XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 49 di Mercoledì 19 novembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Variazione nella composizione della Commissione:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione del direttore di Rai 2, Angelo Teodoli:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Teodoli Angelo , direttore di Rai 2 ... 3 
Margiotta Salvatore  ... 4 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 5 
Marazziti Mario (PI)  ... 5 
Airola Alberto  ... 7 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 8 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 9 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 9 
Airola Alberto  ... 10 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Teodoli Angelo , direttore di Rai 2 ... 11 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 11 
Fico Roberto , Presidente ... 11 
Teodoli Angelo , direttore di Rai 2 ... 11 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 13 
Teodoli Angelo , direttore di Rai 2 ... 13 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 13 
Teodoli Angelo , direttore di Rai 2 ... 13 
Fico Roberto , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Variazione nella composizione della Commissione.

  PRESIDENTE. Comunico che in data 17 novembre 2014 la presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione il deputato Tommaso Ginoble, in sostituzione del deputato Gero Grassi. Nell'esprimere il mio personale ringraziamento, anche a nome degli altri componenti della Commissione, al deputato Grassi per il suo contributo alla nostra attività, dò il benvenuto, con l'augurio di buon lavoro, al collega Ginoble.

Audizione del direttore di Rai 2, Angelo Teodoli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore di Rai 2, Angelo Teodoli, che anche a nome dei colleghi ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Il dottor Teodoli riferirà alla Commissione sullo schema di regolamento predisposto dall'AGCOM in materia di tutela del pluralismo e di comunicazione politica e parità di accesso ai mezzi di informazione nei periodi non elettorali.
  La Commissione è inoltre interessata a conoscere le valutazioni del direttore sul progetto di riposizionamento dell'offerta informativa della RAI nel nuovo mercato digitale elaborato dal direttore generale Gubitosi e illustrato alla Commissione nella seduta dello scorso 23 settembre.
  Do la parola al dottor Teodoli, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  ANGELO TEODOLI, direttore di Rai 2. Onorevole presidente, onorevoli commissari, il definitivo e completo passaggio al digitale terrestre ha determinato una forte contrazione degli ascolti delle reti generaliste, in particolare nelle fasce di ascoltatori più giovani, attive e meglio attrezzate sul piano socio-economico. Rai, in un'ottica di servizio universale, ha dato a Rai 2 il compito di intercettare proprio quest'ultimo segmento della popolazione, e la Rete lo sta facendo con un rinnovamento dei programmi, un rinnovamento e un ampliamento dei linguaggi e una forte integrazione e interazione con i social network e con il web. Dal 2013, anno in cui mi è stata affidata la direzione, abbiamo prodotto 10 nuove prime serate di cui 6 serializzate, 12 nuove seconde serate di cui 8 serializzate, 5 nuovi programmi di day-time di cui 3 serializzati, programmi che iniziano a diventare veri e propri brand con una Pag. 4forte connotazione multipiattaforma. Cito The voice, Pechino express, Made in sud, in grado di catalizzare attenzione e definire complessivamente il canale. L'età media delle produzioni di intrattenimento di prima serata della stagione autunnale è passata da 51,1 anni nel 2012 ai 45,5 anni di quest'anno. Sempre in autunno Rai 2 è sopra gli ascolti dello scorso anno di 0,42 punti in prima serata e di 0,25 punti nell'intera giornata.
  Ci è stato chiesto di ripristinare una prima serata informativa su Rai 2 ed è nato Virus, che si sta posizionando ai primi posti tra i talk-show informativi, pur in un momento di scarsa attenzione del pubblico per il genere, e sta utilizzando i social network e il fact checking come elementi strutturali del programma, e sono elementi di novità. Sono nati il primo settimanale dedicato interamente all'informazione economica, 2Next, che sta ottenendo ragguardevoli risultati di ascolto e su target esclusivi con un'età media di 47,7 anni, utilizzando nuovi linguaggi come tutorial e factual, e un nuovo programma di indagine e monitoraggio sociale sugli adolescenti e preadolescenti spesso trascurati, Senza peccato.
  In sintesi, Rai 2 sta cercando di agire editorialmente per somma e differenziazione rispetto all'offerta esistente, anziché per sottrazione. Ciò vale, come è evidente, anche per l'area dei programmi informativi.
  Per ciò che concerne il pluralismo e la par condicio, la nostra posizione rispetto al tema è che la par condicio in senso stretto, rispetto ai programmi di approfondimento informativo della Rete, sia estremamente penalizzante e forse distorcente rispetto agli obiettivi. L'informazione deve viaggiare nel rispetto della deontologia professionale, ma libera, deve poter affrontare i temi che le si presentano, cercando di dare una visione equilibrata e pluralista, dove però la gerarchia delle notizie non può essere stabilita aprioristicamente attraverso percentuali prefissate. Semmai è necessario uno sforzo maggiore (ed è quello che Rai 2 sta cercando di fare circa gli approfondimenti) per accelerare sulla modernizzazione dei linguaggi e cercare una maggiore interazione con le altre piattaforme di discussione (Twitter, Facebook), passaggi importanti per un maggior coinvolgimento dei telespettatori nelle tematiche affrontate. Nascono o aumentano forme di interazione che si traducono in un servizio pubblico migliore. Rispetto al progetto 15 dicembre, del quale conosco solo le linee guida, non so dire se sia la migliore soluzione possibile, ma certamente non posso non rilevare che i prodotti, la strutturazione dell'offerta, i palinsesti e la loro ripartizione sono il frutto di sedimentazioni quarantennali, che necessitano di una profonda revisione. Social network, web, larga diffusione del mobile sono fenomeni che hanno profondamente cambiato la fruizione dell'audiovisivo e stanno cambiando bisogni, linguaggi e modelli di business. Il servizio pubblico non può non tenerne conto: l'informazione e più in generale la politica di prodotto dovranno trovare una nuova forma, che consenta alle aziende di essere ancora centrali e puntare a un futuro che ritengo abbia grandi potenzialità e prospettive.

  SALVATORE MARGIOTTA. Ho apprezzato la relazione del direttore Teodoli anche per la brevità e la sintesi (d'altra parte sono temi che vanno affrontati in questo modo) e mi complimento per il lavoro che sta facendo, perché Rai 2 inizia ad avere una cifra, si capisce la sua mission, cosa non da poco. Lei ha citato alcuni programmi, a me piace moltissimo Pechino express e meno Virus, ma si tratta di gusti personali.
  Sulla par condicio non dirò nulla, mentre molto opportunamente l'onorevole Pisicchio, che è il relatore del provvedimento che dovremmo adottare, ci ha proposto di audire anche i direttori di Rete, perché appare evidente che parlare di testate senza capire come siano incardinate all'interno della Rete potrebbe essere fuorviante, quindi la sua opinione è per noi preziosa.Pag. 5
  Anche la visita di ieri presso i CDR delle diverse testate giornalistiche della RAI mi ha convinto della necessità di un riordino totale, come peraltro da lei evidenziato, perché abbiamo a che fare con un modello antico, che va assolutamente superato.
  Nutriamo due forti perplessità. La prima è se sia giusto tenere due newsroom o sia opportuno passare a una sola, laddove, se semplificazione ci deve essere, sia ancora più brutale e si vada fino in fondo. La seconda è se l'accorpamento TG 1, TG 2 e il canale Parlamento e per converso l'altro accorpamento siano coerenti o si possa dar vita a un diverso raggruppamento. Queste sono due domande generali che poniamo a tutti gli auditi, però anche a valle dell'audizione fatta ieri, che ha registrato nel TG 2 forse più armonia tra direzione e CDR di quanta ne abbiamo registrata in altri casi (ma è una mia sensazione), mi ha convinto la determinazione del CDR e del direttore nel caratterizzare il TG 2 come una testata di approfondimento e di ricerca (il famoso TG 2 Dossier), quindi non solo della notizia immediata, ma soprattutto di analisi e di approfondimento. Vorrei capire se sia coerente con il lavoro della Rete, cioè se lei trovi un TG 2 spostato in questo modo in sintonia con la cifra cui facevo riferimento, che lei sta provando a dare alla Rete.

  PINO PISICCHIO. Il collega Margiotta, con la sapienza che è ormai proverbiale in questa Commissione, ha fatto riferimento ai temi specifici che avevo in animo di chiamare in causa interloquendo con l'ottimo direttore, a cui va anche il mio ringraziamento per l'asciuttezza con cui ha prodotto risultati e numeri, perché è con quelli che dobbiamo confrontarci, maneggiandoli con la debita attenzione. Apprezzo molto che, come lei concretamente dimostra, il riposizionamento identitario di una Rete possa determinarsi in ragione del contenuto che questa offre al pubblico, ancorché generalista. Ho apprezzato molto la discesa di mezzo zoccolo generazionale, che peraltro costruisce un processo di fidelizzazione molto interessante sotto questo profilo. Se dovessi utilizzare una sola espressione per indicare il brand di questa Rete che lei così egregiamente dirige, penserei a una Rete della curiosità, quindi dell'apertura, del superamento di una vecchia e tradizionale impostazione dei percorsi informativi.
  La mia domanda è quella del vicepresidente Margiotta, con un'attenzione particolare ad altre modalità attraverso le quali si esprime l'informazione. Veniva ricordata la nostra esigenza di comprendere il livello di coerenza di un percorso informativo con il contesto all'interno del quale si colloca, per cui la specificità è ricchezza perché le singole specificità integrano il valore finale, che è lo share del 40 per cento dell'informazione Rai. Intaccando questo prodigioso equilibrio, creiamo situazioni di accrescimento, perché in quanto servizio pubblico è sempre quello l'obiettivo a cui dobbiamo fare riferimento, o situazioni di caduta ?
  Lei ha fatto un cenno fugace ai talk-show, la mia opinione personale, anche suffragata dalla tendenza degli ascolti, è che i talk-show di contenuto politico siano una roba di una insopportabilità totale, particolarmente sgradevole, che comincia a suscitare reazioni da overdose anche da parte del pubblico. Credo che se ne siano allineati una dozzina nelle prime e seconde serate per tutta la settimana. Non abbiamo altro modo per offrire informazione, se non quello di utilizzare la presenza del politico affinché diventi elemento dello spettacolo ? Non c’è altro format con cui offrire informazione fuori dallo schema del situazionismo, fonte di molti programmatori Rai e di coloro che concepiscono i format stessi ? Inviterei a fare una ricerca in questa direzione.

  MARIO MARAZZITI. Grazie, direttore Teodoli, per il lavoro che ha fatto e ci ha descritto, dove anche i semplici dati sul ringiovanimento del pubblico sono incoraggianti, una conferma del buon lavoro svolto, per cui ci complimentiamo.Pag. 6
  Lei ha parlato della ricerca di nuovi linguaggi ma come Commissione di vigilanza è utile ricordare che la televisione è un animale strano, in quanto un cambiamento radicale rischia di far perdere quanto c'era e non far trovare quanto si vorrebbe. Credo che il metodo scelto, quello dell'innovazione per accrescimento, in un medium che lavora sull'abitudine ma deve intercettare le attese (persino quelle ancora inespresse), sia un metodo saggio. Vorrei confermarle come comune cittadino e spettatore l'impressione che Rai 2 dopo due decenni di incertezza identitaria stia trovando una maggiore identità di canale. Su Rai 2 si è infatti scontato il tentativo di dare più spazio alla località, più spazio ai territori, perdendo parte dei linguaggi innovativi che l'avevano caratterizzata in passato, più spazio al sociale ma anche alle rivendicazioni territoriali, mentre credo che oggi si stia facendo ordine, intercettando un pubblico nuovo.
  Fatta questa premessa, che va a onore dell'attuale gestione della Rai rispetto a una certa confusione del passato, vorrei porre alcune domande. Abbiamo davanti questo piano di ristrutturazione dell'informazione e condivido la domanda dei colleghi, cioè quanto sia organico al progetto di Rai 2 il discorso del TG 2 in chiave di approfondimento. Abbiamo però un problema strutturale per la RAI: come garantire il maggior pluralismo possibile, la maggiore qualità del servizio pubblico in termini nuovi. Il pluralismo del passato (Rai 1, Rai 2, Rai 3) era concepito sostanzialmente in chiave politica, e di quel pluralismo oggi si faticherebbe persino a trovare i confini: quella tripartizione è datata perché riduttiva, in quanto il pluralismo è non solo politico, ma anche culturale, di linguaggio, di generazione, sociale, di territori, di culture. Pluralismo e quantità qualificata dell'offerta devono rimanere la cifra del servizio pubblico radiotelevisivo, in chiave non solo politica. Come si inserisce Rai 2 in questo ? Dal mondo dell'informazione, nella visita a Saxa Rubra e nel confronto con il CDR, è emerso che una parte giornalistica professionale negli anni è stata espropriata di parte dell'informazione all'interno di un tipo di infotainment gestito dalle Reti. Questo problema può essere affrontato in maniera corporativa dai giornalisti, che dicono di poter fare solo loro un certo tipo di informazione, o dalle Reti, che possono aiutare l'informazione a trovare nuovi linguaggi tali da poter raggiungere anche pubblici diversi. Da lei che è particolarmente esperto in questo campo, vorrei avere un parere sull'argomento e, se non dobbiamo creare confini, su quali siano i criteri di valutazione del risultato.
  Condivido quanto è stato detto sui talk-show politici, un tipo di infotainment, ancorché gestito da giornalisti, in cui a volte è difficile distinguere le vacche bianche dalle nere, perché è tutto uguale e temo che questo non aiuti il pubblico a farsi un'opinione.
  Concludo con alcune sottolineature, prima fra tutte il problema della cifra di Rai 2: lei parla di innovazione e nuovi linguaggi, ma credo che dobbiamo affrontare questo piano proposto dal direttore generale Gubitosi stabilendo di razionalizzare, ridurre gli sprechi e le sovrapposizioni ma aumentare l'offerta editoriale, qualificare le identità culturali e l'offerta editoriale, perché è quello che probabilmente riesce a ottenere il consenso di un pubblico così eterogeneo. Non so se una newsroom o due sia un vero problema, ma vedo il rischio della riduzione dell'offerta di informazione e di pluralismo editoriale, non in termini politici ma in termini sostanziali. In tempi di budget ristretti lei ha parlato di 10 nuove prime serate di cui 6 seriali, di altre 8 serialità di nuovi programmi, perché avete proposto nuovi format di successo, ma serializzare un prodotto significa rischiare un investimento importante. Questo ha indotto la Rai a comprare format di successo in altri Paesi. Tentare format autoctoni è un rischio editoriale perché, se non incontra il favore del pubblico, ci si espone a spesa eccessiva. Come vedrebbe quindi se all'interno di un discorso di strutturazione Pag. 7della Rai si prevedesse un canale tematico che possa essere luogo di sperimentazione, in cui testare format a più basso costo per il canale tematico, che una volta dimostratisi significativi e interessanti potrebbero ambire all’upgrading nel canale generalista ? Questo eviterebbe il rischio di occupare la prima, la seconda o la terza serata o un pomeriggio importante con un prodotto nuovo che potrebbe non incontrare il favore del pubblico e quindi di utilizzare troppe risorse pubbliche a fondo perduto. Credo che in questo modo si potrebbe favorire la sperimentazione e la ricerca di nuovi linguaggi.

  ALBERTO AIROLA. Mi scuso molto per il ritardo e la ringrazio di essere qui, leggerò il resoconto di cui ho colto dai colleghi i punti salienti. Non sono arrivato in tempo perché ero a un incontro con una delegazione ecuadoriana, i cui componenti mi spiegavano che loro hanno impiegato otto anni a fare una legge sul conflitto di interessi che però adesso funziona.
  Questo tema ci mette in seria difficoltà anche riguardo al discorso che stiamo facendo, perché da una parte noi tutti (soprattutto noi del Movimento 5 Stelle) da tempo chiediamo una riforma perché questa Rai non va bene così com’è, lo sappiamo, ma servirebbe capire dove si vuole arrivare. L'impressione è infatti che si stia facendo un lavoro soprattutto sull'informazione, che ha un punto d'arrivo, ma non è molto chiaro. La mia prima domanda è quale ritenga (forse l'ha già detto nella sua relazione, per cui le chiedo scusa se dovrà ripetersi) sia il punto di arrivo di questo percorso che Gubitosi ha iniziato, presumo non da solo o comunque non in totale autonomia ?
  Senza una riforma della governance, come evidenziato anche dai colleghi, una riforma dell'informazione sembra più un'operazione di make-up però con altri fini, perché avere una o due newsroom (Gubitosi ci indicava una come punto di arrivo, averne due è un momento di passaggio) senza però rivedere la legge Gasparri e tutto quello che sta dietro alla struttura dell'informazione che abbiamo in Italia appare problematico.
  Nelle altre audizioni ho ribadito più di una volta che la questione dell’audience, pur importante in quanto l'azienda RAI si confronta con altri competitor, non va cristallizzata per qualsiasi attività si compia soprattutto se di informazione e soprattutto vista la funzione di servizio pubblico nazionale. Anche a fronte della pessima gestione della pubblicità, che in questi ultimi anni è crollata, non mi preoccuperei tanto di fare programmi che abbiano una certa audience (a parte l'intrattenimento), ma rimanendo sulla funzione didattica e di informazione della Rai mi concentrerei più su format che abbiano una reale valenza, a cominciare dai talk-show che, come dicevano i colleghi, sono in caduta libera e noiosi. Apprezzo molto del TG 2 e della mission della sua Rete il ruolo importante dell'approfondimento e della riflessione anche curiosa e di costume, non necessariamente all'interno di temi centrali, ma più di intrattenimento. Si tratta di qualcosa che in questa società manca moltissimo, perché ormai l'informazione è un flusso continuo di all-news o molto superficiale – lo vediamo da come i siti di alcuni giornali affrontano l'informazione con il problema del click.
  A proposito dei nuovi format, chiederei a lei e a tutta la Rai di valorizzare i prodotti e le professionalità che ci sono all'interno. La Rai e la più grande industria culturale italiana, su questo non c’è dubbio, e terrei che mantenesse questo ruolo nel Paese, anche perché è un ruolo di formazione di nuove professionalità. L'industria culturale è quella che può salvare l'economia, lo diciamo da tempo, purtroppo non si applica, però bisogna valorizzare le risorse interne e comprare meno fuori. Il problema non è la razionalizzazione del risparmio con accorpamenti o tagli, che considero dia risultati relativi, ma è tagliare le consulenze esterne, le esternalizzazioni. Durante la visita a Saxa Rubra, analogamente alla precedente, abbiamo ricevuto tantissime di queste istanze, ci sono tantissimi Pag. 8lavoratori a vari livelli che hanno voglia di dare il loro contributo ma si sentono un po’ nell'angolo. Questo è il mio appello sul TG 2: ho già avuto modo di parlare con il direttore Masi e non ho avuto, rispetto ad altre situazioni, gravi criticità da fare emergere, anzi ritengo che si stia facendo un lavoro in progress meritevole.
  Che punto di arrivo può avere una Rete sempre meno condizionata dalla TV commerciale ? Ricordo che forse nella vecchia visione di Rai 2 c'era l'affiancamento con Italia 1 e quel tipo di mission e di pubblico da coinvolgere. Vedendola in prospettiva, la TV così com’è non durerà moltissimo, ma il palinsesto è un altro paio di maniche. Credo che la funzione della TV sia quella di mantenere un'idea di palinsesto, perché altrimenti l'alternativa è l’on demand, dove ognuno si sceglie ciò che desidera. L'idea però di avere una finestra sul mondo che propone delle cose, è positiva, quindi ci dovrà essere sicuramente un percorso che miri a un punto d'arrivo dove la TV sarà trasformata o morta (tra un po’ di anni, non manca molto) in favore del web, ma accompagnando il pubblico italiano, soprattutto le persone che hanno meno competenze informatiche, ad arrivare a quel punto. Anche qui il ruolo del servizio pubblico è fondamentale: è opportuno mantenere l'idea del palinsesto, che non c’è nella fruizione web, però puntandolo a quell'approdo.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. L'ultima affermazione del senatore Airola è di grande stimolo. Sosteneva infatti che la TV così come la conosciamo, non sappiamo in quanto tempo, vada verso il suo esaurimento e il futuro è nel web. Credo sia una discussione da svolgere, anche perché vengo da un seminario su questi temi, organizzato dall'Istituto per la competitività, cui hanno partecipato anche alcuni colleghi come Maurizio Rossi. Non ho la stessa impressione di Airola, però questo dovrebbe essere l'ambito nel quale si svolge la riflessione complessiva sulla trasformazione del mondo della televisione in epoca di convergenza. In questo ambito dovrebbe essere svolta anche la discussione sulla missione della RAI, ragionando di governance e poi di canone, laddove o è legata al futuro verso il quale ci muoviamo o altrimenti diventa solo un esercizio sulla fotografia del presente. Credo che avremo tempo e modo di approfondirlo.
  Vorrei tornare su due punti della relazione del direttore, che anch'io ringrazio, che sono stati ripresi anche da alcuni colleghi. La prima è la questione dei talk-show ripresa dal presidente Pisicchio, tema largamente dibattuto da analisti e da commentatori, visto che ormai quotidianamente non c’è giornale che non ci spieghi come ormai i talk-show siano finiti. Il direttore ha utilizzato una formula ellittica per descrivere le performance dei talk-show di punta su Rai 2, perché è riuscito a mettere in un'ottica diversa i risultati di audience, dicendo che nella crisi complessiva riesce a guadagnare qualcosa e va un po’ meno peggio di prima. Mi sembra che i dati siano piuttosto crudi, lo erano nell'edizione precedente e ora anche in questa, ma è ovvio che adesso credo anch'io che ci sia una vicenda specifica su quel talk-show, ma va inserito in una crisi complessiva. Sarebbe peraltro interessante capire se sia la formula a cui ci si è abituati in maniera forse anche stanca, per cui il format è rigido, tot numero di ospiti divisi per forze politiche. Questo consentiva di intercettare in campagna elettorale in maniera puntuale il conteggio delle presenze, mentre fuori dalla campagna elettorale era uno strumento a fisarmonica e consentiva di puntata in puntata di poter riequilibrare, garantendo il pluralismo. Di solito questi soggetti erano invitati anche qualche settimana prima, quindi i criteri spesso erano di confronto con gli uffici stampa dei singoli partiti oppure in base a una valutazione della redazione sull’appeal del singolo personaggio, magari non sempre legato all'attualità, e ognuno parlava dei diversi temi con più o meno competenze. Mi sembra che questo mostri sempre più Pag. 9mostra la corda e che ci siano tentativi di cambiamento, forse più su altre emittenze. Ho visto che La7, che ha tanti talk-show, sta facendo tentativi con l'approfondimento, la costruzione di dossier, la confezione di un prodotto che presenta un'indagine e un punto di vista. Non so se questa sia la strada, però indubbiamente su questo terreno è necessario innovare. Visto che lei ha fatto riferimento alla tradizione di Rai 2 come Rete di innovazione e visto che, come richiamava il senatore Margiotta, anche ieri nell'incontro con il CDR del TG 2 c'era questo riferimento alla tradizione di innovazione, forse da Rai 2 può venire un contributo su questo terreno di sperimentazione di piste diverse rispetto a quelle consolidate.
  La seconda questione riguarda il piano di riorganizzazione dell'informazione, su cui sono già intervenuti i colleghi e hanno posto domande che abbiamo posto ai direttori dei diversi telegiornali. Anch'io tengo a conoscere la sua opinione, ma sono domande che sono già state poste, per cui non le ripropongo. Finora ci siamo concentrati sull'opportunità di una o due newsroom, sulla loro omogeneità, ma oggi vorrei capire se abbia senso fare questa riflessione sganciata dalla riflessione rispetto alle reti. Se la discussione è quella che dicevo all'inizio, sarà sempre e comunque così l'offerta di Rai in termini di complesso dei canali e di Rai in termini di offerta generalista o anche questo dovrebbe essere oggetto di riflessione ? Slegare completamente la riflessione sull'offerta dell'informazione dall'offerta della Rete ha senso o invece bisognerebbe tenerle insieme ? Giustamente anche ieri tutti dicevano cose che qui sono state ripetute più volte: non ha più senso la tripartizione dell'offerta informativa sulla base della riforma, bisogna ripensarla e rimodularla in base all'offerta editoriale, uno più generalista, uno più legato al sociale e all'approfondimento. Questo ha senso se legato al telegiornale, ma anche al piano editoriale della Rete, perché credo che senza questo risulti complicato. La mia domanda è quindi se da direttore di Rete, dall'osservatorio privilegiato di una Rete come Rai 2, che si è sempre caratterizzata per l'innovazione, veda questo nesso e se ritenga che la riflessione debba tener conto anche di questo ambito.

  GIORGIO LAINATI. Piace molto l'idea di Rai 2 come Rete dell'innovazione anche perché si vedono i risultati. Una volta si parlava di una diretta competizione con la Rete più giovane del gruppo Mediaset, Italia 1, ma mi pare che siamo andati ampiamente oltre. Scelte innovative sul piano dell'intrattenimento, due grandi successi, Pechino express e The Voice of Italy, un programma di grande successo per il mondo dei giovani e quindi molto apprezzabile.
  Tenendo conto che come telespettatore giudico i prodotti del mercato statunitense di grande qualità e la domenica Rai 2 dedica loro la fascia serale e che c’è una questione che si trascina da anni sulla scelta aziendale di concentrare le fiction quasi esclusivamente su Rai 1, vorrei conoscere la sua opinione in merito alla scelta di concentrare su Rai 1 le fiction, il cui budget comunque è stato dimezzato e quindi probabilmente saranno di meno.
  C’è una grande innovazione nella fascia serale con i programmi che ho citato prima, ma mi sembra che nella fascia mattutina sia Rai 1 sia Rai 2 tendano a riproporre anno dopo anno lo stesso format, le stesse persone, lo stesso programma, la stessa scenografia. Sarà probabilmente anche per una questione di risparmio, però noto che sulla fascia mattutina c’è una costante reiterazione anno dopo anno dello stesso programma, quindi vorrei capire da lei quale sia l'orientamento presente e futuro.

  FABIO RAMPELLI. Sarò molto breve perché purtroppo non ho potuto ascoltare la sua relazione, direttore, e me ne scuso, perché eravamo impegnati in altre attività istituzionali a Montecitorio, quindi mi riservo di ascoltare la sua replica.
  Ho già ascoltato comunque la conferma di un apprezzamento in ordine alla gestione complessiva della Rete e del TG, sono d'accordo sul fatto che la funzione Pag. 10dell'approfondimento per quanto attiene alle caratteristiche principali di Rai 2 sia interessante e forse anche incentivante dal punto di vista degli ascolti, ed è una tipicità che si è stratificata nel tempo. Salvo diverse prescrizioni (vedremo quale sarà l'esito della proposta di riforma del direttore Gubitosi) vale quindi la pena di investire su questa che definirei mission, se non ritenessi opportuno che la Rai eviti l'indebita diffusione di linguaggi e idiomi esterofili come invece avviene dappertutto, anche sulla Rete 2, per cui la definisco «funzione».
  Introduco questo argomento in maniera non speciosa, perché credo che nell'approfondimento non debba mancare spazio per l'identità culturale italiana, per le caratteristiche fondamentali che provengono dall’Italian style, dal mondo dello produzione, dal made in Italy, l'Italia della cultura, dei beni monumentali, delle tipicità, delle caratteristiche, dei tratti locali che assumono la forma dei dialetti e in ogni caso dei tratti importanti che sono parte integrante della nostra identità, cosa che peraltro Rai 2 ha già fatto. Non dico quindi niente di nuovo, ma invito a specializzarsi anche su questo. Sarebbe auspicabile che Rai 2 diventasse tra le reti Rai quella che si occupa della promozione dell'identità italiana. Questo significa attraversare le varie tematiche in modo trasversale. Non ricordo chi abbia trasmesso le fiction su Adriano Olivetti o quella sulle foibe di cinque anni fa ...

  ALBERTO AIROLA. Girata all'estero, delocalizzata.

  FABIO RAMPELLI. Non lo sapevo, è una brutta notizia.
  Credo che nella Rete di approfondimento ci sia spazio per questo tipo di specificità. Vorrei sapere quindi se ritenga che si possa fare qualcosa di più e di meglio: non è particolarmente il caso di questa Rete però preannuncio che sto mettendo in campo (spero con il contributo e la condivisione dei colleghi) un'iniziativa per chiedere la Rai, che è il più grande ente culturale italiano, di fare la sua parte per la promozione dell'italianità, a cominciare dalla lingua. Spesso si abusa di linguaggi prevalentemente anglosassoni, mentre, se è vero che abbiamo una capacità culturale di tramandare, trasmettere e diffondere quello che abbiamo rappresentato nel corso dei secoli, pur non avendo, diversamente da altre grandi nazioni, colonie e non essendo un impero, dobbiamo essere consapevoli che la lingua italiana è quarta nel mondo per diffusione, e forse sarebbe il caso che almeno noi ci credessimo un pochino e dessimo ai nostri strumenti per ora completamente pubblici la possibilità di essere parte diligente per aiutare questo processo di riscoperta e promozione dell'identità e quindi anche della lingua italiana, del nostro idioma.

  PRESIDENTE. Aggiungerei: meno male che non abbiamo colonie ! Anch'io volevo porle alcune domande. Ieri siamo andati in visita ai comitati di redazione. Il comitato del TG 1 poneva la questione di ricondurre i programmi di infotainment sotto le testate giornalistiche: li produrrebbero loro con giornalisti interni, realizzando un altro tipo di servizio e percorrendo una strada alternativa.
  Condivido le considerazioni dell'onorevole Pisicchio riguardo ai talk-show, perché purtroppo oggi lo show che va in scena non ha niente a che fare con la politica, anzi ci rende tutti attori, personaggi, non più parlamentari che devono fare le leggi, dialogare e discutere per il bene collettivo. Quando guardo un talk-show (ormai raramente) e poi si chiude il sipario ho la mente piena di urla, insulti, mezze verità, mezze bugie, cose dette e mai fatte, cose fatte che non si è riusciti a dire, quindi un gran caos, un calderone che risulta incomprensibile anche a me che sono parlamentare ! Chiuso il sipario, c’è il buio nella nostra testa. Si devono utilizzare determinati meccanismi per garantirsi lo share, quindi scegliere la persona che urla di più, un conduttore che sappia modulare i toni di una trasmissione. Alla fine è più importante essere un conduttore che un giornalista, laddove magari un bravo giornalista non riesce a Pag. 11essere anche un conduttore. In questo modo si svilisce tutto il lavoro che viene fatto in Parlamento, che rendiamo poco comprensibile ai cittadini. Il mezzo televisivo è già complicato, e il talk-show allontana i cittadini dal vero principio politico, quindi deve essere costruito un altro tipo di informazione, che bandisca definitivamente l'idea di show e diventi pura informazione, altrimenti rischieremo di mostrare senza essere quello che vogliamo essere in Parlamento. Questo deve cambiare, perché era un format che inizialmente poteva andare bene ma poi è totalmente degenerato, quindi condivido le considerazioni dell'onorevole Pisicchio.
  Vorrei chiederle quindi quale sia la sua opinione in base alla sua visione privilegiata di direttore di Rai 2 in merito all'eventualità di ricondurre i programmi di infotainment sotto le testate giornalistiche.

  ANGELO TEODOLI, direttore di Rai 2. Per quanto riguarda la ripartizione in newsroom non è esattamente una cosa che riguarda il mio ambito di competenza, quindi non ho idea di quale meccanismo abbia generato questa scelta piuttosto che altre e perché.
  Mi pare però che il dibattito sul talk-show vada a coprire parecchie delle domande che sono state poste. Credo che sia bello che ci siano tanti talk-show. Si è detto di non guardare gli ascolti, ma guardiamoli anche, nel senso che tutti questi talk-show in realtà hanno aumentato la fruizione di informazione. Tradizionalmente l'informazione in prima serata è intorno al 12-13 per cento, ma spesso in passato, quando non esistevano tutti questi talk-show, il 12 per cento di persone interessate all'informazione non potevano trovare informazione, mentre adesso la trovano. È evidente quindi che il sistema televisivo italiano si è arricchito con la presenza di molti talk-show, perché se li prendiamo singolarmente fanno il 4-5 per cento, per cui diciamo che non fanno ascolto, ma effettivamente se in ogni serata ci sono almeno due talk-show (se sono troppi è un problema di assetto complessivo di mercato) che fanno il 5-6 per cento l'uno, significa che il 12 per cento della popolazione ha avuto modo di avere informazioni. Non vedo un elemento di negatività in questo, ma anche in termini di servizio pubblico vedo un elemento di positività, soprattutto se non ci limitiamo ad analizzare il dato secco. Ritengo che sia comunque una cosa importante.

  PINO PISICCHIO. Se fosse informazione e non spettacolo !

  PRESIDENTE. È una cosa di cui dobbiamo discutere, però la linea di demarcazione era questa: anche se abbiamo uno share totale del 12 per cento, quindi il 12 per cento degli italiani trova un'informazione in prima serata e la segue, è più uno spettacolo, infatti viene definito infotainment. Questo è il grande problema di approccio a questo tipo di trasmissioni.

  ANGELO TEODOLI, direttore di Rai 2. Bisogna distinguere tra informazione giornalistica secca e informazione. Quando si chiede il rinnovamento dei format, si chiedono anche diverse modalità di comunicazione dell'informazione. Non possiamo tramutarlo in un termine negativo e riduttivo per la parola show che viene attaccata, che non sempre corrisponde esattamente a quanto viene fatto, non si può rinnovare il linguaggio facendo le cose sempre allo stesso modo, è un ossimoro. Se andiamo a vedere tutti i vari programmi, ognuno ha una sua peculiarità, sono differenze anche sottili, c’è chi sfrutta (non è il caso Rai) il combattimento tra fazioni avverse, ma ci sono anche tagli molto diversi che vengono dati ai programmi. Parlo ovviamente per Rai 2, senza occuparmi degli altri. Virus è un prodotto di informazione nato su richiesta dell'azienda, che mi ha chiesto di fare un programma di informazione su Rai 2. Proprio per non ripetere esperienze già fatte e prodotti già visti, l'idea è stata quella di tagliare l'informazione di Rai 2 più dal punto di vista economico e imprenditoriale. Cominciamo a vedere un Pag. 12altro mondo, quello dell'imprenditoria e dell'industria, che è stato sempre poco trattato e trascurato. Abbiamo fatto delle scelte: abbiamo scelto un giornalista che avesse una discreta capacità di comunicare e fosse esperto di quel mondo. Non si può fare informazione con uno che legge un comunicato, quindi bisogna individuare i meccanismi per cui quanto si vuole dire passi e venga percepito dal telespettatore. Per fare questo ci sono meccanismi televisivi insormontabili: chi parla deve avere credibilità nell'ambito di cui sta parlando, deve saperlo dire, quindi la gente dall'altra parte deve capire e apprezzare quanto sta dicendo. Per farlo si possono utilizzare molti meccanismi che non sono chiaramente quelli dell'urlo e dello strepito. Parlavo di Virus come programma innovativo perché in prime time bisogna anche fare i conti con 28 milioni di persone, quindi la Rete generalista deve tener conto di una varietà di approcci. Virus ha introdotto per la prima volta il fact checking, è il primo programma di informazione di prima serata che lo ha introdotto: non ce ne sono stati altri (non so se ce ne siano adesso, perché è difficile seguirli tutti). Il fact checking di Virus è stato apprezzato in un incontro tra tutti i siti di fact checking d'Europa, a Londra a maggio, è stato considerato il più innovativo al mondo, e ci sono i documenti che posso mostrarvi, perché, oltre alla verifica delle affermazioni fatte da politici, economisti e capi di governo, ha introdotto un altro elemento: quello del «ma è vero che è così ?», con l'ospite a fianco, per cui c’è il fact checking e il commento immediato. Questa è stata considerata a livello mondiale una novità assoluta ed è stato premiato come uno dei migliori fact checking al mondo, con apprezzamenti di grandi testate e grandi siti di fact checking. Una cosa importante, probabilmente non così visibile se uno non la descrive, però chi percepisce l'informazione ha dei riscontri. Un'altra cosa è raccontare la realtà con linguaggi diversi. Vittorio Sgarbi in ogni puntata di Virus, secondo il tema che viene trattato, presenta opere d'arte che in nuce rappresentano quello di cui si sta parlando attraverso la storia e l'arte, quindi è molto coerente con quello che si sta dicendo, e si veicola nello stesso tempo una modalità di lettura delle opere d'arte nuova, diversa e molto più vicina alla nostra vita.
  Tutte queste sono cose diverse, e in più il tutto è trattato in un'ottica più larga dal punto di vista dell'area industriale e delle aree produttive. Il programma ha una sua diversità e una sua funzione di servizio pubblico abbastanza evidente, con risultati anche a livello internazionale. Il fatto che faccia il 5 per cento e non tanto più degli altri è inserito in questo meccanismo, per cui attualmente il sistema televisivo ha sovradimensionato l'offerta di informazione e quindi non si può non tener conto che il mercato è quello. Rai 2 però deve fare informazione in prima serata, la fa, ottenendo risultati quantomeno nella media e apportando elementi di novità.
  Il primo programma sull'economia della Rai è stato realizzato da Rai 2 e si chiama 2Next, parla esclusivamente di economia, non ci sono mai stati programmi dedicati esclusivamente all'economia, e raggiunge risultati notevoli, perché ieri ha fatto il 10 per cento, 650.000 ascoltatori, età media 47 anni. I programmi di informazione normalmente hanno un'età media di 60-62 anni, mentre 2Next ha un pubblico attorno ai 47 anni. È stato un gioco di palinsesto, perché veniva dopo Made in sud, ma per un'ora persone che hanno un'età media di 47 anni hanno visto e apprezzato un programma di economia (questo è servizio pubblico) sia per la novità, perché non c'era un programma di economia, sia perché è stato messo in condizione di essere apprezzato da un pubblico anche particolarmente giovane.
  Altro elemento: innovazione. Per quanto riguarda il prodotto televisivo, mentre le testate giornalistiche hanno una competenza molto forte nel trattare le notizie e fare inchieste, trovare modelli nuovi di comunicazione è più complicato all'interno di un telegiornale, non perché non siano capaci o perché non vogliano, ma perché è un taglio completamente Pag. 13diverso. L'innovazione si fa cercando di utilizzare i linguaggi televisivi in maniera tale che la gente riesca ad avere un certo tipo di elaborazione dell'informazione, un certo tipo di notizie trattate in un certo modo, così da accrescere la propria coscienza rispetto a quella notizia. Ieri e oggi stiamo registrando un nuovissimo programma dedicato all'informazione che si chiama Fixer, un programma che mutua un linguaggio del reality perché viene registrato contemporaneamente allo svolgersi degli eventi.

  PINO PISICCHIO. Il collega adesso le chiederà perché mai non una parola in italiano.

  ANGELO TEODOLI, direttore di Rai 2. Perché non esiste una parola italiana che identifichi esattamente il programma, il tema è: fissiamo l'argomento. Questo programma prevede la presenza di 6 o 7 esperti dei campi più diversi (economia, cultura, religione, letteratura, scienza) per trattare un tema. Il tema che stiamo trattando in questo momento è: «È peccato essere ricchi ?» Si tratta di un format completamente nuovo: 7 persone vanno in un resort, vi rimangono per due giorni, hanno una quantità di informazioni (DVD, siti internet, informazioni cartacee) sul tema che viene trattato e devono elaborare un loro pensiero su questo, arrivando a una risposta finale del gruppo. Tutto questo si svolge attraverso la discussione e nella convivenza, quindi è un modo di raccontare diverso dal giornalista che legge, ma è il rappresentante di una religione, l'esperta di letteratura che fanno colazione insieme e discutono di questo, il tutto confezionato in modo che possa essere percepito come naturale dal pubblico.

  PINO PISICCHIO. Un Grande Fratello intelligente.

  ANGELO TEODOLI, direttore di Rai 2. Non è un Grande Fratello, sono cose che succedono, immagino che accada anche ai signori commissari quando vanno al bar parlino e si confrontano: questa è una rappresentazione della realtà, ma indirizzata, governata e informata. Questo è un modo nuovo di fare informazione. Penso sia difficile che all'interno di un telegiornale i giornalisti possano essere in grado di farlo, se non si attrezzano con tutta una gamma di esperienze e conoscenze riguardo ai linguaggi televisivi. Se si vuole innovare, significherebbe trasferire parte delle competenze da una Rete a un telegiornale, quindi non è tanto se lo fa la Rete o il telegiornale, quanto se lo fa chi ha le competenze per fare qualcosa di diverso.
  Lei ha chiesto, onorevole Marazziti, se si debba parlare solo di politica, ma non si parla solo di politica, anzi proprio per questo Rai 2 ha messo in piedi un taglio dell'informazione e degli approfondimenti di Rete tutto orientato verso l'economia e il mondo imprenditoriale e industriale. Troverete quindi pochi politici all'interno di Virus, pochissimi politici all'interno di 2Next, troverete molte tematiche legate invece a queste due aree di informazione.
  L'onorevole Marazziti chiedeva anche se non sia il caso di avere reti per sperimentare e magari spendere meno: probabilmente potrebbe essere una strada anche se richiede comunque investimenti, anzi forse investimenti più robusti perché, avendo l'obiettivo di sperimentare, bisognerebbe avere a disposizione risorse per sperimentare di più, quindi investire molto di più. Potrebbe quindi essere una strada, ma andrebbe verificata dal punto di vista delle disponibilità di budget.
  Considero invece necessario, se vogliamo provare a rinnovare l'azienda, rinnovare anche il parco di autori, cioè inserire all'interno dei nuovi programmi un parco di autori nuovi. Rai ha fatto in passato scuole che hanno prodotto grandi risultati come la scuola di sceneggiatura: molti degli sceneggiatori di fiction escono dalla scuola impiantata in Rai a metà degli anni ’90. Una scuola di autori televisivi innovativa sarà necessaria per affrontare la sfida della multipiattaforma, utilizzando in maniera sistemica e organica anche tutte le altre piattaforme. La distinzione è Pag. 14sempre più difficile e comunque non si può pensare a un prodotto televisivo se non si considera anche la sua non declinabilità. Un programma televisivo deve poter essere presente anche sui social network, interagire con questi in maniera attiva, essere presente sul web in maniera attiva sia su piattaforma digitale casalinga, sia su piattaforma digitale mobile. Pensare ai prodotti televisivi oggi significa quindi pensare a entità che possano essere fruite con meccanismi e piattaforme diversi contemporaneamente. Probabilmente non esistono autori già formati in questo e sarebbe necessaria una scuola che iniziasse a integrare queste cose. Potrebbe essere un passaggio particolarmente importante per l'innovazione.
  Cercare l’audience in maniera violenta e a tutti i costi è sbagliato, ma tra un prodotto serio che non fa audience e un prodotto serio che fa audience preferisco sempre quello che fa audience, perché è comunque riuscito a portare all'attenzione di un pubblico maggiore degli elementi di conoscenza e di formazione importanti.
  Valorizzazione delle risorse interne, senatore Airola: Rai 2 occupa quasi totalmente personale interno che ha a disposizione, Fixer è un format ideato tutto internamente dai dirigenti dell'azienda con la collaborazione di autori anche esterni, ma è un format tutto nostro, quindi stiamo lavorando anche internamente per cercare di sviluppare novità.
  Una Rete generalista viaggia su 24 ore di trasmissione per 365 giorni l'anno e il tutto in slot di un'ora, deve avere una coerenza generale, quindi è una quadratura del cerchio complicatissima, perché ogni elemento che va a comporre quel palinsesto, cioè quelle 24 ore per 365 giorni, ogni volta deve trovare una ragione per cui è stato fatto in quel modo, e non è facile né ci sono risorse per fare sempre quello che si vuole, bisogna far rientrare tutto in un quadro di economicità gestibile.
  Generaliste e tematiche. Credo che la generalista abbia ancora una sua funzione importante nei mondi dove i canali sono anche tanti (forse tanti free come in Italia non ce ne sono in nessuna altra parte del mondo), in quanto ricompone la massa di cose che ci sono. Questo concetto di televisione molto specializzata e quindi di composizione del proprio palinsesto in base alle proprie necessità è utilissimo a livello individuale, ma meno a livello sociale e di comunità. Qualcuno che ricomponga queste cose e le faccia diventare un patrimonio di tutti, anche laddove chi non ha scelto una cosa vedendola da un'altra parte riesce a intuirne l'esistenza, probabilmente è ancora utile. Non ci saranno più gli ascolti da 40 per cento, perché quando ci sono 3 operatori sul mercato con 7 Reti è facile avere ascolti altissimi, però la funzione sociale di una Rete generalista che ricomponga un mare di cose è particolarmente importante. Il programma del pomeriggio, Detto fatto, ricompone in un quadro organico tutta una serie di piccoli programmi di factual che si trovavano nelle varie reti (trucco, cucina, dolci), diventando un prodotto generalista, che fa il 7-8 per cento, un ottimo ascolto per un programma quotidiano su una Rete secondaria come Rai 2. L'idea che la Rete generalista possa ricomporre un po’ di comunità nell'ambito di un'offerta estremamente frazionata è una delle cose più importanti che il servizio pubblico possa fare, senza per questo trascurare il resto delle galassie del web e dei social. Non tanto quindi la Rete generalista che diventa specializzata e poi web, in quanto il web sarà probabilmente la cosa che useremo di più tutti quanti, ma la Rete specializzata fornirà approfondimenti sui temi in modo più elaborato di quanto non si possa fare il web, e la generalista servirà a ricomporre le cose. Si tratta di mezzi che possono quindi convivere e integrarsi.
  Al tema dell'innovazione sui talk, che è ricorso spesso nelle vostre osservazioni, penso di aver risposto, nel senso che Rai 2 si sta muovendo per fare innovazione, testando cose fatte tutte internamente.Pag. 15
  Rai 2 ha sempre trasmesso qualche fiction, onorevole Lainati, ma ultimamente c’è stata una scarsità di risorse e l'azienda ha deciso di investire prevalentemente su Rai 1 e Rai 3, abbandonando un po’ Rai 2. Mi sembra di capire che nei prossimi anni dovrebbe esserci un minimo di ritorno di fiction su Rai 2 ed essendo un vettore di fiction importanti a livello internazionale, il pubblico è in grado di recepire anche prodotti innovativi e di avere un panel importante per il giudizio sulla fiction e sul suo possibile successo a livello internazionale. Rai 2 potrebbe essere quindi un vettore molto importante, perché ha una forte credibilità sulla base della fiction di 50 minuti, perché le serie di maggior successo a livello mondiale sono quasi sempre in prima visione. Un investimento in fiction su Rai 2 sarebbe quindi molto ben accetto, e mi pare che si stia facendo qualcosa.
  TG e reti discorsi separati, diceva l'onorevole Peluffo: possono anche esserci direzioni separate tra telegiornali e reti, ma l'attuale palinsesto è frutto di anni e anni di sedimentazioni che si aggiungevano, si toglievano, si trasformavano, senza che ci sia mai stato un discorso organico sull'offerta complessiva di un canale. Un discorso ben fatto sull'informazione ma anche su tutto il resto, perché l'informazione è un elemento (forse anche il più importante) di una Rete visiva, ma anche il resto ha funzioni particolarmente importanti in termini di servizio pubblico, il tema andrebbe inquadrato all'interno di un quadro generale che interessi anche il complesso dell'offerta della Rete, sempre in termini generalisti. Condivido quindi l'esigenza di organicità nelle scelte tra Rete e Testata, ma anche con gli altri eventuali editori, in un'offerta omogenea e innovativa.
  Alcuni programmi che potrebbero non sembrare di informazione in realtà lo sono perché le Reti sono più attrezzate rispetto a un'organizzazione di tipo giornalistico. Un programma dello scorso anno che riprenderà a dicembre, Boss in incognito, è un modo molto particolare di raccontare il mondo, di fare informazione e di entrare nelle relazioni tra chi lavora e chi dà lavoro. Chiaramente si tratta di un programma di intrattenimento ma con un focus sul rapporto tra lavoratori e datori di lavoro, a parti invertite. È un modo molto particolare e apprezzato di raccontare quel mondo sia da parte imprenditoriale sia da chi lavora. Lo cito perché è un prodotto particolarmente interessante in termini di innovazione ed è la prima volta che esce.
  L'onorevole Lainati diceva anche che i programmi del mattino di Rai 2 sembrano essere sempre gli stessi, però bisogna anche tener conto del pubblico. I programmi hanno spesso identità di nome e di scenografia dell'anno precedente, però all'interno ci sono dei cambiamenti, magari difficilmente rintracciabili, ma ci sono. Un programma che funziona e ha riscontro di pubblico apporta piccoli cambiamenti al suo interno: il cambiamento è importante se c’è una criticità ma, se non c’è si tratta semplicemente di adeguare il modo di raccontare all'evolversi della società e delle persone che ne fruiscono, quindi è importante che un programma che funziona continui a esserci e non rimanga ancorato a modelli e modi raccontare di vent'anni prima, ma riesca a seguire gli ascoltatori nel percorso di sviluppo degli interessi e delle competenze. Sono molto contento che al mattino ci sia I fatti vostri e faccia ancora il 10 per cento di ascolto: sono stati introdotti elementi di novità per il pubblico che c’è a quell'ora, perché è inutile fare un programma giovanilista tra le 11.00 e le 13.00 di un giorno feriale, quando quel pubblico non c’è...parleremmo al vento. Si utilizzano meccanismi di racconto percepibili da quel tipo pubblico, introducendo elementi di novità, piccole cose che a un certo tipo di pubblico possono essere molto più utili di quanto non lo siano magari programmi dedicati e specifici: per esempio la comparsa di un'area wi-fi all'interno della piazza de I fatti vostri, in cui ogni tanto qualcuno lavora su un portatile, per un pubblico più anziano è la comunicazione della consapevolezza che quelle cose esistono e sono utili, basta raccontarlo nel modo giusto. Pag. 16
  Per quanto riguarda il rapporto tra reti e testate, credo che fare tutto da una parte o tutto dall'altra significhi perdere qualcosa da entrambe, perché si tratta di sensibilità e modalità di approccio diverse, entrambe importanti: lavorerei sempre per addizione, forse metterei qualche altra cosa piuttosto che togliere. È giusto quindi che ci sia anche un racconto con il tipico linguaggio giornalistico proprio del Tg 2, cosa che risponde anche a una delle domande del senatore Margiotta.

  PRESIDENTE. Ringrazio il direttore di Rai 2 e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.