XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 23 di Martedì 17 febbraio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro della giustizia, Andrea Orlando:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Orlando Andrea (PD) , Ministro della giustizia ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Nugnes Paola  ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Nugnes Paola  ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Puppato Laura  ... 13 
Compagnone Giuseppe  ... 13 
Bianchi Dorina (AP)  ... 13 
Zaratti Filiberto (SEL)  ... 14 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 14 
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 15 
Bratti Alessandro , Presidente ... 15 
Orlando Andrea (PD) , Ministro della giustizia ... 15 
Nugnes Paola  ... 18 
Orlando Andrea (PD) , Ministro della giustizia ... 18 
Nugnes Paola  ... 18 
Bratti Alessandro , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 14.15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro della giustizia, Andrea Orlando.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro della giustizia, onorevole Andrea Orlando, che ringrazio per la sua presenza. Come il Ministro sa, la nostra Commissione si occupa di problematiche collegate al ciclo integrato dei rifiuti e delle attività illecite connesse, quindi di illeciti di natura ambientale, ma anche di carattere amministrativo.
  Inoltre, nel lavoro che stiamo facendo molto spesso emerge che – come notato e dichiarato ufficialmente in diversa documentazione della DDA – questi reati sono collegati anche a quelli della pubblica amministrazione e alla corruzione. Infatti, storicamente è sempre accaduto che gli stessi operatori che agiscono in maniera illecita sul ciclo dei rifiuti sono poi collegati al traffico di armi o al riciclo di somme importanti che poi vengono investite per altre attività illecite.
  L'altro aspetto di cui ci occupiamo sono le bonifiche perché anche in questo ambito sono stati rilevati degli illeciti. Un altro argomento su cui stiamo facendo degli approfondimenti, ma che non interessa in questa fase il Ministro della giustizia, è quello del nucleare.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitandolo, comunque, a rinviare gli interventi di natura riservata nella parte finale della seduta.
  Prima di cedere la parola al Ministro Orlando, gli chiederei di presentarci un primo quadro rispetto a questioni a noi molto care e tra l'altro di grande attualità. Del resto, credo che proprio oggi in Senato ci sia la discussione sul tema dell'introduzione dei reati ambientali nel Codice penale. Dopo la sua relazione, le verranno rivolte alcune domande da parte dei commissari. Infine, le presenteremo qualche notizia che è emersa dalle recenti audizioni in relazione ad alcune difficoltà che è giusto che il ministro competente conosca. Mi riferisco a fatti relativi all'attività delle procure ordinarie e della DDA. In ogni caso, questo sarà oggetto dei nostri colloqui anche successivamente.

  ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. Grazie, presidente e onorevoli colleghi. Vorrei ringraziarvi per l'occasione che mi viene offerta con questa audizione di soffermarmi su un tema che è stato al centro della mia attività sia come Ministro dell'ambiente, sia come Ministro della giustizia. Per collegare questi due momenti, vorrei trattare soprattutto due temi, quello delle misure per la cosiddetta «Terra dei fuochi» e il provvedimento che riguarda i Pag. 4reati ambientali che, come lei ricordava, attualmente è in votazione al Senato.
  Il decreto «Terra dei fuochi», che è stato elaborato per far fronte allo stato di inquinamento da rifiuti nella regione Campania, è intervenuto con misure di carattere penale, organizzativo e amministrativo finalizzate all'individuazione e alla bonifica delle aree inquinate. Sul fronte penale, si è partiti dalla constatazione della frequenza e della particolare gravità dell'impatto ambientale ed economico del fenomeno della combustione dei rifiuti in alcune province della regione Campania.
  Queste condotte non erano punibili con il delitto di incendio di cui all'articolo 423 del Codice penale, che, secondo consolidate interpretazioni, riguarda solo i casi in cui il fuoco sia appiccato con una notevole portata diffusiva e con difficoltà di estinzione, che non è il caso dei roghi in discussione. Infatti, l'esperienza campana evidenzia fenomeni di combustione di rifiuti anche pericolosi, ma per lo più concentrati in terreni pubblici e privati, ciò nondimeno produttivi di emissioni nocive e suscettibili di propagarsi a culture e a centri densamente abitati.
  Si è, perciò, previsto un nuovo delitto, quello di combustione illecita di rifiuti, che si punisce con la reclusione da 2 a 5 anni e che ha come presupposto la condotta di chi appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata, così come le condotte di abbandono, trasporto e smaltimento irregolare finalizzati alla successiva eliminazione del rifiuto mediante combustione.
  Sono state introdotte anche aggravanti per combustioni più gravi, quale quelle di rifiuti pericolosi operate nel contesto di attività di impresa o in aree interessate, negli ultimi 5 anni, da una dichiarazione di stato di emergenza. È stata altresì prevista la responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001.
  Una funzione di forte deterrenza è stata affidata alle previste confische sia dei mezzi di trasporto dei rifiuti destinati alla combustione, sia dell'area su cui avviene la combustione, sia di proprietà di chi commette reato o concorre con esso. Da segnalare, altresì, l'obbligo di un ripristino dello stato dei luoghi in capo al responsabile dell'illecito e l'obbligo di pagamento, anche in via di regresso, delle spese sostenute per la bonifica. È stata poi introdotta nel Codice di procedura penale una norma che considero molto importante e che sancisce un obbligo di comunicazione da parte degli uffici giudiziari alle pubbliche amministrazioni sia quanto all'esercizio dell'azione penale, sia quanto alle sentenze di condanna per tutti i reati ambientali.
  Questa norma è importante perché spesso un argomento utilizzato dalle amministrazioni locali era quello di non essere a conoscenza dello svolgimento dei procedimenti penali o meglio di non essere a conoscenza del danno che veniva a emergere all'interno del procedimento penale, danno che ha una sua autonomia, a prescindere dalla ricostruzione delle responsabilità penali. L'argomento utilizzato è stato spesso quello dell'attesa della sentenza definitiva. In verità, però, per constatare che si è prodotto un danno non serve la sentenza definitiva, soprattutto quando questo danno mette a rischio la popolazione. Questo era, dunque, finalizzato a mettere le amministrazioni nelle condizioni di adottare i provvedimenti di competenza, i cui procedimenti potranno essere avviati o proseguiti anche in pendenza del procedimento penale. Si vuole, così, assicurare un coordinamento tra magistratura e autorità amministrative.
  Per le infrazioni di maggiore gravità, sanzionate con la revoca di autorizzazione o con la chiusura di impianti, l'ufficio competente, nei casi di particolare complessità dell'accertamento dei fatti addebitati, potrà anche sospendere il procedimento amministrativo fino al termine di quello penale, salva la possibilità di adottare strumenti cautelari.
  Il delitto di combustione illecita costituisce a oggi, insieme a quello di attività organizzata per il traffico illecito dei rifiuti, l'unica incriminazione di rango di delitto specificamente posta a tutela dell'ambiente. L'impianto normativo che si vuole modificare – come si vedrà con Pag. 5l'introduzione dei delitti in materia ambientale – è, infatti, a oggi connotato dall'ampia prevalenza dei reati contravvenzionali e degli illeciti amministrativi formali o di pericolo astratto.
  Credo che l'impatto della nuova fattispecie incriminatrice vada sottoposto alla vostra attenzione. In vista di questa audizione, ho, quindi, predisposto un monitoraggio a cura della competente direzione generale sull'impatto della nuova fattispecie incriminatrice.
  I dati che deposito sono parziali, data la ristrettezza dei tempi, ma credo significativi perché il monitoraggio si è concentrato sulle quattro regioni maggiormente interessate dal fenomeno, vale a dire la Campania, il Lazio, la Calabria e la Sicilia. Per la Campania, il monitoraggio ha riguardato le province di Napoli, Caserta, Benevento e Avellino.
  Si tratta, come è noto, delle quattro regioni più interessate dai fenomeni di emergenza nel settore dei rifiuti o maggiormente colpite da insediamenti di produzioni al nero. Il monitoraggio si basa sulle risposte pervenute da 37 procure della Repubblica. I dati sono aggiornati al 9 febbraio 2015. Nel periodo compreso tra il 20 gennaio 2014 e il 20 gennaio 2015 risultano iscritti 261 procedimenti penali per il delitto di combustione illecita di rifiuti, 94 dei quali nei confronti di soggetti identificati.
  Complessivamente, risultano coinvolti 136 indagati. Si conferma la facile previsione della particolare incidenza del fenomeno in Campania, nei cui uffici di procura risultano iscritti 141 dei 261 procedimenti complessivi; 47 nei confronti di indagati noti, 94 nei confronti di ignoti. Seguono nella graduatoria il Lazio con 69 procedimenti iscritti, 16 dei quali nei confronti di soggetti identificati; la Calabria, con 34 procedimenti iscritti, 19 dei quali nei confronti di noti; la Sicilia, con 17 procedimenti iscritti, 12 dei quali di soggetti che sono stati identificati.
  Concentrando l'attenzione sulle vicende delle 94 notizie di reato che hanno condotto a ipotesi di attribuzione soggettiva di responsabilità, risultano complessivamente emesse 8 misure cautelari personali e disposto il rinvio a giudizio per 27 imputati.
  Piuttosto limitata appare la definizione dei procedimenti con giudizio direttissimo, che sono a oggi soltanto due.
  Dei complessivi 136 indagati, 31 posizioni risultano, allo stato, definite con richiesta di archiviazione. Analogo esito hanno prodotto 60 dei 167 procedimenti iscritti nei confronti di ignoti. I 10 uffici di procura della regione Calabria si caratterizzano per la maggiore incidenza di procedimenti con indagati identificati (19 coinvolgenti, 42 indagati).
  Non appare particolarmente diffusa la contestazione di ipotesi aggravate (11 procedimenti nelle quattro regioni considerate, per un totale di 18 indagati). Il dato potrebbe, però, derivare dalla scarsa analisi delle attività di registrazione delle notizie di reato.
  Segnalo, poi, che i dati più complessivi sulle indagini in materia ambientale, con specifico riferimento alle attività organizzate relative al traffico illecito di rifiuti, sono rilevati dalla direzione nazionale antimafia e riportati nelle relazioni annuali di carattere riservato.
  La direzione nazionale antimafia ha realizzato altresì, a partire dal 2010, un progetto di raccolta di tutte le iscrizioni al registro generale da parte delle procure ordinarie dei reati di competenza di queste ultime che hanno connotati di reati spia rispetto al più grave reato di criminalità organizzata e di attività organizzata per il traffico illecito, che è di diretta competenza della DDA. In particolare, ci riferiamo alla gestione di rifiuti non autorizzata e al traffico illecito di rifiuti, che sono appunto considerati come reati spia.
  Si è acquisita una relazione informale del commissario incaricato per il fenomeno dei roghi di rifiuti in Campania, che è stato istituito con il decreto del Ministero dell'interno il 26 novembre 2012 e che si mette a disposizione della Commissione in allegato.
  La relazione segnala la particolare incidenza dell'alto indice di abusivismo commerciale, edilizio e industriale che genera una massa di scarti di lavorazione che Pag. 6costituisce buona parte dei rifiuti combusti. Concorrono, poi, comportamenti incivili di alcuni settori della popolazione che, pur a fronte di una accresciuta sensibilizzazione per le pratiche di raccolta differenziata, persevera nell'abitudine di abbandonare rifiuti domestici al margine delle strade.
  La localizzazione delle aree più frequentemente interessate da interventi dei Vigili del fuoco segnala la particolare criticità dei campi nomadi di Scampia, Secondigliano, Giugliano, Caivano, Casoria e Afragola, ove il fenomeno si connette a contesti di seria compromissione igienico-sanitaria e di degrado ambientale e sociale.
  La relazione registra l'impatto positivo della nuova incriminazione. Su un piano più generale, la relazione dell'incaricato dà conto dei risultati operativi e dell'azione di coordinamento e pianificazione svolta dalla struttura dell'incaricato con le forze dell'ordine e con le polizie locali.
  Le misure di tipo amministrativo previste dal decreto-legge «Terra dei fuochi» rientrano nella competenza specifica dei Ministeri della salute, dell'ambiente e dell'agricoltura. Mi limiterò, pertanto, a riferire quanto disposto durante il mio precedente incarico al Ministero dell'ambiente.
  Una parte del decreto-legge n. 136 del 2013 è dedicata alla mappatura, anche mediante telerilevamento, dei terreni della regione Campania destinati all'agricoltura, al fine di accertare gli effetti contaminanti degli sversamenti, compresi quelli realizzati anche mediante la combustione dei rifiuti. Le indagini tecniche sono state affidate a un gruppo di enti; gli indirizzi operativi e le priorità sono stati definiti con una direttiva del 23 dicembre 2013 dal Ministero delle politiche agricole e da quello dell'ambiente, della tutela e del territorio. La direttiva ha istituito un gruppo di lavoro, attualmente coordinato dal capo del Corpo forestale dello Stato, con le seguenti finalità: individuazione dei siti interessati da sversamenti e smaltimenti abusivi sul territorio; definizione di un modello scientifico di classificazione dei terreni secondo le tipologie di utilizzo compatibili con la natura e il grado della contaminazione rilevata; predisposizione di una relazione illustrativa dei risultati dell'indagine e delle metodologie praticate, recante proposte operative per i ministeri coinvolti.
  L'area dell'intervento è individuata dalla direttiva nel territorio di 57 comuni, 33 ubicati nella provincia di Napoli e 24 in quella di Caserta. È stata poi estesa, con successiva direttiva del 16 aprile 2014, a ulteriori 31 comuni, 22 ubicati nella provincia di Napoli e 9 ubicati nella provincia di Caserta. Sono stati individuati 51 siti, per una superficie complessiva di 1.146 ettari, classificati secondo 5 livelli di rischio presunto.
  Il decreto ministeriale dell'11 marzo 2014 ha incaricato il gruppo di lavoro di procedere, anche attraverso la caratterizzazione delle acque di falda e l'analisi della capacità fitodepurativa dei siti, all'indicazione dei terreni destinabili o meno alla produzione agroalimentare. Mi consta che sono in corso di pubblicazione i risultati definitivi delle indagini del gruppo di lavoro, su cui assai meglio di me potranno riferire i ministri competenti.
  È noto a tutti che il vigente ordinamento penale, come ho sottolineato precedentemente, continua a presentare una grave lacuna nella repressione delle più gravi violazioni in materia ambientale. Mentre sono punite condotte meramente formali a titolo di contravvenzioni, le fattispecie delittuose specifiche sono ad oggi due: l'attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti e la combustione illecita di rifiuti, che è stata introdotta dal decreto che richiamavo. Questa lacuna è stata colmata in parte dalla giurisprudenza, che ha supplito utilizzando delle fattispecie delittuose aspecifiche, come il disastro innominato.
  L'urgenza, quindi, dell'introduzione di delitti specifici nel codice penale è ora al centro del dibattito. Da Ministro dell'ambiente ho fortemente voluto una riforma sistematica dei reati ambientali. Avevo, infatti, istituito a suo tempo un apposito gruppo di studio che ha elaborato alcune linee di intervento strategico, delle quali credo vadano richiamate le principali.Pag. 7
  La prima era quella dell'introduzione nel codice penale dei delitti ambientali di danno, per colmare una vistosa lacuna del sistema. Da un lato, infatti, esistono violazioni contravvenzionali puramente formali, poco deterrenti e soggette a prescrizione breve; dall'altro, la magistratura utilizza fattispecie incriminatrici aspecifiche. La tipizzazione dei delitti di danno ambientale è stata, quindi, raccomandata dalla stessa Corte costituzionale con una sentenza del 2008.
  La seconda linea di azione è quella della razionalizzazione della responsabilità degli enti. Attualmente, la responsabilità degli enti è prevista solo per i reati contravvenzionali in materia di ambiente e non anche per i delitti che, previsti ad altri fini, la giurisprudenza adatta a tutela dell'ambiente. Si tratta di una situazione palesemente irragionevole, stridente con le direttive comunitarie e con la logica, essendo oggi possibile a carico degli enti sanzioni interdittive per violazioni formali e non invece per le ben più gravi violazioni di carattere sostanziale.
  Un altro aspetto riguarda misure premiali per l'autore del reato che si adopera per rimuovere il pericolo e il danno o per evitare conseguenze ulteriori, collaborando con la polizia e l'autorità giudiziaria. Si tratta di far tesoro della positiva esperienza, soprattutto in materia di criminalità organizzata, delle strategie che combinano la risposta repressiva con gli istituti premiali.
  Il quarto punto è quello delle confische. Il gruppo di studio, infatti, ipotizzava un potenziamento del sistema delle confische, anche attraverso l'estensione della cosiddetta «confisca allargata o per sproporzione», di cui all'articolo 12-sexies della legge n. 356 del 1992. Si veniva, cioè, a colpire la ricchezza accumulata attraverso le violazioni ambientali, una ricchezza che, secondo il gruppo di studio, andava prevalentemente canalizzata nella direzione delle bonifiche.
  Il quinto punto riguarda, appunto, le bonifiche. Non sfugge a questa Commissione la crucialità politica di questo tema, in relazione al quale parziale è la risposta che può venire dal diritto penale. Sono, però, funzionali all'obiettivo alcune misure tipiche del diritto penale, quali la criminalizzazione delle condotte che ostacolano l'indagine di caratterizzazione dei siti o non ottemperano agli ordini di ripristino e, dall'altro lato, le misure premiali, ovvero le confische.
  Il lavoro del gruppo di studio, depositato nel dicembre 2013, è stato messo a disposizione della Commissione giustizia della Camera dei deputati, dove pendevano tre proposte di legge in materia che sono state poi unificate in un testo in larga parte convergente con le indicazioni che provenivano dal gruppo stesso. Il testo, approvato alla Camera, è approdato al Senato, dove è stato approvato in sede referente, con modifiche dalle Commissioni riunite ambiente e giustizia nella seduta del 26 gennaio 2015, all'esito di lavori seguiti con particolare attenzione dal Ministero della giustizia.
  L'articolato in via di approvazione al Senato inserisce nel codice penale un nuovo titolo dedicato ai delitti contro l'ambiente, all'interno del quale sono previsti nuovi delitti di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale radioattivo e impedimento al controllo.
  Il testo prevede anche un severo trattamento sanzionatorio e la connessa responsabilità della persona giuridica, quando il reato sia commesso nell'interesse dell'ente. In particolare, il delitto di inquinamento ambientale punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 10.000 a 100.000 euro chiunque, abusivamente, cagiona una compromissione o un deterioramento durevole delle acque, dell'aria o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo di un ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna. Si prevede un'aggravante – pena aumentata fino a un terzo – quando il delitto sia commesso in un'area naturale protetta o sottoposta a specifici vincoli, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette.
  Il delitto di disastro ambientale punisce con la reclusione da 5 a 15 anni chiunque Pag. 8abusivamente cagiona un disastro ambientale. Il testo provvede anche a codificare la nozione di «disastro ambientale». I due reati sono punibili anche in forma colposa, con pene ridotte quando vi sia una collaborazione nel superamento del danno che è stato provocato.
  È poi introdotto il delitto di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 10.000 a 50.000 euro, sempre che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque abusivamente o comunque in violazione di disposizioni legislative regolamentari o amministrative cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene o trasferisce materiale ad altra radioattività e materiale a radiazioni ionizzanti, ovvero detenendo tale materiale lo abbandona o se ne disfa illegittimamente. Si tratta di un reato di pericolo, per il quale costituiscono aggravanti le ipotesi di compromissione o deterioramento dell'ambiente e quelle in cui dal fatto derivi un pericolo per la vita o l'incolumità delle persone.
  Infine, il delitto di impedimento del controllo punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, sempre che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque impedisca, intralci ed eluda all'attività di controllo e vigilanza ambientale e di sicurezza sul lavoro oppure ne compromette gli esiti. L'impedimento deve consistere nel negare l'accesso ai luoghi da controllare, creando degli ostacoli fisici o comunque modificando lo stato dei luoghi. A esempio, il reato potrà sussistere quando sarà ostacolato o impedito un campionamento o un accesso ai luoghi in cui si ipotizza l'esistenza di rifiuti o situazioni di inquinamento da verificare.
  Esistono, poi, circostanze aggravanti che riguardano i casi in cui un'associazione per delinquere sia finalizzata a commettere reati ambientali o un'associazione mafiosa sia finalizzata a commettere un delitto ambientale o all'acquisizione della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti o servizi in materia ambientale. Un'altra aggravante è prevista per il caso del sodalizio criminale che coinvolga anche pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio nell'esercizio di funzioni o mentre svolgono servizi in materia ambientale.
  Si prevede, inoltre, il cosiddetto «ravvedimento operoso» per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori o aiuta concretamente l'autorità di polizia o quella giudiziaria nella ricostruzione dei fatti, nell'individuazione dei colpevoli e nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione di delitti ovvero per chi provvede prima del dibattimento alla messa in sicurezza e alla bonifica, nonché, se possibile, al ripristino dello stato dei luoghi.
  Secondo il testo che era stato approvato dalla Camera, il ravvedimento operoso comportava una diminuzione della pena dalla metà ai due terzi. Peraltro, il testo approvato nella Commissione del Senato, nel lasciare ferma la diminuzione di pena in caso di ravvedimento delle fattispecie dolose, contempla in aggiunta, in caso di ravvedimento operoso dei delitti colposi, una causa di non punibilità.
  Viene mossa, tuttavia, l'obiezione che una siffatta causa di non punibilità rischi di essere eccentrica rispetto al sistema penale, che non la contempla per reati meno gravi di quelli in discussione. Si obietta altresì che l'inquinamento colposo e il disastro colposo si connotano per elementi soggettivi non riconducibili alla distrazione occasionale o alla provvisoria trascuratezza che abbiano come conseguenza circoscritte contaminazioni ambientali.
  D'altra parte, si segnala l'esigenza di non criminalizzare l'imprenditore che collabora per riparare il danno ambientale e si attiva per la bonifica. Ci sono emendamenti parlamentari che mirano a ripristinare la circostanza attenuante in luogo della causa di non punibilità. Il Governo è orientato in questa direzione.
  Si prevede, inoltre, la confisca anche per equivalente del prodotto o profitto del reato. Per il reato di disastro ambientale, per quello di attività organizzata, per il traffico illecito di rifiuti e per le ipotesi aggravate di associazione per delinquere è Pag. 9prevista anche la confisca allargata, come misura di prevenzione, di valori ingiustificati o sproporzionati rispetto al proprio reddito. Si colpisce la ricchezza accumulata illecitamente, violando la normativa ambientale. Con la sentenza di condanna o con quella di patteggiamento il giudice deve anche ordinare il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendo le spese a carico del condannato e delle persone giuridiche obbligate al pagamento delle pene pecuniarie in caso di insolvibilità del primo.
  Viene, poi, prevista anche la pena accessoria dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per chi commette i delitti di inquinamento ambientale, disastro ambientale e traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo e infine il delitto di cui all'articolo 260 del codice ambientale.
  Si stabilisce il raddoppio dei termini di prescrizione per tutti i nuovi delitti introdotti dal testo unificato. Su questo vorrei sottolineare che, nonostante sia in itinere una riforma complessiva dell'istituto alla prescrizione, questi termini eccentrici rispetto al sistema sono giustificati dalla specificità del reato, quindi non contraddicono l'ambizione di uniformare complessivamente l'istituto della prescrizione, ma tengono, invece, conto del fatto che si tratta di reati che vengono scoperti molto tempo dopo del momento in cui sono stati commessi.
  Si prevede, inoltre, la comunicazione delle indagini in corso per questi delitti ambientali, che deve essere data al procuratore generale presso la corte d'appello affinché questi possa attuare la circolazione delle notizie e il coordinamento delle varie procure che indagano su questi reati, quando sono tra loro connessi.
  Le commissioni parlamentari del Senato hanno soppresso la disposizione che prevedeva l'obbligo per il pubblico ministero procedente di dare comunicazione – questo è quanto ha deciso la Commissione, poi vedremo quello che farà l'Aula, ma su questo non ho facoltà di vaticinio – dell'avvio dell'indagine sull'ipotesi di inquinamento ambientale, disastro ambientale e traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività. Un apposito emendamento parlamentare prevede, però, il ripristino di questa disposizione. Il parere del Governo in questo senso è favorevole.
  È prevista la responsabilità delle persone giuridiche per gli illeciti amministrativi dipendenti dal reato, stabilendo specifiche sanzioni pecuniarie per ciascuno dei nuovi delitti. In aggiunta, si prevedono sanzioni interdittive e nel testo approvato dalla Camera si prevede una procedura di estinzione dei reati contravvenzionali in materia ambientale che non abbiano cagionato danno o pericolo per l'ambiente.
  L'organo di vigilanza impartisce le prescrizioni alla loro osservanza, insieme al pagamento della pena pecuniaria che estingue il reato. Questa è una misura volta a rendere effettiva l'osservanza delle norme ambientali e a evitare il sovraccarico delle procure per reati soggetti a brevi termine di prescrizione, che restano i fatti impuniti. In Commissione al Senato sono state soppresse queste disposizioni per una migliore riflessione su alcune criticità, ma il Governo le sta riproponendo in Aula con una diversa formulazione volta al superamento delle criticità segnalate quanto agli organi competenti, alle imprese e alle prescrizioni da impartire. Si proporrà che le prescrizioni possano essere impartite solo dagli organi di vigilanza e non anche dalla polizia giudiziaria.
  Mi sia consentito osservare, allargando lo spettro dell'analisi, come la criminalità ambientale sia inevitabilmente un aspetto del più ampio fenomeno della criminalità economica e di quella organizzata, a loro volta infiltrate nel tessuto della pubblica amministrazione. Per questo una risposta efficace al fenomeno complessivo si rivelerà efficace anche per la lotta al fenomeno più specifico.
  In questa prospettiva, un utile apporto sarà dato dal delitto di autoriciclaggio, introdotto recentemente da questo Governo e poi approvato dal Parlamento e dalla prossima introduzione delle nuove norme sul falso in bilancio che rafforzano la lotta alla criminalità organizzata, nonché dalle disposizioni in materia di corruzione. Pag. 10Infatti, è evidente che, a fronte di un'attività di carattere illecito occulto, ci sono sempre riverberi di carattere contabile, quindi affrontiamo due punti di vista che sono fortemente intrecciati sotto l'aspetto sia della falsificazione delle comunicazioni sociali sia dell'utilizzo dei proventi dell'attività di carattere criminoso.
  Si tratta, con tutta evidenza, di una materia complessa che richiede un intervento di carattere articolato e preciso e non soluzioni di carattere sommario, ma anche di un fronte urgente, di una sfida determinante per il nostro Paese.
  Lo dico da cittadino che sente il dramma spesso ridotto solo a un problema di territori specifici, ma che, in realtà, chiama in causa tutti e richiede la più alta attenzione nazionale. Lo dico anche da ministro; infatti ho scelto di affrontare con il massimo di determinazione possibile questa problematica quando guidavo il Ministero dell'ambiente e ho inteso mantenere questo impegno anche nell'attività che svolgo attualmente. Sono fiducioso che, se procederemmo con convinzione, sarà questo il tempo in cui potremmo osservare dei risultati concreti nella direzione del superamento delle tante emergenze ambientali del nostro Paese.
  Dico questo anche per un motivo più profondo e più generale: deve esserci una coerenza tra le politiche dei diversi dicasteri, una comune visione e una stessa ispirazione. C’è un rischio di elevare dei compartimenti stagni, mentre credo che su alcuni progetti, come quello del contrasto a questo tipo di criminalità, sia fondamentale l'interazione tra i diversi ministeri. Penso che quella della sostenibilità ambientale sia la sfida della crescita. Bonifica e valorizzazione del patrimonio ambientale e nuovo modello di sviluppo sono, in fondo, facce della stessa medaglia. Per questo, non ci sarà un reato, una norma, un vincolo o una sanzione nuova che tenga se non viene accompagnata da un sostegno concreto all'uscita del Paese, in particolare del nostro Mezzogiorno, dalla crisi.
  Non credo di dire cose nuove. Ricordo a tutti le parole che pronunciò a suo tempo Indira Gandhi, quando, da Primo Ministro dell'India alla Conferenza di Stoccolma sull'ambiente, disse «la povertà è il peggiore inquinamento». Era il 1972, ma vale ancora oggi, per l'Italia e ancora più per il Mezzogiorno.
  Quindi, credo che la chiave sia uno sforzo complessivo per una razionalità sostanziale dei singoli provvedimenti di governo. A questo stesso approccio mi attengo da Ministro della giustizia, portando avanti con la stessa determinazione il lavoro che è stato avviato in passato. Devo dire che questo passaggio parlamentare, che mi auguro proceda a una rapida approvazione della Camera, è anche la risposta più efficace e chiara a sentenze che si sono limitate ad applicare la legge vigente.
  Non commento mai le sentenze, ma la vicenda Eternit, che è stata spesso associata alla questione della prescrizione, sconta soprattutto un'impropria definizione dei delitti di carattere ambientale perché, per quanto si possano rivedere – come è giusto – i tempi di prescrizione dei reati, è del tutto evidente che non tutto può essere risolto in quella sede. C’è un tema, quello della configurazione sostanziale delle fattispecie, che non è risolto attualmente dalla nostra disciplina, essendo molto risalente, per cui il valore ambientale era sottovalutato, insieme agli effetti che il danno ambientale può provocare sulla salute e sugli ecosistemi.
  Da questo punto di vista, credo che si stia compiendo un passo avanti molto importante. Ora, si abusa di questo termine, ma credo davvero che in quest'ambito si possa costituire una svolta nel contrasto a questo tipo di fenomeni. Non è un caso che diverse attività si siano orientate sul fronte dei rifiuti, non solo perché sono un ambito nel quale era più semplice aggirare la legge, ma anche perché il sistema delle sanzioni era così irrisorio rispetto all'arricchimento che poteva provocare questo tipo di attività illecita che era sicuramente molto più conveniente agire in quest'ambito piuttosto che in quelli tradizionali in cui operava la criminalità organizzata. Ecco, ritengo che queste nuove norme siano in grado di riequilibrare la situazione.Pag. 11
  Un punto su cui insisto molto – lo dico perché facciamo spesso degli interventi di carattere aggiuntivo – è che questo implica una capacità di selezionare i beni che vengono giuridicamente tutelati. Non possiamo aggiungere fattispecie di reati a fattispecie di reati che già esistono. Alla luce di una nuova visione, si tratta di selezionare quali sono gli obiettivi, anche perché l'esercizio dell'azione penale non è una risorsa infinita, quindi da questo punto di vista è fondamentale selezionare gli obiettivi.
  Gli istituti che consentono l'estinzione del reato all'interno del provvedimento che è in approvazione al Senato sono assolutamente funzionali al perseguimento degli stessi reati che sono previsti all'interno del provvedimento perché un costume del legislatore è quello di legiferare come se ci si trovasse nell'iperuranio, a fronte di risorse illimitate. Invece, il processo penale è una risorsa scarsa, pertanto bisogna decidere quali sono gli obiettivi su cui concentrarsi, pena l'impossibilità di dare effettivamente luogo all'esercizio dell'azione penale.
  In questo senso, considero il testo che mi auguro uscirà dal Senato, anche con il reintegro di quella ipotesi di estinzione, molto equilibrato e soprattutto funzionale a far sì che su questo fronte si costituisca un'ulteriore specializzazione della magistratura.
  Questo è un altro tema sul quale vorrei concludere le mie considerazioni. Ogni settimana c’è qualche ipotesi di procura nazionale su un diverso tema. Abbiamo visto come è stato difficile arrivare all'istituzione di una procura nazionale antiterrorismo, che pure dovrebbe essere un dato quasi acquisito perché nel potere diffuso attribuito in capo alle diverse procure c’è la ricerca di un punto di equilibrio. Questo è sempre un tema molto difficile. Peraltro, c’è anche una resistenza, che condivido, rispetto a un eccesso di gerarchizzazione delle procure. Il terreno su cui dobbiamo muoverci per quanto riguarda il contrasto ai reati ambientali è quello della specializzazione, ovvero della formazione comune dei magistrati che si occupano di questo tema.
  Su questo punto, anche se può sembrare che parli d'altro, è fondamentale proseguire sul tema della riorganizzazione degli uffici e della riforma della geografia giudiziaria. Non si può fare un pool dove ci sono cinque sostituti; sarebbe come avere un ospedale in cui ci si occupa di tutto lo scibile. La realizzazione di economie di scala di dimensioni adeguate è, quindi, il presupposto per questa attività di specializzazione. Pertanto, considero assolutamente importante non solo andare avanti rispetto alle scelte che ha fatto il Parlamento, ma anche andare verso un'ulteriore razionalizzazione del secondo grado di giudizio. Non esistono più e non possono coesistere giudici tuttologi. È molto importante che tanto chi indaga quanto chi giudica si sia, nel tempo che ha a disposizione nell'esercizio della sua funzione, particolarmente formato e abbia gli elementi necessari a esercitare la giurisdizione, anche costruendo un rapporto stabile con le competenze.
  Infatti, la microdimensione rischia di non creare specializzazione, ovvero una visione sufficientemente stabilizzata del tema e dunque un sistema di acquisizione delle competenze che è fondamentale tanto per l'attività di carattere inquirente quanto nel momento della valutazione di quanto proposto al giudizio.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Orlando dell'ampia e articolata relazione. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, pregando i colleghi senatori di non anticipare la discussione che verrà svolta in Senato fa un paio di ore, visto che sono presenti il relatore e diversi parlamentari che hanno presentato emendamenti.
  C’è già stata un'ampia discussione in Commissione e oggi sono presenti numerosi parlamentari (cosa assolutamente positiva), vi chiederei di essere specifici nelle domande che rivolgerete, evitando di aprire una discussione che, ripeto, sarà svolta tra un'ora. Utilizziamo bene il nostro tempo, anche se, chiaramente, potete anche entrare nella situazione specifica.

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  PAOLA NUGNES. La ringrazio, ministro. Ha toccato molti punti a me cari, quindi il sollecito del presidente mi coglie particolarmente inadeguata. Sono contenta di sentire che il Governo è orientato a eliminare la non punibilità. Sono anche concorde con lei sul problema della confisca, ma non le ho sentito dire nulla sul sequestro preventivo perché sappiamo benissimo che uno dei problemi per la sicurezza del risarcimento del danno è quello di procedere in maniera preventiva, quindi prima ancora della confisca, al sequestro.
  Su questo c'era un mio emendamento. Non è questa la sede per discuterne, ma è un problema che ha sollevato lei, rispetto al quale condivido l'impostazione. Lo stesso vale per l'omessa bonifica, che è un tema grave che resta arginato nel decreto n. 152.
  Quello che mi lascia più perplessa è l'ipotesi di estinzione del reato, che presentava delle reali incongruenze procedurali, a cui spero che il Governo voglia porre rimedio nelle fasi procedurali, anche in questa sede. Mi auguro che verranno accettati degli emendamenti. Insomma, chi effettua le prescrizioni deve avere delle competenze, così come avviene per quanto riguarda la simmetrica condizione nella sicurezza sul lavoro.

  PRESIDENTE. Mi ha completamente ignorato.

  PAOLA NUGNES. La domanda principe, che riguarda anche il disegno di legge, è sul Corpo forestale dello Stato. Infatti, su questa questione, trovo una posizione non chiarissima da parte del Governo o almeno dei vari ministeri. Abbiamo un interessante emendamento del relatore sull'inserimento nell'unità nazionale di Europol del personale del Corpo forestale dello Stato, che dà struttura a un corpo specializzato in campo ambientale, fondamentale per quanto riguarda il controllo del territorio.
  Se lei fa riferimento alla necessità di specializzazione in campo giudiziario, su cui concordo, questo non può sottrarci dall'esigenza, che ci viene anche sollecitata dall'Europa, di avere anche un corpo investigativo e di controllo del territorio che sia estremamente specializzato. Quindi, perché non partire dal Corpo forestale dello Stato con un accorpamento verso il basso delle unità, se vogliamo creare un accorpamento che sia utile e sostanziale e non disperderlo in un corpo non specializzato ?
  Rispetto a questo, riaggancio al suo discorso che condivido in pieno. Oggigiorno, la specializzazione è l'unica cosa che ci può guidare e salvare in tutti i settori.
  Per quanto riguarda, invece, il decreto n. 136 (legge n. 6), non sono dello stesso suo avviso. Peraltro, la nuova relazione che era prevista nel decreto, sullo studio Sentieri dell'Istituto superiore di sanità, dà dati estremamente allarmanti sulla situazione campana. Inoltre, sappiamo che i risultati raggiunti sono minimi, anche per quanto riguarda il controllo dei roghi, perché è vero che li abbiamo dimezzati, ma stiamo sempre parlando di migliaia di roghi. Non è possibile che in due anni di commissariamento, con uno specifico commissario ai roghi, ci troviamo ancora con migliaia di roghi.
  Inoltre, per quanto riguarda i monitoraggi, siamo partiti con una parte estremamente residua del territorio campano, specificamente limitata ai suoli agricoli. D'altronde, anche per quanto riguarda quella parte non si è proceduto nei termini che si erano dati nello stesso decreto. Dei 31 comuni che si sono aggiunti ai 57, in nessuno è stata iniziata un'attività. Comunque, la relazione sulle risultanze che doveva essere fruibile dal 9 giugno 2014, non lo è ancora e questo chiaramente ci allarma.
  Vengo alla domanda, che riguarda le linee guida sulle acque perché sappiamo, anche per quanto ci ha detto il sostituto procuratore, dottoressa Capasso, che per le attività di risanamento delle falde fortemente contaminate non si è proceduto in nessun modo e non sono state ancora promulgate le linee guida per i livelli, che aspettiamo dal 2006.

  PRESIDENTE. Voglio precisare – poi il Ministro Orlando deciderà cosa dire – che Pag. 13le linee guida, come è noto, devono essere emanate e poi verificate da altri ministeri che avremo occasione di sentire. Vi pregherei, comunque, di essere più sintetici.

  LAURA PUPPATO. Sarò brevissima. Vorrei rivolgerle due domande, dopo averle espresso un ringraziamento per il grosso lavoro che ha fatto come Ministro dell'ambiente e che sta continuando come Ministro della giustizia.
  La prima domanda è su quanto ha appena precisato. Mi riferisco a questo ambito che abbiamo finalmente costituito e creato per i reati ambientali, che necessita di specializzazione. Potrebbe spiegare, se possibile, come intenderebbe procedere sul meccanismo che ha inteso costituire, ovvero sui tribunali per le imprese. Penso a quella specificità di attività in funzione di un certo quantitativo di reati che si rinvengono particolarmente in alcune zone, quindi, nel caso di reati ambientali, in particolare in quelle aree dove abbiamo la maggiore concentrazione di reati con questa fattispecie.
  La seconda domanda è che non abbiamo ancora determinato il che fare in termini di appalto, concorso appalto o comunque modello al quale vorremmo riferirci per il nuovo SISTRI. È una questione ancora in alto mare ? Ne state parlando con il Ministero dell'interno, con il Ministero dell'ambiente ? Non ne parla nessuno, quindi siamo mal messi ?
  Esiste una mia mozione sul tema, quindi credo varrebbe la pena che ci lavoraste insieme. Il mio era anche un invito, oltre a una richiesta di informazione perché il tempo stringe; giugno è vicino ed entro giugno dovremmo procedere.

  GIUSEPPE COMPAGNONE. L'argomento è già stato toccato, ma è prevedibile quando intervengono prima delle brave colleghe. Signor ministro, trovo intelligente prevedere una specializzazione del sistema giudiziario. Penso e spero che questo non significhi chiudere, per esempio, gli uffici giudiziari più piccoli, perché si può fare bene la specializzazione e può essere contemperata rispetto al fatto di mantenere delle piccole strutture periferiche. È un argomento di cui si può discutere, ma credo che non vada data per scontato la chiusura dei piccoli centri nelle zone periferiche, soprattutto dove si amministra la giustizia.
  Ritengo che questo sia utile anche nella fase inquirente, cioè che sia assolutamente importante che, una volta per tutte, si metta mano a una riforma e a una risistemazione della polizia inquirente perché la frammentazione degli organi di polizia che abbiamo in Italia pone diversi problemi, primo fra tutti un eccesso di spesa, che se portasse a una maggiore qualità potrebbe essere anche un fatto positivo, ma, invece, conduce, al contrario, a una cattiva efficienza del sistema.
  Come ha già accennato qualcuno, c’è un po’ di confusione tra i ruoli sia del Corpo forestale sia delle Capitanerie di porto e quant'altro. Peraltro, abbiamo già constatato alcuni meccanismi che non funzionano, per esempio, nella conoscenza dei database degli organi di polizia. Insomma, certamente la frammentazione non aiuta né l'efficienza né l'economia.

  DORINA BIANCHI. Ringrazio il ministro per la presenza in questa Commissione. Tra l'altro, l'abbiamo seguito anche in Commissione ambiente. Proprio in relazione all'ambiente, vorrei chiedere se possiamo sapere qualcosa di più sul decreto interministeriale sul tema della «Terra dei fuochi».
  Inoltre, sul danno ambientale, non ho seguito bene – probabilmente per una mia disattenzione – la questione della condanna di chi ripara. In sostanza, mi chiedo se decade completamente la condanna di chi ripara il danno ambientale.
  Nel lavoro che abbiamo fatto sia nella precedente Commissione d'inchiesta che nella presente legislatura emerge che non c’è dubbio che i reati di tipo ambientale siano legati, nelle regioni del sud, anche a fenomeni di criminalità organizzata. Il reato ambientale si verifica, però, spessissimo anche nelle regioni del nord, dove semmai non è legato a delle associazioni di tipo mafioso, bensì alla capacità dei singoli Pag. 14di accedere a delle abitudini e a delle usanze contro legge. Quindi, sui termini di prescrizione vorrei sapere qual è la vostra idea, tenuto conto che, al di là della confisca delle aziende, il problema sembra riguardare proprio i termini di prescrizione che sono troppo brevi rispetto a quanto ci sarebbe bisogno.

  FILIBERTO ZARATTI. Prendo atto e apprezzo la posizione del governo sulla vicenda del ravvedimento operoso per quanto riguarda la legge sui reati ambientali in discussione al Senato. Mi ha colpito quanto diceva il ministro rispetto al fatto che il giudizio penale è un bene finito e quindi va gestito con accuratezza. Su questo sono d'accordo, ma penso che proprio dal punto di vista dei reati ambientali dobbiamo avere un'attenzione maggiore. Mi pare, infatti, che dal punto di vista generale ed economico del Paese, questa fattispecie è in significativo aumento e coinvolge non soltanto interessi fondamentali dei cittadini, quali il diritto alla salute e all'ambiente, ma, in alcuni casi macroscopici come l'Ilva, anche interessi economici strategici nazionali.
  Allora, sotto questo aspetto, vorrei capire come pensate di dare una sorta di priorità, considerato che il giudizio penale è finito, rispetto a questo tipo di fattispecie che, invece, mi sembra sia un'emergenza in larga crescita nel Paese. Su questo, ho capito che si lavora per una significativa specializzazione, però essa, senza un'adeguata copertura finanziaria, corre il rischio di essere soltanto una mera dichiarazione di intenti, seppur condivisibile.
  Infine, penso che tutto ciò dovrebbe essere accompagnato da un grado di investimento significativo in termini di formazione, non soltanto dal punto di vista dell'autorità giudiziaria, ma di tutti coloro che accompagnano l'autorità giudiziaria, che forse è più direttamente di competenza del ministero.

  STEFANO VIGNAROLI. Cercherò di essere breve. Vorrei porle solo una domanda sulla riorganizzazione. Quello di cui all'articolo 260 costituisce l'unico delitto contemplato dal Testo unico ambientale. Gli altri, invece, sono a livello amministrativo e questo comporta una delle difficoltà che abbiamo avuto come Commissione, ovvero quella del rimpallo tra procura ordinaria e distrettuale. Vorrei, quindi, sapere qual è il suo punto di vista e come si può ottemperare questa esigenza, considerando che la procura ordinaria non ha gli strumenti adatti per contrastare questi reati.

  PRESIDENTE. Vorrei fare anch'io un paio di domande e dare qualche indicazione, anche in base al lavoro che abbiamo svolto, su cui lavorare ulteriormente.
  Innanzitutto, vorrei dire qualcosa sulla questione della specializzazione. Non vorrei che per specializzazione si intendesse una conoscenza specifica della materia ambientale in sé per sé, perché in realtà – come ha detto prima – questi sono quasi sempre reati spia. È vero che bisogna capire. Ne abbiamo avuto la dimostrazione audendo alcuni procuratori che non capiscono – giustamente – che cos’è il cromo esavalente rispetto al cromo totale, ma credo che questo sia un lavoro che deve essere fatto specificatamente dai periti, che spesso forse non sono all'altezza del compito che viene assegnato loro.
  Ecco, questa è la prima domanda. Possiamo pensare a un grado di qualificazione di questi periti ? Si parlava di albo. Non so, però, se è superato. Credo, infatti, che la specializzazione debba intendersi più nella metodologia di indagine. Ci siamo ormai accorti che non è mai il danno ambientale in sé. Come veniva ricordato da lei, ci sono anche situazioni che riguardano il danno ambientale, ma anche altre questioni che, invece, scoperchiano altre problematiche, quindi semmai la specializzazione deve consistere nel capire e nell'avere esperienza.
  Detto questo, come ricordava il collega Vignaroli, vorrei dire che abbiamo sentito diversi procuratori, soprattutto delle procure ordinarie, lamentarsi del fatto che iniziano le indagini con un articolo 259, quindi con la procura ordinaria, ma poi in corso d'opera si trasforma in un articolo Pag. 15260 e l'indagine se ne va, quindi talvolta si perde un grande lavoro della procura ordinaria.
  Abbiamo sentito anche il procuratore Roberti su questo, che mi sembrava molto rigido nel dire che è giusto che questi reati rimangano alla DDA. Ora, noi non abbiamo una preferenza che rimangano da una parte o dall'altra, ma per diversi procuratori che abbiamo sentito questo è sicuramente un problema che si può ovviare o agendo sull'elevazione dei delitti contravvenzionali a penali o, viceversa, cercando di trovare una forma di collaborazione, che in alcuni casi esiste, come ci è stato anche ricordato.
  L'altra questione collegata è che ormai diverse procure ci dicono che abbiamo fatto benissimo a prevedere l'allungamento delle prescrizioni per la fattispecie di reati, ma tutti i reati contravvenzionali, che sono tantissimi e che spesso sono sempre reati spia, hanno il problema della prescrizione. Avremo, infatti, sentito ormai 15-16 sostituti dire che non vale la pena profondere tutto lo sforzo se poi va tutto in prescrizione. Questi sono due temi che tengo a segnalarle perché nel nostro lavoro emergono quasi tutte le volte che sentiamo i sostituti delle procure interessate. Per il resto, faccio mie le domande che hanno fatto i colleghi.
  L'onorevole Zolezzi intende aggiungere una domanda, dopodiché darei la parola al ministro per la replica.

  ALBERTO ZOLEZZI. Ringrazio il Ministro Orlando. Vorrei chiedere se ritiene che potranno esserci ricadute sui processi in corso. Infatti, uno dei quesiti che ricorrono più spesso in questo periodo riguardano, appunto, i processi in corso per disastro ambientale, come quello sull'Ilva. Ecco, lei può escludere che ci potranno essere effetti favorevoli per i soggetti inquisiti.

  PRESIDENTE. La domanda è chiara. Una delle polemiche è stata relativa al se l'attuazione dell'attuale disegno di legge possa comportare una cancellazione delle procedure in essere, per quanto non abbiano mai portato dei risultati particolarmente interessanti e convincenti, dal momento che credo che nessuno di questi processi sia andato a pallino.
  Do ora la parola al ministro per la replica.

  ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. Se c’è confisca c’è sempre sequestro, quindi le due cose sono strettamente collegate. Non si passa alla confisca se prima non c’è stato un passaggio di sequestro. È evidente, quindi, che nel riferirmi alla confisca, mi riferivo anche alla confisca per sproporzione che ha come antecedente, appunto, il sequestro.
  Ad alcune domande non sono in grado e, oltretutto, non posso rispondere, nel senso che anticiperei dei dati e degli elementi che spettano ai miei colleghi, che credo abbiano non solo il diritto, ma anche il dovere di riferire a questa Commissione. Quindi, non vorrei creare incidenti di carattere diplomatico. Non credo che sia opportuno dire le poche cose che so perché – ripeto – non è opportuno che su queste riferisca io. Peraltro, i miei colleghi potranno farlo più specificamente. Mi riferisco soprattutto all'attività di carattere amministrativo connessa alle previsioni del decreto «Terra dei fuochi».
  Per quanto riguarda la specializzazione – mi sembra la questione su cui si è concentrata di più l'attenzione dei diversi commissari che sono intervenuti – c’è un presupposto fondamentale che è quello che ricordavo, ovvero quello delle dimensioni. Un tribunale piccolo o una procura piccola non sono in grado di produrre processi di specializzazione, soprattutto fino a quando ci sono state le sezioni distaccate. Questo, infatti, comporta una frammentazione della giurisdizione che non consente quell'attività di pool, che non a caso si sono realizzate con efficacia soltanto nelle grandi realtà. Questo è un dato.
  D'altra parte, questo rischia di scoprire aree del territorio. Il rischio c’è, ma dobbiamo mettere sui piatti della bilancia se è meglio avere un tribunale vicino, che, però, non è detto che sappia di che cosa sta parlando o uno più lontano che, invece, Pag. 16è in grado di affrontare la materia, avendo svolto un'attività organizzativa che è il presupposto per un'attività di specializzazione.
  Quali sono i processi che inducono alla specializzazione ? Sicuramente, in primo luogo, quello della formazione. Da questo punto di vista, il tema delle risorse non riguarda quest'ambito perché i Governi – questo è anche frutto di Governi precedenti e di legislature precedenti – hanno costituito la scuola di formazione dei magistrati che sta dando dei buoni risultati. Tra l'altro, questa è un'occasione di incrocio di esperienze, competenze e approfondimenti multidisciplinari. In questo senso, devo dire che ci sono già corsi che attengono a questa materia e, comunque, penso ci sia l'esigenza di rafforzare ulteriormente questo tipo di attività soprattutto dal punto di vista didattico.
  Peraltro, abbiamo proposto questa attività come tema di riflessione nel semestre di presidenza italiana anche in ambito europeo. C’è, difatti, una questione fondamentale della formazione in comune di magistrati a livello europeo che diventa assolutamente essenziale, tanto più se guardiamo a materie nelle quali l'aspetto delle truffe e dei raggiri transfrontalieri di varia natura diventano determinanti.
  Ormai, la materia ambientale è ampiamente sovranazionale non solo perché gli effetti spesso si producono su una dimensione che esula dal territorio nazionale, ma perché, per esempio, il traffico dei rifiuti è una classica attività che si genera in una dimensione sovranazionale.
  Quindi, questo è il tipo di lavoro che stiamo facendo. Abbiamo proposto, a livello europeo, una vera e propria struttura per la formazione permanente dei magistrati. Devo dire che, come su tutto ciò che va nella direzione di una strutturazione a livello sovranazionale, ci sono state fortissime resistenze perché molti Paesi hanno una tendenza a mantenere tutto nella dimensione nazionale. Tuttavia, il nostro Paese ha svolto una funzione importante, che è stata riconosciuta anche dalla Commissione europea.
  Quando dico specializzazione, naturalmente, non mi riferisco a tribunali speciali, che peraltro sono impediti dalla nostra Costituzione. Mi riferisco soprattutto a una specializzazione di carattere inquirente, che per quanto riguarda l'ambito del contrasto al crimine ambientale è fondamentale. In particolare, mi riferisco soprattutto alla dimensione delle Corti d'appello, dove si realizza un'attività che consente quantitativamente di sviluppare dei filoni, ovvero un'attività su cui la giurisdizione si può articolare. Non prevediamo, ovviamente, delle sezioni distaccate di carattere ambientale.
  Da questo punto di vista, sono previsti degli albi nei tribunali che possono essere ulteriormente precisati. Non escludo che questo possa essere un intervento che vada in questa direzione per quanto attiene all'acquisizione delle competenze. È, però, fondamentale non tanto che il magistrato abbia una specifica competenza chimica, fisica o biologica, ma che abbia una visione del sistema e della dinamica tale da sapere anche dove attingere le competenze in riferimento al fenomeno. Infatti, spesso – torno alla dimensione periferica e remota – se non c’è questa visione di insieme, si chiama quello che si conosce con il quale, magari, c’è un rapporto di carattere fiduciario.
  Il problema, però, è che se ne conoscono troppo pochi perché non ci si è mai occupati di quella materia, la si impatta per la prima volta, con l'esigenza di trovare immediatamente delle competenze, quindi ci si rivolge al professionista nei confronti del quale si ha fiducia, ritenendo che abbia i requisiti di moralità indiscutibili, ma non è detto che sia quello che ne capisce di più sulla piazza. Quindi, è molto importante che ci siano magistrati che si occupano in modo costante e per un periodo prolungato di quella materia perché questo consente loro di costruirsi una visione dell'offerta di competenze che consente di affrontare questo tema.
  Che cosa succede sulla base degli interventi normativi in approvazione sulla questione della prescrizione ? Innanzitutto, il problema è risolto in modo significativo Pag. 17a livello sostanziale perché, introducendo delle figure di delitto di grande rilevanza, si supera un problema che era generato dal fatto che attualmente i reati erano tutti di carattere contravvenzionale, quindi si prescrivevano in un termine più breve.
  Noi abbiamo dato una valutazione negativa sull'ipotesi del ravvedimento operoso per quanto attiene i delitti, anche quelli di carattere colposo perché riteniamo che ci sia una condotta che porta alla definizione della colpa che deve essere di carattere omissivo o di un'errata e inadeguata organizzazione della propria attività e che, quindi, deve essere sanzionata, anche se non c’è un dolo.
  La stessa cosa, però, non vale nell'ambito delle contravvenzioni. Infatti, abbiamo fatto un ragionamento molto semplice: le cose gravi devono diventare delitti; le cose che non sono gravi e rimangono contravvenzioni possono anche essere sanzionate ragionevolmente, se c’è una volontaria di collaborare, anche per via amministrativa.
  Questo è il punto fondamentale. Spesso, infatti, si usa la contravvenzione perché si ha una sostanziale sfiducia nel sistema delle sanzioni amministrative, cioè si prevede il reato perché si ritiene che alla fine la sanzione amministrativa non funziona. Invece, noi dobbiamo lavorare per far funzionare le sanzioni amministrative perché sovraccaricare il processo penale di violazioni di carattere meramente formale che non provocano un danno (o comunque non un danno rilevante) fa sì che si ingolfi il processo penale e che, paradossalmente, nella migliore delle ipotesi in cui si va effettivamente a sentenza, viene comminata una sanzione di carattere pecuniario che è esattamente la stessa che si sarebbe realizzata se si fosse subito percorsa la strada della sanzione amministrativa.
  Dunque, concentriamoci – credo che questa sia la sfida che hanno di fronte il Parlamento e il Governo – su come costruire un sistema sanzionatorio che funzioni sul fronte amministrativo. La Germania ha ampiamente adottato questo sistema, anche se non è un Paese caratterizzato da lassismo e dal mancato rispetto delle regole perché ci sono sanzioni amministrative che arrivano molto presto e che sono molto efficaci, quindi da richiamare.
  Ugualmente, credo che anche nella scelta delle sanzioni sia molto importante che si introducano delle sanzioni che non necessariamente siano quelle della reclusione. Ci sono sanzioni di carattere interdittivo, che, dal punto di vista della tutela e anche dell'afflizione nei confronti di chi è stato condannato, sono molto più efficaci. Infatti, spesso si prende una pena detentiva, che poi con la condizionale non si sconta o si sconta solo in parte, dopodiché si esce e si torna a fare esattamente l'attività che si svolgeva precedentemente. Invece, più interessante per la comunità è che la persona in questione sia messa nelle condizioni di non svolgere più quell'attività, cosa che per lui è una sanzione assai più grave perché quella è spesso la sua fonte principale di reddito. Ecco, credo che questo sia un elemento che funziona meglio e con più efficacia.
  Sempre più spesso ravvisiamo che questi tipi di attività di carattere illecito si svolgono all'interno di reti che ormai hanno i crismi della criminalità organizzata, anche se non sono filiazioni di organizzazioni criminali tradizionali. Quindi, la distrettualizzazione è nei fatti, nel senso che sempre più spesso si tratta di attività che si realizzano su vasta scala, con organizzazioni strutturate. Per questo, sono riconducibili alle fattispecie legate alla criminalità organizzata. Non esiste, a mio avviso, un'indicazione ottimale perché corriamo due rischi diversi: o di spostare verso il basso delle fattispecie di reato che hanno l'esigenza di un punto di vista di carattere complessivo, per cui non si capisce dalla singola procura se effettivamente quel reato si inserisce nell'ambito di un'attività di carattere criminale su più ampia scala, oppure di sovraccaricare le distrettuali di reati che sono sì connessi, ma che non necessariamente lo sono. Pertanto, rischiamo di far saltare uno dei punti di eccellenza del nostro sistema.Pag. 18
  In questo caso, l'unica soluzione non può che essere nella cooperazione, cioè bisogna che procure distrettuali e procure di tribunale si parlino. Non c’è un'altra via perché o spostiamo verso l'alto e facciamo saltare la distrettuale o spostiamo verso il basso e rischiamo di mettere una materia in mano a persone che non avendo quel punto di vista generale – non le competenze – non sono in grado di inquadrare adeguatamente la questione. Quindi, l'unico modo è fare quello che si sta facendo. Siccome si sta facendo, credo che si possa dire che si può fare. Si tratta, pertanto, di avere un costante rapporto a livello di distretto tra le diverse strutture e tra i diversi uffici.

  PAOLA NUGNES. Le ricordo la domanda sul Corpo forestale.

  ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. Su questo esprimo le mie valutazioni che riguardano l'accorpamento dei corpi di polizia, che peraltro ho manifestato in più occasioni. Tuttavia, penso che non possiamo far dipendere il tema della specializzazione da quello dell'accorpamento. C’è, infatti, una certa autonomia tra questi due temi, dal momento che possiamo pensare – come è stato ipotizzato – a una polizia unica che metta insieme anche le funzioni della Guardia forestale e non perda la sua specificità.
  Vorrei ricordare, peraltro, che i Carabinieri hanno un corpo specializzato al loro interno che ha una propria specifica competenza, così come le Capitanerie hanno un corpo che si occupa di questioni più specificamente ambientali. In sostanza, dunque, l'accorpamento non comprime necessariamente la possibilità di specializzazione. Semmai, ho delle riserve che, però, attengono a un altro ordine di fattori che non è quello del rischio di compromettere la specializzazione.
  Il tema che ci dovremmo porre è come si riconduce a uno l'insieme delle attività che attualmente attengono la stessa materia e sono spezzettate tra diverse forza di polizia. Questo è un problema. Di ambiente si occupano i Carabinieri, il Corpo forestale, la Polizia provinciale e così via. Si pone, quindi, il tema – la questione riguarda prevalentemente i miei colleghi della difesa e dell'interno – di come coordinare o ricondurre a un'unica struttura queste attività fortemente specializzate, che oggi sono divise in ambiti diversi.

  PAOLA NUGNES. Sicuramente ho fatto un errore nella domanda quando le ho chiesto della confisca. L'ho capito dalla sua risposta perché lei è entrato talmente nello specifico del provvedimento che ho fatto riferimento all'emendamento senza specificarlo. È chiaro, infatti, che non c’è confisca senza sequestro, ma noi ci riferivamo al sequestrato conservativo e preventivo anche per equivalente, che era quello che volevamo mettere sul piatto.

  PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Orlando del contributo, informandolo che stiamo organizzando un seminario sui delitti contro l'ambiente, quindi lo pregherei di tenersi libero lunedì 23 marzo. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.35.