XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 27 di Giovedì 16 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Sergio Chiamparino, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Caldoro Stefano , Presidente della Regione Campania ... 3 
Garavaglia Massimo , Assessore della Regione Lombardia, Coordinatore della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ... 4 
Rambaudi Lorena , Assessore della Regione Liguria, Coordinatore della Commissione Politiche sociali della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ... 7 
Caldoro Stefano , Presidente della Regione Campania ... 8 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 8 
Fornaro Federico  ... 8 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 8 
Fornaro Federico  ... 8 
Guerra Maria Cecilia  ... 9 
Garavaglia Massimo , Assessore della Regione Lombardia, Coordinatore della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ... 10 
Guerra Maria Cecilia  ... 10 
Molinari Francesco  ... 10 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10 
Fornaro Federico  ... 10 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10 

ALLEGATO: Documentazione presentata dall'assessore Rambaudi ... 11

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Sergio Chiamparino, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione, del Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Sergio Chiamparino, che è sostituito dal Presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro.
  Sono inoltre presenti Lorena Rambaudi, Assessore della Regione Liguria e coordinatore della Commissione Politiche sociali della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, che ci ha chiesto formalmente di essere presente con una lettera di cui ho dato conto in Ufficio di Presidenza, e Massimo Garavaglia, assessore della Regione Lombardia e coordinatore della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.
  Il tema che tratteremo è quello dell'attuazione e delle prospettive del federalismo fiscale. Credo che ci sia anche una ricaduta di diretta attualità – se ovviamente i nostri ospiti ne vorranno parlare – rispetto alla legge di stabilità e a quanto in essa previsto.
  Do subito la parola al Presidente Caldoro, ringraziandolo per lo svolgimento della relazione.

  STEFANO CALDORO, Presidente della Regione Campania. Grazie a lei, Presidente, grazie ai senatori e ai deputati. Sostituisco il Presidente Chiamparino, ma è presente la delegazione della Conferenza, quindi seguiranno interventi più di merito della Commissione Affari finanziari della Conferenza, che è la Commissione preposta alla parte che riguarda il tema più complessivo del federalismo, della legge delega e dei decreti legislativi a partire dal decreto n. 68 del 2011.
  Credo che questa discussione tra di noi sia molto utile per fare la verifica dello stato di avanzamento del processo del federalismo fiscale contestualizzandolo.
  Lei ha accennato in maniera molto opportuna al dato degli effetti che le varie leggi di stabilità o, comunque, manovre correttive hanno su questo percorso. Quindi, è evidente che, almeno dalle anticipazioni che abbiamo avuto modo di verificare ieri, la manovra e la legge di stabilità per il 2015 non potranno non avere effetti diretti su questo percorso.
  Dal punto di vista più generale, noi confermiamo – lo abbiamo detto in ogni sede – che siamo fortemente interessati a un processo di accelerazione del federalismo fiscale. Abbiamo sempre, in ogni occasione, contribuito e lavorato per questa finalità; già in una fase iniziale abbiamo applicato le cosiddette «procedure», che andranno a regime, che fanno riferimento alla determinazione dei fabbisogni, Pag. 4soprattutto dei costi standard. Lo abbiamo fatto in particolare nella sanità, nella determinazione delle Regioni benchmark; quindi è un percorso che abbiamo già ampiamente avviato.
  È evidente che questo discorso ora va contestualizzato non solo con gli effetti di bilancio sulle manovre, ma anche con il nuovo quadro della definizione dei poteri locali. Mi riferisco alla parte che riguarda in particolare le Province, quindi la ridefinizione delle competenze e delle risorse, ma anche al quadro più generale delle ipotesi di modifiche costituzionali che sono in discussione nelle Aule parlamentari.
  Faccio un accenno ai problemi: la fiscalità regionale, determinata dai costi e dai fabbisogni standard, il superamento graduale della spesa storica (accennavo prima al dato della sanità), il tema sostanzialmente bloccato del processo legato alla definizione dei trasferimenti, che si riducono sempre, e quello della fiscalizzazione e della determinazione delle capacità fiscali (un processo che è rimasto molto lento, se non solo accennato come regola che tutti condividiamo). La capacità di poter determinare un'efficacia del sistema del federalismo fiscale è fortemente contratta dalla riduzione sempre più consistente dei trasferimenti e dall'incapacità di poter andare alla determinazione della fiscalizzazione degli stessi, su quanto incidono sull'indebitamento e soprattutto sui limiti sempre più stringenti del Patto di stabilità.
  Aggiungo altre due questioni che possiamo affrontare insieme. Una riguarda l'accelerazione del lavoro sul tavolo previsto dal decreto legislativo n. 68 per determinare le problematiche e le criticità che possono esserci, in particolare per determinare in maniera chiara l'adeguatezza delle risorse rispetto alle funzioni delle Regioni o, comunque, rispetto a quello che le Regioni devono fare in riferimento al quadro complessivo di mutamento del sistema dei poteri locali. Al riguardo confermiamo la disponibilità a lavorare su questa prospettiva comune.
  Cito, non ultimo, un tema che ho affrontato spesso anche in Conferenza e che riguarda la coesione territoriale. Oggi sono qui in qualità di vicepresidente della Conferenza, ma sono anche il Presidente di una Regione importante del Mezzogiorno, quindi richiamo questo tema che riguarda sicuramente la necessità di ridefinire o comunque di affrontare la questione del meccanismo di perequazione previsto nella legge delega.
  Inoltre, va affrontata la questione, che riguarda il territorio in maniera uniforme, dell'aumento della pressione fiscale che nei fatti incide maggiormente sulle aree più deboli. Aggiungo che gran parte delle imposte aggiuntive sulla fiscalità locale sono anche previste da norme nazionali che ne determinano la necessità e in qualche caso l'obbligatorietà ai fini della riduzione dei disavanzi, in particolare dei disavanzi sanitari.
  Quindi, il paradosso è che la pressione fiscale è maggiore proprio dove si dovrebbe avere, invece, un minore impatto della fiscalità, almeno quella addizionale, cioè proprio nelle Regioni più deboli. In altre parole, dove c’è minore reddito pro capite vi sono imposte più alte. Questa è un'oggettiva contraddizione e credo che in parte contrasti con le finalità di molti regolamenti europei. Spesso l'Europa interviene sul nostro Paese con procedure di infrazione e credo che prima o poi si muoverà con procedure d'infrazione anche a questo riguardo.
  Il tema della perequazione e della coesione territoriale va rivisto in maniera un po’ più stringente nell'ambito del tema complessivo del federalismo, per dare una giusta lettura di pieno equilibrio istituzionale.
  Mi fermo qui, lasciando ai colleghi una discussione più di merito.

  MASSIMO GARAVAGLIA, Assessore della Regione Lombardia, Coordinatore della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. Mi occuperò principalmente di Pag. 5aspetti di carattere finanziario e degli effetti del disegno di legge di stabilità per il 2015 su questo processo.
  Come è noto, a novembre scade la legge delega sul federalismo fiscale, quindi dovremmo completare tutto entro un mese circa, ma l'impressione è che non si vada esattamente in questa direzione.
  Che cosa, invece, possiamo rappresentare come Regioni sull'effetto, ad oggi, dell'impostazione dei costi standard, in particolare in sanità ? La questione è particolarmente interessante perché proprio di recente c’è stato uno studio dell'OCSE che rileva come il sistema sanitario italiano sia il numero uno in Europa e il terzo al mondo come efficienza, cioè come capacità in relazione alla spesa. Il fatto che, in un settore così importante come la sanità, il nostro Paese sia al primo posto in Europa è un dato sicuramente rilevante.
  Sarebbe interessante sapere in quale comparto gestito, invece, dallo Stato siamo sopra la trentesima posizione in Europa: probabilmente in pochi. Quindi, il dato è oggettivo, cioè abbiamo un sistema che è stato certificato come il migliore in Europa e, oltretutto, è universalistico, aspetto che spesso si dimentica: in Italia il poveretto può essere operato al cuore senza che gli venga chiesta la carta di credito.
  È un sistema che è stato efficientato molto dall'applicazione dei costi standard. Con il riparto dello scorso anno siamo passati definitivamente al regime dei costi standard e negli anni questo ha comportato un notevole avvicinamento tra i diversi sistemi regionali rispetto alla media. Con gli ultimi passaggi, siamo abbastanza ottimisti sul fatto che l'avvicinamento porti anche a un adeguamento dei livelli di prestazione. Quindi, il nostro è un sistema basato sui costi standard, sui LEA e sui LEP.
  Lo stesso non si rileva negli altri settori. Mentre per quanto riguarda la sanità, che però incide per l'80-85 per cento dei bilanci regionali, questo percorso è stato avviato, il resto è ancora di là da venire. Quindi, sarebbe interessante non solo non abbandonare il percorso del federalismo fiscale, ma riprenderlo alla luce del fatto che in un settore fondamentale ha dimostrato di funzionare bene. Se per la sanità lo Stato riesce, pagando 110 miliardi, ad avere un sistema che è il primo per efficienza in Europa, se facesse la stessa cosa ad esempio per la scuola avremmo anche in quel settore la possibilità di migliorare le prestazioni e di ottenere risparmi imponenti.
  Questo è lo scenario in cui ci troviamo prima della legge di stabilità. Poi arriva il disegno di legge di stabilità e qui iniziamo a essere un po’ preoccupati. In base a quello che si legge e alle anticipazioni pare che si preveda una manovra che impatta sulle Regioni nell'ordine dei 4 miliardi. In realtà, non sono solo 4, perché, per il saldo netto da finanziare, arriviamo a 5,8 miliardi.
  Se mi chiedete che cosa questo comporti, per dare un'idea, vi rispondo che solo nell'anno in corso è previsto un taglio di 560 milioni sul saldo netto da finanziare. C'era un accordo con il Governo per sterilizzarlo, ma l'accordo è stato stracciato. Ecco cosa comporta non avere questi 560 milioni: azzeramento del fondo della non autosufficienza, azzeramento del fondo delle scuole paritarie e via elencando.
  In questo caso ci troviamo a moltiplicare per dieci questo taglio. Cosa comporta tutto questo ? Considerato che il totale dei trasferimenti alle Regioni è nell'ordine di 6-6,5 miliardi, se ne vengono tolti 5,8 non rimane più niente. Allora sono le Regioni che finanziano lo Stato, quindi si inverte il meccanismo.
  A questo punto che cosa succede ? Rimaniamo sui 4 miliardi, per capirci, lasciando il milardo e ottocento milioni quale effetto della manovra Monti (un milardo) e quale effetto della manovra Letta (800 milioni). Facciamo finta che i 4 miliardi vadano tutti sulla non sanità (abbiamo letto da qualche parte che la manovra non impatta sulla sanità). Il bilancio non sanitario per le Regioni vale 19 miliardi per le Regioni a statuto ordinario. Quindi, togliere 3 miliardi su 19 alle Regioni a statuto ordinario significa azzerare completamente i beni e i servizi, cioè Pag. 6significa che dall'anno venturo le Regioni non erogano più un servizio: il sociale è azzerato, per capirci; non si compra più niente e non ci sono le integrazioni per il trasporto pubblico locale, quindi saltano i contratti ferroviari.
  Sulle Regioni a statuto speciale si toglie 1 miliardo su 10. Anche in questo caso, siamo nell'ordine del 10 per cento di riduzione della spesa corrente.
  Supponiamo, invece, che si faccia a metà e che 2 miliardi vadano sulla sanità, ed è un'impostazione che pare girare. Anche qui il tema è molto complesso. La sanità, come dicevamo, vale 110 miliardi. Con 110 miliardi si sono riportate oggi in sostanziale equilibrio quasi tutte le Regioni. Anche per le Regioni sottoposte al piano di rientro, con questa cifra, che aumenta nell'anno venturo, si raggiunge un equilibrio e si consente in tal modo di assorbire l'aumento di costi, che è anche implicito: non solo l'adeguamento ISTAT, ma anche l'aumento dell'IVA, per fare un esempio, ha comportato un aumento dei costi, per non parlare degli investimenti che sono necessari in un settore che corre molto velocemente.
  Ebbene, abbiamo fatto una stima molto brutale. Se togliessimo 2 miliardi al fondo sanitario succede che altre quattro, cinque, sei Regioni vanno in disavanzo. Quindi, con questo taglio che si prospetta le Regioni vanno in disavanzo. E cosa succede quando una Regione va in disavanzo ? Aumenta le addizionali IRPEF e IRAP. È dunque paradossale che si dica che si riduce l'IRAP, quando dall'altra parte, mandando in disavanzo le Regioni, la si aumenta. Lo dico per fare un quadro generale, però purtroppo è quello che abbiamo letto sui giornali.
  Non esiste ancora un testo disponibile della stabilità per il 2015, e non c’è ovviamente ancora una relazione tecnica, quindi ci basiamo sulle anticipazioni. Ma i saldi sono questi, le cifre sono queste. È evidente che se così fosse siamo di fronte a una manovra assolutamente irragionevole: è contro ogni ragionevolezza prevedere per un comparto un'entità di taglio di questo genere.
  Che senso ha azzerare il sociale ? Come farà il sistema senza avere un euro sul sociale ? Come farà il sistema a non rispettare i contratti che sono in essere con Trenitalia ? Come fa una Regione a non pagare un contratto ? Il contratto c’è, però salta se non ci sono le risorse per pagarlo. Quindi, il tema è molto delicato. La manovra è dunque irragionevole e inoltre viene anche meno il principio di leale collaborazione – principio costituzionale, tra l'altro – tra corpi dello Stato.
  Al di là dei 560 milioni di quest'anno su cui c'era un impegno – e per quanto mi riguarda, non so gli altri, vale ancora di più dell'accordo in Conferenza Stato-Regioni l'impegno politico personale di autorevoli membri del Governo con i Presidenti delle Regioni – se salta un principio così basilare, per cui ci si stringe la mano, si fa un accordo, ma i 560 milioni non ci sono più, capite benissimo che resta un problema per le Regioni trovare 560 milioni ai primi di novembre, quando nel frattempo si sono comunque erogati dei servizi. Sulla base di una stretta di mano, infatti, le Regioni non hanno azzerato i fondi per le scuole paritarie, non hanno azzerato i fondi per la non autosufficienza.
  La situazione è dunque molto complicata. Sarebbe interessante un ravvedimento operoso molto veloce sul tema, che potrebbe da un lato far riprendere un percorso che ha dimostrato nei fatti di funzionare. Del resto, la sanità parla da sola, e peraltro non siamo così certi che una sanità gestita da Roma porti risultati molto migliori, tant’è che il comparto Regioni è probabilmente l'unico comparto a passare all'equilibrio di bilancio nel 2015, quando invece lo Stato lo sposta all'anno dopo. Non solo il comparto Regioni arriva all'equilibrio di bilancio anticipandolo di un anno, ma si chiedono al comparto Regioni, in più, 4 miliardi di manovra. Questo è evidentemente irragionevole. A questo punto, verrebbe da chiedere allo Stato perché non provveda da solo all'equilibrio di bilancio.
  Questo è il quadro. Spero di essere stato sufficientemente chiaro.

Pag. 7

  LORENA RAMBAUDI, Assessore della Regione Liguria, Coordinatore della Commissione Politiche sociali della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. Intervengo in qualità di coordinatore della Commissione Politiche sociali della Conferenza delle Regioni.
  Noi intendiamo rappresentare una preoccupazione rispetto alla definizione dei fabbisogni standard. È evidente che questo discorso, nel contesto in cui viviamo e con la premessa espressa dal collega coordinatore della Commissione Affari finanziari, ci preoccupa ancora di più, oppure potrebbe anche non preoccuparci per niente, dal momento che – prima facevamo una battuta – forse non avremo bisogno neanche dei costi standard perché non avremo più la possibilità di fare servizi.
  Noi stiamo cercando, con il Governo, di garantire almeno le poste avute lo scorso anno per il sociale, che sono assolutamente sottodimensionate rispetto all'esigenza attuale in questo Paese. Con la crisi economica che viviamo sono sempre più numerose le persone che si rivolgono ai servizi sociali (pensiamo alle nuove povertà, ma non la faccio lunga poiché sono tutti argomenti che conoscete). Quindi, siamo veramente in difficoltà.
  È evidente che in questi anni le Regioni hanno cercato di aiutare i Comuni e, quelle che hanno potuto farlo, per evitare di chiudere i servizi hanno cercato di compensare i tagli nazionali anche con risorse proprie, oltre a quelle già messe in campo in una logica di sussidiarietà fra livelli istituzionali. Tuttavia, il quadro che è stato rappresentato ci preoccupa ulteriormente.
  Come sapete benissimo, il sociale – è un discorso che abbiamo fatto tante volte con la senatrice Cecilia Guerra nel suo precedente ruolo di membro del Governo – non ha livelli essenziali, non ci sono diritti esigibili, quindi i Comuni faranno quello che potranno di fronte a cittadini che hanno sempre più bisogni.
  Sulla questione più tecnica della definizione dei fabbisogni standard, noi abbiamo cercato dall'inizio di interloquire con la SOSE, incaricata dal Governo a svolgere questo lavoro.
  Devo dire che abbiamo avuto diversi incontri, ma non si è riusciti a lavorare in modo integrato, cosa che noi auspicavamo. Lo auspicavamo perché, pur non mettendo in discussione – ci mancherebbe altro – la professionalità della SOSE, conosciamo tuttavia i servizi sociali e la loro complessità, la loro diversificazione, ma anche la difficoltà, se non si è dentro, di riuscire a individuare il costo del servizio.
  Il lavoro è stato fatto con i Comuni, a nostro parere con qualche difetto metodologico. In primo luogo, oggi abbiamo dei dati discrepanti rispetto a quelli dell'ISTAT, unica fonte ufficiale sulla spesa sociale.
  Il secondo difetto è che abbiamo la spesa definita per singolo Comune, quando in gran parte delle Regioni ormai l'organizzazione dei servizi è fatta in forma associata. Quindi, fare una rilevazione di spesa per Comune, con la polverizzazione dei Comuni che abbiamo nei nostri territori, oggi non ha significato.
  Ci sono Comuni che non hanno neanche capitoli di bilancio o li hanno minimali, perché le funzioni vengono svolte dall'ambito sociale, dal distretto, dalla zona (le denominazioni cambiano in base alle leggi regionali). Capire l'organizzazione dei servizi prima di fare la rilevazione sarebbe stato quindi assolutamente fondamentale, perché purtroppo abbiamo questa disomogeneità che, come dicevo prima, deriva anche dal fatto di non avere un filo comune dato anche dai livelli essenziali.
  I dati che abbiamo visto, insomma, ci sembrano da verificare. Siamo preoccupati che venga fuori, con un decreto, un fabbisogno standard che non è realistico.
  In conclusione – poi c’è una nota prettamente tecnica che spiega meglio le cose che ho detto (vedi allegato) – la proposta che abbiamo discusso ieri con i colleghi delle altre Regioni è quella di testare questi dati, di fare un campionamento. Noi ci mettiamo a disposizione; ci sono alcune Regioni che hanno già dato la Pag. 8disponibilità, tra le altre Lombardia, Campania, Marche (o Umbria, non ricordo). Ieri abbiamo individuato quali potrebbero essere le Regioni, del Nord, del Centro e del Sud, rappresentative di tutta l'Italia.
  Dunque, proponiamo di fare un campionamento di circa ottanta Comuni nei quali provare a verificare questi costi standard nella realtà prima che diventino una cifra scolpita in un decreto.
  Noi ci mettiamo a disposizione, con un lavoro che non sarà neanche facile per le Regioni, perché comporta competenze sociali ma anche di tipo statistico. Come ho detto, ieri ne abbiamo discusso. Riteniamo che sia una partita importante, quindi ci mettiamo a disposizione per dare questo contributo. Speriamo che questo percorso si possa attuare.

  STEFANO CALDORO, Presidente della Regione Campania. Vorrei esprimere una nota di sintesi finale ritornando in maniera più precisa all'argomento.
  È evidente che tutto quello che è stato esposto crea seri problemi a ritenere che questo percorso possa andare avanti. I dati sono stati messi tutti in campo. Aggiungerei a questo una considerazione. Come ha detto prima l'assessore Garavaglia, il dato della sanità è il dato più emblematico. Si è fatto un passo più avanti sulla determinazione del fabbisogno dei costi standard, laddove abbiamo indicato le Regioni benchmark, abbiamo fatto un gran lavoro, ed è stata l'origine della firma del patto. A tal proposito, il Patto per la salute lo abbiamo firmato prima dell'estate e abbiamo messo tutti una bella firma, a partire dal ministro, dal Governo e da noi. Lì abbiamo indicato delle cifre che oggi vengono praticamente rivoluzionate. Peraltro, la firma non era su una trattativa sindacale, ma su un accordo condiviso, che era proprio nella logica del federalismo fiscale ma soprattutto dell'equilibrio di bilancio, in particolare nella sanità, e sulla determinazione con le Regioni benchmark dei costi del fabbisogno standard.
  Quindi, si trattava di un passo in avanti e quelle cifre erano coerenti con quel passo in avanti. Oggi viene cambiato totalmente un patto firmato, almeno stando ai numeri della legge di stabilità. Si consideri che c'era una clausola di salvaguardia per il Governo che riguardava il quadro macroeconomico, ma si prevedevano effetti peggiorativi tali da dover determinare una situazione di emergenza sui saldi di finanza pubblica. Quello era l'unico caso previsto per intervenire su quel patto per cambiare i numeri.
  Noi ci troviamo probabilmente – almeno stando a quello che abbiamo letto – di fronte a una legge di stabilità, a una manovra espansiva per almeno 12-13 miliardi, forse anche per giuste misure anticicliche. Non discutiamo le decisioni del Governo, sia ben chiaro, e se il Governo ha i soldi può anche spenderli, ma in tal modo si viene meno a un patto sottoscritto. Ritorno a una determinazione non di critica politica – ci mancherebbe – ma istituzionale, ossia proprio questo percorso che ci aveva avvicinato al tema della discussione di questa mattina risulterebbe seriamente pregiudicato, con l'effetto immediato di portare in disavanzo delle Regioni che pure sono in equilibrio di bilancio.
  Il tema è assolutamente centrale rispetto alla discussione di questa mattina.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FEDERICO FORNARO. Vorrei avanzare una proposta sull'ordine dei lavori, perché mi sembra che le questioni che sono state poste siano tutte legate alla legge di stabilità. La proposta è di attendere quindi un testo, perché fino a prova contraria le slide non sono ancora un atto normativo.

  PRESIDENTE. Può essere una buona idea...

  FEDERICO FORNARO. Ci arriveremo. A parte le battute, la proposta è di riprogrammare a strettissimo giro un nuovo incontro avendo in mano le carte ed essendo avviato anche l'iter parlamentare Pag. 9che si auspica possa intervenire anche su questi temi, in modo tale da poter fare un raccordo.
  Adesso lavoriamo tutti certamente su dati molto preoccupanti, non ho alcuna difficoltà a sottoscriverlo. Il quadro che emerge oggi è di grande preoccupazione, per le conseguenze che potrebbe determinare. Credo che la soluzione migliore possa essere quella che ho indicato sull'ordine dei lavori.
  A parte gli aspetti più specifici sollevati dall'assessore Rambaudi, che riguardano i fabbisogni e i costi standard, il che chiaramente fa parte dell'iter più normale del lavoro, la sua battuta è assolutamente condivisibile: per poterli spendere bisogna averli !

  MARIA CECILIA GUERRA. Seguendo l'indicazione del collega Fornaro, vorrei dire qualcosa sulla questione dei fabbisogni standard. Effettivamente le circostanze che l'assessore Rambaudi ci ha ricordato, anche da una lettura della nota metodologica, parlando dei fabbisogni standard nel sociale, destano una grossa preoccupazione.
  Questa discrepanza, talvolta anche molto marcata, con la rilevazione ISTAT va chiarita sul piano metodologico. L'ISTAT, tra l'altro, fa una rilevazione che è testata da un numero rilevante di anni (dieci, mi dicono), anche in quel caso con dei difetti, però i problemi che si stanno ponendo sono simili. Mi riferisco, ad esempio, non tanto alla gestione associata in termini di unione dei Comuni, perché quella è rilevata, quanto alla programmazione distrettuale o di ambito, che per i Comuni che si trovano nelle Regioni che spendono di più in questo campo è una cosa consolidata, seppure con modalità anche molto diverse.
  L'altro aspetto che mi pone difficoltà di comprensione è la questione socio-sanitaria, che su spese grosse come la non autosufficienza andrebbe chiarita. Andrebbe pure chiarito il livello regionale rispetto al livello comunale, perché anche questa mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni ha lasciato in predicato questo ambito di competenza. In teoria anche la rilevazione dei fabbisogni sociali sui livelli essenziali dovrebbe arrivare al livello regionale, però mi sembra che la partita dei fabbisogni comunali chiuda.
  La SOSE ha dovuto rinunciare a costruire delle funzioni di costo, data la grandissima eterogeneità della spesa sociale. Di fatto, noi economisti l'avremmo chiamata «analisi delle determinanti», cioè è una spiegazione della spesa storica, non ha niente di normativo, come invece dovrebbe essere con i livelli essenziali.
  La cosa che mi preoccupa di più dal punto di vista metodologico – chiedo conforto – nella vostra analisi è che il dato è «sporcato», dal punto di vista tecnico, dal fatto che ci sono Comuni (attraverso le Regioni, ma sto facendo un discorso del comparto) che hanno livelli più elevati perché hanno finanziato con risorse proprie. Quindi, costruire questo fabbisogno prescindendo da questa considerazione comporta che chi ha dedicato più risorse – magari utilizzando la leva fiscale – si trova penalizzato.
  È il quadro concettuale che viene meno in quest'operazione, soprattutto in questa funzione. Come avete detto tutti, c’è un punto fondamentale, ossia che tale funzione non è mai stata consolidata in termini di modalità di finanziamento, ma è un buco originario del disegno del federalismo.
  Credo che le Regioni, più occupate – per ovvie ragioni di rilevanza nel loro bilancio – dalla sanità e dai trasporti, abbiano trascurato l'esigenza fondamentale di arrivare a un consolidamento dei fondi. Questi fondi fantomatici (non ho ancora capito se nella legge di stabilità ci sono) come il fondo per la non autosufficienza, il fondo per le politiche sociali, o li si cancella e si fa un altro disegno oppure non possono non solo essere messi in discussione ogni anno, quindi riconquistati da zero, ma in più rischiare di essere stanziati e poi tagliati. Il taglio che ricade sulle Regioni di cui adesso non discuto l'entità – effettivamente l'analisi che avete fatto è preoccupante, ma va testata, come Pag. 10diceva il collega Fornaro, quando vedremo il testo – è un taglio indifferenziato che cade sui trasferimenti, nei quali ormai non c’è capienza. Quindi, i fondi sociali rientrano in ballo. È necessario capire se queste funzioni sono tutelate, a livello regionale, a livello comunale e via dicendo.
  Infine, mi ha stupito che, pure ancora nella non conoscenza della legge di stabilità, non abbiate detto niente circa l'intervento sull'IRAP. Anche quello, in termini di garanzia di copertura...

  MASSIMO GARAVAGLIA, Assessore della Regione Lombardia, Coordinatore della Commissione Affari finanziari della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. Andando sei Regioni in disavanzo, l'IRAP aumenta.

  MARIA CECILIA GUERRA. Sto parlando della riduzione IRAP per la componente lavoro. Non discuto ora del disegno, ma degli effetti sui bilanci regionali, in termini di compensazione e anche di leva di politica fiscale di tipo regionale. Vorrei sapere se avete fatto una riflessione su questo, ma potremmo inserirlo tra gli argomenti da affrontare nella prossima seduta. Grazie.

  FRANCESCO MOLINARI. Ringrazio gli auditi per l'esposizione chiara. Naturalmente non posso che concordare con la proposta di rivederci a norme conosciute, in modo da avere anche noi un quadro più chiaro della situazione.
  Vi chiederei – magari quando ci rivediamo – se potete darci un aiuto per capire a che punto siete con la revisione delle spese regionali, soprattutto per quanto riguarda le cosiddette «partecipate», così abbiamo un quadro completo di tutto il sistema.

  PRESIDENTE. Colleghi, chiederei alla Conferenza delle Regioni l'impegno di ritornare in questa Commissione a brevissimo, nel momento in cui la legge di stabilità si sarà delineata nel testo formale, magari anche nel giro di una o due settimane, in modo che possiamo riprendere i temi che sono stati sollevati negli interventi nel dettaglio e capire se effettivamente – almeno per quanto riguarda le tematiche che investono la nostra Commissione, perché per quanto riguarda tutto il resto sono altri che devono interloquire con voi – questo processo sia messo in grave pregiudizio rispetto alle norme in corso di approvazione.

  FEDERICO FORNARO. Credo che varrebbe anche la pena, con due settimane di anticipo, di calendarizzare in un altro orario e in un'altra giornata, in modo da avere più tempo, perché mi sembra che su alcuni aspetti occorra un approfondimento.

  PRESIDENTE. Magari potremmo riunirci un giovedì pomeriggio.
  Credo che le domande saranno replicate nel giro di due settimane, quindi già vi prenotiamo per il prossimo passaggio.
  Vi ringrazio per gli interventi e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 8.40.

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ALLEGATO

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