XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 51 di Mercoledì 23 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione del direttore generale della Direzione generale dei detenuti e del trattamento del Dipartimento amministrazione penitenziaria (DAP) presso il Ministero della giustizia, Roberto Piscitello:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Piscitello Roberto , direttore generale della Direzione generale dei detenuti e del trattamento del Dipartimento amministrazione penitenziaria ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 6

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del direttore generale della Direzione generale dei detenuti e del trattamento del Dipartimento amministrazione penitenziaria (DAP) presso il Ministero della giustizia, Roberto Piscitello.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale della Direzione generale dei detenuti e del trattamento del Dipartimento amministrazione penitenziaria (DAP) presso il Ministero della giustizia, Roberto Piscitello.
  L'audizione ha ad oggetto il tema del regime detentivo speciale previsto dall'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354), con particolare riferimento anche alle modalità di attuazione di tale regime carcerario nei confronti del detenuto Salvatore Riina.
  Ricordo, come di consueto, che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera. Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che ove necessario i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta.
  Cedo ora la parola al dottor Piscitello che ringrazio per la sua presenza.

  ROBERTO PISCITELLO, direttore generale della Direzione generale dei detenuti e del trattamento del Dipartimento amministrazione penitenziaria. Grazie, presidente. Ho portato con me una nota scritta che contiene la sostanza del mio intervento e che posso depositare fin da adesso a beneficio della presidente e dei commissari.
  Può essere utile, per iniziare, citare qualche numero. I numeri aggiornati alla data odierna danno conto di 719 detenuti sottoposti a regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario.
  Di essi 718 sono i detenuti in senso stretto, uno è l'internato; otto sono le donne, uno lo straniero.
  Il regime di cui all'articolo 41-bis ad oggi è scontato in dodici istituti penitenziari, che presentano sezioni dedicate all'articolo 41-bis, salvo uno, quello di L'Aquila, i cui 134 detenuti ivi allocati sono tutti sottoposti a regime di 41-bis.
  Sono 305 i condannati sottoposti al regime; 144 di essi scontano l'ergastolo.
  La popolazione è variamente assortita: sono 210 i membri dell'associazione mafiosa denominata «cosa nostra», 294 quelli della camorra, 135 quelli della ’ndrangheta, ventidue della sacra corona unita e via così fino ai tre detenuti attualmente sottoposti a regime di 41-bis in quanto esponenti di associazioni di tipo terroristico.
  Come è noto, l'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario ha vissuto varie Pag. 4vicende, anche connesse a mutamenti legislativi. Da ultimo, la legge 94 dell'agosto 2009 ha ridisegnato l'istituto avendo come filosofia di fondo quella di renderlo il più possibile vincolato alle norme di legge e di sottrarre la discrezionalità amministrativa sia in capo al Ministro sia in capo a chi poi materialmente è chiamato a dare attuazione quotidianamente al regime.
  Da quando ho la responsabilità della Direzione generale dei detenuti, dunque, la norma che si applica è l'ultima, quella dell'agosto 2009, che sostanzialmente impone. È la stessa lettura dell'articolo 41-bis: laddove nella prima parte vi era scritto che il Ministro, all'esito dell'applicazione dell'articolo 41-bis, prima poteva prevedere, adesso la norma prevede che il Ministro imponga una serie di limitazioni che hanno come comune denominatore quello di costituire delle eccezioni al normale regime penitenziario. Eccezioni, sia detto fin da subito, che hanno lo scopo non già, come spesso si sente dire anche in semplicistiche riduzioni giornalistiche, di stabilire un carcere duro.
  Il regime del 41-bis non deve e non vuole essere un regime ulteriormente afflittivo, peraltro non previsto da alcuna norma di legge, della detenzione. È un regime che mira a istituire una prevenzione penitenziaria volta sostanzialmente a impedire che il detenuto mafioso, nelle varie articolazioni che questa associazione conosce nel nostro territorio, continui a fare quello che fa sempre, cioè il capo, il promotore, l'organizzatore, il partecipe di un'associazione criminale, ruolo che la detenzione non serve a interrompere. È ormai una costante delle sentenze passate in giudicato che danno conto di come i soggetti detenuti per i reati di cui all'articolo 416-bis, arrestati, condannati, finita di scontare la pena, il giorno in cui riacquistano la libertà continuano a fare quello che facevamo prima, esattamente al momento in cui l'avevano lasciato.
  Questa presunzione di appartenenza alle varie associazioni, dunque, rende obbligatorio ritenere che anche durante quel periodo di detenzione in carcere, spesso messo nel conto da parte degli aderenti a quelle associazioni criminali, il mafioso continui a svolgere il ruolo che svolgeva all'esterno. Per questo il regime speciale di cui all'articolo 41-bis mira a impedire, per quanto possibile, ogni forma di contatto del detenuto con i suoi sodali.
  Proprio facendo riferimento alla normativa innovata con la novella dell'agosto del 2009, l'aver introdotto – come forma stabile, fissa e derogabile soltanto nelle forme in cui è possibile riconoscere talune eccezioni, che eventualmente vedremo – il vetro divisorio come strumento oggettivo di svolgimento dei colloqui, all'evidenza impedisce ogni forma di contatto tra il detenuto e i soggetti con cui effettua i colloqui.
  Ancora, una delle norme più rilevanti introdotte con la legislazione del 2009 è quella con cui il legislatore – anche sulla scorta dell'indicazione della sentenza della Corte costituzionale e di organismi giurisdizionali sovranazionali, cioè quelle indicazioni che invitavano l'ordinamento italiano a far sì che l'istituto fosse conforme ai princìpi costituzionali e ai princìpi sanciti anche da norme di carattere sovranazionale – ha esperito, avverso tutti gli atti del Ministro, siano essi di prima applicazione del provvedimento sia di successive proroghe, il rimedio giurisdizionale dinanzi al tribunale di sorveglianza di Roma.
  Il decreto applicativo del 41-bis, che è un atto essenzialmente amministrativo, diventa però un atto sottoposto alla tutela giurisdizionale al pari di tutti gli altri atti che incidono sulla sfera dei diritti soggettivi e in primis della libertà. Per questo è stato previsto il rimedio dell'impugnativa dinanzi il tribunale di sorveglianza di Roma e, avverso la decisione del tribunale di sorveglianza di Roma, nei 26 giorni successivi, il ricorso per Cassazione per violazione di legge. La norma ha avuto una portata innovativa eccezionale, perché ha fatto sì che, nell'intero territorio nazionale, si avesse un'uniformità di trattamento quanto alla valutazione dei criteri che rendono legittimo il decreto del Ministro oppure no.Pag. 5
  Questo è molto importante, anche in tema di proroghe. Sempre per effetto della legge del 2009, il decreto di applicazione del regime di cui all'articolo 41-bis è stato esteso a una portata temporale di quattro anni, scaduti i quali è facoltà del Ministro prorogare il decreto. La proroga ha una durata biennale, di due anni in due anni. Ebbene, anche la procedura e gli elementi addotti nel decreto per la legittimazione della proroga sono soggetti al vaglio giurisdizionale del tribunale di sorveglianza di Roma, con le stesse modalità previste in caso di applicazione di primo decreto, e avverso quel provvedimento il detenuto ha facoltà di fare ricorso in Cassazione.
  Nell'ultimo anno, nel 2013, i decreti ministeriali di prima applicazione sono stati cinquanta e quelli che sono stati annullati dal tribunale di sorveglianza di Roma sono stati tredici, il che dimostra l'incidenza in termini percentuali e anche di rilievo sostanziale delle censure mosse dalla giurisprudenza in tema di applicazione del regime.
  Questa è una cosa molto importante per il mio ufficio, che ha la responsabilità di istruire il procedimento, perché il decreto poi sottoposto alla firma del Ministro tiene conto delle valutazioni operate in sede giurisdizionale e soprattutto necessita di un supporto motivazionale forte, concreto, reale, idoneo a vincere il sindacato prima di merito e poi anche di legittimità posto in essere dalla giurisdizione.
  Questo è un elemento del regime di cui all'articolo 41-bis che ha fatto superare anche il giudizio di legittimità che molte volte la Corte europea dei diritti dell'uomo e il Comitato europeo per la prevenzione della tortura hanno avanzato su quel regime, che proprio per questi suoi connotati squisitamente giurisdizionali, come se fosse un qualunque provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria ha sempre superato il vaglio di legittimità. Questo serve anche quando si fanno le proroghe, preso atto come, sia nelle audizioni in altre Commissioni di questo Parlamento sia anche in talune istanze che provengono dalla giurisdizione, si è molto fatto riferimento all'istituto della proroga e molte attenzioni si sono rivolte su di esso.
  Oggi, proprio per effetto delle modifiche apportate alla legge del 2009, la proroga non è più, se mai lo fosse stata, un mero passaggio burocratico di uno status che deve permanere. All'approssimarsi della proroga, la Direzione generale dei detenuti e del trattamento procede a chiedere alle procure distrettuali antimafia che hanno proposto l'applicazione del 41-bis, un aggiornamento di tutti gli elementi che attualmente siano in grado di dimostrare il collegamento del detenuto con quelle associazioni criminali. Analoghe informazioni vengono chieste agli organi centrali della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di finanza, alla Direzione investigativa antimafia.
  Di recente moltissime informazioni sono state acquisite, per esempio con riferimento non solo e non tanto ai canoni oggettivi e soggettivi della pericolosità del detenuto, dell'esistenza in vita dell'associazione di cui fa parte, del ruolo che rivestiva il soggetto quando era in libertà, ma molte preziose informazioni sono state acquisite anche per esempio dal tipo di tenore di vita che conducevano i familiari, perché esso è sintomatico dell'attuale stato di considerazione di cui gode il detenuto al 41-bis, della necessità che famiglie mafiose o gruppi criminali in genere sovvenzionino quella famiglia che patisce la detenzione del soggetto facente parte di quell'associazione.
  Ebbene, tutta questa massa di informazioni viene poi messa insieme in un'istruttoria e offerta alla valutazione del Ministro, il quale poi emette o meno il decreto di proroga. Questa fase è anch'essa molto importante perché ha sensibilmente ridotto negli ultimi anni il numero dei provvedimenti dei decreti di proroga che venivano annullati dal tribunale di sorveglianza di Roma.
  Nella mia relazione ho affrontato vari argomenti, cercando di scrivere molto di più di quanto non abbia detto. Se la presidenza è d'accordo, mi fermerei qui e mi sottoporrei alle domande della Commissione, Pag. 6con l'avvertenza che sarà necessario procedere in seduta segreta, eventualmente, per alcuni aspetti che dovranno essere approfonditi. Grazie.

  PRESIDENTE. Passando direttamente alla fase segretata, ritengo che la parte finale della sua introduzione, che riguarda in maniera particolare l'applicazione del 41-bis a Riina, potrebbe intanto esporla, in maniera tale che le domande possano agganciarsi alla sua introduzione, anche su questa parte. Dalla relazione che ci ha consegnato, penso che sia cosa buona passare in seduta segreta.
  Propongo di procedere in seduta segreta.

  (Così rimane stabilito. La Commissione procede in seduta segreta, indi riprende in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Ringrazio il nostro ospite e dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 16.20.