XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 76 di Mercoledì 14 gennaio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione del Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Piepoli Gaetano (PI-CD)  ... 14 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 15 
Lumia Giuseppe  ... 16 
Buemi Enrico  ... 16 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Mineo Corradino  ... 17 
Piccolo Salvatore (PD)  ... 17 
Bulgarelli Elisa  ... 17 
Mirabelli Franco  ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 21 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 21 
Bindi Rosy , Presidente ... 21 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 21 
Bindi Rosy , Presidente ... 21 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 21 
Bindi Rosy , Presidente ... 21 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 21 
Bindi Rosy , Presidente ... 21 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 21 
Mineo Corradino  ... 22 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 22 
Bindi Rosy , Presidente ... 23 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 23 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 23 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 23 
Bianco Magda , capo servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio ... 24 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 24 
Bianco Magda , capo servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio ... 24 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 24 
Bindi Rosy , Presidente ... 25 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 25 
Bindi Rosy , Presidente ... 25 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 25 
Bindi Rosy , Presidente ... 25 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 26 
Bindi Rosy , Presidente ... 26 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 26 
Bindi Rosy , Presidente ... 26 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 26 
Bindi Rosy , Presidente ... 26 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 26 
Buemi Enrico  ... 26 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 26 
Bindi Rosy , Presidente ... 26 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 26 
Mineo Corradino  ... 26 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 27 
Bindi Rosy , Presidente ... 27 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 27 
Bindi Rosy , Presidente ... 27 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 27 
Buemi Enrico  ... 27 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 27 
Buemi Enrico  ... 27 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 27 
Bindi Rosy , Presidente ... 27 
Bulgarelli Elisa  ... 28 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 28 
Bindi Rosy , Presidente ... 28 
Visco Ignazio , Governatore della Banca d'Italia ... 28 
Bindi Rosy , Presidente ... 28

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Governatore della Banca d'Italia, dottor Ignazio Visco.
  L'audizione odierna rientra nei filoni di inchiesta indicati dalla legge istitutiva, aventi ad oggetto la verifica dell'impatto negativo sotto i profili economico e sociale delle attività delle associazioni mafiose o similari sul sistema produttivo, con particolare riguardo all'alterazione dei principi di libertà dell'iniziativa privata, di libera concorrenza del mercato, di libertà di accesso al sistema creditizio e finanziario, nonché la verifica della congruità della normativa vigente per la prevenzione e il contrasto delle varie forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, del riciclaggio e dell'impiego di beni, denaro o altra utilità che rappresentino il provento delle attività della criminalità organizzata mafiosa o similare.
  La Commissione antimafia sin dall'inizio dei lavori ha infatti individuato tali argomenti come assolutamente prioritari nell'ambito della propria attività in questa legislatura come nelle precedenti, ed è dunque di particolare interesse ascoltare il Governatore della Banca d'Italia, così come è avvenuto in precedenti occasioni.
  Il Governatore Draghi è stato ascoltato in Commissione antimafia sia durante la XVI sia durante la XV legislatura, rispettivamente nel 2009 e nel 2007, e prima ancora il Governatore Fazio era stato audito durante la XIII legislatura nel 1997. Nell'ambito di una consolidata e proficua collaborazione istituzionale instaurata ormai da tempo con varie forme tra la Commissione e la Banca d'Italia, in questa legislatura abbiamo anche tra noi un consulente nominato dal Governatore Visco.
  Ricordo inoltre che lo scorso 11 giugno 2014 è già stata svolta l'audizione del direttore dell'unità di informazione finanziaria (UIF) della Banca d'Italia, Claudio Clemente. Ringrazio per la sua presenza il Governatore, il quale è accompagnato dal capo del servizio segreteria particolare del Direttorio, dottor Gian Luca Trequattrini, e dal capo del servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio, dottoressa Magda Bianco.
  Cedo volentieri la parola al dottor Visco, che ringrazio per la sua presenza e per avere sempre dedicato nelle sue relazioni una particolare attenzione al tema sul quale si svolgerà anche l'audizione di oggi.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Grazie signor presidente, onorevoli senatori e deputati. Innanzitutto ringrazio la Commissione per questa audizione che mi dà modo di illustrare Pag. 4l'attività che la banca svolge in materia di contrasto alla criminalità economica e riciclaggio.
  In questo intervento, che è diviso in due parti, vorrei rapidamente discutere del peso economico della criminalità in campo economico-finanziario. Mi baserò su alcune analisi condotte nel Dipartimento Economico e Statistica (che un tempo si chiamava servizio studi) della Banca d'Italia, e in secondo luogo parlerò dei compiti istituzionali della banca in materia di contrasto alla criminalità e in particolare al riciclaggio.
  Ho tenuto un intervento in un convegno sull'economia criminale a Milano alla fine dell'anno scorso e ciò che dirò si basa anche sulle cose che allora ho discusso.
  La prima domanda che ci si pone è quanto conta l'economia criminale. Sembra una domanda alla quale si può dare una risposta facile, ma in realtà la risposta è molto complicata perché anzitutto non vi sono definizioni univoche di economia illegale o di economia criminale (le due cose sono diverse). Per l'Istat sono illegali sia l'attività di produzione di beni e servizi la cui vendita, distribuzione o possesso sono proibiti dalla legge, sia quelle attività che, pur essendo legali, sono svolte da operatori non autorizzati.
  L'economia criminale in senso stretto è quella che offre beni e servizi illegali e dispone di un'organizzazione stabile con proprie risorse, opera solo con regole interne, le quali sono spesso basate sulla costrizione e sulla violenza (voi lo sapete meglio di me ovviamente), ma con obiettivi legati al profitto non dissimili dalle imprese lecite.
  La natura dei fenomeni, che sono sommersi per definizione, rende complessa qualunque misurazione oggettiva, quindi si possono forse ritenere più significative (molti le ritengono) le stime relative agli effetti sul sistema, in particolare sull'economia, rispetto a quelle sugli ammontari che sono movimentati dall'economia criminale.
  L'indotto e le conseguenze dell'azione criminale sono rilevanti, per esempio l'economia criminale può impedire la nascita di buone imprese in certi settori e quindi la crescita dell'attività economica laddove sarebbe necessaria. Pensate al Mezzogiorno d'Italia: buona parte degli studi che facciamo cercano di quantificare cosa sarebbe potuto succedere se non ci fosse stato un impedimento di questa natura.
  Queste misure oggettive sono di varia natura, possono riferirsi alla diffusione, al valore delle attività, al rischio di infiltrazione nell'economia legale, ma tutte soffrono di debolezze metodologiche e consentono di elaborare confronti internazionali solo in maniera contenuta. Anche con questi limiti concorrono però a evidenziare la rilevanza della criminalità economica nel nostro Paese.
  Ci sono due classi di indicatori potenzialmente utilizzabili con riferimento alla diffusione del sistema criminale e queste fanno riferimento a dati oggettivi quali il numero di crimini commessi (pensate a quelli forniti dagli archivi giudiziari o delle forze dell'ordine) o a dati qualitativi sulla percezione dei fenomeni di criminalità e di corruzione.
  I primi sono difficilmente utilizzabili in confronti internazionali, perché la disponibilità di questi dati è limitata e la differente definizione dei reati è ampia. Soffrono anche un rischio di sottostima: se uno andasse a guardare i dati del Ministero dell'interno nel 2011, vedrebbe che sono stati commessi cinque crimini contro la pubblica amministrazione e uno di associazione a delinquere di tipo mafioso per 100.000 abitanti, che è chiaramente una sottostima ! I tipi di crimini sono non solamente il peculato e la concussione, ma anche l'abuso d'ufficio e la corruzione.
  I secondi, quelli sulla percezione del fenomeno, consentono confronti anche internazionali, ma hanno anch'essi limiti metodologici quando sono utilizzati per misurare la diffusione dei fenomeni di criminalità economica. Sono importanti per valutare l'impatto dei fenomeni criminali sui comportamenti a valle.
  Sulla base di indicatori di percezione e di esperienza diretta in attività di corruzione, quindi effettivamente criminali, il Pag. 5rapporto della Commissione europea sulla corruzione evidenzia per l'Italia la percezione diffusa di importanza del fenomeno. Oltre il 95 per cento degli intervistati al riguardo ritiene il fenomeno importante in Italia, ed è un valore simile a quello della Grecia; Grecia e Italia hanno i valori più alti in Europa.
  Se però uno va a chiedere a una persona se abbia un'esperienza diretta, solo il 9 per cento degli intervistati dichiara di aver avuto a che fare con questi fenomeni e la media europea è 12, quindi straordinariamente da noi c’è meno esperienza diretta di questo. È bassa anche la risposta che riguarda l'esperienza di richieste dirette di tangenti. Nella media europea sono il 4 per cento, in Italia il 2.
  Gli indicatori di tipo soggettivo sono per loro natura influenzati dalle caratteristiche socio-demografiche degli intervistati e da altri fattori di contesto. Noi abbiamo un'indagine sui bilanci delle famiglie, indagine a cui l'anno scorso abbiamo aggiunto alcune domande e da cui emerge che a ritenere la corruzione maggiormente diffusa sono i meno istruiti (fino alla licenza media) e i non occupati, in particolare i disoccupati e i pensionati, e che le risposte fornite dagli intervistati sono notevolmente influenzate dai media e dalle notizie che questi riportano il giorno prima dell'intervista.
  Altri indicatori cercano di quantificare il valore diretto dei mercati illegali. Vi sono in questo caso problemi di definizione ancora più rilevanti. Le stime principali di cui disponiamo oggi sono quelle rilasciate dall'Istat. Voi sapete che l'Istat ha rivisto (non d'iniziativa, perché è stata una decisione in sede Eurostat) le stime dell'economia illegale per inserirle nel prodotto interno lordo.
  Questa è una componente particolare dell'economia illegale, cioè il commercio effettivo di sostanze stupefacenti, di attività di contrabbando di alcol e tabacchi lavorati, anche se in realtà ormai i tabacchi lavorati sono quasi spariti. Nel 2011 il peso di questo sarebbe stato complessivamente pari allo 0,9 per cento del PIL, un valore simile a quello della Spagna, lievemente superiore a quello del Regno Unito.
  Ci sono indagini ad hoc fatte ad esempio dall'associazione Transcrime nell'ambito di un progetto internazionale finanziato dalla Commissione europea. Questo progetto prende in considerazione i proventi diretti di mercato della droga, traffico di armi, traffico in prodotti del tabacco, che si valutano in circa 110 miliardi in tutta Europa e 16 circa in Italia (l'1 per cento del PIL), come in Spagna e Irlanda, meno che in Grecia.
  Si possono fare anche altre stime sulla base della quantità di moneta in circolazione. Un lavoro recente fatto in Banca d'Italia evidenzia che l'economia illegale, in base a quello che ci aspetteremmo sulla velocità di circolazione della moneta, nel quadriennio 2005-2008 potrebbe pesare per oltre il 10 per cento del PIL, quindi ci sono queste discrepanze. Nell'economia illegale ci sono ovviamente tante illegalità, dall'evasione fiscale al commercio di sostanze stupefacenti.
  Ulteriori strumenti di valutazione provengono dagli indicatori di rischio di riciclaggio. Voi sapete che FATF o GAFI (a seconda dell'inglese o francese della sigla) ha una raccomandazione che prevede che al fine di elaborare linee di intervento per la mitigazione del rischio di riciclaggio i Paesi che ad esso aderiscono debbano predisporre delle analisi nazionali dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.
  Queste analisi sono volte a misurare la possibile esposizione dei diversi Paesi a tali rischi, e in questo si tiene conto da un lato degli indicatori di criminalità, dall'altro dei presìdi che il sistema ha predisposto per contrastare questi rischi.
Abbiamo realizzato una prima analisi nel 2014, in previsione della visita adesso in corso del Fondo monetario internazionale per il Financial Sector Assessment Program in materia di antiriciclaggio e antiterrorismo. Questa analisi evidenzia per il caso italiano rischi di riciclaggio elevati per la presenza significativa di criminalità, corruzione, evasione.Pag. 6
  Evidenzia anche però l'esistenza di presìdi robusti con riferimento agli intermediari finanziari, anche se vi è una vulnerabilità elevata per alcune tipologie di fiduciarie e per gli istituti di pagamento di moneta elettronica anche comunitari, specie in presenza di una rete di agenti. Questa è un'attività che consentirà, avendo analisi per tanti Paesi, di effettuare dei confronti internazionali.
  Un altro approccio per misurare il fenomeno è quello che cerca di identificare gli effetti dell'economia criminale sul funzionamento del sistema economico. L'impatto economico più significativo della criminalità non consiste tanto nel valore di quanto è prodotto attraverso l'attività criminale, ma, con effetti di ben più lungo periodo, nel valore di quanto non viene prodotto a causa delle distorsioni generate dalla diffusione della criminalità.
  Le analisi disponibili quantificano l'impatto aggregato sulla crescita del prodotto. Riassumo un po’ di lavori, alcuni sono stati da me già illustrati in questo intervento, sono stati anche oggetto di critiche feroci da parte di esponenti di regioni prese a esempio.
  Il punto non è che uno vuole dire che in quella regione c’è un fenomeno mafioso oppure che una regione non cresce, non contribuisce al benessere, ma che se non ci fosse stato un certo tipo di freno quella regione avrebbe potuto avere un'espansione in più rispetto a quella che effettivamente ha avuto.
  Sono fatti sulla base di indagini statistiche ed econometriche, quindi valgono nell'aggregato, non vanno prese per evidenziare l'impatto diretto e tutti i canali, però, danno un'idea di massima molto importante per capire se stiamo parlando di 1-2 o di 10-20 per cento. Questo è l'ordine di grandezza e credo che sia importante.
  Una prima analisi effettuata per questa Commissione nella precedente legislatura ha stimato che l'insediamento della criminalità organizzata in Puglia e Basilicata, che non sono a forte presenza mafiosa, nei primi anni ’70 abbia generato in queste regioni nell'arco di un trentennio una perdita di prodotto di circa il 16 per cento, un sesto, rispetto a uno scenario controfattuale se non ci fosse stato questo insediamento.
  Con una metodologia simile si sono confrontati gli andamenti in Friuli Venezia Giulia e Irpinia dopo i terremoti del 1976 e del 1980, che hanno avuto un forte afflusso di fondi pubblici. Sappiamo che se uno passeggia per il Friuli è tutto a posto, mentre in Irpinia non hanno ancora ricostruito. Questa è un'evidenza diretta, però una stima statistica mostra che nei trent'anni successivi in Friuli Venezia Giulia, dove la criminalità organizzata non era presente, la crescita del PIL pro capite è stata superiore di circa 20 punti percentuali a quella osservata in una regione di tipo controfattuale, mentre in Irpinia, dove la criminalità organizzata era fortemente radicata, la crescita del PIL pro capite è stata inferiore di 12 punti.
  Questo serve a giustificare il fatto che ci si occupi di queste cose e quindi che si mettano in moto misure sia sul sistema finanziario sia sul sistema fiscale sia sul sistema di contrasto delle forze dell'ordine e legislativo in generale. Per questo uno fa questi studi, ma chiaramente non è che da questi derivi direttamente cosa si può fare: questo è molto complicato.
  Da due anni la Banca d'Italia ha anche la responsabilità di fare da supervisore al sistema delle assicurazioni, e siamo andati a vedere a fondo che tipo di problemi ci sono. Pensate ai vari tipi di assicurazioni, dei quali l'RC auto è quella più famosa.
  Nel mercato assicurativo la presenza della criminalità impone un costo diretto a imprese e cittadini. Non soltanto in alcuni casi non c’è proprio un'assicurazione sottoscritta in modo legale (vi sono falsificazioni e un grande insieme di dati che fanno pensare a chi gestisce questo sistema), ma i dati dell'IVASS mostrano che nel 2013 i premi più elevati sono stati pagati in Campania, Puglia e Calabria, cioè regioni a forte densità criminale.
  La criminalità ha poi un effetto negativo sugli investimenti in generale e quelli diretti dall'estero in particolare, spesso si dice che in Italia si fa il cherry picking, Pag. 7cioè vengono a prendere le buone imprese italiane e se le portano via. In realtà pochi soldi entrano in Italia, che è il Paese in Europa che ha meno investimenti diretti, cioè non ci sono capitali che vengono dall'estero per essere investiti nel nostro Paese, comprano titoli di Stato ma non investono in impianti e macchinari.
  La stranezza è che uno dei Paesi dove è più forte l'investimento diretto è la Francia, che è un Paese che uno immagina molto nazionalista e molto chiuso, mentre invece è un Paese molto aperto, dove i soldi entrano ed escono.
  Guardando l'indicatore doing business, indicatore fatto dalla Banca mondiale che dà una sintesi della qualità dell'ambiente situazionale, e considerando il grado di penetrazione criminale sul territorio, è stato stimato che, a parità di altre condizioni, se le istituzioni italiane fossero state qualitativamente simili a quelle dell'area dell'euro, fra il 2006 e il 2012 i flussi di investimento esteri in Italia sarebbero stati superiori del 15 per cento, cioè quasi 16 miliardi, agli investimenti diretti effettivamente attratti nel periodo.
  In sintesi, quindi, le analisi concordano nel rilevare che gli effetti negativi sulle principali variabili che influenzano la crescita del nostro Paese e di una nazione in generale sono molto significativi.
  Qual è il ruolo diretto della Banca d'Italia, a parte questo, di fare analisi importanti ? Anche perché in Italia non ce ne sono molte, sono spesso citate ma in mancanza di altro. Forse bisognerebbe stimolare anche a livello accademico maggiore attenzione.
  Qual è in questo il ruolo della Banca d'Italia e dell'Unità di informazione finanziaria, che vanno viste insieme ? Un efficace contrasto alla criminalità richiede di agire su quelle che sono le radici del fenomeno della criminalità finanziaria ed economica e sugli incentivi dei soggetti coinvolti.
  Per reagire contro questi bisogna agire sia sul contesto istituzionale, avverso all'insediamento della criminalità nel territorio, sia con un contrasto pronto, efficace, in grado di combinare i due elementi, quello preventivo e quello repressivo.
  Credo però che sia molto importante aggredire direttamente il provento economico di questa attività, perché si possono usare strumenti coercitivi, ma queste sono attività che hanno un profitto, quindi il punto di fondo è eliminare il profitto.
  Noi però facciamo soprattutto la parte preventiva. Oltre a realizzare presso il servizio studi analisi quali quelle che ho citato sull'impatto che la criminalità e la corruzione hanno sul sistema finanziario ed economico, svolgiamo un'attività direttamente volta a garantire il rispetto della legalità e contrastare la penetrazione criminale nell'economia legale attraverso la vigilanza sull'attività bancaria e finanziaria in generale, specificamente attraverso l'Unità di informazione finanziaria e il lavoro che essa svolge con la vigilanza in materia di antiriciclaggio.
  L'attività di vigilanza della Banca d'Italia (la regolamentazione e l'acquisizione di informazioni, l'analisi cartolare, le ispezioni, la gestione delle crisi aziendali e le sanzioni) è finalizzata a un obiettivo che ormai tutti conoscono, che è quello di garantire e assicurare la sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, l'efficienza, la stabilità complessiva, la competitività del sistema finanziario, l'osservanza delle disposizioni in materia creditizia. Tutti questi termini alla fine si riassumono nella sana e prudente gestione.
  Il rispetto della legalità nell'attività finanziaria è un presupposto fondamentale di questa gestione finanziaria, e a loro volta gli intermediari sani e prudenti costituiscono la barriera contro l'organizzazione criminale e l'economia illegale.
  L'adozione di comportamenti coerenti con il rispetto della legalità è un elemento fondamentale nella valutazione di vigilanza degli intermediari. C’è una normativa di vigilanza che è in linea con quella dei principali Paesi europei a livello internazionale, che prevede specifici strumenti a presidio del rispetto della legalità da parte degli intermediari finanziari.
  Questa è abbastanza recente ed è un'attività che abbiamo cominciato a verificare Pag. 8in tutte le ispezioni che facciamo da sei-sette anni, però porta a verificare non solo che sia istituita presso ognuno di questi intermediari una funzione di compliance per prevenire il rischio di incorrere in violazioni di regole, ma anche a promuovere una cultura aziendale improntata a princìpi di integrità, correttezza e rispetto non solo formale delle norme.
  I sistemi bancari sono molto complessi, noi abbiamo un sistema bancario abbastanza elementare rispetto ai grandi sistemi anglosassoni, si parla molto di questi tempi del conduct risk, cioè del rischio di comportamenti che violino le leggi, alcune in modo fondamentale.
  Questo conduct risk ha messo in difficoltà grandi banche internazionali come JP Morgan, e tutta la parte dei subprime, del finanziamento o della violazione di regole contro il terrorismo (pensate a BNP Paribas) e ha portato a sanzioni straordinarie a livello internazionale.
  Da noi non esiste questa dimensione e questi fenomeni non hanno a che fare con una condizione di criminalità diffusa o di piccola criminalità (relativamente piccola) quale quella che spesso vediamo nel nostro Paese, quindi è qualcosa di diverso.
  Quando andiamo a vedere la compliance nelle banche, vediamo che ci sono dei meccanismi di salvaguardia che vanno a verificare i crediti concessi, i beneficiari, il rispetto delle norme di vario tipo, contro l'evasione fiscale ma anche tutte le norme introdotte nei confronti dei comportamenti mafiosi.
  L'insieme del complesso Banca d'Italia e UIF è parte di un sistema nazionale prevenzione riciclaggio, che vede le autorità nazionali collaborare sotto l'egida del Comitato di sicurezza finanziaria per prevenire e individuare infiltrazioni nell'economia legale di proventi della criminalità.
  In questo ambito, Vigilanza della Banca d'Italia e UIF hanno ruoli complementari nell'assicurare presìdi efficaci contro il riciclaggio, che transita attraverso il sistema finanziario e attraverso altri operatori.
  La UIF è stata istituita a fine 2007 presso la Banca d'Italia, è integrata nella Banca d'Italia, il direttore della UIF è nominato dal direttorio della banca su mia proposta, il regolamento è steso dal direttorio della Banca d'Italia, i dipendenti sono dipendenti della Banca d'Italia, come anche le risorse e la componente informatica. Hanno però un'autonomia importante: non riferiscono a me delle questioni che vengono rilevate, ma direttamente alla magistratura e agli organi preposti a combattere questi comportamenti. Molte delle cose che leggete sui giornali passano da lì.
  La UIF, che ha iniziato a operare nel 2008, è subentrata all'Ufficio italiano dei cambi, che, oltre a gestire le risorse del Paese, svolgeva sostanzialmente una funzione di registro di una serie di intermediari e di analisi diretta di alcuni comportamenti. Questa è invece un'analisi mirata, che rende la UIF l'autorità centrale nell'antiriciclaggio, e inserirla nell'ambito della Banca d'Italia è una soluzione organizzativa coerente con gli standard internazionali.
  Questi individuano quali caratteristiche essenziali, delle cosiddette Financial Intelligence Units, l'autonomia operativa e gestionale, (quindi in questo senso è inserita ma autonoma anche dal lato gestionale, ma le risorse sono chiaramente date da noi), l'unicità a livello nazionale, (quindi non ci sono altre unità di questo tipo), e una specializzazione nelle funzioni di analisi finanziaria e di capacità di scambiare informazioni in modo diretto e autonomo.
  La UIF riceve segnalazioni delle operazioni sospette da intermediari finanziari, professionisti e altri operatori non finanziari e ne effettua l'analisi per l'individuazione di ipotesi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo.
  Riferisco alcune informazioni relative all'operatività della UIF, ma ne avete appresa la maggior parte nell'incontro che avete avuto con il direttore della UIF, il dottor Clemente, la scorsa estate. Dalla costituzione della UIF ad oggi sono pervenute all'unità oltre 325.000 segnalazioni, con una forte e costante crescita nel tempo: 12.500 nel 2007 fino a più di 70.000 nel 2014.Pag. 9
  Un novero crescente di operatori appare mostrare consapevolezza dell'importanza dei presìdi di prevenzione del riciclaggio. L'approfondimento delle segnalazioni è finalizzato a stimarne gli effettivi profili di rischio, coglierne collegamenti soggettivi e oggettivi di rilievo, tracciare i flussi finanziari anche oltre i confini nazionali, ricostruire le modalità di realizzazione del riciclaggio.
  Sempre più intense e articolate sono le forme di collaborazione tra UIF e magistratura. Per questo dicevo che, per quanto ci siano protocolli tra la UIF e la Vigilanza, siano in corso collaborazioni tra la UIF e l'area di circolazione monetaria e tra la UIF e l'area di ricerca, è sempre cruciale il rapporto con la magistratura.
  L'azione della magistratura viene agevolata anche dagli scambi informativi che la UIF intrattiene con le altre Financial Intelligence Units per la ricerca e in taluni casi il blocco di fondi di provenienza illecita.
  Nel corso del 2014 la UIF ha sottoscritto un protocollo d'intesa con l'Autorità nazionale anticorruzione, così da porre le basi per contrastare meglio il riciclaggio, e con l'Agenzia delle entrate per accedere all'Anagrafe tributaria, che è un passo iniziale per obiettivi comuni per fare il cross-checking.
  La Vigilanza da parte sua realizza su banche e intermediari finanziari un'attività di controllo sia a distanza sia ispettiva, volta a verificare il rispetto della specifica normativa antiriciclaggio, con l'obiettivo di verificare la funzionalità e affidabilità delle procedure di contrasto del riciclaggio e delle segnalazioni di operazioni sospette alla UIF. Nel caso in cui ne verifichi la violazione, interviene.
  Noi ci riuniamo tutti i martedì in Direttorio della Banca d'Italia e si ascolta anche il capo della vigilanza e l'avvocato generale della banca per prendere decisioni sulle banche. Ogni volta che c’è una decisione su una banca, viene riportato lo stato di quella banca rispetto ai rilievi relativi all'antiriciclaggio che nel corso del tempo sono andati manifestandosi.
  Questi non sono determinanti nell'approvare o meno un provvedimento nei confronti di una banca quale la richiesta di aprire sportelli o di ritirare prestiti subordinati o altro, però mantengono l'attenzione continua su queste banche. Questo è quindi un esempio del fatto che la vigilanza considera molto importante questa questione.
  L'obiettivo ovviamente è quello di verificare che le banche si comportino bene, ma nel fare questo ci sono anche i controlli a distanza, che utilizzano fonti diverse per ottenere un quadro sull'effettivo comportamento degli intermediari.
  Vengono esaminate le segnalazioni inviate agli organi di controllo degli intermediari, in quanto ogni intermediario ha un organo di controllo, ogni intermediario in base alla legge sull'antiriciclaggio è tenuto a dotarsi di un archivio unico informatico in cui deve registrare informazioni sulla clientela, sull'attività, segnalare le operazioni sospette, deve avere dei modelli organizzativi adeguati a fare questo, prevedere un'attività di formazione dei propri dipendenti volta a verificare se una certa operazione possa essere considerata sospetta.
  Le posizioni sospette devono essere segnalate alla UIF, e, come avete visto, sono salite a 70.000 all'anno. Queste segnalazioni che gli organi delle banche stessi mandano alla Vigilanza non sono numerosissime ma nemmeno trascurabili: nel 2014 sono 74 su 700 banche presenti in Italia e riguardano per lo più anomalie nell'adeguata verifica della clientela e nell'implementazione dell'archivio unico.
  Ad esse si aggiungono le interlocuzioni dirette con gli intermediari, per cui ci sono stati incontri diretti per esaminare le strutture antiriciclaggio con 26 di essi del 2014, interazioni con gli intermediari per richiedere informazioni integrative o l'adozione di misure di adeguamento (nel 2014 sono state 85 le lettere inviate a tal fine) e l'esame di riferimenti ricevuti dalla UIF.
  La UIF infatti rileva qualcosa, ha delle segnalazioni, quindi invia alla Vigilanza una richiesta di approfondimento su una Pag. 10particolare banca, per individuare i motivi di quel tipo di segnalazioni (oltre 40 nel 2014).
  L'attività ispettiva si compone invece di ispezioni ordinarie presso le sedi centrali, che sono state 142 nel 2014, ispezioni mirate antiriciclaggio presso le sedi centrali (3 totali) e presso le dipendenze, cioè sportellari (113).
  L'individuazione di intermediari da sottoporre ai controlli di Vigilanza in temi antiriciclaggio viene effettuata utilizzando un approccio basato sul rischio. Si considerano vari indicatori (società, attività, contesti ambientali nei quali operano gli intermediari) e queste indicazioni seguono dei protocolli internazionali.
  Ove vengano rilevate violazioni, la Banca d'Italia, a seconda della gravità del rilievo, richiama gli intermediari alla rapida soluzione di eventuali ritardi applicativi, emana sanzioni amministrative. Nel 2014 sono state irrogate sanzioni a 11 intermediari per violazione della legge antiriciclaggio, per un ammontare impositivo di 500.000 euro. Tutte le volte che parliamo di sanzioni si tratta di pochi soldi, ma la legge di fatto prevede sanzioni comprese tra 10.000 e 200.000 euro, con una serie di attenuanti.
  Noi siamo quindi abbastanza severi, in quanto sono più forti le sanzioni sulla mancanza di trasparenza e le sanzioni sui comportamenti di banchieri che danno credito senza avere l'autorizzazione che sono anche molto rilevanti, mentre queste sono effettivamente modeste. Vengono però segnalate all'autorità giudiziaria le violazioni della legge (58 segnalazioni nel 2014) e fornite anche informazioni alla UIF, oltre a ricevere da loro richieste, su quanto viene rilevato nel corso delle ispezioni.
  In alcuni casi sono stati anche emanati provvedimenti più gravi: nel 2014 ci sono sette amministrazioni straordinarie e una liquidazione coatta amministrativa in buona parte per riciclaggio, oltre ad altre che hanno a che fare con carenza patrimoniale e altro.
  L'attività di vigilanza in materia di antiriciclaggio, anche adesso che abbiamo un sistema di vigilanza europea, rimane in capo alle autorità nazionali di vigilanza anche con riferimento agli intermediari significativi, quelli maggiori. Credo che saranno utili scambi di informazioni e meccanismi di coordinamento con la Banca centrale europea per le tematiche che presentino sinergie con le attività del meccanismo di Vigilanza unica.
  È difficile valutare l'efficacia complessiva del sistema antiriciclaggio, ma ci possono essere alcune indicazioni tratte dall'esame dei rilievi antiriciclaggio in sede ispettiva. Abbiamo visto che le segnalazioni sono andate aumentando nel tempo, per cui nella nostra relazione abbiamo inserito un grafico perché avevamo percepito una correlazione.
  Si osserva pertanto che all'aumentare delle segnalazioni si sono ridotti i rilievi, quindi c’è stata una risposta da parte del sistema, si sono un po’ spaventati oppure sono diventati più accorti, hanno visto che c'era effettivamente un'esigenza di risposta.
  Il numero delle segnalazioni è quindi cresciuto nel tempo insieme a una tendenziale riduzione dei rilievi, che nel complesso è indice di un'adesione non formale degli intermediari alla disciplina antiriciclaggio.
  Oltre il 50 per cento delle segnalazioni realizzate e trasmesse dalla UIF negli ultimi anni ha dato luogo a ulteriori interventi nell'accertamento di reati. Questo è importante perché la UIF riceve tante segnalazioni, le guarda tutte, poi ne passa una buona percentuale alla magistratura e alle forze dell'ordine preposte che decidono se fare attività investigativa effettiva. L'hanno fatta per oltre il 50 per cento, e l'esito è quello che leggete sui giornali, che è la punta dell'iceberg di questo processo.
  Il dato è significativo non solo in sé, ma anche nel confronto internazionale, perché è molto alto e testimonia le potenzialità di un sistema di prevenzione basato sulla collaborazione dei soggetti obbligati. Non bisogna abbassare la guardia, bisogna continuare a chiedere che vengano mandate situazioni sospette, sanzionare quelli che Pag. 11non le mandano, estenderle dalle banche ad altri soggetti, perché ormai abbiamo la percezione che le banche si stiano equipaggiando e tendano a rispondere ma ci sono tanti altri soggetti (sistema postale, notai, professionisti).
  In assenza di informazione sugli esiti dell'attività di indagine, che non abbiamo, le valutazioni degli organi investigativi, dell'autorità giudiziaria, delle altre autorità che vengono effettuate in modo pubblico, gli organi di stampa con le loro notizie, mostrano una crescente capacità di intercettare attività riconducibili alla criminalità.
  Vi sono anche altre attività, oltre a quelle che effettua la Vigilanza in Banca d'Italia, che pure costituiscono presìdi rilevanti rispetto alle attività illegali. La prima riguarda i controlli sui vari servizi specializzati a cui gli intermediari hanno esternalizzato funzioni di trattamento del contante. Trattamento del contante vuol dire raccolta di contante in vari centri, messa insieme e trasporto per riutilizzo del contante nelle banche e dalle banche poi negli esercizi che ne abbisognano.
  Questa nostra attenzione è relativamente recente, è cominciata nel 2012 con un certa efficacia e dal 2012 abbiamo effettuato 59 verifiche ispettive di queste società. Le società sono molte, in altri Paesi sono poche le società che gestiscano il trattamento del contante per tutta la Francia o la Germania, ma da noi sono tantissime.
  La nostra diffusione territoriale, dal punto di vista sia di paesi e città che degli intermediari, porta a dare molto lavoro a piccole società, che quindi, se fanno dei danni, fanno danni piccoli, ma tanti danni piccoli alla fine possono fare un grande danno.
  Il tentativo era di andare a vedere come si comportavano, e non si comportano molto bene: su 59 verifiche il 63 per cento dei casi ha avuto dei giudizi non favorevoli a causa di gravi carenze organizzative o nell'assetto dei controlli che effettuano al loro interno.
  Sono state riscontrate situazioni di illegalità in relazione a considerevoli ammanchi rilevati nelle giacenze dei valori custoditi. Pensate ad esempio al caso in cui una di queste società tenga fondi di tre banche e le banche effettuino verifiche che vanno sempre bene, ma, se andassero tutte e tre insieme a verificare la disponibilità, una di queste potrebbe non trovare tanto, come è avvenuto.
  Nel complesso gli ammanchi rilevati ammontano a 60 milioni, un numero piccolo però indicativo di un fenomeno non gradevole. Nei tre casi più gravi è stato adottato un provvedimento di divieto del trattamento del contante, sono state concluse nove procedure sanzionatorie con sanzioni pecuniarie, cinque sono in fase di istruttoria, in ogni caso sono state inoltrate segnalazioni appropriate all'autorità giudiziaria, ai Ministeri degli interni e dell'economia e delle finanze.
  Una seconda area, anch'essa molto diffusa negli organi di stampa, riguarda la lotta alla falsificazione dell'euro. Noi qui svolgiamo le funzioni di centro nazionale di analisi delle falsificazioni dell'euro per l'Italia. Secondo le analisi condotte dalla Banca centrale europea quasi il 90 per cento delle contraffazioni intercettate a livello mondiale è prodotto nel nostro Paese ed è localizzato in Campania. Il 90 per cento degli euro falsi è quindi fatto in Campania.
  La parte precedente è molto importante dal punto di vista quantitativo, questa ovviamente è una cosa che noi conosciamo dai film però è preoccupante, perché chiedo spesso ai miei colleghi se secondo loro qui ci sia la criminalità organizzata o ci siano degli straordinari professionisti in grado di farlo, e la presunzione è che in realtà ci sia un controllo e questa sia una delle tante attività.
  Questo è il punto fondamentale e per questo dobbiamo intervenire perché siamo il corrispondente della BCE per questa attività, però è indubbio che c’è un problema.
  Dal 2004, grazie all'attività delle forze dell'ordine, sono state scoperte e smantellate in Italia 14 stamperie clandestine. Tenete conto che in Banca d'Italia abbiamo una stamperia grande, però ne sono Pag. 12state trovate e chiuse 14, sei delle quali sicuramente coinvolte nella produzione dei suddetti falsi realizzati nell'area suddetta.
  Dalle indagini condotte all'estero è verosimile che sia in corso una progressiva internazionalizzazione della produzione di biglietti falsi, anche tramite una sorta di delocalizzazione industriale prevalentemente nell'est europeo e in Asia. Probabilmente i nostri artigiani saranno molto richiesti, e, invece di produrre nell'area in cui risiedono, si spostano.
  Lo scorso 15 maggio è stata approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio una direttiva particolare sulla protezione dell'euro e di altre monete attraverso il diritto penale cioè attraverso la legge contro la falsificazione. La Banca d'Italia ha avviato un tavolo tecnico con le altre istituzioni impegnate, in cui analizziamo la direttiva e cerchiamo di individuare le necessità di recepimento, la predisposizione della normativa di potenziamento, strumenti investigativi repressivi.
  Per concludere, la Banca d'Italia è attivamente impegnata nel contrasto dell'illegalità, si lavora su diversi fronti per migliorare l'efficacia delle azioni, ma ovviamente siamo aperti a indicazioni e stimoli. Quelli che possono venire da un incontro come questo sono importanti, perché nella nostra attività non abbiamo una specializzazione particolare.
  Abbiamo infatti specializzazioni nell'analisi economica, nel valutare i bilanci delle banche e il tipo di gestione effettuata, quanto siano prudenti, quali siano i capitali a fronte dei prestiti, come vengano investiti gli impieghi, se vi siano attività non favorevoli per i risparmiatori, ma questa è un'attività particolare che ha dei risvolti e delle diseconomie esterne molto importanti.
  Presso la UIF negli anni abbiamo rafforzato l'attività di analisi dei flussi finanziari e devo dire che i direttori della UIF si sono prodigati in questo, i dipendenti sono stati molto capaci, in quanto adesso abbiamo statistici e informatici, che sono molto importanti.
  Negli ultimi tempi l'uso di metodi quantitativi applicati alla massa di dati e di informazioni economiche e finanziarie a disposizione dell'unità è diventato rilevante. Le analisi consentono di individuare su base statistica potenziali anomalie nei flussi finanziari, con riferimento a specifiche aree del territorio nazionale, a strumenti di pagamento, settori economici, singoli segmenti del comparto finanziario e altri ambiti di interesse.
  Un primo esempio di questo filone è rappresentato dallo studio sui bonifici verso i Paesi a rischio, studio realizzato in collaborazione tra la UIF e il dipartimento di ricerca della banca. Vengono considerate le determinanti dei flussi finanziari tra Italia e il resto del mondo, sulla base di queste determinanti standard vengono analizzate le posizioni anomale che si distanziano dalla previsione sulla base delle determinanti normali delle transazioni finanziarie.
  Una volta verificata una posizione anomala, si può verificare cosa ci sia dietro, e questo è il motivo per cui si fa, quindi l'attività della UIF da passiva diventa attiva, laddove prima aspettava le segnalazioni sospette mentre qui non ne ha bisogno perché abbiamo questa grande disponibilità di dati che conosciamo tutti. Si tratta però di gestire grandi masse di dati, quindi stiamo facendo questo lavoro.
  Alcuni risultati rapidi di questo studio mostrano che, a parità di altre condizioni, i flussi indirizzati verso i cosiddetti «paradisi fiscali» (isole Cayman, Hong Kong, Singapore) sono di circa il 36 per cento più elevati di quelli verso gli altri Paesi esteri. L'indice di anomalia costruito nel lavoro risulta positivamente correlato sia ai tassi di criminalità legati ai furti e al traffico di droga nella provincia di origine del bonifico, sia a misure di rischio di riciclaggio e di opacità della legislazione finanziaria del Paese di destinazione.
  Ci sono molti progressi in sede OCSE e un adeguamento da parte di questi Paesi a rispettare i requisiti internazionali, però questo ancora avviene.
  Un ulteriore studio attualmente in corso è volto a individuare anomalie nell'uso del contante a livello comunale (abbiamo Pag. 13visto molti fenomeni recenti). Questi possono essere tracciati e studiati anche attraverso analisi statistiche.
  La UIF e la Vigilanza hanno iniziato a elaborare indicatori statistici di esposizione al rischio di riciclaggio, che si basano sulle attività finanziarie a livello locale dei singoli intermediari. Questi risultati hanno fornito un supporto all'analisi del rischio di riciclaggio e consentiranno in prospettiva di diventare attività dei soggetti che partecipano al sistema antiriciclaggio.
  Potranno essere uno strumento per indirizzare l'azione di accertamento ispettiva e di analisi operativa della UIF e della Vigilanza e consentiranno di accrescere la collaborazione attiva degli intermediari. Forniranno potenziali stimoli e strumenti per attività ispettive agli organi di contrasto.
  Qui chiaramente ci sono buone intenzioni, non è un risultato, ma mi aspetto che da queste buone intenzioni escano fuori dei risultati importanti. La disponibilità di informazioni e la loro condivisione sono il presupposto per interventi sempre più efficaci. Rimane un'esigenza per la UIF, che diversamente da analoghi unità ed enti nazionali, non ha accesso a informazioni investigative. Se a livello di magistratura si esegue un accertamento e ci sono dei risultati, la UIF, per motivi ragionevoli forse, non ne dispone. Il contrario avviene sempre, ma non c’è la reciprocità. Ci vuole molta fiducia, molta attenzione, molta salvaguardia di tante cose, tra cui la privacy, però questo è un punto.
  Un contributo all'attenzione di un contesto più orientato alla legalità può venire da incentivi specifici, come potrebbe diventare il rating di legalità. Sapete che il 20 febbraio 2014 un decreto del MEF ha previsto che le banche tengano conto di questo rating nel concedere prestiti, che la Banca d'Italia vigili sull'osservanza delle disposizioni da parte delle banche e che queste le trasmettano una relazione relativa nei casi in cui il rating non ha influito sulla modalità di concessione del credito.
  Noi abbiamo incluso l'osservanza delle disposizioni tra gli elementi che devono essere considerati nell'analisi qualitativa del profilo di rischio di credito dell'intermediario. Abbiamo una valutazione degli intermediari sotto i profili di rischio, che adesso viene armonizzata a livello europeo per le banche significative. Viene effettuata centralmente, naturalmente su input delle autorità nazionali.
  Noi abbiamo tante banche piccole in Italia, che non sono soggette alla vigilanza europea, le quali vanno verificate con attenzione rispetto alla legalità delle loro operazioni. Le grandi banche probabilmente fanno operazioni più grandi, quindi lì bisogna verificare anche quello. Analizzeremo le relazioni degli intermediari e daremo informazione pubblica dei risultati, essendo consapevoli, ovviamente, che questi sono oneri imposti al sistema.
  Le altre banche che operano negli altri Paesi non hanno questi oneri, il rating di legalità e così via. Quando si fanno gli appalti, per esempio, richiediamo i certificati antimafia e tante altre cose. Altri Paesi non ce l'hanno. Sono oneri per il sistema. È un costo, evidentemente, da cui ci aspettiamo ci sia un beneficio superiore in grado di compensare il costo stesso in modo da rendere un servizio alla collettività. Cercheremo, comunque, di definire soluzioni in grado di contemperare le esigenze informative con i costi, quindi usando l'informatica a questo riguardo.
  Per finire, direi che è, tuttavia, indispensabile che alla presenza di efficaci presìdi specifici si accompagni la diffusione nella cultura di cittadini e imprese dei valori di legalità e di correttezza. L'istruzione svolge sotto questo profilo un ruolo essenziale. Non lo dico perché il mio pallino è quello dell'istruzione, come molti sanno, ma perché effettivamente delle analisi che sono state effettuate hanno mostrato che c’è una correlazione significativa tra il miglioramento della qualità (e della quantità) dell'istruzione e la delinquenza, per esempio quella giovanile.
  Il fatto che sia stato posticipato l'obbligo scolastico, una decina, quindicina d'anni fa, ha determinato un incremento Pag. 14del tasso di scolarizzazione del 7 per cento, di 7 punti percentuali. È stata condotta un'analisi statistica è stata condotta che cerca di stabilire anche delle cause, non soltanto la correlazione: sostiene che questo avrebbe ridotto la delinquenza minorile di oltre il 20 per cento.
  Poi ci sono iniziative di educazione alla legalità che riguardano quella economica. Queste sono svolte da molte istituzioni in collaborazione con il Ministero dell'istruzione. Sono importanti per sviluppare la percezione di ruoli e comportamenti individuali nel presidiare i luoghi della legalità.
  Noi diamo un contributo con progetti di educazione finanziaria in scuole primarie e secondarie nella convinzione che essi contribuiscano ad accrescere la consapevolezza dei singoli nelle scelte economiche, favorendone comportamenti corretti e fornendo strumenti di autotutela complementari a quelli delle regolamentazioni e dei controlli che le autorità normalmente fanno. Questo favorisce comportamenti corretti, che a sua volta dà nello stesso tempo una possibilità maggiore di riconoscere e identificare eventuali condotte scorrette o opportunistiche.
  Per concludere, una più elevata alfabetizzazione finanziaria, in Italia molto bassa, è essenziale per assicurare anche maggiore capacità di accesso consapevole al sistema finanziario, quella che viene definita ormai come inclusione finanziaria. Tutte le volte che si va in giro per riunioni internazionali, la financial inclusion è una delle questioni che più si dibatte.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Governatore.
  Colleghi, abbiamo tempo fino alle 16.00. Penso che il Governatore possa fermarsi con noi fino a quell'ora. Rispetto ad altri auditi, sappiamo che non sarà semplice avere un'altra audizione, quindi vorrei fare appello a tutti sul fatto che le domande devono essere brevi e consentire a più colleghi di parlare e di lasciare, naturalmente, lo spazio al Governatore per rispondere.
  Se il Governatore non ha problemi, farei formulare prima tutte le domande, perché questo almeno consente a tutti di poter esprimersi. Naturalmente, gli iscritti sono già molti. Anch'io ho una lunga serie di domande. Faccio prima una domanda io, poi darò la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
  Come prima domanda formulerei quella relativa al calcolo della quantità di prodotto interno lordo procurata dalle attività criminali e dal calcolo che è stato operato dall'ISTAT su indicazione, come lei ricordava, di una direttiva europea, nel PIL nazionale. Attraverso il calcolo delle attività di prostituzione, contrabbando e traffico di droga in qualche modo abbiamo partecipato, insieme ad altri Paesi, a un calcolo del PIL non indifferente tra l'altro anche nei confronti dei parametri che l'Europa ci impone.
  Abbiamo audito il presidente dell'ISTAT e formulato le nostre obiezioni su questo punto, soprattutto perché, basandosi sulla volontarietà dello scambio tra domanda e offerta, in Italia, data la presenza della mafia in questi particolari settori, per noi è molto difficile dire che si tratta di volontarietà. La prostituzione e la droga in maniera particolare sono fortemente controllati dalla mafia.
  Ci piacerebbe conoscere la sua opinione su questo punto, perché come Commissione vorremmo interloquire ulteriormente con l'ISTAT per poi anche chiedere all'Unione europea di avere un atteggiamento diverso, di cambiare in qualche modo i contenuti di questa direttiva. Questa è una prima domanda da parte mia, poi ne ho altre.

  GAETANO PIEPOLI. Ringrazio il governatore per la sua introduzione.
  Vorrei porle una domanda che mi rendo conto già di per sé rischia di essere eccentrica rispetto al merito dell'esercizio delle vostre competenze come istituzione. La frattura territoriale, che oramai mi pare per molti versi rischi di essere il dato strutturale del nostro Paese, e quindi anche della nostra realtà sistemica, economica Pag. 15e sociale, comporta sempre di più nel Mezzogiorno una sorta di rassegnazione, che il Mezzogiorno debba essere un'area sottratta non solo dal punto di vista delle vicende del reddito, dell'organizzazione istituzionale, dei costumi, dei modi di vita, ma da quello ahimè dell'influenza dei poteri reali al primato della legge per essere consegnato al primato degli uomini.
  Per quanto riguarda le strutture creditizie – è stata un po’ una mia brevissima esperienza nella mia vita precedente, negli anni Ottanta, poiché ho fatto parte di un consiglio di amministrazione ahimè di una gloriosa banca non più esistente – questo si traduce spesso in una «forbice», o meglio di una rottura del legame tra discrezionalità e responsabilità.
  Rispetto a questa frattura, gli interventi giustamente dissuasivi, e quindi anche sanzionatori, che l'istituto di vigilanza anche tempestivamente adotta lasciano, purtroppo, comunque un costo invisibile che si è accumulato e che vorrei dire – per questo mi permetto di porlo alla sua attenzione – oggi in sostanza si traduce in una forbice assolutamente insopportabile tra vincenti e perdenti, che è il tema della crisi del Mezzogiorno.
  Qui mi rendo anche conto forse di eccedere rispetto alle competenze, ma deve anche capire che per chi vive nel Mezzogiorno uno finisce con l'aggrapparsi e chiedere supplenze anche indebite. Lei ha concluso il suo intervento sottolineando la pluralità dei profili su cui intervenire. Io credo che ci sia un problema fondamentale: quello che una volta veniva considerato assolutamente ultroneo oggi non è più ultroneo, perché viviamo un'emergenza che non è più quella del controllo, in particolare, delle dinamiche dello sviluppo del Mezzogiorno considerate una volta. Credo che il tema vero sia come creare un mercato.

  FRANCESCO D'UVA. Ringrazio il Governatore, dottor Visco, per la sua presenza qui. Mi permetto di fare un paio di domande. La prima potrà essere un po’ più lunga, la prego di avere pazienza.
  A fine settembre del 2014 si è avuta contezza di un'importante indagine della procura di Milano. È cosa relativa ai certificati di carbon credits, certificati ambientali sulle emissioni di CO2 in Gran Bretagna, Francia, Olanda e Germania attraverso società fittizie con sede in Italia, vere e proprie cartiere che producevano solo fatture intestate a prestanome cinesi o a persone estranee vittime di furti di identità. Poi aggiungevano l'IVA al 20 per cento e li vendevano ad altre società, anche queste fittizie, che facevano da intermediari con gli ignari acquirenti finali.
  Una volta incassata l'IVA, anziché versarla allo Stato italiano, la cartiera chiudeva i battenti, mentre i soldi per centinaia di milioni di euro venivano dirottati su conti correnti a Cipro, Hong Kong, per finire a Dubai e negli Emirati Arabi Uniti.
  Da indiscrezioni di stampa sembra che dietro questa truffa descritta da movimenti di capitali enormi ci sia il terrorismo mediorientale. Inoltre, le stesse fonti parlano di un'altra inchiesta a Milano in corso per l'evasione di 450 milioni di euro con le medesime caratteristiche.
  Per quello che sa Bankitalia, esiste contezza di un'interrelazione di questi ingenti fenomeni evasivi con le mafie italiane transnazionali, vista la presenza di prestanome cinesi e del mercato sofisticato di furti di identità ? Questa era la prima domanda che, come avrà capito, mi sono permesso di leggere perché era un po’ lunga.
  Per molto tempo, si è detto che i titoli di Stato italiani, BOT, CCT e BTP, fossero in qualche modo detenuti dalle mafie anche per tramite di migliaia di risparmiatori in piccole località, che pulivano i capitali sporchi. Questa situazione è tuttora rilevante ? Si diceva che in Italia ci sono pochi investimenti diretti e vengono comprati molti titoli di Stato: è possibile che alcuni titoli di Stato siano comprati proprio da mafie straniere ? Abbiamo contezza di qualcosa del genere ?
  Chiedo scusa se abuso del fatto di avere la parola e se faccio altre domande, Presidente, ma sarò assolutamente più breve e la ringrazio per la pazienza.Pag. 16
  Cosa pensa, Governatore, o comunque Bankitalia, del reato di autoriciclaggio che vogliono introdurre ? Secondo lei, è efficace ? Funziona ?
  Un'ultima domanda riguarda alcune audizioni che abbiamo avuto in passato, in cui si parlava dell'utilizzo delle banconote di 500 euro in tutto il mondo. È stata definita da alcuni procuratori che sono stati auditi in Commissione come la moneta della criminalità organizzata internazionale: non si potrebbe eliminare questa banconota, visto che comunque in giro se ne vedono molto poche, ma che so essere stampate in modo elevato ?

  GIUSEPPE LUMIA. Storicamente, abbiamo avuto sempre dei problemi elevati con il numero elevatissimo delle società di intermediazione finanziaria. C’è stata una riduzione e vorrei conoscere dal 2008 a oggi il tipo di evoluzione nella riduzione di questo numero.
  Le società di intermediazione finanziaria, quelle che prestano soldi che troviamo la mattina nel parabrezza, che danno 20.000, 30.000, 40.000, 50.000 euro, nell'esperienza della Commissione antimafia sono state sempre un settore di controllo elevato da parte delle organizzazioni mafiose.
  Vorremmo sapere se, da questo punto di vista, ci sia stata un'evoluzione e conoscere la quantità delle società stimate oggi presenti in Italia, oltre le banche, società di intermediazione finanziaria e i numeri del controllo, se sono a contagocce, anche se statisticamente svolti attraverso degli indici, o se ci sia una capacità di controllo più vasto in relazione, appunto, a questa presenza massiccia delle organizzazioni mafiose.
  Ho visto, direttore, che ci ha dato dei dati interessanti sulle sanzioni che avete erogato. Sono state 11 sanzioni a intermediari finanziari, 500.000 euro di ammontare e, in alcuni casi, 7, avete avviato amministrazioni straordinarie e una liquidazione coatta amministrativa. Sarebbe interessante, e chiedo qui invece al Presidente, poter acquisire i soggetti e dove sono collocati, in modo che per noi possono essere anche indicatori di ulteriori approfondimenti.
  Naturalmente, sempre rimanendo a questo tipo di accertamenti, rimane un po’ anche la sproporzione dei controlli rispetto al vasto campo su cui agiscono. Sarebbe interessante comparare quanti sono i soggetti nel complesso rispetto alle 74 segnalazioni ricevute, ai 26 incontri diretti, esaminandone le strutture di riciclaggio, ai 44 l'esame dei riferimenti ricevuti da dall'UIF e così rispetto alle 142, nel 2014, ispezioni ordinarie presso le sedi centrali. Sarebbe interessante comparare tutti questi dati – tre alle sedi centrali nel 2014, sugli sportelli 113 – con la macro-realtà presente di fronte a voi, per capire se abbiamo un controllo efficace, forte ed effettivo.
  Quanto ai money transfer, accanto ai bonifici verso l'estero che state analizzando – sarà interessante monitorare negli anni il fenomeno – sarebbe anche interessante comprendere; quando in questi anni abbiamo sempre chiesto, non siamo riusciti a capire come si possa intervenire, almeno anche come analisi, sui money transfer, che possono essere facilmente veicoli di riciclaggio, non solo per le mafie, ma anche per le organizzazioni terroristiche.
  Infine, il rating di legalità è una grande invenzione promossa da quella parte di Confindustria che ha denunciato le mafie, che si è messa in gioco e che ha avuto anche questa grande idea. Mi pare di capire che al 30 aprile di quest'anno arriva il primo rapporto: vorrei sapere se già avevate delle prime indicazioni intorno a cui potremmo capire il tipo di andamento che sta avendo questa grande intuizione.
  Il riferimento è a una questione che abbiamo potuto notare nelle missioni al nord: c’è un rapporto stretto tra crisi, presenza delle mafie, imprese e incapacità delle banche di supportare nella crisi il sistema delle nostre imprese.

  ENRICO BUEMI. Governatore, ho alcune domande molto sintetiche.
  Ritiene che ci siano rischi maggiori per il nostro Paese, da questo punto di vista, Pag. 17sul versante degli impieghi o della raccolta ? La questione prevalente, al di là degli elementi dimensionali da un punto di vista statistico, è più sulle piccole e medie banche rispetto alle grandi banche, seppur consapevole del fatto che il controllo sulle grandi banche è spostato un po’ sul versante europeo ? Mi pare, però, di capire in ogni caso che la vigilanza comunque rimanga in capo al nostro Paese.
  Sui dati relativi all'esportazione di capitale verso paradisi fiscali ha parlato del 36 per cento, di maggiore significatività rispetto ad altri Paesi: è così ? Ho capito bene ?

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Il 36 per cento rispetto a quella che sarebbe stata la previsione...

  ENRICO BUEMI. Di «normalità».
  Sarebbe interessante avere i dati delle regioni di provenienza, anche per capire la qualificazione del fenomeno. Proprio in funzione delle distinzioni che ha fatto, c’è il fenomeno criminale e il fenomeno di evasione fiscale, che ovviamente su queste partite ha una sua influenza.
  Concordo con lei che il problema del nostro Paese non soltanto in questo settore ma in generale sia quello della crescita dei valori della cultura della legalità, che ovviamente ha una sua funzione strategica se parte dall'inizio dell'azione formativa dei cittadini.
  Da questo punto di vista, a fronte della crescita del livello di scolarizzazione, come giustifica la relazione che emerge dai sondaggi che ha indicato, per cui la consapevolezza dell'azione corruttiva nel nostro Paese è minore rispetto ad altri Paesi: dal 4 al 2 due per cento, siamo esattamente al 50 per cento di questa consapevolezza.
  Infine, ritiene la strumentazione tecnico-giuridica a disposizione dalla Banca d'Italia, della sua istituzione, adeguata rispetto agli obiettivi che tutti insieme vogliamo perseguire ?

  CORRADINO MINEO. Ringrazio il Governatore di essere qua.
  So che la questione è delicatissima, ma nella sua autonomia, la sua banca, Bankitalia per essere più precisi, ha intenzione di affrontare questa questione che in altri Paesi, come diceva anche lei, è stata affrontata, di una collaborazione biunivoca tra banca, organi di vigilanza e di contrasto e investigatori ?

  SALVATORE PICCOLO. Governatore, lei ha fatto una relazione esauriente, sulla quale c’è poco da commentare. Mi limiterò a due domande piuttosto banali, marginali rispetto agli altri discorsi, ma che mi incuriosiscono molto.
  In relazione al dato che ci ha offerto sulla falsificazione dell'euro, sulle contraffazioni, che vede la Campania al primo posto, una delle poche aziende produttive in espansione – lo dico con grande amarezza – mi piacerebbe capire meglio. Nella relazione, parla del 90 per cento delle contraffazioni intercettate: è possibile quantificare un importo, quello presumibile di quelle non intercettate e il grado di qualità della contraffazione ?
  Mi parrebbe che, se in giro c’è una contraffazione così elevata, debba esserci anche un grado di qualità della contraffazione, il che è un rischio serio.
  Nella relazione, inoltre, si parla di flussi di investimento che in una qualità ambientale e istituzionale diversa in Italia potevano essere superiori del 15 per cento e si fa riferimento all'indicatore doing business, che fornisce appunto una sintesi della qualità ambientale istituzionale.
  Ovviamente, la qualità ambientale istituzionale tiene conto del grado di penetrazione criminale e anche del grado di infiltrazione criminale nelle istituzioni, ma credo che da sola non sia sufficiente a definire se le istituzioni italiane fossero state qualitativamente simili. Credo che in questo incida anche un'efficienza dell'istituzione in sé e per sé. Come definire questa qualità dell'ambiente istituzionale ?
  Infine, sull'attuale normativa antiriciclaggio vorrei un giudizio del Governatore.

  ELISA BULGARELLI. Anch'io ringrazio il Governatore. Sarò abbastanza sintetica.Pag. 18
  Mi interessa parlare delle coop, che attraverso il prestito sociale raccolgono e impiegano circa 11 miliardi di euro. Prima lei parlava degli intermediari che sono tenuti a effettuare un'adeguata verifica della clientela: le coop rientrano comunque in una serie di controlli che svolgete anche su questo tema ? Mi sembra di capire di no.
  Si può lavorare su questo ? Comunque, credo che anche «mafia capitale» ci abbia aperto gli occhi. Si tratta di 11 miliardi, sembra quasi una «banca fantasma». Si è pensato almeno a dei protocolli di intesa tra voi e le Coop per riuscire a fare dei controlli, se proprio non si può riuscire a fare altro ?

  FRANCO MIRABELLI. Mi riallaccio alle cose che diceva in conclusione il senatore Lumia. Dalle inchieste svolte in questi mesi e verificate, leggendo gli atti di alcune altre, le ultime che si sono fatte nel nord, è evidente che c’è una relazione diretta tra una difficoltà per le aziende ad accedere al credito e il ruolo che a quel punto può giocare la criminalità organizzata, che in questa fase ha soldi da mettere in campo.
  Abbiamo visto che si stanno creando vere e proprie banche clandestine, che si sta cercando di avere da parte della criminalità organizzata un ruolo su questo e sappiamo, come ci hanno detto esplicitamente i magistrati, che ormai le aziende in difficoltà, soprattutto quando viene loro chiuso il credito o, addirittura, chiesto il rientro, si rivolgono alla criminalità organizzata, in particolare alla ’ndrangheta. Questa è una parte del problema.
  L'altra parte che abbiamo verificato e che vorrei capire se possa rientrare nell'azione di prevenzione della Banca d'Italia, è legata alle aziende confiscate. Abbiamo verificato più volte che la prima cosa che fanno le banche, nel momento in cui un'azienda viene confiscata per mafia, è chiudere le linee di credito che a quell'azienda erano state concesse. È evidente che questo è uno dei problemi che abbiamo incontrato quando affrontiamo il tema della necessità di non far fallire le aziende quando non hanno più relazioni con la criminalità organizzata. Vorrei capire se anche questo punto possa rientrare e come nel ruolo che Banca d'Italia svolge rispetto alla prevenzione.

  PRESIDENTE. Aggiungo qualche domanda.
  Legato a quest'ultima del senatore Mirabelli c’è anche il versante dell'acclarata malafede di alcuni istituti bancari nel concedere credito a imprese mafiose o, comunque, famiglie, organizzazioni mafiose, nelle quali durante il procedimento di dissequestro e di confisca dei beni si evincono delle chiare responsabilità.
  C’è malafede, ma qualche volta anche buonafede, comunque una carenza di attenzione. In maniera molto banale, come mai tanta attenzione verso un'impresa che magari ha bisogno di credito, a una famiglia che ha bisogno di un mutuo, mentre tutti i beni sequestrati e confiscati hanno poi una linea di finanziamento da parte delle banche ? Come si fa a non accorgersi che ci troviamo di fronte a un soggetto pericoloso, visto che di solito c’è un controllo così accurato nei confronti del comune imprenditore e del comune cittadino ? Abbiamo avuto una fase interlocutoria con l'ABI, dobbiamo averne un'altra presto, ma vorremmo sapere se anche la Banca d'Italia da questo punto di vista può darci una mano.
  Un'altra domanda attiene all'annunciata delega fiscale. Naturalmente, in attesa di conoscere il testo definitivo e liberandoci dai soliti nomi e cognomi, a noi l'analisi della delega così com’è circolata ha preoccupato molto. In maniera particolare, tutto il settore della confisca verrebbe in qualche modo compromesso. Inoltre, c’è il principio della percentuale. In altre parole, tutti i mafiosi sono evasori fiscali. Come tutti i mafiosi sono corruttori, sono evasori fiscali. Sappiamo benissimo, lo prevedeva il principio della delega, che l'errore va tutelato, ma il dolo no. In questo senso, vorremmo sentire anche un suo punto di vista.
  Inoltre, lei ha parlato molto del lavoro dell'UIF e ci ha fatto molto piacere sentire Pag. 19che stiamo superando la fase della segnalazione. Sapendo che lor signori sono così abili nell'inventare nuove modalità per sfuggire ai controlli, francamente il sistema della segnalazione ci sembra un po’ elementare. Abbiamo anche avuto interlocuzione con i professionisti, con chi deve segnalare, e ci fa piacere vedere che, dopo anni di applicazione, il sistema è cresciuto, ma la domanda è: lo strumento è adeguato, sufficiente, oggi, o forse bisogna dotarsi di sistema di intelligence un po’ più agguerrito ?
  Ancora, che tipo di controllo riuscite a esercitare nei confronti di istituti bancari che aprono filiali in Paesi, oltre quelli che sono dei veri e propri paradisi, dove ci sono meno controlli ? Ci siamo imbattuti, ad esempio, nel caso Ciancimino in Romania, dove ha avuto la possibilità non solo di fare una discarica, ma di portare quantità di denaro non indifferenti. Naturalmente, vi è legato il tema del riciclaggio, della normativa, dell'autoriciclaggio e così via, ma questa è un'altra domanda.
  Altro aspetto è quello che riguarda l'onorabilità. Siccome la mafia tende a diventare imprenditore, banchiere, ormai ha cambiato pelle, non hanno più il loro mondo, ma abitano il nostro, che tipi di controlli si esercitano nei confronti dei membri dei consigli di amministrazione, all'inizio chiaramente, ma successivamente nelle loro varie trasformazioni ? Il sistema di controlli e i criteri di onorabilità ai quali fate riferimento ritiene, Governatore, che siano all'altezza della pericolosità che questi soggetti ormai rappresentano ?
  Nel fare le domande a lei, vale quella che facciamo a noi stessi come politica, come amministrazione, come soggetti che audiamo. Perché sempre la magistratura – quando arriva in tempo – e non noi prima ? Sappiamo che la magistratura fa un ottimo lavoro, ma anche da questo punto di vista potremmo darle una mano, sollevarla in qualche modo su un po’ di lavoro.
  Mi pare che tra tutti abbiamo fatto domande a sufficienza. Naturalmente, sappiamo quanto sia prezioso il suo tempo.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. A molte delle questioni non ho modo di rispondere. Il fatto che non possa rispondere ora non vuol dire però che non risponderò. Su alcune domande bisogna anche formarsi delle idee e verificarle. Ho capito, però, più o meno il quadro complessivo nel quale vi muovete.
  È un quadro a tutto tondo, come deve essere. Non ho niente da obiettare rispetto alle domande, alcune delle quali rivolgo io stesso ai miei collaboratori. Quello delle cooperative è un problema che, chiaramente, ci ha colpito molto, ma non abbiamo i poteri. La legge non ci dà il potere di fare vigilanza sulle coop.
  Poi ci sono alcuni operatori finanziari che non vigiliamo, i quali possono fare danni gravissimi. Forse occorre una riflessione sana, serena, sui fatti penali gravi degli ultimi dieci anni, andando a vedere quanto un sistema diverso avrebbe potuto cambiare la situazione. Credo che dal lato della ricognizione dovremmo fare qualcosa.
  La dottoressa Bianco è il responsabile di un servizio che abbiamo creato, non avevamo un servizio per la tutela del risparmiatore e per la trasparenza. Abbiamo una serie di richieste da parte di clienti di banche che chiedono interventi e così abbiamo istituito l'Arbitro bancario e finanziario, di cui forse non avete informazione, ma che ha un grandissimo successo.
  Per noi vuol dire 60 risorse costantemente applicate a tre segreterie tecniche che assistono il lavoro di professionisti che retribuiamo e che operano a Milano, Napoli e Roma. Nominiamo i Collegi dell'Arbitro insieme ad altri soggetti, quali associazioni di consumatori, ABI, Confindustria. I Collegi risolvono problemi tra clienti e banche. La statistica è interessante. È dal 2009 che abbiamo istituito questo servizio.
  Il punto importante è che i reclami sono tanti, ma molte delle segnalazioni che avevamo adesso sono dirottate lì. L'Arbitro consente, sostanzialmente, una riduzione dell'onere per la magistratura, perché decide prima del conflitto davanti al giudice Pag. 20ordinario; i Collegi danno in più del 65 per cento dei casi ragione al cliente. Anche questo è un risultato interessante. Mi sarei aspettato, a questo punto, un comportamento coerente da parte degli intermediari, ma non abbiamo ancora osservato una riduzione della conflittualità. Pensiamo di aprire altre due o tre sedi dei Collegi di questo tipo. Questa è un'attività, secondo me, molto micro, ma molto utile.
  Quanto all'attività di vigilanza, tipicamente, se abbiamo una persona che raccoglie risparmi illecitamente, non possiamo intervenire, ma solo denunciarlo una volta che ne abbiamo notizia; questo può essere il signor Madoff italiano, che prende un sacco di soldi, li investe e alla fine fa un grande buco. Come si fa a impedirlo ? Non è la Banca d'Italia, preposta alla vigilanza sugli intermediari finanziari, che può direttamente intervenire.
  Secondo me, l'educazione finanziaria è fondamentale. Se qualcuno vi propone un affare con un tasso d'interesse superiore al 25 per cento, dite «No, grazie». Però è vero che i clienti di Madoff non erano poco istruiti, ma molto istruiti.

  PRESIDENTE. Erano troppo istruiti.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Delle attività, però, esistono. Ribadisco che fare una ricognizione su tutte queste vicende può essere veramente utile.
  La vicenda delle coop è veramente fastidiosa, perché riguarda i più sprovveduti chiaramente, quelli che hanno meno possibilità di difesa. Noi abbiamo fatto un'analisi...

  PRESIDENTE. Nel disegno di legge che abbiamo presentato sui beni confiscati, abbiamo fatto delega al Governo per stabilire strumenti di controllo sulle coop, ma ci fa piacere sentire...

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Vedremo.
  Abbiamo avuto un'interazione con le associazioni dei consumatori e anche con i media. Dov’è sorto questo problema, in quale trasmissione ? Forse era Striscia la notizia o Report.
  Abbiamo avuto una discussione su questo tema, cercando di spiegare quali sono le nostre responsabilità. Dobbiamo fare alcune cose, mentre per altre si dovrebbe verificare se altri fanno quello che noi diciamo mentre noi non possiamo intervenire. È complicato, ma su questo credo che una ricognizione sia utile.
  Comincio dall'inizio, dalla quantità di PIL. Ovviamente, questa decisione di Eurostat a tutti ha fatto un po’ sorridere. Il punto di fondo è che il PIL non è una misura del benessere. Il PIL è una misura dell'attività di scambio e di produzione di beni e servizi. Ma se uno vuole consumare una modica quantità di qualcosa che a me non piace, a lei non piace, ma a quello piace, la domanda è se conteggiarla o meno. È un problema statistico, non etico.
  Il problema è quando a quella decisione si associa qualcosa, per esempio quante tasse trasferire alla Commissione europea o il rapporto tra debito e PIL. Quest'ultimo è veramente emblematico. Se certe attività sono illegali, non pagano nessuna tassa. Ma se il PIL è considerato il riferimento delle entrate future, per capire se ci sia sostenibilità del debito, ciò è un po’ una stranezza. Quello ci aiuta, ma in realtà non contribuisce a sostenerlo.

  PRESIDENTE. Noi siamo un Paese dove queste attività non hanno un minimo di legalizzazione.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. È, però, un numero ciò nonostante piccolo. Stiamo parlando di uno per cento. Quando si parla del fatto che l'attività economica non cresce in Italia, si fa una variazione percentuale di quel livello. Il mio professore, Federico Caffè, diceva «Il PIL non mi piace. Io guardo solo la variazione del PIL».
  Non condivido l'idea che il livello del PIL sia considerato come il riferimento su quanto si contribuisce alle entrate del bilancio comunitario o altro. Oltretutto, gli Stati ci giocano. Ci sono quelli che hanno Pag. 21un PIL molto grande, ma cercano di minimizzarlo; noi all'inizio degli anni Ottanta facemmo un'innovazione fondamentale con l'ISTAT, rilevando l'economia sommersa. Fino allora non c'era l'economia sommersa. Fece salire molto il PIL.
  A questo punto, dovremmo essere tutti più contenti: siamo più ricchi. Abbiamo dovuto pagare molto di più alla Commissione europea. Alcuni obiettano che si sa che in Italia c’è molta più economia sommersa che in altri Paesi: ma è vero ? Negli Stati Uniti c’è molta economia sommersa, con tanti immigrati di cui non si sa niente. Credo, quindi, che sia una questione importante, ma questa correzione non è un elemento che a me fa sobbalzare per gli effetti che ha avuto sul piano statistico. Stiamo parlando dello 0,9 per cento.

  PRESIDENTE. Quanti miliardi sono ?

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Lo 0,9 per cento sono circa 13-14 miliardi.

  PRESIDENTE. Una finanziaria.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Sì, ma una tantum. Il PIL è un flusso.
  Nel Regno Unito abbiamo una cosa analoga. La Francia ha deciso di non farlo. Pagherà meno contributi alla Commissione europea.

  PRESIDENTE. Noi avremmo rischiato di sfondare.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Non lo so. Devo dire che è interessante. Crea un po’ di sconcerto, non ci piace, però...

  PRESIDENTE. In Germania, per esempio, chi pratica la prostituzione paga le tasse. In Italia...

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Non sono sicuro.

  PRESIDENTE. Molti sì. In Italia, sono in larga parte donne portate dalla tratta mafiosa e tenute per le strade.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Sono pienamente d'accordo. Ci mancherebbe altro. Dal punto di vista etico, è ovvio che sono d'accordo, mentre non sono d'accordo sul fatto che in Germania pagano le tasse su quello. Se emergono, possono pagarle. Da noi, se emergono, non si pagano, oppure sono tutte emerse. Non so.
  Sulla questione del Mezzogiorno ha ragione. È una domanda non eccentrica, ma complessa, molto difficile. Credo che non possa esserci una singola risposta. Ci sono perlomeno due o tre punti da cui partire.
  Abbiamo fatto numerosi lavori sul Mezzogiorno. Quando nelle Considerazioni finali non parlo del Mezzogiorno, c’è sempre qualcuno che mi chiede perché, anche se, secondo alcuni, è meglio non parlarne perché è un problema che si metterà a posto da solo.
  Credo che, anzitutto, ci sia un problema di educazione, occorre un grande sforzo di educazione al valore e all'utilità della legalità. Siccome, inoltre, l'intervento per tutto il Mezzogiorno è drammatico, difficilissimo a livello pubblico, l'altro problema è la concentrazione di risorse.
  Ad esempio, una cosa drammatica successa negli ultimi anni – ognuno di noi ha molti rapporti con l'estero – è stata la vicenda della terra dei fuochi. Sul New York Times o altri giornali si è detto di non comprare la mozzarella in Italia. Ora, pare che non tutta la terra dei fuochi sia un disastro, anzi lo sia una piccola componente; ci sono analisi in corso, tra poco ci saranno comunicazioni da parte degli esperti. Una forte concentrazione su una parte di territorio, per bonificarlo, trasformarlo, con soldi pubblici destinati solo a quello, facendo vedere che si può, che si cambia e, a questo punto, si dà una garanzia: questo è il tipo di impegno che immaginerei.
  Quanto alle banche, c’è una polemica. Il Ministro Tremonti aveva osservato che Pag. 22prima c'erano delle grandi banche nel Mezzogiorno e ora non ce ne sono più, ci sono le grandi banche del nord, che dal Mezzogiorno prendono i soldi e li impiegano altrove.
  Non penso sia vero. Le banche prendono i soldi e li impiegano (non molto bene) nel territorio. In ogni caso, è un problema complesso.
  Quello che, però, effettivamente abbiamo osservato è che ci sono molte piccole banche. Vi fornirò la lista che volete, ovviamente anche con alcune annotazioni su cosa abbiamo visto. Alla fine, abbiamo chiesto al Ministero dell'economia di metterne alcune in amministrazione straordinaria e poi di liquidarle, perché abbiamo riscontrato condizioni di deterioramento tecnico e organizzativo, che richiedevano interventi di rigore.
  Di queste piccole banche, una con sede in Toscana aveva un cliente fondamentale a Trapani. Era il massimo cliente, se ricordo bene. Siamo partiti da lì per verificare e far emergere i legami anomali. A volte avviene anche nelle grandi banche, soprattutto per quelle che hanno una struttura di gruppo di cui fanno parte tante banche, tante filiali localizzate.
  Abbiamo sanzionato pesantemente le banche, non solo per questioni legate alla normativa antiriciclaggio. Applichiamo sanzioni ogni anno per decine di milioni, per questioni che riguardano l'organizzazione, la gestione del credito e così via. L'attenzione alla compliance, all'antiriciclaggio, è parte di questa attività e non è quella più facile da svolgere. Il sistema di sanzioni forse potrebbe essere reso più forte.
  Tenete conto che, a livello italiano, le sanzioni bancarie sono in capo alle persone, non come nel caso delle assicurazioni, in cui sono in capo alla società. A livello europeo si sta discutendo. Quelle che saranno emanate dalla Banca centrale europea avranno come destinatarie le banche. Sarà possibile però mantenere anche quelle sulle singole persone, ci sono riflessioni in corso.
  Poi ci sono anche altri aspetti: ad esempio, se uno è sanzionato sul piano amministrativo ma viene sanzionato anche sul piano penale, le due sanzioni si possono cumulare o no ? La recente sentenza Franzo Stevens pone determinate domande.
  Credo che il problema vada considerato nel suo insieme, ed è un problema complesso.
  Circa la questione dei certificati CO2 e delle fatture false, non conosco la dimensione. Anch'io leggo queste cose, ma non ne conosco la grandezza. Il procuratore Greco mi diceva di stare più attento ai bonifici, perché questi trasferimenti di fondi effettivamente a volte sono non regolari. È il motivo per cui facciamo queste indagini statistiche, per andare a vedere le anomalie.
  Ci possono essere informazioni che io ora non ho, ma le farò avere. Circa i prestanome, i furti di identità e così via qualcuno ha parlato di Romania.

  CORRADINO MINEO. Ciancimino.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Il problema della Romania esiste; noi abbiamo rapporti con le autorità corrispondenti, che in alcuni casi funzionano bene. Ad esempio, mi chiedono spesso della onorabilità di persone che stanno nei consigli di amministrazione e la stessa cosa faccio io quando aumenti di capitale vengono sottoscritti da residenti in altre parti del mondo. La Romania è appena arrivata nell'Unione Europea, così come la Bulgaria. Abbiamo varie imprese di assicurazione romene in Italia oppure che vogliono operare in Italia, che non sono romene.
  (Intervento fuori microfono) Questa la seguiamo con molta attenzione, essendo una questione molto delicata, anche sul piano delle minacce personali. Quando opponiamo dei dinieghi all'apertura di un istituto qui, teniamo naturalmente conto di chi vuole aprire. Se noi conosciamo la persona e questa vuole aprire in Romania, rispondiamo che non può operare da noi, ma stando nell'Unione europea si devono seguire le regole comunitarie in materia di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi.Pag. 23
  Questo è un fenomeno che esiste e noi l'abbiamo individuato. Se ci fosse la necessità di interventi normativi o legislativi, sicuramente cercherò di abusare dell'aiuto della vostra Commissione. Chiaramente è una questione sulla quale con il Ministero dell'economia e delle finanze abbiamo dei tavoli aperti.

  PRESIDENTE. Una spinta parlamentare.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Non so se le mafie straniere detengono titoli di Stato, non ho idea. I titoli di Stato sono dematerializzati.
  Parliamo di mafie italiane. Le mafie italiane producono contante, dopodiché lo mettono in banca, comprano titoli di Stato, ma non possono tenerli a casa.
  Noi abbiamo titoli di Stato in mano estera, come persone fisiche o enti diversi da grandi banche centrali o istituti internazionali. Probabilmente c’è qualche stima che si può vedere su questo.

  FRANCESCO D'UVA. Non si può escludere.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Non si può escludere niente. Soprattutto perché i titoli italiani rendono. Sono rischiosi, ma hanno anche maggiore rendimento.
  La questione delle 500 euro è interessante: le 500 euro sono crollate in Italia. Ho fatto una valutazione, su questo aspetto, e la cosa interessante è che ci sono stati dei prelievi dalla Banca d'Italia per 500 euro nel 2014 di 167 mila biglietti e c’è stato un versamento di 19,3 milioni di biglietti: in termini di quattrini, 83 milioni contro 9 miliardi 650 mila. In pratica, le 500 euro vengono portate in Italia e versate, non vengono più prelevate in Italia per essere spese.
  Questo vuol dire che sono molto utilizzate nel resto del mondo. Quando lei mi chiede se è possibile eliminare queste banconote da 500 dalla produzione, le dico che io sono membro del Governing Council della BCE e con i miei colleghi Governatori, con Draghi e altri, discutiamo di queste cose e posso rispondere che la maggioranza non vuole. Evidentemente servono. A noi non servono.
  Un'altra cosa che abbiamo notato è un cambiamento nella composizione del contante. Da un lato, è aumentato l'uso del contante in ATM e diminuito quello prelevato presso gli sportelli bancari; dall'altro, in ATM sono usati i 50 e i 20 euro, nel complesso però il contante si usa di meno. Ciò perché ci sono stati da una parte cambiamenti tecnologici e dall'altra norme che limitano l'uso del contante, che sono efficaci.
  Le banconote da 500 euro erano molto utilizzate, un tempo, in due località: Forlì e Como. Ovviamente, Forlì per San Marino e Como per Chiasso. Noi abbiamo fatto interventi veramente molto efficaci sulle nostre filiali per rivedere totalmente la situazione. Questo è stato l'esito di comportamenti che si erano evidenziati come particolarmente sospetti. Su queste cose chiaramente siamo abbastanza attenti.
  Adesso si usano soprattutto i 50 e 20 euro, i 500 e 200 sono sostanzialmente spariti, i 100 si stanno riducendo. Abbiamo molti dati che comprovano tutto questo.
  Sull'autoriciclaggio, le posizioni sono molto diverse. A favore, si dice che l'autoriciclaggio è utile perché incentiva la prevenzione, creando un'altra fattispecie di reato. Tra le critiche, si sostiene che si tratti della continuazione di un altro reato. L'osservazione banale è che ci sono alcune fattispecie qualificabili come nuovi reati che possono essere sanzionate, facendo proseguire l'investigazione sulle vicende sottostanti.
  Alla fine, è comunque positivo che la norma sia stata approvata. La voluntary disclosure dipende da come la vediamo: se come prevenzione di un comportamento o come sistemazione di un pregresso. Se tende a essere un condono, non funziona; se tende a essere, invece, un incentivo a riportare i capitali, pagando le imposte, ma non con un particolare accanimento Pag. 24punitivo, credo che si possa fare, purché dietro non ci siano la mafia, la criminalità e via dicendo.
  Quindi, è fondamentale esseri specifici – questo è il passo successivo – nell'identificare le questioni sulle quali effettivamente non si può transigere.
  Sulle società di intermediazione finanziaria, se ne è ridotto il numero, dopo che a un certo punto ne abbiamo avute più di 1.300, di cui alcune inattive. Abbiamo avuto, circa sei o sette anni fa, l'idea di mandare un questionario per dire che, se volevano continuare a esistere, dovevano comunicarcelo.
  Quelle che non hanno risposto le abbiamo cancellate di iniziativa. Ogni volta che c’è qualcosa che non funziona io tendo a mandare una lettera al MEF per cancellare la società. Non se ne creano tante, anzi rispetto agli anni passati se ne creano davvero poche. Le ispezioniamo, le sanzioniamo, c’è un'attività importante anche su questo. I numeri posso inviarli, non li ho a disposizione, ma sicuramente li trovate nella Relazione della Banca d'Italia. Chiarisco che, oltre alla relazione economica, adesso facciamo anche una relazione sulla gestione della Banca, nella quale diamo conto di come sono spese le risorse, e lì sicuramente ci sono tutti i dati che riguardano anche queste società.

  MAGDA BIANCO, capo servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio. Gli IMEL (istituti di moneta elettronica) e gli istituti di pagamento, che possono essere effettivamente un canale, sono sotto attenzione. Quelli italiani, che però sono solo il 15 per cento del mercato complessivo, li abbiamo ispezionati tutti di recente; quelli comunitari, con succursali e libera prestazione, stiamo cercando di raggiungerli tutti adesso per fare una prima verifica di quali presìdi hanno.
  Abbiamo un problema sulle libere prestazioni senza agenti su cui non abbiamo poteri; su queste l'idea è di stabilire un contatto con le autorità estere e provare a costruire un percorso di collaborazione.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Mi ha chiesto anche se vi è una sproporzione tra i controlli e quei numeri. Quella è anche la manifestazione della nostra capacità. Peraltro, parliamo di un anno, quello trascorso, in cui abbiamo avuto molte risorse della Vigilanza impiegate nell'esercizio di vigilanza europeo.

  MAGDA BIANCO, capo servizio tutela dei clienti e antiriciclaggio. È un approccio basato sul rischio.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Ci sono gli indicatori e sulla base degli indicatori andiamo a riscontrare direttamente. Occorre però distinguere: fare un'analisi centralizzata significa andare da Unicredito e vedere tutto il sistema; nelle piccole banche invece le attività vengono condotte presso gli sportelli.
  Le segnalazioni sospette – questo riguarda anche una domanda fatta dalla Presidente – sono molte. Ciò vuol dire che le banche interessate non sono poche. Noi sappiamo da dove vengono, quante sono, finora il sistema ha operato in modo efficace. Le varie indagini della magistratura che voi leggete sui giornali, quelle che voi vedete anche di vostri colleghi, in gran parte sono innescate dalle segnalazioni.
  La domanda è se ci si concentra più su ciò che è facilmente utilizzabile a fini di media con il rischio di guardare meno altri fenomeni rilevanti. Per questo la combinazione con l'individuazione attiva anziché solo passiva è importante.
  Io ho una buona valutazione delle segnalazioni sospette e anche del modo in cui queste sono esaminate. Abbiamo avuto un accumularsi di giacenze e abbiamo esaurito il pregresso, grazie al lavoro della UIF, del direttore, in un paio d'anni. Siamo adesso in una fase non di emergenza ma di routine, quindi io sono abbastanza soddisfatto.
  Quella dei money transfer è una questione sulla quale spesso ci interroghiamo. Di volta in volta ci sono dei casi che si verificano, delle analisi ad hoc, ma è un problema internazionale. Ero a Basilea, domenica scorsa, dove abbiamo a lungo discusso i fatti parigini. Questi canali sono Pag. 25quelli sui quali ci si interroga. So che la Banca mondiale ha un progetto sulle rimesse degli immigrati e i finanziamenti che possono esserci attraverso queste.
  L'onorevole prima ha parlato di Medioriente; è un tema che sicuramente è alla nostra attenzione, ma numeri esatti non saprei riferirne.
  Si è parlato di crisi, di mafie e se la crisi possa causare problemi di un certo tipo. È vero, li causa. È vero che le banche sono restie a dare credito ? Sì, perché c’è un rischio di credito molto alto. Un rischio di credito vuol dire che il tasso di sofferenza è molto alto, che c’è asimmetria informativa, non si sa se A o B restituirà. A questo punto, non si concede né ad A né a B o si aumenta il costo.
  Credo che dipenda da problemi strutturali. Il sistema economico italiano è in ritardo; il sistema produttivo non ha fatto gli investimenti per tempo, per competere con le nuove tecnologie o i nuovi mercati, ma li sta facendo. Vi sono molte storie di successo e le banche devono andare in quella direzione. Bisogna essere cauti con le piccole imprese che vogliono continuare a sopravvivere ma non ce la fanno prospetticamente.
  È ovvio che bisogna anche essere attenti alla questione sociale, a come si «difende» il debole in questo contesto, però è un elemento che può stimolare l'utilizzo di canali alternativi. Si tratta di un aspetto molto delicato, sono d'accordo. È l'economia che deve ripartire. Una volta che si rimette in moto un processo di crescita, a questo punto si può intervenire sulle anomalie. Quando, invece, il processo di crescita è anomalo, le anomalie chiaramente si diffondono in altri settori.
  È lo stesso rischio per cui alla fine ci sono tante imprese in mano a prestanome, esponenti criminali mafiosi, che si rivolgono alle banche, hanno immobili, garanzie, titoli e così via e ricevono i prestiti. Quando la banca comincia a capire, taglia. Quando la magistratura interviene l'impresa è già in difficoltà perché ha avuto il taglio. A questo punto, è il colpo di grazia.
  Io credo che ci siano grandi progressi in corso, anche a livello di magistratura, sulla gestione, sulla individuazione di amministratori e via dicendo. Qualcuno prima ha posto una domanda sull'ABI. È molto importante un dialogo aperto con l'ABI, con Confindustria, ci sono questi fondi di garanzia che possono essere usati per garantire la continuazione di una coop oggetto di sequestro, che però funziona.
  Queste sono questioni sulle quali credo che vengano fatti dei passi avanti da magistrati molto capaci, a Roma sicuramente. Certo è bene stimolare l'attenzione delle banche al riguardo.

  PRESIDENTE. Chiedere anche una collaborazione, in quella fase. Quando le aziende diventano dello Stato, a quel punto bisognerebbe...

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Sì, però deve essere conveniente, non può essere a fondo perduto. Se l'azienda diventa dello Stato, ma poi è destinata a morire...

  PRESIDENTE. Visto che un po’ di responsabilità prima c'era, danno un contributo nella fase nuova, no ? Ci pensi un po’, Governatore.
  Se prima hanno dato crediti e non si sono accorti che quei signori erano solvibili perché mafiosi, un minimo di contributo dopo...

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Sicuramente, se non l'hanno visto e avrebbero potuto vederlo, noi interveniamo; infatti la maggior parte delle sanzioni, quelle da milioni di cui parlavo prima, è legata a problemi di organizzazione, nella concessione del credito, nella compliance, nei controlli, oltre che a comportamenti scorretti veri e propri. Quindi, questi ci sono e vengono visti dalla Banca d'Italia.
  Io credo che il fenomeno sia circoscritto, che non vi sia questa diffusione per cui tutte le banche italiane sono un covo di gente che non...

  PRESIDENTE. No, Governatore, non tutte le banche italiane, però tutti i beni confiscati hanno un finanziamento delle banche.

Pag. 26

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Tutti, ma anche tutti i beni non confiscati. In Italia, tutto quello che avviene...

  PRESIDENTE. Non me li metta sullo stesso piano, però.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Abbiamo fatto uno studio per vedere se vi sono differenze, nella concessione del credito, tra imprese che poi risultano o non risultano in mano alla criminalità. Ebbene, non ci sono grandi differenze.

  PRESIDENTE. Ma ci devono essere ! È il fatto che non ci siano che ci preoccupa, Governatore.
  Le forze dell'ordine ci hanno detto che quando vogliono capire qualcosa di un imprenditore vanno dal direttore della banca, perché sa le cose, perché finisce per conoscere, perché è costretto a conoscere meglio. Oppure, come si fa a non capire se la rata di un mutuo in un conto corrente vuoto arriva puntualmente tutti i mesi e poi risulta che dietro al mutuo con cui si è comprato l'appartamento c'era una sorta di ricatto ?
  Non deve esserci lo stesso comportamento.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Il punto di fondo è che vorrei evitare che si pensasse che tutti i rapporti di credito in genere abbiano un vizio di questo tipo.

  PRESIDENTE. Non abbiamo detto questo.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Impieghi o raccolta: ho difficoltà a capire, perché alla fine la raccolta viene impiegata. L'impiego è il bonifico, la raccolta è sostanzialmente il versamento del contante. Se c’è un versamento di contante particolare, la segnalazione parte subito.
  Io sono colpito dal fatto che escono fuori tutte queste indagini. Avrei immaginato che la gente cambiasse metodo. Evidentemente non ci sono metodi alternativi.
  Banche grandi o piccole: non lo so. Sicuramente abbiamo esperienze più mirate sulle piccole banche, dove è più facile verificare, si vedono i rapporti uno per uno. Nelle grandi banche, essendo la dimensione molto ampia, il discorso è diverso.
  I grandi banchieri credo che siano attenti a queste cose, ma ovviamente molto dipende dall'organizzazione interna.

  ENRICO BUEMI. Per grandi banche intendevo anche soggetti del gruppo.
  Nei soggetti di gruppo c’è questo parallelismo con le piccole banche che non sono parte di gruppo ? Capisco che le piccole dimensioni possono favorire certi comportamenti...

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Può avvenire anche nelle filiali delle grandi banche. Lo abbiamo visto, l'abbiamo sanzionato, potrei fare anche degli esempi.
  Sui paradisi fiscali abbiamo molte informazioni e dati. Sulle regioni di provenienza si possono fare studi.
  La collaborazione tra banche e magistratura è un tema molto importante. Noi interloquiamo con la magistratura e con le forze investigative. Tra l'altro, noi abbiamo delle persone in un nucleo distaccato presso la Procura di Milano e la Vigilanza collabora con la Procura di Roma.

  PRESIDENTE. Anche con la Procura Nazionale Antimafia.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Con la Procura Nazionale Antimafia c’è un rapporto diverso. Non abbiamo persone della Banca d'Italia che fanno attività per la Procura, però abbiamo anche esperti della Banca che fanno particolari approfondimenti. Noi non abbiamo le informazioni che vengono dalle attività investigative.

  CORRADINO MINEO. Lei non crede che Banca d'Italia...

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  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. La UIF sì.
  Non vorrei che l'attività di vigilanza si trasformasse in un'attività di investigazione, mentre l'attività di informazione finanziaria trova un naturale interlocutore nella magistratura.
  Sulla falsificazione, che dobbiamo fare ?

  PRESIDENTE. È l'estro napoletano.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Per questo noi abbiamo sempre nuove serie, che sono molto più difficili da contraffare. I falsari sono molto bravi, non c’è niente da fare, però le dimensioni del fenomeno non sono grandi. Stiamo parlando di decine di milioni, non di miliardi. Tuttavia, se questa attività si svolge in un ambiente nel quale c’è molta attività criminale, può divenire un grosso problema.
  Sulle coop ho risposto, però per approfondire l'argomento posso dare maggiori informazioni.
  Abbiamo parlato delle difficoltà delle imprese. Quanto alle aziende confiscate e alla chiusura di credito, questo è un problema serio, però credo che molto dipenda dalla rapidità con cui la magistratura riesce a intervenire e a sostituire gli amministratori. Credo che lo abbiano capito bene. Ci sono delle differenze fra il momento finale nel quale il bene è confiscato e il periodo che intercorre tra quando si interviene e il momento in cui si fa la confisca, perché bisogna continuare a gestire l'impresa in modo efficiente.
  Infine, Presidente, se lei vuole parlare con l'ABI sono pienamente d'accordo; ci parlerò anch'io.

  PRESIDENTE. Ci date una mano anche voi.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Ci parlerò anche io.
  L'errore va tutelato, ma il dolo no: io sono d'accordo. Se c’è un errore, bene; se c’è il dolo no. È ovvio, ci vuole la proporzionalità. Ma se per caso c’è un mafioso che ha reddito zero, qualunque percentuale su zero è zero. Quindi un conto è il reddito effettivo, un conto è un reddito di una componente che sfugge perché è totalmente sommersa. Credo che questo non significhi non avere attenzione agli errori, ma scrivere le norme in modo da mantenere l'attenzione viva sui comportamenti che sono...

  ENRICO BUEMI. Scusi, il criterio della percentuale le pare criterio...

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Dipende. In fase normale, sì, dipende che percentuale è e che cosa si intende per normale. Se però un signore non ha reddito ma solo ricchezza, a questo punto la percentuale si applica sul reddito o sulla ricchezza ? Se io ho solo titoli di Stato...

  ENRICO BUEMI. Però le grandi quantità le fanno gli errori collettivi. Però qui c’è un problema, cioè che l'errore collettivo non è mai un errore, ma è una volontà. Non è pensabile che in una grande organizzazione ci sia un errore del 3 per cento, per capirci. Mentre in una piccola azienda l'errore del 3 per cento può arrivare da una sbadataggine. Ci siamo capiti.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Sono contento di occuparmi della Banca d'Italia. Questo è un fenomeno sul quale esprimo un giudizio da cittadino. Posso dire ovviamente che le entrate dello Stato sono importanti, però ci sono altri risvolti, che sono di interesse di questa Commissione, che non sono di natura macroeconomica, ma sono identificati sui comportamenti criminali.
  Quindi, bisogna fare in modo che il comportamento criminale non sia agevolato da alcuna di queste norme.

  PRESIDENTE. Le norme vanno scritte per tutelare chi sbaglia, non per tutelare chi compie i reati. Punto.

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  ELISA BULGARELLI. Ho dimenticato di porre una domanda. Se ci fosse di nuovo la separazione fra banca di investimento e banca commerciale i controlli sarebbero più semplici ? Faciliteremmo il compito di garanzia o non cambierebbe nulla ? Bisognerebbe reinventarsi tutto e ricominciare daccapo ?

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. Non ho pensato. Non lo so. Potrei rispondere sì, sotto certi aspetti, ma anche no, sotto altri aspetti. Non lo so, possiamo rifletterci. Io non sono del tutto favorevole a quella soluzione, però possiamo discuterne.
  Credo che abbiamo finito, più o meno.

  PRESIDENTE. Rimane l'onorabilità. Inoltre, se uno ha avuto una condanna da una parte, se c’è qualche conseguenza anche dentro le banche.

  IGNAZIO VISCO, Governatore della Banca d'Italia. La normativa bancaria definisce l'onorabilità in modo chiaro. Tutte le volte che discutiamo di questo facciamo riferimento ad essa. Su quella base, come lei avrà letto sui giornali, abbiamo assunto alcune iniziative.
  In quel contesto la nozione di onorabilità è molto chiara: ai fini giuridici è legata alla condanna in sede definitiva; finché non c’è quella non si può fare nulla. In ogni caso è il consiglio d'amministrazione che deve intervenire. Se interviene in un certo modo, favorevole, si aspetta la fine del processo. Il problema è che in Italia i tempi sono troppo lunghi, ma se fossero più brevi non ci sarebbe alcun problema grave.

  PRESIDENTE. Grazie, Governatore. Spero che non abbiamo abusato del suo tempo, ma per noi era importante ascoltarla. Naturalmente tutte le altre informazioni che potrà fornirci saranno gradite. Noi siamo anche a disposizione per eventuali richieste da parte sua, come Commissione che non ha un'iniziativa legislativa in sé ma che ha una possibilità di promozione e di sollecito, sia al Parlamento che al Governo, per norme e anche atti e comportamenti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.25.