XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 48 di Mercoledì 12 novembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di Usigrai:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Di Trapani Vittorio , segretario nazionale dell'USIGRAI ... 3 
Fico Roberto , Presidente ... 7 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 7 
Fico Roberto , Presidente ... 7 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 7 
Airola Alberto  ... 8 
Fico Roberto , Presidente ... 9 
Airola Alberto  ... 9 
Fico Roberto , Presidente ... 9 
Airola Alberto  ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Airola Alberto  ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Airola Alberto  ... 10 
Margiotta Salvatore  ... 10 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 11 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 12 
Fico Roberto , Presidente ... 13 
Di Trapani Vittorio , segretario nazionale dell'USIGRAI ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 16 
Di Trapani Vittorio , segretario nazionale dell'USIGRAI ... 16 
Margiotta Salvatore  ... 17 
Fico Roberto , Presidente ... 17 
Di Trapani Vittorio , segretario nazionale dell'USIGRAI ... 18 
Fico Roberto , Presidente ... 18 
Di Trapani Vittorio , segretario nazionale dell'USIGRAI ... 18 
Fico Roberto , Presidente ... 18 
Di Trapani Vittorio , segretario nazionale dell'USIGRAI ... 18 
Airola Alberto  ... 20 
Di Trapani Vittorio , segretario nazionale dell'USIGRAI ... 20 
Fico Roberto , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'USIGRAI.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del segretario nazionale dell'USIGRAI, Vittorio Di Trapani, che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione. Il dottor Di Trapani riferirà alla Commissione le valutazioni dell'USIGRAI sul progetto di riposizionamento dell'offerta informativa della Rai nel nuovo mercato digitale elaborato dal direttore generale Gubitosi e illustrato alla Commissione nella seduta dello scorso 23 settembre.
  Do quindi la parola al dottor Di Trapani, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario nazionale dell'USIGRAI. Grazie per l'invito rivolto alla nostra organizzazione a nome delle giornaliste e dei giornalisti della Rai. La convocazione era stata fatta sul piano di riforma presentato alla Rai ma anche sul tema della par condicio.
  Sul tema della par condicio condividiamo tutte le riserve che sono state espresse nelle precedenti audizioni dai direttori di testata. La gestione della par condicio secondo i criteri attuali è antitetica alle regole del buon giornalismo; estenderla addirittura ai periodi non elettorali sarebbe un colpo mortale all'informazione politica. Aggiungo solo che, dopo la sentenza del TAR dello scorso febbraio che finalmente invita a far prevalere criteri qualitativi piuttosto che quantitativi, credo debba essere aperta una seria riflessione sulle norme anche in periodo elettorale. Vale la pena aggiungere che la normativa vigente fu introdotta in un periodo particolare della vita del Paese: ritengo che oggi più che mai, piuttosto che esercitarsi su bilancini e cronometri per l'informazione, si debba sottolineare l'assoluta urgenza di approvare quanto prima una nuova legge sui conflitti di interesse e sui limiti antitrust.
  Passiamo alla questione della riforma proposta dalla Rai. Diciamolo subito con chiarezza: le giornaliste e i giornalisti della Rai ritengono non solo indispensabile, ma anche urgente una riforma profonda e radicale della Rai. Del resto, la chiediamo da anni. Con altrettanta chiarezza diciamo però che la strada imboccata dal vertice di viale Mazzini è quella sbagliata: ai giornalisti Rai, ai CDR e all'USIGRAI la riforma cosiddetta «15 dicembre» non piace. Questo è affermato da tutti i documenti delle assemblee di redazione e anche dal documento approvato all'unanimità ad Assisi dall'Assemblea dei Comitati Pag. 4di redazione e dei fiduciari della Rai, che al termine della seduta consegnerò al presidente.
  Il motivo principale è che si tratta di un progetto che prende il problema dalla coda, ovvero parte dall'organizzazione, mentre il discorso va totalmente rovesciato: è indispensabile partire dal prodotto, dalle missioni, ossia da quale servizio pubblico si vuole disegnare per il futuro. Bisogna avere lo sguardo rivolto da qui non al 2015, ma al 2020. Non a caso l'EBU ha pubblicato un interessante studio intitolato Vision 2020, che proietta nel futuro il ruolo dei media di servizio pubblico. Riteniamo che sia un documento utile da acquisire agli atti della vostra Commissione, a partire dalle dieci raccomandazioni che individuano perfettamente gli obiettivi del servizio pubblico. Per non rubare troppo tempo, consegno al Presidente un estratto ma il documento integrale è comunque disponibile sul sito di EBU. In estrema sintesi, indica maggiore conoscenza del proprio pubblico attraverso la multidirezionalità, per garantire un'offerta più personalizzata e strategica della diversità; qualità, diversità, interattività, personalizzazione e contesto come priorità del servizio pubblico; essere la fonte d'informazione più rilevante e più affidabile; diventare più rilevanti anche per il pubblico giovane, sperimentare, condividere innovazione e sviluppo, primazia su tutte le piattaforme; cambiare la propria legittimazione nella società tenendo conto del nuovo contesto. Questi gli obiettivi, ma nulla di tutto questo vediamo nel piano aziendale. Pertanto, nello spirito concreto e propositivo che ha sempre ispirato le nostre audizioni presso la vostra Commissione proviamo a entrare nel merito. Lo ribadiamo: la riforma è indispensabile e urgente, ma prima di tutto bisogna definire quale servizio pubblico vogliamo. Questo è il ruolo più alto che la politica, quindi voi, deve recuperare e rivendicare: di quale servizio pubblico ha bisogno il Paese ?
  Per farlo bisogna partire da una domanda: quali motivazioni diamo ai cittadini per chiedere loro di finanziare un'industria culturale e crossmediale ? Le dieci raccomandazioni di EBU sono un'ottima traccia. Noi poniamo l'accento su due punti fondamentali, innovazione e rivoluzione culturale. La Rai servizio pubblico può e deve diventare la Silicon Valley italiana, sperimentazione, avanguardia di nuovi sistemi di produzione e di fruizione del prodotto radiotelevisivo e dell'informazione in particolare, un ruolo di sperimentazione che la Rai ha svolto nel passato e che può tornare a svolgere a beneficio dell'intero sistema Paese e dell'intero mercato editoriale italiano. Innovazione vuol dire avere un ruolo chiave anche nell'abbattimento del digital divide. Parlando di Rai Way non ci si può ricordare del mercato solo quando bisogna collocare in Borsa quote di minoranza per far cassa. Allora oggi Rai Way può andare oltre la funzione di diffusione del segnale radiotelevisivo. A nome dello Stato la Rai servizio pubblico potrebbe sviluppare la banda larga mobile, il 4G, il 5G e tecnologie analoghe per abbattere proprio il digital divide. Potrebbe essere questo un modo per rispondere anche al documento di Agcom e Antitrust, che chiede un rinnovato impegno del settore pubblico per affrontare i ritardi sulla diffusione della banda larga. Cogliamo l'occasione per annunciare alla Commissione che l'USIGRAI ha prenotato un pacchetto di azioni di Rai Way per acquisire la qualifica di socio ed esercitare tutte le prerogative conseguenti nella sede sociale. In questo modo, inoltre, l'USIGRAI aspira ad essere il riferimento di tutti i colleghi che condividano tale impegno.
  Per ciò che riguarda la rivoluzione culturale, si fa un gran parlare della Rai e del maestro Manzi. Ma chi è il maestro Manzi del terzo millennio, se non chiunque oggi racconti, spieghi, approfondisca, insomma vada oltre il flusso ? In un'intervista rilasciata l'altro ieri al TG2, il presidente Zavoli ha detto che oggi farebbe un'inchiesta internazionale intorno alla parola «perché»: chi è il maestro Manzi oggi, se non chiunque vada a cercare i perché ? Delle «5 W» per antonomasia del giornalismo, quella del «perché» sembra Pag. 5essere andata in soffitta. Il servizio pubblico ha il dovere di andare a cercare i perché dei principali fatti in Italia e nel mondo. Chi è il maestro Manzi oggi, se non chiunque – usando le parole di Papa Francesco – illumina le periferie geografiche, culturali e sociali dell'Italia e del mondo. Ecco la rivoluzione culturale indispensabile, ancor più in un Paese come l'Italia sempre più diversificato culturalmente e socialmente, attraverso una Rai non solo più radiotelevisione ma azienda multipiattaforma e crossmediale. Per poterla fare, però, serve che l'azienda ritrovi la sua autonomia, la sua indipendenza, e qui è l'appello che facciamo alla politica, al Governo e a voi parlamentari: consegnate al Paese normative di livello europeo. L'ultimo scorcio della presidenza italiana del semestre europeo è una straordinaria opportunità. Tutti i documenti europei dicono che i servizi pubblici hanno bisogno di due libertà indispensabili per garantirne autonomia e indipendenza, ovvero fonti di nomina slegate dal controllo dei partiti e dei Governi, e risorse certe e autonome. Utilizzo le parole del documento approvato dai Comitati di redazione rivolto a voi parlamentari. Abbiate il nostro stesso coraggio riformatore e portate urgentemente nelle aule parlamentari una normativa che finalmente recida il cordone ombelicale con i partiti e i Governi: è questa la riforma indispensabile, imprescindibile per permettere una riforma aziendale ancora più profonda e coraggiosa di quella proposta dall'attuale vertice Rai.
  La tripartizione alla quale siamo stati abituati per trent'anni fu – passatemi l'espressione – la via lottizzatoria al pluralismo. Intervenire oggi su quella tripartizione senza toccare la governance vorrebbe dire in qualche modo curare i sintomi, ma non le cause della malattia. Curare i sintomi riducendo centri decisionali con l'attuale governance vorrebbe dire permettere alla malattia di continuare ad agire, anzi aggravandone i sintomi. Se si vuole arrivare a una razionalizzazione, è indispensabile liberare la Rai dal controllo di partiti e Governi. Siamo tutti convinti che la tripartizione d'ispirazione politica debba essere superata, visto che oggi non ha più alcun senso, convinti come siamo che sia un residuato del secolo scorso intendere il pluralismo come la somma di parzialità. Oggi il pluralismo è ricchezza di racconto, è rispondere alle esigenze di una società eterogenea e a pubblici sempre più esigenti, ma per farlo è necessaria una governance che assicuri nomine basate esclusivamente su motivazioni meritocratiche e professionali. Scegliete voi le forme che ritenete più opportune, ma la riforma della governance è indispensabile.
  Allo stesso modo è indispensabile garantire al servizio pubblico risorse certe. Per il momento siamo solo agli annunci del Sottosegretario allo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ma vi segnaliamo che siamo ormai a metà novembre e l'incertezza sui criteri di raccolta del canone a partire dal 1 gennaio rischia di creare gravi danni alle casse della Rai. L'unico provvedimento sul tema delle risorse che abbiamo visto e che è stato fatto di gran carriera è il taglio di 150 milioni di euro con un atto che continuiamo a ritenere illegittimo. Di fronte all'immobilismo del direttore generale e del consiglio di amministrazione della Rai siamo stati costretti a inviare una diffida che è arrivata anche alla vostra Commissione, per spingerli ad agire mettendo in votazione un ricorso. In queste settimane la situazione è aggravata dall'annunciato taglio – questa volta però strutturale – del 5 per cento, un taglio in discussione in legge di stabilità. Nessuna azienda può essere sana, progettare e programmare, e rilanciarsi, se anno per anno il Governo di turno ha nelle mani il rubinetto dell'ossigeno economico. Anche in questo caso scelga il Parlamento la via migliore, ma agite e agite presto.
  Troviamo positivo che sia diventata patrimonio comune la nostra proposta di un canone sociale equo, sostanzialmente progressivo sul reddito e sui consumi. La Rai deve contribuire alla fase di crisi economica, siamo assolutamente d'accordo: negli oltre 500 milioni (oggi alcuni Pag. 6dicevano 600) di euro di evasione ci sono risorse sufficienti a trovare i fondi per contribuire al Paese.
  Autonomia e indipendenza nelle fonti di nomina, dunque, e nella certezza di risorse. Agite, lo ribadiamo, fate presto. Tutto questo aiuterà una riforma aziendale ancora più radicale. Quale riforma ? Innanzitutto limitare la discussione ai telegiornali è assolutamente riduttivo. Si può parlare davvero di riforma senza discutere delle reti, della missione delle reti, dell'informazione nelle reti e della titolarità dell'informazione nelle reti ? Noi riteniamo di no. È non solo possibile, ma direi indispensabile discutere l'attuale offerta informativa dei telegiornali, ma è possibile farlo solo in un quadro più ampio dell'intera offerta dell'informazione Rai, che coinvolga pienamente anche quella di rete, e poi ampliando il proprio impegno in settori dove oggi la Rai è assente. Ne citiamo due: l'informazione in inglese e i documentari, i quali assicurano a molti servizi pubblici europei ottimi ascolti e addirittura importanti ricavi economici.
  Allora come disegnare la nuova Rai ? Proponiamo tre pilastri: prodotto, identità e unità. Prodotto: secondo le linee che vi abbiamo tracciato nella prima parte di questo intervento, tenendo altresì conto che l'innovazione tecnologica e l'arrivo dei cosiddetti over the top hanno profondamente cambiato le modalità di fruizione del prodotto televisivo. Basti citare il dato recente dello studio di ITMedia Consulting, che assegna all'Italia il primato europeo delle persone che ogni giorno guardano video online, il 33 per cento, dato più alto di tutta Europa. Il prodotto dovrà dunque essere ripensato conoscendo queste nuove esigenze del pubblico, e allora il flusso garantirà l'immediatezza. L'informazione generalista è il punto di riferimento per la gerarchia delle notizie della giornata e poi c’è l'approfondimento o slow news, definizione sapiente coniata da un collega Rai di grande esperienza. L'approfondimento, le slow news e il documentario garantiranno invece il racconto, l'inchiesta, la ricerca dei perché, il tutto con una presenza capillare sul territorio che deve essere rafforzata con una copertura di tutte le province.
  Identità: la riforma deve valorizzare, non cancellare le identità e le storie, quelle che oggi garantiscono alla Rai il primato anche negli ascolti a livello italiano ed europeo. A proposito di cancellazioni, le abbiamo vissute e le stiamo vivendo alla radio. Nelle scorse settimane le colleghe e i colleghi della radio hanno scioperato per la riduzione dell'offerta informativa su Radio 2 e su Radio 3. Se questo è il metodo, siamo profondamente contrari: riformare non vuol dire cancellare. Colgo l'occasione per annunciare che i colleghi della radio insieme all'USIGRAI organizzeranno un'iniziativa con le radio europee presso la stampa estera, alla quale inviteranno il Presidente e tutta la Commissione.
  Prodotto, identità e unità: il nuovo disegno deve definire un'azienda che agisce come corpo unitario, dove ogni parte contribuisce al prodotto unitario di una Rai nuova e crossmediale, una Rai presente da leader su tutte le piattaforme. Credo che a tutti sia accaduto e accada sempre di essere davanti alla tv con l'utilizzo contemporaneo di un tablet, di uno smartphone, il cosiddetto second screen. Questo dimostra come cambi la fruizione e come la crossmedialità possa arricchire il prodotto. Lo dimostra il fatto che un'importante società di rilevazione degli ascolti l'ha introdotta anche attraverso i social per verificare anche con quella strada quanto seguito abbia un programma. Tutto questo vuol dire ovviamente per noi dipendenti anche la sfida di riscrivere i modelli produttivi, i processi di produzione e le figure professionali. Naturalmente lo diamo in premessa, con la massima tutela dei livelli occupazionali e delle storie professionali.
  Per queste ragioni anche in vista della risoluzione che la vostra Commissione ha annunciato di voler approvare sulla riforma, rilanciamo da qui la nostra proposta operativa. Attiviamo un tavolo trilaterale, istituzioni Governo e Parlamento, aziende e sindacati, Governo e Parlamento Pag. 7ciascuno per quanto di propria competenza con riferimento alle leggi di sistema, aziende e sindacati sul ruolo specifico, ovvero l'organizzazione aziendale, l'offerta informativa, i palinsesti, i modelli produttivi, le figure professionali. Una proposta e un metodo di lavoro che vi abbiamo avanzato esattamente un anno fa, in audizione in Commissione, che però purtroppo non ha visto ancora la luce e che oggi vi riproponiamo.
  Presidente, commissari, riteniamo di avere una grande opportunità. Dopo mesi di tensioni, contrapposizioni e conflitti, abbiamo realmente l'occasione per ridisegnare la Rai servizio pubblico del futuro. Il Presidente del Consiglio annuncia di voler togliere la Rai ai partiti e riconsegnarla ai cittadini, e chiede una rivoluzione culturale. Il Parlamento attraverso la sua e la vostra Commissione sta lavorando con grande impegno sulla Rai, sul contratto di servizio prima e ora sulla riforma. Questo sindacato, con un gruppo dirigente che ha messo in cima al programma del proprio mandato la riforma profonda e radicale della Rai, e poi le redazioni tutte dalle quali arriva una grande richiesta di cambiamento.
  Non datelo e non diamolo per scontato, ma questa è la situazione ed è una grande opportunità. Non perdiamo queste occasioni, perché la riforma radicale e profonda della Rai si può fare.

  PRESIDENTE. Sono contento che il Presidente del Consiglio abbia detto esattamente la stessa cosa che ho detto io il 6 giugno 2013, quando sono stato eletto Presidente di questa Commissione. Speriamo che l'obiettivo a questo punto si realizzi.

  PINO PISICCHIO. Stavo chiedendo cosa abbia detto il Presidente del Consiglio...

  PRESIDENTE. Togliere la Rai ai partiti e restituirla ai cittadini.

  PINO PISICCHIO. Data l'estrema novità della sottolineatura, cercavo di pescare nella mia memoria e avevo incontrato qualche difficoltà. Mi perdoni, Presidente, è una celia che lei mi consentirà anche in ragione del fatto che essendo come me meridionale non è serioso (non che quelli che non sono meridionali siano necessariamente seriosi) e affronta gli argomenti seri con un di più di attenzione anche ad aspetti di questo tipo.
  Ringrazio tutti i rappresentanti dell'USIGRAI. Le audizioni dei direttori di testata contenevano sempre un quesito a volte ben svolto nella risposta, altre volte «surfeggiante», altre ancora del tutto eluso, ovvero: che ne pensate del piano di riforma del direttore generale ? A lei questa domanda non dobbiamo porla perché ha risposto in modo molto puntuale, attento e ben argomentato, con elementi di proposta sui quali credo che questa Commissione debba fare valutazioni e riflessioni molto serie, e credo sia giusto ringraziarla anche per questo.
  Ho sentito evocare giornalisticamente e battezzare la riforma come quella «del 15 dicembre», come fosse una deadline. Il Presidente mi consentirà di sottolineare che non è che la Commissione di vigilanza Rai venga ascoltata per intercettare suggestioni circa l'orientamento e l'elemento valutativo che ne scaturisce quanto a impianto di riforma annunciato dal direttore generale: noi esprimiamo valutazioni che hanno una valenza vincolante, quindi abbiamo da dire cose e le diremo appena chiuso il nostro utile, approfondito circuito di audizioni, che non abbiamo ancora chiuso e che dobbiamo continuare perché voi siete testimonianza di quanto queste audizioni possano essere importanti. Abbiamo anche in programma di approfondire come il servizio pubblico di altri Paesi si muova ed esprima la propria funzione. Questo per sbattezzare la sua simpatica espressione «cosiddetta riforma del 15 dicembre» perché non abbiamo il tabù di un 15 dicembre che il Signore Iddio abbia fissato come un macigno.
  Mi sia consentito una piccola considerazione prima di concludere. Stiamo ragionando su un Contratto di servizio che ancora non c’è, o meglio c’è ma non Pag. 8è stato firmato, siamo ancora in una condizione che vede vigente il Contratto di servizio precedente, perché non abbiamo né la firma della Rai, né la firma del Governo sul nuovo. Questo non fa che rendere più periglioso il percorso di riprogettazione, perché quando arriveranno a firmarlo probabilmente sarà già fuori stagione, e la riprogettazione andrebbe sviluppata tenendo conto di questa strana consecutio che si è determinata. So che puntuali posizioni in questa direzione sono state assunte dalla presidenza, e la ringrazio, per dirci come si concluda questa storia un po’ strana...sono passati sei mesi !
  Ho ritenuto molto interessanti le indicazioni poste in riferimento ai tre punti evocati nel vostro documento: prodotto, identità, unità. Sono elementi che nel corso del dibattito svolto sono emersi con molta attenzione da parte della sensibilità di tutti i commissari. In particolare, chiederei al dottor Di Trapani di declinare il concetto dell'identità, di renderlo più esplicito. Credo di averlo interpretato, ma come si potrebbe declinare il concetto di identità, facendo riferimento alla presenza storica delle tre testate ? – al netto dell'origine partitocratica, una specie di giaculatoria che ripetiamo ogni volta, quindi diamola già per assunta. Vogliamo dire che le tre reti devono restare identificabili con al loro interno evidentemente anche il ruolo dell'informazione o ci sono altre possibili declinazioni ?

  ALBERTO AIROLA. Abbiamo fatto un percorso insieme e nella scorsa audizione lei, dottor Di Trapani, rispetto alla richiesta di 150 milioni – che noi respingiamo come voi, considerandola assolutamente incostituzionale e lesiva del patrimonio del servizio pubblico radiotelevisivo italiano – dato che allora ci fu uno sciopero poi revocato, lei disse «lo abbiamo fatto per vedere le carte». Penso che quello che serve adesso è fare un gioco a carte scoperte.
  Purtroppo in Commissione vigilanza le carte ancora non le abbiamo viste, abbiamo sentito diverse posizioni, diverse parole, diverse descrizioni molto generiche di dove andare a parare, ma sono d'accordo con voi: se vogliamo un servizio pubblico riformato, dobbiamo prima definire che punto d'arrivo vogliamo, che servizio pubblico vogliamo, altrimenti questo percorso è oscuro e minaccioso, perché, non sapendo dove si vuole andare a parare, plaudo alle parole del Presidente del Consiglio, ma attualmente non mi pare che sia in atto un allontanamento o una proposta di discussione di una riforma del rapporto tra politica e il servizio pubblico. Adesso chiedo e continuerò a chiedere, anche se l'ho già chiesto agli altri dirigenti auditi, dove stiamo andando. Sicuramente la parte più inquietante di questo percorso è la richiesta di 150 milioni e la richiesta in legge di stabilità di un 5 per cento, 80 milioni di euro strutturali alla Rai. Questo fa prevedere una parziale privatizzazione, una volontà di privatizzare il servizio pubblico almeno in parte, che potrebbe anche essere una scelta condivisibile, ma ci piacerebbe sapere dove si vuole arrivare.
  Sulla questione delle newsroom avete detto benissimo e l'abbiamo ribadito anche noi: c’è una governance, manca una legge, e tra l'altro prima di fare una legge sul conflitto di interessi sarebbe veramente qualcosa di gravissimo per noi. Le newsroom cambiano l'assetto redazionale e l'assetto di lottizzazione interna, mantenendolo però apparentemente con i brand e le testate, ma anche lì c’è un lavoro politico dietro, ma non ravviso un punto di arrivo chiaro.
  Bisogna ripartire dal prodotto: quando lei parla di documentari e di approfondimenti sono d'accordo con lei; sui documentari avevo proposto nuovi criteri per le coproduzioni internazionali, che sarebbero il bene assoluto per la Rai. Quando parla di approfondimento, sono d'accordo, e ho chiesto alla direttrice Maggioni perché su Rai News non si facciano più approfondimenti, ma mi ha detto che lei lavorava troppo, mentre so che voi siete tra l'incudine e il martello, perché dovete difendere Pag. 9i lavoratori, i giornalisti e comunque subite inevitabilmente le pressioni politiche, perché sicuramente così è.
  La riforma che paventiamo su Rai News è una lesiva del servizio pubblico a mio avviso, perché, a dispetto delle risorse investite, ha risultati scadenti giornalisticamente parlando e anche a livello di share - sebbene lo share non sia mai un quoziente che a noi interessa – visti i 1.750 milioni di euro pubblici che finanziano la Rai: vogliamo un servizio pubblico che non sia così schiavo dello share, dell’audience e della tv commerciale.
  Questo però succede, ci sono continue esternalizzazioni, sulle quali sono in atto consulenze anche in Rai News, anche all'oscuro dei sindacati stessi o comunque i sindacati non sono avvertiti di certe posizioni che devono prendere. La cosa non è di buon auspicio. Sull'identità sono d'accordo, l'identità è proprio quello che dovrebbe essere il marchio del servizio pubblico Rai. Perché dare in appalto o in consulenze esterne ruoli che si potrebbero fare in Rai ? Parlo di giocare a carte scoperte perché ritengo che sia il momento in cui voi, i lavoratori e i giornalisti dobbiate essere il più possibile trasparenti con i cittadini, raccontare cosa succede lì dentro. Ve lo dice uno che sta all'opposizione che non ha lottizzato, perché il Movimento 5 Stelle non ha lottizzato la Rai, e quindi non è all'interno della Rai, quindi non può controllare nulla, non può vigilare come fanno gli altri partiti (ovviamente lì non c’è Renzi, ma c’è De Siervo o altri) ma non c’è nessuno che vigila al di là di voi, dei sindacati e dei lavoratori in Rai.
  Ritengo che sia venuto il momento in cui capire insieme che strada possiamo percorrere, uscendo dai nostri ruoli, uscendo anche dall'apparente, più o meno reale, idea che i cittadini hanno di casta dei giornalisti della Rai, perché purtroppo fuori c’è anche questa idea, che io non condivido, però la Rai si deve aprire ai cittadini il più possibile, voi siete in mezzo a questa situazione. Quando venne fuori la questione dei 150 milioni, a nome di tutto il Movimento proposi gli emendamenti per bloccarlo, quindi io voglio una Rai diversa e sono convinto (dico io Alberto Airola, ma è il Movimento 5 Stelle) che questo sia il momento giusto per farlo. Dobbiamo però lavorare in un altro modo, dobbiamo cambiare i giochi, perché altrimenti saremo schiacciati da una riforma che continuiamo a non sapere dove porti.
  Il tavolo trilaterale era stato annunciato, era stato annunciato un piano, ricordo un evento in Rai in cui si parlava di tavoli di lavoro, ma non abbiamo visto nulla. Il 15 dicembre non sarà la data in cui finisce o inizia tutto, però è una deadline molto vicina e continuiamo a non sapere nulla. Sono molto preoccupato perché a tutt'oggi il cda Rai non si è ancora espresso, non ha ancora votato questa cosa, resta tutto lì in bilico, è un cda che non rispecchia più la situazione politica italiana, c’è ancora la consigliera Tobagi che aveva promesso di andarsene, e peraltro da quanto leggo sarebbe determinante...

  PRESIDENTE. Todini.

  ALBERTO AIROLA. Scusatemi, ho sbagliato: Todini, che dovrebbe andarsene perché è stata nominata presidente di Poste, quindi vorremmo che se ne andasse come aveva annunciato, e peraltro pare sia determinante anche in questa votazione. C’è quindi un interesse politico nel portare avanti questo progetto e di portarlo avanti con strumenti sicuramente non condivisi, tantomeno democratici, perché non rispecchiano più lo stato del Paese.
  Avete un'idea di dove si sta andando ? Condividete la mia proiezione, cioè che rischiamo di avere non una riforma condivisa, ma una riforma imposta di nuovo dall'alto, speriamo non con un decreto, oppure pensate che ci siano delle possibilità di uscirne con un servizio pubblico degno di un Paese democratico, creativo e anche capace come è l'Italia ?

  PRESIDENTE. Per chiarire un passaggio ed evitare polemiche, senatore Airola, le chiederei di specificare meglio il passaggio sugli approfondimenti in Rai News Pag. 10e sul fatto che la dottoressa Maggioni in Commissione sosteneva che ci fosse troppo lavoro.

  ALBERTO AIROLA. Lei mi disse: «già ne faccio tantissimi, vi prego, not in my name», ma non è questo il problema: so che Rai News ha ridotto gli approfondimenti, è un flusso continuo. Peraltro le avevo fatto notare anche i numeri di Rai News, su cui non mi ha dato risposta.

  PRESIDENTE. Questo è un altro discorso, era solo per comprendere bene il passaggio.

  ALBERTO AIROLA. Giustamente. Forse mi sono espresso in maniera un po’ aggressiva, ma era un punto che era rimasto scoperto e invece ritenevo fondamentale.

  PRESIDENTE. Il problema non è l'aggressività, ma capire il senso.

  ALBERTO AIROLA. Disse che erano già oberati di tante cose e non riuscivano a produrre altro.

  SALVATORE MARGIOTTA. Faccio qualche breve riflessione anche perché la relazione peraltro molto ricca del segretario Di Trapani, come diceva l'ottimo relatore Pisicchio che abbiamo utilmente designato a un compito così importante, non solo ha risposto puntualmente sul tema senza infingimenti, ma ha anche ampliato molto l'orizzonte di questa audizione, entrando in tutti i temi sul tappeto, dalla riforma complessiva della Rai al canone, alla governance. Farò quindi qualche riflessione e solo due brevi domande. Par condicio: ho sentito la nettezza delle affermazioni di Di Trapani, sostanzialmente le condivido, con la precisazione che peraltro nel suo intervento diceva che la par condicio è sì da rivedere anche in periodo elettorale, ma solo parallelamente e contemporaneamente a una seria legge sul conflitto di interessi. Siamo tutti d'accordo che sia una norma sostanzialmente sbagliata, però è il male minore rispetto alla situazione attuale.
  Parlare di par condicio fuori dal periodo elettorale, invece, ha tutte le debolezze sulle quali si sono espressi tutti i direttori che abbiamo ascoltato e che Di Trapani ha voluto richiamare. Sulla riforma complessiva non c’è dubbio che rischiamo di scontare l'obbligo di rispettare alcune date. Le vicende del canone di cui si è detto, i princìpi di riferimento che lei ha richiamato sono da noi ampiamente condivisi, ma è come li si cali nella realtà che ancora non è del tutto definito e chiaro neanche a livello di Governo.
  Naturalmente la consecutio dei tempi che ci costringerà a porre mano prima al canone, poi alla governance, considerato che altrimenti bisognerà votare tra qualche mese con il vecchio sistema, e soltanto in seguito impegnarsi a un complessivo riordino del progetto della Rai, può determinare qualche incongruenza, per cui (lo dico al mio partito, alla maggioranza, ai miei colleghi) o riusciamo da subito ad avere almeno l'idea del punto d'approdo e a vivere queste due scadenze che vengono prima in funzione di quella, o con tutti gli attori che stanno lavorando sul tema rischiamo di non avere un percorso lineare, cosa che nuocerebbe.
  In questo contesto si inserisce il tema dell'informazione. Lei ha sviluppato un ragionamento che abbiamo già sentito da altri auditi, sostenendo che mettere mano alla riforma dell'informazione ancora una volta senza aver chiaro il quadro di riferimento complessivo il progetto di Rai può determinare rischi e incongruenze. Non a caso lo stesso relatore ci ha chiesto di audire anche i direttori di rete, per capire come l'informazione si cali nella rete. Saprà però che una delle obiezioni avanzate per contraddire questa legittima impostazione è il rischio che in attesa di un quadro complessivo, non si parta mai, cioè che il meglio è nemico del bene e il rischio è che si determini un immobilismo. È un'osservazione che abbiamo sentito di recente e che in parte ritengo di dover condividere, perché di immobilismo Pag. 11un'azienda grande come la Rai rischia di morire. Vorrei quindi conoscere la sua opinione sul rischio che obiettivamente si corre e su come se ne possa uscire.
  Lei ha toccato molto positivamente il tema del web e della crossmedialità, che considero uno dei punti più deboli non solo del piano dell'informazione, ma, se l'USIGRAI e l'azienda mi consentono, della stessa Rai nel suo complesso. Non c’è dubbio che l'offerta web del servizio pubblico in Italia sia carente. Peraltro, basta parlare con qualcuno di voi, dei dipendenti o dei giornalisti della Rai per comprendere come coloro che sono chiamati a occuparsi di questo settore ritengano di essere collocati in serie B o C, mentre noi crediamo che quella sia la serie A del domani. Da questo punto di vista anche i giornalisti e non solo l'azienda devono fare un salto di qualità e capire che quello è uno degli atout del futuro su cui puntare in maniera seria, altrimenti, come diceva l'altra sera un mio amico, si rischia che i telegiornali li vedano soltanto i pensionati seduti sul divano, anche se un altro amico ha ribattuto che sul divano ci arrivano tutti, quindi la Rai è salva ! Mi pare che questo sia un tema sostanziale.
  Lei ha toccato il tema della competizione con i top player, resa complicata dal rischio che la legge Gasparri limiti addirittura la possibilità di costruire per il servizio pubblico dinamiche nelle quali si sia in grado di confrontarsi con i top player. Nei giorni scorsi un senatore che è stato vostro collega alla Rai mi apriva gli occhi dicendo: attenti, qui il rischio è che si passi da un duopolio Rai/Mediaset a un duopolio Mediaset e altri, con la Rai sullo sfondo. Forse questo rischio c’è davvero e vorrei conoscere la sua opinione al riguardo.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Intendo scusarmi con la Commissione e con il dottor Di Trapani e la delegazione dell'USIGRAI per il ritardo, ma, come il Presidente sa, diventa sempre più complicato riuscire a tenere insieme il lavoro nelle Commissioni permanenti e il lavoro nelle bicamerali, con la conseguenza che alla fine molti colleghi si trovano a dover scegliere tra il lavoro in Commissione permanente o quello nelle bicamerali. Si tratta di un problema che alla lunga abbia un riverbero negativo non solo sui lavori, ma sul ruolo stesso della Commissione. Dopo abbiamo l'Ufficio di Presidenza, per cui tornerò a porre la questione a lei, Presidente, e a tutti i membri.
  Non ho potuto quindi ascoltare la relazione, che però leggerò nel resoconto, mi sono fatto aiutare dai colleghi e ho ascoltato gli interventi. Una prima questione riguarda l'atto per il quale sono relatore, ossia la risoluzione rispetto alla delibera dell'Agcom sull'estensione della par condicio fuori dal periodo elettorale, in merito alla quale il senatore Margiotta ha richiamato un giudizio molto netto sulla par condicio.
  Ritengo che una riflessione sulla par condicio si possa fare nel momento in cui le ragioni per cui è nata la par condicio siano risolte in maniera completa, altrimenti credo che si rischi di fare una discussione falsata, con effetti diversi da quelli auspicati. Credo quindi che la riflessione complessiva sulla par condicio debba essere legata a un intervento normativo più efficace sul versante del conflitto di interessi. Comprendo che, come abbiamo sentito anche dalle audizioni precedenti, in merito ai contenuti della delibera Agcom esista una forte e diffusa preoccupazione sull'esportazione di un'analisi meramente quantitativa e di un'applicazione pedissequa della par condicio fuori dal periodo elettorale, per cui ritengo che questo complesso di argomenti debba vivere poi nel testo che proporremo.
  Vorrei porre una domanda sulla seconda questione, che riguarda il progetto informazione, ma prima di farla vorrei interloquire con il senatore Airola che ribadiva che il tale progetto non possa che procedere con una riflessione più complessiva della governance. Riprendendo la sollecitazione fatta nella scorsa audizione dal collega Airola, dal Movimento 5 Stelle, per un'iniziativa parlamentare, continuo a pensare che la strada migliore sia un disegno di legge del Governo. In ogni caso, Pag. 12per rispondere alla sollecitazione del senatore Airola, come avrà visto dai giornali, la settimana scorsa i gruppi parlamentari del PD hanno dato corso all'impegno, costituendo un gruppo di lavoro sulla riforma della governance, per cui desidero rassicurare l'onorevole Airola che il nostro punto di vista verrà formalizzato e vivrà nella discussione.
  Sul Progetto informazione vorrei rivolgere una domanda al dottor Di Trapani, che mi perdonerà se era già nella sua comunicazione. Nell'illustrazione del direttore generale c'era il tema, che poi nelle diverse audizioni questo si è perso, dell'eliminazione degli sprechi, della riduzione dei costi, che sarebbe anche un elemento di rilievo nelle ragioni per cui si dà corso a questo progetto sull'informazione. Vorrei sapere se come USIGRAI abbiate già avuto un'interlocuzione e abbiate quindi elementi ulteriori rispetto a quelli della Commissione per comprendere non solo l'entità di questa riduzione dei costi, ma se questa incida sugli organici e in che maniera.

  GIORGIO LAINATI. Le ultime parole del collega Peluffo mi consentono di fare un aggancio, perché quello che ha detto l'amico Vittorio Di Trapani riguardo alla questione dei livelli occupazionali è forse il vero argomento degli argomenti.
  Come sapete, Forza Italia è all'opposizione, mentre all'inizio della legislatura era in maggioranza. Alla luce di questa richiesta che riguarda il 5 per cento dei fondi per la Rai, ho chiesto in Commissione cultura di poter inserire un corollario al parere espresso sulla legge di stabilità in Commissione bilancio, un'osservazione proprio su questo tema, e devo dire che il Partito Democratico, la relatrice, onorevole Coscia, è stata molto cortese e molto attenta ed è venuta incontro a questa mia richiesta. Voglio dirlo, perché è un argomento interessante. Abbiamo inserito che a proposito della riduzione dei proventi del canone da corrispondere alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo Rai, si segnala la necessità che tale riduzione non pregiudichi i livelli occupazionali dell'azienda. Questa sarà una goccia nell'oceano, ma pur sempre importante.
  Devo dire che in Commissione cultura (farò arrabbiare il Presidente Fico) sono uno dei più fermi oppositori della proposta di legge del Movimento 5 Stelle per abolire il Fondo per l'editoria, causando la perdita di centinaia o migliaia di posti di lavoro nel settore giornalistico, per cui ça va sans dire. Anche chi l'ha presentata è stato comunque ricondotto a più miti consigli da un succedersi di audizioni, perché, come anche lei giustamente sostiene, Presidente, le audizioni sono molto utili e in Commissione cultura su questa proposta, che giudico in modo totalmente negativo, stiamo svolgendo una serie di audizioni e c’è un coro unanime che la contesta, cosa che devo dire perché sono un giornalista e mi sembra giusto ricordare ai colleghi della Rai quanto succede nelle Commissioni permanenti.
  Per quanto riguarda il nostro incontro odierno, abbiamo un elenco di argomenti impressionante, perché solo la questione della par condicio meriterebbe una serie di audizioni per settimane. D'altronde, il mio partito, dove coerentemente sto da una ventina di anni a differenza di altre situazioni, ha molto avversato questa vicenda della par condicio che fra poche settimane compirà quindici anni, per cui non credo di essere la persona più adatta a esprimere un parere sulla par condicio. Per quanto riguarda il collegamento che il Partito Democratico fa tra la par condicio e la questione del conflitto di interessi, siamo spettatori anche se molto interessati e vedremo quello che succederà. Credo che ci sarà una grossa conflittualità. Mi dispiace che non ci sia il senatore Gasparri, perché sarei stato curioso di sentire la sua opinione sulla riforma della governance, che, come tutti sanno, andrà a incidere su una parte pregnante della legge n. 112. Va benissimo infatti citare il Presidente del Consiglio, va benissimo dire «fuori la politica dalla Rai», come il Presidente Fico ha detto al debutto nel suo ruolo e molti altri dicono da anni, ma dico con franchezza: riflettiamoci, colleghi parlamentari Pag. 13e colleghi giornalisti, non sarà affatto facile, perché nessuno ha la soluzione a un problema che è sul campo da 45-50 anni. Non si troverà un mago che predisponga una proposta di legge, sia essa del Governo, integrata con quelle dei gruppi parlamentari, un mago in grado di elaborare la proposta perfetta per cui una fondazione o di nuovo i professori o i rettori saranno in grado di gestire il Consiglio di amministrazione della Rai. Non è per niente facile. Quindi, caro Vittorio, sono convinto che la riforma della governance sia uno dei nodi più complicati da sciogliere. È ovvio che gli interessi in gioco siano giganteschi, ma è proprio una questione di capacità, perché vorrei ricordare a me stesso e a tutti noi che negli ultimi dieci anni con la 112, ma anche nei precedenti dieci, se non erro, sono stati i Presidenti delle Camere a nominare i membri del consiglio di amministrazione della Rai, e anche il Presidente Fico, se ci fosse stato allora, avrebbe dato ai Presidenti delle Camere un minimo di terzietà rispetto ai partiti. Eppure anche quando, nel decennio precedente alla nascita della 112, i Presidenti delle Camere sono stati chiamati a scegliere i cinque membri del consiglio di amministrazione, non sono successe cose splendide. Ricordo la Rai dei professori, la Rai smart in cui ce n'erano solo due, cose terribili. Non credo che, ammesso che se ne faccia uno di Forza Italia, mi metteranno mai in un comitato di studio sulla riforma della governance come quello del PD, ma non importa, siamo tuttavia di fronte al problema probabilmente più rilevante. Anche il problema della riforma del canone non è di piccolo conto, perché vanno anche stampati i cedolini della posta, per cui bisognerebbe capire nel giro di poche settimane quale cifra dovrà essere stampata.
  Sono felice che abbia ricordato la vicenda del canone equo, di cui sono un sostenitore, perché reputo che le persone anziane, meno abbienti non debbano assolutamente pagare 112-113 euro, ma, siccome anche questo non è per niente facile, arrivare in «zona Cesarini» a dover fare queste cose così importanti complica ulteriormente la già complessa scelta.
  Per non parlare del quarto argomento, che riguarda 1.600 giornalisti della Rai, cioè queste famose newsroom e il futuro dell'informazione. Sono ben felice che il relatore di questo provvedimento sia una persona di grande equilibrio come l'onorevole Pisicchio, anche Presidente di un gruppo parlamentare, quindi dotato di ulteriore autorevolezza: anche su questo sarà molto complicato esprimere il nostro punto di vista, perché dopo quanto è successo nel settore della radiofonia che non fu un'esperienza particolarmente felice, non stiamo affrontando un argomento en passant.
  Questo è un altro grande problema che investe tutto, dalla questione del pluralismo alla questione produttiva, alle scelte di approfondimenti giornalistici di telegiornali, perché lì c’è anche il problema di quanto fanno le reti. Siamo di fronte a un altro capitolo enciclopedico. Il presidente e il relatore hanno già parlato di una linea temporale che si concluda prima delle festività natalizie per quanto riguarda l'approvazione del nostro documento, e non è di poco conto perché in poco più di un mese dobbiamo consigliare alla Rai il percorso da intraprendere.
  Sono convinto che la consiglieremo bene, però poi bisogna che i vertici della Rai ci diano retta perché non è automatico, ma questa è un'opportunità di approfondimento di un argomento che ci terrà impegnati e avremo modo di tornare su tutte queste delicate vicende non solo con le altre audizioni, ma anche con le occasioni pubbliche che ci saranno date, sempre tenendo presente la questione dei livelli occupazionali, che è una linea-guida fondamentale dalla quale i vertici dell'azienda non potranno prescindere.

  PRESIDENTE. Segretario Di Trapani, anche io vorrei fare alcune domande e qualche considerazione. In audizione fui proprio io a chiedere al direttore generale Gubitosi quanto si sarebbe risparmiato con questo piano di ristrutturazione dell'informazione Pag. 14e la risposta fu circa un 20 per cento, che, su un costo di 500 milioni di euro per l'informazione annua in Rai, ammonta a circa 100 milioni di euro, ma non si comprendeva come.
  Accorpando le testate si potrebbero infatti ridurre i direttori, ma poi che fine farebbero ? Ci sono esuberi di personale, ci sono ridimensionamenti ? Non comprendo bene come si arrivi poi ai 100 milioni di risparmio e non so se su questo aspetto voi come sindacato che ha il compito di progettare queste cose insieme alla direzione generale vi siate confrontati, cosa sia emerso da questa discussione.
  Un altro punto su cui sono combattuto è che personalmente ritengo che l'informazione in Rai così com’è debba essere cambiata, ma non per il minutaggio tra partiti, in cui si cerca di tutelare la par condicio per difendere il pluralismo: questi sono tutti palliativi, perché oggi in realtà non si è più in grado soprattutto nei telegiornali di raccontare il Paese, di raccontare il mondo. Trovo un'informazione ripiegata su se stessa, che non produce più notizie, ma produce notizie di rimbalzo, tramite agenzie o giornali. Vorrei invece che si ritornasse a una Rai produttrice di notizie, di informazioni. Costa, ma paghiamo anche per avere un'informazione di questo tipo. Trovo invece un'informazione appiattita su se stessa, in cui i direttori sono distinti per aree di riferimento culturale o per appartenenza di un certo tipo: questa logica dobbiamo profondamente cambiare.
  Il punto è questo: c’è un piano che cerca di fare qualcosa, sicuramente non è il mio piano ideale, ma capisco che, se non cambiamo la governance e la rendiamo davvero indipendente, se non ridefiniamo la missione di servizio pubblico, se non ridefiniamo la missione delle reti, diventa complicato. Su questo condivido quanto ha detto il senatore Margiotta. Se questo Parlamento per l'ennesima volta non riesce a rendere il consiglio di amministrazione della Rai totalmente indipendente dalla politica, ci ritroveremo a sceglierlo con lo stesso meccanismo e ad averne per altri tre anni uno di un certo tipo senza aver fatto la riforma dell'informazione della Rai. In questo senso è un cane che si morde la coda perché, se avessi la certezza che questo Parlamento faccia una legge sulla governance, che garantisca l'indipendenza della Rai e dei consiglieri di amministrazione, sarà il consiglio di amministrazione a ridisegnare la nuova riforma dell'informazione all'interno della Rai, la missione delle reti. Siamo però dinanzi a un bivio, per cui, se questo non avviene, ci ritroveremo con la stessa informazione e gli stessi telegiornali per altri tre anni, cosa che non vuole il Parlamento, ma non lo vuole il Paese.
  Se questa informazione non racconta più il Paese, non riesce a dare voce a tutte le persone che ne hanno bisogno, siamo punto e a capo. Il «progetto informazione» non mi piace fino in fondo, perché questa ristrutturazione dell'informazione è svincolata da quello che serve per ridisegnare il servizio pubblico. Se però il servizio pubblico non verrà ridisegnato, non avremo neanche il piano dell'informazione. In Commissione stiamo cercando di elaborare tutto questo, l'onorevole Pisicchio è relatore, cercheremo di approvare quanto prima una risoluzione.
  Una domanda specifica. Al di là del ritenere che non si possa attuare questo piano perché si dovrebbe prima ripensare il servizio pubblico e avviare la riforma della governance, rispetto ai TG attuali e a questa informazione, anche se siete il sindacato dei giornalisti Rai, sentite, proprio come giornalisti, l'esigenza di cambiare la produzione di informazione e il modo di trattare le notizie ?

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario nazionale dell'USIGRAI. Se per lei va bene, Presidente, proverei a rispondere seguendo l'ordine degli interventi per una questione di praticità.
  L'onorevole Pisicchio poneva il tema del 15 dicembre, e in realtà sottolineo che il nome non è nostro, ma dell'azienda. Lei dice che non c’è un 15 dicembre, io la penso come lei. Dato che però di mestiere facciamo i giornalisti, non vorrei che, mentre diciamo che non si può partire Pag. 15dall'organizzazione ma dalle missioni e dal prodotto, qualcuno pensasse addirittura di capovolgere e partire dalla nomina di direttori. Se questo 15 dicembre o date simili dovessero coincidere direttamente con la nomina dei direttori, francamente la troverei una fuga in avanti inaccettabile, perché non riporta all'essenza di quello che vogliamo fare, che è cambiare questa azienda in profondità (poi arrivo alla sollecitazione del Presidente).
  Per ciò che concerne la domanda sul declinare le identità, che noi abbiamo citato, credo che sia necessario sempre partire dai dati, che, se necessario, consegnerò alla presidenza. Ho preso a caso i primi dieci mesi dell'anno: questa è la curva di ascolto di un giorno di Rai 1 e i picchi evidenziati sono i telegiornali e l'informazione. Questa è Rai 2: i picchi sono gli appuntamenti del TG2. Rai 3: i picchi sono gli appuntamenti della TGR in particolar modo e del TG3. I picchi di tutte e tre le reti, in particolare Rai 2 e Rai 3 ma anche su Rai 1, sono l'informazione. Dobbiamo ridisegnare le identità, assolutamente sì, ma dobbiamo sapere che oggi l'informazione garantisce picchi di ascolto al servizio pubblico. Quello che non si può fare è ridisegnare un'azienda che indebolisca questo, che è valore aggiunto per il servizio pubblico. Bisogna partire da qui e ridisegnare, sì, ma certo non indebolendo, eventualmente andando oltre la questione del pubblico rispetto alle fasce d'età. So che l'età media del pubblico Rai è medio-alta e che per attrarre l'altra parte di pubblico bisogna trovare modelli di produzione e di fruizione di quel prodotto che siano più adatti alla nuova fruizione, come evidenziavo prima in riferimento agli over the top, al second screen, alle smart TV. Cinque milioni di famiglie su 17 hanno la smart tv, un utilizzo totalmente diverso del prodotto televisivo. Questo significa che dobbiamo cambiare per rendere il nostro prodotto adatto a chi oggi lo ricerca e utilizza in maniera diversa. Questo è il lavoro che va fatto, non ci si può illudere di ridisegnare o di dare una risistemazione al vecchio: bisogna costruire il nuovo, altrimenti continueremo a rivolgerci solo a una parte e continueremo lentamente a perdere. Dobbiamo invece ampliare e allargare, questo è servizio pubblico.
  In questo identità vuol dire riconoscibilità. Oggi nel bene e nel male il pubblico si riconosce in quei prodotti, e lo dicono gli ascolti. Bisogna creare identità che rendano il prodotto riconoscibile, per cui quando accendo cerco il TG1 perché voglio quel prodotto, cerco il TG2 perché voglio quello, cerco il TG3 perché voglio quello, e così via dalla TGR a Rainews 24, Rai Parlamento e tutti gli altri prodotti della Rai. Questo vuol dire declinare le identità. Confrontiamoci: non esistono tabù su questo aspetto. Certo, serve l'informazione di flusso, servono appuntamenti generalisti, ma servono anche gli approfondimenti e i documentari. Declinate queste identità e queste missioni, l'organizzazione si rivelerà facile, molto più facile di quanto possiamo immaginare.
  Per quanto riguarda le parole del senatore Airola, vogliamo vedere le carte e la trasparenza, le vorremmo vedere anche noi. Noi qui a giugno vi proponemmo anche un metodo di lavoro: gruppo di lavoro misto sindacati, azienda e Parlamento, apriamo i bilanci e ce li guardiamo ? Siamo per la massima trasparenza: andiamo a vedere, così capiremo veramente dove sono i costi, dove sono gli sprechi, dove si può intervenire e come utilizzare quelle risorse per l'unico obiettivo di fare un'informazione migliore per i cittadini, non altro. Tutto ciò che va incontro a questa trasparenza sarà pienamente sostenuto dal sindacato dei giornalisti della Rai, quindi da questo punto di vista massima disponibilità.
  Mi perdoni, senatore, ma una cosa la devo rispedire al mittente: siamo tra l'incudine e il martello. Capisco l'affermazione, ma le assicuro che non abbiamo mai subìto, mai subiremo e mai accetteremo pressioni politiche. Spero di averlo detto con sufficiente chiarezza. Agiamo esclusivamente nell'interesse delle giornaliste e dei giornalisti dell'azienda Rai servizio pubblico, quindi speriamo (questa è la nostra ambizione) dei cittadini. In questo senso diciamo «no» all'utilizzo smodato Pag. 16dell'esternalizzazione e degli esterni, non si capisce perché si debbano andare a cercare professionalità esterne quando in Rai possono crescere e sono cresciuti ottimi professionisti. Un intervento su questo è quindi assolutamente indispensabile, perché le risorse ci sono e si possono utilizzare meglio. Bisognerebbe intervenire su un fenomeno troppe volte trascurato: il fenomeno del demansionamento e delle sottoutilizzazioni per un'interpretazione assolutamente errata e monarchica dell'articolo 6 del Contratto nazionale di lavoro. I direttori di testata non sono dei monarchi, sono dei direttori, e probabilmente su quello una riflessione andrà fatta. Abbiamo fatto una proposta ma a quanto pare per il momento non è stata accolta: responsabilità civile dei dirigenti. Se un dirigente causa un danno all'azienda perché causa la vertenza di un dipendente che essendo demansionato si rivolge al giudice, viene riconosciuto il demansionamento e l'azienda deve cacciare soldi, si vadano a chiedere quei soldi al direttore che ha determinato quel demansionamento e quella sottoutilizzazione. Richiamiamo ciascuno alla propria responsabilità, perché sono soldi pubblici, sono soldi dei cittadini. Si tratta di una riflessione aperta sui direttori, e anche su questo poi dirò nell'ottica delle razionalizzazioni, ma la responsabilità civile dei dirigenti è un passo verso quella trasparenza.

  PRESIDENTE. Quindi responsabilità civile dei dirigenti significa che, se un dirigente sbaglia e quindi causa un aggravio di costi per l'azienda, ci si può rivolgere al magistrato ?

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario nazionale dell'USIGRAI. No, preciso meglio quanto ho detto: se un collega viene demansionato o sottoutilizzato e quindi si rivolge al giudice per avere ristoro di questo e il giudice riconosce il demansionamento e la sottoutilizzazione, come del resto è accaduto, e di conseguenza gli viene riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni da parte dell'azienda, piuttosto che pagarlo con il bilancio dell'azienda, i danni si chiedano ai direttori che hanno determinato consapevolmente quei dimensionamenti. Sappiamo che alcune proposte non sono gradite a tutti anche in azienda, ma facciamo le proposte che riteniamo utili per rendere nuova e più efficiente la nostra azienda. Siamo stati eletti per questo.
  Siamo a rischio di una riforma calata dall'alto ? Il rischio c’è, ma la nostra proposta è il tavolo trilaterale: mettiamo intorno a un tavolo i soggetti che possono agire sugli elementi che abbiamo toccato. Nessuno di questi elementi deve però diventare scusa per non fare, per ritardare, per perdere tempo, perché non è quello che vogliamo. I giornalisti della Rai vogliono fare una riforma, farla bene e farla presto, quindi non vogliamo prendere o perdere tempo, vogliamo fare. Questo è l'appello che rivolgiamo a voi: aiutateci per la vostra parte, la vostra competenza, a fare voi la vostra parte perché noi faremo la nostra. Il tavolo trilaterale è il luogo simbolico per fare questo, ma anche operativo, pratico, perché non c’è un prima e un dopo, prima la governance e poi discuteremo il resto, ma ci può essere una discussione contestuale nella quale si mettono in fila tutti i problemi e tutti gli elementi che sono i pilastri per costruire il servizio pubblico nuovo. In questo non c’è perdita di tempo: si può fare, si può fare presto e anche molto bene.
  In questo, senatore, capisco che il meglio sia nemico del bene e quindi il rischio di immobilismo, però, se ognuno fa la sua parte, si fa presto. Certo, se ognuno butta la palla nell'altro campo, è evidente che non si farà nulla e si rischia l'immobilismo. Noi non stiamo buttando la palla di là, stiamo dicendo in campo ci siamo, per favore scendete anche voi in campo per la vostra parte, noi siamo pronti a fare la nostra. Il sindacato dei giornalisti vi dice: riforma più profonda e più coraggiosa, ma scendete in campo per la vostra parte, perché per farla c’è bisogno della vostra parte di lavoro, che è la riforma della governance e delle risorse certe.
  Certo è che non possiamo avere i totem delle date, anch'io sono meridionale Pag. 17e tengo particolarmente alle date, però non possono essere dei totem. Stiamo riscrivendo un'azienda che così come la conosciamo esiste da trent'anni e, se serve del tempo in più per farlo, a me interessa farlo bene, anche se voglio evitare perdite di tempo. Siamo pronti a giocare la partita, aspettiamo che gli altri soggetti ci diano una mano a farla presto e rapidamente.
  Sul tema del web, che in parte si incrocia con i top player, abbiamo fortemente sostenuto l'idea che la Rai si dotasse di un sito unico, però quell'idea aveva un'ambizione, quella di un sito di flusso accompagnato dai siti identitari, ambizione che non abbiamo visto realizzata. Probabilmente sul web bisogna fare molto di più, ad esempio siamo in attesa di un progetto di sviluppo che parta dai territori e che l'azienda ci dia una risposta su questo. Il contributo dei territori sul tema del web diventa fondamentale per arricchire il sito della Rai. Siamo in attesa, sono ritardi che non capiamo. Quando parliamo di web però non parliamo di una produzione diversa, il web è un modo diverso di lavorare per tutti, cambia il modo di lavorare e in questo s'incrocia con i top player, perché è evidente che quando sbarca Netflix cambia il mercato, cambia il modo di utilizzare la televisione, cambia tutto e occorre adattarsi a quel tipo di fruizione. Ecco perché devono cambiare i prodotti, ecco perché bisogna ragionare sul palinsesto, sull'offerta informativa e sui format, perché probabilmente alcuni sono adatti a un tipo di frizione e altri no. Netflix non è un soggetto italiano, Sky non si apprezza in Italia, ma i servizi pubblici possono pensare di competere essendo rispetto a questi dei nani ? Allora perché non sollecitare un'alleanza tra i servizi pubblici europei, che potrebbe dare loro una capacità in termini sviluppo tecnologico in casa e di sviluppo di prodotti che può competere fortemente con questi soggetti con la forza di essere servizi pubblici ? Dato che la presidente della Rai è anche il vice presidente di EBU, c’è anche un'occasione per poterlo fare, e un impulso in questo senso da parte della Commissione potrebbe essere importante. L'alleanza tra i servizi pubblici europei è un'occasione anche per rispondere ai top player che agiscono sul mercato globale. Se tentiamo di agire solo nei nostri confini, è una partita che diventa difficile in termini di prodotto e di competitività.
  Onorevole Peluffo, sulla par condicio mi soffermo brevemente perché, come avevo detto in premessa, condivido pienamente quanto ha detto. L'intervento sulla par condicio come norma attuale è possibile tenendo conto che però quella normativa avvenne in un momento particolare, per noi è elemento imprescindibile oggi intervenire (mi perdoni se utilizzo il plurale, ma credo che sia più corretto) sui conflitti d'interesse. Serve urgentemente una legge che intervenga sui conflitti di interesse, e la par condicio anche in periodo elettorale diventa una questione secondaria. Bene che il Partito Democratico si sia attivato su un gruppo di lavoro, l'abbiamo salutato come un fatto positivo. Lei ha chiarito perfettamente che si tratta di un gruppo di lavoro dedicato ai temi delle riforme di sistema, quindi ci auguriamo che presto questo si traduca in atti parlamentari, perché ora l'urgenza è arrivare a fare atti parlamentari, nel confronto parlamentare si trova la soluzione che il Parlamento riterrà la più opportuna.
  Sulla questione dei costi, devo dire la verità, e qui mi collego anche a una considerazione del Presidente: nei documenti consegnati a noi c’è una x, a voi è stato detto un 20 per cento, ma francamente esprimo tutta la mia perplessità su un metodo che prevede un'informativa ai sindacati con una x.

  SALVATORE MARGIOTTA. Pure per noi c'era la x.

  PRESIDENTE. Abbiamo ricevuto lo stesso piano, ma ho chiesto in Commissione al direttore generale a quanto ammontasse il risparmio e ha risposto il 20 per cento, che corrisponde a circa 100 milioni, visto che la slide mostrava che l'informazione costa 500 milioni di euro l'anno.

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  VITTORIO DI TRAPANI, segretario nazionale dell'USIGRAI. Per il momento noi siamo ancora alla x, quindi figuratevi se possiamo aver discusso di quei 100 milioni che ha annunciato a voi ! Francamente non si è affatto discusso di questa riduzione dei costi, però a me non piace neanche il tema di discussione. Intendiamoci: dobbiamo riformare la Rai per intervenire sui costi e quindi ridimensionare o perché dobbiamo costruire il servizio pubblico del futuro ? Se non partiamo da qui, a un gioco che punti al ridimensionamento evidentemente non ci sto. Certo, bisogna intervenire sugli sprechi, bisogna rendere più efficiente l'azienda, ma, se l'obiettivo di tutto questo è dare un numero a quella x, francamente lo trovo un obiettivo riduttivo e non all'altezza di quanto oggi il servizio pubblico dovrebbe fare.
  Abbiamo tutti la preoccupazione dei livelli occupazionali, però anche questa domanda, i dipendenti della Rai sono pochi o molti, mi sembra una delle grandi domande della vita, ma per fare cosa ? Prendo atto che oggi la Rai in termini di organico giornalistico è uno dei più piccoli servizi pubblici europei. La BBC ha 3.000 giornalisti sparsi sul territorio, la Francia ne ha quasi 1.900. Il problema non è pochi o molti: il problema è cosa dobbiamo fare.

  PRESIDENTE. Come dato complessivo, perché, se calcoliamo anche consulenti e partite IVA, in Rai ci sono circa 1.600 addetti tra tempo determinato e tempo indeterminato. Lei fa il paragone con gli altri servizi europei con la stessa tipologia di contratti, che lavorano come interni all'azienda.

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario nazionale dell'USIGRAI. Il paragone è questo, sono dati che ci hanno fornito i servizi pubblici ed erano in alcuni documenti che credo siano stati consegnati in passato alla Commissione. Per chiarezza, se aggiungiamo anche i lavoratori a tempo determinato, siamo circa 1.700-1.750, con una drastica riduzione negli ultimi anni del fenomeno del precariato. Il problema è cosa dobbiamo andare a fare, perché, se l'obiettivo è solo ridurre i costi, la ricaduta sui livelli occupazionali è altissima, e questo è un sistema che non accettiamo. Se invece ridisegniamo il servizio pubblico, riteniamo che quell'organico serva e anzi vada fatta una seria riflessione sulla presenza degli organici e dei giornalisti in Rai, perché probabilmente possono servire quelle risorse e forse anche di più, ma partiamo da cosa dobbiamo produrre e non sempre dalla coda. È una discussione inquinata in partenza per noi inaccettabile.
  Apprezzo molto, onorevole Lainati, la postilla che avete fatto introdurre, però mi permetto un elemento in più. Se anche oggi mi assicurassero che il 5 per cento non va sui livelli occupazionali, sarebbe un taglio che va sul prodotto, quindi significherebbe avere meno risorse, fare prodotti di minor qualità, perdere qualità e quindi forse dopo avere una ricaduta. Il problema è che non si può agire con un'incertezza di risorse. L'elemento del 5 per cento è quindi grave sia in termini di rischi occupazionali, non solo per gli elementi qualitativi conseguenti, perché sono risorse che si devono usare per il prodotto, ma anche per l'autonomia di risorse del servizio pubblico. Se anno per anno qualcuno può aprire e chiudere quel rubinetto dell'ossigeno economico, vuol dire che non si è liberi, perché in funzione di quanto si risponde a chi ha in mano quel rubinetto si avrà di più o di meno. Non è accettabile e non avviene in nessun Paese europeo.

  PRESIDENTE. Come idea di raccolta del finanziamento pubblico da parte dei cittadini alla Rai lei rimane quindi d'accordo con l'idea di canone, e non attingere alla fiscalità generale per la questione della indipendenza, il rubinetto aperto o chiuso: quindi prelevare cercando di recuperare evasione, ma sempre tramite il canone.

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario nazionale dell'USIGRAI. Quello che ci interessa è che ci sia un finanziamento specifico del servizio pubblico, poi se è il Pag. 19canone come lo conosciamo o uno degli strumenti adottati in altri Paesi europei tutto sommato per noi è secondario. Finire in fiscalità generale è un elemento di estrema pericolosità: il servizio pubblico deve avere una sua fonte di finanziamento autonoma, che ne assicuri l'indipendenza e la certezza di risorse. Questo è l'elemento politicamente rilevante, quindi risorse certe anche sul medio-lungo termine e autonomia di quel finanziamento. Visto che ho citato più volte il famoso rubinetto dell'ossigeno, voglio provare a dirlo con chiarezza: non diciamo la politica fuori dalla Rai perché la politica ha l'alto dovere di occuparsi della missione di servizio pubblico, ha l'alto dovere di stabilire quale servizio pubblico serva al Paese e di vigilare che questo avvenga. Quello che diciamo è che i partiti e i Governi devono essere fuori dalla gestione dell'azienda di servizio pubblico. Una cosa è il ruolo della politica, altro è che deve discutere questo con i partiti e i Governi fuori dalla gestione dell'azienda. Capisco tutte le difficoltà che lei, onorevole, individuava nel disegnare la nuova governance, la riforma. Un appello, però, affinché non sia una scusa per non fare, ci si metta al lavoro e si trovi una soluzione. Ci sono esempi in tutta Europa, andiamo a vedere come si fa e troviamo una soluzione, ma non può essere un motivo per rinviare.
  Arrivo alle conclusioni. Presidente, lei fa una domanda diretta. Fermo restando che ho detto, spero con chiarezza, che non bisogna trovare scuse per stare fermi, per noi lo strumento per andare avanti rapidamente è quello del tavolo trilaterale che vi consegniamo. Poi valuterete voi se sia realizzabile. Lei giustamente chiedeva se sentiamo l'esigenza di cambiare perché la Rai secondo lei oggi non racconta il Paese e il mondo. Mi ha colpito un dato che ho ripetuto in diverse occasioni: Medici senza frontiere ci ha detto che negli ultimi dieci anni le crisi dimenticate all'interno dei telegiornali sono passate da uno spazio del 16 per cento a uno spazio del 2 per cento. Io trovo questo uno dei grandi sintomi del problema. Questi francamente sono i numeri che mi appassionano piuttosto che discutere di una, due o tre newsroom, perché vorrei che questi tornassero a essere oggetto di discussione. Il servizio pubblico non può accettare questa riduzione, ma deve raccontare di più. Attenzione: questo dato riguarda tutto il sistema informativo televisivo, ma coinvolge anche la Rai. Da questo punto di vista deve essere assolutamente cambiata, però per fare questo la Rai deve tornare a essere fonte, come lei evidenziava. La Rai deve essere non elaborazione, ma fonte di notizie. Quando diciamo che la discussione è complessiva, intendiamo questo, perché significa parlare direttamente del ruolo degli inviati, di come si va a produrre. Questi sono per noi i temi centrali perché, se non ne discutiamo, è inutile discutere dell'organizzazione, se non ridiamo slancio e risorse alla figura dell'inviato, con modelli di produzione aggiornati e avanzati dal punto di vista tecnologico, non riusciremo mai a garantire quel tipo di informazione. Dobbiamo parlare di questo per assicurare una riforma della Rai efficace, tornare a essere fonte, far sì che i territori siano propulsivi di notizie verso il centro e che l'estero, quindi tutta la rete di corrispondenti, sia fonte. Questo deve essere il grande cambiamento, questo è ciò che definiamo prodotto. Se partiamo da qui, però, come giustamente diceva qualcuno, questo costa. Intendiamoci, quindi: la riduzione ci deve essere sul fronte degli sprechi, ma fare informazione di qualità deve avere i suoi giusti costi, perché questo tipo di informazione prevede che si possa stare dove i fatti avvengono per poterli conoscere prima, per poterli raccontare, per poterli indagare, in sostanza per rispondere a quei «perché» di cui ha parlato il presidente Zavoli nell'intervista al TG2.
  Per fare questo servono risorse certe di lungo periodo, per fare questo serve indipendenza e autonomia. Questo è il tema centrale per spiegare perché riteniamo che la riforma debba essere complessiva, ma lo ribadiamo: si può fare, si può fare presto e si può fare anche nel miglior modo possibile.

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  ALBERTO AIROLA. Qualora le cose vadano male, avete intenzione di indire una mobilitazione generale dei giornalisti ed eventualmente dei lavoratori Rai ?

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario nazionale dell'USIGRAI. Ovviamente un sindacato ha sempre sul tavolo tutte le opzioni. La decisione, oltre che dell'organismo dirigente dell'esecutivo USIGRAI, sarà sempre presa in piena sintonia con i comitati di redazione, ma francamente la vorrei mettere in positivo. Ci auguriamo che si possa discutere presto e che non si debba arrivare alla mobilitazione, perché stiamo costruendo la Rai nuova.

  PRESIDENTE. Ringrazio il segretario Di Trapani e gli altri rappresentanti di USIGRAI e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.