XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Giovedì 4 dicembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 3 

Audizione del vicepresidente di Confcommercio – Imprese per l'Italia, Lino Stoppani:
Catania Mario , Presidente ... 3 
Stoppani Lino , Vicepresidente di Confcommercio-Imprese per l'Italia ... 3 
Fulvio Fabio , Responsabile del settore politiche per lo sviluppo di Confcommercio-Imprese per l'Italia ... 6 
Catania Mario , Presidente ... 8 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 8 
Cenni Susanna (PD)  ... 9 
Senaldi Angelo (PD)  ... 10 
Catania Mario , Presidente ... 10 
Stoppani Lino , Vicepresidente di Confcommercio-Imprese per l'Italia ... 11 
Fulvio Fabio , Responsabile del settore politiche per lo sviluppo di Confcommercio-Imprese per l'Italia ... 12 
Caizzone Walter , Settore commercio e legislazione d'impresa di Confcommercio-Imprese per l'Italia ... 14 
Catania Mario , Presidente ... 15 
Fulvio Fabio , Responsabile del settore politiche per lo sviluppo di Confcommercio-Imprese per l'Italia ... 15 
Catania Mario , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Documentazione presentata da Confcommercio-Imprese per l'Italia ... 17

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 14,45.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del vicepresidente di Confcommercio nazionale, Lino Stoppani.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del vicepresidente di Confcommercio nazionale, Lino Stoppani.
  Do la parola al dottor Stoppani per lo svolgimento della sua relazione.

  LINO STOPPANI, Vicepresidente di Confcommercio-Imprese per l'Italia. Confcommercio-Imprese per l'Italia ringrazia la Commissione per l'invito, che ci consente di rappresentare il nostro punto di vista sui fenomeni dell'abusivismo e della contraffazione.
  Rispetto al tema oggetto di confronto, intendiamo portare il nostro contributo su tre filoni: enforcement, per l'applicazione delle leggi esistenti per tutelare i diritti di proprietà e reprimere le violazioni; il secondo aspetto concerne il made in, l’italian sounding e le azioni di contrasto agli abusi a livello internazionale che noi vorremmo venissero fatte; la terza parte è relativa ad alcune considerazioni sulla lotta alla contraffazione via internet.
  Preciso che, a beneficio dalla Commissione, lasciamo il testo integrale di questo intervento e delle iniziative che abbiamo promosso con l'approvazione delle forze dell'ordine e con le istituzioni interessate, oltre a quelle che abbiamo messo in atto per formare le imprese in Confcommercio sul tema della legalità, della contraffazione e dell'abusivismo.
  Tocco quindi il primo filone, che è quello dell’enforcement, sul quale Confcommercio auspica la definizione di un quadro normativo puntuale e adeguato, con un efficace sistema sanzionatorio. A proposito di questo aspetto, mi concentro su quattro problemi che a nostro avviso sono degni di attenzione.
  Il primo è il tema delle sanzioni ai consumatori. L'acquisto di prodotti illegali o contraffatti è in aumento. Secondo una fonte di Confcommercio, il 27 per cento dei consumatori nel 2014 dichiara di aver fatto almeno una volta acquisti illegali o illeciti, mentre nel 2013 erano il 25,6 per cento. Per quanto riguarda la classifica dei prodotti acquistati, il 56,60 per cento riguarda l'abbigliamento; il 38 per cento l'alimentare; il 30 per cento orologi, gioielli e occhiali; il 24,9 la pelletteria e il 23,3 le scarpe. Evidentemente sono ricerche fatte con il sistema delle multirisposte, cioè al consumatore era data la possibilità di più opzioni di risposta.
  Sul tema delle sanzioni ai consumatori, Confcommercio aveva apprezzato il decreto-legge n. 35 del 14 marzo 2005, che introduceva sanzioni amministrative pecuniarie anche in capo al consumatore. Ritenevamo Pag. 4che questa fosse una norma corretta perché serviva a sensibilizzare il consumatore sul fenomeno.
  Avevamo anche apprezzato la successiva norma che riduceva l'entità della sanzione e che, a nostro avviso, serviva a rendere applicata capillarmente la norma in argomento.
  Ad oggi, almeno dal nostro osservatorio, questa norma, per aspetti burocratici vari, quali, per esempio, l'obbligo di pagare la sanzione per F24 o altre situazioni complicate che troverete meglio espresse nel documento vi lasciamo, appare di fatto lettera morta. Ciò fa venir meno l'effetto deterrente della sanzione in capo ai consumatori.
  Pertanto, la prima richiesta che ci permettiamo di presentare è che su questo tema della sanzione ai consumatori ci sia un intervento per rendere la norma operativa.
  Il secondo argomento riguarda la rivisitazione delle fattispecie penali in materia di contraffazione. Infatti, attualmente esiste un quadro normativo penale che presenta dei limiti operativi e dei difetti di coordinamento, con la conseguenza che viene meno la certezza del diritto e si impedisce la corretta applicazione delle pene.
  Infatti, il Codice penale tutela beni giuridici come la fede pubblica, l'economia nazionale e l'ordine economico, per i quali è difficile identificare la violazione. Questa possibilità svuota di fatto l'operatività della protezione.
  Pertanto, su questo argomento Confcommercio auspica una rivisitazione del quadro normativo, che porti essenzialmente due cose. La prima è la riformulazione della fattispecie di reato in materia di contraffazione, configurando i reati di contraffazione come reati a dolo generico e non a dolo specifico, con una loro diversa collocazione nell'ambito dei reati contro il patrimonio e non contro la fede pubblica, come avviene attualmente. Questo rafforzerebbe l'interesse diretto del privato che viene danneggiato da questo fenomeno.
  Il secondo auspicio è riferito all'ampliamento della possibilità di qualificare la fattispecie di reati in forma associativa, per rafforzare anche l'attività delle forze dell'ordine, che potrebbero usare strumenti di indagine più sofisticati ed efficaci. Mi riferisco, per esempio, alle intercettazioni ambientali, che potrebbero essere utilissime per contrastare tutta la filiera dell'abusivismo, prendendo ad esempio la validità dell'intercettazione su altri fenomeni che interessano il presidio e il contrasto alla criminalità nel nostro Paese.
  Il terzo argomento collegato all’enforcement è relativo alle misure per agevolare la distruzione della merce contraffatta. Al riguardo auspichiamo una rivisitazione del Codice di procedura penale, in particolare dell'articolo 260, che consenta di provvedere senza ritardo alla distruzione della merce, senza attendere la definizione del processo penale, che ha tempi purtroppo lunghi.
  Oggi il provvedimento ha diverse criticità, anche di ordine pratico. Mi riferisco, per esempio, alla necessità di individuare appositi locali idonei allo stoccaggio oppure alla nomina di custodi giudiziari.
  In questa direzione, senza prevaricare i diritti di difesa delle parti, è fondamentale semplificare, perché l'efficacia del contrasto deriva anche dalla distruzione della merce contraffatta che viene sequestrata.
  Il quarto tema è quello dell'abusivismo commerciale e della concorrenza sleale. Contraffazione e abusivismo, secondo il nostro osservatorio, sono due facce della stessa medaglia. Pertanto, è chiara la necessità di intensificare i controlli e di rafforzare l'attività repressiva.
  Questo vale per contrastare non solo la contraffazione, ma anche i fenomeni di abusivismo, che si distinguono in due fattispecie. Il primo è quello evidente, ovvero persone che vendono prodotti contraffatti nei luoghi con grande afflusso di gente. Il secondo è l'abusivismo sviluppato da operatori nell'apparente rispetto delle norme, che godono di disposizioni di favore in campo amministrativo, in campo fiscale o in altro, e che di fatto svolgono delle vere e proprie attività commerciali, Pag. 5mascherate, però, sotto Onlus, circoli privati, spacci aziendali o sagre. Questa a casa nostra si chiama concorrenza sleale.
  Io, oltre a essere vicepresidente di Confcommercio, sono anche presidente della Federazione italiana dei pubblici esercizi. Nel settore della ristorazione – banalizzo il concetto – il fenomeno della concorrenza sleale che proviene da circoli privati, spacci aziendali e sagre equivale a 5 miliardi di euro. Ciò danneggia le imprese, ma anche l'erario, perché evidentemente viene meno la possibilità di gettito fiscale per il nostro Stato.
  Su questo argomento registriamo con soddisfazione – lo diciamo volentieri – che il Governo sta avviando la riforma del terzo settore e ha chiesto a tutti gli interessati di proporre punti di vista e osservazioni. Noi l'abbiamo fatto e siamo fiduciosi che la riforma che è stata avviata colpirà i fenomeni dell'abusivismo e della concorrenza sleale a cui ho fatto riferimento.
  Quelli che ho appena illustrato sono i quattro interventi che noi riteniamo importanti sotto l'aspetto dell’enforcement.
  Anche il made in Italy e l’italian sounding hanno un carattere prioritario, anche se hanno sfaccettature molto diverse.
  A nostro avviso, il made in Italy va oltre gli ingredienti e la provenienza delle materie prime, ma è un condensato fatto di competenze, di know how, di storia, di tradizione, di ricette e di intelligenze. Banalizzando, è il saper fare italiano che potrebbe essere anche un forte strumento di soft power, che è quella capacità di un Paese di rafforzare l'attrazione e la propria immagine su valori materiali che possono essere l'università, la cultura, la cucina, ma anche lo stile di vita del proprio Paese. Si tratta di rafforzare il nation branding, sul quale poi sviluppare una serie di marketing territoriali di promozione del nostro Paese, che sarebbero utili anche dal punto di vista commerciale.
  Il made in è un problema annoso, che fa fatica a emergere in sede UE, perché evidentemente ci sono interessi e sensibilità diverse soprattutto dei Paesi nordici. Questo è visto come un problema soprattutto italiano. Ci sono resistenze da parte dei Paesi del Nord a intervenire strutturalmente da un punto di vista normativo. Difatti, questo dossier, nonostante il semestre italiano che si sta per concludere, è ancora bloccato, con nostra grande preoccupazione.
  Una soluzione alternativa è stata indirettamente proposta dalla stessa Commissione europea, con la consultazione nell'ambito del Libro verde sulla possibile estensione delle indicazioni geografiche UE ai prodotti non agricoli. Banalizzando, si tratta di un'estensione dei nostri concetti di DOP o di IGP. Questa potrebbe essere una soluzione condivisibile, a condizione, però, che la garanzia sulla qualità del prodotto sia a carico del produttore e non sia invece caricata sul distributore.
  Pertanto, in carenza di norme UE, l'adozione di un marchio italian quality di proprietà dello Stato potrebbe essere utile per il rilancio del commercio estero, per la tutela del prodotto italiano, per migliorare l'informazione ai consumatori e per dare maggiore visibilità alle nostre eccellenze.
  Tuttavia, a nostro avviso, questa soluzione presenta due difetti. Il primo è legato alle difficoltà burocratiche per l'ottenimento del marchio italian quality da parte delle aziende e soprattutto delle piccole e medie imprese. Inoltre, la difficoltà sta nel trovare l'altezza dell'asticella su cui posizionarci, perché ci sono diverse sensibilità tra i grandi marchi – mi riferisco, per esempio, a quelli della moda – e i marchi minori che avrebbero le stesse necessità.
  Comunque, sul tema in generale, la Confcommercio è schierata in difesa dei prodotti italiani di qualità e contro le imitazioni dei marchi e le frodi nell'etichettatura.
  Per quanto riguarda questi fenomeni, evidentemente c’è una gran fantasia in giro per il mondo. Cito ad esempio l'abuso dei marchi tipo Parmesan, Reggianito, Cambozola, Cantia. È chiaro che sono fenomeni internazionali quasi impossibili da contrastare, per la loro ampiezza e perché richiedono un contenzioso molto oneroso dal punto di vista economico.Pag. 6
  In attesa di fare iniziative spot di tutela dei prodotti italiani, si potrebbe anche cominciare con una forte azione di informazione ed educazione a favore del consumatore magari nei Paesi più importanti, tipo gli Stati Uniti d'America, il Canada e la Cina, che hanno sensibilità verso i nostri prodotti.
  Infine, nella nostra relazione tocchiamo anche il tema della lotta alla contraffazione via internet. È un problema di fondo, perché evidentemente il carattere immateriale e sovranazionale della rete complica il contrasto alla pirateria on line o alla contraffazione via internet. È chiaro che su questo argomento c’è bisogno di una strategia a livello sovranazionale.
  Ciò precisato, però, l'analisi delle responsabilità di chi diffonde in rete non può prescindere da una valutazione dei dispositivi e degli automatismi di trasmissione che identificano i diversi attori dalla filiera, a cui si possono applicare per analogia le norme che esistono per il mondo fisico.
  Preciso che su questo passaggio, che richiede un tecnicismo particolare, mi sono permesso di invitare a darmi una mano il dottor Fabio Fulvio, che è alla mia destra, il quale svilupperà meglio il concetto.
  In attesa di lasciargli la parola, vi comunico che noi avremmo identificato per la contraffazione via internet e la diffusione di prodotti via internet quattro tipi di attori.
  Il primo è il venditore di un prodotto contraffatto che si fa un proprio sito e lo propone via internet. In questo caso evidentemente la responsabilità è facile da inquadrare ed è la stessa che ha una struttura fisica di un negozio o di un ambulante.
  Un altro attore è l'operatore di hosting fisico o commerciale. Penso, per esempio, alle piattaforme eBay. Dove è la responsabilità e a chi spetta ?
  Il terzo attore è colui che fa l’access provider, principalmente le compagnie telefoniche, che hanno evidentemente delle responsabilità analoghe a quelle che hanno le Autostrade o l'ANAS nella distribuzione della merce per via stradale. Dove sta la responsabilità ?
  Il quarto attore sono i motori di ricerca, come Google, che possono essere parificati alle nostre Pagine gialle.
  Mentre nel primo caso evidentemente la responsabilità è facile da individuare, negli altri casi è assolutamente complicato.
  Su questo lascerei la parola al nostro Fabio Fulvio. Io mi limito a precisare l'obbligo per tutti di collaborare con le forze dell'ordine per contrastare i fenomeni di contraffazione anche via internet e la necessità – questo è un invito che lasciamo alla responsabilità e alla riflessione di questa Commissione – di sensibilizzare, educare, formare e informare i consumatori, con campagne on line sui rischi e sui danni che questa attività illegale può provocare.
  Chiedo a Fabio Fulvio di completare la parte riferita alla contraffazione via internet. Per quanto mi riguarda, ringrazio dell'attenzione che mi è stata riservata.

  FABIO FULVIO, Responsabile del settore politiche per lo sviluppo di Confcommercio-Imprese per l'Italia. Noi abbiamo ritenuto di approfondire questo argomento con un paragrafo ad hoc, in particolare perché è un elemento fondamentale che oggi sta crescendo. D'altra parte, riteniamo che sia necessario capire bene come funziona, perché una volta capito questo si comprende anche come si può intervenire in certi casi.
  Non nego che a livello di CNAC abbiamo avuto con altre controparti una certa difficoltà di interpretazione, perché da una parte – parlo, ad esempio, dei grandi produttori – si vorrebbe poter intervenire sempre e comunque su internet a qualunque livello e, dall'altra, bisogna capire cosa è ragionevole e cosa non lo è.
  Il vicepresidente riportava degli esempi. Noi abbiamo identificato quattro grosse categorie. Chi vende il prodotto contraffatto è sicuramente perseguibile, ma purtroppo Pag. 7spesso il sito sta all'estero. Tuttavia, è evidente che quella è la parte da perseguire.
  Alcuni potrebbero dire che si può dare la colpa alla Telecom, per esempio, cioè a chi permette al consumatore italiano di accedere a questo sito. Diventa difficile dire che è colpa di Telecom e nel caso dei piccoli access provider è ancora più difficile, perché sono aziende che hanno minori possibilità d'intervento.
  Il tema è molto delicato. Riteniamo che l'analogia con il mondo fisico sia abbastanza semplice e ci aiuti a capire quali possono essere le vere responsabilità e, quindi, quali possono essere i livelli d'intervento.
  Facciamo l'esempio delle autostrade. Sulle autostrade passano sicuramente camion e TIR di merci contraffatte, così come sulle autostrade telematiche esistono accessi a siti di merce contraffatta. Nessuno di noi ritiene che Autostrade sia responsabile per la merce che passa sulle sue vie. Allo stesso modo non possiamo ritenere responsabile Telecom o un altro access provider perché dà l'accesso a un sito dove viene venduta merce contraffatta. Autostrade non lo sa e la Telecom nemmeno.
  Questo non significa che, se arriva l'autorità giudiziaria e chiede ad Autostrade di aiutarla a fermare quel camion o analogamente a Telecom di spegnere quel sito, questo non si debba fare. Questo va fatto, quando c’è un intervento dell'autorità giudiziaria. Questo è un elemento importante.
  Non si può prevedere a priori che Telecom lo sappia, così come non lo sa Autostrade, né si può, come alcuni vorrebbero, prevedere un intervento di un access provider sulla base di una contestazione di terzi. Moncler non può chiamare Telecom dicendo che su un determinato sito c’è un Moncler contraffatto e chiedendo di spegnere quel sito. Questo sarebbe possibile, ma non lo riteniamo giusto. Infatti, Moncler non può permettersi di chiamare Autostrade e chiedere di fermare un camion.
  Capirete tutte le implicazioni che ne verrebbero fuori sia dal punto di vista commerciale che dal punto di vista democratico. Se si apre questa strada, senza passare dall'autorità giudiziaria, che è garante di tutti, allo stesso modo io potrei chiamare perché su un sito c’è una notizia che mi riguarda e non mi piace e obbligare qualcuno a bloccare il sito. Diventerebbe una cosa complicatissima.
  Esistono dei livelli importanti da capire. Un altro livello è quello del motore di ricerca. Così come nessuno se la prende con Pagine gialle se pubblicizza un negozio dentro cui viene venduta merce contraffatta, non ce la possiamo prendere con Google, Bing o altri se quando cerchiamo Moncler fa apparire in prima linea un sito dove viene venduta merce contraffatta. Non è colpa sua, ma c’è un algoritmo.
  Bisogna essere ben attenti a quali sono le analogie. Mentre le prime due, motori di ricerca e autostrade, sono abbastanza semplici, più complessa è quella di chi offre servizio di hosting commerciale e non tanto hosting fisico del server, ovvero l'eBay della situazione.
  Se all'interno della piattaforma eBay operano dei negozianti nei cui minisiti vengono vendute merci contraffatte, anche in questo caso riteniamo difficile dire che sia colpa di eBay. Mi riferisco a eBay, ma anche a altri. Riporto questo esempio perché, essendo la piattaforma più grande, lo capiamo tutti.
  Riteniamo difficile mettere dei vincoli su questo aggregatore di offerte di terzi. In questa logica sono andate una serie di normative, ma soprattutto di interpretazioni giuridiche, sia americane che italiane.
  Riporto proprio il caso di eBay, che ha un reparto di 4.000 persone a livello mondiale che segue questo tema. eBay non fa e non può fare un'analisi a priori, ma interviene su segnalazione. In questo caso, essendo un'attività commerciale, interviene su segnalazione di terzi. Non è obbligata a farlo, ma lo fa offrendo un servizio ai suoi clienti.
  Questo è un elemento di valore della piattaforma, che è attenta a evitare che Pag. 8venga venduta merce contraffatta, ma non può essere reso obbligatorio, perché a quel punto diventerebbe complicato per un piccolo service provider o una piccola piattaforma di aggregazione intervenire su segnalazione di terzi, che magari possono anche sbagliare. Magari si blocca un sito e si chiude un negozio che non vende merce contraffatta, perché ci si è fidati di chi ha segnalato. Ecco perché riteniamo importante che intervenga l'autorità giudiziaria. Altrimenti si potrebbe anche dover pagare dei danni a chi è stato bloccato.
  In questo caso l'analogia nel mondo fisico che ci aiuterebbe a capire meglio quali possono essere i livelli di intervento e le responsabilità è quella del proprietario dell'immobile di un negozio. Io sono proprietario dell'immobile del negozio, cioè possiedo le mura, e dentro questo negozio, che ha affittato da me lo spazio, parte della merce è contraffatta. È colpa mia che sono proprietario dell'immobile ? Probabilmente no. È colpa del negoziante che vende la merce. Anche in questo bisognerebbe cercare di capire.
  Fatta questa analisi di quali sono i livelli di intervento e i vari attori di tutta questa filiera, noi riteniamo sicuramente che vada colpito chi commette il reato. Non vogliamo essere quelli che difendono chi vende merce contraffatta. Certamente va colpito il sito. Come dicevo, purtroppo, non sempre è facile, perché il sito a volte è all'estero. È difficile chiedere di chiudere il sito se è in Ucraina.
  Riteniamo, invece, che sia un po’ troppo semplicistico imporre questo onere a terzi, che in questa filiera c'entrano perché forniscono alcuni servizi, ma non sono in grado di identificare e bloccare merce contraffatta, così come non succede nel mondo fisico.

  PRESIDENTE. Ringrazio il vicepresidente Stoppani e il dottor Fulvio.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FILIPPO GALLINELLA. Ringrazio il vicepresidente Stoppani.
  Ascoltandola, mi vengono in mente due cose su cui vorrei focalizzare la mia curiosità. Lei ha parlato delle sanzioni a carico dei consumatori, che sono un deterrente che non ha funzionato bene, in base a quello che ho percepito dal suo intervento. Io non so se è stato valutato il fatto che magari qualche consumatore non si accorge neanche a volte di comprare merce contraffatta. Pertanto, forse più che sulla sanzione è più efficace puntare su una campagna di informazione. Su questo le chiedo un giudizio.
  Lei ha parlato anche di una rivisitazione di alcune norme in materia di contraffazione. Vorrei chiederle un commento alla proposta di legge n. 1407, con cui noi andiamo a modificare alcuni articoli in materia di lotta alla contraffazione. Magari le può dare un'occhiata e ci può dire se la direzione è giusta. Vorrei un consiglio da chi lavora sul campo e sente anche i commercianti.
  Nel documento che ci ha inviato c’è una tabella con varie indicazioni di modifiche di alcuni codici. La legge n. 176 del 2009, all'articolo 4, introducendo i commi 49-bis e 49-ter, modifica la legge n. 350 del 2003. Nello specifico, l'intento della seconda modifica è quello di chiarire alcuni aspetti di questo comma 49 per quanto riguarda le merci all'interno delle dogane.
  Peleggi, direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, segnala che passando dal reato penale a quello amministrativo c’è una diminutio dell'applicazione della norma come deterrente per le merci che si possono importare. Vorrei sapere se avete affrontato questo argomento. Magari potete inviarci documenti successivamente, per dirci cosa ne pensate.
  In ultimo, sulla questione di internet, il suo collega ha spiegato benissimo chi è il responsabile. Il proprietario della rete si deve rendere disponibile ad aiutare in questa battaglia contro la contraffazione, Pag. 9magari bloccando i flussi finanziari. Anche se si spegne un sito, lo si può riaccendere dopo un secondo.
  Vorrei sapere se avete qualche prova sperimentale sul fatto che magari si potrebbe bloccare qualche transazione economica, tramite carta di credito o bonifico, su quei percorsi che risultano illeciti.

  SUSANNA CENNI. Ringrazio davvero Confcommercio per l'audizione, ma anche per l'attività che sta svolgendo. Io ho avuto modo in più occasioni di seguire dal mio territorio lo svolgimento della Giornata della legalità che voi celebrate. Lo ritengo un utile contributo anche per accrescere la sensibilità su questo tema, che sappiamo essere uno dei modi con cui si contribuisce all'azione di contrasto.
  Mentre ascoltavo i temi che lei ha sollevato durante l'audizione, ritrovavo tantissime delle questioni che abbiamo sentito porre all'attenzione della Commissione da altri soggetti, per esempio durante la missione che abbiamo svolto a Prato una decina di giorni fa. Siamo entrati in un distretto particolare, però alla fine i temi sono gli stessi.
  Per esempio il tema, da voi sollevato, dell'efficacia del sistema sanzionatorio è stato posto da tutti, ossia dalle forze dell'ordine, dal prefetto e dai vari soggetti che si trovano nella veste di coloro che comminano le sanzioni o di coloro che le valutano, chiedendoci di riflettere. Come gruppo del Partito Democratico lo faremo, ragionando sulle norme, che devono indubbiamente essere aggiornate.
  Ci si chiede di fornire strumenti che ragionino sull'efficacia dell'intervento, quindi più sequestro che sanzione e più distruzione che multe monetarie. Lavoreremo sicuramente sul tema dell'aggiornamento normativo.
  Dal procuratore di Prato ci è stato sollevato il tema dell'utilizzo di alcuni strumenti come le intercettazioni per l'efficacia delle norme e delle indagini e per un'azione di contrasto adeguata.
  Moltissime delle cose che lei ci ha detto francamente ci confermano che occorre davvero operare un aggiornamento.
  Non so se ho ben capito il senso del suo intervento sul tema dell'ipotetico marchio unico. Io credo che anche su questo ci sia da riflettere attentamente. Non so quanto l'ipotesi di una sorta di marchio collettivo nazionale possa efficacemente rispondere all'esigenza di contrasto alla possibile contraffazione.
  Questo vale soprattutto per alcuni piccoli produttori. Penso all'artigianato e non solo all'agricoltura, che comunque ha una sua normativa particolare, a partire dalle denominazioni come l'IGP e le altre, che attengono a marchi che investono di più sulla riconoscibilità, sull'unicità, sulla peculiarità oppure sulla territorialità.
  Sulla questione della protezione, noi abbiamo avuto modo di vedere e di ascoltare alcune esperienze abbastanza efficaci di utilizzo di sistemi informatici o di microchip. Si tratta di forme di utilizzo molto avanzato dal punto di vista tecnologico da parte del produttore, che ovviamente consentono di ottenere risultati abbastanza importanti. Mi interessa avere una vostra valutazione su questo tipo di utilizzo.
  Peraltro, noi, durante l'approvazione della legge di stabilità, abbiamo fatto approvare anche un ordine del giorno che si pone l'obiettivo di estendere l'utilizzo della legge Sabatini per questo tipo di investimenti da parte delle imprese. Mi rendo conto che non tutte le imprese possono essere in grado di affrontare un investimento di questo tipo.
  Sulla questione del web, ovviamente abbiamo presente quanto la questione sia complessa. Ho trovato molto interessante l'audizione dell'Autorità per la concorrenza, che ci ha fatto un quadro sulle possibilità ma anche sulla fallibilità di alcuni interventi, quali, per esempio l'oscuramento del sito, che riapre poche ore dopo in altro modo. Ci sono stati illustrati anche i rischi che purtroppo esistono tentando di seguire la traccia Pag. 10delle transazioni finanziarie. Sappiamo che ci sono anche in questo caso canali paralleli. Credo che si dovranno studiare con grande attenzione forme efficaci di intervento in questa materia.
  L'ultima richiesta di carattere più generale che vi faccio è una vostra valutazione complessiva sul sistema che ci siamo dati in questo Paese. A proposito del CNAC, vorrei sapere se ritenete questo comitato efficace e utile e se va bene così come è stato concepito. Sulle norme credo che ci abbiate dato delle indicazioni abbastanza chiare. Vorrei una vostra opinione anche sull'efficacia del sistema di contrasto rappresentato dall'azione delle forze dell'ordine.

  ANGELO SENALDI. Vorrei sottolineare anch'io l'aspetto dell'etichettatura e dell'utilizzo dei marchi, perché credo che se non abbiniamo la marchiatura degli oggetti con sistemi di riconoscibilità moderni, quali quelli citati dall'onorevole Cenni, non riusciamo a risolvere il problema.
  Al di là della capacità di valutare la qualità dei prodotti italiani, penso che ci possa essere anche una sorta di contraffazione del tentativo di qualificazione del prodotto. Credo che possa essere di utilità abbinare nuove tecnologie per permettere di individuare i prodotti effettivamente contraffatti.
  Credo, però, che tutto questo passi da una sensibilità, da una consapevolezza e da un'apertura sia da parte delle strutture commerciali che da parte dei consumatori.
  Su questo versante, ritengo fondamentale un'opera di «istruzione» del consumatore in Italia e nel mondo. La vostra organizzazione, così capillarmente presente sul territorio nazionale, e le organizzazioni all'estero devono trovare la capacità di informare o di formare il consumatore. È vero che avete una serie di iniziative certamente encomiabili e di grande risonanza, ma mi permetto di dire che è difficile rendere tutti consapevoli. Credo che il punto vendita possa aiutare questa crescita, aldilà delle iniziative meritorie che voi mettete in campo come associazione a livello nazionale.
  Vorrei sapere se immaginate anche degli altri percorsi, come Confcommercio, per sensibilizzare le persone su questo problema e se la vostra capacità di intervenire presso gli associati può permettere di creare delle filiere di marchio, ovvero se anche voi potete essere punto d'incontro e di formazione di un sistema di qualificazione delle merci e di verifica dell'autenticità delle stesse.

  PRESIDENTE. Alle domande poste dai colleghi aggiungo anch'io alcuni quesiti abbastanza specifici, perché le problematiche di carattere generale sono già state poste e, quindi non ci torno su.
  Ho ascoltato con molta attenzione la prima parte della vostra relazione e in particolare i riferimenti al quadro penale vigente.
  Lei ha auspicato in particolare una riscrittura delle fattispecie di base e un riposizionamento delle fattispecie stesse all'interno del titolo dei reati contro il patrimonio. Vi devo dire che questa è una delle cose che abbiamo già preso in considerazione e su cui stiamo riflettendo.
  Tuttavia, abbiamo anche preso in considerazione – ed è su questo che verte la mia domanda – l'alternativa di non riposizionare le fattispecie tra i reati contro il patrimonio bensì tra i reati contro l'economia e il commercio, cioè nel titolo VIII. Una soluzione in questo tipo consentirebbe di non prendere in considerazione il danno come elemento costitutivo. Nei reati contro il patrimonio in linea generale il danno è elemento costitutivo del reato e questo comporta in sede di procedimento penale una dimostrazione in materia, che può essere complessa e può tutto sommato diventare un ostacolo a una rapida evoluzione del fenomeno.
  Se è in grado di farlo adesso, le chiedo una relazione su questo punto.
  Sempre in materia penale, tocco un argomento delicatissimo per un'organizzazione come la vostra. Oggi noi abbiamo una contraffazione che viaggia su tre canali. Pag. 11Il primo è il web, di cui parleremo. Il secondo è il commercio ambulante abusivo, che è fuori dalla vostra sfera di rappresentanza. Il terzo è il commercio tradizionale. Infatti, c’è tuttora una parte di contraffatto, che in alcune merceologie è particolarmente importante, che viaggia attraverso punti di vendita del commercio normale.
  Come reagireste all'ipotesi, che in questo momento è contemplata solo per una parte circoscritta della fenomenologia, di introdurre delle sanzioni interdittive dell'attività per gli esercizi commerciali che vengano riscontrati consapevolmente compartecipi e correi di una veicolazione di contraffazione ? Vi sentireste di sostenere e sottoscrivere un'ipotesi di questo tipo o no ? Eventualmente, per quale motivo ?
  Chiedo questo nella considerazione che stiamo valutando che l'interdizione dell'attività commerciale è in realtà molto più dissuasiva di un'ipotetica sanzione amministrativa o pecuniaria, di carattere penale, che arriverà, se arriverà, chissà quando e non avrà un impatto dissuasivo concreto.
  Sul web più che una domanda faccio una considerazione. Ringrazio per le cose già dette. La problematica è la più complessa da gestire. Come già accennava la collega Cenni, su questo dovremmo lavorare di più. Non credo che ci si possa accontentare di registrare il fatto che nel quadro attuale non è possibile intervenire nei confronti dei provider oltre quello che è già previsto, come è stato detto.
  Io credo che questo debba essere assunto da tutti come un tema di straordinaria rilevanza, perché in futuro il commercio tenderà sempre di più a essere e-commerce e, quindi, se noi non siamo capaci di contrastare la contraffazione nell’e-commerce abbiamo perso la battaglia. Questa è più una considerazione che non una domanda.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  LINO STOPPANI, Vicepresidente di Confcommercio-Imprese per l'Italia. Vi ringrazio perché questa audizione è confortante. Siamo venuti con impegno, con serietà e con spirito costruttivo e rispettoso, e ho trovato gli interventi dei parlamentari presenti di grande qualità. Ciò vuol dire che il tema è approfondito, discusso, valutato. Pertanto, vi rivolgo un apprezzamento per la qualità degli interventi, a cui cercherò di rispondere, facendomi aiutare anche dai tecnici di Confcommercio che mi hanno assistito.
  Riprendo l'intervento del parlamentare Gallinella, il quale ha espresso delle perplessità sulle sanzioni ai consumatori, chiedendo una riflessione aggiuntiva, perché molto spesso c’è buona fede da parte del consumatore che compra il prodotto contraffatto. Su questo tema, è chiaro che il legislatore deve saper graduare l'entità della sanzione in relazione alla corresponsabilità del consumatore coinvolto.
  L'onorevole Gallinella ci ha chiesto anche un consiglio sulla loro proposta di legge di limitazione delle fattispecie. Lascerò intervenire l'ufficio legale su questo argomento e anche sull'aspetto legale collegato alle merci depositate all'interno delle dogane.
  Invece su internet, sulla responsabilità della rete e sulla necessità di bloccare flussi di pagamento, si aggiunge un nuovo problema alla contraffazione, cioè le frodi di carattere commerciale di cui molto spesso i commercianti scontano le conseguenze con il commercio elettronico.
  Io replico alle domande per le quali riesco ad articolare una risposta, lasciandone ai miei colleghi tecnici l'integrazione.
  L'onorevole Cenni ringrazia la Confcommercio. È troppo generosa. Gli interventi che noi facciamo sul tema della legalità rientrano anche nell'ottica della responsabilità sociale di cui ci facciamo carico. Una società si migliora con il contributo di tutti. Questo è lo spirito con il quale Confcommercio ovviamente tutela degli interessi, ma cerca anche di proporsi in termini costruttivi, a disposizione di chi è chiamato a legiferare o a gestire i provvedimenti di legge.Pag. 12
  Sull'efficacia del sistema sanzionatorio, come lei ha sentito in altre sedi, l'orientamento è quello di fare più sequestri e meno sanzioni.
  Sull'importanza degli strumenti, la necessità di allargare l'uso delle intercettazioni ci trova assolutamente d'accordo, perché evidentemente questo favorirebbe l'identificazione di tutta la filiera su cui si sviluppa questo mercato.
  Sul marchio unico e le finalità, lascio la parola al dottor Fabio Fulvio, così come sugli aspetti del web e sulla valutazione di Confcommercio in merito all'efficacia del CNAC.
  L'onorevole Senaldi sollecita l'uso di nuove tecnologie e la promozione di alta sensibilità sia da parte nostra sia da parte dei consumatori su questo argomento.
  La possibilità di essere autocertificatori delle merci evidentemente richiede un'organizzazione che oggi certamente non abbiamo. Nella misura in cui il contrasto alla contraffazione dovesse registrare dei passi avanti, se ci sarà da caricarsi di nuove responsabilità ovviamente lo faremo con grande disponibilità, visto che si tratta di un interesse della portata che ho espresso nella mia premessa.
  Il presidente, invece, ci chiama a una valutazione sulla riscrittura e il riposizionamento delle fattispecie. Noi abbiamo proposto che rientrino tra i reati contro il patrimonio. Il presidente propone, invece, che rientrino nei reati contro l'economia e il commercio. Il motivo per il quale noi ci eravamo permessi di proporre questo suggerimento è legato al fatto che l'inserimento come reato contro il patrimonio favorisce l'utilizzo di strumenti che nelle fattispecie dove oggi è catalogato non è consentito.
  Abbiamo qui il nostro ufficio legale, che magari potrà darle una valutazione su questo, così come sulla disponibilità o sulla posizione di Confcommercio relativamente all'ipotesi di una sanzione interdittiva a commercianti che dovessero essere coinvolti in queste attività illecite.
  La mia posizione, che penso sia assolutamente condivisibile anche da parte dei miei colleghi, è che non abbiamo nessun problema. Al limite, porrei una gradualità anche in questo caso. Magari alla seconda o terza infrazione si potrebbe applicare questo provvedimento, perché sarebbe anche una forma di educazione e di formazione al corretto esercizio delle proprie attività.
  Non vedo assolutamente una posizione contraria di Confcommercio. Eventualmente, chiederemmo solo di valutare bene la fase di acquisto, se sia avvenuta irregolarmente o con fattura, e anche il comportamento del commerciante in questa fase. Se quest'ultimo ha una responsabilità diretta, l'aspetto sanzionatorio evidentemente ci trova d'accordo, perché rientra anche questo nella parte riferita alla crescita professionale dei nostri.
  Lascerei la parola a Fabio Fulvio per la parte di sua competenza e poi eventualmente al dottor Caizzone.

  FABIO FULVIO, Responsabile del settore politiche per lo sviluppo di Confcommercio-Imprese per l'Italia. Io devo rispondere su due o tre punti.
  Il primo era relativo al blocco delle transazioni finanziarie verso i siti. Questo è giustissimo, ma riteniamo che presenti più o meno la stessa problematica dell'oscurare il sito, nel senso che se riaprono il sito da un'altra parte, probabilmente rimettono in pista anche i sistemi di pagamento. Tracciare questi sistemi di pagamento quando escono dalle frontiere diventa complicato. Siamo sicuramente a favore, ma lo troviamo complicato, come immagino sia tutto il tema della contraffazione.
  Infatti, la nostra premessa su questo argomento era che è necessario un intervento sovranazionale. Su questo tema è chiaro che non si può agire da soli come singolo Paese.
  Mi si chiedeva un approfondimento sul marchio collettivo nazionale. Lo riteniamo un'idea intelligente. Questo, però, è un second best. Noi abbiamo fatto un'audizione Pag. 13su questo tema qualche mese fa. Sull'argomento evidentemente avremmo preferito e tuttora preferiamo, ammesso che sia ancora possibile e praticabile, il made in a livello europeo. Quella evidentemente è la nostra prima scelta e credo che sia quella di tutti gli altri, soprattutto italiani.
  In mancanza di questo, il marchio collettivo nazionale è un'iniziativa intelligente. Lo riteniamo buona come second best. Il problema è l'applicazione pratica. Riteniamo che questa scelta sia facilmente problematica e che sia facile vederlo a priori. Vi spiego subito.
  Un tema è dove posizioniamo l'asticella. Cosa vuol dire italian quality ? Vuol dire un prodotto di qualità ? Come viene definito ? Lo teniamo altissimo e, quindi, facciamo entrare solo chi non ne ha bisogno ? Faccio un esempio banale. Se teniamo l'asticella molto alta, Prada e Armani ci rientrano, però probabilmente sono anche quelli che non ne hanno bisogno.
  Se, invece, l'abbassiamo per farvi rientrare piccole e medie imprese, il rischio è che Prada e Armani non ci stiano perché non vogliono essere mischiati con gente che ha marchi di questo tipo. Facciamo un marchio italian quality dove i migliori non ci sono ? In questo modo, ci diamo la zappa sui piedi.
  Sempre su questo argomento, c’è il tema relativo a tutti i disciplinari che andranno costruiti, perché chiaramente se è un italian quality generale, è evidente che definire che cos’è di qualità italiana su tante merci, tante categorie e tanti sottosettori è una follia. L'aspetto pratico di decreti legislativi, di aspetti amministrativi e la scelta dei Ministeri che lo dovranno seguire è da impazzire.
  C’è un altro tema che riguarda la credibilità di questo claim. Il marchio ha senso se il claim che ci sta dietro è credibile. La legge magari è ragionevole, ma bisogna vedere l'applicazione pratica. Io credo che chi fa una legge dovrebbe pensarci.
  Faccio un esempio banalissimo. Se questa certificazione italian quality viene data da una struttura burocratica come può essere un Ministero – e così sarà – diventa difficile che un funzionario del Ministero dica di no a determinate controparti. Se Finmeccanica fa un prodotto bellissimo e poi ne fa uno un po’ meno buono, quale funzionario è in grado di dire a Finmeccanica che non certifica questo secondo prodotto perché lo ritiene meno buono ?
  Secondo me, è più facile che gli dicano di sì. Questo vale per tutta una categoria di prodotti e produttori. Se gli dicono di sì, si annacqua il marchio e, quindi, il claim diventa meno importante. Se, di fatto, entrano in questo italian quality una serie di prodotti che non avrebbero diritto a entrarci, il marchio viene un po’ depotenziato.
  L'ultimo tema riguarda il costo. Ancorché il marchio italian quality sia collegato al tema del made in Italy e sia universalmente noto come prodotto di qualità e, quindi, facile da «commercializzare», un nuovo marchio richiede un investimento importantissimo, soprattutto perché un marchio di questo genere è a livello mondiale. Il marchio italian quality non ha senso in Italia, ma lo ha in Cina o negli Stati Uniti. Fare un'attività di promozione capillare è una cosa da far tremare i polsi.
  Noi riteniamo che per questa serie di motivi, che sono pratici, un'idea ancorché buona sia difficilmente applicabile nella realtà.
  Sugli aspetti relativi a microchip, tracciabilità, RFID e una serie di tecnologie che riguardano la possibilità di tracciare e, quindi, di verificare la certezza del prodotto, siamo perfettamente d'accordo.
  Le tecnologie sono veloci, per cui diventa problematico definire uno standard che magari dopo quattro o cinque anni sarà superato e, quindi, occorrerà adeguare una serie di macchinari e di controlli.
  Rappresentando i distributori, cercheremo di limitare per quanto possibile il fatto che piccole imprese che rivendono Pag. 14prodotti si debbano dotare di macchinari complicati, che magari cambiano dopo tre anni, per certificarne la provenienza. Diventa faticoso.
  Ciò nonostante, questa è sicuramente una delle strade. Ci sono dei sistemi simpatici e anche poco invasivi. Sto parlando di ologrammi e Certilogo. In questo caso il web aiuta l'utilizzo e la diffusione di questi sistemi. Esistono sistemi in cui l'operatore ha un collegamento con i dati di controllo e amministrativi del produttore. Se io vado sul sito, c’è la certificazione che quel determinato prodotto con quel determinato codice è tracciato. In questo caso il web aiuta.
  Pertanto, siamo sicuramente a favore, nei limiti di una non eccessiva onerosità nei confronti del distributore, soprattutto se piccolo.
  Per quanto riguarda l'efficacia di CNAC e forze dell'ordine, la nostra opinione è assolutamente positiva. Non smettiamo mai di ringraziare la polizia e le forze dell'ordine, perché effettivamente sono un supporto importantissimo.
  Riteniamo che il CNAC sia efficace perché effettivamente, dovendo comporre degli interessi diversi – ho citato l'esempio di Moncler – è un punto dove quantomeno tutti gli operatori e tutti gli attori della filiera parlano la stessa lingua e si occupano tutti dello stesso problema, portando ciascuno i propri contributi. È chiaro che in certi casi possiamo non essere tutti d'accordo, però penso che alla fine si riescano a ottenere delle indicazioni ragionevoli per tutti.

  WALTER CAIZZONE, Settore commercio e legislazione d'impresa di Confcommercio-Imprese per l'Italia. Aggiungo alcune piccole precisazioni, in primo luogo di carattere specificamente normativo.
  Inizio con l'acquisto di merce contraffatta da parte dei consumatori, rispondendo alla domanda dell'onorevole Gallinella. Così come è configurata, la norma sanziona soltanto l'acquisto consapevole. Sostanzialmente la norma riprende quella fattispecie prevista dal Codice penale per l'acquisto incauto di merce rubata o di provenienza illecita. Ovviamente in questo caso la sanzione è di carattere amministrativo-pecuniario.
  Come si diceva, noi avevamo salutato con molto favore l'abbassamento dell'entità della sanzione, proprio perché, come aveva giustamente evidenziato il vicepresidente Stoppani, è importante che vi siano una diffusione capillare e una sensibilizzazione anche da parte dei consumatori, che spesso non percepiscono il disvalore che sta dietro l'acquisto di un prodotto contraffatto.
  Normalmente il consumatore, acquistando un prodotto contraffatto, pensa: «Perché io devo pagare X per un determinato bene quando posso averlo a molto meno ?». Il consumatore non si ferma a riflettere sul fatto che dietro quel prodotto contraffatto c’è tutta una filiera criminale e il venditore ambulante è soltanto l'ultimo anello e anche quello più debole di questa filiera, dietro cui ci sono delle vere e proprie organizzazioni. Pertanto, è importante e necessario sensibilizzare il consumatore.
  Il fatto che sino ad oggi questa norma non sia stata applicata non è dovuto a una mancanza di volontà da parte delle forze dell'ordine o a una scarsa conoscenza, ma ad un motivo meramente burocratico. Ciò è dovuto sostanzialmente a una questione di legge di contabilità. La norma prevede che le entrate relative a queste sanzioni siamo imputate al bilancio dello Stato, ma poi non vi è il criterio necessario per ripartire queste entrate dal bilancio generale alle singole amministrazioni. Di fatto, per un problema tecnico di contabilità dello Stato, la norma è presente e noi la giudichiamo in maniera positiva, ma non è operativa.
  Questo è un tema che è stato affrontato anche da parte del CNAC nei vari gruppi di lavoro. Mi ricollego al discorso sull'efficienza e sulla validità del CNAC. Bene o male, tutte le tematiche di enforcement che abbiamo presentato sono note e c’è una condivisione abbastanza comune.Pag. 15
  Bisogna dire che il quadro normativo complessivo italiano è abbastanza completo. Ciò che vogliamo è che si possano rendere operative ed efficaci le norme esistenti.
  Rispetto alla richiesta del presidente Catania, noi non ravvisiamo difficoltà a inquadrare le fattispecie nell'ambito dei reati contro il commercio piuttosto che nell'ambito dei reati contro il patrimonio.
  Peraltro, l'esigenza di una razionalizzazione e rivisitazione complessiva delle fattispecie nasce proprio sul piano processuale. Ringraziamo il presidente Catania che ha già attenzionato queste problematiche e le conosce bene. Potrebbe sembrare un esercizio meramente giuridico quello di spostare questi reati da una parte del Codice all'altra. La ratio è proprio finalizzata a rendere quella condotta illecita più agevolmente dimostrabile in ambito probatorio in sede di procedimento penale. In dibattimento bisogna provare il danno e potrebbero subentrare delle difficoltà.
  La sua è una riflessione che possiamo accogliere con favore. La nostra idea era semplicemente legata al fatto che inserendo la fattispecie nell'ambito dei reati contro il patrimonio, di conseguenza, ci sarebbe una persona offesa e ci potrebbe essere anche un maggiore impulso allo sviluppo dell'azione penale.
  Il Codice penale italiano è abbastanza completo, dopo gli ultimi interventi normativi del 2009, sotto questo punto di vista. Le fattispecie coperte sono piuttosto ampie. L'importante è che queste possano tradursi in soluzioni efficaci per i problemi e non costituiscano una mera lettera morta.
  Ben venga una rivisitazione che tenga conto di queste necessità e che dia la possibilità agli operatori, cioè alla magistratura e alle forze dell'ordine, di intervenire in maniera più incisiva.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Caizzone per quest'ultimo intervento di chiarimento e do nuovamente la parola al dottor Fulvio sul tema delle dogane.

  FABIO FULVIO, Responsabile del settore politiche per lo sviluppo di Confcommercio-Imprese per l'Italia. Anche il tema delle dogane è abbastanza delicato, soprattutto perché dobbiamo capire bene come funziona a livello di Comunità europea. Le nostre norme doganali sono già abbastanza rigide. Parlo anche di quelle relative al settore fitosanitario.
  Non è bloccando le dogane e, quindi, le frontiere italiane, che riusciamo a ridurre i problemi, perché basta che le merci entrino da un'altra parte dell'Unione europea, anzi in questo caso otteniamo un doppio danno. Questo è successo in molti casi per varie tipologie di merci, soprattutto per i filati e per i tessuti, che adesso entrano dalla Repubblica Ceca piuttosto che dall'Italia e sono tutti fatti in Cina. Entrano da lì perché lì non li controllano, però una volta entrati ce li ritroviamo ugualmente.
  Possiamo mettere tutti i controlli possibili, ma più controlli mettiamo e più è facile che entrino dall'altra parte. Entrando dall'altra parte, perdiamo anche i benefici derivanti dal fatto che ci siano delle tariffe doganali da pagare. Noi non incameriamo il dazio, ma comunque ci arriva la merce contraffatta, o comunque di bassa qualità, che non vogliamo far entrare.
  Sicuramente è un elemento un po’ complicato e difficilmente gestibile a livello di singolo Paese all'interno dell'Unione europea. Va gestito a livello europeo.
  Di fatto, torniamo ai problemi del made in. Paesi che sono fondamentalmente commerciali, ovvero sono dei trader piuttosto che dei produttori, non hanno nessun interesse a bloccare le loro dogane, anzi più merce passa meglio è.
  Comunque, all'interno di questo discorso, non siamo contrari al passaggio dalla sanzione penale alla sanzione amministrativa, proprio perché probabilmente questo favorisce in certi casi il fatto che possano passare dalla nostra dogana. Pag. 16Quella amministrativa è comunque una sanzione pecuniaria e di fatto può andar bene.
  Tuttavia, questo va valutato in un discorso più ampio, che è quello che ho appena fatto. Essendo l'Italia all'interno dell'Unione europea, parlare di dogane italiane ha senso fino a un certo punto.

  PRESIDENTE. Ringrazio ancora il presidente Stoppani, il dottor Fulvio e il dottor Caizzone che sono intervenuti, unitamente al resto della delegazione di Confcommercio.
  È inutile sottolineare ancora una volta l'utilità di questa audizione. Avete portato materiale interessante. Avete detto cose sicuramente pregnanti. Starà adesso alla Commissione continuare a lavorare per dare un seguito a questo incontro.
  Dichiaro conclusa l'audizione e dispongo che la documentazione presentata sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna.

  La seduta termina alle 15,50.

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