XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 72 di Martedì 16 dicembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, Giovanni Colangelo.
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 5 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 5 
Bindi Rosy , Presidente ... 6 
Capacchione Rosaria  ... 6 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 6 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 7 
Capacchione Rosaria  ... 7 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 7 
Lumia Giuseppe  ... 7 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 8 
Lumia Giuseppe  ... 8 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 8 
Lumia Giuseppe  ... 9 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 9 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 9 
Lumia Giuseppe  ... 9 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 9 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 9 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 9 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 12 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 12 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 12 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 13 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 13 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 13 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 14 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 14 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 14 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 14 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 14 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 15 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 15 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 15 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 15 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 16 
Fava Claudio (Misto-PSI-PLI)  ... 16 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 17 
Fava Claudio (Misto-PSI-PLI)  ... 17 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 17 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 17 
Fava Claudio (Misto-PSI-PLI)  ... 17 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 17 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 18 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 18 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 18 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Manfredi Massimiliano (PD)  ... 18 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 18 
Manfredi Massimiliano (PD)  ... 19 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 19 
Manfredi Massimiliano (PD)  ... 19 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 19 
Garavini Laura (PD)  ... 19 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 20 
Garavini Laura (PD)  ... 20 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 20 
Piepoli Gaetano (PI-CD)  ... 21 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 21 
Piepoli Gaetano (PI-CD)  ... 21 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 21 
Fava Claudio , Presidente ... 22 
Colangelo Giovanni , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 22 
Borrelli Giuseppe , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 23 
Fava Claudio , Presidente ... 23

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.55.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, Giovanni Colangelo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, Giovanni Colangelo, accompagnato dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. L'audizione ha a oggetto le recenti vicende dei boss della camorra casalese, Antonio Iovine e Giuseppe Setola, che risultano aver avviato un percorso di collaborazione con la giustizia. La seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera. Ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta. Nel ringraziare gli auditi per la loro presenza, cedo la parola al procuratore Colangelo.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Ringrazio il presidente e la Commissione, che hanno avuto la bontà di volerci ascoltare.
  Devo premettere che le dichiarazioni di Iovine hanno avuto completamento per il periodo previsto dei 180 giorni soltanto pochi giorni fa, quindi sono dichiarazioni che hanno dato luogo a un corposo volume di racconti riguardanti le situazioni e i fatti più disparati, che vanno dagli omicidi a fatti di criminalità organizzata, al racconto di come si sia evoluta la strategia della criminalità dei casalesi nel corso degli ultimi 15-20 anni. Tutte queste dichiarazioni, quindi, sono attualmente al vaglio per i riscontri di attendibilità intrinseca ed estrinseca. Sono apparse indubbiamente di particolare interesse. I primi riscontri sono stati tutti favorevoli e positivi, tanto che è stata questa la conferma del programma di protezione nei confronti di Iovine. Ovviamente, una serie di altri aspetti sarà ulteriormente approfondita per il futuro. Data la delicatezza e, come ho detto, la fase assolutamente preliminare di verifica di queste dichiarazioni, gran parte dei fatti oggetto delle stesse sono attualmente ancora in fase d'indagine preliminare, perciò non suscettibili ancora di divulgazione. Quello che appare importante indubbiamente in questa prima fase è la delineazione del racconto di Iovine del passaggio della camorra da violenta a «imprenditrice». Iovine ha delineato come, da un certo punto, dal 2005, in poi la camorra abbia cercato di inserirsi in maniera sempre più attenta e oculata nel mondo e nel regime degli appalti e, in questo caso, oltre che nelle varie altre attività criminose, trattando direttamente con gli imprenditori e cercando di stabilire un rapporto con le imprese. Viene, quindi, un po’ a mutare il Pag. 4rapporto di pressione o di intimidazione nei confronti degli imprenditori e il camorrista diventa quasi un socio, un collaterale dell'imprenditore stesso. Sarà poi l'imprenditore a doversi preoccupare di trovare i necessari riferimenti per conseguire l'oggetto finale delle sue aspettative, cioè l'appalto e poi il ritorno verso lo stesso camorrista. Questo è il quadro così delineato, che indubbiamente pone una prospettiva di verifica, sia per l'individuazione di tutti gli imprenditori che in qualche modo siano venuti a contatto con le organizzazioni camorristiche, sia per verificare quali siano le modalità con cui sono state conseguite le successive fasi degli appalti. L'altro aspetto delineato da Iovine riguarda il rapporto tra i vari gruppi del clan dei casalesi, e quindi del gruppo che prima faceva capo a un unico nucleo centrale, fino alla frammentazione in più gruppi, di cui uno faceva capo allo stesso Iovine, l'altro a Zagaria e l'altro ancora a Schiavone, con la scissione rispetto al gruppo dei Bidognetti, per i quali si pone a un certo punto una situazione di contrasto, di criticità. Iovine delinea, inoltre, i vari interessi extra-appalti, parzialmente di sua diretta conoscenza, quale quello dei rifiuti, perché dichiara che egli si è occupato solo marginalmente delle vicende riguardanti i rifiuti in quanto erano prevalentemente di interesse del gruppo Bidognetti e, a seguito di contrasti insorti con questi ultimi, di essersi in un certo modo tirato indietro da questo tipo di affari per non creare ulteriori elementi di crisi e di frattura all'interno del proprio gruppo. Ha, inoltre, parlato di una serie di investimenti da parte del suo gruppo in particolare, che hanno già dato luogo ad alcuni provvedimenti di sequestro preventivo di immobili. Ha poi parlato anche dei rapporti diretti con Setola come esponente del clan Bidognetti, per un certo periodo addirittura come suo reggente, e racconta anche dei contrasti poi insorti tra Setola e Zagaria in relazione a una tangente imposta a un imprenditore che, invece, era vicino al gruppo Zagaria. Ha parlato pure di qualche omicidio. Non ha parlato direttamente di rapporti con esponenti politici o amministratori locali. Ha parlato, come vi dicevo, prevalentemente dei rapporti tra il gruppo dei camorristi, dei casalesi, e gli imprenditori. Queste sono le grandi linee. La novità, se così si può dire, delle dichiarazioni e delle prospettive investigative che oggi si sono poste riguardano proprio questo diverso taglio dato da Iovine in relazione ai rapporti esterni della camorra, e quindi ai rapporti con il mondo dell'imprenditoria, che ovviamente significa legame con gli interessi legati agli appalti. Per quanto riguarda Setola, il problema si è posto in termini diversi. Dall'inizio, il nostro approccio con le sue dichiarazioni è stato estremamente prudente per un duplice ordine di ragioni: sia per l'inaffidabilità del soggetto, estremamente labile, estremamente ondivago non soltanto nelle sue dichiarazioni, ma proprio nei suoi atteggiamenti, sia per quanto riguarda proprio il merito delle sue dichiarazioni.
  Come saprete forse da informazioni di stampa, in un primo tempo Setola dichiarò di voler collaborare, poi ha ritrattato queste sue dichiarazioni, poi è ritornato su questa ritrattazione dicendo pubblicamente che intendeva collaborare, tanto che a questo punto il nostro ufficio si è posto il problema concreto della sicurezza dei congiunti di Setola dal momento che la sua affermazione fatta in aula di divenire collaboratore di giustizia avrebbe esposto a rischi i suoi familiari. Abbiamo cominciato ad acquisire le prime dichiarazioni di Setola, per la verità dall'inizio sono apparse di un certo interesse, soprattutto per quanto riguarda gli omicidi dei quali ha cominciato a parlare. Come è noto, dopo qualche tempo Setola ha avuto un nuovo cambiamento di idee, ha dichiarato che non intende più collaborare ed è ritornato sui suoi passi. Non abbiamo mai voluto dare per scontata una sua volontà di collaborazione, tanto che Setola non è mai uscito dal regime del 41-bis ed è stato sempre monitorato con grande attenzione, con molto rigore. Appena ci ha manifestato il suo desiderio di non collaborare più con la giustizia, è stata chiesta la revoca del programma di Pag. 5protezione, è ritornato in regime ordinario e le sue dichiarazioni saranno utilizzate contra se, ovviamente per tutta la parte utilizzabile, ed erga alios soltanto per quella piccola parte che sarà possibile diversamente riscontrare, ma è una collaborazione che si è svuotata di contenuto sin dall'inizio.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al sostituto procuratore Borrelli.

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. L'evento formidabile della collaborazione di Iovine è costituito, essenzialmente, oltre che ovviamente dall'analisi delle singole vicende nelle quali risulta coinvolto, quindi singoli affari, singoli appalti, singoli omicidi, nella delineazione della struttura del clan dei casalesi, di cui in realtà Iovine nega l'unitarietà. Riconduce la scissione con i Bidognetti tra la fine degli anni novanta e l'inizio dei duemila e afferma una sostanziale fine del clan dei casalesi nel 2007 in relazione a un contrasto insorto tra lui e Michele Zagaria, per il quale ebbe motivi di risentimento.
  Al 2007, quindi, Iovine colloca l'ultima riunione della cupola dei casalesi. Da questo momento in poi, l'organizzazione dei casalesi procederà scissa: da un lato, continuerà a esserci Bidognetti con i suoi affari; dall'altro, rimarrà Zagaria e manterranno un contatto Iovine e la famiglia Schiavone, che non a caso, poco prima della cattura di Iovine, addirittura ipotizzerà di uccidere Michele Zagaria. Un'altra cosa significativa delle dichiarazioni di Iovine, altrimenti non è possibile capire bene quella che è stata l'organizzazione del gruppo dei casalesi, è quella di stabilire in che senso il clan poteva considerarsi effettivamente come unitario. In una dichiarazione molto significativa, Iovine sostanzialmente dice che intanto esisteva un clan in quanto esisteva una cassa, cioè l'unitarietà del clan coincideva con l'unitarietà della cassa. Quest'ultima viene meno per effetto dell'uscita dal gruppo della famiglia Bidognetti, con la sola eccezione dei fondi destinati al pagamento degli stipendi per il 41-bis, tratti esclusivamente dal controllo del clan sul gioco d'azzardo elettronico. L'unico momento unitario che residua, quindi, già negli anni duemila, del clan riguarda la gestione del gioco d'azzardo elettronico, che assume, nell'economia dell'organizzazione, una dinamica ovviamente molto importante. Per dare un'idea della portata economica degli affari del clan dei casalesi, posso dirvi solo che Iovine riferisce come già negli anni duemila ciascuna famiglia – stiamo parlando di cinque famiglie: Caterino Giuseppe, Schiavone, Iovine, Zagaria e Bidognetti – versasse alla cassa comune 60 mila euro al mese, quindi 300 mila euro al mese, devoluti ai soli pagamenti degli stipendi, ovviamente a parte i profitti dei capi delle organizzazioni criminali in sé e per sé considerati. Era, quindi, un'organizzazione che aveva circa 3 milioni 600 mila euro l'anno di pagamento di stipendi. Il procuratore ha già riferito delle dichiarazioni che Iovine ha reso in materia di rifiuti. Ci sono state anche molte notizie di stampa, a volte corrette e a volte meno, uscite in questi mesi sulle dichiarazioni e sulla gestione di Iovine, sulle quali risponderemo a eventuali domande. Vorrei aggiungere un'ultima considerazione relativa a Setola, che rappresenta un po’ un paradigma delle difficoltà in cui viene a trovarsi una procura della Repubblica nella gestione del sistema della collaborazione di giustizia. Ho sentito direttamente Setola in due circostanze e posso, quindi, offrire una testimonianza diretta.
  Setola è un soggetto, come ha detto proprio esattamente il procuratore Colangelo, psicologicamente inaffidabile, palesemente instabile. È un soggetto che avrebbe potuto rendere dichiarazioni che, francamente, ritengo importanti. Certo, è un soggetto che si è macchiato di delitti efferati, ma questo non può costituire di per sé motivo per non assumere e non seguire la sua collaborazione, perché tendenzialmente la legge sui collaboratori di giustizia è stata fatta per autori di grossi crimini. È inutile che ce lo neghiamo.
  I vantaggi e gli oneri, per lo Stato piuttosto pesanti e prolungati nel tempo, Pag. 6previsti dalla legge sui collaboratori di giustizia si riferiscono a soggetti che hanno molto da dire, perché hanno avuto un rilevante peso criminale. Tuttavia, la procura di Napoli si è posta fin dall'inizio il problema di dar luogo o meno alla collaborazione di Setola, proprio per la consapevolezza della difficoltà di gestione del collaboratore.
  Setola, però – vorrei dirlo in maniera molto chiara – ha imposto la necessità di interrogarlo e di seguire la sua collaborazione perché è andato in udienza e pubblicamente ha detto che era responsabile di 46 omicidi, di cui solo 23 contestatigli e che era disponibile a rendere dichiarazioni sugli altri 23 che non gli erano stati contestati.
  A questo punto, quello di interrogare Setola era, più che una scelta, un obbligo d'ufficio, al quale la procura ha ottemperato, ovviamente con la consapevolezza che avrebbe utilizzato tutto ciò che Setola avrebbe detto e non solo ciò che Setola avrebbe detto contro sé. Ovviamente, come bene ha detto il procuratore, le cose sono andate più veloci di quanto si pensasse ed è emersa l'assoluta impossibilità di una gestione di questo signore, che ha preso le sue decisioni, che ovviamente abbiamo accettato.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  ROSARIA CAPACCHIONE. Del pentimento di Iovine si era cominciato a parlare già quando ancora lavoravo al giornale. C'erano stati vari interrogatori in cui si comprendeva una sua disponibilità in questa direzione. Da un certo punto di vista, è stata un'operazione da manuale, anche se alcune sue risposte mi lasciano un po’ perplessa, soprattutto per quello che riguarda, per esempio, almeno per quello che ho avuto modo di leggere sui giornali, per quel poco che è stato depositato nelle udienze, le sue attività romane. Risultano, infatti, delle cose, ma non ne ho ancora trovato traccia negli atti, a parte la gestione di locali anche di una certa fama, oltre all'attività di gioco d'azzardo. Si raccontava di altre attività imprenditoriali di peso nel centro storico di Roma. Di questi tempi, con le indagini che ci sono state adesso su Roma capitale, sarebbe interessante capire quanto fossero chiacchiere, quanto fosse realtà e quali collegamenti avesse con la criminalità romana visto che alcune di queste proprietà, soprattutto nei locali, erano di provenienza della banda della Magliana in origine, quindi qualche rapporto doveva pur esserci. Mi interessa, invece, sapere di altre cose che sono rimaste in sospeso e di cui si è avuta una parziale discovery nel corso di altre indagini. Mi riferisco, per esempio, agli atti depositati nell'ultimo provvedimento a carico dell'onorevole Cosentino. In un'informativa si faceva riferimento a un'associazione antiracket che si era andata costituendo a Casapesenna dopo l'arresto di Zagaria, che in realtà – così diceva l'informativa – era cosa differente da un'associazione antiracket, poiché era semplicemente un tentativo di copertura, come almeno sembrava di capire dall'informativa, di imprenditori prestanome del clan. A proposito di Zagaria, se è possibile in questa sede, vorrei sapere di alcuni buchi neri che ci sono stati al momento della cattura, come circa il denaro che era stato lasciato in tasca a Zagaria al momento dell'arresto e sulle modalità di gestione di quell'arresto, che poi sono rimaste in sospeso e di cui non si è saputo più nulla. Se è possibile in questa sede, vorrei avere qualche chiarimento.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Purtroppo, possiamo dire relativamente poco su questo punto. Per quanto riguarda l'accenno alle vicende romane, devo dire che tutto quello che si presenta o prospetta delle possibilità di coordinamento investigativo è sempre all'attenzione mia e del collega Pignatone di Roma. Ci sentiamo spessissimo, ci scambiamo continuamente atti, quindi quello che c’è di concreto negli atti è trasmesso alla procura di Roma e viceversa. Di ritorno dalle Pag. 7indagini di Roma a noi non è giunto nulla, quindi al momento non c’è nulla che nelle indagini di Roma crei questo punto di collegamento con le vicende delle quali lei ha parlato.
  Per quanto riguarda gli altri aspetti di cui si evince una traccia nei verbali depositati o nelle informative depositate nel corso del dibattimento, mi spiace dover dire che si tratta di indagini al momento in una fase estremamente delicata, sulla quale, signor presidente, preferiremmo non entrare. Siamo a un punto sia di verifica sia di eventuale evoluzione talmente delicata che ci riserviamo sul punto. Possiamo solo dire che le vicende sono alla nostra attenzione nell'uno e nell'altro caso, ma sul cui merito, se il presidente consente e chiedendo scusa ai componenti della Commissione, preferiremmo rinviare a quando gli atti saranno esplicitati e magari in quella sede, anche con una semplice telefonata, potremo mandare copia di atti laddove esplicitabili.

  PRESIDENTE. La presidente consente. Non vedo cos'altro potrei fare, se non invitarvi a proseguire nelle vostre indagini e a ottenere presto i risultati.

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. In realtà, Iovine non ha riferito grandi cose su Roma, ma ha riferito di avere rapporti con alcuni noti personaggi romani, camorristi romani, per i quali gli atti sono stati trasmessi alla procura di Roma, che ovviamente ha approfondito essa gli aspetti.

  ROSARIA CAPACCHIONE. Mi riferivo, per esempio, a Gilda o a Il Destriero.

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Posso dire che su Gilda ha negato di avere avuto interessi economici, ma ha affermato di averne avuti in altri settori economici della capitale e di aver avuto interessi anche nel controllo del gioco d'azzardo nella capitale, di aver avuto rapporti con soggetti romani di spessore, sui quali gli atti, naturalmente, sono stati trasmessi a Roma per quanto riguarda la dinamica delle singole vicende. Per quanto riguarda il resto, il procuratore ha già risposto. Si tratta di fatti che sono noti alla procura di Napoli, che ha in corso specifiche attività investigative sul punto.

  GIUSEPPE LUMIA. Avete fatto, giustamente, una lettura di cos’è il clan dei casalesi, di com’è organizzato, i livelli di unità e di crisi che hanno raggiunto. Vorrei sapere, innanzitutto, dei rapporti dei casalesi con le altre organizzazioni mafiose. Questo è un punto importante per capire, nella geopolitica mafiosa nazionale, come si collocassero, con quali rapporti e quale potenza questi ultimi avesse raggiunto, se fossero in grado di avere rapporti alla pari con le altre organizzazioni mafiose e la loro «politica di espansione» in altri territori. Sarebbe importante avere, anche da questo punto di vista, una lettura delle presenze nelle altre regioni. La seconda cosa che è importante sapere è il rapporto con i servizi, innanzitutto in fase di cattura, sia di Iovine sia di Zagabria: avete avuto segnalazioni da parte dei servizi ? Hanno avuto un ruolo o sono state, appunto, indagini fatte solo con le forze di polizia ? Loro vi hanno raccontato il sistema di relazione che avevano eventualmente con gli apparati ? Avete fatto domande ? Su questo avete scavato ? Sono in corso indagini ? Anche questo, infatti, è un elemento importante che ci aiuta a capire la potenza e il grado di crescita del clan dei casalesi. L'altra cosa importante su cui normalmente non si riesce a ottenere grossi risultati sono le piste del riciclaggio. Anche di fronte a grandi collaboratori, questo è un tasto trattato con difficoltà e spesso e la loro omertà riesce a superare anche gli obblighi di legge loro imposti nel dichiarare anche in questo versante. Vorrei sapere se vi ha spiegato quali fossero i flussi del riciclaggio, quali i server, i colletti bianchi, le società che utilizzavano per individuare i flussi di denaro che andavano oltre la collocazione nel territorio, che pure è Pag. 8importante e che va colpita, e se avessero anche rapporti che andavano al di là del nostro Paese e raggiungessero, oltre che le regioni del centro nord, anche altre realtà più di tipo internazionale. L'altra cosa importante, anche questo un punto molto delicato che in una collaborazione bisogna conoscere, è il rapporto con le forze dell'ordine e con la stessa magistratura. È l'ossessione di un clan mafioso avere notizie, poter conoscere per tempo le indagini, provare a bloccarle. Questa è una loro strutturale ossessione che andrebbe verificata. Penso che un boss del calibro di Iovine qualcosa dovesse sapere. Così abbiamo detto sulla politica, al di là delle indagini. Ha detto che Iovine sulla politica non ha fatto dichiarazioni, sostenendo che era più impegnato sul versante imprenditoriale, se non ho capito male. Se ci chiarisse questo punto, sarebbe molto. Un clan che, infatti, non ha rapporti con la politica, ha delle difficoltà a salire nella gerarchia e ad avere un sistema di relazioni molto forte. Infine, mi preme sapere se Iovine vi abbia parlato di progetto omicidiari, come normalmente chiedete sin dall'inizio, e se Setola in quella fase di collaborazione, con le caratteristiche precarie che qui ci avete spiegato, abbia raccontato di come riuscì, appunto, a farla franca quando si fece fare quel certificato in cui si camuffava la sua difficoltà agli occhi. Anche questa è una curiosità che mi sono sempre portato appresso. Sarebbe importante conoscerne il canale.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Le domande sono tante, ma cercheremo di rispondere sia io sia il collega. Parto dalla domanda che riguarda i rapporti con i servizi o con le forze di polizia, cui ha fatto riferimento. Per quanto riguarda i rapporti con i servizi, è un aspetto abbastanza evidenziato e circoscritto. Iovine dice di avere ricevuto tramite un soggetto dei contatti con i servizi, i quali volevano pervenire alla cattura di Setola, che in quel momento appariva particolarmente pericoloso con la sua mentalità stragista e perché era assolutamente incontrollabile. Dice, però, Iovine che lui ha voluto in un certo senso testare anche la qualità e la serietà della proposta avanzata richiedendo immediatamente dei benefìci riguardanti sua moglie, al momento detenuta in carcere. Naturalmente, gli fu risposto che non si poteva parlare di scarcerazione o di liberazione anticipata dalla moglie e Iovine ritenne che queste proposte fossero piuttosto fantasiose e, in sostanza, questa proposta non ha avuto seguito, è diventata evanescente e il progetto – possiamo usare quest'espressione – è abortito sul nascere, non ha avuto nessun seguito.

  GIUSEPPE LUMIA. Mi scusi, ma siete riusciti ad accertare se fosse un collegamento, con vostre indagini, serio, se fossero realmente servizi o una millanteria di altri ?

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Ci sono sul punto dichiarazioni assolutamente convergenti di vari collaboratori. Il problema non è questo, ma che la vicenda va collocata in un contesto particolare, che probabilmente ricorderete, lei sicuramente ricorderà. Si diceva, sostanzialmente, che Setola, dopo la strage di Castel Volturno, aveva una grossa quantità di tritolo, con la quale praticamente stava per compiere atti stragistici. L'esigenza di catturare Setola in quel momento era prioritaria, ma non voglio essere equivocato, mi faccia completare il discorso. Il punto da analizzare, sul quale ovviamente stiamo facendo tutti i riscontri da farsi anche ai fini dell'individuazione dei soggetti che hanno sicuramente avuto dei rapporti con Iovine per interposta persona – attenzione – cioè relazionandosi con soggetti liberi e non inseguiti da misura cautelare, il problema è quello di vedere se la proposta fatta a Iovine fosse finalizzata a catturare Setola, ma non doveva poi essere mantenuta – non so se rendo l'idea – o se invece dovesse essere mantenuta. Comprenderà che il punto fondamentale ovviamente è questo.
  Si parte dalla premessa che, per risolvere un problema di ordine pubblico, si Pag. 9può anche fare il gioco sporco. Iovine, invece, testa immediatamente questo gioco sporco e chiede che gli si dimostri che erano in grado di fare quello che dicevano chiedendo la scarcerazione della moglie. Lì il bluff cade subito, perché gli rispondono che non sono in grado di farlo, fine della discussione.

  GIUSEPPE LUMIA. È da approfondire...

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Guardi, non è da approfondire, è in corso di approfondimento. Penso che proprio oggi sia stato compiuto un ulteriore atto di acquisizione di documentazione, quindi è in corso di approfondimento.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. In sostanza, l'iniziativa era mossa da finalità virtuose e per certi versi «istituzionali», quelle cioè di evitare attentati o stragi. Bisognava vedere se il mezzo scelto o quanto era proposto fosse conforme alle norme di legge.

  GIUSEPPE LUMIA. Voi eravate informati ?

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. No, certamente no. Il problema si è posto nel momento in cui si tratta di verificare se una qualsiasi ipotesi di reato si sia fermata in una fase talmente propedeutica da non assurgere neppure a livello di atti punibili o meno. È quello che stiamo verificando, quale sia l'alveo di questi movimenti preliminari. Posto che pacificamente tutto è morto sul nascere, diventa accertamento sì doveroso, ma abbastanza difficile da compiersi e delicato. L'altro aspetto, invece, che riguarderebbe presunti contatti tra appartenenti alle forze di polizia e Iovine, non ha avuto nessun positivo riscontro, non è stato mai confermato da Iovine, non ha trovato conferme da parte di terzi e al momento è privo di riscontri oggettivi.

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. In costanza di latitanza.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Parliamo, ovviamente, di contatti non consentiti, cioè in sostanza di latitanza. Per quanto riguarda i rapporti tra la criminalità dei casalesi e le criminalità extradistrettuali e, soprattutto, di altre regioni, non abbiamo grandissime evidenze. Ci sono dei segnali con riferimento a contatti con altre regioni, ma per esempio i casalesi, per loro tradizione, non trafficavano in droga, e quindi i contatti con la ’ndrangheta, che invece vede nella droga uno dei suoi principali interessi, erano abbastanza labili. In ogni caso, sul punto credo che potrà rispondere più dettagliatamente il collega.

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. È stato riferito di collegamenti tra Zagaria e i Morabito, singoli soggetti dei Morabito. Per quanto riguarda i collegamenti con la mafia siciliana, Iovine ha confermato quello che abbiamo ricostruito qualche anno fa, e cioè un certo parallelismo. I casalesi erano soggetti legati al gruppo Bontade tramite Antonio Bardellino. Quello che negli anni Ottanta si scatenò con i Nuvoletta fu un conflitto che in qualche maniera rispecchiò sul territorio napoletano il conflitto siciliano tra i Bontade e i corleonesi. Questo è il concetto di fondo. Contatti tra i casalesi e i gruppi siciliani in qualche modo legati ai corleonesi sono da escludere in stabilità. Sono risultati dei collegamenti, già sostanzialmente accertati in passato, per quanto riguardava il controllo del mercato di Fondi, dove dei trasporti servivano anche in qualche maniera la Sicilia. Addirittura, tra le organizzazioni napoletane principali con le quali risultano aver avuto rapporti i casalesi, vi sono essenzialmente i Mallardo Pag. 10e i Moccia. A conferma di quanto dicevo, per quanto riguarda i Mallardo, Iovine dice che i contatti con loro risultavano più intensi fino alla cattura di Schiavone, e comunque negli anni Ottanta, in funzione del tentativo di sganciare i Mallardo dai Nuvoletta. Dice che, invece, con Moccia i rapporti si elidevano e si riducevano nel momento in cui si veniva a sapere della responsabilità del nuovo vertice dei casalesi nell'omicidio di Antonio Bardellino, proprio in virtù degli antichi rapporti che esistevano tra il clan Alfieri e Antonio Bardellino, tutti federati nella nuova famiglia. Non ci sono, quindi, questi rapporti straordinari. Tra l'altro, Iovine nega interessi dei casalesi nella realizzazione, per esempio, dei tratti non napoletani della Salerno-Reggio Calabria. Vorrei dire brevemente che, però, per quanto riguarda il rapporto con la politica, in realtà le dichiarazioni di Iovine non vanno sottovalutate. Iovine delinea uno scenario e un meccanismo diverso dei rapporti con la politica, non li nega. Sostanzialmente, dice che non c’è più necessità per il camorrista latitante di incontrare personalmente il politico. Il rapporto con l'uomo politico locale è affidato alla mediazione dell'imprenditore, che stabilisce la tangente eventuale con la politica, stabilisce la tangente con la camorra, ma rispetto alla politica non si presenta come un qualsiasi imprenditore, bensì come l'imprenditore di riferimento del camorrista. Sostanzialmente, si presenta come un imprenditore che agisce di fatto in regime di monopolio. L'uomo politico sa che o stabilirà la tangente con quell'imprenditore o non stabilirà nessuna tangente. Nessuno potrà lavorare al posto di quello.

  PRESIDENTE. Questi imprenditori li considerate camorristi ?

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. È evidente. Proprio per questo motivo...

  PRESIDENTE. È per sapere se dalla zona grigia si passa a quella nera.

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. È del tutto evidente.

  PRESIDENTE. Sono, quindi, persone verso le quali si ipotizza anche il reato di 416-bis ?

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Sì. In sostanza, come diceva giustamente il collega e vorrei precisare anche in questi termini quello che ho detto prima, la delineazione che emerge dal quadro di Iovine è di una visione nuova della camorra, che non si pone più in termini di violenza, per cui l'imprenditore è la vittima dell'estorsione. Ecco perché, come diceva giustamente il presidente, l'imprenditore a quel punto diventa concorrente o partecipe dell'associazione o, comunque, commette a sua volta dei reati che potrebbero essere gravati con l'articolo 7. Il contatto con l'amministratore o con il politico è intrattenuto dall'imprenditore, ma a questo punto si lega una comunanza di interessi: il camorrista riceve la tangente dall'imprenditore, l'imprenditore versa a sua volta una tangente a chi gli garantisce l'acquisizione dell'appalto e, nel frattempo, chi garantisce l'acquisizione dell'appalto si garantisce un appoggio e una sicurezza dalla base. Questa triangolazione delinea un rapporto nuovo su base non più violenta, ma fiduciaria. Sarà poi di volta in volta da verificare fino a qual punto vi sia stata una forma di totale e consapevole inserimento nell'associazione o di una conoscenza inerte, silente e compiaciuta. Si delineano i tre livelli, che vanno dalla corruzione alla collusione, alla cointeressenza addirittura. La corruzione, a questo punto, fatto che purtroppo credo sia sotto gli occhi di tutti, ma che vado sostenendo da anni, diventa lo strumento con cui agisce la criminalità organizzata. Per l'acquisizione del controllo di attività economiche e del territorio, la criminalità organizzata non si avvale più soltanto della bomba messa sotto la ruspa o della sparatoria, ma dello strumento più agevole della corruzione, che oltretutto le assicura Pag. 11la connivenza e la fedeltà anche per il futuro, non più in relazione al singolo episodio.
  Avendo disponibilità, come abbiamo visto, di enormi somme di danaro – si pensi che quella prima delineata dal collega con una quota di 60 mila euro a gruppo al mese era solo la cassa comune per gli appartenenti – si pensi a quale possa essere il volume complessivo degli affari. A quel punto, disponendo di così grandi somme, non c’è più bisogno di sparare. Basta corrompere. È per questo che mi permetto di dire in questa sede che non si tratta di un'analisi riguardante la posizione di Iovine, ma una valutazione che riguarda l'azione e l'incidenza della criminalità organizzata sulla vita di un Paese. Se il reato di cui all'articolo 416-bis ovvero i reati aggravati ai sensi dell'articolo 7, hanno a oggetto e come obiettività giuridica tutelano l'ordine pubblico o il patrimonio, quando la modalità di esplicazione diventa quella che abbiamo appena delineato, a mio parere – è un'opinione personale – viene messo a rischio l'ordine democratico, non soltanto l'ordine pubblico e l'ordine economico. Sono i pilastri fondamentali su cui si regge uno Stato a essere intaccati da quest'attività.

  PRESIDENTE. Se la corruzione ha sostituito la pistola, perché questa mi sembra la sintesi, come arma usata, la nostra funzione anche di Commissione consultiva degli atti del Parlamento, le nuove misure sulla corruzione adottate dal Consiglio dei ministri sono soddisfacenti ? Visto che ci sarà un iter legislativo, trattandosi di un disegno di legge, a vostro avviso può vederci impegnati ad apportare alcune modifiche, anche oltre quello che possiamo prevedere in quel disegno di legge ? Condividiamo, procuratore, la sua analisi, che chiaramente questa non è più solo una questione di ordine pubblico. Se la corruzione è la nuova arma, è chiaro che quella diventa forse la via privilegiata attraverso la quale possiamo combattere la mafia.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Signor presidente, sono assolutamente d'accordo con quanto ha detto. Purtroppo – dico purtroppo e lo sottolineo – abbiamo un osservatorio privilegiato, perché vediamo le patologie di certi costumi o di certi modelli comportamentali. Ecco perché dicevo che da tempo lo vado ripetendo. La corruzione non è soltanto l'acqua o l’humus di cui si nutre la criminalità organizzata. È diventata una forma di esplicazione. A differenza di altre ipotesi di reato, che lasciano la loro traccia ledendo quella specifica obiettività giuridica, la corruzione ha un effetto a onda d'urto, a catena. È come un sasso in uno stagno. Mi spiego, signor presidente. Se un appaltatore vince tutti gli appalti perché riesce a corrompere l'amministratore, costituisce un modello per gli altri che, per sopravvivere, devono perseguire strade analoghe, altrimenti sono destinati a soccombere. Costituisce, quindi, un modello comportamentale, negativo chiaramente, che si propaga ed è una forma di contagio vero e proprio. Per ritornare alla sua domanda, se le misure siano adeguate o meno, certo, aumentando qualche limite di pena si può pervenire ad avere una maggiore prospettiva deterrente in ipotesi, ma in realtà ritengo – è una mia opinione personale – sulla base della mia esperienza che le misure, al di là di qualche piccolo aggiustamento, ci siano. È prevista la confisca per equivalente così come prevista dal codice penale e la confisca dei proventi illeciti. Basterebbe fare su quel punto un minimo aggiustamento. Teoricamente, le misure di prevenzione sono applicabili anche in quel caso. Le pene da irrogare possono essere adeguatamente elevate. Qual è, allora, il problema ? Il problema, signor presidente, ma lo dico a tutta la Commissione, è un altro: è quello della divaricazione tra le prospettive normative e la realtà dei fatti, cioè la prospettazione della norma e la sua concreta applicazione. I tempi dei processi sono indubbiamente troppo lunghi e l'effettività dell'applicazione della sanzione è cosa rimasta in mente Dei, per cui chissà quando e chissà come sarà effettivamente sottoposto alla pena. Quando la custodia cautelare Pag. 12si protrae oltre un certo limite, è inevitabile che insorgano delle voci che dicono che la custodia cautelare diventa un mezzo per l'espiazione anticipata dalla pena. Il problema non si porrebbe se riuscissimo a celebrare i procedimenti in tempi solleciti e a pervenire alla specifica concreta applicazione della pena. Questo significa che, per soggetti incensurati, il quadro presentato agli organi giudicanti, ancorché si tratti di reati di particolare gravità e allarme sociale, ha sempre a riferimento dei soggetti con un certificato penale vergine e quindi con possibilità di reinserimento nel mondo del lavoro e una ragionevole aspettativa che, decorso qualche anno, passata la tempesta, si possano reintrodurre nel tessuto sociale o nel tessuto economico produttivo. L'effettiva volontà del legislatore di dare un cambio di rotta dovrebbe essere indirizzata, da un canto, verso una celebrazione sollecita dei processi; dall'altro, verso una specifica concreta applicazione della pena; dall'altro ancora, verso un'inibizione una tantum per tutte le attività pubbliche per coloro che compiono reati accertati con sentenze passate in giudicato di questo tipo. Questa è una mia personale opinione, che si fonda su dati di fatto. Abbiamo processi penali pendenti davanti agli organi giudicanti da anni e che non si riesce a concludere.

  PRESIDENTE. Potete farci pervenire qualche notizia sulle misure di prevenzione che avete applicato ? Trattandosi di imprenditori così coinvolti, ci sarà stato anche un sequestro di imprese, immagino.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Sequestri di beni ne facciamo di continuo, tanti, anche troppi. Il vero problema è la concreta acquisizione del bene. Quand'anche si arrivi alla confisca dopo anni di processi, i beni non sempre rientrano nella disponibilità dello Stato e degli enti pubblici e spesso rimangono nella disponibilità degli stessi soggetti. Il problema non è sulla nostra iniziativa. Signor presidente – questo dà una risposta in un certo senso indiretta anche alla richiesta del senatore Lumia – proprio sul clan dei casalesi la procura di Napoli ha effettuato sequestri in mezza Italia, in Emilia Romagna, al nord, nella zona di Milano, di Firenze. Abbiamo sequestrato beni per miliardi di euro. Vedremo, quando vengono confiscati, se si riuscirà effettivamente ad acquisire quei beni allo Stato.

  FRANCESCO D'UVA. Ringrazio il procuratore per essere qui. Ho una domanda abbastanza breve sul fatto che come Commissione antimafia abbiamo deciso di impegnarci sul caso Attilio Manca. La cosa, come sa, è collegata, perché a quanto pare Setola ha fatto delle dichiarazioni sulla morte di Attilio Manca, probabilmente però alla procura di Palermo più che altro. Capisco che forse nel merito, avendo parlato con la procura di Palermo, non siate informati, ma mi interessa capire a questo punto se siete in grado di dirci come mai Setola ha deciso di collaborare, rimangiarsi la parola, collaborare di nuovo e via così. Come si può spiegare questo ?

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Risponderò per la parte per la quale posso rispondere, poi lascio la parola al collega. Su Attilio Manca alla procura di Napoli non risulta nulla. Allo stato, non risulta nulla. Prima di venire dinanzi a questa Commissione, abbiamo fatto un quadro con il collega, che si è preoccupato di mettere insieme tutte le dichiarazioni di Setola e di Iovine per avere un panorama completo: questo nome a noi non dice nulla. Eventualmente, lascio la parola anche al collega se vorrà aggiungere qualcosa sul punto. Per quanto riguarda l'atteggiamento di Setola, abbiamo già detto che ha una personalità e una psicologia che sconfina nel patologico, come dice il collega, è una psicologia tutta particolare. È persona del tutto inaffidabile. Basterebbe leggere qualche verbale stenotipico per vedere gli atteggiamenti che ha avuto nei confronti degli stessi magistrati inquirenti che lo stavano interrogando. In certi momenti, dice cose assolutamente fuori da ogni logica.Pag. 13
  Il collega ha delineato perfettamente il quadro. In sostanza, pur conoscendo la personalità di Setola, pur sapendo di quali gravi delitti si fosse macchiato, per quello che già appariva ai nostri occhi, oltre quelli che dichiarava di aver commesso, di fronte a un personaggio che dichiara di avere informazioni importantissime per la scoperta di ulteriori reati, di ulteriori delitti e di ulteriori situazioni illecite, abbiamo il dovere di sentirlo, salvo sottoporre a verifica. L'atteggiamento di prudenza è testimoniato dal fatto che, pur avendo iniziato una collaborazione, Setola è rimasto in 41-bis, proprio perché, avendone percepito la non completa affidabilità, abbiamo voluto, prima di metterlo in regime di comunità con gli altri detenuti, capire bene di cosa si trattasse. Non si è, ancora una volta, smentito e il suo comportamento è stato coerente con il suo atteggiamento psicologico.

  FRANCESCO D'UVA. Le sue dichiarazioni, quindi, non sono attendibili, come non lo è lui, a quanto pare.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Non abbiamo detto questo. Mi perdoni, poi passo la parola al collega: le sue dichiarazioni, per quello che ha cominciato raccontare, apparivano attendibili, anzi di grande interesse. Ha cominciato, infatti, a parlare di una serie di omicidi e altri fatti. Ovviamente, quello che ha detto fino al momento in cui ha cessato la collaborazione o ha cessato di rendere dichiarazioni, sarà sottoposto a verifica di attendibilità intrinseca ed estrinseca, non bastando più la sua parola, perché non si presenterà a dibattimento a confermarle. O sono utilizzabili, quindi, contra se, nel qual caso sarà facile contestargliele per i reati che eventualmente ha confessato; se, però, sono dichiarazioni erga alios, dovranno essere sottoposte a una serie di verifiche, altrimenti finiranno come fatti da archiviare non potendo essere sostenute a dibattimento.

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Non vorrei che si creasse qualche equivoco. Non abbiamo assunto nei confronti della collaborazione di Setola un atteggiamento negativo né un atteggiamento positivo. Siamo andati a interrogarlo, punto, e non l'abbiamo maltrattato psicologicamente mentre lo interrogavamo. Questo è il punto fondamentale. Lo abbiamo invitato, dopo il primo interrogatorio, in cui aveva fatto un po’ uno show fine a se stesso, a mantenere una certa serietà, che ha mantenuto per un paio di interrogatori, dopodiché è ricaduto in atteggiamenti non proprio sostenibili. Allora, il problema è che un collaboratore, ovviamente, va gestito, nel senso che, una volta che ha finito di rendere le dichiarazioni, poi deve rimanere in carcere o deve uscire, cioè ha una sua vita. Ovviamente, la gestione di questo collaboratore presuppone un minimo di affidabilità. Parliamoci francamente. Quanto alla seconda questione relativa a Setola, non ha collaborato – possiamo dirlo tranquillamente – perché la moglie non ha deciso di spostarsi dalla località protetta in cui si trovava. Amen. Questo è tutto. Di fronte all'indisponibilità della moglie di muoversi da dove si trovava, lui non ha voluto più collaborare. È stata una valutazione, non indotta da un particolare atteggiamento della procura. Ci siamo limitati a sentirlo. L'utilizzabilità delle dichiarazioni di Setola è regolata dalle norme del codice di procedura penale. Se Setola non conferma le sue dichiarazioni in dibattimento, le sue dichiarazioni non sono utilizzabili erga alios. In verità, c’è una norma costituzionale che lo prevede, l'articolo 111 della Costituzione. Punto. Torno un attimo alla questione del riciclaggio molto brevemente. Sul riciclaggio abbiamo fatto una serie infinita di richieste cautelari, che vanno dal reinvestimento dei soldi dei casalesi nella clinica Ruesch ad altri riciclaggi. Il metodo che abbiamo seguito, che trovo anche abbastanza corretto dal punto di vista tecnico, è che, accertata la fittizia intestazione dei beni, riteniamo che da parte degli intestatari fittizi vi sia una responsabilità per riciclaggio – dopo l'ultimo intervento delle sezioni unite della Corte di cassazione, è Pag. 14difficile dire se sia 648-bis o ter, ma tanto la pena è la stessa – nella reimmissione di beni di provenienza illecita nell'economia, nell'attività imprenditoriale. Per la verità, abbiamo sempre avuto ragione in sede di riesame, salvo alterne vicende per quanto riguarda talvolta la competenza, ma abbiamo più o meno sempre avuto ragione.
  Sull'estero non abbiamo avuto delle dichiarazioni specifiche, se non per quanto riguarda, ancora una volta, Zagaria. È chiaro che la mente economica del gruppo era sicuramente Iovine, ma probabilmente Zagaria era di un livello analogo, se non addirittura superiore a quello di Antonio Iovine. Questo è il discorso fondamentale. La vicenda di Setola era stata già ricostruita in precedenza, ma la nostra ricostruzione trova riscontro nelle dichiarazioni di Setola. In un interessante filmato realizzato da un nostro consulente Setola è sottoposto a visita medica oculistica e, nella sua fase collaborativa, nel periodo blu, inizia a indicare tutte le macchine, a 50 metri e così via, quindi ci vede benissimo e ve n’è una testimonianza audiovisiva. Ha ricostruito anche tutte le modalità attraverso cui aveva finto queste malattie agli occhi e anche su questo abbiamo delle attività in corso chiaramente.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Vorrei aggiungere, sempre riguardo a quest'episodio dalla malattia agli occhi, che circa un anno e mezzo fa Setola chiese al tribunale di sorveglianza di Milano – all'epoca era detenuto a Opera – di accedere a determinati benefici proprio in virtù della presunta malattia. All'epoca abbiamo stabilito un efficace coordinamento con la procura di Milano, che, mediante la presenza nel corso dell'udienza riuscì a stornare il pericolo che Setola fosse nuovamente fruitore di benefìci. Non escludo, ma è una mia opinione personale, che quello sia stato un momento in cui Setola ha potuto cominciare a ripensare a un'eventualità di collaborazione, perché si vide sbarrata e preclusa questa possibilità. Poi, come abbiamo visto, un giorno la pensa in un modo, il giorno dopo la pensa in un altro, è fortemente condizionato anche dalla sua situazione familiare.

  MARCO DI LELLO. Ho alcune domande in sequenza. Anzitutto, dalla ricostruzione che ci è stata fornita, secondo le dichiarazioni di Iovine, nel 2007 c’è una sorta di scissione del clan dei casalesi, Bidognetti-Zagaria.

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Zagara-Iovine, nel 2007.

  MARCO DI LELLO. Dov’è la famiglia Schiavone ?

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. La famiglia Schiavone resta con lui, tanto che nel 2009 cercano di uccidere Michele Zagaria.

  MARCO DI LELLO. Visto che ha parlato molto, da quello che ci dite, di rifiuti, vorrei capire se ha raccontato sulle interferenze, in tutto il periodo dal 2000 fino all'arresto, sulla costruzione del ciclo industriale dei rifiuti, che non è mai avvenuta, com’è noto. Avendo avuto sempre più di un dubbio, vorrei capire se ha raccontato e in che modo il ruolo della camorra per impedire anche che si potesse concludere un ciclo industriale e se ha raccontato – ci siamo visti un anno fa e non c'era ancora quest'elemento di novità – qualcosa sull'inquinamento nella Terra dei fuochi, che resta un tema per noi ancora aperto.
  Senza tornare sul riciclaggio, per noi è molto importante che le procure che si occupano di mafia, le DDA, ci aiutino a far comprendere anche all'estero come ci siano attività criminali di riciclaggio e non solo che vengono dalle mafie italiane. Siamo stati con l'ufficio di presidenza e la presidente due settimane fa a Bruxelles e sono ancora oggi basito nel confrontarmi con una realtà che continua a non accettare l'uso del termine «mafia». In Europa, non si parla di mafia, come se fosse un Pag. 15problema nostro. Raccontare tutto quello che si fa in termini di riciclaggio e di centrali operative all'estero ci aiuta forse anche a creare una maggiore consapevolezza per arrivare a una disciplina normativa unitaria o, comunque, appunto a una maggiore sensibilità negli altri Paesi membri. Allo stesso modo, sono molto interessato ad approfondire il tema della gestione del gioco d'azzardo on line. Posso immaginare che si tratti dei videopoker e delle slot machine che sono nei bar. È possibile che quest'attività fatta da concessionari dello Stato possa ancora oggi avvenire da parte di società o attività di impresa che non hanno la certificazione antimafia, che non hanno monitoraggio ? Voi sapete prima e meglio di noi che nel gioco d'azzardo si annida la criminalità organizzata: com’è possibile che si possa ancora oggi utilizzare questo canale, questo filone per recuperare danaro illecito ? Ho ancora un dubbio e concludo. La presidente Bindi ha sintetizzato con le mazzette al posto della pistola.

  PRESIDENTE. Corruzione.

  MARCO DI LELLO. Corruzione al posto della pistola, ma in realtà Setola ammazzava anche chi si trovasse a passare di lì per sbaglio, quindi non stiamo parlando di un raffinato salto di qualità. Siccome, però, ci dite che ha parlato molto di appalti, questi si vincevano, evidentemente, attraverso la corruzione, e quindi inevitabilmente c'era un'interferenza con la politica. Capisco questo nuovo meccanismo dell'utilizzo dell'imprenditore, ma a questo punto si apre un tema della consapevolezza del politico nel momento in cui ha a che fare con l'imprenditore se il politico pensa di essere semplicemente un corrotto o sa di concorrere in un reato ben più grave, cioè se c’è una consapevolezza di 110 o di articolo 7, se non di 416-bis. A questi aspetti sono, francamente, molto interessato, anche perché non lo avrà fatto direttamente, ma non è difficile ritenere che invece abbia avuto rapporti molto stretti con la politica locale e credo non solo con quella.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Come sempre, ci dividiamo un po’ le risposte. Per quanto riguarda i rifiuti, ho già detto che Iovine dice che da una certa data, cioè dopo il 1998, lui non ha più trattato i rifiuti. Si occupava, peraltro, soltanto di rifiuti solidi urbani, non di rifiuti tossici o pericolosi, che scaricava in una discarica di Vassallo. A un certo punto, ha percepito che la materia dei rifiuti era considerata appannaggio di Bidognetti e, per evitare fratture, a seguito di una riunione che si tenne e alla quale aveva partecipato anche De Falco, decise di ritirarsi dal traffico di rifiuti. Conferma che Bidognetti si è occupato di rifiuti che venivano anche da altre regioni, così come manifesta interessi della criminalità anche nel settore delle ecoballe. Per quanto riguarda Bidognetti, parla anche dei rifiuti provenienti dalla Toscana e di un sito di stoccaggio gestito dallo stesso Bidognetti. Ovviamente, fa riferimento anche a persone che all'interno della regione potevano avere rapporti con gli imprenditori o con i camorristi, ma non ne fa i nomi. Questa è la vicenda dei rifiuti, con la quale quindi, come ho detto, la testimonianza di Iovine è abbastanza datata ed è in gran parte de relato, perché lui se n’è occupato solo marginalmente. Per quanto riguarda la domanda sulla consapevolezza da parte dei politici, ho usato volutamente l'espressione «amministratori». Se parliamo di imprenditori, parliamo di persone che erano interessate a conseguire appalti o commesse di lavoro, quindi talvolta si trattava di politici amministratori, qualche altra volta si parlava di amministratori puri, qualche altra volta ancora si parla di amministratori condizionati da politici. In realtà, il diretto conferente l'appalto è colui che, politico o non, ha funzioni di pubblica amministrazione e che era in grado di affidare l'appalto.

  MARCO DI LELLO. Cioè il burocrate ?

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Non parliamo dell'ultima ruota. Pag. 16Può essere il responsabile dell'ufficio tecnico, l'assessore, il sindaco o un altro amministratore, se parliamo di amministratori, per esempio, nell'ambito delle aziende sanitarie. Nessun settore rimane del tutto indenne. Come facciamo a parlare tout court di politici, per esempio, se stiamo parlando di un'ASL ? Certo, dietro si può intravedere l'ombra o l'attività o l'emanazione politica, ma il soggetto direttamente è puramente e semplicemente un amministratore, quindi parlo più direttamente di amministratori. Certo, per rispondere alla sua domanda, in molti casi il politico o l'amministratore è ben consapevole che dietro l'imprenditore c’è la camorra. Come, però, ha detto giustamente il collega, questo è nella logica delle cose. Quell'imprenditore si presenta come monopolista e, quindi, sa che o l'amministratore ha il rapporto con lui o non ce l'ha nessun altro perché dietro di lui c’è chi ha orientato quell'imprenditore verso quell'appalto, ma lo ha chiarito già il collega.

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. In merito ai rapporti di investimento con l'estero, innanzitutto bisogna dire che Iovine, per evitare ogni dubbio sul punto, ha reso ampie dichiarazioni concernenti la ricostruzione e l'individuazione del suo patrimonio. C'era un errore che riguardava Iovine: ritenevamo che Iovine fosse un soggetto direttamente impegnato in attività imprenditoriali, viceversa, ciò non è risultato esplicitamente. Iovine, infatti, ha ricordato come il suo principale interesse imprenditoriale fosse quello della refezione, ma che l'impresa appositamente costituita era fallita e lui si era avvalso di altri soggetti per raggiungere gli stessi fini e controllare il mercato. Ciò nonostante, abbiamo ricostruito una parte del consistente patrimonio di Iovine e l'abbiamo anche sequestrata. Non essendo, però, in un'attività imprenditoriale, chiaramente non ha avuto rapporti economici imprenditoriali con Stati esteri. Ha riferito, viceversa, di rapporti imprenditoriali esistenti tra Michele Zagaria e la Romania. Questo può essere molto significativo, perché ha attribuito la scelta della Romania come Stato estero in cui investire all'elevato tasso di corruzione esistente in quel Paese, che dimostra ancora una volta come per i casalesi la corruzione fosse uno strumento della loro operatività. Credo di aver risposto alla domanda.

  CLAUDIO FAVA. Ringrazio i nostri ospiti. Ho due domande su due temi in parte sfiorati. Vorrei chiedere un approfondimento, se lo ritenete anche segretando la nostra seduta. Tra le prime dichiarazioni di Iovine poi diffuse attraverso la stampa, c'era un titolo «di lavoro»: «Soldi a tutti, anche ai sindaci». Vorrei, vorremmo capire che sviluppo ha avuto quest'affermazione, almeno per il modo in cui è stata riferita dai giornali, cioè se davvero c’è una ricostruzione di quanti e quali amministratori abbiano direttamente o attraverso imprenditori ricevuto amicizia e denari da parte del clan dei casalesi e se ci siano amministratori in questo senso coinvolti in quest'inchiesta. Una seconda domanda è sulla proposta di collaborazione, chiamiamola così, offerta da alcuni sedicenti o meno – non sappiamo se tali siano – rappresentanti dei servizi a Iovine. Voi ci dite che era un bluff e che è avvenuto per finalità virtuose. Per vedere se abbiamo davvero capito, proverò a ricostruirlo con voi. Siamo nel 2008-2009, epoca di stragi dei casalesi, Iovine è latitante e attraverso intermediari liberi gli si fa arrivare una proposta da parte di chi rappresenta, anche se virtualmente, surrettiziamente o indirettamente lo Stato, ma una proposta. Che sia un bluff perché non è stato possibile ottemperare alla richiesta sulla liberazione della moglie è abbastanza comprensibile, nel senso che i servizi di intelligence tutto possono garantire, fuorché prendere un detenuto e liberarlo. Mi sembra un intervento un po’ macchinoso. Vorrei capire se, invece, l'offerta dei servizi a Iovine, la contropartita per questa sua collaborazione, sia stata in qualche modo determinata, anche se poi mi pare di capire che questa collaborazione non è andata a Pag. 17buon fine e se tutto questo abbia permesso anche di identificare chi e in nome di chi ha avanzato questa proposta. Lo dico perché la finalità di evitare stragi è in astratto virtuosa, ma nella dinamica, nella concretezza, questa vicenda ci fa molto ricordare quando un signore di nome Vito Ciancimino è avvicinato affinché intervenga su un altro signore latitante per far finire le stragi di mafia. La storia ce l'ha definita e tramandata come una trattativa, anche se in quel caso forse la trattativa concretamente ci fu. In questo caso, sembra di capire non ci sia stata, ma resta il punto, se quest'intenzione ci fosse, agita da parte di chi e proponendo cosa in cambio della collaborazione di Iovine.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Alla prima domanda rispondo io, alla seconda il collega. In merito alla prima domanda riguardante il titolo del giornale sul fatto che anche i sindaci prendevano i soldi, devo necessariamente essere abbastanza vago sulla risposta. Stiamo procedendo a una valutazione analitica di queste situazioni, perché il titolo di stampa è, ovviamente, troppo vago e generico ed è articolo di stampa, per vedere se concretamente e in quali casi ci siano politici o amministratori di qualsivoglia genere che abbiano preso dei soldi e in occasione di quali circostanze. Stiamo procedendo a una valutazione analitica di tutti i casi di questo genere.

  CLAUDIO FAVA. Possiamo dire che non era una millanteria ?

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. No. Nei termini in cui è riportata, ovviamente è non solo generica, ma generalista. Nei termini in cui intendiamo accertarla noi, è nello specifico.

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. La risposta è molto semplice. Lei dice una serie di cose pienamente condivisibili. Il punto è quello di verificare i fatti e poi di dare loro la qualificazione giuridica, tenuto conto che, ovviamente, accertiamo dei fatti, che restano accertati per l'uso che poi se ne vuole fare, e dopo averli accertati il nostro compito è quello di dare una qualificazione giuridica per vedere se esercitare o meno l'azione penale.

  CLAUDIO FAVA. Ve lo chiedo perché accanto alla vostra funzione di esercitare eventualmente un'azione penale c’è anche eventualmente la funzione di esercitare un'azione politica di valutazione su questi fatti.

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. A questo mi riferivo all'inizio. Abbiamo, secondo me, anzitutto il compito di accertare i fatti, il cui accertamento consente l'utilizzazione dei fatti accertati non solo da parte nostra, ma anche di tutti; poi abbiamo il compito di dare a questi fatti accertati una valutazione giuridica, che non è l'unica valutazione che se ne può dare. Concordo pienamente. I fatti sono in corso di accertamento, ma non sono in corso di lento accertamento, credo che oggi o ieri sia stata fatta una nuova acquisizione documentale sul punto per verificare, per dare un nome alle persone che hanno avuto i contatti ai quali ci siamo riferiti. Sul punto vi sono dichiarazioni convergenti di più collaboratori di giustizia. In questo momento, non sono in grado ancora, personalmente, di definire come trattativa questa vicenda o aborto di trattativa o tentativo di truffa, non so se rendo l'idea. Non sono in questo momento in grado di definirla. Ovviamente, sarò in grado di farlo quando avrò accertato tutti i fatti. I fatti sono costantemente in via di accertamento. Fino a ieri, all'altro ieri e a oggi, abbiamo assunto dichiarazioni, abbiamo fatto acquisizioni documentali, perché ovviamente il nostro fine è quello di dare un nome alle persone che hanno avuto un ruolo nella vicenda, per poi ovviamente acquisire anche spiegazioni dirette. Questo è il punto fondamentale. È chiaro e comprenderà che il fatto che Pag. 18Iovine abbia chiesto a un certo punto che gli fosse data subito una prova di serietà e che quelli non siano stati in grado di darla pone, ovviamente, un problema probabilmente in futuro, ma dico probabilmente, perché dobbiamo completare gli accertamenti, di dare una qualificazione giuridica a questa vicenda.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Aggiungo anche di serietà...

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Anche di serietà, ma gli accertamenti sono in corso e saranno compiuti integralmente in maniera che si sappia quello che è accaduto. Su questo non c’è dubbio.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Aggiungo che, una volta che saranno compiute, come lei diceva in termini assolutamente ineccepibili, le valutazioni di natura penale, se avranno un rilievo penale, saranno note a tutti; se non avranno un rilievo penale, comunque rimarranno agli atti e saranno possibili le valutazioni di altro genere, che non ci competono.

  MARCO DI LELLO. Non sfugge che a marzo o a maggio avremo le elezioni in Campania: se è possibile che questo tipo di lavoro anticipi la campagna elettorale... Lo so... ma è una raccomandazione, una preghiera che francamente sento di farvi. Se ce lo evitate in campagna elettorale, anzi lo fate prima, così togliamo qualche alibi in giro a tutta la classe politica locale, forse male non fa alla campagna.

  PRESIDENTE. Francamente, non me la sento di far pesare sopra le spalle della procura di Napoli la selezione della classe dirigente della Campania. Mi piacerebbe molto di più se fossimo capaci di farlo senza aspettare gli atti giudiziari.

  MASSIMILIANO MANFREDI. Il collega Fava ha anticipato una cosa che volevo dire in base ad alcune uscite giornalistiche. Almeno dalle uscite di stampa che riguardavano alcune rivelazioni, emerge nel rapporto con la politica la costruzione mediana della figura dell'imprenditore. Intendo dire questo perché mi pare chiaro che parliamo non di imprenditori compromessi, ma in parte anche direttamente costruiti per questa funzione. Iovine ha anche parlato di rapporti oggetto di altre indagini e di richieste d'arresto alla Camera poi revocate. Sono emersi collegamenti anche con alcuni scioglimenti di comuni. Cito il caso congiunto anche per fatto familiare dei sindaci di Gragnano e di San Cipriano d'Aversa, per cui marito e moglie erano i due esponenti politici e c'era il collegamento con questa vicenda. Non è che, invece, l'interpretazione è che anche lì c'era un salto di qualità, nel senso che in alcune realtà si costruiva il personaggio politico anziché sostenere uno o un altro direttamente, visto il livello del collegamento con alcuni fatti successi ? In secondo luogo, se potete dirlo, in seduta pubblica o segretando, dato che era chiaro che il business di questo mondo era tutto orientato all'appalto pubblico e che ci sono alcune cose interessanti in quelle aree difficili che interessano, appunto, la Campania, sul condizionamento degli appalti, ritenete che questo sistema di natura familiare sia ancora in grado di condizionare ?
  Inoltre, si è parlato prima dei rapporti dei casalesi fuori regione. Dato che negli anni scorsi c’è stata un'evidente espansione di alcuni intrecci nell'area nord di Napoli e nel basso nolano-avellinese, nel rapporto con gli altri clan napoletani è stato un fenomeno di competizione o si era sviluppata una forma di collaborazione in alcune zone inerenti al tentativo di condizionamento degli appalti pubblici ?

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Per quanto riguarda la prima domanda, è un problema che mi sono posto anch'io ed è stato oggetto di una mia Pag. 19specifica domanda a Iovine, che ha iniziato a rispondere sul punto, ma è una domanda che dovrà ottenere ulteriori approfondimenti. Sa, nei 180 giorni bisogna andare un po’ di corsa. Anzitutto, per quanto riguarda il rapporto diretto con i politici, distingue fino alla cattura di Francesco Schiavone e dopo. Nella fase precedente, fino a Spartacus in particolare, indica un diretto rapporto con la politica e fa anche la descrizione di come si truccavano le gare, nel senso che uscivano le buste ai comuni, le aprivano e così via. Questo, quindi, è un modo nuovo. Mi sono, però, posto anch'io il problema che lei si pone. Sostanzialmente, Iovine ha risposto che non c'era una selezione della classe dirigente locale da parte loro, ma una selezione da parte di chi a livello locale comandava nei partiti. Il politico locale, il sindaco, l'assessore e così via, intanto era nominato in quanto si sapeva che era in grado di avere relazioni con loro. Il rapporto con i casalesi, quindi, diventa un mezzo indiretto di selezione della classe dirigente e politica locale, perché non sono i casalesi a fare la selezione, ma rappresentano in qualche maniera la cartina di tornasole della selezione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
CLAUDIO FAVA

  MASSIMILIANO MANFREDI. Chiedo scusa, ma questo presuppone che in alcune realtà non c’è un tema di rapporto malato tra politica e questi poteri, ma di fatto in alcune realtà tutto il sistema è completamente contaminato, altrimenti questo non potrebbe succedere.

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Ci sono cose note che la procura di Napoli ha fatto in questo senso. È una risposta che abbiamo già dato. Non ricordo quali fossero le altre questioni.

  MASSIMILIANO MANFREDI. Una riguardava il rapporto tra i casalesi e gli altri clan del napoletano. C’è stato un periodo in cui, in relazione sia all'area nord di Napoli sia all'area bassa, tra il basso nolano e l'irpino, si è mormorato di un tentativo di estensione dei rapporti e vorrei capire se ci fosse qualche joint venture con qualche altro potere.

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Mi sono sempre molto interessato dell'area nolana, ma lui ha negato di aver avuto rapporti con i Fabbrocino in particolare. Per quanto riguarda, invece, i rapporti con gli altri clan, sono limitati a quelli a cui ho fatto riferimento, Moccia e Mallardo.

  LAURA GARAVINI. Dall'illustrazione dataci quest'oggi abbiamo potuto capire non soltanto come il clan dei casalesi si sia evoluto, e dunque la camorra si sia evoluta, ma come queste modalità probabilmente vadano ben oltre la camorra in quanto tale e rappresentino, invece, una nuova modalità operativa del crimine organizzato in quanto tale. Mi interesserebbe capire se abbiate già analizzato anche quali potrebbero essere interventi normativi specifici, dal momento che questi interessi sono relativi a quelli legati al mondo degli appalti e che ci aspetta anche un importante appuntamento a livello legislativo. Entro l'anno prossimo, infatti, saremo chiamati anche come Parlamento a recepire la direttiva europea in materia di appalti. Sono già emerse dalle indagini valutazioni della procura di Napoli relativamente a possibili interventi di natura normativa utili, necessari, urgenti da adottare anche alla luce delle nuove modalità riscontrate anche dalle dichiarazioni di Iovine ? È chiaro che magari potrebbe essere utile anche non necessariamente quest'oggi, ma prossimamente, ricevere una nota scritta in merito. Mi rendo conto che sono anche elementi abbastanza tecnici, ma potrebbe essere preziosa. Inoltre, 3 milioni 600 mila euro di indotto annuali utilizzati per il pagamento degli stipendi all'interno del clan dei casalesi sono cifre enormi. Immagino che non avvengano tutti in contanti questi pagamenti. Ci avete Pag. 20detto che le indagini e tutte le verifiche sono in corso, ma si intravedono già anche connessioni con istituti bancari, istituti di credito o agenzie finanziarie, che in qualche modo facilitano e attraverso le quali si effettuano anche questi grossi flussi anche economico-finanziari ?

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Sulla prima questione posso dirle che il tema è stato recentemente posto in seno a una commissione che si è costituita presso il Ministero dell'interno, nel corso della quale siamo stati interpellati anche alcuni procuratori della Repubblica proprio della Campania, in materia di bonifica ambientale. Si è fatta una sorta di protocollo per la verifica delle società che avessero accesso agli appalti di bonifica ambientale. Siccome si era riscontrato in passato che la criminalità organizzata non soltanto ha lucrato nel momento dello smaltimento dei rifiuti, ma anche nelle fasi delle finte bonifiche o delle bonifiche reali, effettivamente conseguite, il Governo si è fatto carico di stilare delle linee guida per la gestione di queste gare d'appalto, che individuano nella prefettura locale il principale organismo che dovrebbe gestire le informazioni relative all'individuazione dell'appaltatore idoneo. In realtà, il problema è estremamente delicato. Ovviamente, la semplice certificazione cosiddetta antimafia rilasciata dalle prefetture non sempre è sufficiente, per il ricorso ai prestanome. Noi abbiamo un caso abbastanza singolare in cui una società che fa capo a un certo soggetto colpito da interdittiva antimafia, che riguarda ovviamente soggetti persone fisiche, a certo punto è passata di mano brevemente, in brevissimo tempo, e quindi nel tentativo di vanificare quell'interdittiva. Certo, la scelta diventa estremamente difficile. Quando i nominativi per interposta persona diventano tanti e sono molto lontani dal baricentro degli interessi dell'organizzazione criminale, diventa difficile poterla colpire con un'interdittiva che inibisca la partecipazione all'appalto. Ne abbiamo discusso a lungo in quella sede. Purtroppo, abbiamo anche il divario rispetto alla normativa europea, che ci pone anche dei limiti. Si è posta, ad esempio, la possibilità di partecipare alle gare d'appalto di società costituite all'estero, anche se non hanno sede in Italia. Che succede ? Come facciamo ad avere dall'estero notizie in ordine alla composizione societaria o alla proprietà di una società costituita all'estero nei casi in cui quelle società siano in odore di mafia o di camorra ? È un problema molto delicato, sul quale credo che lo studio degli strumenti non sia semplice. Se verranno in mente indicazioni specifiche, è chiaro che faremo un documento del quale vi faremo seguito. Posso, però, dire che il problema degli appalti va valutato in relazione alle varie situazioni, cioè esattamente nella fase dell'affidamento e in quella della gestione di gara, e quindi dell'individuazione della ditta appaltatrice, ma altrettanto attentamente in quella dell'esecuzione delle opere e del collaudo. Spesso, questa fase rimane un po’ nell'ombra, perché i collaudi non sono effettuati in maniera adeguata e quindi un'opera pubblica risulta inefficiente o non rispondente ai princìpi del capitolato d'appalto.
  Sarebbe importante non soltanto la verifica dell'individuazione della società o dell'appaltatore, ma anche della corretta esecuzione e del collaudo. In alcuni procedimenti, per esempio, che ci sono poi tradotti in processo, abbiamo visto che proprio la fase del collaudo era la più delicata, perché i collaudatori non avevano fatto il loro lavoro e sono state collaudate opere che, invece, dovevano essere respinte al mittente, non collaudate e non pagate. Può richiamarmi rapidamente la seconda domanda ?

  LAURA GARAVINI. La domanda era se risultino o se, comunque, stiate indagando anche potenziali istituti di credito.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Il movimento economico al quale ha fatto riferimento il collega avviene in contanti. Qualche volta, le rimesse ai detenuti avvengono necessariamente mediante Pag. 21vaglia o rimessa postale, ma in quel caso coloro che rimettono le somme per l'assistenza ai detenuti, lo fanno ovviamente in qualità di familiari, congiunti o altro e nei limiti massimi previsti dall'ordinamento penitenziario. Solo in quel caso, quindi, cioè che l'affiliato all'organizzazione criminale sia detenuto, si trova la traccia contabile di riferimento della rimessa bancaria. In tutti gli altri casi in cui l'assistenza sia versata ai parenti o ai congiunti liberi, non c’è ovviamente traccia di tutto questo.

  GAETANO PIEPOLI. Signor procuratore, il mio interesse non è tanto su fatti o dinamiche di specifiche indagini, anche perché ovviamente c’è anche un confine rispetto a queste domande. Piuttosto, mi preoccupa un altro aspetto. Giustamente, ci ha detto che oramai c’è non questa trasformazione, ma quest'ulteriore evoluzione di fattispecie mafiose, soprattutto nell'ambito della competenza territoriale sottoposta alla sua autorità, che sempre più denota elementi imprenditoriali. Questo significa che, paradossalmente, ci troviamo di fronte a un fenomeno storico che definiamo fattispecie mafiosa, ma che in un certo senso rappresenta la sedimentazione di un percorso che, nel migliore dei casi, appartiene al passato prossimo, mentre c’è una fase evolutiva che mi preoccupa perché si inserisce in un quadro, un contesto di crisi, in cui dunque la centralità di un'iniziativa imprenditoriale dal punto di vista dell'attività della criminalità organizzata di stampo mafioso intercetta un elemento di debolezza nel tessuto sociale. Questo pone problemi nuovi e inediti, soprattutto in un quadro in cui la frattura territoriale del nostro Paese mi pare – parliamo innanzitutto del Mezzogiorno, che è quello che un po’ mi sta a cuore, anche perché sono di Bari – lo renda non un fatto congiunturale, ma ahimè dagli esiti e anche dai tempi non facilmente prevedibili. La crisi, infatti, continua a mordere e, anzi, aumenta la sua pressione. Vorrei, allora, chiederle questo. Purtroppo, come legislatori, per quello che possiamo ancora ritenerci, almeno dal punto di vista istituzionale, a parte le dinamiche pratiche del lavoro parlamentare, abbiamo invece la continua tentazione di far fronte a questi problemi con inflazione legislativa. Lei ci ha già giustamente detto che qui c’è un problema, invece, di strutture materiali e non di nuove ulteriori fattispecie o ulteriore incremento di sanzioni e così via.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. O di modelli processuali...

  GAETANO PIEPOLI. O di modelli processuali... anche se nessuno nega che queste cose hanno il loro peso. Mi chiedo se sulla base della vostra esperienza, e quindi anche nelle strutture della Direzione antimafia, non possa in questo momento aiutare un gioco di sistema. Intendo dire che adesso abbiamo bisogno, prima di avventurarci in nuove fattispecie, in nuovo lavoro inutile, in nuove ulteriori strumentazioni normative prive di uno studio d'impatto – questo è il punto della nostra debolezza, che facciamo queste cose senza un minimo d'impatto – che voi poteste costruire insieme con il Governo, ognuno nella sua autonomia, una cabina di regia diversa, in grado anche di individuare le priorità emergenziali, senza le quali temo che non ce la faremo. Concludo e mi domando se, nello stesso tempo, non rischiamo, con questa nuova dinamica imprenditoriale, di trasformare anche l'oggetto sociale tradizionale della repressione mafiosa, ahimè, in un indistinto fenomeno di criminalità organizzata. Finite alcune eclatanti manifestazioni violente che hanno caratterizzato il passato, comincia a spandersi e a spalmarsi sul territorio un tipo di infiltrazione endemica, che, non avendo più nulla dei vecchi sistemi, a parte le schegge impazzite dei giovani che usano violenza senza controllo, ha trovato il nuovo canale di sovrapporsi alla tradizionale criminalità organizzata.

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. In realtà, gran parte delle sue Pag. 22considerazioni non mi consentono di darle delle risposte, perché sono auspici, considerazioni o prospettive che non competono all'autorità giudiziaria, quindi mi riferirò esplicitamente a quella parte di domanda che riguarda il rapporto tra criminalità organizzata e questi fenomeni di cui oggi abbiamo parlato. C’è stato un periodo cui la criminalità organizzata ha dovuto gestire ingentissime risorse economiche, che fino a una certa data erano gestite in famiglia, da parte del consulente di famiglia, dell'amico di famiglia o per i beni di famiglia: la costruzione di una villa, sperperi di vario tipo, ostentazioni di ricchezze di vario tipo e sostentamento degli affiliati. C’è stato un momento in cui queste risorse economiche sono diventate così ingenti che la criminalità organizzata ha pensato in maniera diversa. Questo è un dato di fatto che credo sia sotto gli occhi e che credo potrete constatarne quotidianamente in questa Commissione gli effetti: la criminalità organizzata ha una capacità di adattamento e di individuazione dei punti di minore resistenza estremamente rapida, duttile e veloce, sintetica. Capisce immediatamente quale sia il settore nel quale conviene versarsi e cosa convenga fare. Nel tempo in cui una norma è pensata ed elaborata in risposta a un fenomeno, la criminalità organizzata ha già attuato la contromisura. Quando si è trovata a disporre di queste enormi risorse economiche, si è capito che il consulente o l'amico di famiglia non bastava più e che, quindi, in un certo qual modo bisognava investirle. Qui ci siamo trovati di fronte al grosso problema del riciclaggio. Come lei sa, per anni non è stato possibile fare indagini di riciclaggio perché la dimostrazione della provenienza da delitto del cespite finanziario patrimoniale investito era un'impresa talmente ardua che continua ancora oggi ad affliggerci. Stiamo ancora oggi a parlare di riformulazione della normativa di riciclaggio e sono passati tanti anni e sotto questa formulazione sono passati indenni centinaia, se non migliaia, di episodi che potevano essere diversamente sanzionati. La diversa concezione di un metodo per investire e per rimettersi in gioco nell'economia ha occupato le menti finanziare delle organizzazioni criminali. Possono essere state o l'investimento in società lecite o la forma dell'usura, che poco per volta espropria il titolare della titolarità dell'impresa e ne rende di fatto titolare l'organizzazione criminale, o le altre forme delle quali oggi abbiamo parlato. Ovviamente, sull'evoluzione di questo fenomeno, che è un dato di fatto, possiamo operare un contrasto che è sì quello dei reati fine commessi, e quindi dei reati specifici della criminalità organizzata, ma soprattutto mediante la diversa formulazione di una norma sugli investimenti illeciti, e quindi sulla norma del riciclaggio, del reimpiego, che ci consentisse maglie più strette entro cui infilare quei fatti che oggi ci sfuggono. A tutto questo, ovviamente, bisogna aggiungere, per una visione completa, il fenomeno attuale cui lei ha fatto riferimento. È, cioè, inevitabile che la crisi attuale abbia potenziato gli effetti devastanti di quest'economia illecita, da un canto rendendo più deboli le parti dell'economia sana, indubbiamente in gran parte in condizioni di difficoltà, e, per altro verso, rendendo più facilmente appetibili determinati settori, che non possono essere attinti dagli imprenditori che agiscono secondo metodi tradizionali. È un dato di fatto sul quale non mi pare che ci sia molto da dire.

  PRESIDENTE. Procuratore, vi lasciamo andare dopo un'ultima domanda e un dettaglio, una curiosità. Nel basso Lazio, quanto è ancora pregnante, quanto si è consolidata la presenza della camorra ? Penso alle vicende che in passato hanno riguardato il mercato ortofrutticolo di Fondi, all'omicidio di Modestino Pellino. Quanto si sente, secondo la vostra conoscenza e il vostro sguardo, la presenza in questa parte del Lazio della camorra ? Venendo a un dettaglio a margine, avete avuto da parte di Setola qualche accenno alla vicenda Pantani, in modo da poterlo acquisire agli atti ?

  GIOVANNI COLANGELO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pag. 23Napoli. Per quanto riguarda la prima domanda, per anni era nota ed è stata oggetto d'indagine e di accertamenti l'espansione della camorra nel basso Lazio. Ne danno conto sia le indagini già esaurite sia quelle attualmente in corso e sulle quali ormai da due anni abbiamo una sintonia con la procura di Roma, con la quale abbiamo avuto una serie di incontri per verificare diversi spazi di intervento. In linea di massima, laddove ci occupiamo di reati associativi, in cui individuiamo la camorra come genesi dei fenomeni criminali specifici, interviene la procura distrettuale di Napoli; per il singolo fatto, laddove possa essere così delimitato, gli atti sono poi trasmessi o utilizzati dalla procura di Roma, con la quale, come ho detto, vi è un continuo interscambio di informazioni. Certamente, ci sono stati degli investimenti da parte della camorra nel basso Lazio e ci sono degli interessi. Lei ha fatto riferimento al mercato di Fondi: le indagini su quel punto non sono ancora del tutto completate ed esaurite. Abbiamo in corso di verifica altre situazioni di interesse nel basso Lazio. Le regioni sono assolutamente limitrofe e i pregressi investimenti non hanno consentito alla camorra di tirarsene fuori da un giorno all'altro, per cui ci sono ancora gli effetti. Per altro verso, nello stesso tempo la procura di Roma ha attivato una serie di indagini su questo punto, per cui su questo credo che risposta più pertinente potrebbe essere data dai colleghi romani. Per quanto riguarda Pantani, passo la parola al collega Borrelli, ma devo dire che, per quello che mi riguarda e che so, nessun riferimento è emerso a questa vicenda.

  GIUSEPPE BORRELLI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Devo escludere, allo stato delle mie conoscenze, qualsiasi riferimento a Pantani. Mi riservo anche di fare un ulteriore approfondimento, ma francamente credo che ne sarei stato informato.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Colangelo e il dottor Borrelli. Un augurio di buon lavoro da parte della nostra Commissione. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.45.