggetti esterni o estranei all'organizzazione della strage di via Fani. Lei dice che un'operazione così scientificamente predisposta al massimo poteva prevedere la presenza di qualche irregolare, ma che era inimmaginabile pensare di avere punti di appoggio o una partecipazione esterna.
  Anche su questo sarebbe interessante capire come arriva a questa conclusione, visto che in quel tragico episodio si fa anche un esplicito riferimento a presenze esterne e al fatto che, proprio perché si è trattato di un'operazione militare di straordinaria rilevanza, probabilmente le Brigate Rosse non avevano le «competenze» per poterla affrontare e che, quindi, i terroristi si sono avvalsi, probabilmente a loro insaputa, anche di collaborazioni esterne.
  Queste sono le tre curiosità che mi premeva sottoporle.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Intanto mi scuso se ho dato l'impressione di essere perentorio nelle affermazioni. Non era assolutamente mia intenzione. Io ho cercato di partecipare alla Commissione la linea di condotta che io, per la mia attività, ho cercato sempre di seguire, che è quella di non farmi condizionare dalle suggestioni o dagli input non dimostrabili rispetto alle cose.
  Io ho sempre pensato che il lavoro dell'attività dell'autorità giudiziaria sia in questa direzione, ragion per cui non vorrei che si scambiasse l'affermazione con la perentorietà dell'affermazione.
  L'affermazione deriva, per quello che è a mia conoscenza, naturalmente, da molti anni di esperienza specifica in questo settore, che mi ha fatto maturare – questa sì – una convinzione, non personale, ma riscontrata in decine di procedimenti, di indagini e di interrogatori. Da questi io ho potuto trarre non la convinzione, ma la conoscenza delle modalità di funzionamento di un'organizzazione terroristica.
  Pertanto, nello scusarmi della – assolutamente non voluta – perentorietà, preciso che ho cercato, quando mi è stato chiesto, di fornire anche qualche opinione, naturalmente facendo un po’ di violenza a me stesso. È evidente che ciascuno di noi ha delle opinioni sulle cose, ma, avendo io Pag. 23svolto l'attività giudiziaria su queste cose, cerco di basarmi su quello che mi risulta e non su quello che io, in qualche modo, posso pensare.
  Ho tante cose che penso e che credo sia giusto che mi tenga per me. Non credo che sia utile parteciparle, tanto più in una situazione così ufficiale e autorevole.
  Quando io ho detto che escludo, lo faccio perché le carte, le testimonianze e gli interrogatori mi portano a questa esclusione. Come ho cercato di dire anche la scorsa volta, così come abbiamo esteso l'ambito delle responsabilità nel caso Moro – ma non solamente in questo caso, evidentemente – ad altre persone che inizialmente non comparivano nell'elenco degli imputati, come diremmo noi giuristi, se emergono dei fatti nuovi o delle persone nuove, con dimostrazione della responsabilità, è evidente che la Procura di Roma apre un procedimento penale e fa condannare queste persone.
  Quando io dico che non mi risulta è perché le carte che ho esaminato, quelle che ho in qualche modo creato e le persone che con me hanno parlato mi portano a dire di non aver cognizione di infiltrazioni nell'affare Moro.
  Sull'eterodirezione c’è una sterminata letteratura, peraltro anche abbastanza contraddittoria. Secondo taluni l'eterodirezione proverrebbe da sinistra, cioè dai servizi segreti dell'Europa orientale. Ci sono Radio Praga e tutta una letteratura che porta verso quel filone.
  Poi c’è la speculare letteratura che porta a parlare del compromesso storico, di Kissinger, dell'America, della CIA, e della deriva laterale di servizi segreti israeliani, che sarebbero intervenuti.
  Su questo terreno ci si può esercitare, ma non in sede giudiziaria. Io giudiziariamente posso dire che la mia esperienza mi porta ad affermare che non ci sia né l'eterodirezione di provenienza est-europea, né l'eterodirezione di provenienza americana o israeliana.
  Sono pronto, naturalmente, a cambiare idea rispetto a un dato nuovo. Questo assolutamente. Se ci fossero...

  GERO GRASSI. Il dato è vecchio, perché è agli atti della magistratura che Franceschini e Curcio hanno detto che il Mossad ha offerto loro armi e soldi; risulta alla magistratura, non a me. Questo è certo.
  È agli atti della magistratura.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Così genericamente inteso, io non so a quale atto della magistratura lei faccia riferimento. Se ce l'ha, lo leggo volentieri. Vediamo se è vera questa cosa.
  Ricordo di armi dell'OLP verso le Brigate Rosse, questo sì. Furono trovate anche su quella nave che credo si chiamasse Papago. Furono arrestati al largo di Ancona Baumgartner e altre due persone con dei lanciamissili.
  Altre armi sono state trovate sul Monte Pizzinnu, tra Nuoro e Olbia, incartate. Credo che fossero dei kalashnikov o delle bombe Energa – non ricordo – incartati in giornali arabi. Questo mi risulta.

  MIGUEL GOTOR. Sempre per gli atti futuri, perché poi la vicenda...

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Tra vent'anni spero di non tornare un'altra volta.

  MIGUEL GOTOR. Non lei, ma tra vent'anni ci sarà qualcuno che perderà il tempo...
  No, volevo solo dire che quella di Baumgartner è la vicenda dei missili a Ortona, a terra. Non c'entra niente con il mare e con Ancona. Era solo questo. È una vicenda del 1979.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Sì, certo, ricordavo Ancona, ma evidentemente mi tornava nell'orecchio.

  MIGUEL GOTOR. È il Papago che sbarcò ad Ancona.

Pag. 24

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Erano due episodi. Questo me lo ricordo molto bene.

  MIGUEL GOTOR. Sì, erano due episodi del tutto autonomi.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Erano due episodi diversi, che, però, riconducevano all'OLP e ad armi di provenienza palestinese.

  MIGUEL GOTOR. Era solo per evitare che tra vent'anni Baumgartner venisse collocato in mare. È a Ortona.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Errore mio. Perfetto. Era un'assonanza solo fonetica.

  PRESIDENTE. E, per precisare come li hanno trovati, non passavano nella viuzza.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Io ho sentito anche illazioni per cui la mafia avrebbe proposto, durante il periodo Moro, di fare degli attentati che poi le Brigate Rosse avrebbero rivendicato. Nel panorama e nel florilegio delle ipotesi ci possiamo diversificare in molte possibilità.

  GERO GRASSI. Mi scusi, solo per una precisazione storica, non tra vent'anni, perché a quello ci pensa Gotor, ma tra quaranta, su la Repubblica di ieri c'era un'intervista a un autorevole personaggio italiano che si chiama Cutolo, il quale ieri...

  PRESIDENTE. Portarlo come esempio di persona non dico autorevole, ma anche solo credibile...

  GERO GRASSI. Presidente, la credibilità di Cutolo in materia è superiore a quella di tanti soggetti istituzionali.

  PRESIDENTE. Ognuno disquisisce delle cose che conosce. Io non sono in grado di disquisire sull'autorevolezza di Cutolo, però, conosco una parte dei disturbi che afferiscono alla sfera comportamentale di quel soggetto. La dichiarazione «Se parlo io, crolla il Parlamento» è espressione probante del disturbo che lo riguarda.

  ENRICO BUEMI. Ha detto «una parte» del Parlamento !

  PRESIDENTE. In merito parlano le perizie. Io mi riferivo solo a quello. La megalomania...

  GERO GRASSI. Io mi riferisco al passaggio su Moro che Cutolo ieri ha ripreso e che aveva già dichiarato alla magistratura trentacinque anni fa. Non c’è un fatto nuovo. Ha ripreso un fatto vecchio.

  MARCO CARRA. Quanto al fatto che Moro fosse stato dichiarato morto da subito ?

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Non intendevo che fosse stato dichiarato morto da subito. L'impostazione dell'azione, per quello che io ho potuto verificare parlando con le varie persone e leggendo i vari documenti, è che non ci fosse – per così dire – un'alternativa. Bisognava semplicemente portare a compimento quell'azione nel modo in cui era stata programmata.
  Naturalmente, questo non significa che la decisione fosse unilaterale. Io credo che, nel corso dei cinquantacinque giorni, ci siano state anche discussioni a livello di comitato esecutivo su come gestire la situazione, ma credo – si potrebbe riguardare – che in nessun documento ci sia la ventilazione di un'ipotesi alternativa rispetto a quella dell'uccisione. Non mi risulta.
  Io ricordo che Cossiga fece elaborare dal ministro dell'interno un piano Mike e un piano Victor per l'ipotesi che Moro tornasse vivo, oppure che non fosse consegnato vivo.Pag. 25
  Dovrei esprimere un'opinione, ma non la voglio esprimere. Se vuole, io le dico che mi sembra molto difficile, se non ci fosse stato un cambio di gestione del sequestro, che si potesse arrivare a una forma di trattativa. Una volta che trattativa non c’è, l'esito non può che essere quello che, purtroppo, c’è stato.
  Dico anche che quei tentativi di interlocuzione con lo Stato – qui dico una cosa forse banale – leggendoli anni dopo, mi sembravano tentativi persi in partenza, come se si sapesse che quella cosa che veniva chiesta non poteva essere concessa, quasi ad avere l'autorizzazione a fare ciò che si era già deciso, ma qui esprimo veramente un'opinione.

  ENRICO BUEMI. Mi scuso, perché io non ho sotto mano tutta la documentazione processuale. Dei due della motocicletta lei che idea si è fatta, dal punto di vista dei rilievi processuali, ma anche oltre ? So che lei è restio a esprimere una valutazione che vada oltre gli atti processuali, ma, poiché questo punto è un po’ controverso...

  PRESIDENTE. Senatore Buemi, sta chiedendo se il dottor Ionta ritiene certo che ci sia stata la moto Honda oppure no ? Sta chiedendo questo al di là delle sentenze che dicono che c'era ? Questa è la domanda ? Così capiamo tra di noi che cosa chiediamo.

  ENRICO BUEMI. No, chiedo chi fossero i due occupanti.

  PRESIDENTE. Dando per scontato che la moto c'era, chiede chi fossero i due occupanti.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. È evidente che, se ci fosse stata l'evidenza, da un lato, della presenza – poi dico quello che penso su questo – e, dall'altro, dello svolgimento di un ruolo da parte dei due occupanti della moto rispetto all'azione di via Fani, poiché essi sono stati presumibilmente identificati, sarebbero stati arrestati e probabilmente condannati.
  Questa cosa della moto Honda compare in diversi atti. Se vuole la mia opinione, anche se, giustamente, io sono restio a formularla – ha ragione – io penso che questa moto sia passata in via Fani, perché non è pensabile che qualcuno tiri fuori un episodio non avvenuto. Ho molti dubbi, direi quasi insuperabili, però, sul fatto che questa moto abbia avuto un ruolo specifico nell'azione di via Fani.
  Questo lo dico perché mi riferisco a qualche voce del processo – probabilmente Etro, probabilmente Casimirri che l'ha detta a Etro; c’è anche qualche passaggio, in queste carte che vi ho fornito, di Morucci che ne parla – che mi porta a escludere un ruolo della moto Honda, ma non a escludere in assoluto la possibilità che qualche persona, in qualche modo, non dico avesse conoscenza specifica del fatto, ma potesse immaginare che quella mattina in quella zona si potesse verificare qualcosa e che ci sia effettivamente passata. Questo non lo escludo.
  Naturalmente, la valutazione – questo è proprio il vostro compito – per esaminare se le varie voci di queste dichiarazioni siano attendibili, non attendibili o verificabili, noi l'abbiamo fatta. Nella produzione della scorsa volta io vi ho portato un indice di atti in cui c’è la parte specifica che riguarda la possibile identificazione delle due persone che potevano stare su quella moto Honda.
  La sensazione di un episodio inventato tenderei a escluderla, nel senso che non credo che si possa inserire questa moto, ma che abbia avuto un ruolo, francamente, non lo penso.

  MIGUEL GOTOR. Lei mette in dubbio o no che da quella moto Honda abbiano sparato nei confronti di un testimone occasionale ?

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Alessandro Marini.

  MIGUEL GOTOR. Alessandro Marini.

Pag. 26

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Lei prima giustamente diceva che l'attività giudiziaria non si può fermare all'acquisizione di un dato. È evidente che all'acquisizione di un dato devono poi seguire accertamenti per vedere se quel dato abbia degli elementi di conforto o di smentita.
  Questa questione è stata esaminata non so quante volte. Io non ricordo le primissime indagini, perché all'epoca non ero nemmeno a Roma, per la verità, ma le testimonianze di Alessandro Marini le dovreste ricostruire e mettere tutte in fila. Io credo che sarà stato sentito molte volte su questa cosa e sul foro che ci sarebbe stato sul parabrezza del suo motorino, a dimostrazione del fatto che questo...

  PRESIDENTE. La tranquillizzo: non c’è più il parabrezza. Il motorino non è mai stato acquisito dall'autorità giudiziaria, non è mai stato sequestrato. Marini ha, ovviamente, cambiato il parabrezza, che, ovviamente, è stato segato a metà. Tutto il resto è poesia.

  MIGUEL GOTOR. Noi siamo nel 2015 e dobbiamo registrare che è ancora in vita un essere umano che sostiene di essere stato attinto, il 16 marzo 1978, da alcuni proiettili sparati da una moto Honda, che, per fortuna, non l'hanno colpito perché è prontamente riuscito ad abbassarsi, ed è disposto a continuare a dichiararlo.
  Questo per avere un rapporto con i dati di realtà.

  GERO GRASSI. Mi scusi, signor presidente, ma, in aggiunta al senatore Gotor, esiste una sentenza. Noi ora stiamo emettendo un'opinione sulla sentenza. La sentenza reca una condanna anche per il concorso nel tentato omicidio da parte dei due della moto Honda.

  PRESIDENTE. La sentenza certifica anche il tamponamento.

  MIGUEL GOTOR. Io non faccio un commento. Ho fatto una domanda precisa al dottor Ionta, che non richiede, secondo me, una risposta particolarmente articolata. Lei ritiene o non ritiene, in virtù della sua straordinaria esperienza sulla vicenda, che il 16 marzo 1978 due persone che si trovavano su una moto Honda – ci ha detto di essere certo del fatto che la moto Honda ci fosse – abbiano sparato nei riguardi del signor Alessandro Marini ? Lei può dire di sì, può dire di no o può dire che non lo sa. Tutto qui.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Come lei la pone, non è una domanda banale. Lei capisce bene che, se io le dico «sì», allora do credito a un dato tipo di ricostruzione. Io ho cercato di dire quello che penso su questa vicenda. Che ci fosse la moto...
  Non mi baso sulla sentenza che ha dichiarato la colpevolezza anche in relazione a quell'episodio. Conosco quella sentenza. Mi baso sul fatto che quella motocicletta non può essere spuntata dal nulla e che, quindi, a via Fani ci fosse è pacifico.
  Qualche dubbio dal punto di vista giudiziario emerge quando ci si chiede se questa moto abbia avuto un ruolo nella vicenda di via Fani, cioè nella strage di via Fani, nell'omicidio della scorta e nel rapimento di Moro.
  Secondo me, per quello che io so, per le dichiarazioni che sul punto hanno reso varie persone, a cominciare da Morucci, ma non solo, quella moto avrebbe dovuto far parte del modello operativo studiato al villino di Velletri, qualcuno avrebbe dovuto dire «su questa moto c’è irregolare A e irregolare B», altrimenti torniamo al discorso di prima.

  MIGUEL GOTOR. Scusi, ma io non le ho chiesto che tipo di ruolo può aver avuto.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Ho detto che c'era, sì.

  MIGUEL GOTOR. La moto c'era, ma io non le ho chiesto che tipo di ruolo abbia Pag. 27avuto. Io le ho chiesto, in scienza e coscienza, avendo lei indagato con grande perizia sulla vicenda Moro per plurimi anni, che convincimento si è fatto.
  Da quella moto, a prescindere dal tema del ruolo, che è un tema gigantesco – sono d'accordo con lei – due esseri umani hanno sparato contro un essere umano, peraltro ancora vivente, che potrebbe essere convocato e ci potrebbe confermare per l'ennesima volta che da quella moto hanno sparato ?
  Lei mi può rispondere di sì, di no o che non lo sa – insisto – a prescindere dalla questione del ruolo e da ciò che la verità giudiziaria stabilisce, che è quello che dice, giustamente, l'onorevole Grassi. Quelle due persone sono responsabili di tentato omicidio e non sono state ancora individuate.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Non è proprio così. Intanto il documento che affronta, sia pure parzialmente, questa questione io alla Commissione l'ho fornito. C’è la mia richiesta di archiviazione su vari punti, tra cui questo della moto Honda.
  Naturalmente, io ora non ho un ricordo proprio fotografico di tutto quello che ho fatto, perché non ho fatto solo il processo Moro, purtroppo per me. Se la domanda è «La moto Honda c'era ?», io le dico di sì.

  MIGUEL GOTOR. Hanno sparato verso il signor Alessandro Marini ?

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Su questo io ho qualche dubbio. Marini lo dice. Per quello che io ricordo, c'era anche una differenza tra gli spari provenienti dal passeggero o dal conducente. Ora non voglio fare un dettaglio. Se lei mi chiede la domanda secca, il gioco della torre...

  MIGUEL GOTOR. Non sono entrato nel merito. Ho chiesto se da quella moto, che è un oggetto di un metro e mezzo, sono partiti dei colpi nei riguardi di Alessandro Marini. Mi sembra che abbiamo capito che lei abbia risposto che non lo sa, che non è sicuro.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Non sono sicuro.

  MIGUEL GOTOR. Non è sicuro. È questo.

  PRESIDENTE. Mancano ancora due piccole cose su cui sicuramente il dottor Ionta ha risposto prima. In quale fascicolo possiamo rintracciare – è una mia curiosità – gli atti relativi alla questione che ora le sottopongo ?
  Saverio Morabito parla di Antonio Nirta quando viene interrogato dal dottor Nobili. Lo stesso Morabito ha fatto arrestare, in realtà, trenta o quaranta persone nell'operazione Sud-Nord. Per chi si occupa di pentiti, è un pentito affidabile. Nell'ambito di questo quadro di pentito affidabile, tira fuori la vicenda di Nirta e dei suoi rapporti con l'ufficiale dei Carabinieri Francesco Delfino.
  Dove possiamo rintracciare le attività di indagine che sono state condotte e i relativi esiti ?

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Lo spunto Morabito lo trova nell'indice degli atti che le ho portato io oggi. Poi ci deve essere sicuramente stato uno stralcio con riferimento alla posizione specifica di Nirta, ma lo spunto Morabito sta negli atti.

  PRESIDENTE. E lo stralcio ? Lei riesce a ricordare ? Questo stralcio non riusciamo a...

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Forse potrebbe ricordarselo Marini, non Alessandro ovviamente, ma Antonio. Io non ricordo questo. Ricordo di aver Pag. 28interrogato Nirta, ma non ricordo in quale fascicolo, assolutamente. Comunque, la traccia di Morabito è qui.

  PRESIDENTE. Tuttavia, non c’è nelle sue carte la conclusione finale, nel senso di dire che non c'entra.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. Non so se Nirta sia nel n. 6065. Bisognerebbe controllare nell'indice di quello che vi ho fornito l'altra volta. Potrebbe darsi. Lo spunto è qui, ma poi io ho fatto uno stralcio.

  PRESIDENTE. Che sicuramente ha seguito... Domani sentiamo il dottor Marini.

  FRANCO IONTA, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Roma. L'abbiamo fatto insieme.

  PRESIDENTE. Si intende Marini il pubblico ministero.
  Bene. Noi ringraziamo il dottor Ionta.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 23.10.