XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 54 di Mercoledì 17 settembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Cafiero De Raho Federico , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 5 
Cafiero De Raho Federico , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 5 
Bindi Rosy , Presidente ... 7

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, dottor Federico Cafiero De Raho. Il procuratore Cafiero De Raho è accompagnato dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri, dal sostituto procuratore della medesima direzione distrettuale antimafia, Giuseppe Lombardo, e dal sostituto procuratore della direzione nazionale antimafia, Francesco Curcio. L'audizione è dedicata a un aggiornamento sulla situazione della criminalità organizzata nel distretto di Reggio Calabria, anche in vista della programmata missione nella Locride, nonché a un'informativa sulla vicenda dell'ex deputato Amedeo Matacena. Ricordo, come di consueto, che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta. Do ora la parola al procuratore Cafiero de Raho, che ringrazio per la sua presenza.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Grazie, presidente. Sono grato alla Commissione per la vicinanza che ci manifesta con questi contatti e questi inviti a partecipare alle sue sedute. Riferirvi sulla situazione di Reggio Calabria per noi è particolarmente importante, perché sappiamo che, per risolvere, o comunque per migliorare la situazione di vivibilità in quei territori è necessario innanzitutto che la politica si muova e sostenga un percorso, io credo, di cambiamento che si sta avviando in Reggio Calabria. Dico «cambiamento», perché, se mi dovessi riferire alla situazione di decenni fa, dovrei osservare che allora la gente temeva anche le istituzioni. Ricordo anche i risultati, sia pure in modo sintetico – non definitivi, certo – che dimostrano quanto la ’ndrangheta fosse silenziosa, soprattutto perché non aveva da parte delle istituzioni un'aggressione, un contrasto, anzi, addirittura, dalle istituzioni riusciva ad avere sponde attraverso le quali operare. Da tempo ormai le cose sono cambiate a Reggio e questo cambiamento è certamente avvertito dalla gente. Sottolineo come nelle ultime settimane di luglio soltanto ci siano state ben cinque ordinanze di custodia cautelare nei confronti di oltre 120 persone. Esse interessano cosche che operano in varie parti della provincia di Reggio e nella Locride, in particolare a Siderno e Gioiosa Ionica. Su questa parte vi è stata anche una recentissima ordinanza di custodia cautelare, quella del 9 settembre nei confronti dei Commisso e degli Aquino. Non è la ripetizione Pag. 4di una vecchia ordinanza di custodia cautelare, ma l'aggiornamento della situazione sulla Locride, almeno su quei centri più significativi, come dicevo, di Siderno e di Gioiosa Ionica, laddove vi è un controllo degli appalti pubblici così serrato da imporre a coloro ai quali vengono affidati lavori o servizi di recarsi personalmente e spontaneamente dai capicosca per concordare il pagamento del pizzo o l'affidamento di lavori in subappalto. Questa regola che viene evidenziata dalle indagini che sono state riassunte e l'ordinanza di custodia cautelare eseguita il 9 settembre sono lo specchio di quello che avviene nella provincia di Reggio, non solo nei comuni, attraverso gli affidamenti degli appalti e il controllo della ’ndrangheta, ma anche addirittura nella città di Reggio, in cui le cosche controllano le attività criminose. Già vi avevo parlato, credo, nella passata occasione in cui sono stato invitato a riferirvi, dell'indagine Araba Fenice, in cui vi era una divisione dei lavori di edilizia privata fra le imprese indicate dalla ’ndrangheta. Addirittura per una ristrutturazione, per un impianto idrico o per un impianto elettrico, a seconda del quartiere, bisognava chiamare necessariamente l'impresa che era stata indicata e individuata dalla cosca del quartiere. Lo stesso vale anche per le attività criminose e per la microcriminalità, se svolge un'attività criminosa. Questo è il risultato di un'altra recentissima indagine che è venuta a compimento con l'esecuzione di un'altra ordinanza di custodia cautelare del 24 luglio. Ancora una volta si dimostra come il controllo delle cosche sul territorio sia talmente capillare che anche laddove viene portato avanti uno spaccio al minuto e vengono commesse rapine è necessario pagare il pizzo alle cosche. Tutto questo dimostra quanto sia capillare il controllo della ’ndrangheta sul territorio e quanto, di volta in volta, finisca per riflettersi anche sull'individuazione delle persone che devono, alla fine, amministrare questi territori. Questo è il problema che nell'ultimo periodo ci sta più a cuore, un problema che, come dicevo, è stato confermato, peraltro, dall'indagine evidenziata con l'esecuzione dell'ordinanza di custodia del 9 settembre relativa al controllo degli appalti pubblici a Siderno e a Gioiosa Ionica. A Siderno il presidente del consiglio comunale – parliamo, però, degli anni 2011-2012 – era una persona che era stata eletta perché così voleva la famiglia Commisso. Nel momento in cui si verificava una problematica interna al comune, il presidente veniva chiamato perché il capocosca gli rimproverava di non essersi mosso secondo le indicazioni che gli erano state fornite, anzi, di non essere andato, prima di esprimere la propria opinione, presso il capocosca. Badate che parliamo di Siderno, laddove già il sindaco Figliomeni a luglio è stato condannato, sempre per associazione mafiosa, a dodici anni di reclusione. Siderno è uno dei centri più significativi dell'area jonica. Sicuramente il procuratore aggiunto Gratteri aggiungerà particolari su questo tema. Ricordiamo poi quello che era avvenuto nell'area tirrenica per Rizziconi, quando siamo intervenuti. Il sindaco era stato costretto a dimettersi. Addirittura il consiglio aveva avuto la maggioranza dei suoi esponenti costretti a dimettersi, e con ciò era caduto l'intero consiglio, sempre perché la ’ndrangheta così aveva voluto. Il quadro che vi voglio rappresentare è quello di una ’ndrangheta che ancora comanda e controlla il territorio in modo talmente pressante e pervasivo da condizionare certamente l'espressione del voto. Nell'occasione del 9 settembre, con l'esecuzione di quell'ordinanza di cui vi ho parlato, io ho sottolineato come il nostro sforzo per le prossime elezioni sarà quello di attenzionare e sostenere il voto libero attraverso controlli molto frequenti che possano consentire al cittadino di esprimersi liberamente e che possano ostacolare l'azione di condizionamento della ’ndrangheta attraverso quelle forme, che tutti ormai conosciamo, di intimidazione o anche di convincimento e di controllo sul territorio. Tali controlli avverranno anche attraverso perquisizioni e altre attività tecniche che, di volta in volta, vengono sviluppate e che ci dovranno consentire di stare al fianco del Pag. 5cittadino che vuole esprimersi liberamente. Non solo questa, ma tante altre iniziative verranno portate avanti, anche sulla base dell'esperienza che l'ufficio vanta. Personalmente, posso dire che abbiamo maturato, in occasione di attività elettorali, esperienza laddove la criminalità organizzata è particolarmente pressante. Per lasciare maggiore spazio a voi per le domande, fatta questa premessa, vorrei solo sottolineare ancora come il lavoro che Reggio Calabria sta facendo sia un lavoro enorme e come esso sia un lavoro non solo di indagine, ma anche di avvicinamento al cittadino per consentirgli di comprendere come l'ufficio sia vicino alle persone che vogliono il rispetto delle regole. Certo, in questo momento Reggio ha tanto bisogno di poter lavorare in serenità, utilizzando tutti gli uomini di cui dispone. Purtroppo, i frequenti sbarchi di immigrati continuano a distogliere l'attenzione delle forze dell'ordine dal problema fondamentale della provincia di Reggio, ossia la ’ndrangheta. Quando la questura resta immobilizzata per un'intera settimana e le altre forze dell'ordine sono costrette comunque a dare sostegno, è chiaro che si rallentano tutte le altre attività sul territorio. Prego, quindi, la Commissione di rappresentare alle istituzioni che dispongono degli sbarchi la richiesta che questi siano indirizzati in altri territori dove forse non ci sono le stesse esigenze. Lascio la parola al collega Gratteri, che certamente, per quanto riguarda la parte della criminalità sul versante jonico, vi potrà fornire ulteriori ragguagli.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. La Commissione procede in seduta segreta indi riprende in seduta pubblica).

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Io credo che bisognerebbe fare uno sforzo in più dal punto di vista legislativo. La normativa che riguarda le vittime di estorsione e di usura non soddisfa sotto diversi aspetti. In primo luogo, consente una sospensione soltanto per trecento giorni, senza possibilità di proroga. Trecento giorni di sospensione degli atti esecutivi e delle espropriazioni sono un termine brevissimo rispetto al sistema che dovrebbe intervenire per sostenere e consentire alla vittima di estorsione e usura di recuperare. La disciplina oggi prevede che si intervenga in favore della vittima di estorsione e di usura anche con un sussidio, con un sostegno economico, in modo da poterle consentire di recuperare. Quel che le è stato tolto viene immesso nel patrimonio del soggetto, non in toto probabilmente, ma comunque viene reimmesso, in modo che il soggetto possa riprendere la propria attività. Questo vale sia per l'usurato, sia per l'estorto. Capita, però, che il sussidio, il finanziamento, venga erogato molto in ritardo e che, quando viene erogato, sia fornito sempre a scaglioni. In tal modo, il soggetto che ha dovuto poi venir meno alle obbligazioni e ha subìto gli atti esecutivi non è in grado di pagare il creditore con il quale aveva stipulato l'accordo rispetto al quale era venuto meno. Quello che dovrebbe essere reimmesso attraverso il sussidio o il sostegno non arriva in tempo. Scadono i trecento giorni, la procura non può disporre la proroga, ossia non può emettere un provvedimento favorevole alla proroga, gli atti esecutivi riprendono e l'imprenditore pensa: «Ma perché ho denunciato ? Sarebbe stato molto meglio non denunciare e continuare in questo meccanismo». Evidentemente bisogna intervenire. Si dice che nel comparare i due interessi, da un lato quello del creditore e dall'altro quello della vittima di estorsione e di usura, sia necessario dare ragione anche al creditore. Sì, ma noi siamo in un sistema in cui i danni che vengono determinati dalla criminalità sono enormi e dobbiamo recuperare su quel terreno. Se allora tentiamo di conciliare meglio queste esigenze, tra cui quella di prestare un aiuto effettivo alla vittima di estorsione e di usura con norme che siano più favorevoli, probabilmente le cose cambierebbero. Recentemente noi ci Pag. 6troviamo in grande difficoltà. Qualche volta, attraverso interpretazioni o appigli puramente strumentali, riusciamo ad arrivare a una proroga camuffandola con altri fatti che sono avvenuti, con altri appigli, ma questo problema non può essere rimesso a noi. Io credo che il legislatore lo debba affrontare meglio. Il problema si è posto da quando la Corte di cassazione è intervenuta affermando che i trecento giorni sono improrogabili. A seguito di quella decisione, ormai, in gran parte ci si è adeguati. A Reggio ancora qualche sforzo lo facciamo, ma mi rendo conto che non possiamo andare avanti in questo modo, anche perché il giudice civile ultimamente non si è adeguato al nostro provvedimento favorevole. Pur avendo noi emesso provvedimento favorevole alla proroga, abbiamo visto un giudice che è andato avanti con gli atti esecutivi. Ci rendiamo anche conto, quindi, che la giurisdizione civile riprende il proprio corso. Per quanto riguarda Bentivoglio in particolare, nei suoi confronti si è superato quel limite dei trecento giorni. Proprio nei suoi confronti abbiamo emesso un nuovo provvedimento, agganciandoci a una lettera anonima che lui aveva ricevuto, ritenendo questo un ulteriore episodio rispetto al quale potessero essere conteggiati nuovamente i trecento giorni. Tuttavia, i termini scadranno anche per lui, o probabilmente sono già scaduti. C’è poi tutta una situazione ben più complessa per Bentivoglio, il quale ha chiesto che gli fosse assegnato un bene confiscato per poter continuare a esercitare la propria attività in esso. Anche in questo caso l'Agenzia gli ha chiesto un canone di circa 3 mila euro al mese a Reggio Calabria, che sembra fuori mercato. I problemi, anziché riuscire a risolversi, sembra che si moltiplichino. È come se i soggetti istituzionali che dovrebbero concorrere alla soluzione del problema intervengano per porre altri problemi. Un altro esercente, un tabaccaio, ha avuto un problema di usura ed è stato aiutato con un sussidio. Nel frattempo, l'Agenzia dei monopoli gli ha revocato quella concessione e, quindi, è come se concorressero tutti remando contro. Come procura, noi abbiamo scritto al prefetto e all'Agenzia per restituire al tabaccaio quella concessione e consentirgli di continuare a lavorare, ma sembra che ci si muova veramente in un mare in tempesta, in cui tutti impersonificano le onde, anziché il naviglio che dovrebbe galleggiare. Per Bentivoglio abbiamo pensato anche ad avanzare una proposta per farlo diventare testimone di giustizia. La difficoltà è che le sue dichiarazioni risalgono addirittura a un periodo talmente lontano che ricostruirlo in conformità della legge diventa veramente difficile. Ci abbiamo anche provato. Siamo, però, in contatto con il Viceministro Bubbico proprio su questo piano. Vediamo un po’ di portare avanti qualche iniziativa. Per quanto riguarda l'applicazione della nuova figura dell'articolo 416-ter del codice penale, le nostre attività di indagine, soprattutto quelle tecniche, al momento vengono impostate sulla base del riferimento al reato di cui all'articolo 416-bis. Essendoci sufficienti indizi per impostare un'attività di intercettazione, al momento l'attività continuiamo a proseguirla in questo modo. È chiaro, però, che, nel momento in cui andremo a valutare gli elementi che abbiamo acquisito, terremo conto della nuova figura e naturalmente la riconosceremo, laddove ce ne siano i presupposti. Certamente sarà più facile poter lavorare con questa nuova figura. Per quanto riguarda, infine, la discrepanza di cui lei parlava fra procura requirente e giudicante, io credo che questa affermazione non corrisponda effettivamente al rapporto che esiste fra procura e giudici. Anzi, credo che le sentenze di condanna che sono state emesse, almeno nell'ultimo anno in cui io sono stato procuratore della Repubblica, siano sentenze che, per la verità, riconoscono in pieno l'impostazione accusatoria. Ci sono anche casi in cui il giudice assolve, ma è normale che, di fronte a tanti processi impostati dalla procura della Repubblica, ci siano anche delle assoluzioni. Rientrano certamente nella fisiologia del sistema. Qualche caso particolare l'abbiamo avuto in appello. In materia siamo ancora in attesa di comprendere Pag. 7bene il motivo per cui il sostituto procuratore generale in ben due processi abbia avanzato richiesta di assoluzione, pur di fronte a una sentenza di condanna in primo grado senza che ci siano stati nuovi elementi. Ci sono casi nei quali dovremmo capire un po’ meglio il motivo per cui sia stata avanzata quella richiesta, ma, per quanto riguarda, invece, il rapporto in primo grado tra procura e tribunale credo che sia ottimo e anche i risultati che sono stati conseguiti fino a oggi sono risultati che corrispondono esattamente all'impegno della procura.

  PRESIDENTE. Vorrei ringraziare il procuratore Cafiero de Raho, il procuratore aggiunto Gratteri, che nel frattempo ci ha lasciato, nonché i procuratori Lombardo e Curcio. È stata un'audizione molto interessante e molto importante, dalla quale nascono sicuramente anche per la Commissione alcuni impegni. A parte quelli che ci siamo assunti in seduta segreta, io credo che ce ne sia uno che possiamo anticipare e che riguarda, in maniera particolare, l'allarme lanciato dal procuratore e l'impegno che si è assunta tutta la procura di Reggio Calabria per quanto riguarda il rapporto tra ’ndrangheta e politica in vista delle prossime elezioni. Noi segnaleremo, naturalmente, agli organi competenti la necessità di rafforzare da tutti i punti di vista le vostre sedi e di dotarle di persone, di strumenti e anche di forze dell'ordine, che peraltro erano state annunciate dal Ministro dell'interno e che ancora forse non hanno raggiunto la sede propria. Certamente per noi è una buona notizia quella dell'intenzione di vigilare durante le elezioni, durante le campagne elettorali, perché il 416-ter possa non essere applicato successivamente, ma possa funzionare preventivamente. Per noi questa è una notizia importante. È giusto che noi facciamo la nostra parte perché voi possiate avere a disposizione gli strumenti affinché una città quale quella di Reggio Calabria e un'intera regione possano avere vertici istituzionali e responsabilità politiche che non debbano rendere conto a nessuno, meno che meno ai poteri mafiosi. Per quanto riguarda la nostra Commissione, nella legislatura precedente aveva elaborato un codice etico per la formazione delle liste, che noi vorremmo rafforzare, perché nel frattempo c’è stata qualche modifica della legislazione e ci siamo accorti di alcune carenze. Questa Commissione, quindi, si impegnerà, già dalla prossima settimana, a rafforzare il codice etico per la formazione delle liste, che offriremo alle forze politiche. Sappiamo benissimo che non è uno strumento cogente e che non possiamo prevedere sanzioni, ma pensiamo che possa in qualche modo smuovere le coscienze e, io credo, soprattutto mettere in azione la responsabilità delle forze politiche perché si sentano impegnate a fare liste specchiate e a candidare persone che non vogliono i voti della ’ndrangheta, che non vogliono i voti della mafia. Io credo sia giusto che la presentazione di questo codice avvenga a Reggio Calabria. Lo preciso perché si svolgeranno le elezioni anche in altre regioni e in altre città. Io credo che anche per il vostro impegno e per le cose che ci avete detto diventi emblematico e simbolico che la Commissione faccia la sua parte, per quello, naturalmente, che può fare. Penso che sicuramente possa darvi una mano e che possa aiutare anche la politica di quella città e di quella regione. Ritengo, quindi, che anche la nostra collaborazione possa essere importante. Vi ringraziamo del vostro lavoro e confermiamo, ancora una volta, l'impegno di questa Commissione nello stare, per le sue responsabilità, al vostro fianco per combattere la buona battaglia e ottenere i risultati che ci stanno a cuore.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.45.