XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Giovedì 16 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 2 

Audizione del Comandante generale della Guardia di Finanza, Gen.C. A. Saverio Capolupo:
Catania Mario , Presidente ... 2 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di Finanza ... 2 
Catania Mario , Presidente ... 17 
Cenni Susanna (PD)  ... 17 
Catania Mario , Presidente ... 19 
Russo Paolo (FI-PdL)  ... 19 
Fantinati Mattia (M5S)  ... 20 
Mongiello Colomba (PD)  ... 20 
Catania Mario , Presidente ... 21 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di Finanza ... 21 
Screpanti Stefano , Capo del III Reparto del Comando Generale della Guardia di finanza ... 25 
Capolupo Saverio , Comandante generale della Guardia di Finanza ... 25 
Catania Mario , Presidente ... 26 

ALLEGATO: Documentazione presentata dalla Guardia di Finanza ... 27

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 14.35.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso. Nella giornata odierna, stante anche la rilevanza dell'audizione che abbiamo, si procederà anche alla trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Comandante generale della Guardia di Finanza, Gen. C. A. Saverio Capolupo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Comandante generale della Guardia di finanza, generale Saverio Capolupo, audizione particolarmente rilevante. Sono presenti, insieme al generale Capolupo, il generale Screpanti, capo del III reparto del Comando generale, il generale Pomponi, capo del VI reparto, il capitano Riccio, il colonnello Giovanni Avitabile e il tenente colonnello Fontana.
  Siamo a uno dei passaggi più importanti nella sequenza delle nostre audizioni. Io almeno lo considero tale, perché l'esperienza e la professionalità della Guardia di finanza nell'attività che stiamo svolgendo rispetto, appunto, all'inchiesta della contraffazione, sono assolutamente preziose e per noi un contributo irrinunciabile.
  Credo vi sia stata già distribuita la relazione del generale, a cui cedo la parola.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di Finanza. Signor presidente e onorevoli deputati, desidero innanzitutto porgere i miei saluti e un sentito ringraziamento per l'opportunità offerta alla Guardia di finanza di fornire un contributo conoscitivo e propositivo ai lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale.
  Nel corso del mio intervento, traccerò un quadro dell'esperienza operativa modulata dai reparti del Corpo nel contrasto agli illeciti che colpiscono la proprietà intellettuale e, in questa prospettiva, articolerò l'esposizione in tre punti: l'analisi delle attuali dinamiche di sviluppo e manifestazione del fenomeno; il dispositivo organizzativo e le vie d'azione della Guardia di finanza; alcune considerazioni e proposte conclusive.
  Tenendo conto dell'audizione tenutasi nel febbraio 2011 innanzi alla Commissione parlamentare d'inchiesta della precedente legislatura, prenderò in considerazione soltanto il periodo 2011-2014. È, inoltre, a disposizione di codesta Commissione un dossier contenente schede di dettaglio relative ai risultati conseguiti, alle principali operazioni svolte e ad altri aspetti ritenuti di particolare interesse.
  Aggiungo che per motivi di tempo, d'accordo con il presidente, salterò una parte della relazione che avevo predisposto, Pag. 3che ovviamente è a vostra disposizione. Se ci saranno domande specifiche, resto disponibile a rispondere.
  Le condotte di contraffazione sono numerose e diversificate. Accanto all'imitazione di marchi e articoli si è affermata l'usurpazione delle indicazioni di origine e qualità delle merci, così come l'artificiosa attestazione della loro corrispondenza rispetto a standard di sicurezza in realtà non rispettati, con il risultato di mettere in pericolo non solo l'affidamento commerciale del consumatore, ma anche la sua stessa salute.
  Diffuso è poi l'indebito sfruttamento dei diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno, un ambito in cui il progresso tecnologico dell'ultimo decennio ha senz'altro determinato un sensibile aumento di condotte illecite. Numerosi documenti di istituzioni e centri di ricerca nazionali e internazionali hanno cercato di stimare le dimensioni della contraffazione muovendosi nel contesto sommerso di un mercato non regolamentato, che di certo non contribuisce all'accuratezza di queste analisi.
  Solo per citare un esempio, secondo l'elaborazione del rapporto 2014 del Censis, il fatturato annuale della contraffazione in Italia ammonta a 6,5 miliardi di euro, da cui deriva una perdita di gettito fiscale stimato in 5,2 miliardi, un valore aggiunto sommerso di 6,4 miliardi e 105.000 posti di lavoro in meno.
  Quali sono le cause del fenomeno ? Sul piano normativo, va osservato che a livello globale coesistono dispositivi nazionali disomogenei, talvolta inadeguati sotto il profilo della prevenzione e della deterrenza, in altri casi oggetto di scarsa applicazione. Questo non riguarda certo il nostro Paese, che dispone di strumenti giuridici all'avanguardia, soprattutto a seguito della riforma del settore operata con la legge 23 luglio 2009, n. 99, ulteriormente affinata con le novità introdotte nel 2013.
  In una visuale macroeconomica, non possono essere trascurati l'ampliamento delle reti di scambio delle merci e le nuove opportunità di accesso ai mercati con manodopera a basso costo, che hanno indotto molte imprese a delocalizzare le proprie produzioni esponendosi a rischi di appropriazione indebita di nuove aree industriali.
  Sono, inoltre, da considerare le capacità manageriali delle organizzazioni delinquenziali, che hanno intuito e prontamente colto l'opportunità di rigenerarsi e prosperare grazie a un business illecito ad alta redditività e basso rischio, mutuando metodi e strumenti già ampiamente sperimentati in contesti di maggiore spessore criminale, quali quelli relativi al traffico di contrabbando e di stupefacenti.
  In tale scenario, si è confermata la tendenza già registrata dalla precedente Commissione d'inchiesta all'ampliamento della gamma e dei beni oggetto di contraffazione: non solo capi e accessori di alta moda, ma anche articoli per la casa, giocattoli, ricambi per automobili, apparati elettronici, ferramenta e molto altro ancora.
  Nessuna tipologia di prodotti è ormai immune da possibili aggressioni. Qualche esempio tratto dall'esperienza operativa di quest'anno potrà conferire concretezza a quest'affermazione. Nel gennaio scorso, i reparti del comando provinciale di Perugia hanno sequestrato 200 tonnellate di pellet per uso domestico di provenienza est europea condizionati in imballi eleganti o di marche del settore contraffatti.
  Ancora, a gennaio, la Guardia di finanza di Taranto ha sequestrato presso il locale scalo portuale 21.300 tra tappi in plastica e coprilattina con il marchio di una notissima bibita, si badi, in un container proveniente dall'estremo Oriente.
  A Modena, i militari del comando provinciale, dopo aver sequestrato l'anno scorso circa 6 milioni di false figurine di calciatori, hanno individuato ad aprile di quest'anno un'organizzazione dedita alla contraffazione di libri d'arte editi dalla stessa casa editrice.
  I servizi che ho ricordato sono riferibili a condotte di contraffazione che possono definirsi classiche, accanto alle quali desta allarme anche la diffusione di prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza perché confezionati con agenti chimici Pag. 4dannosi o senza le dovute accortezze per preservare l'incolumità degli utilizzatori.
  È il caso, ad esempio, di oltre 2 milioni di maschere, trucchi e giocattoli, tutti privi dei necessari certificati di conformità, sequestrati a febbraio di quest'anno a Roma. Le successive analisi di laboratorio di un campione della merce hanno evidenziato la presenza di quantità elevate di un composto infiammabile e nocivo in caso di inalazione, irritante per le mucose, le vie respiratorie, gli occhi e la cute.
  Sono stati sequestrati in tutta Italia 136.000 pastelli colorati importati dalla Cina, su cui è stata rilevata la presenza, in misura di tre volte superiore al consentito, di sostanze chimiche altamente tossiche che, soprattutto se assunte da soggetti di giovane età, possono nuocere gravemente allo sviluppo fisico e mentale.
  Da dove provengono queste merci ? Una recente analisi delle rotte di movimentazione dei prodotti contraffatti è raccolta in un rapporto pubblicato dalla Commissione europea lo scorso mese di luglio. Il documento mette chiaramente in evidenza il primato della Cina quale principale Paese di provenienza delle merci contraffatte con il 66 per cento del totale dei beni sequestrati, vale a dire 23,7 milioni di pezzi, su un totale di 36 milioni bloccato alla frontiera nel 2013. Per alcune tipologie di beni, il rapporto segnala il ruolo non marginale di altri Stati, come l'Egitto per gli alimentari, la Turchia per i profumi e i cosmetici, Hong Kong per gli accessori, la telefonia e i computer.
  Dal rapporto emerge l'impegno dell'Italia, che nel 2013 si pone in testa alla classifica dei Paesi per numero di articoli sequestrati, 4,9 milioni di pezzi, e al quarto per numero di casi di illeciti riscontrati ai varchi doganali, 5.492 su un totale di 86.854.
  Le evidenze investigative dei reparti confermano l'esistenza di diversi canali di importazione. In un'operazione, il nucleo di Polizia tributaria di Napoli ha scoperto, per esempio, che l'introduzione di prodotti contraffatti da parte di gruppi criminali individuati avveniva tramite il porto franco di Ceuta in Africa, le città di Algeciras e Barcellona in Spagna e le frontiere della Grecia.
  Tuttavia, oltre che dall'estero, il mercato della contraffazione nazionale è alimentato da veri e propri poli produttivi sul territorio organizzati per gestire ogni singola fase del processo che conduce all'immissione e al consumo dei generi contraffatti, dall'importazione della materia prima all'assemblaggio, dallo stoccaggio alla vendita, riuscendo talvolta a sfruttare le eccellenze di alcuni distretti produttivi nazionali. È il caso dell'operazione «Omnia Venalia» del nucleo di Polizia tributaria di Vicenza, conclusa nel 2013 con la denuncia di 69 persone e il sequestro di 323.000 capi di abbigliamento e accessori contraffatti.
  In tale ambito, gli organizzatori grafici si avvalevano, per la produzione di bottoni e targhette metalliche da apporre agli abiti e sugli articoli di pelletteria falsificati, di alcune aziende situate tra le province di Brescia e di Bergamo, ove insiste un rinomato distretto industriale specializzato nella lavorazione dei metalli. Tra esse, vi era anche la società all'epoca responsabile in esclusiva della produzione dei sigilli di garanzia di un famoso marchio di moda, presso la quale, durante una perquisizione, sono stati rinvenuti 140 chilogrammi di minuteria metallica riproducenti il noto luogo e numerosi altri. A seguito dell'intervento, la casa di moda ha revocato il mandato all'azienda, introducendo più stringenti controlli sulla propria filiera produttiva.
  Imponenti sono risultate anche le strutture produttive individuate da Napoli in due operazioni concluse nel 2013 e nel 2014. Nella prima, in un capannone industriale di 500 metri quadrati a San Giuseppe Vesuviano, sede della fabbrica clandestina, sono state trovate 7 macchine stampatrici con rulli in metallo amovibili su cui erano impressi notissimi marchi di moda contraffatti, 5 chilometri lineari di pellame già stampato, per un peso complessivo di 7 tonnellate, e ulteriori 2.000 metri di tessuto ancora da marcare.Pag. 5
  Nell'altra operazione, invece, lo stesso reparto ha disarticolato tre distinti sodalizi operanti in Campania, sequestrando ben 24 macchinari industriali, 16 banchi da lavoro e altrettanti locali adibiti a deposito, oltre a 400.000 pezzi già convenzionati o semilavorati e 10.500 metri quadrati di tessuto pronto per la marcatura, l'equivalente di un campo di calcio regolamentare.
  Naturalmente, la vendita dei prodotti sul territorio necessita di una fitta rete organizzativa composta da intermediari, procacciatori, corrieri e venditori. Emblematica su questo fronte è l'operazione del nucleo di Genova, che ha permesso di individuare un'organizzazione criminale composta da soggetti di origine senegalese, che aveva allestito all'interno di un fabbricato della storica via Prè un vero e proprio supermercato di merce contraffatta, presso cui si approvvigionavano connazionali dediti allo smercio al dettaglio della zona del porto antico.
  Oltre che attraverso la rete di minuta vendita abusiva, assicurata prevalentemente da soggetti di origine africana, le merci contraffatte sono distribuite anche tramite esercizi commerciali regolarmente autorizzati, gestiti in molti casi da soggetti di etnia cinese. È il caso di tre punti vendita individuati a Roma ove, nel giugno scorso, sono stati sequestrati 12,5 milioni di paia di calze col marchio contraffatto di una nota azienda del settore, giunte dalla Cina e sdoganate in Gran Bretagna.
  Un approfondimento specifico merita il ruolo di Internet. Nella distribuzione dei prodotti contraffatti e piratati, le analisi presentate dal consorzio del commercio elettronico italiano in occasione dell’E-commerce forum del maggio scorso confermano che lo shopping sulla rete si sta rapidamente diffondendo nel nostro Paese: circa 20 milioni di utenti hanno effettuato almeno un acquisto on line. Nel 2013, la dinamica della vendita on line su piattaforme business to consumer in Italia è proiettato su un valore superiore a 11 miliardi di euro, con un incremento rispetto all'anno precedente del 17 per cento.
  In una visione più ampia, il fatturato di tali transazioni nel 2013 è stato stimato in oltre 305 miliardi di euro in Europa, 280 negli Stati Uniti e 216 nell'area asiatica. Insomma, il web rappresenta uno straordinario canale di distribuzione commerciale e una opportunità di crescita per le imprese nazionali che, con investimenti contenuti, possono aumentare la propria rete di potenziali clienti e diffondere il made in Italy nel mondo.
  Tuttavia, proprio per le sue caratteristiche di rete globale, Internet si presta anche alla diffusione della contraffazione. Tra le cause che agevolano l'uso del Web per fini illeciti, vi sono: la possibilità di rendersi anonimi o di simulare la propria identità; l'ampia cerchia di punti di vendita virtuali nonché la sicurezza delle transazioni sul piano sia economico sia distributivo logistico, considerato che sotto quest'ultimo profilo le maglie della rete di controllo sul territorio possono essere facilmente bypassate dalle piccole spedizioni che interessano i consumatori finali.
  Tra l'altro, in tale contesto va anche considerato il ruolo svolto dei gestori dei servizi di vendita e dei soggetti che pongono a disposizione i server, sostanzialmente deresponsabilizzati in merito ai contenuti e all'utilizzo degli spazi virtuali ceduti. La Corte di giustizia europea, infatti, che si è ripetutamente occupata di contraffazione on line a partire dalla sentenza del 2010 per il caso Google-AdWords, ha precisato che per i cosiddetti «Internet service provider» valgono le limitazioni alla responsabilità dell'intermediario contemplate dalle direttive sul commercio elettronico del n. 31 del 2000, in quanto le attività di tali operatori sono da ritenersi di ordine meramente tecnico, automatico e passivo.
  Sul piano repressivo, il contrasto dell'uso illecito del web è tutt'altro che agevole. Il problema più serio da affrontare è connesso alla territorialità dei traffici illeciti che sfruttano la rete. I siti di e-commerce costituiscono di fatto uno strumento attraverso il quale è facilitato l'incontro tra la domanda e l'offerta. Pertanto, anche qualora si riesca a Pag. 6individuare chi si nasconde dietro le piattaforme informatiche, difficilmente si arriverà ai sottostanti canali di produzione e stoccaggio della merce illegale, spesso separati logisticamente e territorialmente, collegati in Paesi diversi e non necessariamente inquadrati in un'unica regia. Gli stessi apparati informatici su cui si appoggino le vetrine on line del falso sono in massima parte localizzate in Paesi esteri o, comunque, dispersi in una fitta rete di indirizzi e punti di snodo virtuali la cui ricostruzione è molto complessa.
  L'azione repressiva quindi conduce per lo più all'oscuramento dei siti illegali ottenuto attraverso il blocco informatico dell'accesso alle loro pagine, che però può essere superato attraverso la deviazione del traffico su altri indirizzi Internet o mediante la creazione di nuovi siti nella rete.
  Le esperienze sul campo della Guardia di finanza hanno già portato a numerose operazioni anti-contraffazione via Internet. Il nucleo speciale ha oscurato già 38 siti Internet ospitati su server collocati in Paesi esteri e attraverso i quali erano commercializzati prodotti contraffatti di noti marchi nazionali e internazionali a prezzi fortemente ribassati.
  I reparti di Bergamo hanno sequestrato 10 siti Internet che avevano commercializzato on line oltre 450.000 capi e accessori di noti marchi nazionali e internazionali contraffatti. Dall'indagine è emerso che i gestori dei siti avevano artatamente collocato all'estero gli indirizzi IP per sviare e rendere più difficile l'attività di intelligence, segnatamente in Lussemburgo, Spagna, Australia, Israele, Stati Uniti, Turchia, Hong Kong, Panama, Cina e India. Gli articoli proposti in vendita erano distribuiti su diverse migliaia di pagine, visitate giornalmente da altrettanti utenti e di qualità tale da trarre in inganno i potenziali acquirenti, anche perché i prezzi non erano di molto inferiori a quelli ufficiali di mercato.
  Una particolare fenomenologia criminosa finalizzata alla proliferazione dei negozi on line e per la vendita di prodotti falsi è stata scoperta dal Nucleo speciale frodi tecnologiche quest'anno. In tal caso, sono stati individuati 53 siti italiani in cui erano state pubblicate pagine che rimandavano ad alcuni portali di e-commerce di merce contraffatta ospitati su server esteri.
  I siti, riconducibili in alcuni casi a comuni o a scuole, erano stati violati all'insaputa dei legittimi titolari da hacker professionisti, che hanno sfruttato con successo alcune debolezze dei sistemi informatici per pubblicare illegalmente pagine per la vendita di prodotti contraffatti. Questa tipologia di attacco informatico, tecnicamente noto come defacement, si avvale di programmi in grado di sfruttare metodicamente su larga scala la vulnerabilità delle piattaforme informatiche che ospitano i siti e ha l'obiettivo di fare aumentare il cosiddetto pleasure ranking dei siti illegali sui motori di ricerca, cioè la loro notorietà a vantaggio dell'incremento delle possibilità di contatto degli utenti della rete.
  Un'altra tecnica utilizzata dai cyberpirati per indirizzare subdolamente i navigatori di Internet verso siti contraffatti è la cosiddetta traffic diversion, realizzata inserendo nella struttura delle pagine dei siti legali alcuni termini, cosiddette tag, riferite ad aziende connotate da elevato livello di popolarità nella rete per elevare il posizionamento delle risorse Web nella lista dei risultati restituita dai motori di ricerca.
  Internet trova, però, ampio spazio anche per la diffusione di opere dell'ingegno indebitamento duplicate. Lo sviluppo della rete sta addirittura radicalmente modificando le caratteristiche della pirateria audiovisiva. Se, da un lato, film, canzoni, programmi informatici, sono ancora riprodotti e registrati legalmente su CD-Rom e DVD poi venduti ai consumatori finali, sempre più frequentemente lo sfruttamento delle opere dell'ingegno è attuato direttamente sul web, contenitore e moltiplicatore dei programmi illegali grazie alle tecniche del file sharing e del downloading.
  Tale fenomeno, ad esempio, è emerso chiaramente nell'operazione denominata «Italian blackout», condotta da un reparto Pag. 7di Cagliari in collaborazione con il Nucleo speciale frodi tecnologiche, che ha portato all'oscuramento di una piattaforma che consentiva, attraverso 120 server sparsi in tutto il mondo, il download di milioni di opere protette da diritto d'autore tra film, tracce musicali, serie televisive, videogiochi e prodotti editoriali.
  Lo stesso nucleo speciale di recente ha portato a termine un'importante operazione, la prima nel suo genere Italia, in cui è stato ricostruito un legame diretto tra un noto cyberlocker nazionale, vale a dire il sito vetrina per la condivisione delle opere, e gli uploader, cioè gli utenti della rete che scaricano il materiale nella piattaforma.
  Le indagini hanno evidenziato che i gestori del sito fidelizzavano i propri utenti coinvolgendoli nel traffico illecito attraverso la corresponsione di somme proporzionate al numero di download eseguiti sulle opere oggetto di condivisione. Il guadagno ottenuto tramite la vendita di abbonamenti e di accesso al sito è stato pari a 1,3 milioni di euro, corrispondente a oltre 460 milioni di scarichi illegali di file protetti dal diritto d'autore.
  Va, tuttavia, segnalato un importante tratto distintivo tra la contraffazione e la pirateria audiovisiva on line rappresentata dalla fonte del profitto delle organizzazioni dedite a tali pratiche illecite. Per i contraffattori, infatti, il guadagno è legato alla vendita del prodotto illegale. In questo senso, Internet si atteggia come link tra domanda e offerta. Per i pirati audiovisivi, invece, il vantaggio economico non deriva unicamente dalla vendite delle opere duplicate, che anzi sono per lo più messe a disposizione degli utenti gratuitamente. In tale contesto, il profitto è principalmente rappresentato dai proventi pubblicitari connessi alla notorietà del sito dal quale le opere stesse sono scaricate illegalmente. In altre parole, maggiore è la platea dei visitatori della bacheca multimediale, tanto più numerose saranno le possibilità per i gestori dei siti di attirare imprese o licenziatari di marchi per la vendita di spazi pubblicitari nel web.
  È proprio nella prospettiva di colpire le organizzazioni criminali nelle loro fonti di guadagno che è stata impostata un'altra operazione denominata «Publifilm», conclusa quest'anno con il sequestro e l'oscuramento di 46 siti pirati ospitati su server esteri che diffondevano, in violazione del diritto d'autore, migliaia di opere cinematografiche, tra cui numerosi film in prima visione assoluta anche di produzione italiana.
  Oltre che per i risultati, il servizio in argomento si caratterizza per l'applicazione del cosiddetto approccio follow the money, che ha comportato l'avvio di approfondimenti sul conto di imprese che, tramite inserzioni pubblicitarie, hanno sostenuto economicamente l'attività dei negozi on line per appurare la consapevolezza degli inserimenti in contesti illegali di pubblicità aziendali di per sé lecite.
  Tra l'altro, quest'impostazione è stata recentemente valorizzata dalla Commissione europea nell'ambito della comunicazione n. 392 del 2014, relativa al piano d'azione per elevare la tutela dei diritti di proprietà industriale nel territorio dell'Unione. In tale documento, infatti, è espressamente richiamata l'opportunità di sviluppare l'azione di contrasto non solo per la repressione dei singoli casi di irregolarità, ma soprattutto per privare i responsabili dei loro flussi di entrata anche attraverso il coinvolgimento delle parti private.
  Proprio su questa linea si pone la formalizzazione del giugno scorso del memorandum d'intesa tra IAB Italia, l'associazione delle agenzie di servizi pubblicitari on line, la Federazione italiana per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali e la Federazione contro la pirateria musicale e multimediale, stimolato anche degli esiti della citata operazione. Con tale accordo, in particolare sono state regolamentate le modalità di spontanea rimozione di contenuti pubblicitari individuati in siti pirata, segno del processo di maggiore autoresponsabilizzazione degli operatori privati della rete.
  L'analisi delle dinamiche dell'industria del falso non può non tenere conto dei connessi flussi finanziari. Sotto questo profilo, i money transfer continuano a Pag. 8rappresentare uno dei veicoli preferenziali per il trasferimento di somme di denaro proventi di reato, soprattutto quando riconducibili a organizzazioni criminali di matrice estera. Si tratta di sportelli finanziari diffusi in maniera capillare sull'intero territorio nazionale e fisicamente collocati in strutture gestite per lo più da cittadini stranieri, che forniscono in via prevalente servizi di diversa natura, tra cui agenzie di viaggio, bar, tabaccherie, Internet point e call center.
  In base all'elaborazione sviluppata dalla Fondazione Leone Moressa sui dati della Banca d'Italia, nel 2013 l'ammontare delle rimesse verso l'estero in gran parte effettuate tramite money transfer si è attestato intorno ai 5,5 miliardi di euro. Considerato il valore dei trasferimenti per ogni straniero residente, Prato si distingue per l'ammontare più alto, pari a 5.500 euro pro capite, seguìto da Catania con 4.300. Le ragioni che spiccano per il maggior volume di rimesse sono la Lombardia, il Lazio e la Toscana.
  Per quanto attiene alle aree di destinazione, la Cina, pur avendo subìto una flessione del 59 per cento rispetto al 2012, cioè -1,5 miliardi di euro, rimane il primo Paese beneficiario con circa il 20 per cento delle rimesse, seguìto della Romania, 15,7 per cento, e dal Bangladesh, 6,3 per cento. Alcune evidenze investigative confermano il massiccio ricorso alle agenzie di money transfer per regolare transazioni di carattere commerciale, trasferire profitti ed eseguire investimenti connessi in diversi casi alle attività di contraffazione.
  Ad esempio, nell'operazione condotta nel settembre 2010 e nel luglio 2013, il nucleo di Prato ha accertato che imprenditori operanti nel settore tessile, alcuni dei quali gravati da precedenti in materia di contraffazione, al fine di aggirare le norme valutarie, consegnavano denaro a soggetti interposti, che a loro volta si recavano presso una locale agenzia di money transfer ove, fornendo generalità false e rimettendo e intestando l'operazione a soggetti del tutto ignari, trasferivano denari in Cina frazionando gli importi al di sotto della nota soglia imposta dalla legge di 999 euro.
  Le indagini hanno fatto emergere che, attraverso circa 2.500 operazioni contabili in un arco temporale di 17 mesi, è stato realizzato un trasferimento illegale di valuta per quasi 10 milioni di euro. Sempre in Toscana, il reparto di Firenze ha concluso l'operazione con la quale sono state esaminate 1.500.000 operazioni di trasferimento di denaro eseguite da 12 subagenzie di money transfer localizzate in numerose città d'Italia, poi sequestrate unitamente al patrimonio riconducibile ai membri dell'organizzazione, ammontante a quasi 50 milioni di euro.
  Diversi sono i fattori che giustificano un così ampio ricorso ai money transfer, benché si tratti di circuiti finanziari molto più costosi rispetto a quelli bancari. Questi canali rendono più facile eludere i presìdi anti-riciclaggio per ostacolare l'individuazione dell'origine delle ricchezze. Inoltre, sono gestiti da membri delle stesse comunità etniche coinvolte nei traffici.
  Il circuito money transfer opera poi anche in Paesi ove non esiste una legislazione anti-riciclaggio o è assente una regolare rete bancaria. Va anche considerato che l'attuale assetto normativo ha, di fatto, determinato alcune asimmetrie tra istituti di pagamento nazionale e comunitario. In effetti, pur essendo attivi sul territorio italiano, i soggetti che svolgono attività di money transfer per conto di intermediari comunitari, non sono tenuti a iscriversi nella sezione speciale dell'albo degli agenti dell'attività finanziaria gestito dall'organismo degli agenti dei mediatori, a differenza di coloro che operano su mandato di istituti di pagamento nazionali.
  Non è questa una circostanza di poco conto se si considera che, sulla base degli ultimi dati disponibili, il numero di money transfer attivi in Italia è pari a circa 40.000 unità, di cui soltanto mille iscritti nel predetto registro, mentre la maggior parte riconducibili a operatori comunitari.
  Se questi ultimi si avvalgono di una pluralità di agenti, è richiesta l'istituzione di un punto di contatto nazionale al quale Pag. 9è demandato, tra l'altro, il compito di inviare all'Unità di informazione finanziaria le segnalazioni di operazioni sospette generate dalla rete distributiva, ma non ha anche quello di istituire l'archivio unico informatico nel caso in cui tale adempimento non sia richiesto dalla legislazione nel Paese di appartenenza. Ciò determina significative ricadute in termini operativi per l'impossibilità di disporre delle informazioni che confluiscono in tale banca dati, importantissime per la ricostruzione storica delle operazioni e l'individuazione di quelle anomale da segnalare.
  A conferma indiretta di quanto evidenziato, segnalo che tra il gennaio 2013 e il luglio 2014 sono pervenute agli istituti di pagamento al Nucleo di polizia valutaria, destinatario di questo tipo di attività, 2.935 segnalazioni di operazioni sospette, delle quale soltanto 21 generate da punti di contatto di intermediari comunitari.
  La contraffazione, al pari del traffico di stupefacenti, dell'immigrazione clandestina e del gioco d'azzardo, costituisce da tempo per la criminalità organizzata una remunerativa area di investimento. Di norma, i beni contraffatti utilizzano canali di provenienza e metodi di distribuzione già consolidati per altri generi di prodotti illeciti nonché le alleanze, fattori di facilitazione nel commercio già ampiamente rodato dai sodalizi criminali.
  Ciò che rende la contraffazione un business nel quale vale la pena investire è legato essenzialmente al favorevole rapporto costi/benefici. Basti segnalare a tal proposito che, nella richiamata operazione «Gran bazar», l'investimento finanziario iniziale di 800.000 euro messi in campo dall'organizzazione per dotare di macchinari e attrezzature la fabbrica di false borse e accessori di alta moda individuata a San Giuseppe Vesuviano, è stato ammortizzato in pochissimo tempo. I guadagni mensili degli indagati potevano, infatti, raggiungere anche i 130.000 euro.
  Il fenomeno del coinvolgimento di organizzazioni criminali nel settore della contraffazione, con particolare riferimento a quelle di matrice camorristica, è dimostrato dai molteplici sequestri di merce che, soprattutto negli ultimi anni, sono stati eseguiti a carico dei soggetti gravati da reati di competenza della Direzione distrettuale antimafia.
  Le organizzazioni operanti nell'area metropolitana di Napoli proliferano sfruttando le piccole realtà artigianali e le endemiche situazioni di disagio occupazionale che da sempre connotano tale tessuto economico e sociale. Inoltre, grazie al capillare controllo del territorio, le consorterie criminali possono contare su un'ampia rete di distribuzione al dettaglio fatta di commercianti per lo più ambulanti, talvolta obbligati ad acquistare i generi contraffatti quale forma di condizionamento sostitutivo o aggiuntivo rispetto al pizzo richiesto per la protezione dell'attività.
  Tali particolari modalità di estorsione sono state accertate nell'operazione «Via Della Seta», conclusa nel febbraio scorso tra Napoli e Casalnuovo, nel corso della quale è emerso il coinvolgimento del clan Mazzarella, che nel territorio disponeva di un'esclusiva di vendita pressoché totale degli articoli falsi trattati dall'organizzazione. I venditori, oltre a doversi approvvigionare dalla rete distributiva del clan, erano tenuti anche a versare una tariffa settimanale variabile in ragione delle esigenze di liquidità del boss, ma comunque riconducibile ad accordi predefiniti.
  In una prospettiva più ampia, numerose indagini condotte in Campania evidenziano l'esistenza di una sorta di distretto produttivo illegale che insiste tra le province di Napoli e Caserta, nel quale si concentrano strutture organizzate direttamente o indirettamente collegate alla camorra e in grado di gestire tutte le diverse fasi della produzione illecita.
  Tra i servizi di maggior rilievo condotti in tale area, giova menzionare l'ultima tranche dell'operazione «Gomorra», condotta nel 2012 dal nucleo di Napoli in collaborazione con il servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata. Le operazioni hanno permesso di smantellare una vera e propria joint venture tra sodalizi criminali italiani collegati a clan camorristici campani e consorterie Pag. 10di matrice straniera, che gestiva l'importazione di prodotti elettrici e meccanici di origine cinese e il successivo smistamento in vari Stati membri dell'Unione europea previa apposizione di una falsa etichetta di note marche del settore per facilitare la vendita.
  Benché la criminalità organizzata di origine campana assuma un ruolo dominante nel traffico di merci contraffatte, alcune evidenze investigative dimostrano che anche la ’ndrangheta si interessa al mercato del falso. Accanto alle consorterie nazionali resta diffusa la presenza di gruppi etnici stranieri principalmente nella contraffazione di materiali di pelletteria, in molti casi sfruttando l'immigrazione clandestina e i propri connazionali.
  Numerosi sono i casi di coinvolgimento di cittadini extracomunitari, in parte originari del Nord Africa e dell'Europa dell'est, ma soprattutto di soggetti provenienti dalla Cina. I sodalizi cinesi, in particolare, si distinguono per l'efficiente organizzazione, in grado di garantire efficaci approvvigionamenti di articoli nel settore del lusso, ma anche di prodotti di largo consumo, instaurando rapporti di collaborazione con l'organizzazione criminale di altre etnie e autoctone, soprattutto campane.
  Concluderò questa panoramica generale sui tratti principale del fenomeno della contraffazione con alcuni cenni al settore agroalimentare e ai tabacchi. In ordine al primo comparto, va premesso che gli alimenti e le bevande sono oggetto di una gamma diversificata di illeciti, che vanno dalla modifica delle loro composizioni organolettiche, alterazioni, adulterazioni e sofisticazioni, alle contraffazioni dei marchi o delle indicazioni di provenienza geografica o denominazione di origine, cosiddetta agropirateria.
  Diffusa è anche la pratica del cosiddetto Italian sounding, che consiste nella produzione e distribuzione di generi che con nomi, immagini e simboli apposti sulla confezione richiamano l'italianità dei prodotti. Si tratta di un fenomeno molto radicato all'estero che, secondo le stime fornite dal Ministero dello sviluppo economico nel rapporto sulla contraffazione agroalimentare pubblicato nel giugno di quest'anno, vanta un giro d'affari di circa 55 miliardi di euro, quasi il doppio dell'esportazione alimentare nazionale del 2012. Tra i prodotti della filiera agroalimentare maggiormente esposti ai fenomeni della contraffazione, il rapporto menziona il vino, l'olio e i prodotti caseari.
  È di poche settimane fa un'operazione del comando provinciale di Siena che ha portato al sequestro di 2.350 fittizi contrassegni di Stato e di 160.000 litri di vino falsamente vestito con etichette di rinomati vini toscani, nell'ambito di una vasta frode architettata da un consulente tecnico in danno di numerose cantine della zona.
  Per quanto riguarda l'olio, un recente servizio della tenenza di Andria concluso lo scorso luglio ha portato all'arresto di 16 persone e al sequestro di oltre 400 tonnellate di olio spacciato per 100 per cento italiano biologico, ma che in realtà, oltre che di origine spagnola, è risultato anche di pessima qualità in quanto contaminato da grassi di diversa natura contenenti fonti di impurità imputabili al circuito di raccolta degli oli esausti della ristorazione. La truffa si è sviluppata attraverso la compiacenza di numerose imprese agricole pugliesi e calabresi, che regolarizzavano la provenienza delle partite di prodotto attraverso un carosello di fatture per operazioni inesistenti.
  A proposito delle false qualificazioni bio attribuite a generi privi di tale requisito importati dall'estero o prodotti in Italia con metodi tradizionali, ricordo ancora un'operazione del nucleo di Pesaro conclusa con il sequestro di 2.700 tonnellate di prodotti falsamente bio, risultati contenenti in alcuni casi organismi geneticamente modificati e sostanze fitosanitarie nocive per la salute, l'arresto di nuovi soggetti e il sequestro di beni mobili, immobili e partecipazioni societarie e conti correnti, per un ammontare complessivo di 35 milioni di euro.
  Passando al tema dalla contraffazione delle sigarette, evidenzio in prima battuta che questo genere di prodotti giunge nel nostro territorio per lo più attraverso le Pag. 11rotte marittime occultato all'interno dei container dietro carichi di copertura. Le attività investigative condotte dal Corpo nel settore consentono di affermare che una grossa fetta delle sigarette contraffatte sottoposta a sequestro in Italia è prodotta in Cina ancorché, stando ai dati emersi in rapporto alla Commissione europea 2010, siano state individuate fabbriche di sigarette contraffatte anche in Belgio, Lituania, Polonia e Slovacchia.
  In questi ultimi anni, tuttavia, si è registrato un sensibile calo dei sequestri di tabacchi lavorati contraffatti, principalmente dovuto a una diversa strategia delle organizzazioni contrabbandiere, che stanno optando sempre di più per l'importazione illegale di sigarette cosiddette cheap white, fino a qualche anno fa quasi sconosciuta al mercato italiano ed europeo.
  Si tratta di prodotti da fumo molto economici legali nei Paesi d'origine, principalmente Cina, Russia, Emirati Arabi Uniti e Ucraina, ma la cui commercializzazione in Italia non è autorizzata essendo prodotti non conformi ai parametri di produzione richiesti dalla normativa. Tanto per le sigarette contraffatte quanto per il cheap white, il rischio per la salute dei consumatori è elevato. Le analisi di laboratorio effettuate su campioni delle partite sequestrate hanno fatto emergere livelli di catrame, nicotina e monossido di carbonio molto elevati, oltre alla presenza di altri elementi potenzialmente nocivi.
  Venendo ora al dispositivo di contrasto e alle linee d'azione della Guardia di finanza nel settore, evidenzio che il legislatore ha espressamente affidato alla Guardia di finanza compiti di prevenzione, ricerca e repressioni delle violazioni in materia di marchi, brevetti, diritti d'autore, segni distintivi e modelli relativamente al loro esercizio e sfruttamento economico. Questa missione è stata ribadita dalla direttiva del Ministro dell'interno nel 2006 in tema di ridefinizione dei compiti di specialità delle Forze di polizia. Tali competenze si traducono nello sviluppo di un'azione operativa a 360 gradi che mira non solo al contrasto di qualunque forma di contraffazione di pirateria, ma anche a tutela del made in Italy e della sicurezza dei prodotti immessi sul mercato.
  In linea con l'approccio trasversale di polizia economico-finanziaria che connota ogni attività operativa del Corpo, contestualmente o successivamente agli interventi nel settore, sono approfonditi tutti i connessi profili di illegalità, quale l'evasione fiscale e contributiva, l'immigrazione clandestina, lo sfruttamento di manodopera, il riciclaggio e il reimpiego dei proventi da reato.
  Dal punto di vista organizzativo, la Guardia di finanza opera nel comparto avvalendosi di un dispositivo che vede impegnati circa 700 reparti dislocati sul territorio. In tale contesto, i nuclei di Polizia costituiscono unità investigative di punta, al cui interno operano articolazioni specializzate nella tutela della proprietà intellettuale, interlocutori privilegiati dall'autorità giudiziaria per le indagini di maggiore spessore.
  I reparti territoriali sono supportati da un nucleo speciale a tutela dei mercati, che svolge a livello centrale funzioni di analisi di rischio attraverso incroci di banche dati, studio dei sistemi di frode, elaborazione di metodologie operative e diffusione sul territorio delle migliori esperienze investigative. Allo stesso nucleo è affidata anche la gestione del sistema informativo anti-contraffazione, su cui mi soffermerò più avanti. Importante è anche il ruolo del Nucleo speciale frodi tecnologiche, cui sono attribuite competenze operative di supporto della componente territoriale nel monitoraggio della rete Internet e nel contrasto alla criminalità informatica di sfondo economico-finanziario.
  La strategia operativa e di contrasto si sviluppa sul territorio lungo tre distinte direttrici tra loro convergenti. La prima è costituita dal presidio degli spazi doganali per bloccare, in sinergia con gli uffici dell'Agenzia delle dogane e dei Monopoli, le merci contraffatte e pericolose di provenienza extra Unione europea prima ancora che siano immessi nel circuito commerciale nazionale. Vi è poi il controllo Pag. 12economico del territorio, che si traduce nel monitoraggio dei movimenti delle merci su strade e nei luoghi di vendita per intercettare i generi contraffatti nel momento in cui vengono allo scoperto.
  La terza è più importante direttrice è l'attività investigativa in senso stretto. In piena sinergia con l'autorità giudiziaria e traendo spesso spunto dalle risultanze dei controlli svolti sulle strade e alle frontiere, le indagini mirano a ricostruire tutti gli anelli delle catene illecite per individuare i canali di importazione, i centri di produzione, le aree di deposito, le reti di distribuzione, i mezzi di finanziamento, gli snodi finanziari di appoggio, custodia e smistamento dei prodotti illeciti.
  In tali contesti, i reparti fanno ampio ricorso a tutti i più incisivi ed efficaci strumenti investigativi introdotti dal legislatore negli ultimi anni, con particolare riguardo alle misure di aggressione patrimoniale, la cui sistematica applicazione in definitiva costruisce il danno più rilevante che possa essere arrecato all'industria del falso. Mi riferisco, in particolare, ai sequestri anche per equivalente dei beni provenienti dai reati di contraffazione e alla possibilità di applicare la confisca per sproporzione anche nell'ipotesi di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di tali delitti.
  Per quanto riguarda il contrasto alla contraffazione via Internet, le indagini prendono le mosse dal metodico monitoraggio della rete da parte dei reparti speciali al fine di selezionare tracce o indizi di illeciti da sottoporre ad approfondimenti tramite tecniche di filtering informatico per l'estrazione di elementi, quali nominativi, numeri di telefono, indirizzi e-mail, credenziali rilasciati all'atto della registrazione ai domìni, sistemi di pagamento. Tali informazioni sono poi sviluppate per ancorare a un territorio fisico lo scenario telematico nella prospettiva di far emergere in superficie i traffici e avviare gli interventi.
  I risultati conseguiti testimoniano il significativo impegno profuso dalla Guardia di finanza in questo settore. Tra gennaio 2011 e agosto 2014, i reparti del Corpo hanno sequestrato complessivamente oltre 412 milioni di prodotti irregolari, di cui circa il 50 per cento contraffatti. Il valore complessivo di questa merce, stimato con i criteri utilizzati dal sistema IPERICO del Ministero dello sviluppo economico, è pari a oltre 3,7 miliardi di euro. Nello stesso periodo, sono stati condotti 43.466 interventi, con una media di 230 operazioni a settimana, 30 al giorno.
  Le indagini hanno portato alla denuncia all'autorità giudiziaria di 36.213 soggetti, praticamente 27 al giorno, 673 dei quali destinatari di misure cautelari. Sono state sequestrate 900 strutture adibite allo stoccaggio, produzione e commercializzazione di beni illeciti, unitamente ai macchinari e alle attrezzature rinvenuti in tali ambiti. I siti Internet sequestrati e oscurati sono stati 265, con una tendenza nel triennio in costante crescita. I sequestri e le confische patrimoniali hanno raggiunto un ammontare complessivo di 45,7 milioni di euro. La complessiva azione a tutela della proprietà intellettuale è completata dal sistema delle collaborazioni interistituzionali che si sviluppano a livello nazionale e internazionale.
  Signor presidente, salterei questa parte per passare direttamente alla parte terza, per motivi di tempo, che riguarda le proposte che andiamo a prospettare alla Commissione.
  Il quadro che emerge dall'esperienza operativa dalla Guardia di finanza e del contrasto alla contraffazione della pirateria commerciale delinea un contesto di illegalità ampio e in continua evoluzione, capace di sfruttare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, dalla globalizzazione dei mercati e dall'integrazione della delinquenza nazionale con gruppi etnici criminali di matrice straniera. Il dispositivo di contrasto ha cercato di tenere il passo di questo processo evolutivo soprattutto sul piano dell'aggressione patrimoniale alle organizzazioni criminali. Ovviamente, sussistono margini per un ulteriore affinamento del sistema e in questa direzione prospetterò alcune possibili misure.Pag. 13
  In primo luogo, è auspicabile il rapido recepimento della direttiva comunitaria n. 42 dello scorso aprile del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea, la cosiddetta euroconfisca. La direttiva in argomento, una volta attuata, permetterà di ampliare notevolmente la portata territoriale dei sequestri dei patrimoni della criminalità organizzata, compresi quelli riconducibili ai responsabili di traffici di prodotti contraffatti.
  In chiave più marcatamente operativa, può risultare senz'altro utile completare il processo di attuazione della decisione quadro del Consiglio n. 465 del 2002, concernente l'istituzione di squadre investigative comuni sovranazionali. È di tutta evidenza, infatti, la necessità di impostare le azioni repressive dei reati in una prospettiva territoriale non limitata ai singoli Paesi, un'esigenza questa che si avverte vieppiù nel settore della contraffazione. Le squadre investigative comuni potrebbero rappresentare la nuova frontiera della cooperazione giudiziaria e di polizia tra Stati non sono per migliorare il coordinamento tra organi investigativi, ma anche per far emergere linee e azioni comuni in un'ottica di maggiore efficacia e tempestività.
  Su tale fronte, non vanno trascurate le potenzialità investigative della cosiddetta procura europea, la cui istituzione è prevista da una proposta di regolamento attualmente in discussione al Consiglio dell'Unione europea. Ai lavori di predisposizione del provvedimento partecipano anche qualificati rappresentanti della Guardia di finanza, testimone dell'importanza di applicare un approccio trasversale alle investigazioni che riguardano i reati lesivi degli interessi finanziari dell'Unione europea.
  Segnalo poi l'utilità che può assumere in chiave investigativa la conclusione dell'iter di ratifica ed esecuzione del trattato tra l'Italia e la Repubblica popolare cinese in materia di reciproca assistenza giudiziaria penale siglato a Roma nel 2010 considerati i significativi collegamenti dei traffici di merce contraffatta con il citato Paese.
  Sul versante nazionale, desidero formulare prioritariamente alcune riflessioni in ordine alla collocazione dei reati di contraffazione nell'ambito della struttura del codice penale. Attualmente, le fattispecie in discorso fanno parte del Titolo VII del codice, riferito ai delitti contro la pubblica fede nel presupposto che l'interesse protetto sia l'affidamento dei cittadini circa la genuinità e veridicità dei prodotti offerti sul mercato.
  Invero, la contraffazione rappresenta, in aggiunta o forse principalmente, un enorme danno per l'economia nazionale. In questa prospettiva, una collocazione dei presìdi penali nell'apposito titolo del codice vigente potrebbe risultare maggiormente coerente dal punto di vista sistematico. L'utilità pratica di tale impostazione potrebbe apprezzarsi soprattutto in merito al dibattuto problema del cosiddetto falso grossolano, vale a dire la produzione del commercio di prodotti che, pur simili a quelli tutelati da marchi registrati, risultano facilmente riconoscibili come non originali anche per le condizioni di vendita.
  In quest'ambito, l'orientamento giurisprudenziale non è stato sempre uniforme, essendosi verificati casi in cui i responsabili di condotte della specie sono andati indenni da sanzione penale in quanto l'evidenza della contraffazione era tale da escludere di per sé un possibile inganno degli acquirenti.
  Proseguendo nell'esame, ricordo che alcuni interventi modificativi, riguardanti in particolare il settore agroalimentare, erano già stati proposti alla precedente Commissione d'inchiesta dall'allora procuratore nazionale antimafia dottor Pietro Grasso.
  Confermandone l'attualità, mi limito in questa sede a menzionarli: l'inserimento dei reati associativi finalizzati alla commissione delle condotte previste dall'articolo 517-quater del codice penale, cioè contraffazioni di indicazione geografica o denominazione di origine dei prodotti Pag. 14agroalimentari tra quelli di competenza delle direzioni distrettuali antimafia; l'inclusione dello stesso articolo 517-quater tra i reati per i quali è prevista la sanzione accessoria della pubblicazione della sentenza; l'estensione, sempre con riferimento all'articolo 517-quater del codice penale, delle sanzioni interdittive e accessorie di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, la cosiddetta responsabilità penale dell'impresa, e all'articolo 448 del codice penale. In aggiunta, in un'ottica di potenziamento della riforma introdotta con la legge 14 gennaio 2013, n. 9, segnalo anche il possibile inserimento, tra le fattispecie per le quali possono attivarsi indagine tecniche, di quelle previste agli articoli 517, cioè vendita di prodotti industriali con segni mendaci, e 517-bis, circostanza aggravante del codice penale.
  Un ulteriore spunto di riflessione riguarda le competenze delle procure distrettuali antimafia per i reati in materia di contraffazione. Al riguardo, come noto, nell'ambito della riforma delle legge 23 luglio 2009, n. 99 è stato previsto il radicamento presso tali uffici giudiziari dei procedimenti relativi a ipotesi di associazione finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 473 e 474 del codice penale. Si tratta indubbiamente di un'innovazione di non poco conto, che incide concretamente sul piano operativo, mettendo a disposizione degli organi inquirenti le metodiche d'indagine proprie del contrasto alla criminalità organizzata.
  In questo quadro già consolidato, potrebbe risultare di ausilio estendere le competenze delle procure antimafia anche alle ipotesi di contraffazione aggravata contemplata dall'articolo 473-ter del codice penale, vale a dire alle condotte illecite che, pure al di fuori di un perimetro associativo propriamente inteso, mostrano comunque caratteristiche organizzative strutturate con particolare riguardo ai profili logistici.
  Richiamo poi quanto osservato in precedenza a proposito delle disarmonie esistenti nell'applicazione degli obblighi anti-riciclaggio tra agenti in attività finanziaria che operano per conto di istituti di pagamento nazionali o comunitari. Alla luce del frequente e massiccio ricorso ai canali di money transfer da parte di soggetti coinvolti in traffici di contraffazione, sarebbe molto proficua l'introduzione di disposizioni che rendano chiaro l'obbligo di tenuta dell'archivio unico informatico anche da parte dei punti di contatto che operano in Italia su mandato di soggetti comunitari.
  Qualche riflessione può essere riservata anche alla disciplina che tutela il diritto d'autore, rispetto alla quale le innovazioni introdotte dal legislatore non hanno assunto la portata di quelle riguardanti la tutela della proprietà industriale. In particolare, appare auspicabile intervenire in maniera più decisa sulle misure di aggressione patrimoniale nei confronti dei responsabili delle condotte illecite di settore mutuando i meccanismi contemplati dalla legge 99 del 2009.
  Oltre all'applicazione al prodotto e al profitto del reato delle misure di sequestro e confisca già previste dalla legge 22 aprile 1941, n. 633, per gli strumenti e i materiali serviti o destinati a commettere reati in materia di copyright, sarebbe utile estendere a questi illeciti l'istituto della confisca per sproporzione prevista dall'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306.
  Segnalo, inoltre, la possibile introduzione nel settore della pirateria audiovisiva di una circostanza aggravante analoga a quella prevista dall'articolo 473-bis del codice penale per colpire, al di fuori delle associazioni a delinquere, le strutture organizzate dedite in maniera sistematica alla violazione del diritto d'autore.
  Per quanto riguarda il contrasto alla contraffazione e alla pirateria audiovisiva in Internet, ritengo che la strada da percorrere sia la responsabilizzazione dei soggetti che offrono servizi in rete attraverso processi di autoregolamentazione analoghi a quelli che ho in precedenza segnalato con riferimento al memorandum d'intesa intervenuto tra l'associazione delle agenzie dei servizi pubblici on line, la Federazione italiana per la tutela dei contenuti audiovisivi Pag. 15e multimediali e la Federazione contro la pirateria musicale e multimediale. In questo senso, si potrebbe procedere alla sensibilizzazione delle componenti private interessate, trattandosi di meccanismi basati sull'adesione spontanea degli operatori.
  Altrettanto importante appare il coinvolgimento in questi processi degli intermediari finanziari che offrono sistemi di pagamento elettronici in Internet e su cui si appoggiano le vetrine telematiche del falso e della pirateria digitale, affinché, in caso di individuazione dei fenomeni contraffatti sul web, possa essere bloccata la possibilità di regolare transazioni finanziare on line dai siti interessati e, eventualmente, da quelli utilizzati per i pagamenti elettronici.
  È, infatti, sicuramente più difficile e oneroso acquisire nuove credenziali di pagamento telematiche che ottenere un indirizzo Internet. A livello internazionale, è già in atto un programma sperimentale in questa direzione, avviato nel 2012 dell'International anti-Counterfeiting Coalition, l'associazione no profit statunitense che si occupa di tutela della proprietà intellettuale, supportando l'azione delle agenzie governative americane e delle imprese associate.
  L'iniziativa sui processi di pagamento, blocco dell'operazione «Canaglia», è espressione della fattiva collaborazione tra titolari di diritti e intermediari nei sistemi di pagamento, e si traduce nella possibilità, da parte dei detentori dei marchi, di segnalare siti che commercializzano prodotti contraffatti nei circuiti di pagamento elettronico su cui gli stessi si appoggiano. Gli intermediari interessati all'esito di una procedura d'indagine interna possono chiudere il rapporto commerciale attraverso il quale avvengono i pagamenti illeciti. I risultati sino a oggi raggiunti nell'ambito di queste iniziative sono incoraggianti, se si considera che le oltre 9.000 segnalazioni effettuate da titolari di marchi hanno portato alla cessazione di oltre 3.700 punti di pagamento riferiti a soggetti coinvolti nella gestione dei siti pirata.
  In definitiva, si tratta di una diversa applicazione del già citato approccio follow the money che, applicato al mondo della pirateria digitale, investe i profitti derivanti dalla raccolta dei proventi pubblicitari da parte dei siti illegali. In questo caso, l'azione inciderebbe sulla capacità di sfruttare i sistemi di pagamento elettronici da parte dei contraffattori, ostacolando la possibilità di ricevere i corrispettivi delle vendite illecite. Sul piano normativo, l'approccio follow the money potrebbe poi trovare un'applicazione concreta prevedendo il congelamento dei canali di pagamento elettronici a carico dei soggetti responsabili di contraffazione e pirateria via Internet, da attuare per il tramite degli intermediari interessati.
  Scendendo su un piano più concreto, voglio accennare a una problematica che investe lo sviluppo delle indagini più complesse in materia di contraffazione con particolare riferimento al profilo della competenza territoriale dell'autorità giudiziaria.
  A riguardo, va detto che l'attuale formulazione delle fattispecie penali in tema di contraffazione prevede la sanzionabilità di condotte ben individuate e a commissione istantanea. Ancorché le risultanze investigative sulla scoperta di un'intera filiera del falso siano riconducibili a un unico procedimento radicato presso la procura di origine del servizio, spesso alcuni filoni dell'indagine e le successive fasi del giudizio sono frammentati in più fascicoli in relazione alle diverse competenze territoriali e per le singole condotte di contraffazione venute in evidenza.
  È indubbio che in chiave investigativa il mantenimento di un'unica regia giudiziaria gioverebbe senz'altro, quanto meno alla tempestività degli accertamenti. Pertanto, potrebbe essere valutata una diversa impostazione della competenza per i reati in materia di contraffazione, che ancori gli sviluppi investigativi e processuali agli uffici dell'autorità giudiziaria presso cui è avvenuta l'iscrizione della prima notizia di reato.
  Desidero, inoltre, fare cenno ad alcuni interventi che potrebbero agevolare le Pag. 16unità operative negli adempimenti conseguenti ai sequestri di merce contraffatta, spesso molto dispendiosi in termini di tempo e risorse.
  Sul punto, segnalo che le operazioni di conteggio dei prodotti, soprattutto quando si tratti di carichi consistenti, richiedono l'impiego di non trascurabili aliquote di personale, e in talune circostanze possono protrarsi anche per diversi giorni. In una prospettiva di semplificazione, potrebbero ipotizzarsi procedure di sequestro più snelle che, ferme restando le cautele in termini di conservazione delle merci, consentono all'atto del fermo una mera catalogazione per tipologie di articoli oggetto di falsificazione e una quantificazione complessiva per massa o volume avendo quale riferimento il peso.
  In questo modo, i reparti operanti comprimerebbero molto i tempi di esecuzione di questi adempimenti che, per quanto necessari e importanti, sottraggono spazio all'attività investigativa in senso stretto. Per salvaguardare i diritti dell'indagato nel procedimento penale, potrebbe essere previsto il successivo avvio di una fase di conteggio e ricognizione puntuale dei prodotti a richiesta della parte, con la precisazione che, in caso di conferma della contraffazione della merce analizzata, gli eventuali oneri relativi a tale attività graverebbero sul responsabile.
  Gran parte delle proposte sopra illustrate che, mettendo a frutto le esperienze operative maturate sul campo, si prefiggono l'obiettivo di potenziare i dispositivi di prevenzione, contrasto e repressione, è stata sottoposta anche all'attenzione del Ministero dell'economia e delle finanze al fine di consentirne l'analisi dell'eventuale recepimento già nel disegno di legge per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato per il triennio 2015-2017.
  Avviandomi alla conclusione, mi preme soffermarmi sul ruolo dei cittadini consumatori, prendendo le mosse da una semplice considerazione: la contraffazione esiste ed è diffusa perché alimentata da una forte domanda. Rispetto a quest'affermazione, è però necessaria qualche distinzione.
  Se è vero che chi cerca capi di abbigliamento o accessori di lusso a prezzo non credibile e in aree di vendita improvvisate non può dirsi del tutto sorpreso della provenienza illecita dei prodotti, è altrettanto certo che per altre tipologie di merce oggetto di frequente falsificazione tale consapevolezza è senz'altro da escludere. Penso, in particolare, al settore agroalimentare, ove la percezione della frode non è così immediata, soprattutto perché i differenziali di prezzo tra un prodotto vero e uno alterato non sono evidenti come per altri generi contraffatti.
  Tenendo conto di questa duplice veste di vittima e beneficiario della contraffazione che può alternativamente assumere la figura del consumatore, possono trarsi alcune indicazioni per completare la politica di contrasto agendo sul piano educativo e sociale.
  In questa prospettiva, occorre puntare maggiormente su specifiche campagne informative circa i rischi criminali ed economici e per l'incolumità personale che derivano dalla contraffazione e ai collegati fenomeni illeciti. Molto è stato fatto su questo fronte e altre iniziative sono in corso, tra le quali cito la campagna dalla Commissione europea e quella del Ministro dello sviluppo economico Difendi la proprietà industriale, fai crescere le tue idee.
  Per quanto riguarda la Guardia di finanza, nelle due edizioni del progetto Educazione alla legalità economica attuate nel 2013 e quest'anno in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sono stati illustrati agli alunni delle scuole primarie e secondarie superiori gli aspetti negativi della contraffazione e della pirateria, dando loro informazioni utili per le scelte di acquisto di ogni giorno.
  Accanto a questa doverosa opera di sensibilizzazione, è necessario agire meglio sul versante della deterrenza applicando con maggiore sistematicità e rigore le sanzioni nei confronti degli acquirenti consapevoli di merce contraffatta che il legislatore ha ritenuto di considerare nelle riforma del 2009.Pag. 17
  Da questo punto di vista, va tenuto presente che l'aggressione alle grandi organizzazioni criminali, la ricerca dei canali di provenienza e produzione della merce, dei luoghi di commercializzazione nonché dei sistemi di reimpiego dei profitti illeciti su cui si sviluppa in misura prevalente l'azione del Corpo quale polizia economico-finanziaria, è poco compatibile con interventi focalizzati sulle fase dell'acquisto da parte dei consumatori.
  Pertanto, è auspicabile che sia ricondotto principalmente in capo alle polizie municipali il compito di attuare le disposizioni previste dal decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, anche stimolandone gli interventi attraverso una modifica delle attuali modalità di incasso e compartecipazione ai proventi e alle sanzioni da parte dei comuni.
  Concludo questa mia relazione assicurando che la Guardia di finanza continuerà a fare la propria parte nella battaglia contro la contraffazione a tutela dell'economia legale, delle imprese oneste e dei cittadini, nella piena consapevolezza che l'usurpazione della creatività e dell'ingegno industriale, così come l'abusivismo e il sommerso, sono tra i principali fattori che oggi mettono a rischio lo sviluppo e la crescita del sistema Paese.
  In questa direzione il Corpo farà leva su tutti gli strumenti a sua disposizione, vale a dire un quadro di funzioni e poteri incisivo ed esteso a tutti gli illeciti economico-finanziari, che coesiste e si integra con le funzioni di polizia giudiziaria in un sistema di relazioni consolidate con la magistratura; una presenza capillare su tutto il territorio coordinata con quello sul mare e lo spazio aereo, in grado di sviluppare investigazioni ad ampio raggio; un sistema di rapporti internazionali che permette di aggredire le grandi organizzazioni criminali anche nei loro interessi all'estero; una pluriennale esperienza investigativa e operativa unita alla capacità di approfondire scenari di illegalità con approccio completo esteso a tutte le implicazioni di natura criminale economica e finanziaria; una tecnologia avanzata, costituita da un ampio patrimonio di banche dati e sistemi informativi tra loro integrati, in grado di supportare sofisticate analisi di rischio da parte di personale altamente specializzato.
  Vi ringrazio per l'attenzione e rimango a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente il generale Capolupo.
  La disamina è stata molto esaustiva. La qualità della documentazione che ci è stata fornita è di alto valore. Vi segnalo, in particolare, oltre al testo della relazione completa, di cui il generale ha dovuto saltare una certa parte, anche l'altro documento che ci lascia oggi la Guardia di finanza, ricco di dati molto dettagliati anche su diverse angolazioni del fenomeno.
  Il generale Capolupo ha toccato quasi tutte le questioni sensibili che ci troviamo a dover affrontare. Credo che sia utile approfittare della sua presenza.
  Do quindi ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SUSANNA CENNI. Ringrazio il generale per la sua relazione corposa e completa. Credo che il materiale che ci è stato consegnato ci consentirà di approfondire e di studiare anche meglio alcuni punti cui ha fatto cenno. Credo, innanzitutto, di doverle esprimere, anche nome del Gruppo del Partito Democratico, gratitudine per l'azione che state svolgendo in tutto il Paese, diffusa, efficace e molto positiva tutto il nostro territorio.
  Parto da quest'assunto assolutamente positivo per porle qualche domanda che possa aiutarci a compiere ulteriori passi avanti. Del resto, credo che questa Commissione sia stata nuovamente insediata a livello parlamentare proprio per tentare di andare un po’ oltre il lavoro della legislatura passata, quindi non solo svolgendo ancora azione di indagine, per quanto nelle nostre competenze, ma provando a indagare quegli elementi di innovazione che potremmo consegnare e suggerire al Parlamento e all'azione di Governo.
  Poiché la sua presenza è abbastanza ghiotta, vorrei concentrarmi soprattutto Pag. 18sulla possibilità di capire se esistano strade percorribili e, se non lo sono, perché, per fare qualche ulteriore passi avanti.
  Credo che il lavoro che state svolgendo e che potremmo aiutare anche a migliorare, come mi auguro, negli anni futuri, ci aiuti anche un po’ a evitare alcune facili semplificazioni sul tema. Qualche volta mi interrogo: in alcune stagioni si fanno un po’ di sequestri sulla spiaggia, che ovviamente vanno fatti, ma non è quello che ci rappresenta l'efficacia della battaglia sulla contraffazione. Al contrario, quella qualche volta è la cosa più facile da fare perché si vedono, è facile anche ricevere una telefonata. Le questioni più complesse sono altre, cui lei tra l'altro ha fatto anche cenno con una certa precisione.
  Penso che già dalla sua relazione siano emerse alcune indicazioni sull'innovazione normativa. Penso anche al codice penale. Ha richiamato giustamente come un pezzo della criminalità organizzata si stia rivolgendo, con utili probabilmente abbastanza interessanti, a questo tipo di attività. Una delle domande che, però, a me viene di rivolgerle riguarda l'organizzazione, l'integrazione e il coordinamento tra tutte le forze e tutti i soggetti che intervengono in questo campo. Nelle settimane passate, ho avuto modo di avere uno scambio con il Corpo del mio territorio – vivo in provincia di Siena – quindi ho potuto seguire con interesse i risultati dell'operazione cui ha fatto cenno sul vino. Precedentemente, c'era stata sull'olio d'oliva e così via. Mi pare d'aver colto, anche in quel caso da alcune chiacchierate con lo stesso Corpo, per esempio una prima difficoltà in un'azione positiva di coordinamento, ma non sufficiente sull'utilizzo delle banche dati, che soprattutto alcuni corpi continuano a gestire in totale autonomia. Forse un'integrazione più efficace potrebbe aiutarci ad avere qualche efficacia in più nei risultati dell'azione di contrasto ?
  Me lo chiedo perché ho presenti alcune esperienze in altri campi e in altri settori. Penso, per esempio, a come ha funzionato nella mia regione l'azione dell'antincendio. È un altro comparto, un'altra attività, ma quando in una centrale operativa tutti i corpi coinvolti lavorano insieme e interviene, nel momento dell'evento, il corpo più vicino, ci dà la dimensione di come oramai, pur essendo forze diverse, realtà diverse, che mantengono la loro autonomia, non siano più azioni che si parlano, ma che proprio vivono insieme nella loro concretizzazione. Vorrei capire se si possa davvero sperimentare ulteriore innovazione nel coordinamento tra tutti i soggetti che lavorano nell'azione di contrasto.
  Inoltre, benché abbia fatto cenno in maniera anche abbastanza approfondita alla questione, vorrei approfondire tutta la dimensione del coordinamento internazionale e comunitario dell'azione di contrasto. Sappiamo che è facile aggirare un lavoro anche organizzato a livello nazionale se si arriva ad altre frontiere, soprattutto quando non c’è più una serie di controlli.
  Vorrei capire se lei consideri, per esempio, sufficiente lo sforzo che stiamo compiendo come Paese anche nella dotazione di mezzi e di uomini all'Europol e o se ci sia bisogno di implementare in questo campo. Non mi soffermerò sul bisogno, che credo sia noto a tutti noi, di accelerare e spingere perché una serie di regolamenti arrivi a conclusione, norme anche di carattere comunitario e così via.
  Sempre sul piano del contrasto a livello internazionale, ha fatto in più passaggi riferimento ovviamente alla Cina, Paese da cui proviene una parte delle le merci contraffatte: avete sviluppato anche alcune azioni di collaborazione con l'autorità cinese ? Nel corso di qualche colloquio con alcune istituzioni e anche alcune imprese del distretto di Prato, cominciano a riferirmi di alcune azioni positive cui è interessata la stessa autorità cinese anche per riqualificare le produzioni legali e legittime di quel Paese, molto spesso comunque considerate prodotti di scarsa qualità o che di per sé copiano qualcun altro.
  Sulla questione della rete, vorrei chiederle se tra i soggetti che collaborano con voi ci sia anche la Polizia postale. Mi Pag. 19riferisco alla contraffazione che viaggia on line, ma anche a tutto il tema moneygram, alle rimesse dall'estero e così via.
  Ancora, giustamente ha parlato di poli produttivi della contraffazione, una definizione secondo me molto efficace rispetto a quello che sta accadendo nel nostro Paese, che quindi non si riferisce soltanto ad attività e a prodotti che arrivano dall'estero, ma a una vera e propria attività economica nei nostri territori che riguarda l'agroalimentare, alcuni distretti produttivi.
  Vorrei capire se giudichiate utili, se possa consentirci di fare passi avanti nell'azione di contrasto, l'attività che alcuni marchi e alcune filiere produttive, soprattutto nel settore della moda, stanno facendo in termini di autocertificazione della propria filiera produttiva o se lascino un po’ il tempo che trovano. Cerco di capire su questo la nostra azione potrebbe spingere valorizzando queste esperienze o meno.
  Inoltre, siccome si parla di poli produttivi qualche volta ben collocati geograficamente, vorrei sapere se, per esempio, pensate che la stessa azione degli enti locali possa in qualche modo svolgere un'azione di sentinella con progetti pilota o qualcosa del genere per segnalare fenomeni anomali.
  Infine – mi scuso se ho rubato un po’ di tempo – vengo al tema delle nuove forme di etichettatura elettroniche. Ogni tanto anche a noi arrivano segnalazioni di tipologie nuove, utili: su questo esiste una riflessione anche da parte vostra che intendete segnalarci ?

  PRESIDENTE. Proviamo a raccogliere qualche altro intervento. Se dovessero diventare troppi, procederemo con due blocchi.
  Ha chiesto di intervenire il collega Paolo Russo, cui do la parola.

  PAOLO RUSSO. Mi limiterò a domande abbastanza secche, riservandoci i commenti per una diversa occasione, approfondendo la relazione puntuale e corposa che ci è stata offerta dal generale, forse fin troppo corposa per essere citata nello specifico quest'oggi perché andrebbe e andrà, ovviamente, ulteriormente studiata e approfondita.
  Comprendo, però, alcune questioni che ha voluto sottoporre alla nostra valutazione. La prima tra tutte è che, sostanzialmente, la più gran parte dell'azione svolta e da svolgere è tutta in ambito problematico europeo: il rafforzamento dell'euroconfisca, la necessità di squadre investigative sovranazionali, la stessa ratifica cui ha fatto riferimento, anche questa vicenda che valica i confini del nostro stesso Paese, quindi questione sostanzialmente sovranazionale, anzi prevalentemente sovranazionale quella che andiamo ad approfondire e a guardare.
  Mi permetto di sollecitare su due vicende, per tentare di capire un po’ di più: innanzitutto, in Italia esistono dei tavoli di coordinamento, di confronto ? Qual è il luogo fisico ? Esiste un luogo fisico nel quale misurate competenze, opportunità, capacità e anche performance – penso alle Polizie tutte, ma anche a quelle locali – la prefettura o un altro, che approfondisce i temi onde evitare che talune azioni siano limitate ?
  Mentre la collega Cenni si riferiva alle vicende che riguardano le spiagge, pensavo alle scene frequentissime nei nostri centri urbani, alla transumanza di questi venditori di materiale contraffatto alla vista della polizia locale o delle Forze dell'ordine in genere.
  Credo, inoltre, di non aver ascoltato – ovviamente, avrò piacere di leggere ulteriormente la relazione che ci è offerta – ma chiederei qualche elemento in più sulla contraffazione di banconote. È materia che seguite direttamente ? È questione che appartiene a questo mondo ?
  Ancora, la collega Cenni diceva che siamo sollecitati anche a riflessioni su etichette varie, le più moderne e le più antiche, sui chip, gli ultimi ritrovati della scienza e della tecnica: possono rappresentare un elemento o questa rincorsa verso la modernità vede sempre pari le Pag. 20forze del bene e le forze della contraffazione, per cui tutto sommato anche per molti aspetti inutile ?
  In questo senso, lei sa che nel decreto cosiddetto Sblocca Italia, è prevista un'ipotesi di un marchio distintivo nazionale che sarebbe cappello, in qualche modo dovrebbe portare un ulteriore elemento distintivo: questo in sé, nella sua esperienza, può rappresentare un elemento utile per il contrasto alla contraffazione e ai falsi e quanto può incidere sulla contraffazione sui falsi che in realtà già oggi ci sono e si misurano sui marchi esistenti DOP, DOCG e analoghi ?

  MATTIA FANTINATI. Sarò abbastanza breve anch'io. Ringrazio il comandante della Guardia di finanza per tutto il materiale che ci ha lasciato. Ho soltanto un paio di considerazioni a livello comunitario.
  Vorrei sapere se esista una rete a livello comunitario contro la contraffazione. Oltretutto, sappiamo che abbiamo i problemi principali soprattutto dalla merce che arriva nei porti del nord Europa, dove il tema è sentito, ma non così come nei nostri mercati. So che sono state emanate delle direttive, che però non sono ancora così efficaci dal punto di vista normativo a livello comunitario.
  Vorrei anche chiedere se effettivamente nel loro rapporto magari con l'Agenzia delle dogane, che penso si occupi in qualche modo di sequestrare la merce, si diano tutti gli strumenti del caso. So che, effettivamente, da qualche anno l'Agenzia delle dogane lamenta un po’ la depenalizzazione, col passaggio da reato penale a illecito amministrativo della fallace identificazione. Lamentavano, appunto, che il reato diventasse esecutivo quando vi era una commercializzazione della merce piuttosto che un'indicazione di provenienza. Se vuole, le lascio la legge finanziaria, lettera 150, articolo 4, 49-bis e 49-ter: qual è l'opinione della Guardia di finanza su questi due articoli e sulla depenalizzazione ?

  COLOMBA MONGIELLO. Interverrò brevemente, anche perché credo che il materiale che il comandante generale ci ha fornito abbia bisogno di una maggiore riflessione da parte nostra, una lettura più attenta. Solleverei, però, poche questioni, che penso si ritrovino in un unico filo conduttore anche con le domande dei colleghi.
  Siamo nelle condizioni anche con le nostre azioni repressive e con i nostri strumenti di essere adeguati a combattere la pirateria commerciale nella contraffazione ? Ovviamente, ha fatto riferimento a due o tre grossi settori: abbiamo una contraffazione grossolana, una contraffazione più ardita e quella più sofisticata, per non parlare dell’Italian sounding, che è ben altra cosa e che lascio fuori da questo ragionamento.
  I numeri di questi tre tipi di interventi legali sono enormi. Credo che le stesse agenzie che in questi giorni hanno effettuato una serie di studi evidentemente non siano in possesso dei numeri reali. Lei fa riferimento a un'aggressione ai patrimoni con confisca dei beni e poi dice che avete sequestrato in due anni 3,7 miliardi di prodotti. I numeri sono enormi e, secondo la mia opinione, non contemplano i numeri iniziali della contraffazione da cui siamo partiti. La mia è una riflessione, comandante generale. Devo dire che è ciò che mi ha sorpreso di più.
  Personalmente, sono sempre convinta che il valore di quest'operazione illegale sia molto più ampio e che forse non riusciamo ancora a comprendere i diversi settori di provenienza della contraffazione. Un pezzo di contraffazione è strettamente collegato alla criminalità organizzata di diverse zone, che ovviamente si è molto fusa con la contraffazione illegale di altri soggetti stranieri, addirittura utilizzandoli. Quella straniera utilizza anche soggetti locali. Questo significa che è un fenomeno molto più complesso di quello che conosciamo e che si è molto più evoluto anche rispetto alla precedente valutazione che ne avete fatto nella Commissione che ci ha preceduti.
  C’è tutto l'interessante capitolo sulla Web piracy, ma devo dire che mi ha colpito molto anche il suo discorso sul Pag. 21money transfer. Penso che su questo dovremmo fare una seria riflessione, perché vedere i flussi finanziari ci fa comprendere anche cosa si sta muovendo in questo Paese verso altri Paesi e quali. Forse fa comprendere anche a tutti produttori e consumatori il peso reale nell'economia di questo Paese attraverso i flussi finanziari che emergono anche da quest'economia illegale.
  Ovviamente, parliamo di azioni repressive, che lei spesso ha citato. Su alcuni interventi abbiamo personale specializzato in questo settore ? Per la Web piracy, di cui lei ha parlato a lungo, abbiamo anche personale dei nostri corpi specializzato ? Come questi corpi parlano tra loro ? Questa è una domanda che mi pongo spesso e pongo a lei. Ci parliamo tra noi ? Parliamo tra i diversi corpi ? Comunichiamo le nostre esperienze ? Abbiamo un'unica banca dati ? Come possiamo intervenire in maniera massiccia per reprimere certi fenomeni ?
  Concludo sulle norme penali per cercare di intervenire rispetto a certi fenomeni. Ha fatto riferimento all'aggressione dei patrimoni, che sostengo fortemente. Dovremmo introdurre in moltissimi altri aspetti quello che è già previsto dal codice penale. Ha fatto riferimento anche ad alcuni interventi del codice, all'articolo 517, al 517-bis, che abbiamo già utilizzato nella legge n. 9 del 2013, che mi è molto cara, la cosiddetta legge Salva olio, da cui lei mutuerebbe per altre filiere produttive. Anche su questo sono d'accordo, ma forse sarebbe meglio che ci evidenziasse in maniera più dettagliata come noi legislatori potremmo intervenire.

  PRESIDENTE. Generale, anch'io avrei una serie di considerazioni. Mi limito per ora a segnalare ai colleghi alcune tematiche di fondo affrontate dal comandante e su cui dobbiamo tornare. Mi riferisco alla normativa penale, alla collocazione attuale dei reati all'interno del Titolo VII, al tema del follow the money per quanto riguarda il Web. Sono questioni su cui credo che dovremo organizzare una riunione ad hoc al di fuori delle audizioni, perché meritano, a mio avviso, un approfondimento, sono temi prioritari.
  Mi limito, in questa sede, anche per non appesantire la riunione ulteriormente, a tornare su due specifici punti già sollevati, uno dal collega Russo e l'altro dalla collega Mongiello, ma mi pare anche dalla Cenni. Il primo riguarda le polizie municipali, che hanno un ruolo non trascurabile in questa fenomenologia. A loro, certo, non possiamo affidare la mission di aggredire le grandi organizzazioni criminose, però sul territorio svolgono un ruolo non trascurabile nel contrasto al fenomeno.
  È il fenomeno più appariscente, probabilmente anche quello meno importante in termini di valori, di numeri in ballo. Mi riferisco al fenomeno della distribuzione attraverso ambulanti, ma c’è anche la percezione che il ruolo svolto dalle polizie municipali sia al di sotto di quello che potrebbe essere la loro potenzialità. Chiedo a lei, alla sua esperienza e alla sua visione delle cose: cosa è auspicabile e possibile fare per ottenere su questo livello una resa diversa ?
  La seconda domanda, anche qui riprendendo cose già dette, riguarda in modo molto diretto e puntuale il tema del contrasto all'illecito sul Web, e quindi della Polizia postale: avete una struttura analoga, sostanzialmente, che si svolge con le stesse caratteristiche tecniche, con la stessa mission di quella, appunto, della Polizia di Stato per questo tipo di lavoro ? In caso affermativo, in che relazione è con la Polizia postale, nel senso di flusso reciproco di dati e livello di coordinamento ottimale o non ottimale ?
  Do ora la parola al generale Capolupo per la replica.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di Finanza. Innanzitutto, vi ringrazio per le domande, anche se devo dire che molte riguardano proprio la parte che non ho letto. La colpa è mia che, per ridurre i tempi, se ho ben capito, ho saltato la parte che interessava di più. Ve ne chiedo scusa.
  Cominciamo dal discorso sulla spiagge, visto che ha posto questa domanda. Se si Pag. 22riferisce in modo particolare all'attività svolta quest'estate, entro in un contesto più ampio. Normalmente, non ci occupiamo del controllo sulle spiagge, perché avremmo una distinzione, nel senso che vorremmo occuparci dei fenomeni e non dei singoli atti illeciti. Questo ha delle implicazioni sociali sulle quali non entro perché ci sono dei risvolti. Addirittura, qualcuno ha tentato il suicidio in Sicilia, quando ero a Palermo due-tre anni fa. Alcuni aspetti in relazione alla vendita al minuto forse meriterebbero un dibattito e un approfondimento a parte.
  In ogni caso, rispondo alla domanda fatta dall'onorevole Russo: in realtà, presso le prefetture esiste questo coordinamento con le Forze di polizia. Per esempio, a Roma, in particolare, abbiamo addirittura costituito presso la prefettura una cabina di regia di cui fanno parte tutti gli attori istituzionali dalle Dogane alla Guardia di finanza, della polizia municipale e così via. Noi ne abbiamo, sostanzialmente, la responsabilità.
  Devo dire che, se scindiamo i due profili, cioè quello del dettaglio e quello produzione e ingrosso, è chiaro che qui le Forze di polizia hanno competenze diverse. Non c’è neanche motivo di una collaborazione, se non per la segnalazione nella banca dati comune dalla quale possiamo attingere i precedenti.
  Se c’è, invece, una ricaduta fiscale, normalmente le altre Forze di polizia devono fare la segnalazione. Una legge specifica ad hoc prevede che, ogniqualvolta si presenta un risvolto fiscale, questo deve essere comunicato alla Guardia di finanza. Non dispongo di un dato per confermare se avvenga sempre o meno. Di fatto, quest'obbligo esiste e in molti casi effettivamente si verifica. Non so se si verifichi sempre.
  Devo dire, però, che su un piano più generale i rapporti con le Forze di polizia – lo dico perché è vero, non è un'affermazione di circostanza – sono eccellenti. Ci parliamo, ci confondiamo, oltre a esistere due sedi istituzionali oltre a quella della prefettura: il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica, dove portiamo i temi più importanti, compresa la contraffazione. Negli ultimi due Comitati nazionali, ce ne siamo occupati e si è deciso di intensificare un'attività sulle spiagge e, successivamente, di intensificarla all'interno delle città, soprattutto nelle città d'arte, per i due obiettivi di tutelare il made in Italy, cioè grandi imprese, e ovviamente la libertà dei cittadini che hanno diritto sulle spiagge a non essere infastiditi e in città nei centri storici dei nostri turisti di muoversi liberamente.
  Qui salto seguendo un ragionamento logico. C’è un problema di coordinamento con le polizie municipali. È chiaro che devono essere coinvolte in questo processo di contrasto, perché abbiamo e ci proponiamo il compito di risalire alle filiere, tant’è vero, come ho indicato con alcuni esempi nella relazione, che spesso ci riusciamo, soprattutto nei distretti, nei poli produttivi, del casertano, di Milano, di Roma o di Prato, poco importa.
  Il nostro obiettivo non è tanto reprimere il singolo atto illecito, che lasceremmo come compito della polizia municipale, fisicamente sul territorio. Non avremmo neanche le forze per farlo, né una presenza fisica né le risorse necessarie per fronteggiare i singoli atti illeciti. Il nostro obiettivo è di incidere sull'organizzazione. Come accennato, purtroppo c’è un coinvolgimento sempre più frequente della criminalità organizzata. Ho citato l'esempio del clan dei Mazzarella di Napoli, ma potremmo citarne altri di criminalità organizzata coinvolta nella contraffazione.
  Purtroppo, in un momento di crisi produttiva, la criminalità ha trovato il sistema, da un lato, di incrementare sulla contraffazione o riprendere una parte del traffico di stupefacenti, addirittura in alcune aree il contrabbando di sigarette. Ha compensato, sostanzialmente, un vuoto produttivo con incremento della criminalità in settori che in passato erano stati in parte abbandonati.
  Il tema delle difficoltà sulle banche dati va sicuramente ben al di là della contraffazione. Abbiamo una banca dati, della SOGEI, sicuramente molto valida. In Italia, Pag. 23abbiamo addirittura CIRCA 4.000 mila banche dati che non comunicano tutte tra di loro. Le banche della Polizia hanno come riferimento la banca in cui affluiscono tutti i fatti che hanno rilevanza penale: in quella troviamo tutti i precedenti e quanto si è verificato sia nella contraffazione sia per altri reati.
  Dal punto di vista amministrativo, evidentemente, per tutti gli illeciti non penali, questa banca dati non confluisce evidentemente e non la conosciamo. Poiché, cioè, non tutte le banche delle amministrazioni sono comunicanti o interoperabili meglio tra di loro, evidentemente non abbiamo un quadro a 360 gradi. Sicuramente, abbiamo un quadro completo dal punto di vista penale; non l'abbiamo dal punto di vista amministrativo.
  L'obiettivo che stiamo sostenendo come Guardia di finanza è di far sì che le banche dati più importanti siano tra loro interoperabili, quindi non solo quelle Forze di polizia, come ripeto che già avviene, ma quelle delle altre tante banche dati di questo Paese. È mio auspicio che, avendo noi già una società, la SOGEI, a capitale pubblico, partecipato dal MEF, tutte le notizie non penali che finiscono nell'altra banca dati confluiscano in questa società in modo che si abbia un quadro completo.
  Qui apro una parentesi. L'errore che spesso si commette è considerare la contraffazione come un fatto isolato, un fenomeno criminale a se stesso. Non è così. La contraffazione ha sempre dei risvolti fiscali, di riciclaggio, spesso di criminalità organizzata e così via.
  In relazione alla Cina, proprio ieri ho avuto una colazione con il direttore delle dogane cinesi. Mi creda che è una pura casualità. Devo dirle che avevamo un modesto scambio di collaborazione con la Cina e proprio ieri abbiamo deciso di scambiarci, anzitutto, delle lettere. Abbiamo formalizzato questo incontro e abbiamo ipotizzato, per l'anno prossimo, di firmare addirittura un accordo bilaterale per questo scambio di informazioni.
  Mi ha impressionato che mi abbiano fatto un ragionamento analogo a quello che stiamo facendo noi, allargato al traffico di armi, agli stupefacenti, ma che ha riguardato anche la contraffazione e il contrabbando di sigarette, oltre al traffico dei rifiuti. Proprio con la Cina, quindi, stiamo intensificando questi rapporti ed è auspicabile, appunto, che quest'accordo bilaterale che vorremmo sottoscrivere sia stipulato al più presto.
  Presidente, quanto ai rapporti con la Polizia postale, abbiamo una struttura specializzata, anche qui accennata, inserita nei reparti speciali. Il suo compito è di «navigare» su Internet per i compiti istituzionali della Guardia di finanza, tra cui la contraffazione. Normalmente, la Polizia di Stato si occupa di profili diversi, fermo restando che qui richiamo due decreti, l'ultimo dell'allora Ministro Pisanu del 2008, con cui sono state fissate le competenze delle singole Forze di polizia.
  Ovviamente, il contrasto alla pirateria informatica è di competenze dalla Polizia postale, come criterio di massima, mentre noi ci occupiamo di tutto quello che ha risvolti di carattere economico-finanziario. Questo non significa che al momento opportuno non possiamo scambiarci dei dati, ma sono due attività completamente autonome che, solo se vengono in contatto, possono determinare un travaso di dati dall'una all'altra parte e viceversa.
  La collaborazione internazionale è eccellente. Come troverà anche indicato nel documento, abbiamo una forte collaborazione con l'Interpol su questa materia, tanto che abbiamo fatto formazione per diversi anni non solo per il nostro personale, ma anche per i Paesi di tutto il mondo in materia di contraffazione presso la nostra scuola di Polizia tributaria. I rapporti sono altrettanto eccellenti con l'Europol e, soprattutto, anche con l'OLAF (Ufficio europeo per la lotta antifrode), perché la contraffazione appunto è un altro dei temi a livello comunitario al centro dell'attenzione.
  Siamo capofila anche in alcuni progetti, oltre ovviamente a utilizzare i rapporti bilaterali e plurilaterali sul versante amministrativo non solo in base alle direttive Pag. 24e ai regolamenti comunitari, ma anche per le attività di polizia giudiziaria attraverso le rogatorie.
  A questo proposito, le segnalo che abbiamo presso alcune ambasciate italiane gli esperti addetti economici, che si occupano proprio di questo tipo di attività, di raccordo con le altre Forze di polizia e con gli altri uffici o istituzioni omologhi, che quindi svolgono gli stessi compiti della Guardia di finanza a livello sia europeo sia extraeuropeo.
  Proprio con Pechino, con la Russia e i Paesi asiatici abbiamo in comune questi aspetti economici, con la speranza che ci aiutino nell'implementare di rapporti di collaborazione, ma anche con un occhio che va un po’ al di là del vetro dell'ambasciata, che guardi un po’, per esempio, agli investimenti illeciti degli italiani all'estero. Anche questo, infatti, è un problema. Qui mi sento veramente di rassicurare la Commissionare, perché sulla collaborazione internazionale siamo davvero messi bene.
  D'altro canto, il numero di richieste di collaborazione che inoltriamo agli altri 27 Paese dell'Unione europea è impressionante. Da soli forse facciamo più di tutti gli altri messi insieme. Quando, infatti, c’è contraffazione, c’è sempre il profilo fiscale, quindi utilizziamo sostanzialmente anche gli accordi bilaterali per lo scambio di informazione di carattere amministrativo per utilizzare, successivamente, quell'informazione anche per lo sviluppo della contraffazione, ma sempre per lo stesso motivo per cui gli attori non si limitano solo alla contraffazione, ma non dichiarano i ricavi che conseguono dall'attività di produzione, fase intermediaria e vendita al minuto. L'aspetto un po’ preoccupante è proprio per la parte della criminalità organizzata, che impone l'acquisto e la vendita di certi prodotti al minuto. È quello forse l'aspetto più delicato in questa fase.
  Quanto ai poli produttivi, stiamo ahimè assumendo delle iniziative non ancora operative, ma proprio a tutela dei poli produttivi. Per le centinaia di nostri poli produttivi stiamo mettendo in piedi un progetto di tutela. Il nostro compito, al di là di reprimere il fenomeno illecito, è quello di tutela del sistema economico. È tanto più vero in un momento delicato come quello attuale, in cui pulire i mercati dalla concorrenza sleale è un obiettivo prioritario per noi, per tutelare il sistema economico e farlo decollare.
  Se in una crisi finanziaria, infatti, alla mancanza di liquidità aggiungiamo la concorrenza sleale, le nostre imprese chiudono. C’è molta attenzione a questi poli produttivi. Ci sono i poli produttivi di contraffazione nell'ambito dei poli produttivi legali: stiamo agendo sul primo versante per tutelare i secondi e soprattutto verso questi poli produttivi di eccellenza che abbiamo in diverse località italiane.
  In relazione alla contraffazione di moneta, onorevole Russo, abbiamo un reparto speciale, nucleo di Polizia valutaria, previsto per legge e che si occupa di tutto quello che avviene nel mondo finanziario. Nell'ambito di questo reparto, una struttura ad hoc si occupa della contraffazione e falsificazione di monete e banconote.
  Nell'ambito delle attività poste in essere anche recentemente, abbiamo individuato due o tre laboratori clandestini sempre nella zona di Caserta, dove non solo abbiamo trovato euro e dollari contraffatti, ma addirittura tutta la parte meccanica, l'attrezzatura necessaria per la produzione, compresi pezzi di carta già pronti, inchiostro, tinte, stampi e quant'altro serviva per stampare queste monete. Non l'ho citato, ma vi assicuro che esiste questo reparto, che credo sia l'unico in Italia a occuparsi in modo specifico di questa materia.
  Per quanto riguarda il problema europeo, ho accennato all'Interpol, all'Europol: è chiaro che questo tema non può essere nazionale. Anche qui è saltato un pezzo, ma tra le proposte che avanziamo c’è quella dell'omogeneizzazione delle legislazioni dal punto di vista sia sostanziale sia sanzionatorio. Se non ci sono confini, se i mercati sono globali, se l'economia è internazionalizzata, non possiamo pensare di affrontare la contraffazione o tutti gli altri fenomeni illeciti agendo all'interno del territorio.Pag. 25
  Oltretutto, i flussi finanziari passano con money transfer. Una volta si andava in Svizzera con la valigetta o con altri sistemi, mettendo le banconote nell'autovettura nascondendole alla meno peggio o alla meglio; adesso, i flussi finanziari non si muovono più, nessuno li vede, nessuno sa dove siano. I capitali si muovono, ma in modo virtuale, non materiale, quindi la collaborazione è fondamentale.
  Non esiste la possibilità di combattere qualsiasi fenomeno illecito che abbia una ricaduta economica senza una collaborazione internazionale, almeno se parliamo di un certo livello. Molti dei produttori sono grandi aziende che hanno dipendenti, benché lavoratori in nero, comunque in numero elevato, per cui hanno un volume d'affari molto elevato, liquidità. Poiché tutto questo avviene in nero, nel senso che non transita per la contabilità, questa massa di denaro in contanti in qualche modo va smaltita, tanto che esistono dei centri di raccolta di denaro per poi trasferirli all'estro, la fase appunto del riciclaggio.
  Purtroppo, i money tranfer sono un problema serio. Per i motivi che ho detto, per l'impossibilità di tracciare i flussi finanziari, quindi il movimento, nelle indagini si arriva a un certo punto e si trova un muro di cemento armato. Non si va oltre perché non c’è più il tracciato, quindi ci ferma. Sono strutture aperte tutti i giorni, 24 al giorno: anche se hanno delle commissioni più elevate rispetto alla banca, hanno la certezza dell'anonimato, di non essere individuati. O li si trova, quindi, in flagranza, cioè mentre portano il denaro, che può succedere una volta, ma non spesso, o questa massa di danaro si muove senza lasciare traccia.
  È il motivo per cui sosteniamo il discorso sulla tracciabilità. Se si utilizza la moneta elettronica, si risolvono i problemi. Col contante, purtroppo non è così.
  Mi permetto di ricordare che anche i proventi illeciti sono soggetti a tassazione, quindi la ricostruzione del provento illecito porterebbe anche un gettito nelle case dello Stato. Anche questo è un profilo particolarmente importante.
  Col permesso del presidente, darei la parola a Stefano Screpanti.

  STEFANO SCREPANTI, Capo del III Reparto del Comando Generale della Guardia di finanza. C'era anche la domanda sulla normativa.
  Per quanto riguarda la tracciabilità e l'etichettatura, ovviamente dal nostro punto di vista tutte le misure per creare presìdi o difficoltà all'attività di contraffazione sono utili. Naturalmente, bisogna stare al passo della capacità dei contraffattori e dei criminali di trovare le soluzioni e le scappatoie, ma in linea di principio si deve riconoscere che ogni misura di prevenzione è utile.
  Quanto al tema dell'indicazione d'origine, credo che si riferisse alla legge 24 dicembre 2003, n. 350, articolo 49-bis: indubbiamente, dal punto di vista tecnico-giuridico, la tutela dell'origine, della provenienze è quella più complessa. Impatta, come noto, con le normative comunitarie, che pongono vincoli seri.
  Nella nostra esperienza operativa, devo dire che tutto sommato ci sembra una normativa che, lavorando e acquisendo gli elementi di prova, può funzionare. Il 49-bis dal nostro punto di vista può essere efficace qualora colpisca chi pone in essere dei comportamenti latamente ingannatori, tanto che si riferisce al titolare del marchio licenziatario e non a chi usurpa un marchio, ma a chi, pur titolare di un marchio, non assume tutti gli accorgimenti idonei a dare corretta informazione. La sanzione amministrativa è comunque pesante: è sempre disposta la confisca amministrativa se il titolare non interviene apponendo le informazioni necessarie.
  Nelle esperienze operative che abbiamo riscontrato, la normativa ha funzionato, ma ci rendiamo conto anche che è difficile da costruire perché la normativa comunitaria può complicare il ragionamento.

  SAVERIO CAPOLUPO, Comandante generale della Guardia di Finanza. In relazione al rapporto con l'Agenzia delle dogane, sa che siamo nei porti, negli aeroporti – il confine ormai non c’è più – e Pag. 26vi collaboriamo, ovviamente scambiamo i dati. Certo, loro hanno delle banche dati che riguardano tutti il movimento da e per l'estero e che per noi, per la parte fiscale, è fondamentale.
  È chiaro che un monitoraggio delle operazioni sull'estero, soprattutto in un momento in cui stiamo cercando di focalizzare l'attenzione sulle imprese estere o, comunque, soggetti che operano all'estero e che cercano di localizzare i capitali in Paese a fiscalità privilegiata, riveste grande rilevanza.
  Ovviamente, i rapporti sono buoni. Tra l'altro, c’è questa cabina di regia, che poi è il Ministero dell'economia e delle finanze, quindi siamo sotto lo stesso padrone, lo stesso capo, per cui i rapporti sono sicuramente molto positivi.
  Onorevole Mongiello, al di là dei numeri – il valore è stimato, ognuno dà il suo – per quanto ci riguarda, abbiamo delle strutture centralizzate preposte all'analisi di rischio, il cui compito è individuare i fenomeni, gli autori, segnalarli ai reparti operativi. A livello centrale, per omogeneizzare le procedure, siamo noi che definiamo gli step, salvo l'autonomia in collaborazione con i magistrati, che devono essere seguiti per il contrasto.
  Inoltre, una nostra unità specializzata si occupa della tutela dei mercati, quindi di tutto quello che incide negativamente sul corretto funzionamento dei mercati, in particolare per la contraffazione evidentemente. A livello locale, nell'ambito di ciascuno dei nuclei – ogni provincia ne ha uno suo di Polizia tributaria – una struttura si occupa della tutela dei mercati. Penso, quindi, che sul territorio siamo ampiamente presenti.
  Devo anche dire che credo il 90 per cento dei prodotti contraffatti siano sequestrati dalla Guardia di finanza. Preferirei dire che non sequestriamo nulla perché non c’è contraffazione, ma purtroppo ce n’è tanta, e quindi poniamo, proprio nel nostro ruolo di polizia economico-finanziaria, grande attenzione a tutto quello che inquina i mercati.
  Per finire, il discorso sulla tracciabilità dei prodotti è certamente positivo. L'avevamo chiesta a suo tempo, quando c'era il contrabbando, e con la Philip Morris avevamo risolto il problema proprio con l'etichettatura: eravamo in condizione di stabilire produttore, grossista e distributore.
  Proviamo, onorevole, a tracciare i movimenti. Di mestiere facciamo gli sceriffi. Cerchiamo di proporre a voi, che ci rappresentate in Parlamento, i nostri problemi e, presuntuosamente, anche qualche soluzione. A voi spetta la valutazione politica se le nostre proposte meritino considerazione o meno o, come ci auguriamo, addirittura di essere tramutate in legge.
  Spero di aver risposto quasi a tutto. Se non ci sono altre domande, vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Chiudo la riunione rinnovando il ringraziamento anche a nome dei colleghi. Oggi è stata una giornata particolarmente importante per l'attività della Commissione.
  Ci vediamo la settimana prossima. Avremo un'audizione che sarà sicuramente meno ampia in termini temporali, quindi approfitterei per un Ufficio di Presidenza, perché credo che abbiamo messo molta carne al fuoco ed è bene che facciamo il punto. Vi prego di prendere nota che ci sarà questo step. Ringrazio tutti.
  Dichiaro conclusa l'audizione e dispongo che la relazione integrale del generale Capolupo sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna.

  La seduta termina alle 16.35.

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ALLEGATO

DOCUMENTAZIONE PRESENTATA DALLA GUARDIA DI FINANZA

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