XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Lunedì 20 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione del Commissario straordinario di Ilva, Piero Gnudi:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Gnudi Piero , Commissario straordinario di Ilva ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 5 
Carrubba Corrado , Subcommissario straordinario di Ilva ... 5 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Scalia Francesco  ... 9 
Buemi Enrico  ... 10 
Zaratti Filiberto (SEL)  ... 10 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 
Puppato Laura  ... 11 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Gnudi Piero , Commissario straordinario di Ilva ... 12 
Buemi Enrico  ... 13 
Gnudi Piero , Commissario straordinario di Ilva ... 13 
Buemi Enrico  ... 13 
Gnudi Piero , Commissario straordinario di Ilva ... 13 
Buemi Enrico  ... 14 
Gnudi Piero , Commissario straordinario di Ilva ... 14 
Zaratti Filiberto (SEL)  ... 14 
Gnudi Piero , Commissario straordinario di Ilva ... 14 
Carrubba Corrado , Subcommissario straordinario di Ilva ... 14 
Buemi Enrico  ... 16 
Gnudi Piero , Commissario straordinario di Ilva ... 16 
Buemi Enrico  ... 16 
Gnudi Piero , Commissario straordinario di Ilva ... 16 
Buemi Enrico  ... 16 
Carrubba Corrado , Subcommissario straordinario di Ilva ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Carrubba Corrado , Subcommissario straordinario di Ilva ... 17 
Zaratti Filiberto (SEL)  ... 18 
Carrubba Corrado , Subcommissario straordinario di Ilva ... 18 
Gnudi Piero , Commissario straordinario di Ilva ... 18 
Carrubba Corrado , Subcommissario straordinario di Ilva ... 18 
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 

Audizione del Commissario per la bonifica dell'area di Taranto, Vera Corbelli:
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 
Corbelli Vera , Commissario per la bonifica dell'area di Taranto ... 19 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Corbelli Vera , Commissario per la bonifica dell'area di Taranto ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 25 
Buemi Enrico  ... 25 
Bratti Alessandro , Presidente ... 25 
Buemi Enrico  ... 25 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 25 
Zaratti Filiberto (SEL)  ... 26 
Puppato Laura  ... 26 
Corbelli Vera , Commissario per la bonifica dell'area di Taranto ... 26 
Puppato Laura  ... 26 
Corbelli Vera , Commissario per la bonifica dell'area di Taranto ... 26 
Puppato Laura  ... 26 
Bratti Alessandro , Presidente ... 27 
Corbelli Vera , Commissario per la bonifica dell'area di Taranto ... 27 
Bratti Alessandro , Presidente ... 27 
Corbelli Vera , Commissario per la bonifica dell'area di Taranto ... 27 
Buemi Enrico  ... 29 
Corbelli Vera , Commissario per la bonifica dell'area di Taranto ... 29 
Buemi Enrico  ... 29 
Corbelli Vera , Commissario per la bonifica dell'area di Taranto ... 29 
Buemi Enrico  ... 30 
Corbelli Vera , Commissario per la bonifica dell'area di Taranto ... 30 
Buemi Enrico  ... 30 
Corbelli Vera , Commissario per la bonifica dell'area di Taranto ... 30 
Buemi Enrico  ... 32 
Corbelli Vera , Commissario per la bonifica dell'area di Taranto ... 32 
Buemi Enrico  ... 32 
Corbelli Vera , Commissario per la bonifica dell'area di Taranto ... 32 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 32 

Audizione del responsabile del Servizio interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA, Alfredo Pini:
Bratti Alessandro , Presidente ... 32 
Pini Alfredo , Responsabile del Servizio interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA ... 33 
Bratti Alessandro , Presidente ... 35 
Buemi Enrico  ... 35 
Puppato Laura  ... 35 
Bratti Alessandro , Presidente ... 35 
Pini Alfredo , Responsabile del Servizio interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA ... 35 
Buemi Enrico  ... 37 
Pini Alfredo , Responsabile del Servizio interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA ... 37 
Buemi Enrico  ... 37 
Pini Alfredo , Responsabile del Servizio interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA ... 37 
Buemi Enrico  ... 37 
Pini Alfredo , Responsabile del Servizio interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA ... 37 
Buemi Enrico  ... 37 
Pini Alfredo , Responsabile del Servizio interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA ... 37 
Bratti Alessandro , Presidente ... 38

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 17.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Commissario straordinario di Ilva, Piero Gnudi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'approfondimento sull'Ilva, l'audizione del Commissario straordinario di Ilva, Piero Gnudi, che ringrazio per la presenza.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Il dottor Gnudi, a cui chiedo di farci un quadro sulla situazione generale, è accompagnato dai suoi collaboratori che, se vorranno intervenire, sono pregati di presentarsi affinché il loro intervento possa essere compiutamente verbalizzato.
  Io darei subito la parola al dottor Gnudi. Seguiranno gli interventi dei commissari ed eventuali domande. Dopodiché, se ci sarà bisogno di fare ulteriori approfondimenti, potrà rispondere in forma scritta.
  Cedo la parola al dottor Gnudi.

  PIERO GNUDI, Commissario straordinario di Ilva. Per me questa è l'occasione per fare un po’ il punto su quella che è attualmente la situazione dell'Ilva di Taranto.
  Io sono Commissario governativo dal 6 giugno. Voi sapete i motivi per cui l'Ilva è stata commissariata. Derivano da problemi soprattutto di carattere ambientale, che hanno ingenerato dei procedimenti penali che hanno fatto sì che il Governo dovesse intervenire per consentire il proseguimento dell'attività della società.
  Nella prima parte di questo commissariamento, in cui il Commissario era il dottor Bondi, si è provveduto a redigere il famoso Piano AIA che prevede il risanamento ambientale dello stabilimento. Questo Piano è stato approvato nel maggio di quest'anno con un decreto del Consiglio dei ministri, ma è già in buona parte eseguito. A oggi circa il 75 per cento delle prescrizioni previste da questo Piano sono state eseguite.
  Il problema, oltre che ambientale, era un problema anche di continuità di quest'azienda. Non va dimenticato che l'Ilva rappresenta sostanzialmente l'acciaio in Italia. L'Ilva ha 15.500 dipendenti diretti e dà lavoro nell'indotto a circa altre 10.000 persone. La chiusura dell'Ilva significherebbe, quindi, la perdita di un pezzo dell'industria italiana. Voi sapete che l'industria italiana è basata principalmente sulla meccanica. Perdere la produzione dell'acciaio in Italia sarebbe un grave handicap per tutto il sistema industriale italiano.Pag. 4
  Per questo il Governo è intervenuto con una procedura speciale e per questo il Governo ed io ci stiamo dando da fare per trovare una soluzione che consenta il proseguimento dell'attività. Non bisogna mai dimenticare che dal proseguimento dell'attività dipende poi anche il risanamento ambientale, perché, finché c’è una società che opera, è possibile pianificare anche il risanamento ambientale.
  Oggi difficilmente l'Ilva si può risanare da sola. Occorre un nuovo azionista. Non appena io sono stato nominato, ho cominciato a esplorare chi potessero essere i nuovi azionisti e devo dire che l'interesse che ho riscontrato in giro per il mondo per Ilva è stato notevole. Abbiamo avuto molti contatti.
  Attualmente ci sono tre gruppi aziendali che sono già in due diligence. Tutti quelli che hanno visitato gli stabilimenti hanno riconosciuto che sono stabilimenti molto efficienti. Taranto forse è uno degli stabilimenti più efficienti a ciclo completo ed è l'unico a ciclo completo che abbiamo in Italia, anzi che è rimasto in Italia, perché una volta ce n'erano altri. C'erano Bagnoli e Genova. In Italia è rimasto solo Taranto.
  Tutti hanno detto di aver riscontrato che l'Ilva di Taranto è uno degli stabilimenti più moderni, sia per la qualità degli impianti, sia per la posizione. L'interesse, quindi, esiste. I gruppi con cui noi stiamo discutendo, di cui si possono anche fare i nomi, perché sono apparsi su tutti i giornali, sono un gruppo franco-indiano che, però, in realtà, è quasi tutto inglese, che si chiama Arcelor Mittal; un gruppo totalmente indiano, Jindal, e un gruppo italiano, che è l'ENI.
  Naturalmente, poiché i problemi di Ilva sono noti e sono molto complicati, le trattative procedono abbastanza lentamente, perché bisogna smarcare tutti i problemi veri che vi sono attorno. Non si può arrivare a un'offerta se poi i problemi a monte non sono stati chiariti. Bisogna prima chiarire tutti i problemi a monte. Dopodiché si potrà discutere di chiedere a questi potenziali acquirenti di fare un'offerta.
  Questo è il metodo che ci siamo posti e che stiamo seguendo in modo molto celere. Molte aziende sono già venute a Taranto. Noi abbiamo quasi settimanalmente una o due riunioni con queste persone per vedere di arrivare rapidamente a un accordo, perché, purtroppo, il tempo che abbiamo a Taranto non è infinito.
  Voi sapete che c’è anche un problema con la famiglia Riva sui soldi che sono stati sequestrati dal tribunale di Milano, soldi che noi abbiamo richiesto che, in base alla legge, siano assegnati all'Ilva per essere destinati al risanamento ambientale. C’è stata la prima udienza a Milano venerdì scorso ed è andata piuttosto bene, nel senso che il pubblico ministero non si è opposto e il tribunale si è riservato di decidere.
  C’è stata l'opposizione, naturalmente, di un membro della famiglia Riva. Voi sapete che uno dei due, Emilio Riva, è morto. All'udienza erano presenti solamente il rappresentante dell'eredità giacente e il rappresentante del fratello, che ha eccepito una serie di questioni su cui adesso il tribunale deve decidere.
  Naturalmente, riuscendo ad avere questi denari, il 90 per cento del problema AIA verrebbe risolto. Diversamente, si porrebbe il problema di finanziare l'AIA, che è un problema reale, perché si tratta di una cifra imponente.
  Comunque, noi andiamo avanti anche a prescindere da questi danari, perché non possiamo permetterci di aspettare molto. Oggi lo stabilimento soffre perché in questa situazione di incertezza notoriamente tutte le cose sono molto più difficili.
  Tenete presente che una volta, ai tempi di Emilio Riva, l'Ilva era un'azienda che guadagnava, e che guadagnava bene. Non si tratta della solita crisi aziendale di cui, purtroppo, in Italia oggi si discute in tante sedi. Questa è una situazione particolare, perché l'Ilva era una azienda che andava bene. Poi, per motivi – per carità – molto fondati in materia ambientale, c’è stato l'intervento della magistratura, che ha fatto sì che l'azienda, purtroppo, oggi non abbia la capacità di reagire al contesto Pag. 5economico in modo adeguato, ossia in modo da avere risultati che le consentano di autofinanziarsi.
  Oggi l'azienda non ha la capacità di conseguire risultati economici che la mettano in grado di autofinanziarsi e, quindi, c’è la necessità di trovare rapidamente un socio, che deve essere necessariamente un socio industriale. Le speranze e, credo, anche le circostanze in cui ci muoviamo ci lasciano ritenere che questo si possa ottenere. Il problema è riuscirlo a ottenere in tempi abbastanza rapidi.
  Questo è il contesto generale. Naturalmente, però, qui dobbiamo parlare di ambiente e di discariche. Voi sapete che la struttura apicale di Ilva è formata da due figure, il Commissario, che sarei io, e il Subcommissario per l'ambiente, che è il dottor Carrubba. Trattandosi di problemi ambientali ed essendo lui molto più informato di me, è giusto che ceda la parola al dottor Carrubba, il quale ne parlerà in modo più appropriato di quanto potrei fare io. Grazie.

  PRESIDENTE. Chiederei al dottor Carrubba di integrare e poi, ovviamente, passiamo alle domande.

  CORRADO CARRUBBA, Subcommissario straordinario di Ilva. Il dottor Gnudi è stato molto cortese nell'introdurmi. Lui ha detto all'inizio, correttamente, che il problema della crisi industriale dell'Ilva, al netto della congiuntura economica e di mercato industriale del Paese e in via generale, è entrata nella sua fase di crisi acuta a seguito sostanzialmente dell'emergere di una serie di problemi ambientali estremamente gravi, che, per motivi vari, si trascinavano e venivano avanti da decenni, in alcuni casi.
  Come spesso accade in Italia – questa Commissione lo sa, anzi è una delle ragioni del suo essere – per una serie di motivi, i problemi vengono alla luce del sole e acquistano la ribalta dell'attenzione a seguito di interventi della magistratura. La magistratura fa il suo mestiere e, quindi, individua, persegue e punisce gli eventuali reati, ma comunque, quando interviene – mi permetto di dirlo – lo fa perché vi è già un fatto patologico grave in corso.
  La vicenda dell'Ilva da questo punto di vista è simile a molte altre. Il caso Ilva è scoppiato perché la magistratura di Taranto ha reputato che in quel momento si fosse giunti a un livello di non accettabilità, sotto il profilo della legge penale, di una serie di situazioni. Questo è stato forse, per taluni versi, paradossalmente, un fatto positivo, perché ha consentito all'Italia, al Parlamento e al legislatore di prendere coscienza di una situazione strategica di interesse nazionale che era arrivata al punto di non ritorno: o veniva affrontata in qualche maniera, oppure lo stabilimento avrebbe cessato la sua produzione.
  Scusatemi questo breve preambolo, ma io penso che questo sia un tema importante. Anch'io, come il dottor Gnudi ricordava, ho assunto questo incarico da venti giorni oggi, in quanto il decreto che mi ha nominato è dell'agosto. Poi, per motivi di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e per motivi vari, è stato pubblicato a fine settembre. Stiamo parlando di un'esperienza, per quanto mi riguarda, all'inizio.
  Il dato che io ho colto in questi primi venti giorni – ho il piacere di dirlo oggi alla Commissione parlamentare, ma ho già informato il ministro, d'accordo col dottor Gnudi; come si dice tecnicamente, l'ho fatto per le vie brevi, ma mi riservo di farlo prossimamente anche in via formale – è che la situazione non è per niente facile.
  Quando io sono stato a Taranto per la prima volta la settimana scorsa sono rimasto colpito dalle dimensioni gigantesche di questa realtà industriale. Non stiamo parlando del problema ambientale di uno stabilimento, ma di una città industriale all'interno della quale insistono n stabilimenti e n cicli produttivi.
  Noi siamo abituati a pensare che l'AIA sia un atto autorizzativo, seppur complesso, che riguarda uno stabilimento. L'AIA di Taranto, invece, è l'AIA di una città, in sintesi. Pertanto, i problemi sono Pag. 6resi giganteschi, al netto dell'eredità passata, su cui si faranno i processi, dalla dimensione stessa dell'entità produttiva del complesso. I parlamentari del luogo lo sanno, ma probabilmente lo sanno i parlamentari tutti. Io mi permetto di rappresentarvi questa dimensione, che per primo mi ha colpito.
  Tutto a Taranto è estremamente complicato per quanto riguarda l'attuazione dell'AIA, che non è tema precipuamente di oggi. Voi sapete, però, che c’è un Piano ambientale approvato a maggio dell'anno scorso che ha lasciato aperte alcune questioni, tra cui anche la questione dei rifiuti, cui arriveremo fra un attimo, ma ne ha definite molte altre, chiudendo una serie di procedimenti di riesame che erano stati aperti sulle AIA originarie. Il Piano ha previsto ciò che va fatto, devo dire, con una quasi totale precisione, tranne per alcune questioni che stanno ancora in piedi. Mi permetto di osservare, però, che sono questioni di dettaglio, alle quali stiamo lavorando col Ministero dell'ambiente.
  Cosa va fatto sulla AIA lo sappiamo. Quello che sappiamo anche è che l'AIA, e il dottor Gnudi l'ha detto, prevede interventi stimati per circa un miliardo e 800 milioni di euro. Capite, quindi, le dimensioni del tema, a fronte del quale è evidente che l'azienda sia in difficoltà. Io non sono un economista, ma far fronte a un tale intervento straordinario strutturale sulla base dell'attuale economia di bilancio industriale è un'operazione praticamente impossibile.
  Occorre, dunque, accedere a risorse straordinarie, che il Parlamento ha voluto identificare, almeno in una parte molto significativa, nel sequestro effettuato a Milano, in un processo collaterale a quello di Taranto. Conoscete la questione. Sapete poi che il tentativo che ha fatto la magistratura di Taranto di aggredire direttamente nell'ambito di Taranto una cifra ancor più alta, connessa più direttamente agli illeciti tarantini, è stato un sequestro annullato dalla Corte di cassazione un po’ di mesi addietro.
  Affrontando il problema specifico dei rifiuti, però, vorrei esporvi la mia valutazione dei primi venti giorni di impressione per comunicarvi come siamo messi, nonché per rilevare che la sfida è importante sia per il Parlamento, sia per il Paese, sia per chi è stato chiamato a occuparsene.
  Veniamo al tema della gestione rifiuti. Chiaramente i numeri dei rifiuti a Taranto sono proporzionati alla dimensione gigantesca dello stabilimento di cui parliamo. Noi abbiamo dei dati stabilizzati al 2013, quando si è chiusa la contabilità ambientale dell'azienda, e in itinere al 2014.
  Nell'anno precedente, che presenta il dato più chiuso, l'Ilva di Taranto ha avviato a gestione quasi un milione di tonnellate di rifiuti. Questa è la dimensione numerica. I nostri tecnici sono qui e li prego eventualmente di correggere affermazioni inesatte. È una cifra veramente importante.
  Gran parte di questi rifiuti, il 98 per cento, sono rifiuti non pericolosi. Questo comunque è un dato importante. Rimane un 2 per cento di rifiuti pericolosi, che, sulla cifra iniziale di cui parlavamo prima, rappresenta oltre 20.000 tonnellate di rifiuti.
  Non vi cito i dati 2014, perché il trend è lo stesso e, quindi, quello che stiamo dicendo sul 2013 presumibilmente sarà il dato finale dell'anno in corso.
  Che canali prendono questi rifiuti ? Questi rifiuti prendono, devo dire fortunatamente dal punto di vista ambientale, in gran parte una via di recupero e non di smaltimento finale, cioè di smaltimento ai sensi del decreto n. 152. Una parte molto rilevante – a seguire vedremo anche il perché – di questi recuperi, circa il 70 per cento, è un recupero interno. L'azienda stessa recupera questi rifiuti o all'interno dei propri cicli produttivi, ovvero attraverso una sistemazione qualificabile come recupero all'interno del perimetro dello stabilimento. Sto parlando dei rifiuti non pericolosi.
  Una parte minore, il 5 per cento, va a recupero esterno e il 22 per cento a smaltimento esterno. Scusate, una parte va a smaltimento esterno e una piccola parte, Pag. 7l'8 per cento, va a smaltimento interno. Questo è essenzialmente il dato che abbiamo nel 2013.
  Per quanto riguarda i pericolosi, invece, la situazione cambia, nel senso che gran parte dei rifiuti pericolosi, il 2 per cento di cui parlavo all'inizio, va a smaltimento esterno, ossia non rimane all'interno dei confini dello stabilimento. Quasi il 74 per cento va a smaltimento esterno e c’è una piccola quota di smaltimento interno, perché l'Ilva, almeno finora, è stata dotata di un sito di discarica, idoneo ai pericolosi, interno allo stabilimento. Questo fa più o meno il 5 per cento. C’è una parte non indifferente di recupero di pericolosi, che però avviene in altri siti all'esterno dello stabilimento.
  Un altro dato che mi sembra interessante da sapere, o quantomeno da ricordare, è che, come i parlamentari sanno, il mondo dei rifiuti è fatto non solo di rifiuti, ma anche di sottoprodotti. C’è una parte di residui dei processi di produzione che, a determinate condizioni, non acquisisce la qualità giuridica di rifiuto. Qualora, ai sensi del 184-ter, se non vado errato, tali rifiuti vengano destinati a quello o a diversi cicli produttivi in una data maniera, la legge consente che non vengano neanche qualificati come rifiuti.
  L'azienda ha una parte significativa di questi materiali, qualificati come sottoprodotti, che ammonta, sul totale dei residui prodotti, a quasi il 70 per cento. Tra i residui prodotti dallo stabilimento nel suo complesso, un 70 per cento – se non vado errato, ingegnere – è qualificabile ex lege, non per fantasia dell'azienda, come sottoprodotto. Tali rifiuti rientrano, quindi, nei cicli produttivi interni o esterni allo stabilimento, mentre il 28 per cento dei residui totali, quel milione di tonnellate di cui parlavamo, viene gestito secondo la parte quarta del decreto n. 152 e, quindi, secondo la filiera dei rifiuti a tutti gli effetti.
  Di questi sottoprodotti più o meno la metà viene utilizzata all'interno del ciclo produttivo integrato dell'azienda. Sono, quindi, sottoprodotti che – in realtà, dal mio punto di vista, non sarebbero neanche sottoprodotti, ma, se vogliamo chiamarli così, tanto meglio – rimangono all'interno del ciclo produttivo. Un'altra parte, il 40 per cento, viene allocata in diversi cicli produttivi al di fuori dello stabilimento aziendale.
  La domanda, legittima e sacrosanta, che potrebbe fare questa Commissione, anche in nome della legalità ambientale che si trova a presidiare, è: come gestisce l'Ilva questi flussi di rifiuti ? L'Ilva ha una procedura interna, che ora vi risparmio, basata sostanzialmente su una verifica, per quanto possa fare un soggetto privato, che ovviamente non fa di mestiere il Carabiniere, atta ad accertare che i rifiuti prodotti dall'azienda vengano conferiti a soggetti regolarmente autorizzati per la gestione di quella fase alla quale i rifiuti stessi vengono affidati.
  L'Ufficio ecologia – abbiamo un Ufficio ecologia nell'azienda – verifica l'esistenza, l'idoneità e la validità delle autorizzazioni dei soggetti a cui vengono conferiti questi rifiuti, come peraltro prevedono la legge e la giurisprudenza consolidata in materia. C’è un obbligo di diligenza professionale che l'azienda cerca di adempiere col massimo dello scrupolo. Quando ci si rivolge a terzi esterni, questi vengono verificati preventivamente dall'ufficio acquisti, ovviamente anche per quanto riguarda le questioni più minute, quali l'iscrizione all'albo nazionale per l'attività di trasporto, la correttezza dell'attribuzione dei codici CER e via elencando.
  Venendo, invece, a un tema un po’ più nostro, che interessa non solo la Commissione, ma anche gran parte di chi si occupa di queste questioni, come dicevo prima, ad oggi gran parte della gestione dei rifiuti non pericolosi e piccola parte di quelli pericolosi avveniva, e avviene, per mezzo di impianti di discarica presenti all'interno dello stabilimento, al netto di quella parte di rifiuti che possono essere o recuperati, ovvero qualificati come sottoprodotti e che, pertanto, non entrano in questo canale.
  L'Ilva ha avuto nei decenni passati un'area, che peraltro ora è nota, perché sta nel comune di Statte, di ex cave in cui Pag. 8praticamente negli anni passati sono stati gestiti impianti di discarica sia di rifiuti pericolosi, sia di rifiuti non pericolosi. In realtà, c’è anche un'altra area, la cosiddetta ex Cementir, che si trova da un'altra parte e che è un'eredità, peraltro, del passato.
  Noi abbiamo attualmente una situazione in cui questo è un tema ambientale, ma è anche un tema fortemente industriale. Il dottor Gnudi lo ricorda sempre e la sua lettura è indubbiamente corretta. Siamo una situazione in cui gli attuali invasi – chiamiamoli così – che l'azienda sta utilizzando per l'abbancamento dei rifiuti non pericolosi e pericolosi o sono esauriti, o sono veramente in procinto di veloce esaurimento.
  Questa questione è talmente nota, a voi sicuramente, ma anche a chiunque se ne occupi, che è stata oggetto negli anni passati di un'attenzione particolare anche da parte del legislatore. Questo tema della gestione dei rifiuti, con riferimento a quelli attivi, a quelli attuali dell'Ilva (lasciamo perdere, quindi, il pregresso, di cui poi vi dirò qualcosa) è più che altro, a questo punto, un tema di gestione del post mortem e di bonifica, per alcuni versi.
  Esso è stato oggetto di una previsione normativa straordinaria rispetto alla straordinarietà del decreto legge Ilva. Mentre il decreto legge Ilva, che ha dato luogo al DPCM di maggio, ha concluso l’iter del riesame e, quindi, ha definito quasi interamente che cosa va fatto, salvi problemi di denaro e di ritaglio tecnico, sul tema della gestione dei rifiuti in stabilimento – sarò veloce, presidente, per lasciare spazio; scusatemi, dunque, se sarò un po’ impreciso – la legge vigente ha attribuito al ministro dell'ambiente, su istruttoria del Subcommissario ambientale (che sono io, in questo momento; fino a maggio dell'anno scorso era Edo Ronchi), di individuare e autorizzare – punto interrogativo – con decreto le forme di gestione dei rifiuti oggi prodotti in stabilimento, e non solo questo, ma anche le modalità di costruzione e gestione delle due nuove discariche dell'Ilva.
  Una di queste discariche ebbe una Valutazione di impatto ambientale positiva nel 1995 e un'altra nel 2010. Siamo nel 2014 e di queste discariche concretamente ancora non si è vista traccia. Perché ? I motivi sono i più disparati, ma vi faccio notare come oggi si chieda a noi, anche con assunzioni di responsabilità delicate e gravose, di andare a risolvere un tema che, in realtà, bolle nel pentolone da molti anni.
  Comunque, il legislatore ha ritenuto di trovare la via in questa maniera, una via che è stata percorsa utilmente, con scienza e coscienza, mi permetto di dire, nella precedente gestione del Commissario. È un lavoro che ha fatto Edo Ronchi.
  Questa questione ora l'abbiamo ereditata noi, l'ho ereditata io e vi dico che, per quanto mi riguarda, verificheremo, ovviamente, con il massimo di disponibilità ad andare avanti su questa strada. Voi comprenderete che, con riferimento al portare alla firma del ministro dell'ambiente un decreto che affronti il tema rifiuti e discariche dell'Ilva, per senso di responsabilità istituzionale – l'ho detto in più occasioni – io penso di farlo nel momento in cui effettivamente le problematiche siano risolte. Su questa vicenda delle discariche, per la storia che hanno alle spalle, noi ereditiamo oggi una serie di problematiche tecniche su problemi non di poco conto, in merito ai quali occorre un'assunzione di responsabilità importante da parte del ministro dell'ambiente e mia.
  Questo è il tema discariche. Aggiungo soltanto due parole, presidente, veramente molto veloci, sul tema bonifiche, che è un altro tema di adesso.
  L'Ilva di Taranto è all'interno del SIN nazionale Taranto, come voi sapete, SIN su cui, peraltro, insiste una competenza straordinaria della dottoressa Vera Corbelli, la quale è Commissario di Governo per la bonifica ambientale di Taranto fuori dai confini dello stabilimento. Capite, però, al pari di noi, che si tratta di questioni su cui i confini di competenze Pag. 9amministrative, per la caratteristica dell'argomento di cui parliamo, sono molto labili.
  Noi abbiamo, all'interno dello stabilimento in senso stretto, una serie di procedimenti di bonifica aperti che interessano proprio l'Ilva. Uno ha per oggetto l'inquinamento, ossia la compromissione della falda superficiale nelle aree dei parchi delle materie prime. Come sapete, sono quegli spazi immensi in cui sono stati accumulate per decenni le materie prime del siderurgico. Vi è una procedura di bonifica in corso su questo tema.
  Abbiamo poi una messa in sicurezza permanente di un'altra discarica antica, chiamata ex cava Cementir, che sta anch'essa dentro i confini aziendali.
  Abbiamo, ancora, delle misure di prevenzione e, quindi, una bonifica ancora non conclamata che riguarda la cosiddetta area al confine Nord dell'azienda, la parte che guarda fuori.
  Abbiamo, infine, un terzo tema di bonifica che riguarda la discarica ex cava Due mari, così definita in gergo.
  Abbiamo, quindi, tre o quattro oggetti di procedimenti di bonifica di cui direttamente l'azienda è responsabile, in quanto sicuramente proprietaria dei siti e probabilmente responsabile della compromissione. In altri casi la compromissione può essere attribuibile a fatti diversi. La legge prevede, però, e voi lo sapete meglio di me, che il proprietario del sito ha un obbligo reale di intervento di bonifica anche per fatti non dipendenti dalle sue azioni dirette od omissioni.
  Su questo fronte si sta andando avanti. Le procedure sono aperte presso il Ministero dell'ambiente, perché le aree sono all'interno del SIN nazionale di Taranto. C’è, peraltro, un contenzioso in essere – l'Italia è il Paese dei contenziosi – anche su questo tema, perché l'azienda negli anni passati ebbe a contestare e a impugnare al TAR alcuni atti inerenti bonifiche all'intero dello stabilimento. Secondo quello che ho ricostruito, il TAR Puglia dette ragione in prima istanza all'Ilva. Il Ministero dell'ambiente ha proposto appello al Consiglio di Stato e dovremmo avere, quindi, un pronunciamento del giudice di secondo grado. C’è anche questo intoppo.
  Nel frattempo, quello che è previsto ed è autorizzato dalle Conferenze dei servizi gestite dal ministero noi lo stiamo facendo, si tratti di barriere idrauliche, di emungimenti o di allocazioni di presìdi o di contenimenti atti ad impedire che l'inquinamento abbia maggiori e diversi impatti sugli ecosistemi.

  PRESIDENTE. Vi ricordo, come faccio tutte le volte, essendo questa una Commissione di indagine, che è opportuno che vengano fatte domande specifiche evitando, il più possibile, commenti; altrimenti si dilungano i tempi e non è questo l'obiettivo. Il nostro obiettivo è quello di approfondire e capire quello che sta succedendo.
  Premetto che la precedente Commissione aveva già formulato due relazioni importanti sulla situazione dell'Ilva. Eravamo in un altro periodo, perché erano appena iniziate le attività di sequestro da parte della magistratura. Ne è seguito un dibattito nelle due aule del Parlamento, sono arrivati decreti sui quali ogni forza politica ha espresso la propria posizione.
  Noi oggi abbiamo bisogno di capire – poi magari attraverso le domande dei colleghi questo emergerà – quale sia lo stato dell'arte, quali siano le difficoltà, come si è evoluta la situazione rispetto agli impegni che si erano presi e se ci siano anche delle problematicità legate a questioni tecniche o di natura giuridica.
  Io mi riservo di fare alcune domande alla fine. Chiederemo anche della documentazione che possa consentirci di completare il quadro complessivo.
  Prego i colleghi di essere il più possibile precisi nelle domande. Cedo la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FRANCESCO SCALIA. Il dottor Gnudi ci diceva che le prescrizioni dell'AIA sono state attuate al 75 per cento. Mi chiedevo, rispetto al percorso complessivo, che l'avvocato Carrubba ci ricordava essere per 1 Pag. 10miliardo e 800 milioni, se la percentuale rispetto all'attuazione delle prescrizioni sia la stessa. No ? Dunque, rimangono da attuare le prescrizioni più onerose, come immaginavo.
  Lei ci diceva che se le risorse sequestrate a Riva fossero autorizzate dal tribunale alla destinazione al risanamento ambientale, non ci sarebbero problemi di copertura finanziaria. Nel caso in cui ciò non avvenisse, come immaginate di coprire finanziariamente l'attuazione delle prescrizioni AIA ?
  L'avvocato Carrubba ci diceva che i due invasi sono in via di esaurimento. Mi premeva conoscere i tempi previsti dell'esaurimento, i tempi dell'autorizzazione delle due nuove discariche e se questi possano coincidere. Se così non fosse e se, per qualsiasi ragione, non si arrivasse alla realizzazione di nuove discariche, vorrei sapere se avete immaginato modalità di gestione dei rifiuti Ilva alternative.

  ENRICO BUEMI. Pongo una domanda al dottor Gnudi. Poi le altre verranno a cascata rapidamente. I margini operativi attuali sono influenzati in maniera significativa dalla situazione ancora di incertezza ambientale che c’è su tutta l'area ? Ci sono delle aree grigie che devono essere recuperate per trovarsi in una situazione di effettivo rispetto delle normative vigenti ?
  Le altre domande sono riferite alla questione vera e propria dell'inquinamento. È la dimensione del sito nel suo insieme che rappresenta una problematica difficilmente risolvibile e come sono state affrontate queste questioni in altre situazioni ? Immagino che il problema non sia soltanto italiano. Probabilmente altrove è stato affrontato prima e in maniera un po’ più razionale che non mettendo sotto la cenere la fiamma.
  L'ultima questione riguarda l'attenzione rispetto alle aziende destinate al trasporto e allo smaltimento. Oltre al controllo formale, che mi pare ci sia, che tipo di controllo più incisivo viene fatto ? C’è un rapporto con tutte le attività di investigazione antimafia che possono consentire un approfondimento più puntuale rispetto ai protagonisti dello smaltimento ?

  FILIBERTO ZARATTI. Rispetto al procedimento di mettere sul mercato l'azienda il Commissario Gnudi ci diceva che, prima di arrivare a delle offerte, è necessario risolvere una serie di problemi a monte. Mi pare di capire che, dal punto di vista ambientale, abbiamo un quadro. Lei si riferiva soltanto a questo quadro quando parlava di problemi a monte, oppure il suo era un ragionamento più ampio ? Vorrei sapere se fosse possibile avere qualche specifica ulteriore.
  Al Subcommissario vorrei chiedere a quanto è ammontato, per ora, l'investimento per raggiungere il 75 per cento delle prescrizioni e quali sono i tempi che si prevedono per avere eventualmente a disposizione i danari del sequestro Riva ? Da questo derivano anche i tempi di applicazione del Piano ambientale – recito un po’ a memoria sul decreto – altrimenti noi corriamo il rischio di andare oltre i tempi previsti. Quale sarebbe questo sforamento ?
  Per quanto riguarda la questione dei rifiuti, vorrei capire qual è la percentuale totale dei rifiuti portata al recupero. Forse mi è sfuggita. Mi domandavo se fosse possibile, attraverso un'ulteriore e più specifica attività di differenziazione del rifiuto, aumentare la percentuale dei materiali recuperati, perché questo ci porterebbe forse a dimensionare in modo diverso anche l'eventuale capacità degli invasi ancora esistenti.
  Per ultimo, vorrei capire quali sono le norme ulteriori di sicurezza che garantiscono, per quanto riguarda le discariche, la tutela della salute e, ovviamente, la rispondenza ai requisiti previsti per legge.

  ALBERTO ZOLEZZI. Tutte le volte che si parla di Ilva, si parla di qualcosa che da fuori è difficile da comprendere. Anche quando siamo stati a Taranto con il mio Gruppo abbiamo constatato che si capisce poco di quello che succede, tanto più in relazione al materiale refluo e ai rifiuti.
  Io vi faccio qualche domanda per capire se voi escludete categoricamente che Pag. 11si ridurranno poi gli interventi di salvaguardia ambientale, visto che ci sono da fare alcuni compromessi aziendali. Faccio una domanda aziendale, che però è importante per l'andamento di tutta la questione, sia produttiva, sia di gestione dei reflui: non c’è il rischio che con questa creazione di gruppi industriali ci sia un passaggio temporaneo a qualche azienda estera, con una successiva svendita o liquidazione di tutto il quadro ? È chiaro che l'interesse di chi fa acciaio all'estero è forse quello di far fallire la compagnia, più che di portarla avanti.
  Per quanto riguarda il recupero dei rifiuti, volevo capire cosa intendete, se si tratta di un recupero di energia o di un recupero di materia.
  Per quanto riguarda la zona esterna all'Ilva, vorrei sapere se, per caso, avete qualche informazione in merito ai 63 milioni di euro di finanziamenti regionali e a quanti siano stati destinati per le opere di bonifica. Ci sono alcune aree – mi riferisco alle scuole del rione Tamburi in particolare – che sono state esposte a un inquinamento decisamente importante, che abbiamo constatato anche personalmente.
  Vorrei poi qualche ragionamento in ordine agli interventi di bonifica del Mar Piccolo. Vorrei capire quale intervento è stato deciso e se ci siano soluzioni tecniche diverse, quali il dragaggio dei fondali inquinati, il capping o altro.

  LAURA PUPPATO. Pongo alcune domande integrative rispetto a quelle già fatte, che sono piuttosto corpose.
  La prima si rifà a una comunicazione che ci è stata portata in Commissione ambiente al Senato lo scorso anno, quando il Senato, insieme con la Camera, ha fatto, nell'agosto dell'anno scorso, la scommessa di riuscire a trasformare un'impresa ad alto rischio sanitario e ambientale in un soggetto virtuoso che fosse promotore di occupazione e che potesse conciliare salute e lavoro. Questa è la scommessa che noi abbiamo ancora in corso. Si è citato con dovizia di particolari Duisburg come esempio al quale far assurgere lo stabilimento di Taranto.
  Ci è stato detto anche – parlo, in particolare, col dottor Gnudi – che le valutazioni economiche in relazione alla produzione andavano ad abbassarla dagli oltre 9 milioni di tonnellate di acciaio prodotto a poco più o poco meno (l'obiettivo era quello) di 7,5 o, al massimo, di 8 milioni di tonnellate.
  Vorrei sapere a quanto è effettivamente ridotta oggi la produzione, per quali ragioni, che voi avete evidenziato, e se quel valore non sia recuperabile. Mi pare che quello fosse l'elemento che potesse finanziare di per sé – questo si era detto lo scorso anno – autonomamente, con quel solo Piano industriale che mi risulta approvato dalle banche, gli interventi che risultavano necessari in particolare in tutte le tematiche ambientali che non ripeto.
  Vorrei capire che cosa è cambiato, quanto sia stato ridimensionato rispetto a quegli obiettivi e con quali previsioni rispetto al futuro. Da una parte, siamo soddisfatti per il fatto che ci sia questo interesse nei confronti degli stabilimenti italiani. Dall'altra, il tema che è stato già sollevato da altri colleghi in relazione agli acquisitori stranieri, ovviamente, non ci lascia del tutto pacifici.
  Vorremmo capire, per esempio, rispetto alle proposte di due diligence fatte dalle tre imprese che voi avete citato, secondo le valutazioni che state facendo, se le ipotesi di risanamento che loro hanno presentato possano risultare ragione per la scelta dell'una piuttosto che dell'altra e come le tre aziende eventualmente intendano rispondere alla necessità che questo stabilimento rimanga in Italia, vista la sua potenza strategica.
  Quante persone oggi lavorano all'Ilva, quante sono in cassa integrazione e quanti sono, invece, coloro che lavorano all'interno ? Qual è la quantità di materiale riciclato ? Io so che eravamo i primi in Europa per quantità di acciaio prodotto Pag. 12grazie al materiale riciclato. Vorrei sapere se ancora oggi abbiamo questa caratteristica.
  Chiedo al dottor Carrubba, in particolare, come sia messo oggi tutto il tema dei parchi minerari, che era stato oggetto di ampia analisi quando abbiamo affrontato il tema Ilva. Sono stati coperti, sono stati ridimensionati ? Quel valore che lei oggi ci ha citato, di un milione di tonnellate di rifiuto che è stato praticamente smaltito in un modo o nell'altro nel 2013 e in ugual quantitativo nel 2014, quanto lascia ancora scoperto ? Quanto ancora ce n’è che riguarda il pregresso e che necessita di smaltimento nelle sue varie forme, da lei già evidenziate ?

  STEFANO VIGNAROLI. Intervengo solo per integrare. Visto che pochi giorni fa l'Europa ha ribadito sulla procedura di infrazione, in particolare sulla qualità dell'aria, che questa va avanti, quali sono le vostre mosse per evitare ciò ?

  PRESIDENTE. Vorrei integrare anch'io con un paio di domande, che riprendono, peraltro, alcuni interventi.
  Mi interessava capire rispetto agli acquirenti e rispetto alle questioni ambientali quanto pesano le offerte. Si tratta di questioni che sono state riprese dai colleghi. È stato detto che la spesa è molto alta e, quindi, si trattava di capire quanto incidesse sulla capacità l'offerta delle aziende.
  Mi interessava anche capire quanto è stato speso fino ad oggi rispetto a questo 75 per cento, più o meno.
  Per quanto riguarda le questioni ambientali, riprendo il ragionamento fatto dal senatore Buemi. Sarebbe interessante, visto che una parte dei rifiuti viene gestita all'esterno, se ci faceste avere, in un secondo momento, l'elenco delle ditte che hanno partecipato e anche delle procedure che vengono seguite. È evidente che questo è proprio il cuore delle questioni di cui noi ci occupiamo, sia per quello che riguarda il tema smaltimento, sia per quello che riguarda eventuali incarichi che sono stati affidati per le bonifiche interne.
  Peraltro, è curioso il fatto che rimangano due Commissari per un'area che, in realtà, è contigua. Presumo che alcune questioni tecniche non si fermino ai confini amministrativi. Si capisce bene che sono stati scelti due Commissari perché i confini amministrativi sono differenti, ma presumo che dal punto di vista tecnico sia necessario fare un ragionamento complessivo rispetto a quest'area, a questo Sito di interesse nazionale.
  Ancora, noi sapevamo che c'erano delle problematiche legate soprattutto al tema della copertura dei parchi minerari e anche alla questione delle bonifica della falda. Vorrei capire se anche su questo ci sapete dire qualcosa.
  Ovviamente, il Commissario Carrubba è appena arrivato e, quindi, non è necessario che ci risponda immediatamente, ma vorrei sapere se sul tema bonifiche sono stati fatti dei passi avanti significativi rispetto al momento in cui sono partite le indagini della magistratura.
  Ci interessava anche capire eventualmente qual è oggi il rapporto che c’è con la magistratura, che è stato un rapporto un po’ complicato fin dall'inizio, per usare un eufemismo.
  Vi prego, per quello che potete, di rispondere adesso. Se vi riservate di farlo successivamente, vi chiedo magari di farci avere qualche cosa per iscritto. Ve ne saremmo grati. Cedo la parola ai nostri ospiti per la replica.

  PIERO GNUDI, Commissario straordinario di Ilva. Voglio innanzitutto chiarire una questione. A tutti quei gruppi che si sono affacciati dimostrando interesse per l'Ilva noi abbiamo detto che ci sono due condizioni su cui non possiamo transigere: il rispetto delle norme AIA e quello dei livelli occupazionali.
  Certamente il costo dell'AIA è un macigno che pesa, perché 1 miliardo e 800 milioni non sono una banalità. Io penso che si possa anche essere aperti a modifiche, ma per diverse soluzioni tecniche. Alcuni hanno detto di avere soluzioni tecniche diverse che ottengono gli stessi risultati, anzi forse risultati migliori. Io Pag. 13credo che su queste cose si possa discutere, ma sui livelli di emissione non ritengo che ci siano margini di discussione.
  Negli altri Paesi ci sono delle norme europee, le famose BAT. Voi sapete che nel 2015 esse saranno ulteriormente aggiornate. In Austria e Germania, Paesi che hanno un'alta sensibilità ambientale, tali questioni sono state affrontate e risolte. Non sono un problema, anzi, in Austria ci sono delle acciaierie vicine alle città e problemi non ce ne sono. Purtroppo, a Taranto questi problemi non sono stati affrontati.
  Io cito sempre un esempio. Molti di voi conoscono Sassuolo. Negli anni Cinquanta a Sassuolo si andava il giorno di Ferragosto in piazza e non ci si vedeva dalla nebbia per l'emissione delle ceramiche. Hanno affrontato il problema con calma, hanno manutenuto e adesso Sassuolo è il polo mondiale della ceramica. Se uno va a Sassuolo, vede che l'aria è perfetta, come nelle altre città.
  Si tratta di problemi che, se uno si impegna, senza fare catastrofi, si possono risolvere. Io credo che anche a Taranto si possano risolvere. Naturalmente, ci vuole la volontà e ci vogliono i soldi. Il Piano AIA è un bellissimo Piano, ma non spiega dove si prendono i soldi. C'era la speranza, e ancora c’è, di prenderli dai Riva, ma non c’è la sicurezza. È un percorso che io confido che alla fine sarà positivo. Il problema è il tempo, perché, se questi soldi si riescono a prendere tra dieci anni, non servono tanto. Va ricordato che l'AIA, oltre a prescrivere 161 adempimenti, pone anche dei tempi e che sono tempi molto ristretti.
  Certamente questa non deve essere né una svendita, né una liquidazione e, quindi, chi compra si dovrà impegnare a mantenere il sito produttivo con gli attuali livelli occupazionali. C’è un'altra ragione, però, che mi dà una certa sicurezza, ossia che tutti abbiano riconosciuto che Taranto è uno degli stabilimenti più efficienti che ci siano in Europa. In Europa attualmente c’è una sovracapacità, ma certamente chi ha stabilimenti in tutta Europa non chiuderà quelli più efficienti. Chiuderà quelli meno efficienti. Taranto sarà l'ultimo a chiudere.
  L'Italia, purtroppo, come voi sapete, ha avuto un processo di chiusura di stabilimenti. Noi avevamo quattro centri siderurgici. Adesso ne è rimasto uno. Se chiudiamo anche quello, siamo a posto.
  Attualmente i livelli dell'aria sono buoni a Taranto, sono molto al di sotto dei limiti europei, in base ai dati che ci fornito l'ARPA, un po’ per interventi che abbiamo fatto, un po’ perché oggi i livelli di produzione sono ben al di sotto degli 8 milioni, come previsto dal Piano. Sono circa la metà. Noi dobbiamo arrivare agli 8 milioni, perché, se con 8 milioni l'azienda ha risultati economici soddisfacenti, al di sotto perde e un'azienda che perde alla fine chiude.
  Quanto ai dipendenti, voi sapete che l'Ilva ha complessivamente 15.400 persone fra tutti gli stabilimenti italiani e in più ha circa 10.000 persone nell'indotto. A Taranto ci sono, che lavorano dentro, circa 11.500 persone, ma anche altre 4-5.000 persone dell'indotto, ossia operai di aziende esterne che lavorano per l'Ilva.

  ENRICO BUEMI. Vorrei conoscere la percentuale di perdita in questo momento ipotizzata.

  PIERO GNUDI, Commissario straordinario di Ilva. Oggi perderemmo, in termini economici, circa 200 milioni. La cifra non la sappiamo ancora.

  ENRICO BUEMI. Mi dice l'incidenza sul fatturato ?

  PIERO GNUDI, Commissario straordinario di Ilva. Sarà il 6-7 per cento, ma il mese di agosto è stato un mese, purtroppo, negativo. Abbiamo perso in termini economici perché abbiamo avuto un incidente in una centrale elettrica.
  Gli altiforni scaricano nella centrale i fumi. Gli altiforni servono per far funzionare la centrale, ma assorbono anche fumi. Quando non funziona la centrale Pag. 14elettrica, bisogna ridurre le attività degli altiforni, perché altrimenti non sappiamo dove scaricare i fumi.
  A luglio e a metà agosto abbiamo dovuto avere un'attività molto ridotta, perché, a causa del fatto che nel passato non sono state fatte manutenzioni, la centrale elettrica ha avuto un problema alle ventole.
  Una volta noi eravamo quelli che in Europa non consumavano più gli ottani, ma continuiamo a usare un'alta percentuale di ottani. Se le cose ritorneranno a essere normalizzate, torneremo a essere, essendo il più grande stabilimento siderurgico attualmente operante in Europa, anche il più grande consumatore di ottani.
  La procedura di infrazione non è ancora aperta. È arrivata una lettera che chiede chiarimenti. Adesso chiariremo bene quali sono gli aspetti che vuole approfondire l'Unione europea, ma noi, francamente, pensavamo che, avendo approvato l'AIA e avendo proceduto a realizzare quanto in essa previsto, avessimo adempiuto alle richieste dell'Unione europea. Adesso andremo a Bruxelles cercando di chiarire quali sono i problemi e di evitare la procedura di infrazione.
  Noi abbiamo già ordinato, su 1,6 miliardi – il Piano è articolato; ci sono anche delle spese che, in realtà, possono essere classificate come maggiore efficienza energetica – circa 580 milioni. Parte degli intervento sono già stati realizzati o sono in corso di realizzazione.
  Spero di avere risposto a tutti.

  ENRICO BUEMI. Manca la parte dell'incidenza del segmento che attualmente non è ancora conforme sui margini operativi.

  PIERO GNUDI, Commissario straordinario di Ilva. Non penso che ci sia una grossa incidenza derivante dal fatto che non siano state ancora realizzate tutte le norme AIA, che peraltro non potevano neanche essere realizzate. Va ricordato, infatti, che il Piano AIA è stato approvato in maggio e che Bondi ha cominciato a lavorare da un anno. Non credo che ci sia un'incidenza dei costi. Certamente qualche problema c’è stato, perché ci sono anche delle intersecazioni nei lavori, ma non ha inciso molto.
  Hanno inciso molto, purtroppo, la situazione di incertezza, il fatto che non siano svolte manutenzioni e il fatto che, purtroppo, avendo lo stabilimento per alcuni mesi sospeso le consegne, abbiamo perso un po’ di appetibilità nei confronti dei clienti. Noi lavoravamo molto per l'industria automobilistica. Questi soggetti lavorano col metodo just-in-time, cioè hanno dei magazzini ristrettissimi. Se si fa mancare la fornitura, loro devono interrompere tutta la catena dell'automobile.
  Stiamo recuperando e stiamo cercando di avere di nuovo una credibilità verso i clienti. Mi sembra che anche su questo aspetto abbiamo discreti risultati, ma non è una questione di breve periodo.

  FILIBERTO ZARATTI. Non mi è chiaro un punto: nella mia domanda io chiedevo se i problemi a monte da risolvere fossero relativi soltanto alla questione ambientale in relazione alla cessione dell'azienda. Volevo capire se, in termini di organizzazione aziendale e di qualità delle tecnologie, ci fosse un problema per la cessione.

  PIERO GNUDI, Commissario straordinario di Ilva. Ripeto, il problema ambientale è il primo problema da smarcare. Se uno mi dice «Ti offro tanto, però dell'ambiente non mi interessa nulla», è inutile che mi offra tanto. Se, invece, dice «Ti offro tanto, però voglio queste piccole modifiche, che mi comportano questi risultati», si può cominciare a discutere.
  Poi c’è tutto il discorso del passato. Voi sapete che all'Ilva ci sono cause per miliardi. Pertanto, bisogna trovare una strada in cui ci sia una netta cesura fra il passato e il futuro. Sono già instaurati circa 4,5 miliardi di cause e adesso è iniziato quest'altro procedimento, che si chiama «Ambiente svenduto». Anche in quel caso non si sa a quanto ammonteranno le richieste delle parti civili.

  CORRADO CARRUBBA, Subcommissario straordinario di Ilva. Inverto un attimo Pag. 15l'ordine delle questioni alle quali vorrei darvi un riscontro, perché mi ricollego a quello che ha detto ora il dottor Gnudi.
  È evidente a tutti che oggi qualsiasi acquirente che si rivolge all'Ilva – permettetemi di andare un po’ oltre la mia competenza per porvi una riflessione – si trovi davanti a una situazione estremamente complessa, sia per la parte ambientale, sia per la parte relativa all'attuale stato dei processi che girano intorno a questa vicenda.
  Noi oggi abbiamo uno stabilimento che per tre quarti, o comunque per parte significativa, dei suoi cicli produttivi e delle sue aree è sotto sequestro penale. Se voi chiedete a un collega avvocato che cosa ne penserebbe se io comprassi un'azienda sottoposta a sequestro penale, la risposta che otterreste penso sia piuttosto semplice.
  Anche l'incertezza di natura giudiziaria, penale, nonché le pretese risarcitorie civili per il contenzioso civile che grava sullo stabilimento pesano. Io non faccio il mestiere del dottor Gnudi, ma comprendo, dal mio punto di vista, che determinerei un'alea di rischio e una transazione tanto importante quanto difficilmente quantificabile nei suoi limiti. Non stiamo parlando di debiti certi e di crediti esigibili, di cui si può dire che valgano tot. Parliamo di pretese risarcitorie in cui spesso i numeri volano. Si tratta di una situazione per me complessa anche da questo punto di vista, che incide sui conti economici dell'azienda.
  D'altronde, sempre come ha detto il dottor Gnudi, da cui il mio ragionamento, il deputato Vignaroli ricordava il tema del contenzioso con l'Unione europea. Quello, mi permetto di ricordare, è un problema della Repubblica italiana, non dell'azienda, in quanto la Repubblica italiana ha deciso di dare alla vicenda Ilva una gestione «straordinaria» anche rispetto alle procedure europee.
  Correttamente, l'Unione europea, dal suo punto di vista, guarda il proprio ordinamento giuridico. Il recente parere motivato, di cui abbiamo letto, peraltro, i lanci sui giornali – non conosciamo il testo ad oggi, ragion per cui non sappiamo esattamente i termini esatti delle contestazioni – in pratica contesta, di nuovo, indubbiamente dei ritardi, e questo è conclamato, in merito al rispetto dell'Ilva dei termini europei in materia di AIA.
  Contesta anche, o sembrerebbe contestare – vedremo le carte – una situazione ad oggi in cui i livelli di salvaguardia ambientale-sanitaria legati a questo stabilimento non garantirebbero gli standard previsti dalla normativa comunitaria. Questo, ovviamente, nel merito è tutto da verificare e da chiarire.
  Non dimentichiamoci, però, che il tema, ripeto, riguarda lo Stato italiano, che ha deciso, per motivi legittimi del legislatore, di accordare all'Ilva un regime straordinario, che potrebbe, in astratto, confliggere con il regime ordinario che la Commissione è chiamata a vigilare. Non è tanto un problema nostro dell'azienda, quindi, quanto un problema del quadro normativo operativo in cui le leggi dello Stato hanno messo l'Ilva per cercare di recuperare i ritardi ventennali di cui parlavo all'inizio.
  Questo, sia chiaro, non è uno scarico di responsabilità, ma è un tema legato a questa stranissima normazione Ilva che ha cercato di mettere insieme i corni di questo problema.
  Venendo al merito, molto velocemente, presidente, a proposito dell'esaurimento discariche, di cui parlava il deputato Scalia, la discarica per rifiuti pericolosi dell'azienda è esaurita, non c’è più. Oggi i rifiuti pericolosi vengono gestiti e smaltiti tramite il conferimento a soggetti esterni.
  Abbiamo ancora un margine, che io non saprei stimare nel dettaglio, per la gestione dei non pericolosi, su cui apro una parentesi, perché l'onorevole Zaratti ha fatto una domanda sul recupero. Io ho fornito all'inizio dei numeri significativi sul recupero, intorno al 70 per cento.
  Cos’è questo recupero ? La domanda è legittima. Gran parte di questo recupero è un recupero ambientale: l'Ilva utilizza i rifiuti non pericolosi prodotti in azienda, in particolare i residui deferritizzati di produzione, storicamente per realizzare opere di recupero dei vuoti realizzati nelle Pag. 16aree di cava, nonché interventi di sopraelevazione e abbancamenti, ossia interventi di sistemazione dei propri territori.
  Peraltro, anche una parte delle nuove discariche di cui parlavo prima, che sono faticosamente in corso di autorizzazione – vedremo come andrà a finire – è realizzata attraverso il riutilizzo e la forma del recupero dei rifiuti non pericolosi, in particolare delle scorie prodotte dallo stabilimento stesso.
  Il recupero da noi in Ilva è essenzialmente un utilizzo di questi materiali per creare margini, argini e via elencando. È un recupero interno non energetico, anche perché gran parte del materiale consiste in scorie, in masse inerti, che hanno, possono o potrebbero avere al massimo problemi di rilascio di eluato. Potrebbe esserci un problema di eluizione di questi materiali sottoposti a dilavamento naturale, ma si tratta di materiali inerti. Il ferro non si brucia, come è noto.
  I tempi dell'autorizzazione, avvocato Scalia, stanno in mente Dei, nel senso che non c’è un termine. Come ho detto prima, noi – io e il dottor Gnudi – abbiamo ereditato un grosso lavoro fatto da Bondi e dal professor Ronchi, in particolare da Ronchi per la parte ambientale. In questa vicenda delle gestioni rifiuti, però, vi sono dei tecnicismi delicati, che bisogna riprendere e approfondire con maggiore accortezza. Io penso che la tutela ambientale e gli interessi ambientali siano primari, contemperati con gli interessi industriali, ma il mandato mio e nostro è sostanzialmente questo.
  Personalmente, prima di sottoporre la questione al Ministro Galletti, o eventualmente a un'autorità di rango superiore, perché non è detto che i problemi siano tali da essere risolti con la firma del dottor Galletti, mi riservo con gli uffici e con la struttura commissariale di fare gli approfondimenti del caso.
  Passiamo ai controlli. È stato chiesto: a chi mandate i rifiuti che gestite all'estero ? Io vi ho illustrato prima la procedura interna dell'azienda, una procedura che possiamo chiamare standard.
  Aggiungo, presidente, e questo è un po’ il link col tema precedente, che paradossalmente noi abbiamo un tema: meno gestioni riusciamo ad assicurare all'interno dell'Ilva tramite i recuperi interni o discariche nostre, più inevitabilmente siamo costretti a rivolgerci al mercato esterno. C’è un rischio, per i motivi che la Commissione conosce benissimo, quando si offre un'opportunità di questo tipo. Se domani si dovesse scoprire che l'Ilva deve gestire all'esterno tutti i propri rifiuti, voi capite che appetiti di tutti i tipi si scatenerebbero in giro per l'Italia, anche appetiti non nobili.
  Da parte nostra – ne parlavo, giorni fa, con i nostri dirigenti dell'Ufficio ecologia che lavorano in stretto rapporto con chi gestisce i contratti e l'approvvigionamento – al di là del rispetto dovuto per legge alle procedure formali e del controllo sull'autorizzazione, se ci sia o non ci sia, noi cerchiamo di andare anche oltre, cioè di comprendere con chi abbiamo a che fare, anche tramite informazioni non formali che ci possono giungere da autorità diverse. Già in alcuni casi abbiamo corretto il tiro rispetto a situazioni di smaltimento fuori confine dell'azienda, su cui, senza nulla togliere a nessuno, avevamo qualche timore di esposizione dell'azienda.

  ENRICO BUEMI. Le procedure antimafia vengono utilizzate nel vostro caso ? Parlo di quelle relative alle aziende. Poiché il settore è contiguo, se non sovrapposto, all'attività di carattere criminale e mafioso, vorrei sapere se non ritenete che debba essere invocato...

  PIERO GNUDI, Commissario straordinario di Ilva. Se richiede il certificato antimafia ?

  ENRICO BUEMI. Non soltanto, ma anche tutte le azioni conseguenti.

  PIERO GNUDI, Commissario straordinario di Ilva. Questa è una risposta che non le so fornire.

  ENRICO BUEMI. C’è una procedura che, ovviamente, è di tipo formale, ma che Pag. 17riguarda anche l'attività di intelligence e investigativa su un settore notoriamente inquinato dalle organizzazioni mafiose.

  CORRADO CARRUBBA, Subcommissario straordinario di Ilva. Onorevole, per quello che io posso dirle ora, salvo verifica e ulteriore approfondimento, l'Ilva, seppur commissariata, è un soggetto di diritto comune, come lei ben sa e, come tale, non è tenuto a questo.
  La prego di leggere le parole che le ho detto poco fa: noi stiamo cercando di andare oltre a quello per avvicinarci anche in rapporto positivo con la prefettura di Taranto, con la quale abbiamo un ottimo rapporto. Stiamo cercando di andare nel senso che dice lei, perché il timore ce l'abbiamo noi per primi. Non a caso l'ho voluto citare, anzi ringrazio della domanda lei e il presidente, perché il tema esiste.

  ENRICO BUEMI. È vero che l'azienda è un'azienda privata, ma, poiché l'intervento commissariale è un intervento che ha un mandato pubblico, perché è a tutela di interessi generali, io credo che la possibilità di attivare anche rapporti ufficiali più penetranti ci possa essere, tenendo conto che siete sotto vigilanza dell'autorità giudiziaria.

  CORRADO CARRUBBA, Subcommissario straordinario di Ilva. La ringrazio personalmente, ma questo va nel senso delle cose che stiamo cercando di migliorare nella garanzia di legalità dell'Ilva.
  È stato posto il tema dei parchi minerari. Stiamo andando avanti, in quanto, proprio recentemente, abbiamo avuto un parere favorevole della Commissione tecnica VIA sulla bonifica dei parchi minerari principali. La copertura dei famosi parchi minerari è connessa anche a un'operazione di bonifica che si sta facendo su quei parchi minerari. Questa operazione sta andando faticosamente avanti. Il parere è arrivato meno di un mese fa.
  In merito, però, voglio fare una segnalazione alla Commissione. Noi – lo dicevamo prima, parlando col dottor Gnudi – al di là delle leggi, al di là della legge Salva-Ilva 1, della Salva-Ilva 2 e del decreto, ci muoviamo in un regime ordinario di autorizzazioni. Ciò vuol dire che, per mettere una cappa di aspirazione, a noi è necessario il permesso di costruire con la relativa Conferenza dei servizi.
  La legge ultima ha accelerato e abbreviato i tempi, ma il tema rimane, in una situazione, mi permetto di dire, molto delicata, in cui i funzionari pubblici sono estremamente accorti nel loro agire. La situazione tarantina è nota e, quindi, ottenere nelle procedure necessarie i necessari nulla osta, autorizzazioni e assensi è un'opera estremamente complessa.
  Noi non riusciamo a volte a mandare avanti operazioni che potremmo mandare avanti, perché magari le cose sono già pronte e i materiali sono in magazzino, perché si intoppa qualcosa nelle procedure, che non dipendono né da me, né dal dottor Gnudi, poiché sono procedure presso il comune di Taranto o presso la regione Puglia. C’è una situazione di comprensibile timore nel mettere le mani nelle vicende Ilva da parte ampia, il che, oggettivamente, rallenta di molto.
  Questo mi permette anche di dire qualcosa sull'altra domanda che era stata fatta – mi perdonino i deputati se non li cito, ma non ricordo più chi l'abbia fatta – ossia: rispetterete i tempi del DPCM, più o meno ?
  Io vi dico che valuteremo e monitoreremo, ma che le difficoltà economiche, operative, procedurali e di assunzione di responsabilità sono talmente tante che bisognerà vedere se effettivamente i tempi che il Parlamento ha voluto ipotizzare ad agosto di quest'anno, quando ha approvato l'ultimo decreto-legge, ci consentiranno di avere le condizioni oggettive di effettiva possibilità.
  Peraltro, su questo punto vorrei essere molto chiaro: noi diamo una lettura dell'ultimo decreto legge di quest'estate, nel senso che tutti i termini intermedi previsti, sino al decreto legge di quest'anno, dall'AIA siano stati ex lege spostati al luglio dell'anno prossimo. Pertanto, noi abbiamo oggi due step temporali, uno al luglio del Pag. 182015, all'80 per cento, e uno all'estate dell'anno dopo, al 100 per cento. Se cominciamo ad andare appresso ai termini intermedi previsti dalle varie AIA, complichiamo la situazione. È bene che queste cose si dicano, altrimenti poi si creano delle indeterminatezze.
  Il tema, ripeto, è complicato e io credo che forse su questo saremo in grado noi, insieme anche al Parlamento, quando vorrà, fra un po’ di mesi, anche alla luce dello sblocco o non sblocco dei fondi, di comprendere quanto i traguardi temporali di realizzazione che ci siamo posti siano effettivamente raggiungibili. Questo è un po’ lo sforamento dei tempi di cui parlava l'onorevole Zaratti.

  FILIBERTO ZARATTI. Io volevo capire anche quanti soldi fossero stati spesi finora per l'attuazione del 75 per cento delle prescrizioni.

  CORRADO CARRUBBA, Subcommissario straordinario di Ilva. L'ha detto prima il dottor Gnudi.

  PIERO GNUDI, Commissario straordinario di Ilva. Sono stati impegnati 600 milioni e ne sono stati pagati più di 300.

  CORRADO CARRUBBA, Subcommissario straordinario di Ilva. È evidente che, poiché gli interventi più costosi sono anche quelli più complessi sotto il profilo autorizzativo, procedurale e realizzativo, nel timing che noi, o meglio che il commissariamento si è dato comprensibilmente iniziamo a fare le cose che si possono fare da subito, a partire da tutte le prescrizioni di natura gestionale e non impiantistica – su quelle è stato fatto quasi tutto – per arrivare a quella parte di interventi che potevano essere fatti.
  Ci troviamo, però, a un punto in cui anche mettere una cappa diventa complicato. Uno compra una cappa e poi non la può montare per motivi procedurali. Immaginate che la copertura dei parchi minerari – per citare un caso – che è un intervento ciclopico, è stata posta nella seconda fase degli interventi commissariali.
  Siamo stati sollecitati anche, e io penso che lo potremo fare tranquillamente, a fornire alla Commissione l'elenco dei soggetti con cui noi siamo in rapporto per quanto riguarda sia le bonifiche, sia lo smaltimento. Presidente, anzi, se voi, da parte vostra, ci volete dare una mano a sapere con chi abbiamo a che fare, ne siamo soltanto ben felici, da questo punto di vista.
  Dei parchi minerari ho detto. Ne parlava la deputata Puppato. Certo, in azienda ci sono anche dei depositi di rifiuti. In questa situazione di gestione, sempre in attesa che si definisca tutto, in azienda abbiamo dei depositi controllati di rifiuti che consentono di fare un po’ da polmone nella gestione dei flussi, ma questo è fisiologico.
  Concludo soltanto svolgendo una considerazione. L'ha già fatta il dottor Gnudi ma ci tengo a ribadirla anch'io: noi abbiamo per legge, come target, nonché come obiettivi di conformità nostri, ma, mi permetto di aggiungere, anche di chi ci ha dato questo mandato, perché questa cosa l'ha scritta il Parlamento ed è in Gazzetta Ufficiale, l'80 per cento e poi il 100 per cento.
  Noi, però – il dottor Gnudi l'ha detto e io sottolineo l'importanza di questo – ci siamo anche posti un rispetto del fatto che la qualità ambientale e sanitaria dell'Ilva di Taranto migliori e sicuramente non peggiori. Questo, peraltro, era uno dei parametri previsti precedentemente. Si diceva che l'attività sarebbe andata avanti a condizione che venissero rispettate le prescrizioni e che la qualità dell'aria, che è il termometro più importante di una realtà, non peggiorasse rispetto alla situazione ante commissariamento.
  Questo impegno ci tenevo a sottolinearlo, tant’è che noi guardiamo sempre con molta attenzione i dati ambientali ufficiali che ci mandano i colleghi di ARPA Puglia, e che voi leggete sui giornali al pari di noi, perché per noi quelli sono i dati ufficiali. Sui giornali a volte si leggono altre cose. I dati per noi sono quelli e i dati sono confortanti, come Pag. 19diceva il dottor Gnudi. Certo, sono legati in parte anche al calo necessario e voluto della produzione.

  PRESIDENTE. Io ringrazierei i nostri ospiti e chiederei loro, rispetto alle specifiche e alle ditte, di farci avere questi elenchi, perché questi sono i temi che ci interessano in maniera specifica.
  Ringrazio il dottor Gnudi e l'avvocato Carrubba e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del Commissario per la bonifica dell'area di Taranto, Vera Corbelli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'approfondimento sull'Ilva, l'audizione del Commissario per la bonifica dell'area di Taranto, Vera Corbelli, che ringrazio per la presenza.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Dottoressa, noi stiamo facendo il punto della situazione dell'Ilva e di altri siti di interesse nazionale. Avendo deciso di lavorare sull'aggiornamento della situazione dei Siti di interesse nazionale, ci interesserebbe che ci fornisse un quadro, lo stato dell'arte, della situazione: quali sono i problemi e quali le difficoltà. Lei ha a disposizione in una ventina di minuti, in seguito i colleghi porranno delle domande specifiche alle quali potrà rispondere seduta stante o successivamente per iscritto. Tutta la documentazione che lei ci può fornire è ben gradita. Il lavoro della Commissione sull'argomento si concluderà con una relazione per l'estensione della quale ogni informazione utile è benvenuta.
  Do la parola alla dottoressa Corbelli, che ringrazio per essere qui con noi.

  VERA CORBELLI, Commissario per la bonifica dell'area di Taranto. Grazie, presidente. Buonasera a tutti. Come sapete, io sono stata nominata da poco Commissario per la bonifica di Taranto, compreso il SIN. La nomina è avvenuta a luglio e mi è stata comunicata a fine agosto. Questa nomina rientra nel percorso che si sta facendo per il distretto dell'Appennino meridionale, perché, nell'ambito del Piano di gestione delle acque e del Piano di gestione delle alluvioni, noi ci siamo occupati e ci stiamo occupando anche delle aree industriali, delle pressioni e degli impatti derivanti.
  Quanto a Taranto – non lo debbo dire io – è un sito molto complesso sotto tutti i punti di vista. Non parliamo solo dell'Ilva, ma di numerose pressioni a livello industriale che incidono su un'area molto vasta e che negli anni, non solo negli ultimi cinquant'anni, hanno comportato una serie di criticità e di compromissioni elevate.
  La zona di Taranto è stata individuata come zona di interesse nazionale per tutte queste pressioni agenti. Vi mostro le carte. Questo è il sito di Taranto. Parliamo dell'area del territorio comunale di Taranto e di una piccolissima parte di quello di San Giorgio Ionico – sapendolo, avrei portato carte più grandi – nonché di una piccola parte di quello di Statte.
  Si tratta di un territorio, come dicevo, molto complesso anche da un punto di vista fisico-ambientale, perché ci troviamo in un dominio sedimentario caratterizzato da flysch, ossia da terreni carsici carbonatici, da argilla e anche da terreni alluvionali. La zona del Mar Piccolo, il seno 1, costituisce un vecchio paleoalveo, ragion per cui tutto il materiale che viene drenato dai bacini imbriferi sottesi viene poi portato nel Mar Piccolo, seno 1, che costituisce una vasca di accumulo negli anni non solo di materiale normale che viene dal bacino, ossia di questi sedimenti, ma anche di tutto il materiale inquinato dalle varie attività industriali.
  Inoltre, proprio per la natura carsica dei terreni, abbiamo due falde sotto il patrimonio fisico: c’è una falda superficiale, anzi ci sono più falde superficiali, a volte interconnesse fra di loro, perché sono dei piccoli livelli di argilla che intrappolano Pag. 20l'acqua, e poi c’è una falda sotterranea, che sta nel dominio carsico.
  Come estensione, c’è questa zona interna e poi c’è anche, come SIN, la zona a mare. A mare ci sono il Mar Grande e il Mar Piccolo, il seno 1 e il seno 2. Ad oggi quello che risulta più inquinato è proprio il seno 1. Poi vi invierò alcune carte.
  Qui sono riportate, come vedete dall'elenco, le varie attività industriali, perché, oltre all'Ilva, ci sono Italcava, Cementir, ENI e tante piccole industrie che sono connesse all'Ilva.
  L'accordo di programma stipulato il 26 luglio del 2012 tra Ministero dell'ambiente, Ministero delle infrastrutture, Ministero dello sviluppo economico, regione Puglia, comune di Taranto e comune di Statte prevedeva una messa a sistema di quanto era stato realizzato fino al 2012. Era una sorta di miniaccordo, con intese che erano state fatte tra ministero e regione Puglia, tra regione Puglia e comune e via discorrendo. È stato messo tutto insieme per avviare una strategia di misure e di azioni per la bonifica e la riqualificazione di quest'area SIN.
  Io adesso esporrò tutta una serie di situazioni che ho potuto valutare in questi mesi. Noi abbiamo raccolto una serie di elementi che sono presenti in vari posti. Lo scenario che si va a costruire è uno scenario di conoscenze, ma di conoscenze parziali del territorio, come aree e anche come caratteristiche a livello qualitativo e quantitativo, sia per quanto concerne la risorsa suolo, sia per quanto concerne la risorsa acqua.
  Quando parliamo di acque, ricordiamoci che parliamo di acque interne e che questi corpi idrici superficiali sono piccoli rispetto a ciò che noi conosciamo nel resto del nostro territorio, corpi idrici e marino-costieri e corpi idrici di transizione. Il seno 1 e il seno 2 del Mar Piccolo costituiscono acque di transizione.
  Ognuno di questi corpi idrici, rispetto alla direttiva n. 2000/60/CE, deve raggiungere una serie di obiettivi, diversi tra di loro, per avere lo stato di buona qualità. Nel 2015, in base al Piano di gestione delle acque, quello a cui fa riferimento la Comunità europea anche per la prossima programmazione 2014-2020, non si raggiungono gli obiettivi di qualità, soprattutto per lo stato chimico. Non tanto lo stato biologico, quanto lo stato chimico è fortemente compromesso.
  Questo accordo del luglio 2012 focalizzava l'attenzione su alcuni primi interventi. Quali sono gli interventi ? Sono solo alcuni, perché, se noi guardiamo l'estensione dell'area, vediamo che si tratta di tutta l'area tra Taranto e Statte e di una piccola parte di San Giorgio, un'area di circa 349 chilometri quadrati. Un terzo di questa è l'area inclusa nel SIN e, quindi, soggetta alle pressioni di tipo industriale.
  Gli interventi ad oggi individuati e che sono in corso riguardano le scuole del quartiere Tamburi, che è il quartiere a più alto rischio rispetto agli altri (ci sono cinque scuole) e il cimitero di San Brunone. Poi abbiamo un intervento nel comune di Statte, in particolare nell'area PIP di Statte, e un intervento che riguarda l'area portuale. Infine, ci sono le misure sul Mar Piccolo.
  Il precedente Commissario, l'ingegner Pini, che è stato in carica fino a maggio – dopo due mesi di vacatio poi sono subentrata io – per realizzare queste attività aveva stipulato un'intesa con il comune di Taranto per quanto concerne le scuole e il cimitero, col comune di Statte per l'area PIP e con l'Autorità portuale per i tre interventi che riguardano la zona portuale. Per il Mar Piccolo aveva affidato, sempre attraverso un'intesa, un'attività di indagini e di analisi preliminari all'ARPA.
  Ad oggi la situazione qual è ? Il comune di Statte sta procedendo con il bando di gara per l'affidamento del progetto, anche se il Ministero dell'ambiente e l'ISPRA hanno chiesto una sperimentazione su una subarea campione.
  Che sta succedendo a Statte ? Si è visto dalle indagini effettuate che c’è questa falda profonda e che sopra la falda profonda è presente un liquido viscoelastico, ossia oleoso, di cui non si riesce ancora a identificare la natura. Pertanto, si sta facendo un campo prova. Innanzitutto si sta cercando di capire come estrarre questo Pag. 21liquido per far sì che non ci si la contaminazione della falda sotterranea e, nello stesso tempo, quale sia la procedura a tecnologia più avanzata e adeguata per estrarre questo materiale. Tutta la zona di Statte, a Nord-Ovest del comune di Taranto, è una zona soggetta a questo tipo di inquinamento. Poi lo vedrete dalle carte.
  Cosa succedeva in questo comune ? Quando è stata costruita l'Ilva, ma anche prima – poi vedremo quali altre attività hanno compromesso quest'area – si scavava per recuperare materiale e, quindi, si coltivavano delle cave per attingere il materiale calcareo che serve proprio per la produzione di acciaio. Queste cave venivano poi lasciate a cielo aperto e, quindi, fungevano, e stanno fungendo tuttora, da discariche.
  La zona di Statte è una zona che comprende – non ne dico il numero – numerose discariche, che negli anni hanno ospitato materiale di tutti i tipi. Dopo è stato tutto coperto. Nel momento stesso in cui si è andati a fare un intervento per destinare quest'area a PIP, si è scoperto questo «ben di Dio», come lo chiamo io, ossia questo problema elevato della falda e del suolo.
  Per quanto concerne Statte, stiamo andando avanti in questo campo prova. Si tratta del comune di Statte, ma l'intervento riguarda semplicemente una piccola zona. Chiedo scusa, ma, se noi guardiamo tutta l'area in giallo, vediamo che quella è l'area SIN. Parliamo di circa 120 chilometri quadrati, un numero impressionante. Su quest'area ad oggi, come interventi fatti, come interventi predisposti, essendo quello un accordo basato sui fondi disponibili, ci sono il PIP nel comune di Statte e le cinque scuole. Si tratta di una riqualificazione soprattutto energetica delle scuole, perché le scuole stavano in uno stato di degrado tale che si è pensato bene di dare loro una priorità.
  Anche qui c’è un problema che io sto cercando di risolvere, perché i fondi destinati alla bonifica non ci sono. Infatti, se andiamo a leggere la legge, notiamo che per «bonifica» si intende una serie di azioni e che la riqualificazione energetica non vi rientra. Noi stiamo cercando, e su questo chiedo una mano anche a voi, di attivare una serie di fondi, anche per evitare di mandarli indietro alla Comunità europea, tra cui fondi POIN, che sono destinati proprio alla riqualificazione energetica.
  Ho fatto presente anche al ministro di utilizzarli per far sì che queste scuole vengano completate, anche perché c’è da parte della società e della collettività un'aspettativa grande, dal momento che Tamburi, peraltro – in tutto questo c’è un paradosso – non è incluso nel SIN.

  PRESIDENTE. Non è nella perimetrazione ?

  VERA CORBELLI, Commissario per la bonifica dell'area di Taranto. No, purtroppo questa è una delle azioni. Adesso magari veniamo al dunque, altrimenti rubo molto tempo. Il lavoro è veramente interessante, perché alla fine ci sono una serie di azioni. Io sto cercando, con i miei collaboratori, di fare un masterplan di quello che c'era, con la messa a sistema, e di quello che ci aspetta da fare. Queste zone da sole – lo vedete voi stessi – non risolvono certamente la situazione di Taranto, anche perché è una situazione che richiede anni e anni di attività e di bonifica.
  Oggi avete sentito anche il Commissario Gnudi. Io ho predisposto anche una nota e gli ho chiesto un incontro per capire gli interventi che si debbono fare sotto l'area dell'Ilva da un punto di vista di bonifica. Non so fino a che punto sono arrivati, perché le prescrizioni AIA riguardano soprattutto l'aria, i parchi minerari e la copertura di queste polveri. Per quanto concerne le acque sotterranee e l'inquinamento del suolo, ad oggi non abbiamo avuto niente. Pertanto, vorrei fare una fusione, per quanto possibile, delle attività che devono essere fatte direttamente dall'Ilva per la bonifica dell'acqua e del suolo, connesse poi a tutta l'altra parte del SIN. Questa è una delle azioni da fare nell'immediato.
  Il sistema, come la stessa procura ha evidenziato, infatti, è connesso. Anche un Pag. 22non esperto capisce che non si può isolare il bubbone Ilva da altro, perché quell'area di Taranto dal 1887 è un'area che ha ospitato anche la Marina militare con gli arsenali. Dal 1887 ad oggi in quella zona sono stati costruiti tutti gli armamenti. Non debbo dirlo io, la storia ce lo insegna: l'ultima guerra mondiale ha avuto anche dei bombardamenti. Infatti, nel Mar Piccolo, nella zona 170, si trovano ancora delle bombe, non solo da allora, ma anche di altro tipo. Si trovano mine dappertutto. Occorrerebbe fare anche una semplice verifica nel Mar Piccolo. Le ultime tre indagini sono state fatte con le dovute cautele. Su questo tema occorre interessare anche la Marina militare.
  La zona del Mar Piccolo, seno 1, comprende la zona 170, la zona dell'arsenale militare. Come voi sapete, qui c’è una grande coltivazione di mitili. I pescatori tengono in una maniera particolare a questa zona. Il Mar Piccolo non è tutto altamente inquinato, perché l'inquinamento viene soprattutto dai sedimenti.
  In un primo studio fatto dall'ISPRA agli inizi del 2000 e poi ripreso in parte dall'ARPA le indagini fatte si fermano ai due e ai cinque metri. Ci sono delle indagini a tappeto sull'area del Mar Piccolo, ma si fermano ai due e ai cinque metri, perché vi è stato trovato un primo livello di argilla. Le contaminazioni, secondo la loro recente valutazione, si fermano ai primi metri.
  Da alcune indagini fatte, invece, nella zona più verso la 170, la zona dell'arsenale militare, sono state fatte delle indagini oltre i diciotto metri. Queste indagini hanno evidenziato, purtroppo, inquinanti a livello di sedimenti che vanno oltre i quindici metri.
  La situazione è molto complessa e il materiale che è venuto fuori è incerto. Pensate a diciotto metri di carotaggio, dai fondali a scendere. Quando si fanno i sondaggi, le cassette per arrivare a diciotto metri dovrebbero essere parecchie. Sono state usate appena tre cassette di carotaggio ed è stata trovata tutta roba melmosa, che dalle prime analisi fatte, purtroppo, non si riesce a collocare in alcuna matrice ambientale. Sono cose abbastanza complesse. Io ci sto mettendo mano, perché ho dovuto raccogliere un po’ di materiale, e sto ancora analizzando tutta questa situazione.
  Io avevo un'idea sul Mar Piccolo. È inutile che ci si approdi e che ci si avvii qualche capping o dragaggio, perché la zona è talmente inquinata e talmente compromessa che bisogna capire bene e fare un richiamo su come si deve intervenire, perché muovere qualcosa può ampliare il problema.
  Io mi sono rivolta anche alla cabina di regia. L'accordo firmato ha previsto un Comitato di sottoscrittori, ossia i vari ministeri e la regione, e una cabina di regia che fa il controllo e il monitoraggio dell'evoluzione delle attività. Presidente, il Comitato dei sottoscrittori non si è mai riunito.
  Ho chiesto, quindi, al ministro di rivedere l'accordo, perché, alla luce delle conoscenze ad oggi maturate, l'accordo va rivisto, e di attivarci affinché si preveda anche un'altra serie di azioni da fare per la mitigazione del rischio, non solo chimico o biologico. Anche prevedere un capping laddove il materiale non è classificabile, non dà affidabilità a livello di meccanica dei terreni. Qualsiasi intervento andassimo a fare potrebbe non reggere. Forniamo una prima risposta, l'abbiamo fatto, ma andiamo a compromettere ancora di più lo stato quali-quantitativo delle due risorse.
  Avrei tante cose da dire. Al di là dello spavento, io ritengo che, se riusciamo – parlo al plurale, perché qui ci vogliono varie forze; io mi sono accorta che mi hanno dato questa situazione e poi, come è il mio modo di essere, ho tentato di approfondire, di capire e di andare oltre i tre interventi – su Taranto dobbiamo fare qualcosa in più, perché Taranto può costituire l'esempio di come si bonifica un sito industriale non solo per l'Italia, ma anche a livello europeo.
  Dobbiamo fare un decalogo. Oltre alle questioni scientifiche – sappiamo che per questi interventi ci vogliono il dragaggio e il capping – dobbiamo capire nella sostanza Pag. 23che cosa si deve fare per queste aree, quali sono le forze da mettere in gioco e quali le verifiche e i tipi di indagine. Ad oggi c’è il capping, ma, secondo me, ci vogliono diverse tecniche, perché andare a chiudere un sistema biologico – parlo con un esperto – magari va bene per un dato fatto puntuale, ma non per l'ecosistema in generale.
  Infatti, nel seno 1 del Mar Piccolo ci sono i mitili. Vedete questa zona striata ? Rappresenta il punto dove stanno i pali per i mitili. Quella è una zona a monte di una bellezza e di uno stato ecologico stupendo. Ci sono i cavallucci marini. Abbiamo fatto delle foto.
  Che significa questo ? Significa che nella zona di inquinamento che si trova qui è stato versato del materiale. Se si parlasse di un accumulo avvenuto negli anni, la sedimentazione avrebbe dovuto avvenire in modo non dico uniforme, ma dappertutto, distribuita. Invece è concentrata in quel punto.
  La mia idea è di fare delle indagini ulteriori a una profondità maggiore per perimetrare l'area e capire fin dove arriva e quali sono le caratteristiche. Non ci sono solo le caratteristiche chimiche, fisiche, meccaniche e geotecniche. Dobbiamo capire tutto, perché l'acqua a livello biologico presenta un buono stato, mentre a livello chimico è fortemente compromessa. Tutto l'inquinamento accumulato e incapsulato dai sedimenti si riversa poi sull'acqua, specialmente se quei sedimenti vengono dragati aumenta subito l'inquinamento.
  Attualmente occorre ricordare che i mitili vengono coltivati. Vengono coltivati, vengono fatti nascere – non so se è il termine esatto – e poi vengono trasportati nel Mar Grande, nel seno 2. Anche questa è una situazione a cui bisogna mettere, come si suol dire, mano.
  Per quanto concerne il monitoraggio sia dell'acqua, sia del suolo, sia delle acque di transizione e delle aree interne, ci sono dei monitoraggi, ma sono monitoraggi locali e puntuali. Non sono in telemisura o in continuo. In alcune zone non è possibile installare delle reti di monitoraggio e di telemisura.
  Quando parliamo del Mar Piccolo, ci sono i problemi che ho detto, ma nell'area interna occorre rivedere tutta la rete di monitoraggio. Abbiamo chiesto alla regione Puglia – all'ARPA, in poche parole – di fare un monitoraggio continuo, come ci chiede la stessa direttiva comunitaria, al di là del monitoraggio operativo.
  Una volta individuate le zone più critiche, occorre completare tutta la conoscenza che abbiamo ad oggi sulla falda superficiale sotterranea che riguarda questa zona, soprattutto la zona ENI, ed estenderla anche fin sopra. Occorre coniugare questo con i dati che abbiamo, anche con i dati dell'Ilva, e andare a valutare anche un'altra parte del SIN, perché il SIN, come vedete, comprende anche quest'altra zona, completamente staccata dall'area, che è la Salina Grande.
  Questa Salina Grande è una zona paludosa. Noi abbiamo appreso, attraverso informazioni – non so quanto questo sia attendibile, come dato – che questa è una zona che è stata acquistata e poi utilizzata dalle industrie per depositare materiale inquinato, ragion per cui è un'altra zona su cui ad oggi non è stato fatto nulla. È solo stata riperimetrata.
  Stiamo procedendo, quindi, su interventi veramente piccoli, come le scuole e l'area PIP. L'area PIP è stata interessante, perché ha fatto emergere un problema della falda che non riguarda solo quell'area ma tutto il territorio di Taranto.
  Adesso vorrei farvi vedere le caratteristiche idrogeologiche. Cosa abbiamo cercato di fare ? Abbiamo cercato di mettere a sistema tutto quello che c’è, ossia la conoscenza, e di elaborare un Piano strategico a medio e lungo periodo nel quale venga tracciato uno scenario – chi ci sarà, poi lo svilupperà – in cui si veda dove le attività di oggi vanno inserite e come vanno integrate per fornire una risposta in termini non solo locali, ma anche di scenario complessivo.
  Quando facciamo riferimento alla rete ecologica e alla rete per lo stato chimico Pag. 24delle aree, si pone tutto il discorso delle aree protette. Nella zona di Taranto queste situazioni nelle aree protette, come potete immaginare e come notate, se sovrapponete le carte, sono completamente compromesse. Questo è il reticolo idrografico di Taranto e Statte, con il bacino, e questo è il soppiede, cioè il livello della falda.
  Da una sezione che ho preparato, fatta però in modo abbastanza elevato, vi faccio vedere la condizione idrogeologica, che fa capire l'andamento della falda. Questo è il bacino imbrifero, quello più rilevante presente nella zona. Ha lo sbocco sul Mar Piccolo. Vedete queste sorgenti verdi ? Sono delle piccole sorgenti – relativamente piccole – che si trovano nelle due acque del Mar Piccolo, nel seno 1 e nel seno 2, i cosiddetti «citri». Abbiamo detto che lungo la costa c’è uno stato ecologico buono. Ciò è dovuto proprio alla presenza di questi citri, ossia di queste sorgenti, che non solo vanno ad annacquare, ma creano proprio un moto.
  Una stranezza qui è che c’è anche l'idrovora dell'Ilva. Anche l'idrovora – purtroppo, dobbiamo dirlo – condiziona favorevolmente la crescita dei mitili in questa zona.
  Riepilogando, questa zona è una zona soggetta a rilevante inquinamento, dovuta agli scarichi industriali, ma non solo dell'Ilva, bensì anche precedenti l'Ilva. Il seno 2 presenta inquinamento, ma è in uno stato ecologico e anche chimico sufficiente rispetto al Mar Piccolo. Il Mar Grande, tranne alcune zone...
  Dimenticavo che, oltre all'area 170, ci sono anche i cantieri Tosi, in cui c’è un alto tasso di inquinamento. I cantieri Tosi rappresentano i cantieri navali che venivano utilizzati dalla Marina militare per produrre gli armamenti.
  L'Ilva ad oggi utilizza 32 pozzi di acqua sotterranea. Tutte le concessioni sono scadute. Questa è la situazione idrogeologica. Ho fatto alzare le scale delle carte in altezza per comprendere. Questi sono i calcari e, quindi, tutto il dominio carsico, che permette l'accumulo d'acqua in profondità, e queste sono le argille, quel tappo che fa da impermeabile.
  Che cosa è stato fatto ? I primi studi ad oggi realizzati si sono fermati ai primi metri. Incontrando dell'argilla più compatta, non sono andati oltre. Invece, quelli vicino all'area 170, i tre sondaggi fatti oltre i diciotto metri, dimostrano che questo inquinamento va oltre. Essendo questo un paleoalveo, poteva esserci qualche fossa naturale che è stata riempita negli anni, ma lo dobbiamo accertare, perché non si può fare nulla ad oggi in quella zona.
  Dobbiamo comunque coinvolgere la Marina militare. Perché ? Per il problema delle mine, per i problemi delle bombe e per tutto quanto vi è connesso.
  Ricapitolando – poi mi fermo, così mi fate le domande – la mia idea è di proporre al Ministero dell'ambiente la revisione dell'area SIN, perché, come vedete, l'area SIN è a blocchetti. Tra una parte e l'altra ci sono delle distanze, al di là del fatto della Salina, che non si riesce a percepire come mai sia staccata. Sicuramente, quando l'area SIN fu fatta, nel 2000, c'erano delle indicazioni tali che permisero quella definizione.
  Il quartiere Tamburi non rientra nell'area SIN ed è il quartiere a più alto tasso di inquinamento. È vero che sta in una zona SP4 – prima dell'accordo furono fatti degli accordi che prevedevano degli interventi sulle aree SP1, SP2, SP3 e SP4 di Taranto – ma poi la situazione è rimasta ferma.
  Cosa è successo ? Quando si vanno a vedere tutti i programmi realizzati ad oggi in queste quattro aree, si nota che arrivavano i fondi e che, dopo qualche mese, essi venivano traslati su altre priorità, ragion per cui in queste zone si sono viste delle azioni che poi sono venute meno.
  Rivediamo, dunque, il SIN, rivediamo l'accordo, individuando le varie strategie da porre in essere e, quindi, le azioni immediate che si possono prevedere, gli interventi ad oggi già avviati e il loro completamento.
  Occorre tracciare uno scenario di azione sul Mar Piccolo, che è la parte più calda in termini di inquinamento e di compromissione dell'area. Poi si tratta di passare alla seconda fase, quella delle Pag. 25attività a medio termine. Occorre considerare tutte le azioni che si debbono fare nella zona interna, connettendo tutto ciò che, come analisi, studi e modelli, sta facendo l'Ilva. La terza fase è la riprogettazione di un'area così fortemente inquinata.
  Io mi fermo qui. Mi potete fare altre domande, perché sicuramente ho omesso qualcosa di utile, ma le notizie e le analisi sono molte.

  PRESIDENTE. Intanto la ringraziamo, perché credo che ci si renda conto della complessità della questione anche dalle problematiche che lei ha sollevato.
  Il lavoro che noi facciamo cerca di mettere in evidenza criticità di carattere ambientale, legate anche a procedure, sia tecniche, sia amministrative, non proprio in linea con la legalità. Anche in base alle peculiarità che lei ci ha segnalato sarà nostro giusto compito far presente alcune questioni. Non c’è dubbio che la situazione del quartiere Tamburi, che è fuori dal SIN, sia problematica. Io credo che ci sia la necessità di fare in modo che il tema delle bonifiche, o comunque di uno studio approfondito nell'area, non possa essere spaccato dal punto di vista amministrativo in due parti, anche perché – lei ce l'ha appena detto – soprattutto nella falda profonda, presumo, ci sono delle interconnessioni forti tra le due aree. Io trovo piuttosto assurdo, quindi, mantenerle distaccate.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ENRICO BUEMI. È una mia carenza, ma vorrei conoscere la sua attività precedente, solo ai fini culturali. Gli interventi nelle scuole di che tipo sono ? Lei ha parlato di contenimento energetico, ma qual è l'elemento che porta a scegliere questo tipo di intervento, invece che a valutare qualche impostazione più strategica ?
  Vorrei sapere se c’è anche un'attività di segnalazione all'attività giudiziaria da parte del suo ufficio, tenendo presente – è la domanda che ho fatto sul comune di Statte – che è come se questi territori per anni non avessero avuto amministrazioni locali, cioè che il territorio sia stato affidato ad altri.
  A me pare che ci sia una priorità in questo senso, presidente, e credo che noi dovremmo attivarci. Non è possibile che a quarant'anni, a cinquant'anni, anzi a quasi sessant'anni dalla fine della seconda guerra mondiale ci sia ancora un sito tanto rilevante e importante da molti punti di vista che non sia stato bonificato dal punto di vista bellico, cioè dalla presenza di ordigni. Dobbiamo attivarci presso il Ministero della difesa, perché è evidente che questa situazione non può continuare.
  Al presidente e agli uffici chiedo se ci sia un'indagine su questo sito di tipo parlamentare.

  PRESIDENTE. No, noi abbiamo fatto nella scorsa legislatura un approfondimento su alcuni Siti di interesse nazionale. Ci abbiamo lavorato, ma non in maniera approfondita.

  ENRICO BUEMI. Parlando di Napoli, mi pare che Bagnoli sia poca cosa rispetto a questa situazione.
  Un attimo solo e finisco rapidamente. Vorrei sapere se c’è un'osservazione particolare dell'attività di coltura dei mitili, perché i mitili sono grandi accumulatori di problemi. Vorrei sapere se in merito ci sia un'attività non solo di routine, perché bisogna avere un'attenzione particolare. Lo stesso discorso vale per gli acquedotti.
  Inoltre, ho una curiosità collegata alla valutazione precedente sulle amministrazioni e sulle tempistiche degli acquisti di questi territori destinati ad attività connesse con attività industriali. Qual è la relazione ? Vorrei sapere quando è avvenuto l'insediamento delle aziende, se erano già prima presenti, o a quando risalgano gli acquisti dei terreni che sono stati destinati a quest'attività di stoccaggio, per capirci.

  ALBERTO ZOLEZZI. Io vorrei cercare, se possibile, di quantificare quanti fondi Pag. 26siano stati utilizzati – a noi risultano circa 63 milioni di euro di finanziamenti regionali –, o comunque siano stati già programmati, per le opere di bonifica esterne, anche per quelle, come abbiamo chiarito, esterne all'area SIN, ossia rione Tamburi, scuole e via elencando.
  Dei possibili metodi di bonifica del primo seno del Mar Piccolo lei ci ha parlato. Mi interessava sapere, però, visto che ha parlato della presenza nelle falde di Statte di matrici ambientali non ben definite, chi vi sta aiutando in questo settore e se avete chiesto consulenze. Avere una definizione il più possibile precisa di che cosa c’è in quelle falde credo sia importante. Vorrei capire a che livello pensate di rivolgervi, perché è fondamentale riuscire a caratterizzare – anche se forse questo non è il termine appropriato – il materiale che avete trovato.

  FILIBERTO ZARATTI. Io vorrei capire – mi pare che si stia operando per cercare di averne l'esatta cognizione – qual è l'esatta fotografia dello stato del SIN e delle zone limitrofe.
  Intanto vorrei capire ad oggi, per quanto riguarda gli sversamenti a mare, gli impianti di depurazione e tutte le misure necessarie per evitare un ulteriore peggioramento della situazione in questo momento a che livello di capacità sono. Io ho la sensazione che la situazione vada tendenzialmente peggiorando.
  Sempre su questo tema, vorrei sapere se le misure di risanamento che vengono messe in atto, al di là dell'intervento giusto nelle scuole, affrontino soprattutto questo tipo di problema. La situazione è molto complessa, me ne rendo conto, ma gli obiettivi della 2000/60/CE ci dicono pure che il livello di qualità dell'acqua dovrebbe raggiungere uno stato buono entro il 2015. Mi pare che questo sia un obiettivo difficilmente raggiungibile.

  LAURA PUPPATO. Grazie, dottoressa, anche per la passione che traspare dalle sue parole e che lei sta mettendo su tutta questa vicenda, davvero, per molti aspetti, incredibile. Ho un sussulto al cuore nel ascoltarla. Non so se ho capito bene, ma questo SIN è di 130 chilometri quadrati ?

  VERA CORBELLI, Commissario per la bonifica dell'area di Taranto. È di 117 chilometri quadrati.

  LAURA PUPPATO. E comunque non ricomprende tutte le aree coinvolte ?

  VERA CORBELLI, Commissario per la bonifica dell'area di Taranto. Esclude Tamburi. Poi ci sono delle aree inframmezzate tra le varie aree SIN. Soprattutto esclude Tamburi, che è il quartiere nato per gli operai ed è proprio a ridosso dei parchi minerari.

  LAURA PUPPATO. Lo conosco, perché è stato oggetto di tante questioni, soprattutto sanitarie, che l'hanno riguardato. Credo che sia in assoluto la più grande area d'Europa da bonificare, più grande del bacino della Ruhr e di tutti quelli che abbiamo conosciuto come ambiti da parametrare.
  Vorrei fare, a questo punto, due domande. I colleghi hanno già chiesto praticamente tutto quello che avrei voluto chiederle io.
  Falde compromesse se ne conoscono ? Lei mi ha detto che 52 pozzi sono utilizzati da Ilva senza autorizzazione, anzi con autorizzazione scaduta. Anzi, si tratta di 32 pozzi. Che cosa significa questo ? Ilva sta utilizzando questi pozzi. Questo che cosa produce in termini di conseguenza, sia diretta e immediata, sia indiretta e successiva ?
  Credo che le questioni che lei ha posto e anche le ipotesi – penso che il presidente l'abbia già accennato – dovrebbero sicuramente vederci uniti in questa vicenda. Si tratta di rivedere l'area SIN, ovviamente, e di inserirvi il quartiere Tamburi.
  Il fatto che ci siano più ambiti dal punto di vista geologico – lei ha parlato del sistema carsico e del sistema delle argille – che cosa significa ? Io capisco che lei è appena arrivata e che ci sta mettendo Pag. 27mano da un paio di mesi, ma che idea si è fatta rispetto a questa diversità di siti e di terreno ?

  PRESIDENTE. Prima di darle la parola, volevo anch'io fare alcune domande. Vorrei sapere complessivamente quanti soldi sono stati messi a disposizione.
  Sicuramente ci saranno aziende responsabili dell'inquinamento, aziende che, però, oggi non ci sono più dal punto di vista societario e che, quindi, credo sia faticoso coinvolgere in un'eventuale situazione di richiesta di risarcimento danni. Ci sono, però, anche alcune aziende che sono ancora presenti.
  Io credo che i finanziamenti erogati debbano sempre tenere conto dell'eventuale responsabilità dei privati nella contaminazione da un punto di vista oggettivo, perché il pubblico non può intervenire a risanare. Diversamente si rischia un utilizzo improprio dei fondi. La situazione penso sia ancora più delicata e, quindi, vorrei sapere se si sta lavorando anche in questo senso.
  Lei è appena arrivata. Io non so da quanti anni questo sia stato dichiarato Sito di interesse nazionale e nella progettazione che c’è stata in precedenza quali siano le aziende che sono intervenute. Anche in questo caso c’è la presenza della società in-house del ministero ? La Sogesid è presente nello studio e nella progettazione passata e futura, oppure no ? Quali solo i supporti, anche tecnici, di cui lei si avvale con la sua struttura ? Mi interessava anche capire com’è composta la sua struttura.

  VERA CORBELLI, Commissario per la bonifica dell'area di Taranto. Parto dalle domande del presidente, perché fanno un quadro. Ribadisco il fatto che sono stata nominata da due mesi. Non ho avuto quasi nulla. Ho avuto una relazione, che vi allegherò, di trasferimento dei dati dall'ex Commissario. Abbiamo fatto il passaggio di consegne. Quello che vi ho mostrato è tutto materiale acquisito quotidianamente presso gli enti interessati.
  Non è possibile crearmi una struttura. Come voi sapete, io sono stata nominata senza alcun compenso e senza fondi a disposizione. Vi chiederete come è stato fatto tutto questo lavoro. È stato fatto da dieci persone, perché io ho coinvolto l'Autorità di distretto presso cui io lavoro e di cui sono segretario generale.
  Avendo un'esperienza di venticinque anni in materia, inoltre, siamo facilitati. Io non sono stata a guardare e a dire: «Va bene, devo fare le scuole e debbo seguire l'area PIP e il porto». Ho cercato di andare oltre, tant’è vero che alla cabina di regia che si riuniva ogni quindici giorni ho chiesto una pausa perché devo rendermi conto di tutto bene per poi dire: «Proseguiamo».
  Il Commissario precedente per la realizzazione delle scuole aveva dato tutto in mano al comune di Taranto.
  Procedo saltando, anche se dovrei rispondere punto per punto, domanda per domanda, perché le questioni sono connesse.

  PRESIDENTE. Eventualmente, ci può anche mandare una piccola relazione scritta in seguito.

  VERA CORBELLI, Commissario per la bonifica dell'area di Taranto. Ricominciamo da capo, altrimenti posso creare confusione.
  Io sono stata nominata da poco, non ho la possibilità di farmi una struttura e non ci sono adesso fondi destinati al Commissario. I fondi previsti dall'accordo del luglio 2012 sono destinati alla cabina di regia, che vedeva, e vede, come presidente la regione Puglia. Nell'accordo è stato riportato che la cabina di regia si potrà avvalere di una società in-house della regione, Puglia Sviluppo.
  Il precedente Commissario aveva firmato un'intesa con la regione Puglia per il suo utilizzo. Io ho preferito soprassedere a tutto questo per capire dove andiamo, cioè che cosa affidiamo. Bisogna costituire prima lo scenario. I primi interventi di cui parliamo sono interventi già previsti dagli accordi, che vengono da altri precedenti accordi.
  Presidente, lei mi ha chiesto dei danni ambientali dovuti ai privati. Qui entra in Pag. 28gioco il concetto «chi inquina paga». Purtroppo, le società private sono fallite (me l'hanno detto, me l'hanno riferito, perché io questa questione non l'ho presa in mano) e ci si è rivolti al curatore fallimentare, il quale ha risposto «Non abbiamo nulla». Pertanto, non c’è alcun compenso da parte di queste società private, che non esistono più. Questo riguarda anche l'area PIP, un'area privata che viene bonificata con i fondi dell'accordo.
  Questa è la situazione che ho trovato. Sto cercando adesso di lavorare in maniera virtuosa per non arrecare ulteriori danni a un territorio che è già compromesso. Cerchiamo di completare questi due interventi che stanno in atto e che sono previsti da vecchi accordi e da vecchie intese. Nell'immediato, nel giro di sei o sette mesi, noi dobbiamo avere lo scenario di tutto, altrimenti rifacciamo solo accordi e intese che alla fine portano un beneficio, ma un beneficio puntuale e non di contesto generale dell'area.
  Lei mi ha chiesto quali sono le società che hanno supportato questi studi. I primi studi sono stati realizzati dall'ICRAM. Poi è intervenuta la Sogesid, perché aveva un contratto, una convenzione con il ministero. Un altro studio l'ha fatto l'ISPRA. Lo studio della caratterizzazione del Mar Piccolo è stato fatto dall'ISPRA – è quello che ho detto essersi fermato ai primi due e cinque metri – ed è stato ripreso poi dall'ARPA.
  La Sogesid si è occupata della caratterizzazione delle aree interne, in particolare di tutta la fascia portuale che riguarda proprio l'Autorità portuale e dell'ex area Belelli.
  La regione Puglia, ripeto, si sarebbe dovuta avvalere della società Puglia Sviluppo. È stata fatta l'intesa col Commissario, ma ad oggi non è stata messa in atto.
  Ricominciamo dal senatore Buemi, che mi ha chiesto del PIP di Statte. È un'area privata, che viene bonificata. Mi fermo qui. Non credo che debba aggiungere altro.
  Per la questione degli acquedotti, l'Ilva preleva l'acqua marina – peraltro, ha un problema di dissalatori – per 18 milioni di metri cubi dal fiume Tara e per 18 milioni di metri cubi dai pozzi, ossia da quelle 32 concessioni scadute. Attingere dai pozzi, voi mi insegnate, crea problemi, se non abbiamo un controllo della falda, se non sappiamo se stia avvenendo un depauperamento della falda.
  Ai fini del raggiungimento degli obiettivi che l'onorevole citava in relazione alla richiesta della direttiva comunitaria per i corpi idrici sotterranei, c’è un prelievo del sistema SIN di circa 15 milioni di metri cubi annui. Il sistema SIN è tutto il sistema – l'onorevole Puppato lo conosce, perché ne abbiamo parlato – dell'acqua che viene da Campania, Basilicata e da tutto il distretto dell'Appennino meridionale e che va verso la Puglia. Molise, Campania e Basilicata forniscono alla Puglia circa 800 milioni di metri cubi annui. Una parte di queste acque è del SIN – parliamo dell'invaso di Monte Cotugno – ed è destinata all'Ilva. Poi c’è un prelievo medio dal Fiumicello, un piccolo corso d'acqua, di 5 milioni di metri cubi annui. Questa è la situazione dei prelievi.
  Per quanto concerne il monitoraggio, con questi prelievi noi abbiamo dei monitoraggi, ma puntuali e non periodici, e non in continuo, ragion per cui non riusciamo a capire l'andamento di questi corpi idrici, sia superficiali, sia sotterranei.
  Questo è il discorso dell'acquedotto.
  Il senatore poi mi ha chiesto dei mitili, che incamerano proprio l'inquinamento. Questa situazione io l'ho fatta presente anche al procuratore. Riallacciandomi a quanto lei mi ha chiesto, io ho preso contatto con tutti, onorevole, con il procuratore, con il prefetto, con il Comandante dei Carabinieri, con il Corpo forestale, con la Guardia di finanza, con il Commissario portuale, con l'arcivescovo. Ho conosciuto un po’ tutti, compresi i sindacati. Mi mancano le scuole e la popolazione.
  Con i NAS c’è il Comandante dei Carabinieri che mi mette in contatto, ma non ho conosciuto i NAS in particolare. Il Pag. 29Comandante dei Carabinieri è una persona veramente squisita e sta cercando di mettermi a disposizione tutto quello di cui necessito.
  Nel primo incontro che ho chiesto al Ministro io gli ho detto: «Vado a Taranto se riesco a incontrare le istituzioni in prefettura». Il vecchio Commissario, infatti, non avendo una sede ed essendo capo dei vigili, si era insediato nella sede dei vigili del fuoco. La prima riunione è avvenuta a fine luglio in prefettura con tutte le istituzioni.
  Successivamente sono state programmate alcune riunioni andando dal prefetto e poi di nuovo dal procuratore. Gli ultimi incontri li ho fatto prima con i sindacati, poi con Confindustria e adesso debbo incontrare le scuole e poi la cittadinanza, anche se è intenzione del ministro dell'ambiente venire a Taranto con un'idea sulle prospettive future. Non so se sono riuscita a scrivere tutte le altre domande e se ce n'erano altre.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE STEFANO VIGNAROLI

  ENRICO BUEMI. C'era la questione del Ministero della difesa.

  VERA CORBELLI, Commissario per la bonifica dell'area di Taranto. Quella è una priorità che chiedo a voi, perché so che, se scrivo io, non riuscirò a fare nulla. Anche come Commissario non riuscirò a fare nulla.

  ENRICO BUEMI. L'ARPA è stata costituita dall'insediamento delle regioni. L'ARPA in Puglia c’è ? Lavora ?

  VERA CORBELLI, Commissario per la bonifica dell'area di Taranto. Sì, per quello che mi risulta, l'ARPA lavora e ha fatto, basandosi sugli studi dell'ISPRA e su quelli della Sogesid, una valutazione. Come vi dicevo prima, ha fatto uno studio alla base di quelle che saranno le misure per il Mar Piccolo.
  La stessa ARPA ha evidenziato che, con i dati a disposizione, con solo quei tre sondaggi nell'area, si possono configurare degli scenari e delle tipologie di intervento, ma non la tipologia precisa. Per questo motivo c’è la necessità di andare a vedere adesso che cosa c’è nel Mar Piccolo.
  L'onorevole Zolezzi mi ha chiesto il discorso del quadro economico. Mi rifaccio anche alla domanda del presidente, anche se ora mi trovo un altro presidente. I fondi che prevedeva l'accordo di programma, i fondi in totale per tutti gli interventi, compresi anche quelli dell'area portuale, ammontavano a 343 milioni di euro. Di questi 343 di milioni ad oggi ne sono stati impegnati 183, trasferiti, trattandosi di delibere CIPE, in parte dal Ministero dell'ambiente, in parte dal Ministero dello sviluppo economico, in parte dal MIUR.
  Il trasferimento di questi fondi è avvenuto ministero-regione-regione-Commissario. La regione Puglia ha ricevuto circa 132 milioni. Al Commissario e, quindi, alla contabilità speciale gestita in questo momento da me sono stati trasferiti 65 milioni. Mi riferisco ai 63 che a lei risultavano. In realtà, sono 65.
  Io vi ho fatto anche il quadro della situazione ad oggi dell'utilizzo dei fondi. I fondi per quanto concerne Statte, scuole e Autorità portuale vengono gestiti dal Commissario, il quale dovrebbe poi trasferirli ai comuni e all'Autorità portuale. Io ad oggi non trasferisco nulla fino a quando non vedo la qualità del lavoro.
  Lei mi chiedeva delle scuole e dei progetti. Le scuole erano in una situazione di degrado complessivo – muri fatiscenti, niente bagni – ed erano, da quanto ho capito, da abbattere. C’è stata la volontà, nell'ambito di questo accordo, di effettuare il rifacimento di queste scuole, in relazione a murature, bagni e smaltimento di quei pochi rifiuti che c'erano, e soprattutto la riqualificazione energetica. Il muro viene un po’ scorticato. Come interventi di bonifica non c’è nulla.

Pag. 30

  ENRICO BUEMI. Il senso della loro presenza in quei siti è stato verificato ? Intendo il senso di mantenerle lì.

  VERA CORBELLI, Commissario per la bonifica dell'area di Taranto. Onorevole, quello è il quartiere Tamburi. Come voi sapete, i cittadini non vogliono abbandonare il quartiere Tamburi. È stato fatto un referendum e solo il 19 per cento ha partecipato, non si è raggiunto il quorum, proprio perché la gente di Taranto non vuole abbandonare quella zona e non vuole che l'Ilva si chiuda, nonostante ognuno, purtroppo, nella sua famiglia abbia avuto dei problemi seri, anche con perdite di vite umane.
  Io stessa ho parlato con le persone del quartiere Tamburi, perché sono andata a verificare lo stato del quartiere. Ci sono delle zone degradate, anche da un punto di vista estetico. Il cimitero è rosso, come la mia borsa. Io sono andata anche nelle varie colombaie, come le chiamano loro. Sono entrata e ho visto che non solo i muri, ma anche i pilastri sono impregnati. Sono proprio a ridosso dei parchi. Affacciandoci dalle colombaie, si vede l'Ilva, ma la gente del posto dice: «Noi non vogliamo che l'Ilva si chiuda perché l'Ilva ci dà lavoro».
  Questo per dire come siano radicati, onorevole, in quell'area. Le scuole sono proprio parte di questa zona. Come edifici, sono dei begli edifici degli anni Quaranta e Cinquanta, ma sono in uno stato di degrado notevole. Secondo me, la cittadinanza e anche le Istituzioni hanno spinto su queste cinque scuole proprio per fornire una risposta immediata. Noi abbiamo fatto la valutazione dei progetti. Tutto questo è nato in un mese e mezzo, lavorando anche di notte, progetto per progetto.
  Quanto ai lavori e alle spese previste per la bonifica nel senso classico del termine, sulle scuole c’è poco, ma io ritengo che queste scuole vadano fatte. Bisogna, però, trovare anche dei fondi destinati alle scuole. In merito io ho anche scritto una lettera alla struttura di missione per le scuole, chiedendo, con riferimento a una parte dei fondi per le bonifiche attualmente impegnati per le scuole, di avere un contributo. Visto che i progetti ci sono già e che tutto si può appaltare e completare entro l'anno, bisogna farlo.
  Questo è il quadro economico intervento per intervento, intesa per intesa, e questo è lo stato di trasferimento, intervento per intervento. Questo è lo stato del quadro economico, cioè di quello che è stato utilizzato nelle varie intese. Vedete le varie forme di finanziamento. Questi sono i fondi, che stanno tutti nella contabilità speciale del Commissario e che ad oggi sono stati destinati in piccola parte ad ARPA. Io incontrerò l'ARPA il 31 ottobre, verificheremo il lavoro fatto e, quindi, si trasferirà un'altra parte.
  L'onorevole prima mi chiedeva l'impegno. L'impegno è stato, ad oggi, per l'ARPA di 450.000 euro per tutto il lavoro che ha svolto.
  L'onorevole mi chiedeva di chi si vuole avvalere il Commissario. La mia risposta è: delle migliori expertise. Bisogna vedere adesso che fondi verranno destinati. Tutto quello che è stato fatto ad oggi è stato fatto con spese sostenute personalmente, perché io non ho fondi, onorevole. Parlo di spese per le carte, per i viaggi...

  ENRICO BUEMI. Quello che, francamente, io non riesco a comprendere è come faccia lei a svolgere quell'attività, che poi è il punto di autorizzazione della spesa, senza avere una struttura, o avendo una struttura difficilmente identificabile.

  VERA CORBELLI, Commissario per la bonifica dell'area di Taranto. La legge dice che il Commissario si può avvalere di altre amministrazioni pubbliche. Avvalere significa farsi distaccare delle persone. Con due ci sono riuscita: un tecnico che viene da Bologna e un segretario comunale.
  Inoltre, mi avvalgo del dottor Capasso, che è vicino a me e che fa parte dell'Autorità, insieme ad altre quattro o cinque persone nell'ambito dell'Autorità. Poiché tutta quest'area ricade nel distretto e il sito di Taranto è uno degli altri siti che, come Bagnoli, sono sotto osservazione da parte del distretto, mi sto avvalendo di loro.
  Questo tema l'ho fatto presente al ministro, al Capo di Gabinetto. È impossibile Pag. 31portare avanti un'azione di questo tipo, perché, ripeto, come diceva l'onorevole Puppato, mi muove la passione, la voglia di fare qualcosa per il territorio, ma fino a quando può durare questa passione, dal momento che mancano i mezzi ? Ad oggi ogni settimana io sono stata a Taranto e a Bari, per due giorni alla settimana, da luglio. Sono diventata operativa dal 23 luglio. Lascio a voi tutte le valutazioni.
  L'onorevole Puppato mi ha fatto una domanda sulle falde compromesse. Da un punto di vista qualitativo, le falde superficiali sono compromesse. Sul livello a cui sono compromesse non abbiamo dati. Comunque, sono compromesse.
  Perché è importante capire il dominio ? Perché, se avessimo tutto uno strato di argilla azzurra, essendo le argille azzurre un impermeabile eccezionale, sarebbe splendido. Purtroppo, però, non ce l'abbiamo, o l'abbiamo a una profondità notevole. Abbiamo, da un lato, questo bacino carbonatico e poi, dall'altro, questa argilla sopra.
  Quest'argilla in parte è stata impregnata, perché non si tratta di argille azzurre, ma di argille limose, che hanno una scarsa porosità, ma ce l'hanno. Pertanto, c’è questo inquinamento nelle due zone critiche, Tosi e Marina militare. Tutti gli inquinanti sono percolati.
  Nella zona carsica abbiamo trovato questo strato oleoso, almeno secondo le circa 350 indagini in tutto fatte nel comune di Statte. Questo strato oleoso si è fermato prima della falda, a partire da un metro sopra la falda.
  Mi rifaccio anche a un'altra domanda che mi ha posto l'onorevole: non è lo strato oleoso, ma l'indagine sul Mar Piccolo quella che non si riesce a configurare nelle matrici ambientali.
  Questo strato oleoso adesso si sta cercando di capire come estrarlo, ma per farlo dobbiamo fare un campo prova, perché l'area è piuttosto vasta. Dobbiamo fare un piccolo campo prova. C’è stata l'ultima Conferenza dei servizi e tre giorni fa al Ministero dell'ambiente hanno dato il via libera. Adesso bisogna capire come intervenire e qual è l'efficacia di questo campo prova, per poi estenderlo a tutta l'area.
  Invece, onorevole, il discorso dell'inquinamento che non si riesce a collocare in matrice ambientale riguarda la zona 170 nel Mar Piccolo, dove sono stati fatti tre sondaggi a cura dell'ARPA, che ha verificato questa situazione. Il Politecnico di Bari è stato incaricato di fare questo lavoro – ci sono delle expertise in questo campo anche nelle università – dal punto di vista biologico. Il materiale è stato mandato a Zurigo, in un famoso centro, di cui ora non ricordo l'acronimo, a livello mondiale che fa proprio questi tipi di verifiche.
  Lei mi ha chiesto che cosa causano i 32 pozzi. Bisogna fare un monitoraggio urgente. Di qui viene l'importanza di coniugare le attività con quelle che debbono essere fatte da parte dell'Ilva. Ci sono diverse attività di tipo ambientale. L'AIA ha fornito 94 prescrizioni, che sono soprattutto sull'aria e sulla superficie del suolo, ma bisogna andare oltre. C’è l'inquinamento delle falde, delle due falde, con l'interconnessione delle due falde. Questo bacino imbrifero dell'Ilva, che vi ho mostrato prima, che cosa porta sul Mar Piccolo ?
  Inoltre, occorre tenere sotto monitoraggio i cinque scarichi, di cui due sono quelli che riguardano il sito industriale dell'Ilva. Occorre tenerli in monitoraggio continuo e capire anche la situazione dell'idrovora, che, se, da un lato, comporta un beneficio in termini ambientali, di temperatura dell'acqua, dall'altro, purtroppo, può portare altri problemi.
  Volevo anche farvi notare un'altra cosa. In base a un rilevamento fatto con il satellite per rilevare la temperatura, tutto intorno al Mar Piccolo, sia nel seno 1, sia nel seno 2, sono state evidenziate delle zone termiche più calde, ragion per cui si presuppone che vi siano degli scarichi. È mia intenzione chiedere all'ARPA di avviare un monitoraggio su quegli scarichi, perché non ne conosciamo nemmeno l'ubicazione. Le zone violette stanno a indicare delle zone più calde e, quindi, prefigurano delle zone di scarico, di immissione.

Pag. 32

  ENRICO BUEMI. Oggi non ci può essere la giustificazione delle Autorità preposte alla vigilanza legata alla tecnologia, perché anche quella ordinaria, senza nemmeno andare oltre, consente di avere sott'occhio come stanno le cose.

  VERA CORBELLI, Commissario per la bonifica dell'area di Taranto. Infatti, e mi riallaccio alla domanda che faceva l'onorevole Zaratti sugli scarichi. Sono state individuate delle zone termiche più calde e quindi lì c’è sicuramente acqua calda, uno sversamento. Tuttavia, non ne abbiamo l'ubicazione, ragion per cui adesso, nell'incontro che faremo con l'ARPA, chiederemo anche questo tipo di monitoraggio.

  ENRICO BUEMI. Basta identificare la zona, e lì è identificata, per capire chi scarica.

  VERA CORBELLI, Commissario per la bonifica dell'area di Taranto. Infatti, è un fatto diretto. Io dico sempre che sono semplice, che sono banale. Onorevole, però, lei capirà che in un mese e mezzo io ho fatto uscire tante di quelle cose che non so se sarò amata, o se abbiano fatto bene a nominarmi. Non lo so. Sono sincera. Cerco di fare il meglio, tentando di fare le cose in equilibrio, perché quella terra ha veramente bisogno di equilibrio e perché è rovinatissima. Io non la conoscevo da questo punto di vista, ma camminandoci, già ad occhio nudo, si vede.
  Non le ho detto che cosa facevo prima. Io sono una geologa – un mancato ingegnere, dico sempre – vengo dall'università e ho lavorato per il bradisismo di Pozzuoli. Poi ho lavorato in regione Campania, alla Protezione civile, all'Autorità di bacino. Mi sono occupata delle Autorità di bacino del Sud. Poi ho fatto la carriera da funzionario e sono diventata segretario dell'Autorità di bacino dei fiumi Liri-Garigliano Volturno. Adesso sono coordinatore del distretto e, tra le tante altre cose – bontà loro – mi hanno nominata Commissario.
  Il mio è stato un percorso tecnico e scientifico, svolto lavorando proprio al largo di Taranto. La cosa bella che il Golfo di Taranto ha è il bacino sedimentario, dove stanno avvenendo tutti i fenomeni naturali che sono avvenuti nel passato e che hanno costituito il nostro Appennino. Ho studiato questo fenomeno con due campagne oceanografiche, ai tempi della ricerca. C’è anche questa connotazione in questo sito.
  Io mi auguro veramente che a Taranto si possa avviare, con dei fondi che, onorevole, adesso non sono utilizzati, circa 30 milioni, la creazione di un laboratorio ambientale a cielo aperto su tutte le componenti dell'ambiente. Bisogna studiarle tutte, dall'idrologia, all'idraulica, alla geotecnica, alla biologia, all'ecologia. C’è bisogno di far nascere qualcosa in quella zona che potrebbe creare anche occupazione.
  Non riferisco tutte le cose che si potrebbero fare, ma sto cercando di capire. Peraltro, il porto di Taranto è un hub portuale, è uno dei porti strategici a livello europeo e si collega su un asse strategico dello sviluppo della comunità europea Nord Europa-bacino mediterraneo. Su questo asse ci sono una serie di fondi e di finanziamenti per cui si potrebbe anche andare in Europa, non con l'elenco degli interventi, ma con gli scenari di azione, un po’ come abbiamo fatto con il Piano di gestione delle acque, che è quello a cui facevo riferimento prima.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Corbelli per la disponibilità e dichiaro conclusa l'audizione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

Audizione del responsabile del Servizio interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA, Alfredo Pini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'approfondimento sull'Ilva, l'audizione del responsabile del Servizio Pag. 33interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA, Alfredo Pini, che ringrazio per la presenza.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Vi ricordo anche che è prevista all'inizio di dicembre una missione a Taranto e che, quindi, avremo occasione di svolgere in loco, oltre ai sopralluoghi, altre audizioni tra le quali i rappresentanti dell'ARPA e delle ASL.
  Cedo la parola al dottor Pini, a cui chiedo di farci un po’ un quadro della situazione di Ilva relativamente all'espletamento dell'Autorizzazione ambientale integrata.

  ALFREDO PINI, Responsabile del Servizio interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA. Il riassunto che mi appresto a illustrarvi attiene, ovviamente, agli aspetti di controllo sull'attività dell'Ilva di Taranto e, in particolare, alla vigilanza e al controllo istituiti dai decreti autorizzativi che sono stati concessi all'acciaieria sin dal 2012.
  Per economia di procedimento e di tempi possiamo non concentrarci sulle primissime attività dell'anno 2012, anche perché antecedenti all'emanazione dell'atto di riesame dell'Autorizzazione integrata ambientale, che in realtà è l'atto oggi vigente e sulla base del quale l'esercizio attuale dell'acciaieria avviene. È anche l'atto che ha accompagnato lo sviluppo delle iniziative governative in materia di vigilanza dello stabilimento.
  Sorvolando, quindi, sulla parte 2012, nella quale pure due ispezioni erano già state condotte, tra luglio e dicembre, con l'emanazione del riesame dell'Autorizzazione integrata ambientale e, quindi, con la costituzione del corpo prescrittivo completo per l'acciaieria, sono state condotte, come previsto dalla legge, ispezioni su base trimestrale.
  Sono state condotte quattro ispezioni nell'anno 2013 e tre ispezioni nell'anno 2014. L'ispezione del quarto trimestre sarà condotta entro la fine dell'anno. Queste ispezioni hanno a riferimento le prescrizioni contenute nel decreto autorizzativo e tutte le attività che lo stabilimento mette in atto in termini di autocontrollo sull'esercizio dello stabilimento.
  In parallelo, oltre all'attività di autocontrollo, durante le ispezioni, che vengono condotte in collaborazione con l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Puglia, vengono anche effettuate attività di campionamento e analisi su alcune matrici ambientali ritenute di interesse per le attività di vigilanza che vengono messe in essere.
  Credo sia necessario anche ricordare che il decreto di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale concessa allo stabilimento Ilva di Taranto è peculiare nel panorama complessivo delle autorizzazioni ambientali nazionali, perché, come probabilmente saprete, prescrive la progettazione e la realizzazione di interventi di aggiornamento e ambientalizzazione dello stabilimento.
  Questa premessa mi è necessaria per darvi l'idea che, rispetto allo standard delle attività di vigilanza e di controllo ambientali che noi svolgiamo sugli altri 160 stabilimenti soggetti ad autorizzazione integrata ambientale in Italia, la vigilanza sull'Ilva di Taranto è particolare. Questo non solo per la frequenza particolarmente elevata stabilita per legge – a base trimestrale, come dicevo prima – ma anche perché ciò comporta la necessità di valutare, da un lato, l'effettiva conformità dell'esercizio dello stabilimento e, quindi, delle emissioni o della gestione delle attività di stabilimento in coerenza con le autorizzazioni rilasciate e, dall'altro, il progressivo avanzamento degli interventi di ambientalizzazione che sono previsti sullo stabilimento. Tali interventi, come probabilmente sapete, sono di particolare complessità e prevedevano a fine 2012, quando è entrato in vigore il riesame Pag. 34dell'autorizzazione integrata ambientale, anche tempi relativamente lunghi, fino a tre anni.
  Le prime ispezioni condotte all'Ilva di Taranto hanno identificato come criticità principale proprio il mancato rispetto delle scadenze di talune attività di ambientalizzazione. Ne cito una, o meglio due, quelle più rilevanti all'epoca. Parliamo dell'inizio dello scorso anno.
  Una materia rimasta per lungo tempo oggetto di approfondimenti anche normativi è relativa alla chiusura di tutti i nastri trasportatori. La chiusura di tutti i nastri trasportatori era prevista in tempi manifestamente irrealistici nella prima AIA e, quindi, fu giocoforza nella prima ispezione verificare che, in realtà, quella chiusura non era stata effettuata nei tempi previsti.
  Altri interventi di rilievo sui quali furono registrati dei ritardi erano connessi alla chiusura di taluni edifici. Ancora oggi è prevista la chiusura fisica degli edifici per ridurre, ovviamente, la dispersione di inquinanti durante le lavorazioni.
  Fondamentalmente sono queste due le questioni.
  A queste due aree principali di ritardo si è aggiunta poi, nel corso del 2013, un'altra area di rilievo, che era legata a tutto il problema della copertura dei parchi minerali e dei materiali. I parchi minerari e dei materiali di Taranto presentano un'estensione assolutamente eccezionale nel panorama europeo, ma probabilmente anche internazionale, ragion per cui i progetti per fare quel lavoro sono progetti di particolare complessità anche dal punto di vista ingegneristico. Comunque, qualche ritardo nel corso del 2013 sulla fase di progettazione – parliamo della sola fase di progettazione – fu verificato e accertato.
  Nel corso dell'anno 2013, come è forse noto a tutti, ci sono stati poi degli sviluppi, sia in termini di gestione della proprietà dello stabilimento, con l'operazione di commissariamento dello stabilimento stesso, sia in termini di rivisitazione autorizzativa, con la normativa sul commissariamento dell'Ilva di Taranto e una nuova lettura di quella parte dell'autorizzazione che vi dicevo.
  Questa era una parte di sviluppo, che prevedeva degli interventi e dei tempi per la realizzazione. Si tratta del cosiddetto Piano ambientale, che è stato rimesso a un Comitato di esperti e che si è concretizzato poi, all'inizio del 2014, attraverso la formalizzazione e poi attraverso il Piano industriale che da questo Piano ambientale ha tratto le mosse e che si è concretizzato all'inizio dell'anno.
  Nel corso del 2014 sono state condotte anche attività di vigilanza e di controllo, ispettive, a fronte del nuovo Piano ambientale, che ha rimodulato le scadenze. Pertanto, molte delle attività che precedentemente erano state accertate come in ritardo, oggi in realtà non sono più oggetto di accertamento da parte dell'ISPRA.
  Nell'ultima ispezione, che si è chiusa la settimana passata – sette giorni fa eravamo all'Ilva di Taranto – è emerso ancora un problema, perché il Piano ambientale, così come è stato approvato e poi successivamente trasformato nel Piano industriale, mantiene tutt'oggi delle scadenze su specifiche prescrizioni.
  L'impostazione generale della norma che ha accompagnato l'emanazione del Piano ambientale sembra voler indicare che i termini specifici prescrittivi su talune singole prescrizioni possano essere intesi come disposizioni di natura ordinamentale, perché il nuovo Piano ambientale ha anche stabilito un criterio per la valutazione della conformità dell'esercizio dell'adeguamento dello stabilimento alla norma. Questa conformità è stata individuata in una percentuale minima di opere o di attività avviate all'atto del controllo e dell'ispezione.
  A parte questa necessità di interpretazione normativa sulla quale l'ISPRA sta lavorando – ma anche l'autorità competente del Ministero dell'ambiente sarà coinvolta a breve dall'ISPRA su questo tema – di fatto nell'ultima ispezione abbiamo identificato alcune aree di potenziali ritardi sugli interventi di adeguamento, Pag. 35che però, a differenza del passato, oggi non costituiscono una violazione esplicita dell'atto autorizzativo.
  Sia nell'anno 2013, sia nell'anno 2014 sono state, peraltro, accertate presso l'Ilva di Taranto anche alcune violazioni in termini di specifiche prescrizioni che riguardano le emissioni di inquinanti. Si tratta, però, di violazioni che accadono in tutte le AIA statali nazionali, a seguito delle quali si procede, secondo la normativa, con le eventuali proposte di diffida all'autorità competente per la risoluzione della non conformità ordinaria, o, se necessario, con eventuali sanzioni di natura amministrativa.
  Questo è il quadro. Ovviamente, posso entrare più nel dettaglio e nello specifico anche con l'elencazione dei risultati dell'ispezione della scorsa settimana, con il tipo di interventi che abbiamo identificato e con le potenziali criticità, se ciò è di interesse.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ENRICO BUEMI. Affronto proprio l'ultima questione che lei ha richiamato. Secondo lei, quali sono le criticità più rilevanti che ad oggi ancora non sono state risolte e qual è l'eventuale sua valutazione ?

  LAURA PUPPATO. Vorrei chiedere, visto che deve precisare, se può precisarci anche, in relazione agli incidenti che hanno dato origine a emissioni in eccesso rispetto a quelle preventivate, se si è compreso quale ne sia causa la fondamentale e se sia un fatto accidentale o, invece, ancora un problema di sistema.

  PRESIDENTE. Chiedo anch'io un paio di cose, in modo che fornisca una risposta complessiva.
  In primo luogo, vi chiedo qual è il rapporto che avete oggi sia con la procura, sia con l'ARPA Puglia. Con l'ARPA Puglia so che all'inizio c’è stato un momento non dico di frizione, ma di messa a regime del sistema.
  Ovviamente voi, come ha detto, quando accertate le violazioni, fa delle diffide alle autorità competenti. In merito le chiedo anche di lasciarci il materiale e poi eventualmente, visto che fate trimestralmente questi controlli, se sia possibile avere, anche nel tempo, fino a quando noi saremo in carica, gli aggiornamenti in corso d'opera. Il tema dell'Ilva sarà centrale per tutto questo scorcio finale della legislatura. Pertanto, avere gli aggiornamenti sarebbe interessante anche per noi per capire se le cose vanno come devono andare.
  Do la parola al nostro ospite per la replica.

  ALFREDO PINI, Responsabile del Servizio interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA. Sulla prima domanda, ossia su quali sono in particolare le criticità che sono state identificate, cercherò di distinguere fra criticità di natura operativa, che dovrebbero essere gestite e risolte nella normale gestione operativa dello stabilimento, e criticità, invece, che noi identifichiamo come tempi di attuazione o realizzazione degli interventi e che mi sembrano, dal punto di vista concettuale e strutturale, un po’ più rilevanti. Tratterò poi anche la parte degli incidenti.
  Certamente ci sono degli interventi di smantellamento di talune parti di stabilimento, come l'altoforno 3, che prevedevano dei tempi di realizzazione. Oggi noi siamo realisticamente convinti che i tempi di realizzazione di quegli interventi di smantellamento non saranno al momento rispettati.
  Questa è una criticità assoluta nella gestione del Piano di ambientalizzazione ? Probabilmente no, perché, lo ricordiamo, c’è una scadenza al 2016 e, quindi, qualcosa potrebbe essere recuperato – o anche, ovviamente, ulteriormente ritardato – ma allo stato attuale certamente non ci preoccupa.
  Sulla chiusura dei nastri, che era un altro degli argomenti cardine, in questo momento c’è un avanzamento nella percentuale. Pag. 36Noi ci fermammo a fine 2013 intorno al 30 per cento dei nastri chiusi. Oggi probabilmente siamo al 40 per cento. In realtà, c’è anche una significativa eliminazione di taluni nastri previsti e, quindi, siamo al 40 per cento su un totale che è leggermente diverso rispetto a quello iniziale.
  Sempre in termini di criticità sui tempi di intervento ci sono alcuni interventi di natura strutturale su un'area che è di particolare delicatezza per l'esercizio dello stabilimento. Si tratta dell'area delimitata dove avvengono operazioni di recupero dei materiali ferrosi. È un'area in prossimità delle due discariche esistenti, sulle quali già nel 2013 erano state accertate delle violazioni ed erano stati identificati degli interventi di natura strutturale che il Piano ha fatto propri e sui quali oggettivamente in questo momento c’è un ritardo.
  Ci sono anche delle aree di criticità di natura più operativa. Una attiene proprio alla gestione degli eventi incidentali. Si è discusso a lungo con Ilva nell'anno 2013 sulla possibilità di migliorare tutto il sistema di previsione dei fenomeni cosiddetti di slopping. Si tratta di quei fenomeni che danno manifestazioni molto evidenti, che in taluni video e filmati si vedono, di fuoriuscita di fumi rossi dagli edifici delle acciaierie. In questo momento è stato installato un nuovo sistema di previsione della gestione dell'acciaieria, in particolare delle siviere di acciaieria, che dovrebbe consentire di prevedere l'innesco di fenomeni di questo tipo.
  Anche questa materia fu oggetto di contestazione e di accertamento di violazione da parte dell'ISPRA nell'anno 2013, perché l'autorizzazione precedente il riesame, prima del Piano ambientale, prevedeva la totale eliminazione degli slopping. Si tratta di una disposizione sulla quale c’è una certa perplessità in merito al fatto che sia proprio tecnicamente realizzabile.
  Certamente il numero di slopping che erano stati registrati nello stabilimento negli anni passati era molto elevato. Nell'anno 2013 quel numero fu ridotto, ma gli slopping non sono stati del tutto eliminati.
  Questo vale anche per la gestione degli eventi incidentali, nel senso che oggi a Ilva – questo è uno degli argomenti di criticità che segnaleremo all'autorità competente in questi giorni, a esito dell'ultima ispezione – è stato richiesto dagli enti di controllo proprio di adottare un diverso sistema di stima e di consuntivazione degli effetti incidentali. Ciò non vuol dire prevenirli. La parte prevenzione è quella che dicevo prima. Anche nella parte di stima e gestione degli effetti, però, esistevano precedentemente delle perplessità sui meccanismi di valutazione dell'Ilva. Tutt'oggi, anche con l'introduzione del Piano ambientale permangono queste criticità per quanto riguarda la parte incidentale.
  Tutte le attività sono svolte con ARPA Puglia, devo dire, in questo momento, in totale accordo con ARPA e anche in collaborazione, nel senso che gli ispettori sull'Ilva sono sempre ispettori ISPRA e ARPA.
  Questo è fisiologico nella gestione del sistema di protezione ambientale, perché ISPRA non dispone di attrezzature per l'effettuazione di attività strumentali sul posto, che sono, invece, patrimonio dell'Agenzia regionale, la quale effettua tali attività normalmente. L'Agenzia regionale ha anche attività proprie di accertamento che derivano da precedenti rapporti con le procure e che proseguono esattamente come nel passato.
  Per quanto riguarda, invece, la domanda sui rapporti con la procura di Taranto, essi si limitano ad oggi, per quanto riguarda l'ISPRA, alle comunicazioni delle notizie di reato che sono state inviate alla procura per tre volte, ossia per tre ispezioni nel corso del 2014.
  Il mio collaboratore mi ricorda che sono quattro. Ad oggi, però, non c’è stato un coinvolgimento della procura. Peraltro, ci sono stati alcuni contatti telefonici informali anche da parte mia con la procura, ma non ci sono stati coinvolgimenti diretti dell'istituto, cosa che in altre situazioni e in altre realtà nazionali, invece, è accaduta.Pag. 37
  Alcune procure ci chiamano direttamente per i seguiti delle notizie di reato. Nel caso della procura di Taranto non c’è stato questo coinvolgimento diretto. Esistono solo degli scambi telefonici informali e delle comunicazioni ufficiali che l'ISPRA invia come notizie di reato.

  ENRICO BUEMI. Avete qualche vostra idea sul perché ?

  ALFREDO PINI, Responsabile del Servizio interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA. No, non ho un'idea particolare. Le ripeto, non è un comportamento diverso da altri comportamenti in Italia. Questo deriva, a mio giudizio, proprio dalla strutturazione della normativa ambientale, nel caso dell'AIA in particolare dalla forte caratterizzazione di criteri sanzionatori di natura penale che accompagnano la normativa generale dell'Autorizzazione integrata ambientale, peraltro rivista per effetto del recepimento della direttiva IED a inizio anno, ad aprile, con l'emanazione del decreto legislativo n. 46. Oggi c’è stata una significativa depenalizzazione di talune violazioni dell'Autorizzazione integrata ambientale.
  A fronte di questa caratteristica strutturale della normativa ambientale, che comporta, nel caso particolare dell'AIA, quasi sempre, laddove si riscontrano non conformità all'atto autorizzativo, la trasmissione di una notizia di reato alla procura territorialmente competente, il comportamento delle singole procure è, come dicevo prima, piuttosto variegato sul territorio nazionale.
  Ci sono procure che non ci hanno mai neanche contattato, che non ci hanno mai sentito e che avviano in autonomia – questo vale per Taranto come per altre procure d'Italia – tutte le attività di indagine, se ritengono di avviarle, per effetto di notizie reato.
  Al contrario, ci sono procure che ci hanno contattato direttamente e che chiedono a noi talvolta di svolgere alcune attività a supporto dell'autorità giudiziaria nel caso di accertamenti o che in altre situazioni ci chiedono, laddove si ritiene superata la fattispecie che è stata oggetto di accertamento, di svolgere – ce lo richiedono espressamente, anzi ci delegano, come si dice in questo caso – attività di indagine per la verifica del superamento delle prescrizioni. La situazione, quindi, è molto disomogenea sul territorio. Non esiste una norma.

  ENRICO BUEMI. Voi predisponete un atto ufficiale dopo la vostra ispezione, oppure no ?

  ALFREDO PINI, Responsabile del Servizio interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA. Sì, facciamo una comunicazione alla procura.

  ENRICO BUEMI. Questo potrebbe, quindi, diventare un elemento di valutazione dell'autorità giudiziaria. Mi stupisco che non lo sia.

  ALFREDO PINI, Responsabile del Servizio interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA. Ovviamente, sono molte le autorità competenti che noi coinvolgiamo dopo l'ispezione. Per darle il quadro completo, la prima...

  ENRICO BUEMI. In una realtà che ha avuto bisogno che si sollevasse un caso nazionale per vedere le istituzioni locali attente in maniera più puntuale sull'argomento fare un controllo incrociato non sarebbe male.

  ALFREDO PINI, Responsabile del Servizio interdipartimentale per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo delle attività ispettive dell'ISPRA. Non posso escludere, ovviamente, che la procura abbia in corso delle attività di indagine sulle nostre notizie di reato avvalendosi di altre strutture. Peraltro, credo che da questo punto di vista l'ARPA Puglia qualche rapporto con la procura più diretto ce l'abbia, ma le Pag. 38attività di indagine giudiziaria sono coperte da segreto e, quindi, io non ne sono a conoscenza.

  PRESIDENTE. Bene. Intanto ne approfitto per ricordare che al Senato voi avete incardinata la legge sulle Agenzie e che, quindi, questo è uno degli articoli nuovi. Peraltro, ci sono visioni diverse sul tema del rapporto delle Agenzie con la procura, perché non tutte le Agenzie la pensano allo stesso modo. È una bella discussione. Non so se si riesca a venirne a fondo, ma è una discussione interessante. Vedrete, quando andrete a fondo, se farete un po’ di audizioni, che è interessante.
  Ringrazio i nostri ospiti. Se ci lasciate o ci invierete di documentazione, ve ne saremmo grati. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 20.15.