XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 38 di Mercoledì 23 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Variazione nella composizione della Commissione:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione di MoveOn Italia:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Quaranta Marco , fondatore di MoveOn Italia ... 3 
Voto Arianna , coordinamento di MoveOn Italia ... 4 
Mastroianni Roberto , comitato tecnico-scientifico di MoveOn Italia ... 5 
Rossi Maurizio  ... 7 
Marazziti Mario (PI)  ... 8 
Margiotta Salvatore  ... 9 
Airola Alberto  ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 11 
Quaranta Marco , fondatore di MoveOn Italia ... 11 
Voto Arianna , coordinamento di MoveOn Italia ... 13 
Mastroianni Roberto , comitato tecnico-scientifico di MoveOn Italia ... 14 
Quaranta Marco , fondatore di MoveOn Italia ... 15 
Mastroianni Roberto , comitato tecnico-scientifico di MoveOn Italia ... 15 
Quaranta Marco , fondatore di MoveOn Italia ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Quaranta Marco , fondatore di MoveOn Italia ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  Comunico, altresì, che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Variazione nella composizione della Commissione.

  PRESIDENTE. Comunico che in data 15 luglio 2014 il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione il senatore Jonny Crosio, in sostituzione del senatore Gian Marco Centinaio, dimissionario. Nell'esprimere il mio personale ringraziamento, anche a nome degli altri componenti della Commissione, al senatore Centinaio per il suo contributo alla nostra attività, do il benvenuto, con l'augurio di buon lavoro, al collega Crosio.

Audizione di rappresentanti di MoveOn Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di MoveOn Italia, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Sono presenti il professor Roberto Mastroianni, del comitato tecnico-scientifico di MoveOn Italia, che ci ha appena consegnato una sua pubblicazione, che sarà acquisita agli atti della Commissione, il dottor Marco Quaranta, fondatore di MoveOn Italia, e la dottoressa Arianna Voto, del coordinamento MoveOn Italia.
  Ricordo che MoveOn Italia è una rete di cittadini, non profit e non partitica, che promuove la democrazia attraverso azioni partecipate a livello locale, nazionale e internazionale, insieme ad analoghe reti straniere.
  Do la parola ai nostri ospiti, a cominciare dal dottor Marco Quaranta, con riserva per me e i colleghi di rivolgere loro domande e richieste di chiarimento al termine dei rispettivi interventi.

  MARCO QUARANTA, fondatore di MoveOn Italia. Vi ringraziamo molto del vostro invito, siamo felici che le istituzioni siano aperte al dialogo. Siamo un gruppo di cittadini che ha dato vita a un movimento chiamandolo MoveOn Italia, ispirato dal movimento americano, MoveOn.org. Tale organizzazione ha sostenuto proposte di riforma legislativa presso il Parlamento americano. Il nostro movimento è nato nel 2010 allo scopo di spingere attivamente la politica a un cambiamento. Vi leggo sinteticamente il percorso che abbiamo svolto.
  MoveOn Italia è nato nel 2010 dall'iniziativa di cittadini di diversa estrazione professionale e culturale interessati a promuovere la democrazia nel nostro Paese attraverso un nuovo modello di partecipazione ai processi politici e decisionali ispirato al MoveOn americano, il movimento di politica attiva che ha sostenuto attraverso la rete un percorso di riforme sociali.Pag. 4
  Si tratta dunque di un soggetto diffuso che riunisce una pluralità di associazioni, esperti e singoli e che, grazie alle opportunità offerte dalle tecnologie e dai social network, si è agglomerato spontaneamente: è una nuova forma di rappresentanza sociale. Se negli Stati Uniti si è agganciato, in particolare, alla riforma del sistema sanitario, in Italia abbiamo reinterpretato questo ruolo mettendo al centro della nostra proposta l'informazione e il servizio pubblico, che, per il suo statuto speciale, è garanzia di pluralismo, controllo dei poteri e libera diffusione di saperi, ovvero uno dei pilastri della democrazia nella formazione di una coscienza critica. Riteniamo di straordinario rilievo, proprio nel momento di massima lontananza dei cittadini dalla politica e dalle istituzioni, il ruolo di un servizio pubblico che rimetta al centro della sua missione i cittadini, fornendo loro in maniera universale strumenti di accesso alla comunicazione anche dal basso. Ci ha spinto l'idea che l'informazione non sia un aspetto della politica, ma il fondamento del sapere, e quindi anche della politica, perché concorre alla formazione delle basi democratiche.
  Partendo dalla consapevolezza che i media oggi condizionano il pensiero e le scelte politiche degli utenti, rappresentando una vera e propria industria di senso, chiediamo, accanto alla riforma del servizio pubblico, la legge sul conflitto di interessi e l'Antitrust, per garantire la libertà e il pluralismo dell'informazione. La riforma del servizio pubblico non può, infatti, prescindere da una netta e chiara separazione definita per legge tra l'esercizio del potere politico e la proprietà o la capacità di influenzare i media.
  È altresì necessario fissare i limiti di concentrazione che un'unica società di media sia autorizzata a controllare in uno o più mercati rilevanti. Prendendo spunto dai modelli di gestione più avanzati in Europa, MoveOn Italia chiede una riforma che assicuri non solo la necessaria efficienza aziendale, ma anche l'assoluta indipendenza editoriale del servizio pubblico e che veda rappresentate al suo interno le diverse componenti sociali.
  Al tavolo che MoveOn Italia ha allo scopo costruito lo scorso novembre, hanno partecipato una pluralità di soggetti, associazioni, sindacati, esperti di comunicazione, giuristi, parlamentari. Sulla base delle indicazioni ricevute, un comitato tecnico-scientifico ha redatto l'articolato che oggi presentiamo al Parlamento come contributo, certamente parziale e non definitivo, al lavoro del legislatore, augurandoci di fornire comunque spunti innovativi rispetto al dibattito per certi versi stantio sulla riforma Rai.
  In sostanza, vogliamo che l'informazione possa essere considerata più indipendente dalla politica – come chiedono a parole tutti i leader politici, lo dice Renzi, lo dice Grillo –, e debba anche avere maggiore accesso ai cittadini. Questa è la nostra speranza: vi chiediamo di seguire anche il nostro percorso. Come ho appena detto, abbiamo iniziato questo percorso a novembre: il prossimo autunno alla Federazione nazionale della stampa italiana convocheremo un incontro il più ampio possibile con tutte le associazioni e in quella circostanza chiederemo alla Commissione di vigilanza una nuova audizione.
  Col permesso del Presidente, darei la parola ad Arianna Voto.

  ARIANNA VOTO, coordinamento di MoveOn Italia. Proseguendo quanto diceva Marco Quaranta, vorrei sottolineare che quella che oggi depositiamo agli atti del Parlamento è una proposta aperta, uno spunto per il legislatore e, al tempo stesso, rappresenta la massima sintesi di un percorso partecipativo. L'innovazione è anche questa, ovvero la modalità con cui MoveOn ha consultato le associazioni, i singoli cittadini, gli esperti, aprendo ovviamente il tavolo anche agli stessi parlamentari che hanno voluto parteciparvi, per poi raggiungere una sintesi mediante un comitato tecnico-scientifico di esperti, che ha elaborato questa proposta.
  È una proposta che circoscriviamo al servizio pubblico, anche se siamo consapevoli che sarebbe necessaria una più ampia riforma delle telecomunicazioni in Pag. 5Italia che stabilisca ad esempio una diversa ripartizione delle risorse e regole antitrust più stringenti, risolvendo anche l'annoso problema del conflitto d'interessi che investe l'intero mondo dell'editoria.
  L'originalità e il punto qualificante della nostra proposta è l'assunto che il servizio pubblico sia un bene comune, quindi indisponibile sia ai privati sia all'amministrazione. È una categoria giuridica che gode di uno statuto speciale e, come tale, è inalienabile. Ha una natura universalistica, essendo lo strumento con cui universalmente si accede alla comunicazione. Sottolineo che intendiamo non solo la comunicazione broadcasting, quindi quella dal servizio pubblico verso i cittadini, ma anche quella che proviene dal basso, dai cittadini che devono poter partecipare a questa comunicazione, alla proposta e produzione di contenuti.
  In secondo luogo, quello che abbiamo voluto sintetizzare con lo slogan che dà il titolo alla nostra proposta, «La Rai ai cittadini», è che sono gli abbonati i veri azionisti della Rai. Ne discende, da una parte, l'esigenza di un canone universale pagato da tutti e, dall'altra, quella di un meccanismo di governance che, superando il controllo oggi attribuito al Governo e al Parlamento, ha come organismo di garanzia di più ampia rappresentanza proprio un consiglio delle garanzie per il servizio pubblico, che può essere assimilato al trust board britannico, in cui, secondo i princìpi costituzionali, e in particolare l'articolo 43 della Costituzione, accanto a rappresentanti di Stato ed enti locali, rientrano anche quelli di comunità di utenti e lavoratori eletti attraverso apposite liste da tutti gli abbonati del servizio pubblico.
  Vorrei sottolineare che a noi non interessa tanto la tecnicalità della composizione della governance della Rai. A noi interessa, soprattutto in questo discorso di indipendenza del servizio pubblico, che entrino i cittadini nel controllo e nell'indirizzo del servizio pubblico con una forma di partecipazione allargata e di rappresentanza di tutti i vari plessi sociali.
  Partendo da questo principio condiviso, ovviamente al tavolo sono emerse tante soluzioni diverse. Non vogliamo assolutamente dire che la nostra sintesi sia un Vangelo: è chiaramente perfettibile. Si va dall'azionariato popolare diffuso al controllo dei lavoratori sul modello tedesco, quindi è chiaro che la nostra è una proposta inevitabilmente di mediazione, in cui comunque crediamo che anche le istituzioni debbano continuare a svolgere il loro ruolo, eleggendo i loro rappresentanti in questo consiglio di garanzia. Vogliamo, però, anche segnalare che, dopo anni di colpevole silenzio sulla riforma del servizio pubblico e sulla Rai, «MoveOn Italia» oggi batte un colpo. Partendo da un movimento che da quattro anni, prima con una piattaforma in cinque punti e oggi con quest'articolato, vuole testimoniare l'interesse dei cittadini per un servizio pubblico che rimanga tale, ossia completamente partecipato dallo Stato e svolto dalla Rai, e che sia riformato per aderire sempre di più alla sua missione di servizio.
  Col permesso del Presidente, lascerei la parola al professor Mastroianni, che potrà illustrare nel dettaglio la nostra proposta.

  ROBERTO MASTROIANNI, comitato tecnico-scientifico di MoveOn Italia. Vi ringraziamo molto per averci accolti qui oggi. Partirei con il ricordare che l'obiettivo principale di questa bozza è di adeguare la disciplina del servizio pubblico radiotelevisivo agli standard europei quali risultano da una serie di documenti che ricorderò brevemente nel prosieguo. Lo scopo è di incrementare la vicinanza tra il servizio pubblico radiotelevisivo in tutte le sue manifestazioni, quindi tutte le piattaforme e gli utenti.
  Il testo prende le mosse dalla conclamata e direi anche condivisa necessità di recuperare un tasso più elevato di indipendenza e autonomia del servizio pubblico attraverso un sistema nuovo di governance, necessario evidentemente ad allentare il vincolo troppo stretto che oggi lega la Rai ai partiti e che ha portato nella scelta dei vertici dell'azienda a indebite interferenze che hanno coinvolto anche, seppure indirettamente, il principale concorrente.Pag. 6
  Questo risultato può essere raggiunto attraverso un più diretto coinvolgimento dei cittadini, degli enti e degli organismi espressione di interessi diffusi. In questo modo, si intende far tesoro delle indicazioni provenienti sia dal testo costituzionale, ovviamente gli articoli 21 e 43, sia da una serie di documenti europei, a partire dal Protocollo di Amsterdam sul servizio pubblico televisivo allegato ai trattati dell'Unione, dall'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dove è imposta la libertà e l'indipendenza dei media, nonché da una serie molto nutrita di raccomandazioni e risoluzioni del Consiglio d'Europa e dell'Unione europea, che fissano gli standard che gli Stati membri sono tenuti a rispettare e che possono essere così brevemente riassunti.
  In primo luogo, emerge il ruolo decisivo e indispensabile, per una società democratica che voglia davvero dirsi tale, di un sistema della comunicazione caratterizzato dalla presenza di media liberi e indipendenti. In secondo luogo, vi è il riconoscimento, in questo contesto di libertà e indipendenza, del ruolo specifico del servizio pubblico come direttamente collegato alle esigenze democratiche, sociali e culturali di ogni società nonché a tutela del pluralismo dell'informazione. In terzo luogo, bisogna sottolineare che il servizio pubblico non è paragonabile a un qualsiasi altro servizio pubblico, di qualsiasi altro settore economico, in ragione della sua capacità di accesso ad ampi settori della popolazione e dell'influenza delle informazioni fornite sui singoli individui e sull'opinione pubblica.
  Il servizio pubblico, in quarto luogo, consente l'assolvimento di obblighi e il raggiungimento di obiettivi che gli operatori commerciali non possono e non debbono perseguire, cioè l'apertura alle diverse voci del Paese, la partecipazione democratica, il superamento delle disuguaglianze di fatto. Nell'ottica europea, la presenza stessa del servizio pubblico, definito duale nelle risoluzione del Parlamento europeo, funge da bilanciamento rispetto alle legittime esigenze di mero ampliamento dell’audience proprio delle emittenti private.
  Infine, sottolineata l'indispensabilità di forti garanzie di indipendenza declinate in due modi: dipendenza editoriale e istituzionale e indipendenza economica. Quanto alla prima, il modello della riforma del 1975, cioè la parlamentarizzazione, è in crisi. Non era un modello obbligato, ma che rispondeva a una sentenza della Corte costituzionale del 1974 che richiedeva lo spostamento dell'asse decisionale dal Governo ad altri meccanismi che coinvolgessero una serie di soggetti e non necessariamente soltanto il Parlamento. La deriva lottizzatoria ha messo in crisi questo modello quale inventato nella riforma del 1975. È necessario trovare nuove forme per completare questo percorso che portino da una TV di Stato a una realmente pubblica.
  Quanto, invece, all'indipendenza economica, stabilita oramai la conformità del finanziamento pubblico con le regole della concorrenza degli aiuti di Stato, è necessaria una sicurezza e sufficienza delle fonti di finanziamento per emancipare il servizio pubblico dal Governo e dall'eccessiva dipendenza dagli ascolti e dal mercato.
  I punti qualificanti della bozza sono: insistenza, come si è già detto, sulla comunicazione pubblica come bene comune in tutte le piattaforme capace di garantire l'accesso all'informazione e diritto fondamentale dell'uomo sia sul versante passivo sia su quello attivo; conseguente ricorso al giudice ordinario e non più al giudice amministrativo in caso di pretesa violazione di questo diritto; riferimento costante agli standard europei; esigenza di caratterizzare il servizio pubblico in base ai parametri di indipendenza, qualità e accessibilità, indipendentemente dalle condizioni sociali e personali dei cittadini; rivisitazione del modello di governance tale da superare l'attuale sistema, caratterizzato dalla forte influenza governativa e dalla maggioranza parlamentare nonché di evitare la deriva privatistica prefigurata dalla legge Gasparri.Pag. 7
  Si suggerisce quindi di affidare la guida della Rai a un organismo nuovo, il cosiddetto consiglio per le garanzie del servizio pubblico, di composizione variegata, ma distante dalla politica, in cui diverse istanze trovano composizione in un collegio indipendente, in cui nessuna componente può esprimere la maggioranza dei membri. Va garantita la qualificazione dei membri del consiglio anche con un sistema di selezione trasparente e in gran parte affidato alla scelte dei cittadini con il pagamento del canone. Si prevede di attribuire al consiglio, in particolare, la nomina del consiglio d'amministrazione della Rai, anch'essa accompagnata da serie garanzie di competenza, esperienza e trasparenza, nonché la stipula del contratto di servizio. Altro requisito di indipendenza è la determinazione del canone affidata a organismi esterni alla politica, lo stesso consiglio oppure l'Agcom nella nostra proposta, secondo il criterio della progressività dell'imposizione fiscale generale. Siamo a disposizione per ogni approfondimento relativamente a ognuno di questi punti.

  MAURIZIO ROSSI. Innanzitutto, grazie e complimenti a voi per quest'iniziativa indubbiamente di grande interesse. Ho guardato al volo le vostre proposte. Sinceramente, ho un'idea molto diversa del servizio pubblico, ma come avete detto, siete molto aperti ad ascoltare le varie opinioni. Tanto più oggi è importante veramente la vostra posizione perché andiamo verso la scadenza della convenzione del 6 maggio 2016, molto spesso erroneamente definita rinnovo, mentre si tratta di una scadenza. A oggi, infatti, senza una legge non si può assolutamente parlare di rinnovo, che tra l'altro sarebbe dannoso per i cittadini. A questo proposito, mi permetto di segnalarvi un primo passaggio che non condivido: volete il servizio svolto da una società per azioni denominata Rai, il cui capitale è interamente posseduto dallo Stato. Siccome andiamo verso il futuro e verso una scadenza, innanzitutto non penso che si possa dire che si tratterà della Rai. Il mio concetto è che, molto in linea con la normativa europea – altri Paesi, peraltro, stanno iniziando a pensare in questo senso – ritengo che il modo migliore per fare veramente l'interesse dei cittadini sia mettere a gara il servizio pubblico. È l'unico sistema con il quale si possa effettivamente ottenere il miglior servizio al costo inferiore proprio nell'interesse dei cittadini. Come per altre normative comunitarie, deve essere esteso anche a questa.
  Se non è successo negli altri Paesi, è perché le concessioni hanno scadenze molto lunghe, ma in tutta Europa si sta meditando, tanto che il sistema neozelandese, che non è Europa ovviamente, è ben diverso: il Governo neozelandese paga il servizio pubblico a chiunque lo effettui, ai vari soggetti presenti nel mondo dell'informazione. È veramente un modo rivoluzionario. È molto interessante un articolo dell'ex direttore generale della Rai Mauro Masi proprio sul sistema neozelandese con un esempio che veramente potrebbe essere quello da seguire.
  Cosa dobbiamo fare ? Nel futuro, partendo dal 2016, dobbiamo pensare ai prossimi vent'anni, non possiamo pensare da qui a quattro o a cinque anni. Se pensiamo ai prossimi vent'anni, dobbiamo per prima cosa chiederci cosa sia definibile servizio pubblico. Non abbiamo detto che a oggi il servizio pubblico è quello che fa la Rai, qualsiasi cosa essa faccia, compreso pagare 500.000 euro Gascoigne con i soldi dei cittadini per ballare: mi rifiuto di pensare che questo sia definibile servizio pubblico.
  Su questo avete fatto un esercizio interessante su certi punti. Dobbiamo, però, partire dalla competizione, da una gara in esito alla quale chi vince gestirà il servizio pubblico, costituendo una struttura di una ventina di persone che stabiliscono cosa sia servizio pubblico e controllare i risultati. Chi vince potrà svolgere il servizio al prezzo inferiore: se si partirà da una gara con base d'asta di 100 per il canone e qualcuno riterrà di potere svolgere il servizio per 50, vincerà, e i cittadini pagheranno 50 anziché 100.Pag. 8
  L'altro punto che, sinceramente, mi lascia un po’ perplesso riguarda l'articolo 6 e la questione della determinazione del canone, che a mio avviso è assolutamente variabile. Quanto al discorso che si tratterà della Rai, essa a oggi è società pubblica ovvero privata secondo le convenienze. Come Commissione di vigilanza soffriamo continuamente la mancanza di risposte dalla Rai. In ogni occasione si facciano determinate domande, si risponde che quel segreto andrebbe alla concorrenza, per cui come una società privata, siccome fa anche pubblicità, non ritiene assolutamente di doverci fornire dati e non lo fa. Pensate come utilizza il pubblico e il privato seconda i momenti.
  Parlate di un consiglio composto da 21 membri, di cui 6 eletti dal Parlamento. Mi pare che lo stesso Presidente Boldrini abbia sostenuto, e tutti siamo d'accordo, che la politica debba uscire dalla Rai. Inserire 12 soggetti politici nel consiglio della Rai, tra cui 6 eletti dal Parlamento in seduta, 1 dalla Conferenza Stato-Regioni – che probabilmente non ci sarà più a breve – 2 dall'ANCI, quindi comunque rappresentanti dei comuni, non trovo sia una buona soluzione. Per ciò che concerne i 12 eletti, stiamo attenti a non commettere un errore analogo a quanto avviene nei comitati portuali – che purtroppo ho continuamente sotto gli occhi – dove le sedute si svolgono con vari soggetti, agenti marittimi, spedizionieri e così via: non esiste un conflitto d'interessi più ricattatorio come all'interno delle Autorità portuali. Stiamo molto attenti a mettere soggetti che difendono certe categorie all'interno di un consiglio d'amministrazione. Diventano dei giochi di dare e avere, e a me preoccupa. Quanto meno una riflessione mi pare opportuno vada fatta.
  Infine, trovo molto giusto l'articolo 8 per il fatto che non debbono esserci assolutamente politici che non abbiano certe caratteristiche. Giudico giustissimo anche l'articolo 10 e la soppressione della Commissione parlamentare di vigilanza. Ci sono dentro e vedo quello che, purtroppo, non riesce a fare, ripeto per la mancanza di risposte da parte della Rai. O cambia il rapporto tra le nostre domande e le loro risposte o condivido che sia assolutamente inutile.

  MARIO MARAZZITI. Ringrazio MoveOn. Penso sia giusto che questa Commissione abbia deciso la vostra audizione. È quella che ci permette di tenere conto di un lavoro collettivo complesso di ascolto, che è parte del nostro stesso desiderio e lavoro. In qualche misura, attraverso di voi acquisiamo l'opinione di tanti. Direi che la vostra bozza di lavoro, che in varie fasi in questi anni non abbiamo avuto sottomano, ma di alcuni aspetti della quale ci siamo trovati a discutere in alcuni momenti, contiene due idee guida: una è quella della comunicazione come bene comune, in questo senso col ruolo dei cittadini; l'altra è quanto più possibile la definizione del servizio pubblico come bene dei cittadini e, in tal senso, della ricostituzione di un organismo diverso dalla Commissione parlamentare di vigilanza e dall'attuale modo codificato per garantire che il pluralismo e le diverse comunità in Italia possano avere una capacità di controllo sul servizio pubblico.
  Diversamente dal collega Rossi, i miei punti di differenza dalla vostra bozza non sono tanto sul problema dell'individuazione della Rai come soggetto titolato al servizio pubblico. Qui c’è un dibattito. È giusto e interessante l'esempio citato del servizio pubblico radiotelevisivo, del modello neozelandese. Ci muoviamo nel modello europeo, laddove storicamente tutte le televisioni e tutti i Paesi europei hanno lavorato sostenendo la nascita di un soggetto particolare come specializzato per garantire il servizio pubblico. Ci muoviamo in un mondo americano, dove il servizio pubblico è del tutto marginale rispetto all'offerta. Altri mondi si stanno interrogando su questo, mentre il modello europeo è diverso. A mio parere, dovremmo lavorare sempre sulla riqualificazione Pag. 9del servizio pubblico e, nel caso, sul ripensamento del ruolo eventuale della Rai, ma proprio sul concetto di servizio pubblico come non meramente legato alla concorrenza del mercato.
  In qualche misura, infatti, il gigantismo dei grandi soggetti presenti nel mercato radiotelevisivo mondiale potrebbe finire per diventare talmente influente anche sul servizio pubblico radiotelevisivo, qualora l'offerta sia a parità verso tutte le direzioni all'interno e all'esterno dell'Europa, tale che forse potrebbe anche essere non impossibile che lo stesso servizio pubblico radiotelevisivo e tutte le piattaforme in Italia, dal punto di vista del content e delle necessità del mercato, possa rispondere ad altre logiche e i cittadini potrebbero non avere più alcun tipo di incidenza in assoluto. Volendo arrivare al maggior controllo e contributo dei cittadini, si potrebbe rischiare di arrivare all'effetto opposto. In tal senso, penso che dobbiamo lavorare seriamente su come qualificare e riqualificare il servizio pubblico. Naturalmente, la Rai, nel caso fosse la Rai di nuovo, deve attenersi a una serie di criteri per cui i cittadini effettivamente hanno più voce e il servizio è maggiormente qualificato.
  Fatta questa lunga premessa, anzitutto dall'inizio di questa legislatura in questa Commissione sono stato fautore del superamento del ruolo della Commissione parlamentare di vigilanza. Su questo non ho nessuna resistenza, perché ritengo che la politica debba fare un passo indietro dalla Rai, dal servizio pubblico e, in ogni caso, che la rappresentanza del pluralismo inteso semplicemente come presenza del Parlamento dentro le decisioni, direttamente o indirettamente, della Rai e del servizio pubblico sia sbagliata.
  Un consiglio diverso dovrebbe, però, essere un po’ meno strutturato del vostro, dove sia più presente, ad esempio, anche la componente di esperti. Con tutto il rispetto, potremmo avere nel vostro caso un comitato di garanzia in cui nessuno capisce di servizio pubblico radiotelevisivo e di piattaforme nelle forme in cui avete elencato le categorie che sarebbero scelte, sulla base dei bandi sì, ma non è detto che ci siano le competenze. Questo è un punto che andrebbe tenuto in conto.
  Inoltre, sono portatore di un progetto di legge per l'abolizione del canone radiotelevisivo, mentre il vostro progetto prevede il suo consolidamento e la non determinazione governativa del canone, quindi la libertà delle risorse disponibili per il soggetto del servizio pubblico radiotelevisivo, risorse certe e così via. Per questo credo, invece, che la proposta tenda a dare un contributo per tutta la comunicazione e il servizio pubblico radiotelevisivo per garantire a tutti i cittadini accesso a qualità su tutte le piattaforme, non solo per il segmento informazione, ma in tal senso giudico antiquati il termine stesso e il meccanismo del canone.
  Come avreste immaginato che il canone possa davvero essere universale e pagato da tutti ? Qual è il meccanismo che avete prefigurato ? Il meccanismo che prefiguro è quello progressivo, ma non più col canone, bensì legato al numero delle dichiarazioni dei redditi, e quindi con un bollettino da pagare in quella circostanza, con le esenzioni per i non abbienti e con una tassa progressiva, con una certificazione preliminare del numero e della quantità di risorse disponibili da assegnare per il servizio pubblico radiotelevisivo o, in parte, anche per altri scopi, nel senso di tutto il sistema pubblico-privato eventualmente, qualora fosse di interesse, per il servizio pubblico radiotelevisivo.

  SALVATORE MARGIOTTA. Ringraziamo MoveOn per questo contributo importante alla discussione e, in generale, per il lavoro che fanno, che hanno saputo anche ben sintetizzare nella premessa al documento stesso.
  Non entro nel merito. È uno dei tanti contributi: per noi, credo sia positivo il fatto che forse è il primo che ci arriva anche piuttosto ben strutturato. Non sono solo idee, ma un anche tentativo di sistematizzazione di un tema e di un argomento. Confesso di avere molti dubbi, in Pag. 10maniera particolare sulla governance. Trovo sia simile a un progetto di legge del mio stesso partito della scorsa legislatura, che pure non condividevo. Trovo sbagliato che, se la politica deve fare un passo indietro, si debba pensare a organismi così ridondanti, anche dando grande peso agli enti locali. Capisco che vada di moda, ma non sono entusiasta di quest'approccio. Penso, invece, che se deve esserci un allontanamento della politica dalla Rai, va benissimo la chiusura della vigilanza cui faceva riferimento il collega Marazziti. Peraltro, da senatore e vicepresidente della vigilanza, mi sto esercitando in questa legislatura a chiudere tutti gli organismi che mi vedono parte. Non credo, però, che non basti se la governance è fatta ancora dalla politica o da espressioni della politica. Secondo me, serve un'idea più forte, altrimenti ricadiamo inesorabilmente negli stessi errori.
  Mi interesserebbe porre una domanda di attualità, che esula dalla proposta che avete avanzato e su cui credo che utilmente con i colleghi dovremo ripiegarci a studiare. Riguarda questa per ora ancora annunciata idea di riorganizzazione dell'informazione insieme in seno alla Rai, frutto anche questo dei tempi. Mentre si pensa a una riforma complessiva della Rai, si va velocemente verso una riorganizzazione dell'informazione in Rai, che a mio parere è uno dei due o tre cardini della riforma medesima, ma è nelle competenze giuste del consiglio d'amministrazione. Vadano avanti, noi valuteremo.
  Qual è la vostra idea, almeno delle poche cose che si sono lette in proposito ? Più volte abbiamo detto in vigilanza che così com’è non si può andare avanti. Francamente, il mio giudizio a pelle è positivo. Mi pare che sia una semplificazione ben orientata e ben studiata, ma non perderei l'occasione di avere qui tra noi la vostra associazione per chiedere una vostra opinione.

  ALBERTO AIROLA. Anch'io vi ringrazio moltissimo di essere qua perché, come diceva il collega Margiotta, questo è forse la proposta più strutturata e organica che abbiamo ricevuto. Sì, ci sono alcuni punti su cui dovremo discutere. Sono d'accordissimo con voi. Conoscete la posizione del Movimento 5 Stelle sulla Rai e non la ripeterò perché non voglio togliere tempo anche alle vostre risposte, però togliere la politica sicuramente è un punto basilare.
  Quello che mi fa inarcare il sopracciglio è sempre il fatto che abbiamo dei modelli virtuosissimi, anche spesso ispiratici da altri Paesi stranieri, che però quando vengono trasposti in Italia devono sempre tener conto delle tipiche devianze italiane. Per esempio, nel consiglio di garanzia, anche per me c’è un po’ troppa politica, ma teniamo presente che possa anche essere giusto avere dei rappresentanti dei cittadini. Prendendo 10 eletti tra le varie associazioni, bisogna tenere conto che spesso anche le associazioni o i sindacati, ancor di più, sono espressione politica o, comunque, hanno al loro interno delle influenze. Bisognerà stare attenti al modello italiano su cui applicare qualsiasi modello anche apparentemente virtuoso, ma sono d'accordo con voi.
  Relativamente al canone, ho delle perplessità sul fatto che l'evasione si possa eliminare, per esempio, con un concetto come la progressività. È sacrosanto, ma forse chi non paga adesso comunque non pagherebbe, che sia tanto o poco. La mia idea è che bisognerebbe cominciare a immaginare – ma avremo modo di parlare di queste cose – di eliminare il canone e finanziare la Rai con altre risorse, provenienti comunque da tasse e contributi, ma pensando a qualcosa di diverso: è un discorso molto ampio.
  Sapete che abbiamo avuto in audizione il dottor De Siervo, presidente di ADRai con cui abbiamo avuto un quadro più o meno chiaro di cosa potrebbe essere l'apertura di tavoli di lavoro per la riforma della Rai. Secondo noi, bisogna stare molto attenti. Non vorrei che questo lavoro fosse la paletta e il secchiello dati agli stakeholder e a tutte le associazioni mentre Pag. 11il Governo fa la sua riforma che parte in quarta.
  Devo dire che un brutto segnale è quello che ieri ho letto sulla stampa: Gubitosi si lancia con proposte di accorpamenti di TG, che secondo me si potrebbero tranquillamente meditare insieme. Oltretutto, togliamo la politica, ma come garantiremo il pluralismo nell'informazione ? Questa è la vera questione. Su questo dobbiamo riflettere tutti attentamente. Disprezzo la lottizzazione, da un certo punto di vista, ma riconosco che è un modello che per lo meno fino adesso ha garantito una sorta di pluralismo. Nel momento in cui togliamo la lottizzazione, cosa resterà, chi gestirà e come sarà gestita ? Questa può essere una proposta. Le modalità con cui spesso operano dirigenze e politica mi lasciano perplesso.
  Dovremo tenere le antenne dritte: ho già chiesto che ci sia il massimo coinvolgimento dei lavoratori e non solo dei sindacati. Sono d'accordo con diversi colleghi che i sindacati possono essere sempre portatori di interessi corporativistici e magari anche in conflitto d'interesse, mentre i lavoratori in senso lato possono dare dei contributi più funzionali. Date queste premesse, sicuramente ci aspetta un autunno impegnativo e sarà giusto che a questo lavoro partecipi veramente la platea più ampia possibile di cittadini e lavoratori.

  PRESIDENTE. Anch'io voglio ringraziarvi della vostra presenza e del vostro lavoro svolto in quest'anno, ma iniziato comunque da lontano.
  Il problema è che ogni giorno di più constato in generale che le leggi sono tutte importanti, come anche le riforme, ma il problema grande in questo Paese è poi culturale. Possiamo fare una legge, una riforma e avere un nuovo modello di governance: se, però, non cambierà la cultura, non riusciremo mai a cambiare alla radice quello che è sbagliato.
  Secondo la legge attuale, la Commissione di vigilanza, che anche per me può essere abolita – è la prima cosa che ho detto come presidente e spero di essere l'ultimo presidente – elegge sette consiglieri d'amministrazione. La Commissione, organo del Parlamento, potrebbe tendere a eleggere sette consiglieri d'amministrazione liberi, magari non iscritti ai partiti, con un curriculum e una vita specchiata, secondo criteri di indipendenza e di meritocrazia. È questo che dovrebbe fare un Parlamento. Un Parlamento dovrebbe rappresentare gli interessi del Paese i cui componenti devono essere indipendenti ed eleggere il meglio che il Paese si aspetta, ma abbiamo visto che negli anni questo non è avvenuto.
  Facciamo un'altra legge, ma ogni volta una legge sembra una pezza a colori per cui una volta fatta, si trova l'inganno. Allora, il cambiamento che dobbiamo fare è un po’ più profondo, un po’ più consistente. Dobbiamo affrontare davvero una rivoluzione culturale. Cambiamo, cambiamo la riforma, facciamo le riforme, facciamo tutto quello che serve, ma dobbiamo cambiare un po’ tutti noi nel modello di approccio culturale sperando, volendo e pretendendo che il Paese vada in una direzione più giusta e migliore, dove in alcuni posti chiave ci siano persone davvero oneste dal punto di vista materiale e intellettuale. Se questo Parlamento, qualsiasi Parlamento, non garantisce questo, non andremo da nessuna parte. È questo che, secondo me, deve garantire il Parlamento sempre, in ogni momento, al di là della parte politica. Questa è la mia riflessione.

  MARCO QUARANTA, fondatore di MoveOn Italia. Vorremmo rispondere tutti e tre velocemente. Ringraziamo per l'attenzione soprattutto al testo presentato da MoveON Italia. Sono un violinista, insegno violino e sentirsi ringraziare per aver realizzato un testo approfondito fa piacere, perché si passa ai fatti, che sono molto complessi.
  Ognuno di voi ha fatto osservazioni completamente diverse, ma non sbagliate. Prima Arianna ha detto che abbiamo mediato: abbiamo raggiunto un equilibrio, che è una cosa per me molto più alta. Da Pag. 12musicista, l'equilibrio è tutto, è l'evoluzione del pensiero e quello che culturalmente si può governare.
  Sono assolutamente d'accordo con Margiotta che doveva essere un testo più forte. Abbiamo iniziato con una piattaforma in cinque punti. Quando siamo andati al tavolo, abbiamo dovuto chiederci come si cambia il mondo. Il mondo si cambia mandando a quel paese quello che c’è ? Abbiamo dovuto mediare.
  Scusate se parlo poco politichese, ma credo che alla fine l'abbiate fatto anche voi in qualche modo, dicendo cose molto precise, soprattutto il Presidente Fico. Abbiamo iniziato il percorso con Tana De Zulueta, che poi si è trovata a questo tavolo. Anche lei da senatrice aveva presentato una proposta di legge di riforma della Rai, e oggi sta provando a lavorare con noi e con tutti i partiti seduti al tavolo e con le associazioni. Perché la proposta non sembra forte ? A me sembra, alla fine dei conti, fortissima se ci sono dentro gli utenti perché nel nostro Paese i cittadini sono lontani dalla politica, ma capisco cosa intenda.
  Abbiamo pensato all'inizio: tra le fonti di nomina inseriamo i politici o no ? Alla fine, abbiamo guardato nel mondo ai sistemi di servizio pubblico più equilibrati. Mi piace il termine «equilibrato» in questo e in altri Paesi, anche con questa guerra a Gaza: sembra quasi rivoluzionario essere equilibrati.
  Ci siamo chiesti: il suffragio universale è qualcosa di importante ? Sì, perché decidiamo i nostri rappresentanti in Parlamento. Tutti chiedono il voto, di voler cambiare tutto, ma quando si esprime il voto, poi tocca fare qualcosa. Senatore Margiotta, questa è un po’ la risposta a quello che lei diceva: abbiamo cercato di fare una cosa equilibrata. Tengo a ripetere che in questo momento riteniamo di straordinario rilievo, proprio nel momento di massima lontananza dei cittadini dalla politica e dalle istituzioni, il ruolo di un servizio pubblico che rimetta al centro della sua missione i cittadini, fornendo loro in maniera universale strumenti di accesso alla comunicazione anche dal basso. Questa riforma tende a questo. Non vuole spezzare tutto.
  MoveOn guarda ai modelli di servizio pubblico in Europa perché, come dicevano all'inizio altri deputati, siamo un po’ europei, è difficile immaginarci così vicini all'America o alla Nuova Zelanda. Non è, però, conservatorismo. Semplicemente, abbiamo visto che la Germania nei Laender veramente si discute sull'informazione col tessuto sociale col territorio. Le leggi non sono formule. La legge è un tentativo progressivo – pensiamo molto al progresso – di riuscire a garantire questo bene comune. È per questo che – in sintesi rispondo al senatore Margiotta facendogli questa proposta – vi chiediamo di condividere con noi questa proposta, lo chiedo anche al senatore Airola che accennava alla «Leopolda della Rai» !
  Noi non apparteniamo ai circoli di potere, siamo molto semplici, ma diretti. Quando abbiamo visto il Presidente della Commissione di vigilanza Rai Fico venirci incontro per noi è stato meraviglioso, perché abbiamo pensato che allora le istituzioni sono veramente aperte: stare qua dentro vuol dire che sono veramente aperte.
  Diamoci una mano. Vorremmo invitarvi: domani presenteremo in conferenza stampa al Parlamento la nostra proposta grazie anche a Peluffo. Sapete che ogni volta chiediamo a qualche parlamentare di darci accesso alle sale del Parlamento: anche la discussione del tavolo per la riforma è avvenuta alla sala Poli. Domani illustreremo alla stampa quello che abbiamo presentato qui con voi in Commissione di vigilanza, ma in autunno vorremmo fare una presentazione più aperta, alla Federazione della Stampa, per dare alla nostra proposta una sostanza anche culturale e politica e non farne solamente una cosa sulla carta. La Fnsi è disponibile, il suo presidente è venuto sempre alle nostre riunioni.
  Vorrei segnalare alla «Leopolda della Rai» che c’è MoveOn, che ha redatto già un testo, e chiedere di aprire a noi, anche se siamo un po’ piccoli. Giustamente, è Pag. 13stato detto che il presidente dell'AdRai ha più potere di noi, gli basta un articolo. Noi abbiamo fatto uno sforzo immane, anche se criticabile, ma carta canta. Da musicista, la leggo come uno spartito, ma alla fine quelle note vanno suonate e chiedo di seguirci nel percorso anche a voi come membri parlamentari, in autunno alla Federazione della Stampa. Noi prenderemo spunto dalle vostre osservazioni. Arianna è favolosa, ha colto i vostri spunti, le vostre idee di modifica.
  Vorremmo anche poter tornare qui in Commissione a ridiscutere per verificare i progressi compiuti nel cammino della riforma, mantenendo l'apertura alle critiche. È così che abbiamo svolto la discussione, come abbiamo fatto oggi con voi, ma cercando sempre di avere una proposta, vedendo cosa fare. Le ipotesi possono essere tutte valide, ma poi bisogna fare una proposta dettagliata. Vi ringraziamo, quindi, per aver riconosciuto che finalmente c’è un testo che sta cercando di affrontare questi problemi sia con i partiti sia con le associazioni.

  ARIANNA VOTO, coordinamento di MoveOn Italia. Lascerò la parola al professor Mastroianni per il dettaglio tecnico dell'articolato su cui i commissari hanno posto domande, ma mi piace sottolineare questo: è vero che la nostra è una proposta aperta, che mettiamo ovviamente nella disponibilità del legislatore, che poi potrà farne quello che vuole, accoglierla e depositarla, prenderne uno spunto – questo è il nostro auspicio – ma su un punto proprio non siamo aperti, siamo anzi rigorosi e cioè sul fatto che il servizio pubblico debba essere svolto dalla Rai e che non sia possibile metterlo a gara. Chiediamo che sia approvata una riforma del servizio pubblico per superare il discorso sulla scadenza, o rinnovo che dir si voglia, della concessione definendo una volta per sempre che il servizio pubblico lo fa la Rai. Il punto è proprio che c’è una specificità del servizio pubblico nell'enunciato che è un bene comune, e quindi gode di uno statuto speciale che nessuna azienda privata può assolutamente garantire come specifico e come missione, proprio perché ha l'interesse universale supremo del bene comune, del bene di tutti i cittadini. Non è assolutamente possibile che a svolgerlo sia un privato, tanto più quando ancora in Italia non abbiamo risolto il problema del conflitto d'interessi. Su questo punto, tra l'altro, mi sembra, e il professor Mastroianni può venirmi in soccorso, che anche l'Europa ci abbia più volte richiamato. La nostra proposta vuole proprio superare questo e chiediamo l'approvazione di una riforma di servizio pubblico per superare l'esigenza di un rinnovo della concessione.
  Quanto a ciò che attiene all'informazione alla domanda del vicepresidente Margiotta, rispondo da giornalista: credo che la Rai necessiti di un progetto editoriale, mentre finora gli interventi sono stati solo di spending review e anche questo accorpamento dell'informazione mi sembra che vada appunto più verso quell'indirizzo di tagli che non, invece, verso un ragionamento sui contenuti sull'offerta informativa e sulla garanzia di un pluralismo. L'informazione è il cuore della missione del servizio pubblico, va potenziata, non decurtata. Da giornalista, dico che ciascun giornalista come appartenente a un ordine professionale risponde a una deontologia, e quindi garantisce l'assoluta indipendenza dell'informazione, qualunque sia la sua idea politica, la sua appartenenza: ciò vale ancora di più per i giornalisti del servizio pubblico.
  Detto questo, ognuno di noi ha il suo retroterra culturale e il suo punto di vista. Il punto di vista nel leggere una notizia, nel portarla al cittadino, è personale, arricchito dai propri studi e dalla propria cultura. Il pluralismo è questo. Avere più direttori di testata, giornalisti che nelle diverse testate producono servizi diversi sullo stesso argomento significa offrire al cittadino, all'utente del servizio pubblico una pluralità di punti di vista pur mantenendo l'integrità dell'informazione, nel senso che comunque c’è il rispetto della verità e questo fa parte della nostra deontologia professionale.Pag. 14
  Credo, quindi, che la riorganizzazione dell'informazione all'interno della Rai non possa prescindere da una riforma generale del servizio pubblico, che ne garantisca l'autonomia e l'indipendenza recuperando la sua missione e il suo ruolo presso i cittadini, da un nuovo piano industriale e da un piano editoriale e che la Rai non debba essere privata della sua infrastruttura, ovvero delle torri di trasmissione. Corre un ragionamento complessivo anche su questo e un potenziamento anche delle possibilità crossmediali del servizio pubblico oggi. Diversamente, la Rai diventa una scatola vuota e, a quel punto, una governance o l'altra non farà differenza.
  Ribadiamo che non siamo interessati alla tecnicalità nella nomina dei vertici della Rai, vogliamo che la Rai sia indipendente, ma soprattutto vogliamo salvaguardare la sua missione di servizio pubblico al servizio dei cittadini, nella garanzia di libero accesso gratuito alla comunicazione, così come nell'offerta di contenuto e di pluralismo.

  ROBERTO MASTROIANNI, comitato tecnico-scientifico di MoveOn Italia. Intervengo molto brevemente per replicare ad alcune delle osservazioni molto pertinenti che ho sentito. Mi riferisco innanzitutto alla questione relativa alla competenza dei membri del consiglio. Giustamente è stato rilevato che bisogna stare attenti anche a chi viene indicato. Su questo penso di poter tranquillizzare il parlamentare: l'articolo 7, comma 9, prevede espressamente che i componenti del consiglio forniscano ogni garanzia di indipendenza e possiedano comprovata esperienza nel settore delle comunicazioni. Addirittura, c’è forse una ripetizione: nel successivo articolo 8 si dice nuovamente, questa volta non soltanto per il consiglio ma anche per il consiglio d'amministrazione e del direttore generale, che tutti questi membri devono fornire ogni garanzia di indipendenza e possedere comprovata esperienza nel settore delle comunicazioni, in particolare in campo giuridico, economico o umanistico.
  È vero, si può scrivere anche la legge migliore del mondo – ha ragione il Presidente – ma la sua applicazione deve seguire dei canoni non dico di perfettibilità, il che ovviamente non è possibile, ma quantomeno di razionalità. Cito un esempio banale in questo settore: fin dalla sua origine, l'autorità delle telecomunicazioni deve essere composta, secondo la legge 31 luglio 1947, n. 249, da persone di totale autonomia e indipendenza, mentre di fatto è un parlamentino. Su questo, purtroppo, nessuna legge può fare granché, ma quanto meno si può cercare una soluzione di equilibrio. La soluzione di equilibrio è quella rinvenuta in questo progetto, che ovviamente non è la Tavola della legge, ma cerca di mettere insieme diverse origini in maniera da evitare che una prevalga sull'altra. Oltretutto, a dire la verità, non è neanche così originale. Nella disciplina francese, il consiglio d'amministrazione di France Télévisions è composto da 15 componenti, di cui due parlamentari, cinque rappresentanti dello Stato, cioè nominati dal Governo, cinque personalità indipendenti nominate dal Consiglio superiore televisivo, equivalente della nostra Agcom, di cui uno in rappresentanza dei consumatori, e due rappresentanti dei lavoratori, non dei sindacati, ma giustamente dei lavoratori. Anche lì, quindi, trovate – stiamo parlando della Francia – un sistema che sostanzialmente parte dalla medesima filosofia di fondo. Lo stesso avviene in Germania, in Olanda e direi che quest'ultima rappresenta il caso più significativo di servizio pubblico gestito dal basso, da associazioni che non hanno nulla a che vedere con i partiti e che compongono oggi quel variegato sistema di servizio pubblico in Olanda.
  È questo il sistema, per venire anche alle osservazioni del senatore Rossi. Questo è un modello europeo, obiettivamente diverso. È vero che si parla da decenni della possibilità di mettere il canone a disposizione anche delle emittenti private. Molte emittenti private hanno tentato già negli anni Novanta di contestare dinanzi Pag. 15alla Commissione europea l'attribuzione del canone soltanto all'emittente pubblica, ma la Commissione e la Corte di giustizia hanno sempre detto che non è così, che gli Stati membri possono decidere come vogliono e non c’è nessun vincolo europeo per cui debba essere messo a gara il canone. Le direttive sugli appalti escludono il settore radiotelevisivo, per cui è ancora consolidato, evidentemente, un modello duale, come avevo ricordato e così come è qualificato nelle istituzioni europee, in cui convivono un soggetto pubblico e uno o più, dipende appunto dalle esperienze nazionali, soggetti privati.
  A maggior ragione è così in Italia. Abbiamo anche vincoli costituzionali, che evidentemente non sono espliciti, ma secondo una sentenza della Corte costituzionale, la n. 284 del 2002, «Il venir meno del monopolio statale delle emissioni televisive non ha fatto venir meno l'esistenza e la giustificazione costituzionale dello specifico servizio pubblico radiotelevisivo esercitato da un apposito concessionario rientrante per struttura e modo di formazione degli organi di indirizzo e di gestione nella sfera pubblica». Questo è il modo in cui oggi è inteso il servizio pubblico in Italia sulla base della giurisprudenza costituzionale, neanche essa forse «Tavola della legge», ma comunque punto di riferimento indispensabile considerato che, se ci si muove al di fuori di questo perimetro, si rischia di fare una legge incostituzionale.
  Alla fine, la composizione a me pare abbastanza equilibrata. Ho sentito varie critiche: chi dice che c’è ancora troppa politica, chi dice che c’è troppa partecipazione delle altre associazioni, che a loro volta possono subire qualche influenza. Forse proprio la formulazione di critiche così diverse significa che alla fine il modello potrebbe essere considerato equilibrato. Oltretutto, francamente, non mi viene in mente al momento – ma può darsi che ci sia – nessuna altra fonte di nomina diversa da quelle che abbiamo indicato.
  Sul canone non abbiamo volutamente dato delle indicazioni di contenuto.

  MARCO QUARANTA, fondatore di MoveOn Italia. Abbiamo rimandato questa discussione. Abbiamo anche avuto incontri con voi. Ci sarebbe da immaginare una delega. È una discussione che vogliamo fare seriamente, è un aspetto importantissimo. Le cose che hanno detto sia Airola sia il Presidente Fico, l'idea che culturalmente faccia parte anche della fiscalità, potrebbe essere un'indicazione che altri Paesi hanno utilizzato.

  ROBERTO MASTROIANNI, comitato tecnico-scientifico di MoveOn Italia. Vorrei fare un'ultima battuta sul canone. Il messaggio che si voleva dare è che l'indipendenza del servizio pubblico è determinata anche dalla fonte di finanziamento, che deve essere distante da influenze politiche; poi il meccanismo può essere meglio qualificato. Ci sono esperienze che sappiamo variegate. In Grecia, che forse non è l'esperienza più felice, si prende il canone dalla bolletta elettrica, in Francia lo si fa in base ai contratti di acquisto e di locazione di immobili. Alla fine, però, la nostra idea è di sganciare la determinazione della fonte di finanziamento della Rai dalla decisione governativa: è cronaca quotidiana che ciò potrebbe minare l'indipendenza della Rai.

  MARCO QUARANTA, fondatore di MoveOn Italia. È una discussione che speriamo di aprire insieme a voi.

  PRESIDENTE. In effetti, proprio in relazione a questo punto, c’è stato da poco il mancato versamento dei 150 milioni di euro alla Rai. Anche questo apre un grande dibattito sull'indipendenza, e quindi sulla raccolta del canone. Se si possono aprire e chiudere i rubinetti a piacimento, è chiaro che un servizio pubblico non sarà più indipendente nei fatti.

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  MARCO QUARANTA, fondatore di MoveOn Italia. Tengo molto a dire che si cita molto la BBC – forse perché è bello dire BBC – ma anche in Inghilterra, avendo molte più influenze sul servizio pubblico il Governo rispetto al Parlamento, ci sono stati problemi analoghi. In Germania non ci sono stati scandali perché c’è equilibrio tra i poteri. E anche il Governo è l'espressione dei partiti, quindi in sé non garantisce l'indipendenza dai partiti. Teniamo moltissimo in questa proposta di riforma a definire questi aspetti e a suggerire l'introduzione di tre soggetti indipendenti. Vi rinnovo l'invito ai nostri lavori.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.