XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 14 di Martedì 25 novembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 2 

Variazione nella composizione della Commissione:
Bratti Alessandro , Presidente ... 2 

Audizione del Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, Giovanni Colangelo:
Bratti Alessandro , Presidente ... 2 
Colangelo Giovanni , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 
Colangelo Giovanni , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 7 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Colangelo Giovanni , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Colangelo Giovanni , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Nugnes Paola  ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Nugnes Paola  ... 11 
Castiello Giuseppina (FI-PdL)  ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Puppato Laura  ... 12 
Arrigoni Paolo  ... 12 
Rostan Michela (PD)  ... 13 
Pepe Bartolomeo  ... 13 
Compagnone Giuseppe  ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Colangelo Giovanni , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Colangelo Giovanni , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Variazione nella composizione della Commissione.

  PRESIDENTE. Comunico che in data 20 novembre il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione il senatore Lionello Marco Pagnoncelli, in sostituzione del senatore Vittorio Zizza.

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, Giovanni Colangelo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, Giovanni Colangelo, che ringrazio per la presenza.
  Ricordo che l'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento sulla Campania.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Come ho detto al dottor Colangelo, noi stiamo iniziando a fare un aggiornamento sulla situazione in Campania per quello che riguarda il ciclo integrato dei rifiuti urbani. Ricordo che ci sono state anche le recenti sanzioni della Comunità europea rispetto a una serie di questioni legate al non adempimento degli obblighi che erano stati previsti a livello europeo.
  Permangono delle criticità che ci vengono segnalate e, quindi, il nostro compito è affrontarle. Stiamo organizzando anche una visita al Sud, che non faremo prima della fine di febbraio, vi avviso, perché prima abbiamo previsto la Sicilia, per motivi che poi vi dirò.
  Più o meno a fine febbraio faremo una visita in Campania. Abbiamo sentito l'Assessore Romano, che ci ha fatto un quadro e abbiamo già posto alcuni temi rispetto anche ai rifiuti che escono dalla regione. C’è, infatti, un quantitativo non indifferente di rifiuti che continua a uscire dalla regione in maniera legale, ma che sicuramente costituisce un costo importante per i cittadini campani.
  Procuratore, eventualmente le saranno poste dai colleghi alcune domande. Le chiederei di fare un focus sulle questioni che lei ritiene più critiche e anche di fornire eventuali suggerimenti da un punto Pag. 3di vista normativo su quanto anche noi legislatori possiamo portare sui tavoli opportuni.
  Do la parola al procuratore Colangelo.

  GIOVANNI COLANGELO, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Ringrazio il signor presidente e la Commissione, come sempre, per la cortesia e l'attenzione dimostrate al territorio nel quale noi operiamo. Le problematiche sono tantissime. Spero di fare una panoramica che sia sufficientemente esauriente.
  Uno dei primi problemi che noi abbiamo riscontrato recentemente è che la determinazione del territorio minato da criticità legate allo smaltimento dei rifiuti, purtroppo, non è rimasta invariata. Anzi, essa tende ad aumentare a mano a mano che riceviamo segnalazioni di fatti, sia pure molto risalenti nel tempo, che riguardano il seppellimento di rifiuti in zone nelle quali in un primo tempo non ci erano stati segnalati problemi.
  Mi riferisco ai recenti rinvenimenti di rifiuti tombati in area vesuviana, che, su delega della procura della Repubblica di Napoli, Sezione reati ambientali e urbanistici, hanno effettuato gli organi di polizia giudiziaria, rinvenendo anche in area vesuviana dei rifiuti interrati. Ciò significa che anche una zona che fino a quel momento avevamo ritenuto immune, purtroppo, non lo è.
  Veniamo, invece, alla zona più tipicamente denominata come Terra dei fuochi, anche se sotto questa denominazione, come ho avuto modo di sottolineare in tutte le circostanze, è ricompresa una dizione non del tutto esatta. La dizione Terra dei fuochi, infatti, era riferita al territorio in cui si applicava il fuoco ai rifiuti a cielo aperto. In realtà, poi la denominazione si estende a tutto il territorio investito da problematiche di inquinamento ambientale e di smaltimento illecito di rifiuti.
  Vista nell'accezione più ampia, l'estensione è di circa 800 chilometri quadrati. Su di essa insistono circa 57 comuni, tra i quali anche i capoluoghi di provincia di Napoli e Caserta, per una popolazione di oltre 2 milioni di abitanti.
  Occorre tenere presente che su questo territorio operano al momento tre e qualche volta anche quattro procure, ossia la procura di Napoli, la procura di Napoli Nord, la procura di Santa Maria Capua Vetere e, per una zona che si sposta più verso l'area vesuviana, ma che comunque è al confine, anche la procura di Nola.
  L'area a maggiore rischio ambientale, quella più correttamente definita Terra dei fuochi, riguarda circa 40 comuni, per una popolazione residente di circa 1.200.000 abitanti. È una zona nella quale, peraltro, l'agricoltura ha uno sviluppo importante ed è quella sulla quale ancora oggi noi continuiamo a vedere una presenza massiccia sul territorio di rifiuti abbandonati in aree non custodite.
  Questo è un problema che, purtroppo, permane. Per chi, come me, che pure non sono campano, vive quel territorio e si trova a percorrere quelle strade la percezione del fenomeno è veramente di impatto, anche visivo ed emotivo. Si possono vedere ai margini delle strade, nelle piazzole di sosta o in aree incolte site a piena vista di chi transita in auto o a piedi depositi incontrollati di rifiuti di ogni genere, dai rifiuti classici urbani, ai rifiuti speciali costituiti da vecchi elettrodomestici, a materiale di risulta dei restauri e delle attività edilizie, a materassi e divani. C’è di tutto. Tutto questo, ovviamente, è suscettibile, nella fase successiva, anche di appiccamento di fuoco e, quindi, di dar luogo al nefasto fenomeno che conosciamo.
  Gli elementi maggiormente incidenti sul territorio, sotto il ciclo sia dello smaltimento dei rifiuti, sia sotto quello accessorio, che è quello dell'inquinamento o addirittura del disastro ambientale, sono quattro.
  Il primo è il seppellimento di rifiuti tossici nocivi o di rifiuti di tipo industriale, prevalentemente risalente agli anni scorsi. Parliamo di decenni addietro, di dieci, venti o trent'anni fa.Pag. 4
  Il secondo è la conseguenza dell'avvelenamento di acque conseguente a questa discarica e a questo tombamento.
  Il terzo è la gestione illecita delle discariche, che ha dato luogo a numerosi procedimenti, alcuni dei quali sono stati parzialmente definiti e altri sono ancora in corso. Questo è un problema di particolare entità, perché si ripropone ancora oggi in relazione alla domanda che poneva il presidente, ossia allo spostamento di rifiuti dalla regione Campania verso altre regioni d'Italia.
  Ci sono zone di deposito delle cosiddette ecoballe che sono ingentissime e che allarmano particolarmente la popolazione, sia per i potenziali inneschi da incendio, sia per i conseguenti casi di inquinamento del suolo e del sottosuolo derivanti dal deposito di questi milioni di ecoballe.
  Infine, c’è la problematica legata alla combustione dei rifiuti.
  Per quanto riguarda il seppellimento, ho già detto che è una pratica illegale che risale a diversi anni addietro. Noi continuiamo a rinvenire depositi interrati di bidoni di ogni genere di rifiuto industriale, speciale o tossico.
  Il problema più grosso – lo segnalavo rapidamente al presidente mentre ne parlavo – è legato alla nostra attività e, stranamente, pone un'ulteriore criticità. Nel momento in cui noi abbiamo la segnalazione di un seppellimento di rifiuti tossici o nocivi, ovviamente abbiamo l'obbligo di provvedere all'accertamento dell'eventuale reato. Esso potrebbe essere molto risalente nel tempo e, quindi, prescritto, oppure potrebbe essere recente e, quindi, tuttora necessitante di accertamenti di polizia giudiziaria e di investigazione. Potrebbe aver dato luogo, peraltro, a un disastro, come tale permanente, con necessità di esercizio dell'azione penale.
  Quando, però, noi andiamo a effettuare il rilevamento e facciamo lo scavo – in merito sorgono alcuni problemi, dei quali, se la Commissione avrà pazienza, mi riservo di parlare fra un attimo – si pone la necessità di mettere a cielo aperto il materiale per vedere quello che c’è e di scavare per diversi metri in profondità, talvolta per cinque o sei metri, altre volte per dieci o quindici metri.
  Dopodiché, quando si sono rinvenuti i rifiuti, noi non abbiamo né le risorse, né la possibilità di procedere alla bonifica, con la conseguenza che noi diamo notizia dell'avvenuto rinvenimento alle autorità preposte all'eventuale bonifica o alla rimozione, che sono diverse, a seconda dei casi. È il comune in prima battuta, ma possono essere la regione o altri organi. Poiché, però, i comuni in gran parte lamentano la mancanza di risorse disponibili, i rifiuti, che prima erano interrati, da quel momento in poi giacciono a cielo aperto.
  Fatto questo, non ci rimane altro che sequestrare il fondo e i terreni, recintarli, impedirne l'accesso e aspettare che si proceda alla bonifica. Si può comprendere come questo sia un problema non solo che si verifica quotidianamente – appena dieci giorni fa abbiamo rinvenuto ben due siti nella zona vesuviana – ma che ripropone all'attenzione delle popolazioni e delle persone l'esistenza di un tema che risveglia, ovviamente, problematiche talvolta sopite.
  L'altro aspetto che ne consegue è di particolare gravità e, purtroppo, temo che potrà interessare non soltanto questa Commissione o le attuali iniziative giudiziarie, ma addirittura le generazioni future. Spiego perché.
  Dal seppellimento dei rifiuti e, quindi, dal trasudamento delle sostanze tossiche nel suolo e nel sottosuolo prima o poi si arriva alle falde. Per altro verso, un'altra causa gravissima di inquinamento delle falde è stata determinata nel corso degli anni – risaliamo a diversi anni addietro – dalla gestione illecita delle discariche. Tale gestione è stata oggetto di imputazione di procedimenti penali e di contestazioni di disastro ambientale. Questo sarà un tema sul quale dovrò necessariamente ritornare, perché la mancata definizione normativa del reato di disastro ambientale credo non possa più attendere.Pag. 5
  Tutto questo ha determinato l'accertamento, non però del tutto esaustivo, del trasudamento e del pervenimento del percolato nelle falde sottostanti.
  Perché dico che non è stato possibile accertarlo in termini ancora più esaurienti ? Perché, se lo strato di presunta impermeabilizzazione sottostante alle discariche, che sicuramente è stato pervaso dal percolato, fosse interessato da opere di perforazione, di accertamento o di sondaggio, ciò finirebbe con l'aggravare ulteriormente la situazione, perché creerebbe ulteriori vie di trasudamento di percolato.
  Secondo i procedimenti che abbiamo in corso e secondo perizie che sono state fatte – su alcuni di questi fatti sono già intervenute sentenze di primo grado – la situazione è tanto seria che il picco dell'inquinamento delle falde si dovrebbe raggiungere intorno al 2050-60. Si può immaginare, quindi, facilmente che cosa, purtroppo, aspetta le future generazioni.
  L'ulteriore danno che deriva dall'inquinamento delle acque è la mancata definizione dei territori interessati dall'inquinamento. È intuitivo che, una volta inquinata la falda, si può verificare l'emersione della falda o l'attingimento dell'acqua di un pozzo a chilometri di distanza, ragion per cui non sempre riusciamo a individuare esattamente il percorso della falda. Talvolta veniamo a scoprire l'inquinamento dei pozzi a distanza di parecchi chilometri dal luogo originario.
  Io sono in possesso di qualche dato statistico, se interessa alla Commissione, su quanti sono i casi in cui abbiamo proceduto al sequestro di pozzi che potevano essere usati anche per usi agricoli.
  Questo via via determina ulteriori accertamenti sui raccolti e sulle produzioni agricole, perché si innesta un ulteriore problema: se, in quali termini e con quale gravita ed entità siano interessati da inquinamento i prodotti agricoli coltivati sui fondi che vengono irrigati con quelle acque.
  In merito devo dire che abbiamo un dato confortante. Nella gran parte dei casi tutti gli accertamenti fatti sui prodotti agricoli hanno dato esito negativo quanto alla ricerca di sostanze tossiche o nocive. Questo perché evidentemente la natura è provvida e, quindi, o la pianta muore e non produce o, se la pianta sopravvive, riesce a metabolizzare la sostanza tossica senza trasferirla nel prodotto finale.
  Ogni volta, però, da parte del nostro ufficio si procede prima al sequestro dalla falda, poi al sequestro dei prodotti agricoli, quindi all'accertamento in termini rapidi, per non procurare ulteriori danni all'agricoltura, sul prodotto agricolo e, soltanto laddove esso sia rispondente a tutti i parametri previsti dalla normativa italiana ed europea, si dà il via libera alla sua commercializzazione.
  Veniamo a un altro elemento: la combustione illecita dei rifiuti. La combustione illecita dei rifiuti è tema ricorrente soprattutto nel periodo estivo. La pratica è pericolosa perché, venendo bruciato di tutto, tra cui spesso sostanze plastiche o sostanze tossiche che sprigionano diossina, la ricaduta della nebulizzazione della diossina praticamente perviene sui terreni.
  In sostanza, perché si verifica questo e come si verifica ? In genere un rappresentante di una ditta prende contatti con uno smaltitore abusivo, che generalmente è il titolare di uno o più mezzi di trasporto non omologati, non adatti e qualche volta intestati a prestanome o ad altri soggetti, con targhe false e a volte senza autorizzazione e senza assicurazione. Ovviamente, il rapporto tra chi commissiona il trasporto del rifiuto non è mai regolarizzato, ragion per cui non è possibile accertarlo. Spesso il conducente del mezzo è un dipendente che sa poco o nulla e che si limita a prelevare il rifiuto da una zona e a trasferirlo in un'altra.
  Dopodiché, il rifiuto viene portato in un'altra zona. Qualche volta l'incendio è del tutto accidentale, colposo o determinato da terzi che, o perché piromani, o per altri motivi di qualsivoglia tipo, appiccano il fuoco ai rifiuti. Qualche altra volta l'appiccamento del fuoco è doloso, per nascondere le tracce della provenienza del rifiuto.
  In questi casi la situazione è ancora più grave perché, per far sparire qualsiasi Pag. 6traccia, spesso si utilizzano i pneumatici, i quali raggiungono temperature elevatissime, intorno ai 5-600 gradi, che assicurano la completa distruzione del rifiuto.
  Le cause del fenomeno dei roghi di rifiuti che danno il nome, come dicevo prima, alla cosiddetta Terra dei fuochi, sono molteplici. Provo a enumerarle sinteticamente.
  Nella zona di Napoli e Caserta si concentra un alto numero di soggetti che operano nel campo della falsificazione dei prodotti industriali. Si parla di varie percentuali importanti. C’è chi parla del 40, chi del 45 per cento. In questo momento non credo che sia importante tanto determinare la percentuale, quanto prendere il dato sicuro e certo che esiste un numero ingentissimo di persone che operano nel campo della falsificazione. Tale settore riguarda prevalentemente prodotti di abbigliamento, scarpe, prodotti di pelletteria, borse e via elencando. Ovviamente, questi soggetti non possono smaltire in termini legali i loro prodotti o sottoprodotti e, quindi, la conseguenza è lo smaltimento illecito.
  Poi c’è indubbiamente in molti comuni una non corretta gestione del ciclo della raccolta dei rifiuti urbani. Non ci sono raccolte differenziate, la raccolta è effettuata in maniera indiscriminata, spesso i rifiuti sono anche abbandonati per strada.
  A questo si associa il fenomeno di inciviltà vera e propria di una serie di cittadini, i quali, anziché smaltire i propri rifiuti domestici o urbani – parliamo proprio del livello minimale – li butta dall'auto addirittura lungo i percorsi delle strade o lungo le piazzole di sosta o gli svincoli autostradali.
  Ancora, abbiamo un altro problema, che purtroppo si sta ponendo con sempre più frequente entità, ed è quello legato all'esistenza dei campi Rom. I Rom effettuano in maniera incontrollata e spesso incontrollabile la raccolta di varie tipologie di rifiuti per ricavarne materiali ferrosi e soprattutto rame. Per pervenire più rapidamente al recupero del materiale ferroso o del rame danno fuoco a questi rifiuti, cavi elettrici, pneumatici o altro. Tutto questo, ovviamente, determina incendi di una determinata entità.
  Poi ci sono numerose aziende. Parliamo dell'economia che dovrebbe essere regolare, cioè di economia che dovrebbe essere sana, ma che, operando in nero, non può smaltire legittimamente i risultati. Si va dal gommista a ogni altro tipo di produzione commerciale o industriale. Questi soggetti, non volendo e non potendo smaltire i residui di lavorazione secondo i cicli normali, li smaltiscono in maniera irregolare, magari abbandonandoli. Questi sono coloro che poi si rivolgono ai trasportatori clandestini dei quali ho parlato prima.
  In questo novero si inserisce anche l'area dell'abusivismo edilizio, perché tra costruttori abusivi, privati che commissionano opere abusive e ristrutturazioni di immobili, si recupera un grandissimo materiale di risulta che non può essere smaltito legittimamente. Tra questi materiali, ovviamente, il più pericoloso è l'amianto. Di tanto in tanto vengono rinvenuti dei luoghi in cui è stato abbandonato dell'amianto in maniera incontrollata.
  Poi c’è l'evasione fiscale, addirittura nell'attività agricola, perché lo smaltimento irregolare di alcuni prodotti plastici o gommosi utilizzati in agricoltura viene effettuato abbandonandoli nelle campagne. Mi riferisco, per esempio, ai teli per la raccolta delle olive, ai contenitori di piatti di plastica per piantine, per fertilizzanti, per fitofarmaci, insieme ai residui della potatura. Tutti questi materiali vengono dati alle fiamme. Ci sono anche i legacci che vengono utilizzati in agricoltura per le piantine piccole e via elencando.
  Poi ci sono siti di stoccaggio temporaneo di rifiuti, come le famose ecoballe, delle quali ho già parlato. Si pensi, per esempio, che nel territorio di Giugliano sono stoccate circa 5 milioni di tonnellate di ecoballe.
  Più è numerosa, più è presente sul territorio la diffusione di questo fenomeno, maggiori sono, ovviamente, le occasioni delle cause di innesco di incendi, Pag. 7dolosi o colposi. Per la verità, negli ultimi anni abbiamo avuto un decremento degli incendi accertati e denunciati. Non sempre questi roghi assumono la connotazione penalistica di incendio, cioè di diffusione incontrollata con pericolo per la pubblica incolumità. Talvolta si tratta di piccoli fuochi. Ciononostante, sono ugualmente pericolosi. Siamo passati dai 2.008 interventi per lo spegnimento di incendi del 2012 ai 1.489 nel 2013 e il trend è ancora in discesa nel 2014.
  Sono stati compiuti numerosi interventi dei vigili del fuoco, quasi sempre a carico di ignoti. Si tratta di incendi spesso di breve durata, che in ogni caso impongono l'intervento dei vigili del fuoco.
  Secondo noi, hanno pesato sulla riduzione del numero degli incendi gli aumenti dei controlli nel settore, una presenza più massiccia delle forze di polizia, turni di passaggio un po’ più intensi e un po’ più incisivi, per qualche verso – ma, riteniamo, in termini molto marginali – la nuova normativa (dirò poi perché) e soprattutto un maggiore senso di responsabilità da parte delle popolazioni interessate, le quali comprendono quali siano i danni derivanti da queste attività illecite e via via si vanno orientando nel senso di essere un po’ più consapevoli e un po’ più responsabili.
  In realtà, a quasi un anno dall'entrata in vigore del decreto-legge n. 136 del 2013, l'effetto della deterrenza è stato molto relativo, perché quasi tutti i casi di incendi denunciati sono stati a carico di ignoti.
  Non annoio la Commissione con il numero dei sequestri preventivi che abbiamo eseguito, come nostro ufficio.

  PRESIDENTE. Ci può inviare del materiale, dottore ?

  GIOVANNI COLANGELO, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Io vi posso riferire, per esempio, per la parte di maggiore interesse per la Commissione, che nel periodo dal 1o gennaio 2014 al 31 ottobre 2014, cioè nei primi dieci mesi di quest'anno, sono stati iscritti 459 procedimenti in materia di rifiuti, di cui 282 a carico di noti e 177 a carico di ignoti, 346 per il reato di cui all'articolo 256 e 14 per il reato di cui all'articolo 260.
  Sono stati emessi nello stesso periodo 155 provvedimenti di sequestro preventivo per reati relativi allo smaltimento illegale di rifiuti e 130 sequestri per il reato di cui all'articolo 256.
  Nello stesso periodo le comunicazioni di notizie di reato relative alla combustione illecita di rifiuti sono state 234, di cui 168 solo per il comune di Napoli e la quasi totalità a carico di ignoti.
  La procura si è particolarmente impegnata nel settore del ripristino della legalità in tutti i settori, sia quello edilizio, sia quello ambientale. Per esempio, per dare un'idea, nel 2008 erano state eseguite 27 demolizioni di opera abusiva. Nei primi dieci mesi del 2014 ne sono state effettuate 113. In soli dieci mesi ne sono state eseguite, quindi, quattro volte più di quelle che erano state eseguite negli anni precedenti. Lo stesso vale per i reati di cui agli articoli 256 e 259. Abbiamo un gran numero di procedimenti iscritti.
  In realtà, parlavo prima – chiedo scusa, ma così rispondo alla domanda – di quanti sequestri abbiamo fatto in relazione all'inquinamento dei pozzi irrigui. Sono stati sequestrati circa 71 ettari di fondi irrigui e sono stati effettuati anche numerosissimi sequestri nell'isola di Ischia per gli scarichi abusivi a mare.
  Spesso la singolarità è questa: questi sequestri non sono stati oggetto neppure di riesame. Inoltre, gli alberghi che scaricavano direttamente a mare le acque usate per i trattamenti idrotermali si sono subito dopo regolarizzati, il che significa che si trattava di un'attività facilmente realizzabile, che però non avevano svolto prima.
  Nel comune di Caivano, tra il luglio 2013 e il febbraio 2014, sono stati sequestrati 21 pozzi irrigui e i rispettivi terreni coltivati, per 71 ettari, come dicevo. Le acque di questi terreni presentavano elevatissimi livelli di inquinamento da tetracloroetilene, idrocarburi, solfuri, fluoruri, solfati e arsenico, tutte sostanze altamente tossiche.Pag. 8
  Sotto il profilo delle strategie di intervento sono stati attuati vari contatti con le forze di polizia più presenti sul territorio, in modo da stabilire una sinergia tra le varie forze, a partire dai Carabinieri e dal Corpo forestale dello Stato per arrivare a tutti quelli che hanno avuto possibilità di intervenire, in modo da creare una sorta di rete di informazione e di trasmissione di notizie riguardanti questi fatti.
  Mi accingo a emanare un provvedimento che solleciti le forze di polizia, in tutti i casi in cui accertino trasferimenti illegittimi di rifiuti da un luogo a un altro, a procedere al sequestro dei veicoli utilizzati per commettere il reato, perché questo può costituire un efficacissimo deterrente. Certo, bisogna trovarli nel momento in cui stanno procedendo al trasporto.
  Per quanto riguarda i roghi, abbiamo stilato un protocollo che prevede un'analisi preliminare delle schede di intervento dei vigili del fuoco. Tale protocollo prevede un'analisi preliminare delle schede di intervento dei vigili del fuoco, un'acquisizione delle informative di reato delle forze di polizia intervenute sul posto, l'identificazione dei soggetti proprietari dell'area interessata, l'accertamento di eventuali precedenti roghi, l'accertamento di eventuale messa in sicurezza e bonifica della zona, l'accertamento delle iniziative adottate dal soggetto avente la proprietà o la disponibilità dell'area e la verifica di eventuali materiali incombusti al fine di risalire al soggetto che li avrebbe illecitamente smaltiti. È un protocollo che abbiamo diffuso tra le forze di polizia in modo da indirizzare meglio le prime indagini, che spesso sono quelle più decisive.
  Purtroppo, in tutto questo processo noi abbiamo una serie di difficoltà oggettive. Innanzitutto bisognerebbe incentivare di più un tipo di controllo sul territorio, non tanto o non soltanto mediante l'osservazione da parte delle forze di polizia. È agevole intuire, infatti, come, una volta predisposta la presenza delle forze di polizia in un sito, si andrà a scaricare in un altro sito. Nel momento in cui le forze di polizia svolgono dei turni di servizio di sorveglianza, le persone malintenzionate aspettano che passi l'auto della polizia e poi vanno a scaricare.
  Si potrebbero incentivare di più tutti i sistemi di videosorveglianza posti e collocati in maniera tale da renderli inaccessibili agli utenti per consentire il rilevamento dei veicoli dei soggetti che effettuano lo scarico abusivo in tutte le zone interessate.
  Questo fatto è di particolare importanza perché, come ho detto, anche dall'abbandono di piccoli rifiuti può nascere una zona che poi diventa progressivamente una discarica vera e propria. La videosorveglianza ci consente di individuare i responsabili di quei reati.
  Si pensi, per esempio, al reato di cui all'articolo 256-bis, ossia la combustione illecita di rifiuti. Io devo trovare la persona nel momento in cui dà fuoco ai rifiuti. Ecco perché gran parte dei reati commessi in questi casi sono a carico di ignoti.
  Si pensi poi all'altra ipotesi prevista dalla stessa norma, cioè all'abbandono del rifiuto con il proposito di dargli fuoco. È una norma lodevole negli intenti, ma praticamente irrealizzabile nella realtà, perché io dovrei trovare il soggetto che sta abbandonando il rifiuto. Poi, nel perquisire l'auto, dovrei trovare una tanica di benzina e lui dovrebbe confessare che non gli serviva per mettere benzina al motorino, bensì per dar fuoco ai rifiuti. Questa è una norma che potrebbe essere riformata nel senso di darle concreta attualità per far sì che costituisca un effettivo deterrente a questo fenomeno.
  Poi c’è l'introduzione, come dicevo prima, del disastro ambientale. Ogni volta è necessario fare lo slalom tra una serie di difficoltà per ricondurre il fatto al disastro innominato che oggi utilizziamo e per introdurlo nella forma dolosa e colposa, in modo tale da poter fare ricorso a uno strumento preciso e diretto, introducendo altresì eventualmente, insieme a questi reati, per non arrivare necessariamente al disastro, l'inquinamento ambientale.
  Attualmente la norma è prevista dall'articolo 257, ma è una contravvenzione, peraltro configurata sotto la voce «bonifica dei siti» e condizionata alla mancata bonifica. In realtà, oggi si può ritenere che Pag. 9l'ambiente sia un bene di secondaria importanza tanto che la lesione dello stesso non sia suscettibile di una diretta norma penale rispetto all'enorme numero di norme penali che, in effetti, potrebbero essere depenalizzate ?
  Io credo che ci si potrebbe concentrare su beni di primaria importanza, qual è questo, prevedendo forme di formulazione normativa e di controllo che consentano l'effettiva applicabilità della norma stessa, piuttosto che rimanere affermazioni di principio che nel concreto difficilmente trovano applicazione.
  Peraltro, in taluni casi non si tratta soltanto di un inasprimento di pene, che, per alcuni versi, può risultare anche inutile. La trasformazione della norma da contravvenzione a delitto, con determinati limiti, ci consente strumenti investigativi che altrimenti ci sono preclusi, quali le intercettazioni telefoniche, i più lunghi termini di prescrizione e tutta una serie di conseguenze, per esempio, sulla declaratoria di abitualità nel reato e sull'applicazione di una serie di misure che sono previste per i delitti e non per le contravvenzioni.
  La trasformazione in delitto, inoltre, consentirebbe in alcuni casi di applicare la norma di cui all'articolo 416 del Codice penale, cioè l'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti di tipo ambientale, che invece non può essere applicata, come è noto, in materia di contravvenzione.
  Ora devo toccare un tema che credo sia ben noto a questa Commissione e che oggi in questi giorni è di nuovo agli onori della cronaca. Dico «onori», ma ovviamente è un'espressione impropria. È quello della prescrizione.
  In gran parte dei casi, come dicevo, noi siamo costretti a svolgere una serie di indagini estremamente complesse per accertare che i fatti risalgono a molti anni addietro, salvo poi accertare l'attuale permanenza, come quella nel caso del disastro ambientale, e dover dichiarare la prescrizione. Per giunta, molti di questi fatti vengono scoperti a distanza di tempo e in materia contravvenzionale i termini sono estremamente brevi e si incentiva il ricorso agli appelli e ai ricorsi per Cassazione.
  Oggi il tema è di grande attualità a seguito dei fatti noti relativi all'intervento della Cassazione, la quale ha dichiarato di non doversi procedere con formula di proscioglimento per i gravissimi fatti. In realtà, però, il tema della prescrizione in questo caso è particolarmente significativo.
  I casi sono due: o si aumentano i termini di prescrizione, o li si fa decorrere, come pure è previsto per altre tipologie di reati, dal momento dell'accertamento del fatto, di modo che ci si restituisca per intero il decorso del termine della prescrizione.
  Si pensi ai casi dei tombamenti. Io oggi scopro che un soggetto ha interrato rifiuti tossici dieci anni fa. Da oggi partono i termini di prescrizione.
  Se poi si pervenisse finalmente a una generale riforma della prescrizione, per esempio ritenendo che si blocchi perlomeno con la sentenza di primo grado – mi pare che si possa ritenere che ormai, in un caso di questo genere, l'interesse all'esercizio della potestà punitiva dello Stato sia tanto manifesto da essere proclamato con una sentenza di primo grado – io credo che questa sarebbe comunque una vera rivoluzione copernicana sul punto. Piuttosto che dire che i processi si prescrivono tutti perché durano tanto, si potrebbe anche cominciare a pensare che magari durano tanto perché prima o poi si prescrivono.
  Quanto alla riparazione delle conseguenze, si potrebbe prevedere, per esempio, in termini di bonifica, una serie di interventi che facciano carico al soggetto imputato del ripristino, subordinando la sospensione condizionale della pena all'intervento definitivo di bonifica o al ripristino dei luoghi.
  Da ultimo, devo dire che ci sono alcuni problemi particolarmente delicati che io anche l'altra volta avevo sottoposto all'attenzione di questa Commissione. La nostra attività è resa estremamente difficile dalla mancanza di una norma che ci indichi a Pag. 10chi, come e in qual modo dobbiamo rivolgerci per effettuare gli interventi di accertamento dei fatti e chi dobbiamo investire per la bonifica dei terreni.
  Ogni volta che noi dobbiamo procedere a un'ispezione dei luoghi o a degli scavi, o, peggio ancora, a dei sondaggi mediante trivellazione del suolo, dobbiamo procedere secondo gli ordinari schemi del Codice di procedura penale e, quindi, interpellare delle società, avere dei preventivi, vedere chi offre di meno, assumerci la responsabilità e l'onere economico che grava sulla nostra amministrazione, ovviamente, e la responsabilità per il magistrato che deve dare l'okay per un'attività tanto dispendiosa, per poi accertare eventualmente un fatto che, come ho detto, qualche volta magari si è anche prescritto.
  Una volta che abbiamo accertato l'esistenza del fatto, noi dobbiamo cercare il soggetto tenuto alla bonifica. A un certo punto, noi scriviamo al comune o interessiamo la regione. Io ho partecipato al gruppo di studio che ha redatto le linee guida per le bonifiche dei siti. Oggi si dovrebbe pervenire, mediante quel documento, un protocollo che ha redatto le linee guida, a individuare dei soggetti che siano direttamente coinvolti in questa attività.
  Sarebbe molto più semplice per noi avere un unico referente al quale fare capo. Sembrerebbe che, in base a quelle linee guida, noi dovremmo interessare il prefetto, ma da quel momento fino alla fase dell'effettiva bonifica i tempi oggi sono lunghissimi, con le conseguenze che, come ho detto, ancora di più quello che prima era coperto oggi è esposto alle intemperie.
  Si pensi che circa un anno e mezzo fa nella zona di Bagnoli, a Napoli, è stato accertato un gravissimo stato di inquinamento ambientale. Pare che il terreno sia patrimonio del demanio. Ancora oggi non è partito alcun intervento di bonifica e la situazione continua a essere abbastanza grave e preoccupante.
  Io mi accingo a concludere. Vorrei soltanto dare conto alla Commissione di un impegno che avevamo preso nel precedente incontro. Vi erano state delle domande in ordine agli accertamenti che noi avessimo eventualmente posto in essere per verificare i siti indicati dai vari collaboratori di giustizia.
  In quella circostanza noi avevamo riferito che avevamo messo in cantiere un lavoro veramente imponente. Questo lavoro si è parzialmente concluso soltanto nei giorni scorsi. È stato effettuato un lavoro per il quale la DIA è stata interessata, redigendo un documento, che non vi posso lasciare, perché è l'estratto delle notizie di reato riguardanti questi accertamenti. A mano a mano che le vicende potranno essere esplicitate, magari anche a febbraio, vedremo quale parte di questo documento potrà esservi fornita. È stato redatto pochi giorni fa.
  Come può vedere, presidente, il documento si chiama «Un'analisi sistemica sulle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia in merito all'ubicazione delle discariche abusive dei rifiuti». Sono state prese in considerazione tutte le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia rese in qualsiasi tempo, verificando nel contempo quali siti fossero stati oggetto di accertamenti e quali abbisognassero di ulteriori verifiche o di un intervento eventualmente attuale.
  Questo lavoro si è appena concluso. Devo dire che la quasi totalità dei siti era già stata oggetto di accertamenti o di interventi e di sequestri. Stiamo procedendo alla scannerizzazione di tutto ciò che è residuato per procedere.
  Nella fattispecie, inoltre, abbiamo fatto un ulteriore lavoro che riguarda le dichiarazioni di Schiavone, il quale, peraltro, dopo aver reso dichiarazioni in vari tempi e con varie modalità, talvolta non sempre precise, si è lanciato in divulgazioni televisive del più diverso tenore.
  Anche su queste dichiarazioni abbiamo fatto uno screening e, in realtà, sono venuti fuori soltanto pochissimi siti. Nell'ultimo interrogatorio, giusto per darne conto alla Commissione, al fine di portare il maggior numero di risultati e di elementi utili, abbiamo chiesto al collega Conso di procedere Pag. 11a un ultimissimo interrogatorio di questo collaboratore, che è stato fatto il 14 novembre, dieci giorni fa.
  Appena dieci giorni fa Schiavone ha indicato due siti, uno dei quali, per la verità, generico e non facilmente individuabile, perché quella è la zona, e un altro suscettibile forse di un approfondimento, che stiamo affidando alla polizia giudiziaria di fare. Vedremo se effettivamente c’è o meno qualcosa.
  Si immagini, presidente, che, per esempio, in un'intervista TV rilasciata alla televisione locale Luna in data 4.9. e 16.9.2013 Schiavone indicava, in modo generico, come luoghi di stoccaggio dei rifiuti le seguenti località: Villaricca, Mugnano, Caivano, Afragola, Giugliano, la provincia di Caserta e il salernitano.
  Di fronte a questo tipo di dichiarazioni non possiamo fare nulla. In tutti gli altri casi sono stati fatti dei sopralluoghi con la presenza di Schiavone perché potesse indicare i luoghi. In un caso è stato fatto anche un controllo mediante un elicottero con lo stesso soggetto a bordo, ma dall'elicottero lui non è stato in grado di indicare la zona.
  Qualche altro sito è stato trovato, qualche altro l'abbiamo individuato. Su molti dei siti sono già stati fatti degli interventi e addirittura dei sequestri. Ripeto, sono rimasti due o tre casi, non di più, sui quali stiamo conferendo delega alla polizia giudiziaria per procedere agli accertamenti.

  PRESIDENTE. Noi la ringraziamo. Ci dirà progressivamente come ci può fare avere questo documento.

  GIOVANNI COLANGELO, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Se voi avete in mente di venire in Campania alla fine di febbraio, probabilmente in quella data l'avremo esaminato meglio e probabilmente in quella sede...

  PRESIDENTE. ... saremo in grado di ottenere i documenti.
  Noi alle 15 dobbiamo chiudere la Commissione. Se c’è qualche domanda rapida, una per Gruppo, possiamo farla. Dobbiamo essere, però, veramente rapidi, altrimenti non riusciamo a dare la parola a tutti i colleghi.
  Poi, eventualmente, risponderà o si riserverà di rispondere il dottor Colangelo. Comunque sia, possiamo avere occasione poi di risentirci, soprattutto quando saremo in Campania, con un tempo adeguato per poter approfondire alcune questioni.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIOVANNI COLANGELO, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Rispondo volta per volta ?

  PRESIDENTE. Secondo me, raccogliamo tutte le domande. Se non facciamo in tempo a rispondere a tutto, magari ci manda due note.

  PAOLA NUGNES. Io la ringrazio innanzitutto, anche dello sforzo che ha fatto per questa importante comunicazione.
  Quello che mi chiedo da tempo, rispetto agli sversamenti illeciti delle ditte che producono oggetti di falsificazione o comunque in nero, è come sia possibile che non si riesca a risalire in fase investigativa alle ditte stesse. Ci è stato detto dal Commissario ai roghi che le ditte vengono anche chiuse e che poi, dopo qualche giorno, riaprono con un altro nominativo.
  Mi chiedevo se non fosse possibile provvedere a un sequestro – io penso che avvenga – anche dei macchinari e, quindi, del luogo fisico e se non sia possibile effettuare anche (le chiedo un suggerimento) un sequestro per riattivare l'attività.
  Ci è anche stato detto, purtroppo...

  PRESIDENTE. Limiti le domande, senatrice, altrimenti le colleghe non riescono a farne nemmeno una.

  PAOLA NUGNES. Va bene, ma questa è una domanda antica: mi chiedo se non si riescano a recuperare queste professionalità Pag. 12e questa economia, che comunque esiste sul territorio, purtroppo, per mano della regione o della nazione. Mi chiedo se non si riesca a fare un recupero di tutto questo, anche per evitare che poi materiali, uomini e mezzi vengano spostati altrove e che l'attività riprenda.
  Mi fermo a questa domanda. Ce ne sarebbero migliaia, ma purtroppo mi rendo conto che il tempo stringe.

  GIUSEPPINA CASTIELLO. Anch'io ringrazio per lo sforzo che ha fatto oggi il dottor Colangelo e ringrazio anche il Presidente Bratti per aver risposto alle mie sollecitazioni rispetto al problema della Terra dei fuochi. Purtroppo, io e altre colleghe risiediamo lì e, quindi, respiriamo quello che vi avviene tutti i giorni.
  Velocemente, parto dalla sua ultima risposta relativa ai siti individuati dai vari collaboratori di giustizia. Venendo anche al carattere di questa Commissione, che è di indagine, dopo sedici anni abbiamo desegretato queste dichiarazioni di Schiavone, tramite le quali sono state accertate una serie di questioni.
  Io mi sono molto soffermata su una frase e credo che anche la procura l'abbia fatto, ma ad oggi non ci sono state ancora risposte. Schiavone dice che il business dei rifiuti divenne un business di fatto autorizzato. Autorizzato da chi ? Noi ancora oggi ce lo stiamo chiedendo. Le chiedo, quindi, perché non sono state ancora individuate delle responsabilità non solo rispetto a chi operava all'epoca, ma anche rispetto, eventualmente, alla politica, da questo punto di vista. Bisogna dire anche questo.
  Mi soffermo poi sul problema del controllo del territorio, perché mi rendo conto personalmente che è importantissimo. Noi avevamo chiesto, con il decreto n. 136, anche la presenza dei militari, che però non c’è stata.
  Mi rendo conto che il controllo è importante, ragion per cui mi chiedo se la procura potesse interessarsi rispetto alla videosorveglianza, che è fondamentale, perché permetterebbe di individuare coloro i quali effettuano questi scarichi.
  Dottore, vede, vivendo lì, noi vediamo persone che vanno alle sette, alle otto e alle dieci a scaricare materiale ingombrante. Le situazioni si conoscono, le cose si sanno. Chiaramente, chiamiamo le forze dell'ordine, che fanno già tantissimo, ma hanno poco personale e, quindi, hanno la necessità che ci sia qualcun altro che le affianchi.
  I militari, secondo me, sono importantissimi. Visto che a fine dicembre scade il loro mandato, sarebbe opportuno provvedere a una proroga, perché, controllando il territorio, nel corso di quest'anno, ci sono stati comunque meno incendi e meno sversamenti.
  Il problema fondamentale è lo smaltimento illecito, tra cui anche quello dei pneumatici. Si conoscono le ditte. Non riusciamo a comprendere perché alla fine non ci siano dei controlli tali da far sì che queste ditte possano pagare, visto che determinano un inquinamento.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Puppato. Mi raccomando, procediamo velocemente, in modo che tutti riusciamo a fare domande.

  LAURA PUPPATO. Grazie. Intervengo per trenta secondi solo per integrare, visto che le domande sono già state fatte dalle colleghe.
  Lei precisava come sia possibile già ora procedere al sequestro dei veicoli laddove si individuino contestualmente allo smaltimento dei rifiuti o alla raccolta dei rifiuti per fatti dolosi. Per la stessa ragione, in relazione alla domanda della collega Nugnes, vorrei capire se, a suo avviso, ci siano norme sufficienti o se sia il caso di integrarle relativamente alla produzione sistemica di prodotti sul mercato dell'illecito, non coerenti con le normative. Questo in modo tale da sequestrare gli interi stabilimenti e le strumentazioni che vi sono presenti.

  PAOLO ARRIGONI. Procuratore, vorrei chiederle se il trasferimento dal 2010 dell'indagine dalle procure ordinarie a Pag. 13quelle distrettuali antimafia per i reati ai sensi dell'articolo 260 del Testo unico sull'ambiente ha portato, secondo il suo autorevole parere, più benefici o difficoltà all'azione di contrasto della procura e della magistratura all'attività del crimine in ordine al traffico illecito organizzato di rifiuti.
  Grazie.

  MICHELA ROSTAN. Velocemente vorrei porre una domanda al procuratore. All'inizio del mese, nel corso di una manifestazione di protesta, si sono verificati gravi tafferugli a Bagnoli. La matrice di questi scontri non è stata ancora chiaramente individuata, mentre è certo il coinvolgimento di parte delle forze dell'ordine e perfino di esponenti dell'amministrazione comunale.
  Volevo chiedere se sia possibile configurare in questi episodi, oltre che nell'incendio di Città della scienza, un filo conduttore di una volontà della criminalità organizzata locale di ostacolare un processo di rilancio dell'area di Bagnoli.

  BARTOLOMEO PEPE. La ringrazio per la sua relazione e mi complimento per quello che ha fatto, ma vorrei porre una domanda specifica.
  Chi ha detto che i prodotti agricoli sono immuni da avvelenamenti ? Se i prodotti non si caricano di veleni, perché non li assimilano, allora il problema delle bonifiche mi sembra risolto.
  Detto questo, posso ricordare la questione del cratere Senga, a Pianura ? Mi sembra sia un caso emblematico che è sfuggito alla sua relazione.

  GIUSEPPE COMPAGNONE. Faccio una domanda secca e velocissima su una questione che è già stata affrontata dal senatore Arrigoni.
  Lei dice che ci sono quattro procure che si occupano di questa problematica, perché il territorio ricade su quattro procure. Immagina che potrebbe essere utile un coordinamento o una struttura che possa metterle insieme ? L'esperienza di altri tipi di crimini ci insegna che probabilmente un coordinamento potrebbe fornire una risposta più efficace, perlomeno per comprendere meglio i meccanismi.

  PRESIDENTE. Pongo anch'io un paio di domande veloci. Non deve rispondere adesso, magari potrà farci pervenire le risposte per iscritto con calma.
  Vorrei capire se ci sono delle indagini in corso sulle società che trasportano i rifiuti, in particolar modo su quelle che portano i rifiuti fuori dalla regione.
  Inoltre, vorrei sapere se, rispetto anche alle situazioni che ci ha descritto, continua a esserci un rapporto tra coloro che bruciano – lei ci ha descritto tutta una serie di situazioni – e la malavita organizzata.
  Mi fermerei qui.
  Do la parola al nostro ospite per la replica.

  GIOVANNI COLANGELO, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Alla maggior parte dei quesiti posso già rispondere.

  PRESIDENTE. Allora in un minuto proviamo a fornire una risposta.

  GIOVANNI COLANGELO, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Si può risalire alle ditte in nero ? Alle ditte in nero si può risalire talvolta, quando troviamo un prodotto, un segno, un mezzo o un veicolo che ci consente di risalire all'indietro, alla filiera. In quei casi, ovviamente, si procede ai provvedimenti di sequestro o di altro tipo.
  Sul recupero alla produttività lecita delle imprese illecite bisogna distinguere, perché diventa una questione molto più complessa. A prescindere dal fatto che si tratta di attività che non compete a noi e sulla quale io non mi permetto di interloquire perché, come diceva giustamente la senatrice Nugnes, dovrebbe essere poi la regione a prendere iniziative di questo genere, se si tratta di imprese che commettono illeciti nell'attività formalmente lecita – per esempio, evasione fiscale, per intenderci – il recupero tendenzialmente sarebbe possibile. Se si tratta di imprese Pag. 14che agiscono in un campo totalmente illecito, invece, la vedo difficile. Ovviamente, però, non è una questione che riguardi noi.
  Quanto alle responsabilità delle pubbliche amministrazioni indicate da Schiavone, nei casi in cui sono stati individuati, se non da Schiavone – lui ha fatto molte affermazioni generiche; dire in modo generico che ci sono state connivenze o che si tratta di un traffico autorizzato non serve a nulla – soggetti appartenenti alle pubbliche amministrazioni, come, per esempio, i collaudatori per la discarica di Pianura, questi soggetti sono stati sottoposti a procedimento penale.
  I procedimenti sono in corso e taluni sono anche stati condannati. Che ci siano state delle connivenze da parte di appartenenti all'apparato della pubblica amministrazione e delle Istituzioni mi pare sia un fatto piuttosto provato in taluni casi e intuibile, per altro verso.
  Non è possibile che si metta in piedi un campo enorme che costituisce una discarica abusiva oggetto di incendio e che le autorità comunali non se ne siano accorte, se non quando tale campo ha assunto dimensioni enormi. Che cosa non hanno fatto, perlomeno sotto il profilo omissivo, le pubbliche amministrazioni ? È facile dover intervenire e affermare dopo che si tratta di un campo abusivo. Se si fosse intervenuti, per tempo, probabilmente la situazione sarebbe stata diversa.
  L'onorevole Puppato parla di sequestro di veicoli, di mezzi e di stabilimenti. Come ho detto prima, tutte le volte in cui ciò sia possibile farlo, perché lo si ritiene funzionale alla commissione del reato, viene attuata la norma dell'articolo 321.
  Sotto questo profilo potrebbe essere utile, onorevole, una norma che pure è prevista in altri settori. Mi riferisco a contrabbando, traffico di stupefacenti e produzione di prodotti industriali con marchi contraffatti. In questi settori è previsto che i veicoli sequestrati in occasione di queste attività e utilizzati dagli indagati per mettere in atto attività criminose, oltre ad essere sequestrati, possano essere affidati alle forze di polizia per le loro attività di istituto.
  Questo consentirebbe non soltanto uno spossessamento, ma anche un utilizzo immediato, con una visibilità ancora più evidente di queste situazioni, magari per impiegare tali mezzi per le attività di bonifica o di rimozione.
  L'onorevole Arrigoni mi chiedeva del rapporto tra articolo 260 e interventi della distrettuale. Io faccio distrettuale da molti anni. In tutti i casi in cui sia possibile potenziare l'attività di coordinamento noi sicuramente siamo a un potenziamento dei risultati investigativi, perché i risultati investigativi isolatamente considerati hanno una loro valenza. L'insieme dei risultati investigativi non equivale alla loro somma matematica, ma alla loro potenziale evoluzione, ossia a una somma con un'evoluzione geometrica.
  Il 260 in molti casi ci ha consentito di raggiungere risultati che, anche per gli strumenti investigativi, per i più lunghi termini di indagini e per la segretazione delle indagini che può essere attuata per i reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis e 407, comma 1, lettera a), evidentemente sono proficui e che non avremmo ottenuto diversamente.
  Per quanto riguarda ciò che possiamo fare attualmente, devo dire che tra le procure del distretto vi è una piena sintonia e una totale collaborazione. Nei territori maggiormente interessati, ossia Santa Maria, Napoli Nord oggi e Napoli, operano tre procuratori.
  Fino a poco tempo fa c'era il collega Lembo. Attualmente c’è l'aggiunto Capasso, che regge l'ufficio. A Napoli Nord c’è il collega Greco, che fino a poco tempo fa era procuratore aggiunto nel nostro ufficio e si occupava di distrettuale per quell'area. Ha portato così quella mentalità e quella cultura della condivisione delle indagini che a tutt'oggi noi mettiamo in atto e che è estremamente proficua.
  Vengo ai tafferugli a Bagnoli e ai collegamenti agli incendi e alla criminalità organizzata. Siamo ancora alla ricerca di prove – sottolineo la parola «prove» – o Pag. 15di gravi indizi di responsabilità in ordine all'incendio della Città della scienza. Ipotizzare oggi, a due anni di distanza, un rapporto tra i movimenti che ci sono stati, ossia i tafferugli che si sono recentemente verificati, e l'incendio di qualche tempo fa non rappresenta, alla nostra evidenza investigativa, un elemento di sicuro collegamento. Non mi pare che ad oggi si possa ritenere che i fatti siano connessi tra di loro.
  Per quanto riguarda l'eventuale intervento della criminalità organizzata nell'incendio della Città della scienza, questa è una delle ipotesi investigative al nostro vaglio, ma vi prego di credermi: nonostante un particolare e straordinario impegno sia dell'ufficio, sia della polizia giudiziaria, si tratta di un'indagine estremamente difficile, in cui c’è una chiusura totale da parte di qualsiasi fonte. Nessun collaboratore ad oggi ha detto mezza parola sul tema. Evidentemente si teme che l'argomento, laddove esplicitato, darebbe luogo a una reazione popolare di vasto respiro. Pertanto, gli elementi sono veramente molto difficili da mettere insieme, credetemi.
  Sui prodotti agricoli ci tengo a fornire una risposta. Io non dico che i prodotti agricoli in assoluto siano immuni o che siano del tutto utilizzabili per l'alimentazione umana e privi di sostanze tossiche. Ho detto che nella gran parte dei casi in cui noi abbiamo sviluppato le analisi fatte fare dall'ARPAC o da altri istituti, quali l'ASL, non sono state individuate nei prodotti agricoli, in quelli da noi esaminati, perlomeno non in tutti, sostanze tossiche o nocive.
  La mia era, ovviamente, una battuta da profano, quando ho detto che evidentemente in questi casi la natura è stata provvida. Non era un'asserzione di tipo scientifico. In qualche altro caso qualche elemento di difetto è stato riscontrato e non abbiamo dissequestrato i prodotti, che sono stati distrutti e non commercializzati.
  Qualche altra volta addirittura i produttori si sono doluti del fatto che il tempo necessario per l'espletamento delle indagini, poi risultate favorevoli a loro, non avessero consentito loro di vendere i prodotti agricoli. Più di quello, però, non potevamo fare, considerato che il primo obiettivo era per noi quello della salvaguardia della salute pubblica.
  Quanto all'indagine sui trasportatori di rifiuti fuori regione, è un'indagine nata a Napoli e poi trasferita a Roma. Al momento se ne occupa la procura di Roma. Eventualmente la domanda dovreste farla a loro. Noi abbiamo delle indagini di monitoraggio su queste attività. Si tenga conto che un ultimo episodio, del quale purtroppo ho dimenticato di fare menzione nella mia illustrazione, ha riguardato i movimenti che ci sono stati per l'inceneritore di Acerra.
  In proposito si potrebbe aprire una parentesi e ci si potrebbe chiedere perché mai in alcune nazioni o in alcune regioni italiane gli inceneritori ci sono, funzionano e non sono mal visti dalla popolazione e perché, invece, verso gli inceneritori in Campania o in altre zone – per carità, io sono pugliese, ma anche in Puglia è la stessa cosa – ci sia tanta ostilità.
  Per quello che io posso avere imparato in questa materia, cercando di studiare e di documentarmi, posso dire che il problema non è l'inceneritore. Il problema è in ciò che si introduce nell'inceneritore, nel termovalorizzatore, e nel controllo e nella corretta gestione del termovalorizzatore. Se venisse effettuata in maniera corretta la raccolta differenziata, se gli STIR funzionassero a dovere e se la manutenzione dell'inceneritore fosse fatta a norma, obiettivamente io non vedrei ostacoli alla corretta gestione di un inceneritore. Il problema è che la gente è preoccupata che tutto ciò non si verifichi e che nell'inceneritore finisca di tutto, con le conseguenze che si possono immaginare.
  Tuttavia, c’è da chiedersi come mai ci siano altri posti in cui i rifiuti addirittura se li prendono e producono energia. Noi, invece, paghiamo gli altri perché li portino via.
  In realtà, il problema esiste. Se nell'inceneritore devono finire le cosiddette ecoballe, dove c’è di tutto, si ha una ragione di protestare. Se, invece, ciò che finisce Pag. 16nell'inceneritore è controllato e i risultati dell'inceneritore vengono adeguatamente controllati, come i fumi di scarico, francamente questa diventa una criticità ulteriore che si aggiunge alla corretta gestione del ciclo dei rifiuti.
  Non so se sono stato chiaro.

  PRESIDENTE. Va bene. Ho rubato anche dieci minuti e me ne scuso con i colleghi, ma credo non ci siano votazioni in corso.
  Grazie. Sarà nostro compito poi, quando verremo in Campania, ovviamente, ritagliarci un po’ più di tempo. Se abbiamo qualche richiesta specifica, le scriveremo.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.55.