XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 39 di Martedì 23 settembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione del direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 3 
Bonaiuti Paolo  ... 6 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 6 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 10 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 10 
Bonaiuti Paolo  ... 10 
Gubitosi Luigi , Direttore generale della Rai ... 10 
Minzolini Augusto  ... 11 
Fico Roberto , Presidente ... 11 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 11 
Bonaiuti Paolo  ... 13 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 13 
Bonaiuti Paolo  ... 13 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 13 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 13 
Gubitosi Luigi , Direttore generale della Rai ... 13 
Bonaiuti Paolo  ... 13 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 13 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 15 
Airola Alberto  ... 16 
Bonaccorsi Lorenza (PD)  ... 17 
Airola Alberto  ... 17 
Rossi Maurizio  ... 17 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 18 
Gasparri Maurizio  ... 21 
Fico Roberto , Presidente ... 23 
Migliore Gennaro (Misto-LED)  ... 23 
Fico Roberto , Presidente ... 24 
Margiotta Salvatore  ... 24 
Bonaiuti Paolo  ... 24 
Fico Roberto , Presidente ... 25 
Bonaiuti Paolo  ... 25 
Fico Roberto , Presidente ... 25 
Minzolini Augusto  ... 25 
Migliore Gennaro (Misto-LED)  ... 26 
Bonaccorsi Lorenza (PD)  ... 28 
Fico Roberto , Presidente ... 28 
Crosio Jonny  ... 28 
Scavone Antonio Fabio Maria  ... 29 
Fico Roberto , Presidente ... 30 
Scavone Antonio Fabio Maria  ... 30 
Fico Roberto , Presidente ... 30 
Scavone Antonio Fabio Maria  ... 30 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 30 
Fornaro Federico  ... 32 
Fico Roberto , Presidente ... 32 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 32 
Airola Alberto  ... 34 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 34 
Airola Alberto  ... 34 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 34 
Airola Alberto  ... 34 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 34 
Airola Alberto  ... 34 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 34 
Scavone Antonio Fabio Maria  ... 35 
Crosio Jonny  ... 35 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 35 
Gasparri Maurizio  ... 36 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 36 
Fico Roberto , Presidente ... 39 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 39 
Fico Roberto , Presidente ... 39 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 39 
Fico Roberto , Presidente ... 40 
Gubitosi Luigi , direttore generale della Rai ... 40 
Fico Roberto , Presidente ... 40

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 20.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  Comunico, altresì, che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Audizione del direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Il dottor Gubitosi riferirà sul riposizionamento dell'offerta informativa della Rai nel nuovo mercato digitale.
Do quindi la parola al dottor Gubitosi, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli al termine del suo intervento domande e richieste di chiarimenti.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. Signor Presidente, signori senatori, signori deputati, vi leggerei una brevissima relazione introduttiva, dopodiché procederei attraverso il piano delle slide che vi sono state inviate. Essendo molte, mi soffermerò solo sulle principali; poi, a mano a mano, qualora dovessero esservi domande, potremo tornarci.
  L'incontro odierno ha per oggetto la presentazione delle linee-guida del progetto di riposizionamento dell'offerta news della Rai nel nuovo mercato digitale, che abbiamo denominato simbolicamente «15 dicembre».
  Vi ricordo che, il 15 settembre 1979, era stato approvato l'attuale assetto, quindi sono quasi 35 anni che quest'assetto non viene modificato, mentre tutto ciò che è intorno è cambiato in maniera molto significativa. Ciò rappresenta un passaggio importante, perché l'informazione è il pilastro della nostra offerta e il cardine della nostra missione, come servizio pubblico. Vorrei illustrarvi brevemente la genesi di questo progetto.
  All'arrivo alla guida della Rai, due anni fa, la dottoressa Tarantola e io decidemmo di effettuare una visita a Saxa Rubra nel secondo giorno di mandato. Due aspetti ci apparvero subito molto chiari: il grave ritardo tecnologico conseguente ai tagli agli investimenti negli anni precedenti e la sensazione che una serie di attività si ripetesse in modo direi troppo simile in palazzine fisicamente vicine, ma lontane organizzativamente. Ciò che stavamo vedendo era semplicemente il riflesso sulla nostra organizzazione operativa delle normative susseguitesi sul servizio pubblico.
  Come sapete, Rai inizia le sue trasmissioni con una sola rete, un solo TG. Con la riforma del 1975, passa prima a due e poi a tre reti, dunque a tre TG, con il TG3 e il TGR. Quest'ultimo nasce il 15 dicembre 1979. L'obiettivo dichiarato all'epoca è di presentare tre punti di vista differenti. Di fatto, si tratta di creare un meccanismo di riferimento pressoché diretto con Pag. 4ognuno dei tre principali partiti politici dell'epoca: un'idea di pluralismo come sommatoria di differenti orientamenti politici.
  Dal 1975 a oggi, dal punto di vista normativo molto è cambiato in termini di assetto organizzativo del servizio pubblico. Nel testo unico è stata eliminata la suddivisione in tre testate giornalistiche dell'informazione Rai e introdotti criteri per garantire il pluralismo nelle sue diverse declinazioni (politico, religioso, sindacale). Ancora più delle norme, però, è cambiata la realtà di un mercato della comunicazione rivoluzionato dalla tecnologia e dalla globalizzazione. Inoltre, sulla scena è comparsa prima Mediaset, poi Telemontecarlo, l'attuale La7, poi Sky, la rivoluzione del digitale terrestre e, soprattutto, il Web come fonte di informazione, fruibile a flusso continuo e universale. L'unico elemento davvero immutato in questi anni è la struttura di informazione della Rai, rimasta di fatto invariata. Per la precisione, la complessità organizzativa è aumentata e si è giunti al paradosso di moltiplicare le testate per ragioni non sempre editoriali.
  È evidente che il nuovo contesto altamente competitivo richiede una riorganizzazione per evitare duplicazioni editoriali e sovrapposizioni di palinsesto che portano a una disomogeneità dell'offerta, in sintesi anche a una serie di sprechi.
  Inoltre, le risorse oggi utilizzate in modo non razionale potrebbero essere, invece, impiegate per un racconto ancora più ampio, più efficace e approfondito del Paese e del mondo, anche su diverse piattaforme, attraverso il web, l'interazione con i social network e device di ogni tipo. Solo il passaggio della Rai da broadcaster a media company consentirà di coniugare tradizione e innovazione, di continuare a dialogare con tutte le realtà del Paese e con i nativi digitali, per troppo tempo marginalizzati da un'offerta informativa ancorata a una concezione dei media tradizionali.
  Industrialmente, questo progetto ci permetterà di utilizzare al meglio le nostre risorse. Ridurremo appalti e costi esterni, che derivano da un utilizzo non efficiente delle risorse produttive interne. Non si tratta di un piano di puro risparmio, in quanto l'efficienza economica deve andare di pari passo con la valorizzazione delle risorse umane e la moltiplicazione delle possibilità di occasioni di racconto. Deve permetterci di essere ancora di più servizio pubblico nel nuovo scenario digitale.
  Anche nel caso dei giornalisti, nel progetto esecutivo si definiranno le modalità e le procedure per arrivare all'ottimizzazione delle risorse interne, in modo da ridurre il ricorso a contratti esterni e permettere all'azienda di continuare, nel piano di sviluppo, l'immissione di nuove professionalità giornalistiche digital native. Sapete che quella ereditata è una situazione unica nello scenario europeo e mondiale, una macchina inutilmente complessa che moltiplica i costi e crea elevate difficoltà operative. A molti di voi, del resto, sarà certamente accaduto di trovarsi di fronte a tre o più troupe Rai a raccogliere la medesima dichiarazione. Non si tratta più di una situazione insostenibile solo economicamente, ma che rappresenta una grave limitazione alla nostra possibilità di incremento dell'offerta informativa.
  Passo adesso a illustrarvi qual è per noi la strada del cambiamento, che avverrà sul piano operativo e gestionale. L'utente continuerà ad avere come riferimenti informativi il TG1, il TG2, il TG3, TGR, Rai News, Rai Parlamento e Rai Sport. Faremo solamente di più e di meglio e valorizzeremo i nostri marchi storici. Vi illustro alcune slide del progetto, che avete già ricevuto a fine luglio. Ne è stata aggiunta solo una, che comunque vi illustrerò; le altre sono esattamente le stesse che avete ricevuto in passato. Vi abbiamo già detto cosa abbiamo fatto: l'integrazione delle testate Web; l'unificazione di Televideo e Rai News; il potenziamento del canale Rai News; il potenziamento dell'offerta regionale anche sul web. Sono stati digitalizzati tutti i telegiornali. Ci sono ancora molte cose da fare. Abbiamo fatto un benchmark del modello internazionale a livello di gestione locale e nazionale. Dobbiamo rivisitare l'emissione del modello di offerte, Pag. 5il palinsesto informativo e, soprattutto, dare le linee-guida per i nuovi contratti collettivi aziendali. Del resto, il contratto giornalistico è molto vecchio, risente di un ambiente molto diverso da quello attuale.
  Cosa ha evidenziato l'analisi editoriale ? I canali all news sono parte integrante dell'offerta in tutti i principali Paesi, con i broadcaster che garantiscono un flusso informativo costante. L'offerta Rai News continua a conservare numerose edizioni e rubriche all'interno dei canali generalisti, con performance di ascolto non lineari. Vedrete dopo i dati. La riduzione e la frammentazione formativa aiutano a fidelizzare e richiamare gli spettatori su alcuni appuntamenti. È un elemento importante di grande semplificazione. Come già sottolineato nella mia relazione, le testate generaliste sono organizzate per redazioni tematiche simili. Ci sono, di conseguenza, grandi duplicazioni e dispersioni di risorse e competenze produttive. In sostanza, tante persone fanno le stesse cose cosa che si evidenza maggiormente in caso di eventi anche minori, in cui vi sono duplicazioni produttive. Citeremo poi qualche esempio.
  La frammentazione di risorse all'interno di testate minori determina una limitata efficienza organizzativa e produttiva. La principale differenza è che tutti i principali operatori pubblici europei, ma anche quelli privati, forse potrei dire quelli mondiali, hanno un solo centro di produzione dedicato alle news, coordinato da un responsabile editoriale.
  Questa è l'offerta della BBC, per citarvi qualche esempio. Trasmettono poche edizioni sui canali generalisti; dalla mezzanotte alle 6.00 c’è un simulcast sul canale news; la BBC World, edito in inglese, arabo e persiano per motivi storici; BBC Parliament è il canale istituzionale su cui vanno in onda le attività del Parlamento di Westminster. In Francia, come vedete, ci sono ancora meno telegiornali dei nostri, con alcune edizioni del giornale regionale su France 3. France 4 è il canale all news, che va in onda in francese, ma anche in arabo e in inglese. Anche in questo caso, la tradizione del Nord Africa ha fatto sì che dessero grande attenzione al canale in arabo. In Spagna, ci sono poche attività di notizie, molto più modeste rispetto alla nostra, con una sola informativa regionale sul primo canale spagnolo; poi c’è un canale all news, anch'esso su 24 ore. In Germania, ci sono molte edizioni brevi. Non esiste il telegiornale come il nostro, di mezz'ora, ma sono tutti più o meno da 10 minuti. Il telegiornale principale delle 20 dura 15 minuti. Hanno il Tagesschau24, equivalente di Rai News, e un canale all news.
  Questo è un esempio del palinsesto italiano. Nel 70 per cento delle programmazioni, c’è almeno un notiziario o una rubrica di informazione, oltre ovviamente al canale all news. In tema di chi fa più informazione, da noi abbiamo molti più telegiornali rispetto sia a tutte le emittenze pubbliche, come dicevo, sia alle emittenti commerciali, sia in termini di edizioni lunghe sia in termini di edizioni brevi. Gli ascolti sono molto vari. Questo, per esempio, è TG1, dove si registrano ascolti molto importanti sul telegiornale delle 20 e quello delle 13.30, che anzi sono incrementati in maniera importante in questi due anni, un ottimo successo. Abbiamo alcune rubriche ed edizioni brevi che, invece, non hanno lo stesso livello di appeal sul pubblico. Lo stesso discorso vale per TG2: ha un enorme punto di forza nel telegiornale delle 13.00, va bene quello delle 20.30. Soprattutto, alcune rubriche non hanno gli stessi effetti sul pubblico. Lo stesso discorso vale per il TG3, per cui la performance è variegata.
  Alcuni appuntamenti fissi, i tre telegiornali tradizionali, hanno successo e, soprattutto nel caso del TG1 e direi anche bene del TG2, questi stanno polarizzando più che in passato l'attenzione degli spettatori. Rispetto alla concorrenza, il successo è stato piuttosto netto, si è incrementato il divario. Sui telegiornali principali abbiamo fatto bene. Anche il telegiornale di La7, che aveva avuto un'ottima performance qualche tempo fa, nell'ultimo anno è calato in maniera alquanto vistosa. Questo è il TGR: va molto bene Buongiorno Pag. 6Regione, mentre le rubriche del TGR ricevono minore attenzione da parte del pubblico.
  Se guardiamo alla comparazione dei modelli organizzativi, come vi dicevo a avevo sintetizzato nella relazione, vedete che abbiamo un'offerta molto più complessa. La BBC ha un unico newsgroup, diviso tra regionale, nazionale e globale, ma che sostanzialmente copre tutti i suoi canali e affida, come dicevamo, al canale all news la copertura dopo la mezzanotte. Sostanzialmente, sono identici i modelli organizzativi spagnolo, francese e tedesco, dove c’è un unico gruppo di informazione.
  Come siamo organizzati in Italia ? Alcune testate sono passate al digitale, sono di nuova generazione, con apparecchiature modernissime e organizzazione del lavoro che sarà resa analoga tra le varie testate. Rai Parlamento e Rai Sport sono ancora analogiche e dovranno passare al digitale. Le sedi regionali stanno passando al digitale. Sono già passate Milano, Roma e Campobasso; ne stanno passando altre nel corso dell'anno. Il passaggio sta completandosi. Rai News è digitale ormai da tempo, ma di prima generazione, per cui si sta ammodernando in maniera importante. Lavorano in maniera simile, ma in realtà – su questa matrice vedete l'organizzazione del lavoro e il sistema degli apparati tecnici – l'organizzazione del lavoro è molto più flessibile per quanto riguarda il TGR e Rai News e molto più rigida per quanto riguarda le testate precedenti, perché si rifà a modelli organizzativi con numerose figure professionali, spesso molto bloccate. Queste sono le figure professionali tra i giornalisti, dove abbiamo, ad esempio, i documentatori. Rai News e TGR non sono presenti. Questa è la tipica organizzazione di una redazione – molti di voi la conoscono – con giornalisti graduati, non graduati e così via. Non impiego tanto tempo sull'organizzazione delle testate. In ogni caso, se ne avrete bisogno, ne parleremo più a lungo. Dicevo che questa è la tipica organizzazione di una testata nelle varie redazioni. Questo, invece, è il modo in cui sono organizzati i nostri TG. Hanno tutti le redazioni estere, ovviamente non Rai Sport, politica, interni, cronaca, cultura, economico-sindacale, gli speciali. Sostanzialmente, sono assimilabili. Una cosa interessante: sono alcuni eventi, alcuni programmati, come la visita del Papa in Calabria, Obama a Roma, la direzione del PD, altri ovviamente non programmati, come l'alluvione in Sardegna o l'omicidio di Yara. Come sono state eseguite ? Vedete che a ogni evento corrisponde un certo numero di troupe che partecipano alla copertura dell'evento. Quando leggete «esterno», si tratta di una troupe non Rai, che quella direzione non aveva una troupe disponibile, e quindi ne ha assunta una dall'esterno. Sono i famosi appalti di cui si parla ogni tanto. Quando non si hanno abbastanza giornalisti, ci si rivolge all'esterno. Si tratta dei service: questo ogni tanto lascia perplesso. Si potrebbe obiettare che forse si poteva mandare una troupe alla visita di Obama. Quando non è previsto, ad esempio si verifica un'alluvione, può succedere, ma in molti casi sono state mandate quelle interne. Cosa succede in questi casi ? Se tutte queste troupe sono impegnate in questo modo, stanno succedendo altre cose. Non abbiamo riportato alcuni eventi che purtroppo non abbiamo coperto, ma che avrebbero meritato la copertura. Questa è la slide che vi manca, una slide di cui sono grato a un sindacalista dello SNATER in Campania, che l'ha mandata alla mia casella e-mail chiedendomi se quella fosse la Rai del futuro. Protestava perché, per seguire la manifestazione dei parenti di quella tragica situazione in cui è morto un diciassettenne dopo un inseguimento con una pattuglia di Carabinieri, che ricorderete è avvenuto qualche settimana fa, la Rai ha mandato sei troupe in appalto. Abbiamo fatto, cioè, sei appalti per coprire quest'evento. Sono andati la Vita in diretta, TG1, TG2, TG3, TGR e Rai News.

  PAOLO BONAIUTI. Un TG1 ci ha aperto alle 20.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. Sì, ma erano troupe in appalto. Pag. 7Poi c'era il tecnico, c'era una stazione satellitare del CPTV di Napoli. Si tratta di un avvenimento importante, ma c'era un'incredibile quantità di risorse dedicata a questo evento. Il sindacalista, appunto, chiedeva chi paga questa follia e se questa sarà la Rai del futuro: no, questa è la Rai del presente, quella che stiamo cercando di cambiare. A questo signore dobbiamo tutti una risposta: come manteniamo una struttura di questo tipo ? È chiaro che il volerne mandare sei, tra l'altro, provoca un sacco di problemi anche se abbiamo un collegamento satellitare, ad esempio su chi prende la linea per primo. Fortunatamente, il digitale ci semplifica il fatto che non debba essere montato e poi mandato, ma può essere mandato direttamente tramite il teleport e poi montato localmente.
  Questa è l'unica slide assente dalla vostra presentazione, ma è quella che meglio riflette uno dei problemi, per cui ho voluto riportarla. A ogni modo, fino a quando manterremo questo numero di testate questi problemi continueranno a ripetersi. Ho messo tanti dati su quante sono le risorse, il numero dei giornalisti, il costo testata per testata. Non le commenterei una per una, altrimenti vi ci terrei a lungo. Se c’è qualche domanda specifica sui costi, ovviamente sono a vostra disposizione.
  Questa è la suddivisione per regioni, con l'organico regione per regione di tutte le nostre sedi. Non commento neanche in questo caso; se ci sarà bisogno per qualche domanda specifica, risponderò volentieri. Ecco il costo e il modello produttivo delle news regionali. Non mi ci soffermerei; se avete desiderio, possiamo tornare sul tema delle edizioni regionali.
  Questa è Saxa Rubra, la sede delle nostre news. Nasce, come probabilmente sapete, come villaggio per i Mondiali di calcio del 1990, quindi risente un po’ di una struttura che chiamiamo analogica. Se dovessimo progettarlo oggi, quel palazzo sarebbe molto differente. È chiaro, però, che abbiamo questo e dobbiamo cercare di organizzarlo al meglio, ma non semplifica la nostra attività da questo punto di vista.
  Il modello della produzione è diviso tra nazionale e regionale. Sapete già come funziona: fornisce personale per effettuare i dati di montaggio e la regia a tutti i TG nazionali e coordina l'utilizzo dei mezzi produttivi; abbiamo inoltre una gestione delle strutture produttive regionali, localizzate presso le singole sedi. Queste sono tutte le strutture, un aspetto importante. Abbiamo molta più flessibilità nei contratti con le figure professionali nelle sedi regionali rispetto a Roma, dove sono molto più rigidi. Una maggiore flessibilità è importante, innanzitutto perché le figure professionali si sono molto evolute; in secondo luogo, più figure si hanno e maggiore è il numero di persone per fare le stesse cose. Stiamo cercando di realizzare e abbiamo già realizzato in parte una serie di attività di ottimizzazione. I grafici, ad esempio, se ricordo bene, sono stati messi in pool: quando un grafico finisce il TG1 delle 13.00, non deve aspettare quello delle 17.00 o quello delle 20.00, ma lavora sulle altre edizioni. Non sono divisi più per testate, ma messi insieme. C’è una certa resistenza a mettere a fattor comune le risorse professionali anche di produzione. Non vado su costi e organici, ma abbiamo voluto fornirli per darvi una completezza di informazione. Questa è la produzione divisa nelle varie regioni. Noterete che Bolzano e Trieste sono molto più significative rispetto ad altre regioni, poiché hanno la specifica realtà delle autonomie linguistiche. Ci sono numerosissime edizioni in sloveno, soprattutto a livello di TGR a Trieste, in tedesco e ladino per Bolzano. Questo spiega la quantità maggiore di risorse allocate in queste regioni.
  Questi sono i costi di produzione e, quindi, i costi delle testate.
  Se a questi aggiungiamo anche Rai Sport e Rai Parlamento, otteniamo il totale delle persone che lavorano sull'informazione, quindi il costo complessivo. Con corrispondenti giornali radio, questo è il numero di persone che lavorano sull'informazione in Rai, al 31 dicembre 2013 ovviamente, e questo è il costo complessivo, circa 501 milioni di euro. Questi sono solo costi, interni ed esterni, diretti sull'informazione. Pag. 8Non c’è un'allocazione dei costi di struttura per il personale, il mio costo non è stato attributo in parte. Questi sono i costi diretti, interni ed esterni, dell'informazione.
  Fatto il punto su dove siamo, dove pensiamo di poter andare ? Ci siamo già detti che l'offerta informativa rappresenta il cardine della missione del servizio pubblico, è il nostro core business o uno dei core business della Rai e ha l'obiettivo della creazione di valore per l'utenza, ovvero efficienza, qualità percepita, autorevolezza e leadership negli ascolti. La leadership negli ascolti è una conseguenza di qualità percepita e autorevolezza, tanto che tende a crescere se la firma chi la dirige, se i giornalisti sono considerati autorevoli e si realizza un prodotto di qualità. Come dicevo, gli ascolti vanno bene. C’è stata una certa erosione in passato, ormai stabilizzata. Al contrario – ne abbiamo parlato in varie audizioni – soprattutto per il TG1 le cose sono andate bene. C’è una disomogeneità, come vi ho mostrato, tra le edizioni principali, che chiamiamo appuntamenti, e quelle frammentate nel corso della giornata. Lo spettatore va sempre più verso l'appuntamento, cerca di avere un'informazione, gli interessa quella delle 20.00 del TG1 o delle 13.30. Il resto delle edizioni brevi tende a non riuscire a sfondare e chi vuole informazione va da qualche altra parte, su qualche altro canale. Tipicamente, il minuto non basta.
  L'offerta news si è realizzata attraverso un processo di stratificazione successiva. L'abbiamo definita una volta inclusiva e alluvionale. All'offerta delle testate si aggiungono i programmi di infotainment e reti generaliste. Non è mai stata pensata, essendo nata prima, con una logica pro-mediale, ossia TV, Web e radio. Nel progetto di digitalizzazione, le testate Rai potranno distribuire e condividere contenuti di altissima qualità con tempestività e incremento di efficienza e copertura. Consentitemi di dire che la parte industriale e tecnologica sta venendo bene, che il progetto sta funzionando nei tempi e nei modi previsti. Questo ci sta permettendo di aumentare la qualità e la velocità di lavoro. Queste suddivisioni, che nascevano nel 1975-1979, non sono state riprodotte nel testo unico del 2005 e non sono coerenti con i cambiamenti sociali, politici e tecnologici.
  La Rai è obbligata a offrire informazione su ogni canale, ma per fortuna può farlo senza vincolo organizzativo, ossia non vi sono vincoli organizzativi derivanti dalla legge. Direi che il principio del pluralismo informativo come somma dei differenti orientamenti politici è superato. Il servizio pubblico deve garantire offerta informativa pluralista, obiettiva, completa e imparziale in ognuno dei suoi TG, non quale sommatoria. Una sommatoria di programmi faziosi di diverso tipo non sarebbe un'informazione pluralista. D'altra parte, ovunque in Europa c’è un altro modello organizzativo e credo che sia difficile sostenere che siamo molto più pluralisti di Francia, Spagna, Germania o Inghilterra. Magari non lo saremo di meno, ma è difficile sostenere che lo siamo di più.
  Non vado su questioni che già conoscete, il testo unico, la legge del 1975, che credo conosciate meglio di me. Vi abbiamo rimesso il quadro normativo di riferimento, ma non lo commenterei. Se ricordo bene, abbiamo in aula uno degli estensori, per cui non vorrei insegnare a nessuno quello che ha fatto. Conoscete il Contratto di servizio, di cui abbiamo discusso a lungo proprio in queste aule.
  Questa è una delle attività che abbiamo svolto. In passato, sono stati operati tagli lineari. Questo è un grosso errore. Tagliare sei redazioni vuol dire che tutte le sei fanno peggio il proprio lavoro. In questi ultimi due anni, abbiamo sempre cercato di non fare nulla di lineare. È più complicato perché bisogna fare delle scelte, discriminare nel senso positivo del termine, ovvero discernere quali siano le scelte migliori. Siamo, però, a un punto in cui diventa importante prendere scelte strategiche. Sono state tenute, in consiglio d'amministrazione Rai, una serie di audizioni interne e con esperti anche esterni e si è giunti alla conclusione che le testate Pag. 9Rai sono in concorrenza tra loro, a cui si aggiunge un modello produttivo farraginoso, con conseguenze negative principalmente su tempi e costi.
  Vi sarebbe una certa convenienza a sfruttare e potenziare il territorio e sarebbe necessario intervenire con una visione unitaria e organica sull'eccessiva quantità di radiogiornali. L'organizzazione centralizzata sul modello della BBC, superata la fase di avvio, può garantire concentrazione e qualità superiore, con una razionalizzazione efficace anche dal punto di vista industriale. Questo comitato, a cui non prendo parte, composto dai consiglieri del consiglio d'amministrazione e presieduto dal consigliere Rositani, è giunto a conclusioni molto simili a quelle che abbiamo raggiunto noi separatamente nel corso dell'elaborazione del progetto.
  Secondo noi, il nuovo contesto del mercato richiede una rimodulazione delle missioni delle testate, in linea con quella definita da ciascun canale, per evitare duplicazioni editoriali e sovrapposizioni di palinsesto, che porterebbero solo a disomogeneità dell'offerta complessiva. L'aumento dell'efficienza, grazie a un più razionale utilizzo di risorse, aumenterebbe lo spettro delle tematiche narrate all'interno del sistema di informazione del servizio pubblico, quindi si libererebbero risorse e potremmo non utilizzare più tutti quegli appalti ma, al contrario, raccontare più cose rispetto a quelle che raccontiamo oggi.
  Quali sono gli obiettivi ? Rafforzare l'eccellenza del prodotto informativo, sfruttando la potenzialità di digitalizzazione – alcuni di voi forse avranno notato i nuovi studi del workshop digitale; riallineare all'esperienza europea il palinsesto informativo, quindi semplificare il numero di edizioni dei TG e le rubriche, il ruolo di informazione di flusso; focalizzare l'offerta informativa su missioni distintive, in linea con il posizionamento di ogni canale, supportandone lo sviluppo. La quantità di informazioni che potremmo dare focalizzando, anziché ripetendo sempre le stesse cose, è incredibile. Si potrebbero fare cose pazzesche, se si smettesse di fare tutti le stesse cose. L'obiettivo a cui dovrebbe portare quest'attività deve essere quello di mantenere la leadership di ascolto, superando il modello organizzativo del 1975-1979 e aumentando ulteriormente la credibilità e l'autorevolezza del nostro telegiornale. Questo è l'obiettivo di questo piano. Come ci arriviamo ? Con la valorizzazione in coerenza con le linee-guida delle edizioni dei telegiornali trasmesse all'interno del canali generalisti – spiegheremo meglio cosa vuol dire; con la valorizzazione, la razionalizzazione e il posizionamento delle principali rubriche; con l'evoluzione dei canali all news; con il rafforzamento tra offerta internazionale e nazionale, differenziandola anche in termini di lingua sull'estero.
  A un certo punto, la Rai cercò di fare qualcosa sull'informazione all'estero e iniziò dei programmi in arabo, visto che siamo assenti dal Maghreb, e in generale dal mondo arabo e dal mondo mediterraneo. Negli anni, prima del nostro avvento, si è in qualche modo rinunciato. Crediamo, sempre se è d'interesse per il Governo e le istituzioni, che si potrebbe fare qualcosa per quanto riguarda sia il mondo arabo sia le informazioni in inglese. Abbiamo molti stranieri, quindi si può sottotitolare la nostra informazione o avere una traduzione in inglese per i canali all news. Questa è una distinzione importante. L'idea di fare qualcosa anche in lingue straniere implica una visione che va anche al di là della Rai, fa parte delle missioni editoriali, di cui quindi discutere con questa Commissione e con il Governo stesso. Lo lascio come pensiero e come osservazione. Gli altri Paesi principali lo fanno.
  Vengo all'incremento del presidio di informazione sui diversi formati, alla TV, al Teletext, al web e alla multimedialità. Abbiamo parlato di organizzazione, semplificazione e razionalizzazione in coerenza con l'esperienza del giornale radio. Per inciso, questo è stato fatto al giornale radio nel 1993 e non ho mai sentito qualcuno che dicesse che la radio non è pluralista. Nel 1993 è stato fatto, mi pare che all'epoca fosse Zanetti il direttore, e Pag. 10funziona. Per inciso, recentemente sono stati rimodulati i giornali radio. Qualcuno ci ha chiesto se avessimo ridotto l'informazione. La risposta è che non lo abbiamo fatto. È stato aumentato il numero dei giornali radio. Sono stati aumentati su Radio Rai Uno e sono stati ridotti su Radio Rai Due e Radio Rai Tre onde evitare che, mentre c'era un giornale radio su Radio Rai Uno, ne mandassimo contemporaneamente uno su Radio Rai Due e uno su Radio Rai Tre. Bisogna guardare, quindi, l'offerta nel suo insieme, e nel suo insieme è cresciuta. Faccio una divagazione per dire che Radio Rai Uno tende a essere di informazione. Tra l'altro, sono aumentati i programmi di informazione, non ci sono più alcuni programmi con Pupo e la Cuccarini, che si temeva fossero meno legati alla missione di quel canale, sono programmi più di informazione. Su Radio Rai Due si tende ad avere intrattenimento e musica, su Radio Rai Tre cultura. C’è, quindi, un posizionamento più chiaro dei tre canali.
  Torno alla televisione per dirvi che dal punto di vista industriale, stiamo completando il progetto di generalizzazione dell'offerta informativa, che prevede la centralizzazione produttiva dei servizi editoriali delle testate. Vi citavo la grafica, ma anche il CIS e il meteo. Insomma, ogni TG spesso si fa il meteo da solo e in modo diverso. Credo che almeno sul meteo non debba esserci tanto pluralismo. La nostra visione di che tempo farà dovrebbe essere una.

  GIORGIO LAINATI. Anche le previsioni dovrebbero essere omogenee.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. Soprattutto, dovrebbero essere autorevoli e credibili. Sul meteo, quindi, ci si potrà misurare in maniera più oggettiva.
  Cosa devono fare questi canali ? Vi do qualche spunto di riflessione. L'offerta generalista istituzionale è per eccellenza su Rai Uno. È il luogo dell'affidabilità, della tradizione, dell'istituzione, della perfezione formale. D'altra parte, quando c’è un evento, gli italiani vanno su Rai Uno: c’è un nuovo Papa, si verifica un evento tragico, la reazione immediata è andare su Rai Uno.
  Rai Due tende ad avere offerta armonica rispetto all'innovazione, ai giovani, allo sport, alla sperimentazione, con attenzione alla cronaca politica internazionale. Tra l'altro, permettetemi di dirvi che qualche tempo fa si diceva che Rai Due avesse problemi: ebbene, li sta superando brillantemente. È la rete forse più stabilizzata da questo punto di vista. Non a caso, ha lanciato nuovi programmi importanti che hanno avuto successo, come The Voice, Pechino Express, Made in Sud, programmi che hanno attratto soprattutto i più giovani. C’è innovazione.
  Rai Tre ha un'offerta attenta al sociale, ai diritti, ai consumatori, dà spazio alla cultura, alla musica, al sapere e alla valorizzazione del territorio, news di prossimità legate alle realtà locali.
  Si inizia a vedere che i canali – parlo di reti, non di telegiornali – devono avere una visione differente.
  Vediamo Rai Uno con il mantenimento delle edizioni principali del TG. È l'appuntamento per eccellenza della televisione italiana; con la rivisitazione della struttura delle rubriche, più organica e integrata, valorizzando anche in termini di collocazione gli speciali. A volte vanno in onda dei begli speciali, ma sono programmati in un'ora improbabile. Dobbiamo dare una collocazione nel palinsesto che li renda più fruibili da parte del pubblico.
  Per Rai Due vediamo il mantenimento delle edizioni principali del TG2. Hanno un ottimo successo quello delle 13.00 e quello delle 20.30. Per chi lo guarda, per esempio, il TG2 delle 20.30 è un bellissimo prodotto con una sua specificità: tende ad approfondire la notizia. Sta già trovando una sua collocazione differente. Pensiamo poi alla riduzione del frazionamento.

  PAOLO BONAIUTI. Perde audience in fondo.

  LUIGI GUBITOSI, Direttore generale della Rai. Perde audience in fondo. Lei mi insegna, avendo molta più esperienza di Pag. 11me nel merito, che tutti i telegiornali tendono ad avere, ovviamente, una maggior concentrazione sulle prime notizie, perché l'apertura dà spazio alla notizia principale, e a mano a mano che si sfuma, si tende in parte a scendere.

  AUGUSTO MINZOLINI. La curva normalmente parte dal basso.

  PRESIDENTE. Va bene, questo lo vediamo dopo. Continuiamo con l'illustrazione.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. Mai provocare Minzolini. Chiedo scusa. Torno indietro. Non provoco più Minzolini. Oltretutto, quando parliamo di come andavano i nostri telegiornali, abbiamo sempre visioni differenti. Ultimamente, il TG1 continua a crescere.
  Per Rai Tre, pensiamo al mantenimento delle edizioni principali del TG, nazionale e regionale. Il regionale va molto bene; al riposizionamento delle rubriche e allo sviluppo di progetti per contenitori regionali in seconda serata. Oltre Buongiorno Regione, secondo noi potrebbe esserci anche un Buonasera Regione, una vera edizione della sera.
  Il radicamento sul territorio resta molto importante per tutti i servizi pubblici, anche per la Rai. I canali all news dovrebbero essere il presidio informativo dalle 23 alle 7, su tutti i canali. Pensiamo alla copertura dell'emergenza ed edizioni flash legate a vincoli per tutti i canali giornalisti e specializzati. Pensiamo anche che potrebbe servire un canale istituzionale anche in Italia, ovviamente se ci sarà interesse in tal senso, che abbia un mix di elementi informativi sui suoli italiani, ma anche dell'Unione europea. Stiamo parlando di Unione europea soprattutto in occasione del Semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea. Dopo il Semestre, però, non dovremo dimenticare che resta l'Europa, ci saranno altre presidenze. L'importanza di avere un'informazione europea resta per il nostro Paese. Lo sport, invece, non fa parte di questo progetto, perché ha già una sua redazione. Ha altre problematiche e altre dinamiche, ma non fa parte della discussione questa sera.
  Se paragoniamo il modello della BBC al 2012 a quello della radio di Rai del 1993, dobbiamo dire che forse gli inglesi hanno preso spunto dal giornale radio Rai. È più probabile che ci siano arrivati autonomamente, però ci piace pensare che non ci sono moltissime differenze nelle modalità di funzionamento. Non mi pare che abbiate mai sentito parlare di mancanza di pluralismo alla radio, sicuramente non peggio che in altre testate. Come l'ha organizzata la BBC ? Ha un newsgroup unico. Tra l'altro, stiamo prendendo la BBC, ma se prendessimo un altro network europeo, sarebbe più o meno simile. Evidentemente, esiste una news division, news room, news program e così via, tre divisioni differenziate in base alla profondità geografica. Hanno 7 uffici di corrispondenza nazionale e 41 internazionale, più una serie di uffici locali. Sono molto coperti sul territorio. Esistono anche le radio locali per quanto riguarda la BBC. In ogni caso, non voglio dilungarmi. Avevano quattro news gathering separati, adesso ne hanno sostanzialmente uno solo. Hanno 18 sedi locali. Torno all'Italia. Avete comunque queste slide.
  Il modello attuale è molto complesso. Il pluralismo è e deve essere perseguito nel telegiornale e non dalla sommatoria delle testate. Le nostre sette testate presentano un forte grado di sovrapposizione, molto alto nello scenario di mercato, che dal 2007 ha una costante decrescita dei ricavi. Perché questo tema emerge solo ora ? Quando c’è abbondanza di risorse – vale non solo per la televisione, ma anche per tante altre situazioni e di cui non si parla nel Paese – si tende a rimandare i problemi. Adesso che continuiamo a perdere risorse da anni, si pone anche il problema dell'ottimizzazione. Il calo dei ricavi è stato coperto fino al 2012 con tagli lineari, che hanno coinvolto anche l'offerta informativa. Tagliando tutti un po’, si rende tutti un po’ meno. Quando si erogano meno risorse a tutti, tutti si lamentano e pensano di far peggio il lavoro. Chiedono Pag. 12continuamente nuove risorse. Il benchmark internazionale ha evidenziato che le scelte organizzative della Rai nel 1993 per il GR sono coerenti con quelle effettuate da tutti i principali public service broadcaster.
  A oggi, il modello è questo. Secondo l'applicazione della BBC, dovremmo avere una news room unica, rendendo anche lo sport parte di essa. Questi sarebbero gli effetti che vedreste. Questo è il brand.
  Su quest'aspetto importante si è detto tanto in maniera sbagliata. La nostra ipotesi è di non toccare assolutamente i brand, punto di forza della Rai, richiamo informativo di alcune testate. Il brand deve sempre più identificarsi con un prodotto attraente per l'utente, quindi di qualità, da cui ci si aspettano alcune cose in certi momenti della giornata. Non c’è alcuna intenzione di diluire questi brand. Idealmente, se implementassimo appieno il nostro modello, non dovrebbero accorgersene. Potrebbero continuare a vedere il TG1, il TG2 e il TG3, ma sarebbe prodotto in maniera molto più efficiente e razionale. Quali sarebbero gli effetti ? Se ci fosse un modello come la BBC, avremmo solamente Rai informazione e Rai Sport, con grandi sinergie editoriali e un rafforzamento delle redazioni regionali, che acquisirebbero un ruolo strategico di ufficio di corrispondenza territoriale per tutta l'offerta di news, approfondimento e infotainment di canali. Questo è un aspetto importante. Oggi c’è concorrenza sul territorio tra i TG nazionali e i TG regionali. Eravate prima su Napoli: anziché chiedere un servizio al TG regionale campano, sono state inviate troupe in appalto. Ecco, la nostra ipotesi è che la sede regionale deve essere l'ufficio di corrispondenza sul territorio e riportare quanto avviene. Avremmo grandi sinergie produttive.
  Questa è l'organizzazione delle testate e questo è quello che potrebbe succedere, con i silos verticali separati tra loro, per cui ci sarebbero redazioni uniche. Questo è quello che potrebbe succedere. Ci sono alcuni fattori chiave e possibili vincoli. È chiaro che dobbiamo accelerare il passaggio della Rai da broadcasting a media company, digitalizzare tutte le testate giornalistiche, appunto il TGR in via di implementazione. Questo permette l'integrazione produttiva tra le testate. La piattaforma, essendo integrata attraverso una rete IP, permette di avere simultaneamente tutti i TG attraverso la stessa rete IP, in fase di completamento.
  Per inciso, avremo risparmi importanti in quanto integreremo immediatamente Rai News e Rai Parlamento nell'Avid, una tecnologia esistente. Questo è il modo in cui si sta sviluppando il progetto in termini temporali, col quale si accelererebbe. Dovremmo avere contratti collettivi di lavoro. Non vi sono vincoli normativi riferiti all'ambito dell'organizzazione, ma un tema importante è costituito dai contratti collettivi di lavoro aziendali, in fase di revisione soprattutto sulle figure professionali. Dobbiamo assicurarci di mantenere la leadership degli ascolti, formare le risorse. È molto importante la formazione delle risorse. La stiamo intensificando in particolare sul digitale: bisogna abituarli a un nuovo modo di lavorare.
  La situazione logistica a Saxa Rubra è frammentata e poco flessibile. Questo è un vincolo intorno al quale lavorare.
  Questo è un esempio di come funziona la news room nella BBC fisicamente. È tutto in verticale. La nostra, invece, è sparpagliata orizzontalmente e polverizzata, come trovate scritto in quella slide. Comunque, si può superare anche questo vincolo.
  Vengo alle difficoltà del personale di implementare i workflow editoriali e produttivi. Questo è il modo in cui funzionerà. La combinazione determina un timetable per lo sviluppo, architettato in due fasi, una delle quali consiste nel mettere insieme sei redazioni contemporaneamente. Alcuni mi hanno chiesto perché non farlo da subito: mettere insieme sei redazioni in una sola volta aumenta in maniera esponenziale le difficoltà di integrazione. Allora, abbiamo immaginato di avere uno step intermedio, una prima fase in cui creeremmo una news room 1, come l'abbiamo definita, con testate del TG1, TG2 e Rai Parlamento, e lancio di un canale Pag. 13istituzionale; la creazione di una news room 2 con TG3, Rai News 24 e TGR, quest'ultimo una volta interamente digitalizzato; l'implementazione del progetto con i rispondenti locali, ovvero il controllo sul territorio da parte del TGR; la definizione di workflow, meccanismi di funzionamento e piani di formazione per il nuovo modello produttivo.
  La seconda fase vedrebbe l'analisi di evidenze...

  PAOLO BONAIUTI. Cosa vuol dire workflow ?

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. È il flusso di lavoro: dal momento in cui viene girata l'informazione al momento in cui la vede in televisione.

  PAOLO BONAIUTI. Il lavoro della redazione.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. Il lavoro della redazione, inclusi il lavoro produttivo e l'eventuale montaggio. In Rai le direbbero che la produzione non fa parte del giornalismo. Ho chiarito il concetto.

  GIORGIO LAINATI. Questa è una lunga diatriba.

  LUIGI GUBITOSI, Direttore generale della Rai. Assolutamente. Tra breve entriamo nel sindacalese. Torno al progetto di dettaglio ingegneristico del sistema integrato. Si potrebbe immaginare l'unificazione delle news room 1 e 2. Non l'abbiamo sviluppata perché immaginiamo che ci sarà un'evoluzione anche nella direzione della Rai e che, quindi, chi verrà dopo, visto che già questa prima fase prenderà un po’ di tempo, potrà valutare se procedere con i passi successivi o meno. Questo è il motivo per cui immaginiamo di arrivarci in due fasi. Iniziare a dire che lo faremo nel 2017, vista la scadenza di questo Consiglio, potrebbe sembrare un po’ velleitario o essere considerato come una richiesta di un'estensione temporale, che non c’è. Come vi ho detto, l'ipotesi è quella di una newsroom attraverso la fusione di due testate a chiara vocazione generalista, approfondimento, rubriche, integrazione della testata parlamentare, per mettere a fattor comune gli investimenti della digitalizzazione e la creazione del canale istituzionale.

  PAOLO BONAIUTI. Parliamo in italiano !

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. Consideravo italiano il canale istituzionale. In inglese, lo chiamano BBC Parliament. Se c’è interesse a sviluppare informazione istituzionale sull'attività del Parlamento italiano ed europeo, la Rai c’è. Siccome è venuta anche da questa Commissione e dal Parlamento ogni tanto una richiesta, se c’è interesse ci siamo. Se non c’è interesse, non saremo noi a obbligarvi o a cercare di spingervi verso un canale istituzionale. Vado avanti.
  La cosa importante è che il posizionamento editoriale dei diversi TG dovrebbe essere differenziato, attraverso il brand, quindi studio, sigla, conduttori. I conduttori sono caratterizzanti e, anzi, dovremmo farli diventare ancora più caratterizzanti. I servizi devono essere sviluppati in coerenza con la linea editoriale del canale. Vi sarebbe un utilizzo più efficiente e più efficace delle risorse a disposizione. Questi sono i costi attuali dell'area di cui stiamo parlando: una testata con risorse importanti a disposizione.
  News room 2 avrebbe tre testate che occorrono al perseguimento dei profili identificativi dell'emissione dei canali con l'integrazione tecnologica di Rai News 24 nel sistema produttivo del TG3 all'esito del processo di digitalizzazione del TGR. Rai News 24, come le dicevo, non ha ancora un digitale di seconda generazione, potrebbe utilizzare quello di Rai Tre. Quando parlo di utilizzazione, intendo per noi risparmiare molti mesi, ad esempio, per le gare. Dovremmo fare ulteriori bandi, potrebbe vincere un'altra casa di produzione e avremmo due modelli differenti. Questo, invece, semplifica drammaticamente la parte produttiva.Pag. 14
  Vengo alla validazione editoriale del modello dei corrispondenti locali, all'integrazione logistica del TGR presso Saxa Rubra, dove per il momento non si trova ancora, e all'integrazione del CIS Meteo e dell'offerta informativa news multipiattaforma. Questo è il modo in cui funzionerebbe newsroom 2. Vado veloce perché non vorrei ripetere quanto già detto sulla news room 1. Queste sono le risorse che andrebbero a questa testata. Con il TGR questo sarebbe il risultato. Queste sono le azioni che vorremmo fare, il risultato finale dell'esercizio.
  Vi è poi la creazione di un canale istituzionale dedicato all'informazione istituzionale politica e parlamentare italiana e comunitaria; il superamento delle frammentazioni delle edizioni giornaliere per focalizzare le risorse nell'incremento della qualità del prodotto; la messa a fattor comune delle infrastrutture TG1 e TG2, cui sarà agganciata Rai Parlamento; la revisione del flusso di lavoro editoriale, del sistema integrale di produzione; la rimodulazione del piano logistico dei palazzi di Saxa Rubra, che serve ad aggiustare gli aspetti logistici. Secondo noi, questa fase porterebbe benefici nel mondo informativo Rai, con aumento della qualità, efficienza gestionale, un saving importante sugli investimenti, legato alla digitalizzazione, ma non solo.
  Per quanto riguarda la il Canale Due, l'istituzione è stata l'unica con il mantenimento dei tre brand. Come vi dicevo, la fusione del TGR avverrà entro la fine del processo di digitalizzazione attualmente in svolgimento. Il TGR opererebbe come ufficio di corrispondenza locale in forte sinergia con news room 1 e 2, oltre che per le reti locali, con l'obiettivo di ottimizzare le risorse di contenimento dei costi di produzione.
  Vi è, inoltre, la revisione del workflow editoriale, del sistema integrato di produzione e integrazione del sistema TG3 e di Rai News 24 (meteo e traffico, piattaforma informativa, rimodulazione e sistemazione logistica). Qui ci aspettiamo un taglio importante dei costi del mondo dell'informazione una volta che il progetto sia a regime.
  Il consiglio d'amministrazione ha espresso a larga maggioranza un orientamento positivo. Abbiamo presentato alle organizzazione sindacali il progetto che ci piacerebbe completare entro fine anno. Ovviamente, non ci sfugge – questo è un timetable proposto – che vi sono state tante osservazioni e commenti. Non sempre nel nostro mondo giornalistico vi è stato entusiasmo all'idea. Come, peraltro, assistiamo in altre aree del Paese, c’è la convinzione che si debba fare una riforma, purché non tocchi necessariamente la propria area. Apriremo a brevissimo un tavolo di consultazione e cercheremo di avere all'interno della Rai tutti i contributi possibili, nello spirito di cercare di migliorare, di recepire suggerimenti, di fare tutto il possibile per massimizzare il consensus, ma credo che sia importante anche dire che sarebbe sbagliato cercare di pensare che possa restare tutto come prima.
  In una delle conversazioni con i colleghi giornalisti, ho detto che trovo sempre inutile scioperare contro il futuro, che arriva comunque. Cercheremo di lavorare insieme per migliorare il progetto, ma spero che dopo 35 anni possiamo finalmente arrivare a qualche modifica. Aspettiamo con tanta ansia anche le suggestioni, i suggerimenti che vorranno arrivare da questa Commissione, che auspichiamo quanto prima ci dia indicazioni su cosa pensa in merito.
  Presidente, se è d'accordo, mi fermerei e resterei a disposizione per ogni domanda si possa avere in merito.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Gubitosi.
  Ricordo che nell'Ufficio di Presidenza abbiamo stabilito che la Commissione arriverà a una risoluzione sul piano dell'informazione, che speriamo sarà valutata, magari con integrazioni proprio a seguito di suggerimenti della Commissione.
  Ricordo anche che nel Contratto di servizio che questa Commissione ha licenziato a maggio era proprio previsto un Pag. 15canale istituzionale proprio sul modello che si descriveva in questo piano della informazione. L'abbiamo già elaborato e licenziato a maggio 2014. Adesso siamo in attesa della firma o dell'accoglimento del parere da parte del Governo, del ministero e della Rai.
  Chiedo anche a tutti i deputati e senatori di cercare di rimanere sul tema, in modo da sviluppare questo piano e non divagare dall'argomento. Il piano dell'informazione è molto importante. Come sottolineava Gubitosi, da 35 anni non viene presentata una ristrutturazione del piano informativo della Rai. Chiedo ancora a tutti di rimanere sul tema.

  PINO PISICCHIO. Devo dire che la presenza del dottor Gubitosi in Commissione vigilanza ha avuto una funzione risolutiva sul Consiglio superiore della magistratura. Pur di vederla, l'Assemblea parlamentare ha votato finalmente gli ultimi due membri, altrimenti non saremmo riusciti in quest'importante incontro, che non considero un adempimento formale o una circostanza di puro scambio informativo, ma qualcosa di più importante, di più significativo.
  Le scelte che lei e il consiglio d'amministrazione, come ricordava a maggioranza, stanno compiendo incidono sulla missione giornalistica, dunque informativa, della Rai. Mi permetta di dire che questo rappresenta non un mero atto di carattere organizzativo, ma attinente alle scelte che questo Parlamento è chiamato anche a compiere e a corroborare con suoi orientamenti.
  Ho ascoltato la sua importante relazione. Nelle ultime settimane, ho anche letto suoi importanti interventi sui media nazionali. Naturalmente, come tutti qui, in qualche modo arriviamo a quest'incontro carichi, usti, come diceva prima, di sapori, sensazioni, sollecitazioni, attenzioni che si sono raccolte non nell'etere, ma proprio nel rapporto anche con quest'importante realtà che è la Rai.
  Voglio porre pochissime questioni in forma di domanda. Una prima attiene alla capacità dell'attuale assetto. Lei dice bene e io condivido: dopo 35 anni va rivisto, riletto, riformulato il modo d'essere dell'informazione della Rai. Come giustamente ha anche sottolineato, la fase genetica è stata quella della tripartizione nei canali agganciati e orientati a partiti, che peraltro non esistono più nella storia del nostro Paese, non sono più nella realtà contemporanea, e così si è modificato il modo di essere delle tre testate.
  Considero, come anche un recente studio molto polposo che la LUISS ha messo in campo, che lo share complessivo – lei pure lo faceva notare attraverso le slide che ci ha offerto in visione questa sera – dell'informazione in Italia a confronto dello share complessivo dell'informazione in Europa vede la Rai in una condizione di gran lunga più alta. Saremo intorno al 40 per cento. Mi pare che l'Inghilterra, la BBC, quella che si colloca nella posizione più alta dopo l'Italia, sia intorno al 30. La Germania è intorno al 25, è già in una terza fascia. Siamo quindi in una condizione di privilegio, la qual cosa evidentemente ci rende anche possibile una competitività importante da un punto di vista della raccolta pubblicitaria. Questo share è collegato all'offerta diversificata o è una forma di appannaggio che c’è e che per grazia di Dio abbiamo ? Il venir meno di un'offerta diversificata, accettare la reductio ad unum, anzi a due mi par di capire, può continuare a garantirci quest'attenzione, questa raccolta, questo share o no ?
  È evidente che questa non è una cosa da poco. Credo che a lei e al consiglio d'amministrazione si debba dar merito di un fatto: siamo riusciti a tenere il canone basso, tra i più bassi in Europa. Abbiamo, però, il riequilibrio anche attraverso la raccolta pubblicitaria. Se riduciamo l'offerta informativa, siamo nelle condizioni di mantenere il medesimo risultato ? Ancora, negli scambi anch'io ho detto una cosa, di cui mi scuso, a proposito del canale istituzionale. Abbiamo avuto anche un dibattito in questa Commissione di vigilanza. Onestamente, non si capiva e non si capisce bene cosa sia. Devo dirle che non sarò mai disposto ad accettare una mediazione giornalistica rispetto alla Pag. 16posizione dell'esprimere un concetto, un principio politico. Peraltro, la mediazione si realizza anche nella scelta, dovendo essere istituzionale e funzionale per tutto (Corte costituzionale e tutti gli organi; addirittura, ho visto anche il Parlamento europeo) anche nella scelta di una informazione piuttosto che l'altra. Se c’è una concomitanza, con lo stesso fare una scelta piuttosto che un'altra, si esercita una mediazione e non l'accetto, non è più istituzionale. Istituzionale è quello che stiamo facendo questa sera, avendo collegato il nostro dire a chi ci ascolta. Quando vedo tornare questo tema, un po’ mi preoccupo. Cos’è ? Come si intende realizzarlo ?
  Concludo dicendo che sono del parere che sia diventato ineludibile un ragionamento complessivo sul modo di esprimere informazione all'altezza del tempo nuovo che stiamo vivendo, ma ho in me sempre le parole, la preoccupazione recentemente proposta dal costituzionalista Zagrebelsky in un suo piccolo saggio, nel quale ricordava che la riduzione delle tutele costituzionali – indubitabilmente, la tutela costituzionale offerta attraverso l'articolo 21 alla libertà di informazione è fondamentale in un sistema, peraltro, democratico – in ragione di spinte e sollecitazioni di carattere finanziario o di bilancio, non è una cosa buona, non dice bene per un Paese democratico.
  Vorrei che avessimo sempre presente questa sottolineatura che condivido fino in fondo quando ci apprestiamo a mettere mano a importanti revisioni del modo di esprimere l'informazione.

  ALBERTO AIROLA. La ringrazio, direttore, di essere qua. Concordo con lei che è cambiato lo scenario dal 1975 a oggi e c'era bisogno di una rinfrescata. Diciamo che la sua non è solo un'operazione di razionalizzazione semplice, rispecchia anche una variazione politica.
  Ora, se però lei fa quest'operazione al di fuori dell'azione politica, forse si creano dei problemi. Do subito il primo consiglio: facciamo una newsroom senza politica, che tuteli le opposizioni e non soltanto i partiti fino a oggi rappresentati da questa parte politica. La situazione è addirittura cambiata rispetto anche al suo arrivo e al consiglio d'amministrazione che è tuttora in Rai, che però non è cambiato. Il Movimento 5 Stelle, terza forza di notevole peso nel Paese, non ha lottizzato, per scelta, ma anche perché mi sembra che sia questo quello che tutti vogliamo, visto che si parla di BBC, che il benchmark, come dice lei, è fatto sulla BBC, che appartiene peraltro a un altro contesto culturale, a un altro mondo giornalistico. Se vogliamo andare in quella direzione, è un lavoro che dovremmo fare insieme. Non sappiamo se ha fatto questo lavoro consultandosi con il Governo o meno. Se fossi in lei, avrei comunque sentito qualcuno per non muovermi a casaccio. È vero che avrà un altro incarico prossimamente e forse già pensa ai nuovi impegni futuri. In ogni caso, questa è una questione molto importante, soprattutto perché l'informazione in Rai, rispetto al nostro Movimento, non è così generosa, rispettosa. Non richiamerò i soliti temi dell'Osservatorio di Pavia. Lo vede questo altissimo ? È Renzi nei telegiornali: tutti gli altri sono bassissimi. Ci sono state numerose segnalazioni dei membri di questa Commissione all'Agcom, interrogazioni su interrogazioni. Non voglio stressarvi. Agcom ha riconosciuto anche queste violazioni.
  Veramente auspichiamo che si arrivi a una nuova Rai, ma se mi permettete ho dei dubbi. Se fossi al Governo, non lascerei tanto facilmente cambiare questa cosa, non me la lascerei sfuggire di mano, ma queste sono mie simulazioni.
  Rilevo che, nell'ambito della razionalizzazione, sicuramente si può fare di più. La questione delle esternalizzazioni è un esempio, come le chiama lei. Da una parte, sono veri e propri sprechi. Posso citare il caso di Giannini, il più famoso, su un villaggio di quasi 2.000 giornalisti, un paese, assunti in Rai non si è riusciti a trovare qualcun altro che potesse sostituire Floris ? Oggettivamente abbiamo tutti rilevato che la forza del programma è il «marchio» Ballarò e non certo Giannini.
  Posso citare anche il caso Onder, un programma semplice, Medicina 33: perché Pag. 17prendere un esterno a 400.000 euro ? Ha tutti i diritti di sostituire Onder, era anche in pensione e immagino che si possa avere voglia di cambiare; perché, però, prendere un esterno a 400.000 euro ? Era una notizia di questi giorni. Son contento se non è vero, se avete preso uno della sua squadra interna o un altro che non costi così tanto con i soldi pubblici nostri. È interno ? Bravissimo. Vede che è sulla strada giusta ? Andiamo avanti, perché è quello che chiediamo noi da tempo. Invece di investire...

  LORENZA BONACCORSI. Torniamo al tema !

  ALBERTO AIROLA. Questo è il tema. È informazione. Andiamo a spendere, a razionalizzare, ma sprechiamo sempre nell'ambito dell'informazione su altri settori, cioè togliere a Presa Diretta dei collaboratori per investire un sacco di soldi su Rai News e avere lo 0,4 per cento, per me è un equilibrio, quindi è in tema, eccome ! Soprattutto se abbiamo un sito di Rai News 254o nel ranking Alexa dei siti italiani. Se investiamo in quell'ambito, dovremmo avere un ritorno.
  Allo stesso modo, in relazione ai lavoratori – posso pensare ai collaboratori in partita IVA, gliene ho già parlato tantissime volte – mi risulta che, per esempio, negli ultimi programmi riaperti sulla stagione sia stato chiesto a molti giornalisti collaboratori in partita IVA di ridurre dell'8 fino al 15 per cento i loro contributi, tranne a quelli che andavano a Ballarò. Poi mi dice se sia vero o meno.
  Sulle esternalizzazioni, un'altra questione. È vero che gli appalti spesso sono stati frutto di spese, di sprechi, ma è anche vero che ci risulta che ci sono, per esempio, dei montatori che ormai vengono presi a 19 euro all'ora (macchinario e montatore incluso): un'istigazione a far lavorare in nero l'azienda appaltatrice e a non pagare i contributi. Sono prezzi veramente bassi. Magari lei non lo sa, ma glielo dico perché è una cosa importante.
  Se affrontiamo la questione della razionalizzazione della Rai, dobbiamo farlo con un criterio che non vada a nuocere ai piccoli e non premi strutture che poi non hanno tutto questo successo, come appunto certi programmi, certi collaboratori di esternalizzazioni esterne, certe testate.
  Mi dica lei se c’è una soluzione a un pluralismo che sia un vero pluralismo, se potremo mai vedere veramente una Rai che non riflette la situazione della vecchia politica, ma neanche una situazione politica diversa da quella reale. So che forse è complicato, ma questo è il senso.

  MAURIZIO ROSSI. Innanzitutto, vorrei cercare di spiegare anche ai colleghi che tutto quello che è la ristrutturazione di Rai News e di tutto l'insieme dei programmi di Rai ha un'influenza economica spaventosa sulla banda di cui la Rai ha necessità. I due fatti sono strettamente collegati tra quello che un'azienda vuole produrre e, dall'altra parte, la necessità che ha di banda per poterlo far vedere agli utenti. La Rai ha un contratto che scade nel 2016. Questo è un programma 2013-2015, apprezzabile per molti punti. Condivido moltissimi punti che sono stati detti. I risparmi per una troupe – magari vanno in due nello stesso posto – sono importanti: se, però, alla fine dei conti il prodotto giornalistico resta praticamente molto simile e tutti noi vediamo prima il TG1, poi il TG2, praticamente in fotocopia, dobbiamo chiederci quale sia l'effettiva necessità di una duplicazione di moltissimi prodotti. In ogni caso, se entriamo nel discorso della necessità di oggi della banda per produrre sia l'informazione sia molti altri canali, dovremmo come prima cosa chiederci quale rapporto vi sia, per ogni settore dell'informazione e per ogni canale, tra il costo di quel canale, l'ascolto e i ricavi, per capire effettivamente quanti canali dovrebbe produrre Rai.
  Vi cito un esempio. In Europa, tutte le televisioni pubbliche hanno 3-5 canali, mentre la Rai oggi ne ha 15 e, con quelli duplicati in HD, arriviamo a 17. Sapete cosa comporta questo ? Ho presentato interrogazioni, ho scritto al consiglio d'amministrazione: sull'entità del contratto d'affitto tra Rai e Rai Way ho fatto una Pag. 18domanda specifica tempo fa. Ho chiesto anche se fosse modificato prima della cosiddetta quotazione. Rai Way mi ha risposto che non possono diffondere particolari aspetti di carattere tecnico-operativo nonché economico concernenti il contratto in questione. Se volete, leggete la risposta arrivata il 9 settembre. Tra la fine di luglio e l'inizio di agosto, in effetti, sono venuto a conoscenza del fatto, di cui chiedo conferma al direttore, che Rai ha firmato con Rai Way, approvato dai due consigli d'amministrazione, un contratto da 2 miliardi 400 milioni di euro, perché si parla di 170 milioni all'anno per 7 anni + 7.
  Pensate che si vuole andare a tagliare magari su molti altri settori, sul personale. Il settore giornalistico è messo sotto accusa. Ci sono gli appalti esterni. Rendetevi conto che qui si sta facendo un contratto che è un macigno per la Rai per i prossimi 14 anni. Rai potrebbe aver bisogno solo di due frequenze e svolgere tutta la sua attività informativa solamente su due frequenze. Risparmierebbe qualcosa come un miliardo di euro in 14 anni e forse anche più. Oltretutto, i prezzi d'affitto sono completamente fuori mercato, quelli con cui Rai ha affittato a Rai Way prima della quotazione. Chi comprerà si troverà un contratto in casa di 2,4 miliardi di euro.
  Bisogna, anzitutto, capire effettivamente sulle news di quanti canali avesse bisogno la Rai per il tipo di informazione e il progetto che il direttore ci sta presentando, che non deve andare dal 2013 al 2015, ma dovrà andare anche oltre. Lo stesso discorso vale per gli altri canali. Ribadisco il rapporto tra il costo di quel canale e lo share.
  Quando parliamo di Rai News, mi chiedo una cosa: vorrei vedere di ognuno di quei canali il rapporto tra il numero di giornalisti, lo share, quindi il costo complessivo di quel canale, prendendo ognuno come un centro di costo, e i ricavi che produce. Se scopriamo che spendiamo 100 milioni di euro, una cifra a caso, per uno 0,4 per cento di share, che peraltro mi costa magari milioni di euro di affitto di banda, da qui ai prossimi 14 anni, riteniamo veramente che la Rai possa stare in piedi in questo modo ? Non potrà.
  Vanno benissimo, quindi, i concetti di base, accorpare le news e così via, ma perché mantenere un certo numero di canali, quando poi si parla anche di dover investire semmai sul Web e su altro ? Credo che si stia facendo uno sperpero gigantesco e che sia stato veramente un grave errore bloccare la Rai per 14 anni, 7 + 7, in un contratto di affitto che ripeto dai conti, che pare siano realistici, avrebbe un valore totale di 2,4 miliardi di euro.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Voglio ringraziare anch'io il direttore per la comunicazione introduttiva e per averci accompagnato anche questa sera attraverso le slide che ci erano state inviate. Avendo fatto i ringraziamenti, procedo. Innanzitutto, a titolo di premessa, Presidente e direttore, voglio dire che, ogni volta che si parla in questa Commissione, lei parla in termini di interventi rispetto all'assetto dell'azienda, di risparmi ed efficienze. Siamo sempre d'accordo. Ogni volta che si parla di riduzione dei costi in esterno, sapendo che questo è stato uno dei temi oggetto anche di discussione in questa Commissione riguardo il settore dell'informazione, mi sembra che sia trasversale all'azienda e ne riguardi diversi comparti.
  Sono risparmi ed efficienze che attengono, direttore, alle sue scelte, al suo compito, al mandato di questi anni, ma mi sembra che questa sera nella presentazione del progetto sull'informazione abbia dato un respiro più ampio alla proposta. Ha fatto riferimento al superamento dell'assetto organizzativo del 1975 completato nel 1979, quindi dando un arco temporale di intervento di questo progetto «storico»; dopo 35 anni, come ha sottolineato più volte, finalmente si interviene.
  Allo stesso modo, il riferimento al passaggio dell'azienda da broadcaster a media company è di grande rilievo. Questo, peraltro, è nel documento che ci era stato inviato dalla presidente Tarantola qualche mese fa rispetto alla strategia editoriale e Pag. 19di business. Ho visto che il riferimento è stato anche al modello a testata unica e all'esperienza di unificazione della radio. Essendo quella del 1992-1993 un'esperienza consolidata, forse è anche utile andare a consuntivo e vedere se ha funzionato e quanto.
  Mi sembra importante che, in una discussione che si vuol dare un respiro così ampio, ci sia un elemento come quello sottolineato dal presidente Pisicchio, che con quest'intervento non si possa e non si debba disperdere il patrimonio dell'informazione Rai nel suo complesso e degli ascolti. È giusto ricordare, sommando nella slide che ci aveva presentato, che le edizioni serali dei TG Rai arrivano a uno share intorno al 42 per cento; BBC, che è un'offerta minore, arriva al 27, di poco superiore al TG1. Stiamo parlando di questo patrimonio, di questo rilievo.
  Per quanto riguarda le opinioni sul progetto – avremo anche tempo in relazione al percorso che è stato prima presentato dal Presidente – secondo me, è utile questa sera l'occasione del confronto con il direttore generale anche e non solo per le domande che solleviamo, ma rispetto a una serie di obiezioni che ho visto hanno avuto spazio sulla stampa, ma sono state anche indirizzate direttamente a questa Commissione con le lettere che abbiamo ricevuto, i diversi inviti ad audizioni o partecipazioni a open day.
  La prima questione riguarda l'elemento che ho richiamato, ossia quella proposta legata alla razionalizzazione, all'efficientamento. Come si lega questo, primo ordine di obiezione, di dubbio, che ho visto nella lettera del CDR del TG1, al tipo di informazione proposta ? Peraltro, il progetto viene messo in rilievo rispetto alla configurazione dell'offerta dei TG a elementi di definizione generica TG1, TG2 generalista e TG3, concentrato sulla politica, conoscendo gli ascolti dei telegiornali generalisti in tutto il mondo. Il riferimento nelle slide era anche agli altri Paesi europei.
  Sono convinto, come abbiamo detto in altre occasioni, che quello sul canale all news sia un investimento importante e di rilievo, sapendo che il dimensionamento di una rete all news in giro per il mondo, guardando anche agli antesignani, alla CNN o a chi ha superato la CNN, come Fox News, ha raggiunto un tetto tra il 2 e il 3 per cento. Quella è la dimensione, consapevoli che adesso vede anche la concorrenza di Internet. L'aggiornamento su una notizia del just in time è dato tantissimo dai siti e dall'offerta su Internet più che dall'accesso al canale all news. Sostituire l'edizione del TG con i flash all news rischia anche di contaminare due modelli comunicativi. È interessante vedere i dati degli spazi Rai News in chiaro su Rai Tre, spesso più bassi dell'offerta della testata giornalistica regionale.
  Questa sera ha riproposto con evidenza, direttore, il tema dell'informazione istituzionale. Siccome è stata oggetto di discussione di questa Commissione anche durante il parere sul Contratto di servizio, secondo me è giusto riproporla nei termini di ragionare su un'offerta specifica, ma di ragionare anche degli spazi nell'offerta generalista sulle reti. Peraltro, ho visto che all'inizio della stagione gli spostamenti operati sull'offerta di TG Parlamento hanno avuto un'incidenza sul numero di persone che guardano l'offerta diretta dal punto di vista istituzionale.
  Il primo lunedì della seconda settimana di settembre, l'edizione di Rai Uno anticipata scende da 850.000 a 500.000 telespettatori e, invece, quella che era su Rai Uno alle 16.50, spostata su Rai Due, scende da 1,3 milioni a 229.000 telespettatori. Dopo due settimane, passa dal 2 al 3 per cento. Credo che questo dia conto della delicatezza di un intervento di questo tipo rispetto al numero di cittadini raggiunti dall'informazione che riguarda quest'istituzione e il complesso dell'offerta dell'informazione istituzionale.
  Un elemento riguarda poi l'informazione locale. Aggiungo anche il mio personale dubbio a quelli che sono stati espressi: credo che ridurre le redazioni, le testate a livello regionale semplicemente a service dei TG nazionali non corrisponda al senso dell'informazione locale nel Contratto di servizio. Peraltro, questo è uno degli asset dell'azienda, perché produce Pag. 20qualcosa che la concorrenza diretta a Mediaset, per esempio, non ha in termini di offerta di informazione locale, sempre se teniamo come parametri anche gli altri Paesi europei e non solo, continua ad esserci.
  C’è poi una domanda che mi è ritornata anche ascoltandola questa sera, rispetto al perché delle due news room. Fase di passaggio, transizione: rimane il fatto che non si comprende fino in fondo perché avere, da una parte, TG1 e TG2 e, dall'altra, il TG3, con TGR e Rai News in relazione a quella definizione di mission di brand di cui prima.
  Per quanto riguarda l'implementazione del piano, è utile anche capire se siano in corso, oltre all'ultima slide che avevamo visto, riunioni tecniche o se si stia procedendo e a che punto siamo.
  Per quanto riguarda l'elemento della riforma della governance aziendale, sollevato da più degli scriventi a questa Commissione nei commenti e ripreso anche prima, noi, il PD, siamo più che convinti di questa necessità. Siamo il gruppo, presente anche nella scorsa legislatura, che non ha partecipato alle nomine del consiglio d'amministrazione e che ha delegato, come si ricorda, la scelta alla società civile. Siamo quelli che vogliono la riforma.
  Il Presidente del Consiglio, segretario del partito, intervenendo alla Camera, dallo stenografico è tornato su questo, dicendo che al termine dei mille giorni – ho lo stenografico della presentazione e il programma dei mille giorni – ci sarà una riforma della Rai in cui la governance deve essere sottratta alle scelte del singolo partito. Lo dice il capo del partito più grande d'Italia, che rivendica con orgoglio il fatto di non aver mai incontrato in questi mesi l'amministratore delegato dell'azienda pubblica, lasciando la libertà a quell'azienda di svolgere il compito che gli azionisti le hanno affidato. Siamo assolutamente convinti della necessità, della priorità della riforma della governance, e quindi credo che la proposta di riorganizzazione dell'informazione debba coordinarsi con questo percorso di riforma profonda, tener conto di un quadro di insieme che si vuole cambiare e nel quale deve essere inserito.
  Aggiungo – sto concludendo, Presidente – che ho visto, direttore, anche la sua intervista sul Il Fatto Quotidiano. Al di là delle battute su panettone e colomba, mi sembra giusto richiamare qui l'ultima domanda e l'ultima risposta che mi hanno colpito. La domanda che le è stata rivolta è se, prima di lasciare, avrebbe fatto nomine tra telegiornali e canali. La sua risposta è stata: mai dire mai, che le piacerebbe completare la riorganizzazione dell'informazione e che, di conseguenza, andrebbero indicati due direttori. Secondo me sono parole importanti: date tutte le premesse, se stiamo parlando di una riforma di questo respiro, deve avere il percorso di confronto, come ha detto il Presidente Fico, di ascolto. Se il tema è semplicemente quello delle nomine dei direttori, fa quello e non c’è bisogno di smuovere complessivamente un'idea di questo tipo. Sono convinto, invece, che ci sia bisogno di cambiare profondamente. Ho anche richiamato obiezioni, dubbi e credo che questo debba essere un passaggio fondamentale per chiarire e comprendere in che modo si può intervenire. Sono convinto, Presidente, che in questa discussione come Commissione di vigilanza dobbiamo svolgere il nostro compito, che non è in nessun modo invadere il campo, pensare di fare quanto è demandato ad altri. Il tema dell'informazione e del pluralismo dell'informazione è però 1 materia di contratto di servizio, quindi di questa Commissione.
  Voglio essere chiaro. È stato richiamato da Airola, l'abbiamo detto più volte anche nella discussione sul Contratto di servizio: pluralismo dell'informazione non è tanto il confronto tra maggioranza e opposizione. Certo, ci sono i dati, i rilevamenti, l'Osservatorio di Pavia, non è quello dei singoli partiti e anche lì ci sono i dati. Il pluralismo deve essere sempre più l'idea della complessità culturale e sociale italiana. Questo è il punto intorno a cui si snoda anche la discussione sul pluralismo dell'informazione.Pag. 21
  Infine, abbiamo parallelamente il percorso del parere che dobbiamo dare all'Agcom sulla delibera rispetto al pluralismo fuori dal periodo elettorale rispetto alla par condicio. È evidente che questi due piani si intrecciano, per questo credo che sia fondamentale, come è stato detto, una fase di audizione successiva. Peraltro, iniziamo domani con il direttore del TG1, sia sulla delibera Agcom sia sul piano di riorganizzazione, per svolgere il nostro compito fino in fondo. Penso, Presidente, che dobbiamo anche raccogliere la richiesta venuta dall'UsigRai, da alcuni CdR, di audirli, come ripeto, non per interferire, ma per vigilare su un elemento fondamentale del Contratto di servizio e di servizio pubblico e, a valle di questo percorso, esprimere il parere della Commissione di vigilanza.

  MAURIZIO GASPARRI. Innanzitutto, bisogna avvisare il signore dello SNATER che c'erano due telecamere anziché una e, siccome non era di Mediaset o di La7, propongo ai colleghi di vigilare dopo. Ne bastava una. Non è un evento, dal punto di vista scenografico, particolarmente affascinante. Tra gli accompagnatori, c’è quello della Gialappa's, l'Aladino della situazione.
  In effetti, gli sprechi ci sono in tanti ambiti, anche nella Rai, anche in Parlamento. Stiamo abolendo addirittura il Senato, quindi figuriamoci se non siamo d'accordo che si possano abolire un po’ di telecamere. Il tema è complesso e serio, quindi formulerò poche considerazioni con rapidità.
  Credo che banalizzare questo progetto, questo schema sarebbe un errore, mentre va visto con serietà. Non c’è dubbio che esista l'esigenza di spendere meno, di razionalizzare un'organizzazione.
  Tra l'altro, non credo che si possa nemmeno banalizzare la storia di come sono andate le cose. Non c’è dubbio, però, che la moltiplicazione di testate non sia nata solo dall'opportunità tecnologica che nell'arco dei decenni ha consentito di avere più canali. C'era anche, chiaramente, un'assegnazione politica di aree di riferimento culturali e storiche. Se si difende lo status quo, sembra che si voglia difendere un meccanismo che si è andato stratificando nel tempo e che, almeno per quanto mi riguarda, non mi appartiene storicamente, culturalmente. Sappiamo tutti come sono andate le cose, quando nacque la seconda rete, che doveva essere una certa area politica di Governo, ma un po’ diversa; sulla terza rete ci sono intere biblioteche in letteratura, racconti di Guglielmi, di Veltroni, incontri. Sono motivi storici, è la verità, è la vita del Paese. Se la si negasse, si direbbe una cosa non vera. Ci sarà stata poi anche qualità in questa storia. Appartenere a un'area culturale e politica non vuol dire fare per forza solo essere «al servizio di», ma sappiamo come è andata. Lungi da me l'intenzione di difendere un'organizzazione come questa. Vorrei capire come potrà funzionare. È vero che può succedere che sei telecamere riprendano lo stesso evento e si può farlo fare da quello locale e farselo mandare, come in parte accade; talvolta, c’è anche l'eccezione alla regola, ma a volte una testata può avere bisogno delle sue immagini, un direttore vuole una certa cosa, poi non sempre è così. Credo, quindi, che ci vorrà la saggezza. Ci sono situazioni che possono anche richiedere alcuni accorgimenti. Il problema è capire se quest'operazione potrà funzionare. Tra l'altro, lei ci ha fatto vedere l'approdo finale di un'unica realtà, mentre un approccio intermedio delle due macroaree, macrostrutture, andrebbe confermato.
  Peraltro, se manca un orizzonte che in primavera vedrà la scadenza del consiglio, probabilmente c’è anche la necessità di rivedere le regole. In ogni caso, quali che saranno le regole della governance, che non è il tema di questa sera, non potremmo eludere le sentenze della Corte costituzionale, che dal 1975 danno al Parlamento la centralità della gestione della Rai, dell'indirizzo.
  Poi c’è la gestione operativa, il direttore generale. Non parlo del direttore attuale, del direttore come figura, designato dal Governo, ma c’è sempre un intreccio con il consiglio. Quindi, quali che saranno gli Pag. 22assetti, quello attuale non è la perfezione del mondo. Prima li nominavano i Presidenti di Camera e Senato, ma qualunque sarà l'assetto futuro, le sentenze della Corte – lo dico per la discussione che faremo in futuro – lì stanno, non sono cambiate, quindi comunque la centralità del Parlamento, nelle forme e nei modi che si potranno inventare, è un dato della democrazia. Quando ci saranno sentenze e regole diverse, si farà diversamente.
  Credo, direttore, che la Rai in questa fase debba guardare, rispetto a quel piano, anche ad altre opportunità. Si è molto discusso del pluralismo. Oggi, la tecnologia e la digitalizzazione hanno moltiplicato i canali e le reti. La Rai potrebbe addirittura mettere sul mercato alcune delle reti che ha. Non è detto che il servizio pubblico debba avere una serie sterminata di reti. Le leggi vigenti già lo consentono, ma non lo dico per smantellare il servizio pubblico. Oggi le reti sono comunque tantissime. Prima c'erano tre reti, oggi sono numerosissime. Si potrebbero realizzare sinergie nel campo del cinema, della cultura. Ci sono già oggi canali specializzati. Questo oggi è già possibile. Si possono trovare delle vie diverse per organizzare il sistema, fermo restando il nucleo forte di servizio pubblico. Questa è un'idea che va valutata nel merito. Credo che apriamo stasera formalmente il confronto all'interno dell'azienda con la Commissione di vigilanza, anche se il piano ci era stato portato a conoscenza da tempo. Non respingo assolutamente la discussione su questi aspetti. Credo che debba essere fatta, al contrario, allargandola ancora di più.
  In relazione al canale istituzionale, ad esempio, abbiamo già fatto una discussione qui quando si parlò del Contratto di servizio. Ci dicemmo che oggi abbiamo un'informazione che riguarda i lavori parlamentari, canali che trasmettono i lavori della Camera e del Senato. Cos’è il canale istituzionale ? Qualcosa di dedicato per un'esigenza di democrazia ? Non di audience, perché le sedute di Camera e Senato non possono avere un richiamo di pubblico enorme, però è un servizio alla democrazia. Quello è il canale istituzionale o è il modo di ghettizzare ciò che oggi va su Rai Parlamento ? Spunta nel canale generalista con la sua informazione sull'attività parlamentare, che ritengo è bene rimanga – era questa la discussione con il senatore Margiotta – anche modificando in parte la proposta sul Contratto di servizio. Un conto, infatti, è ampliare un canale istituzionale indipendentemente dall’audience che può fare, non solo i lavori parlamentari classici, ma quello che può essere connesso al concetto istituzionale. Si insedia il CSM e qualcuno può essere interessato a vederne la seduta di insediamento e il discorso del Presidente della Repubblica. Non farà numeri giganteschi, ma neanche una seduta del Parlamento, senatore Bonaiuti. Forse la seduta del CSM può interessare di più. Non vorrei che il canale istituzionale servisse per ficcarci tutto quello che riguarda la politica, che poi da un lato è lo schifo, le lottizzazioni. Peraltro, tutti adesso fanno informazione politica, dappertutto. C’è un canale televisivo non della Rai che ormai comincia la mattina alle 7 e finisce alle 2 solo col talk show. Perché ? Perché costa poco. Credo che la moltiplicazione dei talk show avvenga perché costa poco. Un conto è Ben-Hur con le bighe, altro è mettere quattro persone qualunque a parlare tra di loro con un conduttore. Costa di meno. Lo stesso discorso vale per la Bibbia, per Montalbano. Litigano sui soldi, la Puglia, la Sicilia. Per fare un talk show bastano quattro persone. Molta gente pensa che ci pagano. Io sarei ricchissimo. Probabilmente, accade il contrario. Credo che si debba evitare il canale istituzionale come ghetto.
  Il fatto che ci siano molti notiziari mi ha colpito. Il direttore ha fatto una riflessione, un paragone: c’è molta informazione nella Rai. Probabilmente, ce n’è troppa. Bisogna evitare sovrapposizioni, fare quello che si è fatto anche alla radio – non ha approfondito – ma questo potrebbe essere anche un fattore di ricchezza in una fase in cui altre televisioni fanno all news (uno a La7 lo è quasi diventato; Sky ha un'offerta ampia), mentre Pag. 23la Rai dovrebbe riflettere sui risultati non esaltanti del canale all news, che rimane su percentuali basse. Allo stesso modo, c’è una crisi di Rai Tre, che cito qui sul piano dei numeri. Non è una polemica politica rispetto all'agenda. Oltre che al programma del futuro, quindi, bisogna guardare anche ai numeri del presente. Che serva una rete all news non c’è dubbio. La Rai ha fatto bene a farla e anche a potenziarla, come mi risulta, e a investire. Si deve interrogare sui risultati che finora sta ottenendo, perché forse il pubblico vuole l'offerta generalista, uno dei punti di forza dalla Rai. A una certa ora, c’è il telegiornale, a un'altra un'altra cosa, poi c’è l'intrattenimento, poi il quiz, poi L'eredità, poi c’è la fiction.
  Questo modello misto, un po’ la storia della Rai, potrebbe essere anche una sua ricchezza. Attenzione, quindi, che anche la specializzazione dei canali, che oggi la Rai può fare con tutti i canali aggiuntivi, è un fatto supplementare, ma attenzione a non fare di questo la regola di tutta la Rai, che proprio della diversità nell'arco della giornata dell'offerta dei canali principali fa un motivo di fidelizzazione del pubblico, di abitudini.
  Concludo. Gli argomenti sono tanti, prendo questo come un avvio di confronto, poi non so se trarremo noi delle conclusioni. Forse le opinioni sono tante, ma il contributo deve essere positivo sul ruolo non dell'invadenza dei partiti, ma di quello a cui non dobbiamo rinunciare del Parlamento di sostanziale editore del servizio pubblico. A forza di dire che dobbiamo mandare via i partiti, chiudere quello e quell'altro, poi non so cosa andrà al posto della politica, che può avere parti non sane, che vanno recise, tagliate, cancellate, ma alla fine siamo comunque l'espressione, piaccia o meno, del pluralismo, della democrazia. Anni fa si parlava di consiglio, vertice, rettori. Perché i rettori o l'Accademia dei Lincei o altri ? Perché il Parlamento, in fondo, è sempre una sede più rappresentativa, piaccia o meno. Prendo questo come un avvio, poi faremo le nostre riflessioni. In ogni caso, non dobbiamo respingere aprioristicamente la discussione. Sarebbe sbagliato limitarsi a richiamare la storia a partire dal 1975, anche molto politica, anche nel senso lottizzatorio del termine, che ha stratificato queste situazioni.
  Attenzione a non fare un discorso confuso o affrettato o a guardare anche solo ai costi, che sono importanti, caro Rossi, ma poi la Rai deve anche trovare un suo equilibrio per vedere cosa fare. Poi, per carità, se la mettiamo sul piano della lotta agli sprechi, chiuderemo pure la Camera, dopo aver chiuso il Senato. Non vorrei che abolissero la Rai, mentre noi dobbiamo farne un punto di forza, tenendo conto che, se la Rai non si guarda dentro, non reggerà alla sfida.
  Uno dei motivi di critica, quando facemmo la legge, era che i limiti antitrust erano troppo alti. Bisognerà alzarli, amici miei, quando discuteremo il futuro, perché adesso che Sky fonde le sue tre televisioni principali europee, che Al Jazeera entra sui mercati europei, che la rete entra prepotentemente, la Rai deve organizzarsi. Quelli che oggi sono grandi stanno diventando, ahimè, piccoli. Siccome non vogliamo far sparire l'industria italiana della comunicazione, dell'informazione e della cultura, poniamoci anche questo problema. Per fare polemiche di cortile, ammazziamo un settore che, invece, per l'economia italiana è importante.

  PRESIDENTE. Il direttore mi chiede di rispondere a questo primo giro di domande, altrimenti se ne accumulano troppe. Abbiamo ancora circa sette iscritti a parlare. Possiamo decidere di procedere con tutte le domande e le risposte, entro stasera, fino a che non finiamo, probabilmente per un'altra oretta. Il direttore è disponibile. Diversamente, continuiamo la prossima volta e ci fermiamo dove arriviamo...

  GENNARO MIGLIORE. Mi chiedo, se ci si riaggiorna, lo si fa ovviamente col direttore, quindi immagino non immediatamente. Si rischia così che la prossima audizione sia dilazionata nel tempo.

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  PRESIDENTE. La mia proposta è di provare a concludere tutto entro stasera. Continuiamo con gli interventi.

  SALVATORE MARGIOTTA. Cercherò di essere breve, anche perché molto è stato detto e in alcune considerazioni mi ha preceduto il capogruppo. Abbiamo tutti letto anche una serie di reazioni venute dal mondo dei giornalisti della Rai, in alcuni casi con argomenti interessanti, di cui terremo conto nelle altre audizioni, a volte magari con qualche eccesso inevitabilmente corporativo, ma è nella logica delle cose. Ritengo positivo uscire dallo stato attuale, certamente anacronistico e insensato, come diceva il direttore. Mi pare buona l'idea della newsroom, anche se è stato detto dallo stesso direttore, come voglio rimarcare, che verrebbe in mente di ridurla a una sola. Accetto l'impostazione delle due fasi, altrimenti si può ricadere inevitabilmente nello stesso errore della lottizzazione. Può succedere che, cioè, anziché fare quel che lei diceva, e cioè che ogni canale, in questo caso ogni newsroom, sia non faziosa, una si occupi della maggioranza e l'altra dell'opposizione, dunque ricadendo nell'errore che vogliamo correggere. Credo, quindi, sarebbe meglio arrivare addirittura a una sola. Non mi sono chiari del tutto i criteri di accorpamento, per quale motivo cioè si è scelto di inserire in una newsroom TG1, TG2 e canale istituzionale e nell'altra altre testate: lo intravedo, ma non mi è chiarissimo.
  In secondo luogo, un tema di fondo, non nella sua responsabilità, aleggia nella Commissione ed è stato un po’ ripreso. Siamo in presenza di un tentativo ambizioso, direi ardito, di riforma dell'offerta informativa della Rai, in assenza della riforma della Rai che in Parlamento vorremmo e dovremmo fare. Questo può creare un'incongruenza, nel senso che il consiglio d'amministrazione va avanti riformando quello che lei stesso ha definito il core business del servizio pubblico, prima ancora che il Parlamento decida come il servizio pubblico debba continuare a svolgere il proprio compito. È chiaro, non è una sua responsabilità né deve essere un freno, ma è un'oggettiva incongruenza che rischia di rendere complicato, da un lato, il nostro lavoro e, dall'altro, quello di questo consiglio d'amministrazione.
  Inoltre, vengo alla volontà che lei più volte ha sottolineato, quasi a voler rassicurare, di non toccare i brand, di lasciare comunque alla fine le news room, ma ci sarà il TG1, il TG2, il TG3 e si rischia che, anziché fare una cosa molto innovativa, la spinta della novità sia un po’ attutita, cioè che si lavori più per una risistemazione dell'esistente che per guardare fortemente al futuro. Le faccio quasi un'osservazione opposta a quella che le si fa comunemente. Anche sul rendere la Rai davvero una media company e sulla cross-medialità, probabilmente si può dire qualcosa in più rispetto a quello che abbiamo letto e che stasera si è detto.
  Altra questione è quella dei corrispondenti locali. Naturalmente, sono rimasto favorevolmente colpito dall'idea per cui il TGR deve lavorare anche di più. Ha parlato di un Buonasera Regione che può accompagnare il Buongiorno Regione, ma forse ridurre le sedi solo a uffici di corrispondenza locali può indebolire questo disegno.
  Sul canale istituzionale è stato detto tutto e non aggiungo altro sia alle considerazioni del collega Peluffo sia a quelle del presidente Gasparri.
  Infine, come battuta – immagino che, se il numero non è scritto, è perché non si può – è chiaro che quel -x per cento mi incuriosisce molto. A mia volta, ho formazione ingegneristica e sono uomo di numeri e mi chiedo, se non può fornire il numero, se almeno le proporzioni della colonnina siano più o meno indicative della volontà di risparmio che si vuole ottenere oppure si tratta di una colonnina assolutamente qualitativa e non quantitativa ?

  PAOLO BONAIUTI. A me sembra che quella di questa sera sia una discussione di enorme interesse che investe l'esistenza stessa, se vogliamo pensare che siamo ancora esistenti, della Commissione di vigilanza, Pag. 25perché riguarda l'essenza dell'informazione.
  Da due mesi non ci riuniamo. Stasera veniamo qui, ascoltiamo il direttore Gubitosi che fa una proposta interessante nel segno del risparmio, ma che va vagliata anche nel segno dell'informazione e della libertà dell'informazione, dei pericoli dell'omologazione. Liquidiamo in tre ore il discorso se la strada delle all news sia da seguire o da non seguire o ci sia da seguire un discorso della rete. Qual è il nostro parere ? Una serie di opinioni espresse da ciascuno di noi che rimangono lì ? Mi sembra che tutto questo sia un modo di non arrivare a una conclusione vera. Dobbiamo portare un contributo scritto, ma che rimanga, non fare qualche osservazione.

  PRESIDENTE. Bonaiuti, su questo la interrompo un secondo. Dobbiamo elaborare una risoluzione in Commissione. La questione non rimarrà chiusa stasera in questa stanza con le domande dei commissari e le risposte del direttore generale. Elaboreremo una risoluzione su questo piano, tutti insieme, con un procedimento che parte stasera e domani continua con l'audizione del direttore Orfeo.

  PAOLO BONAIUTI. Sarebbe molto proficuo continuare a fare domande e ad avere le risposte del direttore senza strozzare il dibattito in una sola serata. Ribadisco quello che ho detto e non cambio.

  PRESIDENTE. Sono d'accordo che, se riusciamo ad andare avanti, ad avere tutte le risposte e a riuscire a fare tutte le domande, concludiamo stasera. Se per caso non ci riuscissimo, troveremo un'altra data. Andiamo avanti.

  AUGUSTO MINZOLINI. Ringrazio il direttore generale perché ha posto uno dei problemi, anzi il problema fondante dell'azienda che dirige. Il fatto di averlo posto ora, mentre non se n’è parlato per tanti anni, credo che sia un merito.
  Senza polemica, però, rispetto a tutto quello che è stato detto, dovremmo cominciare a capire cosa è stata la storia della Rai. Ne parliamo, quasi come se fosse la culla di tutti i mali. Riprenderei una vecchia storia, che non so se ricordate, di Arbore: la Rai non è la BBC; del resto, l'Italia non è l'Inghilterra. Avere quest'atteggiamento quasi maniaco nel guardare a cosa fanno altri secondo me è sbagliato. Per alcuni versi – sembra quasi paradossale – è quasi provinciale. Se la Rai ha avuto un merito, è stato quello di rappresentare questo Paese nei vizi, nei mali, nelle capacità. In tutti questi anni, ha dato il teatro, cos’è l'Italia. Molto spesso, infatti, neanche ha assunto i vizi di questo Paese ed è stata anche la grande forza. Se facciamo un paragone tra gli ascolti che riesce, ed è riuscita ad avere in passato addirittura in maniera ancora superiore, rispetto a quelli di altre TV pubbliche, non c’è assolutamente paragone. C’è una distanza enorme. L'elemento essenziale di questo successo è sintetizzato in una parola sola, sulla quale il direttore, probabilmente per il tipo di estrazione tecnica, ha quasi ironizzato: il pluralismo, la capacità di fatto di esprimere le tante sfaccettature di una società complessa come la nostra, i vari orientamenti culturali, politici, e di riuscire a rendere possibile che di fatto la Rai fosse la casa di tutti. Qual è il punto ? Non è tanto se la Rai debba essere cambiata, ma se in questo momento rispecchi la società di oggi. Questo è il dato essenziale da cui dobbiamo partire. Se non facciamo questo, rischiamo soltanto di fare un'operazione chirurgica che porta poco e che può anche mettere a rischio quest'azienda. Se scambiamo il pluralismo per un'operazione dirigistica, arriviamo al risultato di un'omologazione del tipo di produzione che avviene in Rai e di fare il male di quest'azienda.
  Cito un esempio di questi giorni. Si è creato nel Paese – questo è anche un elemento positivo – una sorta di fidelizzazione. Ha ragione il direttore quando dice che dobbiamo mantenere i brand: sono pezzi di ascolto. Ne ho una grande stima, ho lavorato tanti anni con Giannini, ma è anche vero che nell'operazione Giannini Pag. 26– Floris c’è stato quel tipo di risultato perché una parte di telespettatori di fatto segue Rai Tre e per motivi storici, culturali e in ogni caso la preferirà sempre rispetto a La7, con tutte le operazioni che si possono fare. È quello su cui ci si scontra sempre. Quando tocchiamo quest'elemento che, dal punto di vista della ragione sociale della Rai, è alla base, ma neanche alla base dal punto di vista del successo, dobbiamo stare attenti. Questo non significa che non si debba lavorare per razionalizzare e risparmiare, ma ciò va fatto anche nella logica dell'evoluzione dell'informazione. Parlando ad esempio di esternalizzazione, basta seguire stare attenti ai grandi network internazionali: ormai si ha la figura del giornalista che va con la piccola cinepresa e dall'altra parte fa il montaggio, tutto con computer. Lì è dove arriveremo e dobbiamo arrivarci tenendo conto, però, dei dati occupazionali, ma quello sarà il vero risparmio. Non si risparmia sui contenuti, ma proprio sulla tecnica, perché ce ne dà la possibilità.
  Se andiamo avanti su uno schema siffatti, allora ha ragione Rossi quando dice che a questo punto, se si deve realizzare un certo tipo di palinsesto, ridurre il vero core business, allora perché si hanno tutti questi canali ? Credo che si debba stare attenti. La Rai ha una fetta di mercato anche per i canali che ha: diminuiscono i canali, diminuisce l'ascolto. Tanto per fare riferimenti, tutta la vicenda delle reti Mediaset e delle reti Rai che dovevano avere tutti e tre canali nasceva dal fatto che, se qualcuno dei due network ne avesse avuta uno di meno, probabilmente avrebbe avuto meno ascolti. Il problema esiste, ma lo affronterei in maniera molto prudente, tenendo conto che la complessità dell'informazione in Rai è aumentata nel tempo. Da una parte, abbiamo le testate, ma buona parte dell'informazione è nei talk show, nei contenitori. Dove finisce quell'ambito ? Qual è l'indicazione che assume ? Mi sembra siano tutti temi che rimangono fuori da questo piano. Stiamo facendo un'operazione che interviene su un panorama dell'informazione che nel Paese è particolare. Possiamo dire quello che vogliamo, ma i grandi gruppi editoriali fanno sempre riferimento a grandi gruppi industriali. Mai come ora, probabilmente, c’è bisogno di un servizio pubblico che gestisca molta informazione, quindi c’è un problema che riguarda proprio l'informazione, un dato essenziale, democratico. Inoltre, c’è un problema, come hanno detto Pisicchio e Airola: molto spesso, se tocchiamo questi elementi, rischiamo di toccare anche la capacità della Rai di riuscire ad avere un ritorno economico all'altezza, tanto più ora. Capisco e faccio anche i complimenti per i risultati della Rai. Caro direttore, non ti dimenticare, però – possiamo darci del tu – che in questo momento c’è un'espansione, ma anche perché altri network, altri maggiori concorrenti stanno tagliando e diminuendo gli spazi di informazione. Questo non è un elemento indifferente. Sai benissimo che molto spesso i dati vengono anche realizzati con il cosiddetto preserale e, secondo la capacità di un palinsesto di riuscire ad attrarre, hai la possibilità di raggiungere certi numeri. Se questo non avviene, probabilmente c’è anche una diminuzione degli ascolti.

  GENNARO MIGLIORE. Devo dire, ringraziando il direttore Gubitosi, che condivido la finalità di fondo del piano che ci ha rappresentato. È un punto rispetto al quale sono intervenuto già in altre occasioni e, nonostante vadano ancora compiute delle valutazioni, onestamente considero la stratificazione di quello che Minzolini ha chiamato «fotografia del Paese», la rappresentazione di uno dei mali del Paese. La lottizzazione non è stata un bene per il Paese: ho una opinione molto eterodossa anche rispetto a molti miei amici e compagni di sinistra, perché considero, nel corso di questi anni, uno dei problemi l'aver difeso degli spazi attraverso l'accumulazione di varie possibilità di intervenire da parte della politica all'interno anche delle redazioni.
  Credo che nel frattempo sia cresciuta, però, anche una professionalità autonoma delle redazioni, che ha generato anche le performance di questi anni e ha migliorato Pag. 27il servizio pubblico anche sul piano degli ascolti nella difficile competizione con i propri concorrenti. Voglio ricordare che, mentre 25 anni fa c'era, eventualmente, la necessità di un pluralismo informativo, poi degenerato in una spartizione anche lottizzatrice perché la Rai era l'unico servizio informativo, oggi c’è un pluralismo informativo anche determinato dal fatto che ci sono più editori. C’è La7, c’è Sky, c’è Mediaset. Da questo punto di vista, considero la finalità positiva, perché considero che l'efficienza che si possa generare con una riorganizzazione, che poi potrebbe anche generare risparmi, ma non è necessariamente questo l'obiettivo principale che va perseguito, e possa approfondire anche la qualità dell'informazione.
  Per quanto mi riguarda, saranno state presenti anche, soprattutto nei casi di molti di coloro che hanno parlato, molte dichiarazioni nei pastoni di rappresentanti politici delle forze maggiori, ma è mancata nell'informazione di questi anni la società italiana. Dal mio punto di vista, il pluralismo informativo non è solamente un pluralismo politico. È anche un pluralismo legato alla condizione reale di questo Paese, alle sue vicende, non solamente quelle di cronaca nera, bensì anche quelle che rappresentano una condizione di crisi, di sofferenza. Non c’è mai un racconto, tranne quando ci sono delle enormi tragedie, su quello che accade, per esempio, nel mondo del lavoro, quando ci sono gli incidenti. Sono solo dedicate alcune pregevoli iniziative in contenitori appositi che fanno inchiesta.
  Penso che un'informazione degna di questo nome debba essere anche molto dedicata all'inchiesta e meno oberata da quello che è ormai un devastante teatrino della politica. Mi aspetto anche che, vista la moltiplicazione – su questo ha perfettamente ragione Gasparri – dovuta anche al costo molto basso della programmazione politica, si possa intervenire non, come in altre occasioni da parte di altri colleghi cui è stato richiesto, sul controllo della presenza dei politici nei talk show, ma almeno nella limitazione degli spazi di talk show a spazi realmente informativi.
  Penso che questa sia una delle linee editoriali che questa Commissione di vigilanza, che interpreta anche la volontà del Parlamento, dovrebbe dare. Oltretutto, ripeto che nel corso di questi anni non sempre abbiamo sentito una grande esigenza di tutte le presenze politiche all'interno dei contenitori non direttamente informativi. Ovviamente, questa condizione va raggiunta, secondo me, puntando all'ulteriore qualificazione delle redazioni giornalistiche. Non considero necessariamente il fatto che vi possa essere un coordinamento, anzi considero che sia un'occasione per differenziare anche il tipo di lavoro svolto, non solo per la replica banale di quante sono le telecamere impiegate, ma anche per la diversificazione degli argomenti trattati. È necessario un confronto molto serrato anche con le organizzazioni sindacali: magari non saranno d'accordo sulla mia posizione, ma auspico che anche su questo siano ascoltate e che ci sia la risoluzione alla quale faceva riferimento il Presidente.
  Per quanto riguarda il canale istituzionale, non ho capito bene quale ne sia la finalità. Mi trovo abbastanza d'accordo con le osservazioni del collega Peluffo e sulla possibilità che vi siano spazi di informazioni istituzionali sulle reti generaliste che abbiano il massimo di diffusione possibile, ma vorrei capire meglio quale sia la finalità concepita.
  Per quanto riguarda le redazioni regionali, se ho capito bene, non è stato detto che bisognasse utilizzarle solo come referenti territoriali, ma che, invece di usare degli appalti, potessero essere quelli dei terminali. Le redazioni regionali sono uno dei più potenti asset anche per l'informazione istituzionale rivolta ai cittadini, che potrebbero interagire con le istituzioni locali e avere in questo senso un ulteriore potenziamento. Anzi, io sono perché le redazioni regionali e anche le strutture regionali siano riempite. In tante occasioni sono andato in giro per alcune sedi regionali della Rai, per l'85 per cento vuote, abbandonate. Anche dal punto di vista dell'utilizzo delle strutture, francamente fa un po’ impressione vederle in quella condizione. Pag. 28Penso che razionalizzare per rafforzare anche il livello regionale possa essere un ulteriore passo in avanti che proviamo a fare.

  LORENZA BONACCORSI. Provo ad affrontare la questione da un altro punto di vista. Sono d'accordo con chi ha detto di non banalizzare l'importanza di questa proposta. Soprattutto, credo che non sia assolutamente da sottovalutare il termine che ha utilizzato a un certo punto nella sua esposizione di media company, nell'ottica di trasformare l'azienda del servizio pubblico in media company. Tengo a dire che condivido l'impostazione dell'impianto della riforma, ma ho un po’ la sensazione che stiamo per commettere lo stesso errore che in tante altre situazioni, soprattutto da parte della nostra classe politica, di non riuscire a capire cosa stia succedendo sì nel mondo dell'informazione, ma nel mondo dei media e della loro trasformazione.
  Credo che la progressiva alfabetizzazione digitale degli utenti e del mondo che c’è là fuori, che c’è qua fuori, faccia sì che sia abbastanza anacronistico pensare a un sistema di all news che non si traduca in piattaforme web con un'interazione fortissima rispetto ai social media. Soprattutto, i discorsi di stasera, sacrosanti, sul pluralismo dell'informazione devono però tenere conto di una cosa. Non so se questa Commissione sa che i nativi digitali, cioè tutti coloro che sono nati dopo il 1985, così come sono definiti, non riescono a concepire l'idea di verificare le fonti delle informazioni. Dobbiamo riuscire a trasformare il servizio pubblico in una media company che ne tenga conto. Questo non vuol dire che dobbiamo sbracare e dobbiamo fregarcene – per carità ! – ma dobbiamo riuscire a capire dove va il mondo esterno e quale deve continuare a essere la missione del servizio pubblico. Questo è un aspetto che vedo tratteggiato in maniera meno nitida. Lo dico, ad esempio, rispetto al discorso che faceva sui brand e a quanto osservava anche Minzolini. Non riesco a capirlo fino in fondo. Non riesco a capire perché, se cambiamo una cosa, dobbiamo non dare il segno del cambiamento e mantenere la cosa che più caratterizza in questo momento il sistema del servizio pubblico.
  Il TG3 ha un brand talmente forte, come diceva qualcuno, che è vero che degli spettatori vedranno solo comunque Rai Tre o il TG3, ma tanti altri non vedranno mai il TG3. Mi chiedo quale sia il ragionamento effettivo rispetto al mantenere i brand in questo modo. Sono d'accordo con quanto diceva Margiotta. Non riesco a concepire il perché di tenere due news room. Mi chiedo perché non andiamo verso un modello come quello del GR o come quello della BBC.
  Qui ritorniamo al discorso iniziale che facevamo rispetto alla media company cui lei ha accennato: formare le risorse. In un'audizione in IX Commissione trasporti, ci raccontava che l'età media dei dipendenti Rai è sopra i 50 anni. Le ho fatto allora una battuta un po’ provocatoria: allora, chi la fa la media company ? Sempre qui torniamo a battere.
  Quanto alle risorse, come garantiamo lo stare al passo con le nuove tecnologie ? Stiamo andando a fare una riforma dell'informazione dopo – quanti anni ? Lo diceva lei – 25 anni. Se la prossima la rifacciamo tra 25, siamo di nuovo indietro. Come riusciamo a tenere questo come obiettivo ?

  PRESIDENTE. Do la parola al senatore Crosio, non prima di porgergli il benvenuto, da parte mia e dei colleghi.

  JONNY CROSIO. Ringrazio il Presidente per la sua gentilezza.
  Sarò brevissimo, vista l'ora. Non voglio tediare il direttore con un'ulteriore analisi. Porrò due domande molto chiare. Nella sua relazione, che mi riservo di leggere ancora più puntualmente, balza all'occhio quest'anomalia o differenza rispetto al resto dell'Europa nel nostro Paese, ovverosia questa forte produzione di notizie che richiede il Paese rispetto al resto dell'Europa. È un'esigenza esclusivamente italiana, in contrapposizione a una superficialità spiccata, magari, dei nostri partnerPag. 29europei, o cos'altro ? Siamo noi soddisfatti o sono i tedeschi e i francesi meno soddisfatti ? Credo che questa sia una questione da porci, importante, che dovrebbe offrirci anche degli spunti di riflessione.
  La seconda domanda va un po’ oltre. La commissaria europea Neelie Kroes ci impone che, entro una data, il nostro Paese soddisfi l'agenda digitale europea presentando un progetto serio per il Paese, che preveda la banda ultra larga, anche in funzione di nuove tecnologie e nuove prospettive per l'informazione in ambito europeo, per sottostare a determinate regole che ci siamo dati. Il nostro Paese non soddisferà questo target perché, come sappiamo, abbiamo fallito dal Governo Berlusconi in avanti, non c’è la volontà per tanti motivi. Quelle che mi preoccupano sono, rispetto ai partner europei e a quello che sarà l'indirizzo negli anni a venire, le prospettive che abbiamo davanti per il sistema televisivo dal punto di vista informativo: è stata fatta un'analisi sotto questo aspetto ? Credo che sia importante. Ci stiamo muovendo in una direzione con obiettivi decisamente in contrapposizione con il resto dell'Europa. Questo come ci metterà, in ambito europeo, tra sette o otto anni ? Questa è più o meno la data che ci si è dati in Europa.

  ANTONIO FABIO MARIA SCAVONE. Il mio ringraziamento non è solo di cortesia al direttore generale, ma anche per riconoscergli i risultati importanti raggiunti e lo sforzo di modernizzare una struttura a partire dall'argomento di stasera della rimodulazione dell'informazione. Lo è anche perché con la sua presenza dà – scusate l'espressione, colleghi – nuova dignità a una Commissione che da troppe settimane non aveva avuto l'occasione di riunirsi e non solo per la difficoltà di armonia tra i partiti nel trovare le soluzioni. Stasera, una delle due si è conclusa, quindi finalmente abbiamo l'opportunità di incontrarci.
  Da quest'estate, dal 28 luglio, siamo stati investiti da una serie di preoccupazioni che arrivavano da convegni e da sindacati e che certamente hanno destato in noi più di una perplessità. Voglio ricordare – li ho appuntati, perché ho portato tutti i documenti con me – quello dell'8 settembre dell'UsigRai, la lettera alla Commissione di vigilanza dei giornalisti del TG3, subito dopo quella del TG1, FISTEL e CISL, nel documento venuto fuori dal convegno del 28 luglio, di Libersind, che sicuramente – ripeto – sono state oggetto di qualche inquietudine durante la breve pausa estiva e la ripresa. Il modello della riorganizzazione dell'informazione, così come presentato, pur nella convinzione che quanto da lei dichiarato corrisponda al vero, certamente desta qualche piccola perplessità. Le farò delle domande, così avrà modo, se lo ritiene, di rispondere alle riflessioni di un membro della Commissione.
  Certamente, come diceva bene Margiotta, questa fase transitoria delle due newsroom, TG1, TG2 e, dall'altra parte, TG3 e Rai News, che sembra ispirarsi al modello della BBC, di fatto dà la sensazione di schiacciare o, meglio, di adeguare il modello delle news al nuovo modello della politica: tre canali 25 anni fa nascevano perché i partiti presenti in maniera più significativa nell'arco parlamentare avessero una loro voce. Si ha la sensazione che oggi, nel bipolarismo che ci conduce, le due news possano servire per soddisfare – probabilmente, è solo una preoccupazione che saprà fugare – ancora una regia della politica rispetto alla riorganizzazione dell'informazione. Certamente, la preoccupazione che c’è in me viene dal chiedermi quanti direttori di testata, gerarchie sottoposte, giornalisti graduati saranno ridimensionati in una posizione della lista semplice e scopro che questa sindacalmente è difficilmente accettabile. È pronta la Rai ad accettare un contenzioso che rischia di essere infinito e molto costoso ?
  Questo riguarda i tecnici, ma riguarda anche la nuova funzione dell'operatore polifunzionale rispetto al quale qualcuno dovrà chiedere questo. Purtroppo, l'organizzazione di un'azienda come quella della Rai è molto complessa, forse un po’ più Pag. 30complessa visto la delicatezza della materia trattata, rispetto alla gestione di una semplice azienda.
  Ancora, vi sono rubriche come quelle che hanno risultati di ascolto bassi, ma hanno una funzione socio-politica significativa. Ne ricordo una, proprio marginale: Mediterraneo, un ponte con i Paesi frontalieri del Mediterraneo. Credo che sia realizzato dalla redazione di Palermo. Cosa intende fare la Rai per il mantenimento, la riorganizzazione, la collocazione di queste rubriche, che sono comunque un patrimonio nel pluralismo dell'informazione, che certamente, a mio avviso, deve essere mantenuto ?
  Aggiungo che ho la sensazione che i 150 milioni che il Governo ha ritenuto di prelevare dal budget della Rai sicuramente hanno avuto influenza nell'accelerazione del varo di questo modello, accelerazione che però che sia incompatibile col completamento di questa riorganizzazione entro la fine del bilancio del 2014. Questa sarà una riflessione che faremo insieme ai componenti della Commissione, ma se il suo successore – visto che spero che lei possa avere ruoli sempre più importanti gestionali e aziendali – dovesse pensarla diversamente, cosa succederà ? Questo investe la nostra responsabilità, quindi lo chiedo a me stesso per chiederlo a tutti.
  Approfitto dell'occasione ghiotta di quest'incontro per riprendere alcuni degli argomenti trattati e lo farò velocemente, come quello della vendita di Rai Way. Condivido l'intervento del senatore Rossi. Questo 49 per cento...

  PRESIDENTE. È un po’ fuori tema. Si spengono le luci sul fuori tema...

  ANTONIO FABIO MARIA SCAVONE. Posso parlare anche al buio, Presidente. Lo faccio con piacere, così avrò maggiore concentrazione.

  PRESIDENTE. Concluda.

  ANTONIO FABIO MARIA SCAVONE. Nel mandato alle banche di mettere in campo il 49 per cento di Rai Way, ritengo entro la fine dell'anno, visto che mi rendo conto che anche questo può servire a recuperare questi famosi 150 milioni che tanto pesano sul suo lavoro, è stata prevista la garanzia di un prezzo minimo di acquisto che possa, ad esempio, ripagare i 400 milioni di investimento per il completamento della digitalizzazione della Rai ? Sono state previste delle clausole d'ingresso che possano evitare di avere una minoranza ostile a fare blocco nell'azionariato ? Sono state previste clausole di protezione contro il portaging, che possa essere fatto per conto terzi ? Ancora, il bilancio 2014 mi sembra molto condizionato dal primo dei ragionamenti che abbiamo condotto, rispetto al quale intravedevo una delle ragioni forti per recuperare parte dei 150 milioni e questa stessa che ho appena fatto su Rai Way. Se non arrivate a chiudere il bilancio, vi presenterete dimissionari o, peggio, prevedete un abbattimento del capitale sociale della Rai ? Cosa avete previsto, augurandovi invece che quest'ottima gestione possa raggiungere l'obiettivo ?
  Completo, Presidente. Deve consentirmi di approfittare dell'occasione col direttore generale. Ogni tanto faccio una dichiarazione. È più corretto e istituzionale che lo si faccia qui. A proposito del prelievo dei 150 milioni, Presidente, che ripeto le auguro di poter assorbire con la sua ottima azione, ha fatto ricorso nei confronti della Corte costituzionale o sta aspettando l'esito del ricorso che forse i sindacati hanno fatto ? Avete ricomposto una posizione che mi è sembrato di leggere diversa tra direzione generale e presidenza a proposito di questo taglio subìto, come tante altre realtà nel nostro Paese ? Anche per questa ragione, che fine ha fatto il contratto di servizio che ci ha impegnato per tanti mesi ?

  GIORGIO LAINATI. Non credo proprio di abusare di nulla per ripetere le stesse cose dette da tutti. Con molta franchezza, però, caro direttore, voglio farle i complimenti per questo bellissimo film che ieri sera abbiamo visto in anteprima e che andrà a sabato su Rai Tre in prima serata, Pag. 31ossia Italy in a day, di Salvatores. Ieri sera, c’è stata una dimostrazione che questo è il servizio pubblico, soprattutto perché, secondo me, che sono un giornalista, la vera notizia non è solo la bellezza del film, il montaggio, la scelta delle musiche – non a caso, è stato un premio Oscar a fare tutto questo e a scegliere i suoi collaboratori – ma lo straordinario patrimonio che rimarrà a Rai Teche di questi 44.000 film fatti da cittadini come lei, come me, come tutte le persone che sono qui e per strada, che il 26 ottobre dell'anno scorso hanno registrato quello che volevano della loro vita. Da una cernita è nato questo bellissimo film. Voglio cogliere questa rapidissima opportunità, direttore, per dire grazie a lei, ma alla Rai per quello che ha fatto per gli italiani in questa circostanza.
  È stato detto veramente di tutto, forse perché questo progetto è talmente ambizioso che giustamente non può neanche essere liquidato in una nostra semplice seduta. Ha fatto bene lei, Presidente, a ricordare che ci accingiamo a esaminare e, spero, varare questa nuova delibera sul pluralismo. Sono molti anni che non se ne fanno in questa Commissione. Credo che possa sovrapporsi o camminare parallelamente al progetto che il direttore Gubitosi ha testé annunciato, un progetto molto ambizioso.
  Voglio solo fare due annotazioni banalissime. Quando ho iniziato a fare il giornalista, nel 1986 – sono passati quasi trent'anni – venivo qui a intervistare i politici, Presidente Fico. Credo che all'epoca ci fosse Rosa Russo Iervolino seduta in quella sua poltrona. Senatore Airola, siccome non c'erano ancora i telegiornali su Canale5, arrivati nel 1991, venivo qui con una troupe e un service.
  Usavano le troupe di Canale5 per fare interviste alte. Io facevo un po’ più la cucina semplice, quindi mi mandavano un service e, non avendo le macchine col permesso, nel centro storico arrivavo in taxi. All'epoca, c'era anche il BV1, quindi c'era uno del portale Tele A, uno del portale BV1 che faceva l'elettricista col flash: sto parlando del 1986, caro senatore Rossi, ed era purtroppo così. Ho richiamato questa banalità per dire che forse è anche un modo che ha attivato l'allora Gruppo Fininvest, diventato, dieci anni dopo, Gruppo Mediaset, per partire sull'informazione con grossi risparmi.
  Mi pare, però, che ormai per il servizio pubblico non sia più possibile fare quelle cose accadute a Napoli e mille altre volte. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che c’è ancora quella brutta pagina del 1991, quando, dormendo sul divano davanti alla telecamera, Emilio Fede negli studi Milano 2 bruciò la Rai, costretta, quando gli americani bombardarono Baghdad all'inizio della prima guerra del Golfo, a vedere quella scena del giornalista che parlava con dietro il fondalino delle annunciatrici. Fu davvero drammatico e dal 1991 fu decisa questa newsroom d'emergenza a Saxa Rubra, perché lo smacco fu enorme.
  Tra mille traversie, c’è questo bel progetto che ha ovviamente scatenato molte polemiche. Penso che ce ne saranno sempre di più. Il mio amico Scavone diceva che i giornalisti più o meno saranno retrocessi. In realtà, non possono esserlo. Un caporedattore o un vicecaporedattore non possono fare il redattore di prima nomina, ovviamente, per la contrattualistica. È chiaro che, con 20 direttori e un lavoro per 6, bisognerà trovare delle soluzioni per accontentare un po’ tutti. Questo è quello che mi preoccupa. È talmente complicato, infatti, accontentare tutti, che non so, sinceramente, come si potrà fare. È altrettanto vero, però, che un progetto trovi l'unanimità dopo 35 anni, sarà assolutamente impossibile.
  Mi permetterete una piccola ulteriore annotazione: è verissimo quello che ha detto, per esempio, sulla produzione e sui nuovi programmi di Rai Due. Trovo che The voice of Italy sia stato un programma avvincente del servizio pubblico ed è stato anche un grande successo di pubblico, come lo è su Rai Uno Tale e quale, come lo è il programma di Massimo Ranieri. La Rai ha queste straordinarie capacità sull'intrattenimento. È molto difficile battere, Presidente Fico, la Rai sull'intrattenimento: piaccia o non piaccia, è così. Ieri, la presidente Tarantola al Prix Italia a Pag. 32Torino abbia detto che le piacerebbe vedere nascere nuovi prodotti e nuovi programmi. «Per il futuro – ha aggiunto – vorrei un'azienda più creativa». Allora non riesco assolutamente a comprendere, se ha queste potenzialità nella fascia serale, con la stima che ho nei confronti suoi e del suo staff, come sia possibile che la fascia mattutina di Rai Due sia immutabile da dieci anni. Oggettivamente, tutti noi vediamo le stesse scenografie che invecchiano a loro volta: persino il ragazzo di bottega è diventato grande. Ovviamente, complimenti per quello che succede in alcune fasce, ma molto banalmente vorrei capire come mai in altre non si riesca a cambiare mai nulla.

  FEDERICO FORNARO. Anche vista l'ora, vorrei concentrare l'attenzione sul tema delle sedi regionali. Come è stato ricordato da alcuni colleghi, rappresenta un asset unico nel panorama televisivo nazionale della Rai. Da questo punto di vista, mi permetto di ricordare la difesa che facemmo delle sedi regionali nel decreto legge n. 66. Quella non era una logica di tipo campanilistico, ma la convinzione che questo fosse, come dicevo, un asset. Dalla lettura del documento presentato, sostanzialmente c’è il tema degli uffici di corrispondenza, ma non solo. Vorrei capire se, nel disegno strategico delle news, c’è un ruolo e quale delle sedi regionali, anche in una logica di ampliamento del bacino di utenza e della possibilità di raggiungere nuove fasce di telespettatori.

  PRESIDENTE. Direttore, come vede, dopo 35 anni che non se ne faceva uno, c’è un piano di ristrutturazione. Dopo molti anni, la Commissione, ascoltando gli interventi dei commissari, è contro la lottizzazione: questa è una bella notizia, almeno per me, personalmente.
  Le porrò due domande sui costi: in quanto è calcolato il risparmio futuro con questa ristrutturazione di piano ? Su cosa inciderà quella fetta di risparmio ? Direttori, vicedirettori, costi di produzione esterna, e così via ? Vorrei sapere se avete per caso quantificato e se disponete di una tabella.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. Partirei dalla domanda del senatore Fornaro, molto precisa, toccata da più persone. Forse non ho reso chiaro un concetto.
  Quando parliamo di definizione di corrispondenti locali, cioè di avere l'esclusiva sul territorio, non vuol dire che si perda l'aspetto fondamentale del racconto del territorio. Lo davo già per scontato. È acquisito già oggi nella nostra ottica. Ricorderete che ho detto che sarebbe auspicabile che a Buongiorno Regione si aggiungesse un Buonasera Regione, quindi l'informazione regionale è e rimane uno dei punti di forza di tutti i servizi pubblici secondo me particolarmente qualificante della Rai. Tra l'altro stiamo decidendo un aumento del radio regionale: ci sarà ulteriore informazione regionale sulla radio. L'informazione regionale, quindi, resta assolutamente uno dei punti fondamentali, ma credo di averlo detto in numerose occasioni. Resterà uno dei nostri punti fermi e, anzi, con la digitalizzazione credo che si acquisiranno anche i mezzi tecnici, per fare ancora meglio. Addirittura, Milano è partita in anticipo sul nostro programma, tanto grande era il loro entusiasmo nei confronti dell'aggiornamento tecnologico.
  Alcune domande si ripetono. L'onorevole Pisicchio, ad esempio, ha sollevato un tema interessante, anzi più d'uno. Il primo riguarda missione e organizzazione. È evidente che può sembrare che i due aspetti si tocchino, ma sono due cose molto differenti. Uno riguarda la missione di Rai e il fatto che debba dare informazione. La seconda è come la organizza al suo interno. Bisogna non confondere questi due piani. Uno è il discorso di missione, quindi l'essenza del servizio pubblico; l'altro è l'organizzazione, che invece è una scelta di natura aziendale.
  L'onorevole Pisicchio ha, inoltre, citato la sollecitazione. Un aspetto interessante è che credo che tanti di voi abbiano avuto sollecitazione. Questo è un esempio del Pag. 33circuito sbagliato, in questo caso Rai-politica, non politica-Rai. In questo caso, infatti, non è la politica che cerca di influenzare la Rai, ma è qualcuno della Rai che cerca di influenzare la politica. Questo è altrettanto sbagliato. Mi dispiace che alcuni colleghi abbiano passato il tempo a fare sollecitazioni: non so chi abbia telefonato all'onorevole Pisicchio o a qualcun altro di voi, ma chi lo ha fatto sbaglia. Certe cose andrebbero discusse sui tavoli aziendali e non cercando di influenzare esternamente, peraltro in maniera comprensibile sotto certi altri aspetti.
  Si parlava anche di reductio ad unum, un'altra confusione. Questo è un aspetto che dovremmo chiarire meglio, citato anche dall'onorevole Bonaccorsi, ma anche da altri. Cosa vuol dire questo concetto dei brand ? Credo che sia un punto di forza, nel senso che ognuno di noi prende delle abitudini e, soprattutto in un mercato così frammentato, il brand assume autorevolezza. D'altra parte, come nascono i marchi storicamente ? Il marchio dovrebbe essere un simbolo di qualità: si riconosce una cosa e automaticamente ne associano certe altre. Anche i posizionamenti sono difficili. È vero che magari alcuni appunto, dando certi valori a un certo brand, non lo apprezzano, ma dovremo cercare appunto di averne differenti. Spero che col tempo si associ sempre meno una connotazione politica e più una connotazione editoriale. Magari Rai Due approfondirà di più certi aspetti di costume e società: chi sarà interessato a quegli aspetti tenderà ad andare sul TG2. Rai Tre magari sarà più sul sociale, per chi è più interessato a certi altri aspetti, quindi ci sarà più una distinzione editoriale.
  Una certa impostazione, però, è molto importante se si ha un brand forte. Giustamente, parlavamo prima di Ballarò, brand forte, ben gestito negli anni. Non è vero, peraltro, che dipende esclusivamente dal fatto che alla gente piace andare su Rai Tre. Non era polemico, per esempio, e se volete ho questi dati: La7 era passata sul telegiornale a 2,1 nel 2009, 5 nel 2010, 9,5 nel 2011, mentre adesso è sotto il 6 e sta andando verso il 5. Ci saranno anche degli riducibili. Nel frattempo, il TG1 è risalito dal 22 e poco più del 2012 al 23,5, quindi nulla è immutabile. Ballarò funziona; senza, però, un conduttore di un certo livello, non funziona. Entriamo nel dibattito continuo del pilota e della macchina: sono stato in Ferrari per qualche anno e serve la macchina, ma serve anche il pilota in entrambi i casi. Cerchiamo, quindi, una buona macchina, poi dovremo cercarci buoni piloti.
  Pisicchio citava alcuni aspetti su bilancio e sprechi. Questo è un esempio di un certo tipo di sprechi, dove per sprechi intendiamo ridondanze e ripetitività, ripetizioni.
  Passo alle domande di Airola, che ringrazio per essere ancora qui. Parlava di azione politica senza politica. Credo che siamo tutti d'accordo nell'auspicare che non vi sia influenza politica, ma che appunto vi sia un'informazione pluralista. Bisognerà definire questo concetto di pluralismo, ma per me è molto chiaro. Non deve esserci uno a favore di uno, uno a favore dell'altro, che si assommano. Avendo una pluralità di forze politiche, alcune di un tipo, altre di un altro, non ci sono due singoli blocchi. Il bilancino è sempre molto complicato, bisogna essere corretti. Credo che, a torto o a ragione, la Rai sia abbastanza bilanciata. So che la vede diversamente su certi aspetti, ma credo che sicuramente sia più bilanciata che in passato e spero che sia meno bilanciata che in futuro e che a mano a mano posso essere considerata sempre meglio.
  Citava un aspetto importante: quanto spazio diamo al Presidente del Consiglio Renzi. Essendo il Presidente del Consiglio, se questa settimana va in America, per definizione lo vedrà su tutte le nostre reti. Quello che cerco di dire è che, se c’è un'attività di Governo, per definizione diventa importante coprirla. La Lorenzin e Mogherini vedono Obama, se ricordo bene, quindi, questa settimana il Governo sarà molto rappresentato, ma questa è l'informazione. Io non ho mai preso in giro nessuno.

Pag. 34

  ALBERTO AIROLA. Non lo dico io. Lo dice Agcom.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. No.

  ALBERTO AIROLA. Sì.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. No, io non prendo in giro lei, lei non prende in giro me, siamo tutti e due perfettamente in linea. Non abbiamo ricevuto alcuna sanzione dall'Agcom, quindi l'Agcom non lo dice: questo è un fatto. Non ci ha sanzionato. Se no ha fatto un'omissione di atti d'ufficio, perché se avessimo violato il pluralismo, avrebbero dovuto sanzionarci, ma non l'hanno fatto. Noi cerchiamo di fare il nostro mestiere, che non è semplice. Il Governo magari dirà che gli diamo poca copertura e, ovviamente, ognuno la vede in maniera diversa. Cerchiamo di essere equilibrati e le assicuro che lo sforzo che cercheremo di compiere sempre di più è di convincere tutti che va fatto così.
  Ha fatto qualche domanda un po’ fuori tema, ma rispondo lo stesso: quella di Onder è un'idiozia che ho letto. Purtroppo, non posso rispondere su tutte le idiozie, altrimenti passeremmo il tempo a fare comunicati stampa. Quale persona assunta a 400.000 euro ? Questo è una cosa tipica, purtroppo, di alcune persone che lavorano da noi. Quando c’è qualcosa che non piace loro, mandano fuori una velina falsa. Non abbiamo assunto nessuno. Se ne occuperanno le persone che sono già al TG2. Va via qualcuno e qualcun altro prende il suo posto.

  ALBERTO AIROLA. Basta la trasparenza...

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. Scusi, ma quale trasparenza ? Cosa vuol dire trasparenza ? Onder va via e io devo fare un comunicato stampa per dirlo ? È la vita normale, succede tutti i giorni che qualcuno si sposti, qualcun altro vada via. Se qualcuno fa uscire una velina cattiva, non devo rendere conto di queste cose; perché dovremmo passare il tempo a difenderci, a chiedere scusa, oltretutto di niente ? La nostra vita non sta nel provare che non siamo colpevoli: qualcuno deve provare che siamo colpevoli di aver violato qualche cosa. Questa di Onder è stata una delle più stupide vigliaccate che abbiamo visto. È andato via, aveva 71 anni. Erano 8 anni che... ho capito, ma cos’è questa notizia di 400.000 euro ? Ditemi nome e cognome di chi ho assunto a 400.000 euro al posto di Onder. Non esiste ! Il tema è questo; su alcuni aspetti gestionali...

  ALBERTO AIROLA. L'abbiamo chiesto a voi; siamo ancora in attesa della pronuncia della Corte dei conti.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. Quando ci sarà la risposta, la vedremo, ma le assicuro che su certi aspetti stiamo attenti, non assumiamo gente per divertirci. Allo stesso modo, per ciò che concerne Presa Diretta ho detto a Iacona che ha sbagliato: a molti si è chiesto di fare alcune riduzioni, ma ai piccoli, come li chiama lei, in certi casi si è chiesto magari di meno, ad altri si è chiesto di più, ma è stato sbagliato discuterne pubblicamente. Chi non l'ha discusso pubblicamente, allora, è più stupido ? È un argomento da discutersi internamente in Rai. Noi cerchiamo di aiutare tutti e non abbiamo tolto contratti a nessuno.
  Per quanto riguarda Ballarò, mi sembra strano che parli di riduzione o meno, perché Floris si è portato gran parte della squadra, quindi sono state assegnate nuove persone, per quanto ne so io, quindi è difficile.
  Un'ultima questione che citava m'interessa molto: mi diceva che la Rai avrebbe una maggior disponibilità nei confronti del Governo perché assumo un prossimo incarico. Questa di un prossimo incarico è un'altra notizia che leggo spesso. Se le risulta il mio prossimo incarico, mi farebbe piacere sapere qual è. Non è così. Ogni tanto leggo che avrei un prossimo incarico. Due anni e mezzo fa ho accettato un contratto a tempo determinato. UsigRai Pag. 35mi ha scritto in un comunicato che certamente per me questa è un'azienda di passaggio. Mi è stato chiesto di avere un contratto a tempo determinato. Ho cercato di dare un buon esempio. Secondo me, è sbagliato che i direttori generali e i direttori restino in un'azienda quando non lo sono più, perché poi non si sa che farne e, evidentemente, passano il tempo a fare solo danni, nel caso di alcuni, non di tutti, per carità, in altri casi non fanno più il lavoro per cui erano stati presi. Quando sono stato preso, allora, ho detto che non avrei fatto nulla per essere rinnovato, quindi non farò mai nulla per chiedere il rinnovo: questo mi dà una grandissima libertà rispetto ai miei predecessori.
  Per quanto mi riguarda andrò via a un certo punto, come tutti noi evidentemente. Siamo tutti a termine. Anche voi siete eletti a termine, con la differenza che nel vostro caso, giustamente, cercherete di essere rieletti...

  ANTONIO FABIO MARIA SCAVONE. Questa è una sua opinione.

  JONNY CROSIO. È una scelta personale.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. È una scelta personale. Torno alle mie scelte. Scusate, pensavo voleste tornare in Parlamento. Non lo faccio più. Non lo dico più. Torno a me. Per quanto mi riguarda, ho preso qualche tempo fa un impegno a termine. Qualcuno ha chiesto: «Perché, il suo mandato termina ?». Io credo che, finché sono in un posto, fino all'ultimo giorno devo continuare a lavorare, come non ci fosse un termine, ma per il futuro. Finché c’è qualcosa da fare, continueremo. Glielo dico con la colonna sonora di Braccialetti rossi che s'intitola Io non ho finito. Fino all'ultimo giorno, continueremo a lavorare per migliorare l'azienda. Non ricordo se Seneca o Marco Aurelio dicevano «vivi ogni giorno come fosse l'ultimo giorno, ma pianifica pensando all'eternità». Ora, nel caso della Rai, l'eternità è un po’ lunga, ma cerchiamo di pensare a lungo termine.
  Questo risponde anche ad altri colleghi che chiedevano perché ci occupassimo di cose che vanno ben oltre il nostro mandato. Se l'idea fosse di non fare più nulla, cambiateci domani mattina, altrimenti la Rai perde mesi preziosi. La situazione è complessa, quindi va gestita senza perdere tempo.
  Senatore Rossi, non so se risponderle, perché è andato completamente fuori tema. Le risponderei così: quanto a Rai Way e come per tutte le società che si quotano – lei è un imprenditore, quindi ha esperienza, sia io che lei siamo coperti da leggi sull'aggiotaggio – non possiamo parlare e dare informazioni e numeri se non attraverso il prospetto della Consob. Ogni informazione, soprattutto quelle false, è perseguibile. Se è interessato, avrà il prospetto anche lei, potrà ragionarci. Non c'entra niente questa riforma con la banda. Ho capito che cercava di infilarcela, ma francamente mi sembra di deviare completamente dalla materia. Non saprei cosa risponderle, non è attinente al tema della serata.
  Peluffo ha citato il tema importante del pluralismo e degli ascolti. Credo che a questo punto ci arriviamo attraverso il discorso dei brand, cioè di avere un'offerta diversificata, differente. Un altro aspetto importante che è stato citato è quello delle preoccupazioni che sono nate. Credo che dovremo affrontare una serie di fattori importanti: evidentemente, ogni cambiamento, specialmente in un ambiente che non cambia da tanto tempo, crea ansietà. Questo è normale e umano, quindi è giusto che spieghiamo con attenzione cosa s'intende fare e perché. Al tempo stesso, credo che sia importante che si capisca che non si può immaginare che non si cambi mai nulla. Non possono passare, non dico altri 35 anni, ma neanche altri 35 mesi senza cambiare, altrimenti il cambiamento arriva e non lo si sta neanche gestendo, colpisce senza che si sia preparati. Questo è molto sbagliato.
  Credo che dobbiamo lavorare e saremo molto disponibili a lavorare con l'UsigRai, con le redazioni, con tutti quelli che vogliono contribuire al cambiamento. Diventa Pag. 36più complesso collaborare con chi vuole mantenere lo status quo, cosa secondo me sbagliata, come secondo il consiglio d'amministrazione, fatto importante, a larga maggioranza, tutti i consiglieri a favore, uno contrario e uno non pervenuto. Non c’è un tema politico.
  Molte di queste critiche nascono, per esempio, da un comitato presieduto dal consigliere Rositani, con consiglieri di svariata area culturale, che hanno concordato su alcune cose che sono fattuali. Sono, quindi, d'accordissimo con l'onorevole Peluffo: dobbiamo vedere quali siano le esigenze e i suggerimenti.
  A me sarebbe piaciuto ricevere dei suggerimenti piuttosto che semplicemente il messaggio che è un suicidio. Il cambiamento non è mai un suicidio: quando il mondo cambia, stare fermi è un suicidio. L'UsigRai aveva elaborato un suo piano interno, poi bocciato dalle redazioni. Siamo prontissimi a vedere idee, alternative, aggiunte, modifiche, cambiamenti, ma non mi dite che non si può far nulla.
  Rispondo qui sul perché facciamo prima questo e non le reti o altro: una delle classiche cose che si fa per non cambiare nulla è dire che dobbiamo cambiare tutto, che ripartiamo da quello, da quell'altro, che ci aggiungiamo anche qualcos'altro e così via. Se abbiamo un tema sulle news, affrontiamo questo, vediamo se vogliamo farlo su questo tema, poi parleremo di tutto il resto volentieri, ma cerchiamo di non dire che facciamo prima tutto il resto. È il fenomeno del Nimby applicato all'informazione.
  Il senatore Gasparri parla giustamente di mettere sul mercato. È una provocazione interessante, anche se francamente non vedo quali vantaggi porterebbe. Cosa vendiamo, una rete, anche le persone, un paio di centri di produzione, qualche sede regionale ?

  MAURIZIO GASPARRI. Le reti tematiche.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. Le reti tematiche cambiano relativamente poco in termini di persone e di costo. Quando diciamo che la Rai ha 15 canali, anzitutto non sono 15, ma molti di meno: abbiamo il grosso costituito da tre reti generaliste; dopodiché abbiamo Rai Movie, Rai Quattro, Rai Premium che usano, sostanzialmente, molto del nostro magazzino, più una serie di acquisti mirati, qualche decina di persone e rappresentano circa l'1 per cento l'una. Poi abbiamo lo sport, che credo concorderemo che fa parte del servizio pubblico, poi possiamo discutere se uno o due canali sia il numero giusto. Poi abbiamo Rai Storia, la parte culturale, che credo troverebbe pochi acquirenti, che fa parte del servizio pubblico. Alla fine, quindi, quando dice di vendere, vendiamo reti, ma di quali parliamo ? Tra l'altro, teniamo anche presente che ormai creare un canale, con i costi del digitale terrestre, è estremamente economico. Sono già tantissimi e, anzi, vedrete che nei prossimi anni chiuderanno alcuni canali, perché ce ne sono anche troppi in Italia, ma questa è una semplice previsione.
  Lei ha richiamato un punto importante che altri hanno citato sotto altra forma ed è una grande responsabilità che avete come Commissione di vigilanza, ossia chi decide. Qualcuno ha anche citato la mia intervista con Il Fatto Quotidiano. Ovviamente, il giornalista era pressante, voleva conoscere le nomine. Il mai dire mai implica il non lo so, vedremo. Mi piacerebbe completare questo discorso, ma non vorrei che fosse interpretato male. Il direttore viene alla fine, è il concetto che conta. Credo che sia molto più importante ragionare su come organizziamo e poi su chi farà e come lo farà. Non si sceglie assolutamente la nomina del direttore prima di fare il progetto. È evidente che viene prima il progetto e poi il nome della persona.
  Vi stavo dicendo che ha una grande importanza, non solamente per la nomina del direttore, anche per la nomina del mio successore, quando cambierà o non cambierà la governance, o per il successore della Tarantola, come sarà nominato il consiglio. È evidente che in questi due anni e tre mesi mi piacerebbe prendere Pag. 37parte del merito insieme, appunto, alla presidente, al consiglio, al management, a tutti per il fatto che ci sentiamo un po’ più lontani da certe abitudini presenti in passato. Credo sia importante che vengano scelte a livello sia delle news, sia della direzione, altre persone che abbiano caratteristiche in questo senso. Se fosse nominato un direttore generale vicino al Governo e il presidente vicino all'opposizione, saremmo al punto di prima, non sarebbe cambiato nulla. Spero e sono fiducioso che non sarà così.
  Il senatore Margiotta parlava delle reazioni delle redazioni, un po’ quello che ho detto prima. Ci sono paure, tensioni che dobbiamo assorbire e dobbiamo farlo attraverso un confronto, che spero inizieremo appena possibile.
  Credo di aver chiarito sui corrispondenti: avendo persone per esempio a Potenza, giusto per citare, è inutile che mandiamo qualcuno da Roma. Dobbiamo avere bravi giornalisti. Se non lo sono, vanno sostituiti. Finché sono sul territorio, sono loro che devono fare il lavoro. Ripeto che questo non vuol dire che non debbano fare, ma che, al contrario, devono fare sempre di più per il territorio.
  Minzolini ha preso un po’ alla lontana la discussione sulla storia della Rai. Certo che non è la BBC. Tra l'altro, abbiamo preso la BBC come esempio, ma potevamo fare lo stesso discorso sui francesi, sui tedeschi o sugli spagnoli. Quando tutti gli altri usano la ruota, viene il dubbio che serva a qualcosa. Se tutti fanno in un certo modo e noi siamo gli unici diversi, o siamo più furbi noi o lo sono loro, dobbiamo ragionare. A me sembra, e il consigliere in questo condivideva, che forse, se tutti usano un modello, ci sarà qualche beneficio.
  Quando mi dice che la Rai è il simbolo del Paese anche per tutti i vizi e per tutti i mali e quindi va bene così, non sono d'accordo. Se ci sono vizi e mali, dobbiamo toglierli, cancellarli. Parlava del fatto che, ciononostante, abbiamo gli ascolti alti: il programma che ha fatto più ascolti ieri sera è stato Montalbano, quindi gli ascolti sono dovuti anche a queste cose, francamente, non c'entra niente col pluralismo. Tale e quale show avrà pure tante cose che possono essere migliorate, ma sicuramente è pluralista. L'ascolto complessivo della Rai, quindi, col suo ragionamento, c'entrava relativamente poco. È ovvio che non vogliamo l'omologazione, come credo di aver detto più volte. Al contrario, vogliamo mantenere le distinzioni, che devono avere a che fare con la linea editoriale piuttosto che con quella politica.
  Onorevole Migliore, sono d'accordo con lei. Credo che in parte l'abbiamo già detto: pluralismo non vuol dire pluralismo solo politico, ma pluralismo appunto nel far notare le tante sfaccettature. Se posso dare un merito a Italy in a day di ieri sera, è che mostrava tanti aspetti dell'Italia diversa. Chiaramente, dobbiamo approfondirli, ma per esempio mi piacerebbe ricordarvi lo scoop che fece il TG2 su Lampedusa. Tanti nostri bravi giornalisti, cioè, vanno in giro cercando di raccontare il Paese. Prima abbiamo citato Iacona su una polemica, ma ha realizzato bellissime inchieste. C’è tanto, nelle reti e nei telegiornali, di inchieste da parte dei nostri giornalisti, con tanti colleghi che non si occupano solo di politica, ma anche di esteri. Abbiamo fatto servizi dalle zone di guerra. Cercheremo di raccontare di più non solo questi aspetti, ma anche l'evoluzione del costume, della società, le aree viste di meno, i cosiddetti invisibili, cercando di ridurre la politica. Qualche giorno fa, mi sono trovato un sindaco inserito in una fiction: lo abbiamo subito tolto. Era riuscito a farsi inserire dalla redazione come cameo di una fiction.
  Mi si diceva che bisogna parlare con i sindacati: assolutamente sì. I sindacati sono parte integrante della Rai. C'erano prima di me, ci saranno dopo. Vogliamo assolutamente lavorare con loro. Prima qualcuno ha parlato di tecnici: questo progetto ha più a che fare, francamente, con i giornalisti che con le altre categorie, ma è evidente che ci confronteremo con tutti i sindacati, prima di tutti con Pag. 38l'UsigRai, consapevoli che si vuole un confronto e non un semplice rifiuto di mettere in discussione l'assetto attuale.
  Sulla razionalizzazione delle sedi ha assolutamente ragione. Stiamo cercando di capire la nostra disponibilità di fondi per capire come impostare una serie di modifiche. Questa dell'informazione va fatta, come direbbe un nostro grande concittadino, a prescindere, nel senso che qui c’è un risparmio netto. Sulle sedi regionali va fatta una serie di interventi. Una serie di località sono sedi che risalgono agli anni sessanta – settanta. Sono superate, largamente eccedenti il bisogno, quindi danno quel senso anche di abbandono, di fané, che va messo a posto. Per fare questo, abbiamo bisogno di fondi e stiamo cercando di capire come si chiuderanno il 2014 e il 2015.
  Mi si chiedeva se, chiudendo male il 2014 per il prelievo, ci dimetteremo. Scadiamo comunque, quindi sarebbe facile. Penso sempre che chi si dimette per motivi non suoi, non attribuibili, è un po’ più Schettino della media. Il nostro bilancio, cioè, si chiuderà più o meno, nonostante sia un anno pari, probabilmente con una leggera perdita, per poi riprendere l'anno successivo. Tra l'altro, credo che Sky e Mediaset abbiano fatto peggio di noi in questi ultimi anni. Sky è stata una sorpresa, per quanto mi riguardava, almeno da quello che mi pare di capire dai numeri. Francamente, scadremmo comunque, quindi non penso che ci sarà bisogno di dimetterci.
  L'onorevole Bonaccorsi, rispetto a ciò a cui non avevo ancora risposto, certo, ha assolutamente ragione. Dobbiamo esplorare di più il concetto di media company. Qui non ce n'era stato il tempo, nel senso che abbiamo discusso, peraltro, alcuni temi. Uno, per esempio, sulla pubblicità, importantissimo, è Google, e non solo. Chi sta crescendo moltissimo, grazie all'uso di big data, è Facebook. Big data vuol dire che utilizzano i comportamenti di consumatori, di persone che utilizzano questi siti per profilarli e venderne le copie. Questo è un aspetto importante. Sull'uso del web, sicuramente non solo noi, tutto il Paese – per web intendo social media e così via – è relativamente indietro, mi azzardo a dire l'Europa. Credo, quindi, che su questo dobbiamo fare un grosso sforzo complessivo. È molto chiaro che questo è un punto di grandissima attenzione. È chiaro che formare risorse e far sì che ci sia un'evoluzione in questo contesto non è semplice, ma è anche chiaro che non riusciremo a portare a termine bene se non lavoriamo su questi aspetti.
  Mi associo al benvenuto al senatore Crosio. Sicuramente, premesso che l'offerta spesso determina anche domanda, le esigenze degli italiani sono tipicamente diverse da quelle di altri Paesi. Ogni Paese ha sue caratteristiche, ma alcuni trend sono anche comuni, alcuni programmi si vedono un po’ dovunque. Credo che ci sia probabilmente più domanda, sicuramente più offerta che informazione politica, intesa come inclusiva dei talk show rispetto ad altri Paesi. È anche vero che ultimamente c’è una disaffezione, più o meno leggera, del pubblico. Prova ne è che la rete generalista che sta soffrendo di più rispetto all'anno prima è La7, la seconda è Rai Tre, entrambe con una caratterizzazione elevata verso questo tipo di programmi. Stiamo intervenendo per diversificare un po’ più l'offerta e renderla più attraente, ma credo che ci sia comunque la tendenza a uniformarsi al modello europeo.
  Sull'agenda digitale siamo abbastanza attivi. Credo che, per quanto riguarda la Rai, saremo o potremo essere pronti per il 2020. Credo anche che ci sarà un rallentamento, ma questa è un'opinione personale – credo si riferisse all'uso della banda 700 – che deriva dal fatto che nelle telecomunicazioni non vi sono grandissimi fondi da investire in questo periodo. Il mercato delle comunicazioni un po’ in tutta Europa sta soffrendo. C’è grandissima competizione sui prezzi, quindi non credo che ci sia un'enorme forza. Per quanto riguarda l'Italia nel suo complesso, credo ci sia un ritardo sulla banda larga, ma questo tema esula per quanto riguarda la Rai.
  Il senatore Scavone è andato molto fuori tema, ma per dare risposte veloci, è evidente che il discorso dei ridimensionamenti Pag. 39sarà un tema su cui riflettere. Oltretutto, temo che molte, o perlomeno alcune obiezioni, possano nascere dalla paura di perdere una posizione di caporedattore o di vicedirettore. Non sarebbe giusto tenere in ostaggio il servizio pubblico e i timori dei singoli andranno affrontati e superati. Questo non vuol dire che legalmente, come ricordava Lainati, si possa retrocedere. Bisogna pensare a qualche soluzione, ma la maniera più facile – potrei dimostrare per assurdo il contrario – vorrebbe dire che raddoppiamo il numero dei capiredattori e io divento il direttore generale più popolare della storia la Rai. Non credo che renderei un servizio né alla Rai né al Paese. Sarà un tema da affrontare. Come dicevo prima, i tecnici c'entrano poco.
  Sul Mediterraneo, come ho detto, credo che nell'informazione sia importante anche cosa facciamo nei confronti dei Paesi arabi. Non parlo di Mediterraneo: bisogna anche stare attenti alle rubriche e a programmi che prendono vita propria. A un certo punto, dato un programma a uno guai se glielo tocchi, ma l'innovazione va fatta anche cambiando, modificando. Non perché si viene nominati conduttori o direttori, ci si porta un programma dietro a vita. Ogni volta che cambia qualcosa, è sempre una tragedia, perché poi inondano – lo dico anche per voi – di comunicazioni perché abbiamo cambiato qualcosa. Se un programma merita d'essere mandato in onda, lo sarà. Se non lo merita, non dovrà esserlo. Anche questo fa parte del nostro lavoro. Evolvere vuol dire sapere cosa conservare e cosa modificare, innovare.
  Parlavamo di Rai Way, su cui, come dicevo, non posso rispondere. C’è un prospetto della Consob: quando sarà completato, sarà pubblico, quindi potrà leggerlo e vedere tutte le eventuali clausole.
  Lainati, non credo che succederà più come nel 1991, ma saremmo pronti: speriamo che non ce ne sia bisogno. Ci sono cose immodificabili, che vanno molto bene. Un posto al sole è alla 19a edizione, forse alla 20a. È chiaro che ormai si parlerà della pensione di alcuni protagonisti, ma continua a piacere, quindi torniamo al discorso di innovazione e modifiche. Abbiamo fatto un'innovazione interessante con Italy in a day che ripeteremo. Credo che continueremo alcune cose che vanno bene.
  Credo di aver completato più o meno tutto. Non so se ho dimenticato qualcosa.

  PRESIDENTE. Le domande sui risparmi sui costi, su quanto pensiate di risparmiare.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. Questo secondo me è preliminare. Come dicevo, infatti, dobbiamo esplicitare queste questioni. Credo che un obiettivo ragionevole da porci, una volta che arriviamo a un'unica newsroom, dovrebbe essere perlomeno dell'ordine del 20 per cento, un numero tondo che corrisponde a circa 100 milioni di euro.

  PRESIDENTE. Tra le domande dei commissari che ho ascoltato, una, se non sbaglio, era proprio di Margiotta, e forse anche di Peluffo, sui motivi dell'accorpamento secondo questa modalità, una domanda secondo me interessante.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. Assolutamente. Come dicevo, è chiaro che da un punto di vista concettuale, come hanno notato numerosi di loro, si tende ad avere un modello unico, come lo abbiamo presentato in molti Paesi. Ci si chiede perché, invece, ne facciamo due. Spero sia il mio successore a mettere sei redazioni insieme contemporaneamente, perché è estremamente complesso. Chiunque abbia fatto fusioni, acquisizioni di aziende, sa chiaramente che l'integrazione è estremamente importante. Non è l'annessione di una parte dell'altro, ma si tratta di fare selezioni, di capire chi è la persona più adatta a indicare qualcosa. Farlo in un gruppo estremamente numeroso, tutto insieme, sarebbe molto più complicato. Allora abbiamo fatto questo ragionamento: l’Uno e il Due sono abbastanza simili come tipo di attività, anche se credo che i colleghi del TG1 e del TG2 che stanno ascoltando saranno inorriditi da quest'affermazione, Pag. 40perché fanno il lavoro in maniera diversa. Come organizzazione, però, come tipologia sono abbastanza assimilabili. Sarebbe un lavoro, sottolineerei relativamente, semplice, metterli insieme e aggiungervi Rai Parlamento.
  A proposito del canale istituzionale, vi sono differenti visioni anche perché ci si chiede cosa significhi istituzionale. Il senatore Gasparri chiedeva cosa succede se c’è il Parlamento e, contemporaneamente, il CSM. Questo è vero per la situazione di tutti i programmi. A un certo punto, c’è un ranking: è chiaro che, se c’è il Capo allo Stato, va avanti lui e poi si fanno scelte editoriali. È evidente che dovremmo chiarire meglio cosa sia questo canale istituzionale e capire se ci sia un interesse o meno, ma credo che fosse un dibattito affrontato nella Commissione di vigilanza. Credo che poi si debba lasciare anche al cittadino, se ha un interesse, e se non lo ha, magari vedrà un film. Detto questo, siamo a disposizione per parlarne e ragionarci. Questo è sicuramente un tema importante su cui confrontarci.
  Dall'altra parte, immaginavamo, appunto, un canale di flusso. Cosa vuol dire ? Teniamo presente che TGR e Rai News, in qualche modo già insistono sul Canale Tre, hanno un collegamento. Immagino una notizia che nasce sul Web, viene data immediatamente nel canale all news di flusso, e approfondita nel TG di tipo nazionale. Abbiamo differenti maniere di trattare la stessa informazione anziché una maniera assolutamente omogenea. Come arriveremo poi a quella successiva ? Nascerà anche dall'interazione con i vari telegiornali nella prima fase. Potrebbe essere accelerata, se questo fosse l'auspicio, anche la creazione di una newsroom singola ? Credo che, facendo in questo modo, avendolo come obiettivo, ma in due step, probabilmente semplificheremmo gli aspetti organizzativi. Per inciso, renderemmo un po’ più sostenibili i problemi che si citava di ricollocazione, piuttosto che affrontarli tutti immediatamente.
  Tenete anche presente che la popolazione è anziana, il che è uno svantaggio, ma anche un vantaggio, perché vuol dire che nei prossimi anni ci sarà una riduzione naturale del numero dei giornalisti con una certa qualifica, quindi un po’ di assorbimento avverrà in maniera abbastanza naturale.

  PRESIDENTE. Resta in ultimo, giusto per inciso, il tema su cui c’è stata anche la polemica, minima, tra Airola e Gubitosi sulla sovrapposizione del Presidente del Consiglio anche durante le elezioni europee.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della Rai. Io mi riferivo all'America adesso.

  PRESIDENTE. Comprendo, però, perfettamente anche il senso a volte della difficoltà nel seguire il Presidente del Consiglio, che poi è anche il segretario del partito. Penso che questa sia una delle condizioni che dovremo affrontare anche nel percorso che faremo. A onor del vero, però, non ci furono provvedimenti specifici dell'Agcom rispetto alle sanzioni, ma richiami rispetto all'eccessiva sovrapposizione del Presidente del Consiglio. Molti commissari qui all'interno, non solo Airola, lo trattarono attraverso i loro partiti. Questo problema, quindi, in realtà c'era e fu molto pressante. Ci rivedremo domani alle 14.00. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle ore 23.55.