XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 33 di Mercoledì 18 giugno 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Audizione del sottosegretario allo sviluppo economico, Antonello Giacomelli:
Fico Roberto , Presidente ... 2 
Giacomelli Antonello (PD) , sottosegretario allo sviluppo economico ... 2 
Gasparri Maurizio  ... 3 
Margiotta Salvatore  ... 6 
Liuzzi Mirella (M5S)  ... 8 
Rossi Maurizio  ... 9 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 11 
Airola Alberto  ... 13 
Minzolini Augusto  ... 13 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 14 
Marazziti Mario (PI)  ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 16 
Giacomelli Antonello (PD) , sottosegretario allo sviluppo economico ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  Comunico, altresì, che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Audizione del sottosegretario allo sviluppo economico, Antonello Giacomelli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del sottosegretario allo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Ricordo che l'audizione verte sulle misure relative alla RAI contenute nel decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, attualmente all'esame della Camera.
  Do la parola al sottosegretario, con riserva per me e i colleghi di rivolgergli domande e richieste di chiarimento al termine del suo intervento.

  ANTONELLO GIACOMELLI, sottosegretario allo sviluppo economico. Per l'economia dei lavori forse sarebbe più utile – è solo una proposta – che ci fosse da subito la proposizione di questioni specifiche, se ve ne sono. Nel merito del provvedimento credo abbiate già ascoltato per il Governo il Viceministro Morando, che mi pare abbia esaurientemente illustrato la posizione. Se la Commissione ha interesse ad approfondire aspetti più complessivi della questione, si potrebbe procedere così. Altrimenti non ho alcun problema a ribadire quale sia la posizione del Governo in questa fase.
  Mi pare che, dopo le sollecitazioni arrivate da più parti, non solo da autorevoli voci della Commissione stessa, ma anche dal mondo sindacale, dal mondo politico, da vari commentatori e dalla stessa azienda, opportunamente il Presidente del Consiglio abbia indicato la linea di anticipare il confronto e la decisione circa il rinnovo della convenzione con RAI. Il percorso che immaginiamo è di avere entro l'anno tre proposte, tre indicazioni su cui fare un confronto complessivo.
  Il primo tema riguarda il rinnovo della convenzione, il secondo la riforma del canone, il terzo punto il processo di trasformazione della stessa azienda RAI. Del resto, ho visto alcune decisioni assunte in queste ore, e comunque annunciate dai vertici dell'azienda, che vanno già nella direzione in cui il dibattito è andato anche all'interno della Commissione. La nostra intenzione, come ha ripetuto e spiegato Matteo Renzi, è quella di far precedere tutto questo da un percorso di ampia consultazione. L'avevamo forse accennato nella scorsa audizione, ma confermo che è nostra intenzione aprire sull'idea di servizio pubblico, sul profilo del servizio pubblico e sull'attesa che c’è circa il servizio Pag. 3pubblico un confronto che non esaurisca i suoi effetti, o che non si limiti agli ambiti istituzionali, politici o degli addetti ai lavori, ma che investa l'intero Paese.
  Credo che converremo che il rapporto tra il servizio pubblico e il contesto in cui si svolge è un tema che riguarda tutto il Paese. Pertanto, è nostra intenzione promuovere un'iniziativa che consenta non solo a ogni cittadino, ma anche a ogni articolazione del Paese, a ogni realtà, di contribuire, se lo ritiene, a questo confronto, con oggetto: come oggi, nell'interesse del Paese, per la fase che viviamo e per il contesto in cui ci troviamo a operare, si declina un servizio pubblico e quali sono le modalità in cui esso deve essere estrinsecato.
  Il modello a cui ci rifacciamo è quello delle consultazioni che si è già svolto nel Regno Unito. Certamente, c’è un ruolo del Governo, che promuove e che ha la responsabilità di tirare conclusioni e di produrre atti, ma credo che la fase della consultazione debba e possa vedere il protagonismo di diversi soggetti, a cominciare dalla Commissione stessa, ove naturalmente lo ritenga, dalla stessa azienda, dai centri culturali del Paese, ovviamente dai soggetti politici, i quali, però, non hanno bisogno né di particolare incitamento, né di speciali permessi, e dalle realtà associative. Crediamo che molteplici debbano essere le forme che sollecitano questo confronto perché la conclusione che ci troveremo a dover insieme condividere possa raccogliere il maggior numero di contributi possibili e di voci del Paese e debba essere un momento di sintesi di queste questioni. Peraltro, ho visto che ci sono in Parlamento iniziative – mi riferisco a un ordine del giorno che è stato presentato – che mi sembra propongano al Parlamento stesso di indicare al Governo in modo stringente questa strada. Dal punto di vista del percorso c’è, ovviamente, piena sintonia.

  MAURIZIO GASPARRI. Avendo sollevato il problema delle deleghe, sono contento che siano state conferite, onorevole Giacomelli. Ritengo di aver contribuito al chiarimento delle sue funzioni, avendo sollevato in maniera anche scherzosa il tema delle deleghe, che, del resto, in una fase di avvio di Governo era comprensibile potesse avere qualche ritardo.
  Credo che i temi che lei ha richiamato facciano parte di una discussione complessiva e generale, che sarà affrontata nei modi e nelle forme di consultazione e coinvolgimento complessivo generale. In sintesi quindi cerco di fare qualche riflessione. Poi ci saranno tempo e modo di discuterne.
  In primo luogo, resto convinto che la decurtazione dei 150 milioni sia un errore. Non so se la cosa troverà discussioni e seguiti ulteriori, quando e se ci dovessero essere contestazioni. Vedo che alla RAI sono ancora in corso al suo interno una serie di audizioni di costituzionalisti e giuristi. Comunque, quella è una tassa di scopo e la gente la paga riservando alla RAI, volentieri o malvolentieri, il canone, che sappiamo non è popolare. Ai fini anche di una proiezione della RAI come servizio pubblico, come competitore, sottrarre dei soldi, a mio avviso, è un errore. Attualmente, la RAI, per esempio, per i mondiali di calcio, non trasmette tutte le partite, non perché sia distratta, ma perché, a suo tempo, decise liberamente di investire risorse limitate nell'acquisto dei diritti. Molta gente si lamenta perché chi non ha l'abbonamento alla televisione satellitare non ha la possibilità di seguire un evento che, a torto o a ragione, è molto popolare. Non credo che la RAI, con meno risorse, avrà più possibilità di agire. Certo, gli sprechi ci sono, ne abbiamo parlato e non ripeto cose che ci siamo detti nelle audizioni precedenti: sedi pletoriche, spese di varia natura, dirigenti che devono rientrare nei parametri che si stanno adottando in tutta la pubblica amministrazione. Contestare il taglio non vuol dire essere favorevoli agli sprechi. Su questo si è cercato, da parte del Governo, di giocare, ma non credo che sia stata una scelta saggia.
  Per quanto riguarda la discussione di prospettiva, credo che si debba fare anche con un bilancio della situazione esistente e Pag. 4che si debbano innovare leggi e procedure. C’è anche la convenzione in scadenza. Resto dell'avviso che sarà la RAI a svolgere il servizio pubblico. Poi c’è chi sostiene che si debbano fare gare. Si vedrà, però, anche se ci fosse una gara, quella che ha la copertura del territorio, l'informazione locale e tutta una serie di requisiti credo non potrà che essere la RAI. Si vedrà poi quali saranno le vie che si decideranno.
  Credo si debba anche prendere atto che negli eventuali interventi legislativi si debba fare in modo di non mettere in crisi un comparto che ha avuto una crescita in questi anni. Il digitale terrestre, nonostante qualche zona che può avere copertura del segnale migliore, comunque ha moltiplicato la possibilità di canali, non solo nell'emittenza pubblica, al punto che a volte ce ne sono anche più di quelli che sarebbero necessari. Una riorganizzazione sotto quel profilo è assolutamente auspicabile. Non è scritto da nessuna parte che la RAI debba avere 15 canali. Le leggi vigenti, lo sottolinea il sottosegretario, già consentono, volendo, la cessione o di quote della holding RAI, ove fosse quotata in Borsa, o di rami di azienda. Non è vero che il servizio pubblico deve avere 15 canali per forza: potrebbe avere sinergie anche in canali tematici, in canali che lodevolmente sono rivolti al cinema, ai minori o ad altro. Credo che la moltiplicazione dei canali possa essere la premessa, al limite, per concentrare il servizio pubblico su una parte di questa realtà, destinandone un'altra a diversi percorsi. Tutto questo è stato possibile grazie alla moltiplicazione dell'offerta, che poi si è estesa anche alle realtà private e commerciali. Poi c’è stato l'avvento di una realtà satellitare importante, che fa investimenti, come abbiamo visto, non solo nell'informazione, ma ormai anche nel cinema e nella fiction e che quindi è un'altra realtà importante nel Paese. La riflessione deve dunque tener conto del fatto che si è creato in Italia un sistema molto più articolato che nel passato, con un pluralismo forte. Se ci sono più emittenti di varia natura, è evidente che ci sia una maggiore rappresentazione di idee e di contenuti.
  Non vorrei che approcci rozzi, e quello dei 150 milioni lo è, francamente, vadano a squilibrare un sistema che è stato tra i settori che, mentre l'Italia vede la siderurgia che arretra e tanti altri settori maturi o decotti, hanno visto la nascita di molte più imprese di prima. C’è un po’ di fatica nell'emittenza locale, me ne rendo conto, ma in Italia c'era anche una presenza di 600 televisioni locali, non tutte in grado di reggere il confronto.
  Credo quindi che si debba tener conto che stiamo parlando di un settore che ha visto una crescita positiva, il che vuol dire anche occupazione, lavoro, società che hanno prodotto e che producono in termini di tecnologia, e non solo quelle che fanno contenuti elevati. Per non anticipare tutto ciò che discuteremo nei tempi futuri, mi fermo.
  Per quanto riguarda il canone, resto dell'avviso che la prima cosa da fare sia la lotta all'evasione, che tutti i Governi, di un colore o di un altro, non hanno mai portato a fondo, perché, a mio avviso – lo dico con trasparenza – c’è sempre l'esitazione nell'andare a colpire fasce di evasione con una tassa. Tale è il canone, che è tra le più impopolari. Quando si fanno i sondaggi, pur non essendo la più cara, il canone risulta essere una di quelle più detestate, perché, da quando ci sono le televisioni commerciali, la gente giustamente chiede per quale motivo per vedere altre reti debba pagare. È un dibattito, questo, che ha reso il canone impopolare. Credo che si debba introdurre l'automatismo nell'incasso del canone. Sono anni che ci sono tante proposte di abbinarlo ad altri tipi di incassi, come bollette elettriche e altro. Credo che sia l'unica soluzione. All'interno della lotta all'evasione si può anche rendere quest'obbligo effettivo di pagare il canone meno sofferto dalla popolazione con una riduzione generalizzata, e non solo per alcune fasce. La questione fu già affrontata anni fa. Ricordo al sottosegretario una norma, che spero sia rispettata, per cui al di sopra di una certa Pag. 5età c’è l'esenzione del pagamento del canone. Si può intervenire, sperando che poi l'esenzione dal canone non vada a premiare i furbi, perché c’è sempre il dubbio che, quando si prendono le dichiarazioni dei redditi, gli evasori non siano veramente i poveri, non siano quelli che hanno i redditi più bassi, ma siano solo i più furbi. Questo, però, è un altro tema.
  Credo quindi che la questione che si riproporrà sia quella di un incasso generalizzato, con procedure adeguate, che consentirà, avendo una platea più vasta di paganti, sia di rendere possibili interventi come quello che è stato fatto recentemente, sia di modulare, o per fasce sociali, o per fasce di reddito, o per età, o per altri parametri che si decideranno, esenzioni o abbattimenti.
  Per quanto poi riguarda la questione dei vertici RAI – lo dico al sottosegretario Giacomelli, ma, ripeto, anche questo è un tema tipicamente parlamentare – quando si fece la legge di riforma approvata nel 2004, la norma sull'elezione del Consiglio di amministrazione non c'era nella stesura originaria. Questo non per una dimenticanza, ma perché decidemmo all'epoca di affidare questo tema alla discussione parlamentare. Teniamo conto che una sentenza della Corte costituzionale del 1975 pone dei paletti sul ruolo del Governo e su quello del Parlamento. Il Governo, difatti, designa il direttore generale e ha un suo ruolo nella designazione parziale dei vertici della RAI nel Consiglio, ma il grosso della designazione avviene in Parlamento e attraverso la Commissione parlamentare di vigilanza.
  È chiaro che c’è tutta la polemica sui partiti e l'invadenza. La conosciamo. Benissimo, siamo tutti d'accordo. Quel metodo fu definito in Parlamento e non è immodificabile. Facciamo attenzione a capire quali possano essere le alternative. Ripeto al sottosegretario quello che ho detto – mi scuso con i colleghi, sarò rapidissimo – e che ho già detto in altre occasioni recenti. Il Parlamento può essere imperfetto, poco rappresentativo, discutibile, però in Parlamento i partiti che non c'erano, se hanno i voti, ci sono e partiti che c'erano, scompaiono. In sostanza, la democrazia, in qualche forma, con l'astensionismo o altro, si rappresenta e, quindi, alla fine, dà una voce al Paese e a come si conforma.
  A parte i limiti posti dalla sentenza della Corte che il Parlamento dovette rispettare, tant’è vero che poi su questa legge vigente non c’è stata alcuna contestazione in termini costituzionali, in particolare su queste nomine dei vertici non vorrei che passassimo dal Parlamento alla Commissione per la vigilanza a non si sa chi. È bellissima una public company, una società di cittadini, ma a quel punto, allora, si può fare il sorteggio tra quelli che pagano il canone. Può essere un criterio. Ho sentito, caro sottosegretario, in passato, evocare i rettori, l'Accademia dei Lincei e altre cose meravigliose, di cui mi chiedo la rappresentatività democratica, alla fine, perché i rettori saranno cento. Da quanti professori sono eletti ? Fossero anche 100.000 professori, ma non lo sono, sono di meno, chi ha detto che siano più rappresentativi del Parlamento ? Questo tema anche nel passato fu discusso, lasciandolo alla riflessione parlamentare, non solo perché comunque è il Parlamento che fa le leggi. La norma non si scrisse proprio per farla nascere nella discussione parlamentare. La norma è perfettibile e modificabile, ma facciamo attenzione, perché poi immaginare meccanismi da parte del Governo è impossibile per i limiti delle sentenze. Inoltre, alla fine, gira e rigira, di proposte un po’ più democratiche e rappresentative non è che ne abbia sentite molte e alcune di quelle che ho sentito in questi anni erano francamente molto opinabili. Questo sarà un tema fondamentale.
  Concludo dicendo anche al sottosegretario che, anche per quanto riguarda altri aspetti, quali limiti antitrust e concorrenza, dobbiamo fare attenzione, perché nel mondo si stanno formando conglomerati. Non è un caso che si parli di Al Jazeera che investirebbe in emittenti italiane. Non è un caso che Murdoch unisca le sue televisioni tedesche, inglesi e italiane. Facciamo attenzione al nanismo imprenditoriale, che potrebbe mettere in Pag. 6ginocchio il servizio pubblico, di cui ci occupiamo, e il sistema nel suo complesso. Si tratta di una discussione che è bene avvenga in maniera pubblica, ampia e partecipata per evitare che per pregiudizi ideologici si vada ad azzoppare un settore che comunque ha avuto una crescita molto maggiore rispetto al passato.

  SALVATORE MARGIOTTA. Innanzitutto anch'io mi unisco al ringraziamento al sottosegretario per essere qui. Credo che questa sia una delle sedute importanti di questo ciclo di audizioni che abbiamo voluto svolgere. Ha ragione il sottosegretario quando dice che, naturalmente, per fatti conclusivi, il decreto n. 66 è superato e, quindi, non è su quello che dobbiamo discutere. Peraltro, voglio dare atto al Governo che ha consentito, nel corso dell’iter parlamentare del decreto, di migliorarlo notevolmente, con due provvedimenti non da poco, cioè con l'esenzione della RAI dalle previsioni dell'articolo 20 e con l'approvazione in Senato di un emendamento a cui ho lavorato insieme ad altri colleghi, peraltro qui presenti, come il collega Fornaro, che garantisce almeno la presenza di una redazione. Come dicevo, il decreto è stato migliorato, garantendo la presenza almeno di una redazione giornalistica, il che ci sembrava il minimo indispensabile per ritenere che la RAI possa continuare a svolgere servizio pubblico e possa continuare a svolgerlo nei territori. Intanto certamente voglio dare atto al Governo di aver aiutato il Parlamento a migliorare il testo del Governo stesso.
  La grande novità, che pure, sottosegretario, era già in qualche modo implicita nella prima audizione che lei ha avuto qui, è, però, che questo Governo, e di conseguenza questo Parlamento, intende usare la parte di legislatura che ci rimane – io mi auguro lunga – per porre mano in maniera determinata e determinante a un ridisegno del servizio pubblico e, dunque, della RAI. Non sono solito mescolare questioni di partito a vicende istituzionali, ma certo il fatto che all'Assemblea nazionale di domenica il premier, nonché segretario nazionale del nostro partito, abbia dedicato molti minuti della sua relazione, in percentuale subito inferiori solo a quelli dedicati alle riforme costituzionali, alla RAI, significa che per il Governo è uno dei temi centrali. Come abbiamo più volte detto, vi è la consapevolezza che si cambia il Paese anche se si cambia la RAI, che le due cose vanno di pari passo. Dunque, come parlamentari siamo pronti ad accettare la sfida che il Governo lancia.
  Abbiamo appreso, come ancora una volta il sottosegretario ci aveva già detto, che sicuramente ci sarà un ampio coinvolgimento di diversi mondi, ovviamente anche dei dipendenti RAI, ma non solo, ma soprattutto della cittadinanza intera. Al sottosegretario Giacomelli dico, anche per l'amicizia che ci lega, che sappiamo che il compito non sarà semplice. Le attese, le aspettative, le ansie intorno all'argomento sono notevoli e la partita non è di poco conto. Faremo il nostro lavoro sia in Commissione di vigilanza sia, naturalmente, nelle sedi più proprie, ossia quelle parlamentari, e proveremo anche noi a essere protagonisti di questa lunga fase.
  Ciò premesso, è evidente che i temi essenziali sono tre ed è altrettanto evidente che il sottosegretario non può darci su nessuno dei tre ricette precostituite, altrimenti smentirebbe la volontà del Governo di aprire una lunga fase di consultazione. Non chiedo dunque nello specifico. Voglio soltanto, anche in questo caso a volo d'uccello, fare una panoramica su tre questioni, tra cui quella del canone, di cui peraltro il sottosegretario ha più volte parlato. Gasparri la definiva una tassa iniqua perché la paga anche chi non vede la RAI. Ho letto in una dichiarazione di Giacomelli che è una tassa iniqua anche e soprattutto perché incide allo stesso modo sulle tasche nostre, che siamo a redditi sicuramente privilegiati, e su quelle del disoccupato, per cui è giusto che ci si ponga mano in maniera netta, così come è giusto che si provi a sconfiggere l'evasione fiscale o, almeno, a ridurla di molto.
  Neanche io ho idee precise sulla vicenda governance. Si parte, come sempre, Pag. 7dall'affermazione di principio che vede tutti d'accordo, anche perché così si prendono gli applausi, per cui la politica deve essere fuori dalla governance della RAI. Siamo tutti d'accordo su questo. Poi si arriva alle considerazioni, che devo riconoscere avere qualche pregio, del presidente Gasparri, secondo il quale, se non sono organi democraticamente eletti a occuparsi del servizio pubblico, non si capisce bene chi debba essere. È chiaro che bisognerà cercare la soluzione tra questi due estremi. A me piace l'idea che possa essere il Presidente della Repubblica, ad esempio, visto che è forse l'unica autorità che tutti consideriamo al di sopra delle parti, ma capisco che anche questa proposta abbia un elemento almeno di problematicità.
  Vengo al terzo punto, quello più vero. Non sono d'accordo con chi ritiene, come pure ho letto più volte, che, risolti la governance e il canone, il tema sia chiuso. È esattamente il contrario. Secondo me, il tema è tutt'altro, di contenuti, di programmi, di progetto, di cosa si vuole che sia il servizio pubblico, se è vero, per citare ancora una volta parole di Renzi, che il tema RAI vada introdotto nel contesto molto più ampio del tema dello sviluppo del Paese a partire dal bello, dalla cultura, dai nostri atout fondamentali, dalle carte che abbiamo da giocarci più di ogni altra, e che in questo schema complessivo si introduce la RAI, come si dice sempre con un ritornello che è quasi un mantra, quale principale industria culturale del Paese.
  Come si riorganizza l'informazione ? Ne abbiamo parlato qui anche di recente con il consiglio d'amministrazione: le ricette non sono facili da trovare, ma non c’è dubbio che non si possa continuare con l'idea di tre testate giornalistiche corrispondenti alla riforma del 1975, peraltro a partiti che non esistono più. Qual è il rapporto tra un all news che funzioni e i telegiornali sulle tv generaliste ? So bene che sono argomenti su cui, peraltro, il sottosegretario ha esperienza anche professionale e di vita.
  Concludo, invece, con una preoccupazione, che mi pare esista, relativa anche al lavoro che abbiamo svolto noi, ma naturalmente quella sarebbe parva res. Abbiamo licenziato un contratto di servizio su cui lo stesso sottosegretario ha espresso parole di lode, delle quali siamo grati, lavorandoci mesi e svolgendo un lavoro cospicuo e corposo di ascolto, oltre che di proposta e di emendamenti. Non ho ovviamente dati per sostenere cosa fosse successo le altre volte, ma certamente questa volta non solo abbiamo ascoltato molto, ma abbiamo modificato ed emendato molto. Certamente, il contratto di servizio che ne è emerso è testo migliore di quello che il precedente Governo e la medesima azienda RAI ci avevano sottoposto. La presidente ci ha scritto due righe garbatissime per dirci che apprezzano il lavoro svolto, ma che sia chiaro, a valle del taglio, che hanno bisogno di pensare molto a se, come e quando andare alla sottoscrizione di questo contratto di servizio. Poi si è aperto questo dibattito enorme, come abbiamo richiamato un attimo fa, per cui capisco, da quello che sento, che l'azienda stessa, oltre che il Governo, sia in imbarazzo anche per un contesto in cui tutto si modifica. Abbiamo provato a scriverlo guardando al futuro, ma comunque ha un appesantimento rispetto a quella che sarà la RAI del futuro, rappresenta un altro tema tosto su cui confrontarsi. La non sottoscrizione dello stesso, però, rischia contemporaneamente di determinare una fase di incertezza nei prossimi mesi, un po’ inevitabile, dico al Sottosegretario, che è troppo esperto per non saperlo. Sono inevitabili certi indugi in una fase in cui si dice che si vuole cambiare tutto, che l'azienda può vivere una fase di stasi, di transizione, di difficoltà, come capita a ciascuno di noi in quel tipo di fase. Poiché, però, non possiamo ritenere che quei mesi vadano perduti, chiediamo al Governo e all'azienda, a ciascuno con le proprie prerogative e per la parte che compete, di affrontare il tema contratto di servizio anche per dire alla nostra Commissione quali parti dello stesso siano attuabili e quali, invece, saranno state una mera Pag. 8esercitazione formale, pure utile per imparare un po’ di cose, ma che certo non è nello spirito con il quale abbiamo lavorato.

  MIRELLA LIUZZI. Mi riallaccio proprio a quest'ultima considerazione sul contratto di servizio. Come detto, abbiamo impiegato parecchi mesi per studiarlo, per emendarlo e ne è uscito un buon lavoro, sicuramente migliore del precedente. Il precedente è stato formalizzato dal Ministro dello sviluppo economico dopo un anno dall'espressione del parere. Qui stiamo parlando di anticipo della concessione RAI, di rivedere il canone, ma di qualcosa che è già sul tavolo del Ministero, ovvero il contratto di servizio, non abbiamo ancora notizia. Colgo quest'occasione anche per chiedere i tempi e le modalità nelle quali ci sarà una risposta al contratto di servizio che abbiamo licenziato con il parere in questa Commissione.
  Per un anno la nostra attività in Commissione vigilanza RAI è stata molto basata anche sul rinnovo della governance. Ricordo diverse audizioni dello scorso governo, nelle quali era garantito il ruolo principale del Parlamento, come si può vedere dai resoconti stenografici. Alla domanda su chi dovesse occuparsi del rinnovo della governance della RAI la risposta è sempre stata che doveva essere il Parlamento, che il Governo avrebbe atteso gli sviluppi del Parlamento e che in base a quelli avrebbe agito. Benissimo. Da qualche giorno, invece, anche grazie a quest'ordine del giorno, il Governo viene incitato a presentare entro il 31 dicembre 2014 una proposta di rinnovo, probabilmente tramite decreto, da offrire alla discussione parlamentare. È stato offerto alla discussione parlamentare il decreto IRPEF, dove in pratica si sono svendute quote di RAI Way per colmare una lacuna di 150 milioni, e mi chiedo se avverrà la stessa cosa anche per la governance, se sarà offerto tramite ricorso a due fiducie, sia alla Camera sia al Senato, al contributo parlamentare, a questo punto. Ormai, infatti, siamo ai livelli di 13 fiducie, forse arriveremo presto a 14: non vorrei che l'azione del Governo si ritenesse esclusiva del Governo, fermo restando che, dal nostro punto di vista, auspichiamo un intervento molto più preciso e costante del Parlamento, non del Governo.
  Faccio parte della Commissione trasporti della Camera dove abbiamo deliberato da quasi un mese un'indagine conoscitiva sul servizio pubblico proprio in vista di un rinnovo della governance di stampo parlamentare. A questo punto, mi chiedo che senso abbia l'attività della Camera e, nello specifico, della Commissione di cui faccio parte se il Governo deve presentare un proprio modello. Qual è lo scopo di quest'indagine conoscitiva ?
  Veniamo alla scadenza della concessione, che è stata anche presentata come emendamento nel contratto di servizio per far coincidere la fine del contratto di servizio con la fine della concessione con la RAI. Francamente, capiamo i motivi di questa accelerazione. Evidentemente, si vuol fare tutto e subito, laddove in realtà nel contratto di servizio che ripeto abbiamo licenziato qui poco fa è scritto qualcosa di diverso e anche nei discorsi che abbiamo fatto qui si propendeva per qualcosa di diverso, ma le cose cambiano.
  Per il canone, aspettiamo delle soluzioni da parte del Governo. Anche di questo abbiamo parlato. Il presidente Fico, proprio durante il contratto di servizio, ha presentato un emendamento nel quale si chiedeva al Governo o alla RAI di trovare delle soluzioni per recuperare in parte l'evasione del canone, in modo da diminuire la stessa quota del canone, quindi un'azione propositiva per la diminuzione dello stesso canone.
  In generale, come Movimento 5 Stelle, siamo molto interessati a partecipare a questa discussione sulla governance. Ne abbiamo parlato diverse volte e a parole siamo tutti molto bravi, come è stato ricordato prima, a voler eliminare la politica dalle decisioni della RAI, la preponderanza delle decisioni politiche nei vertici, nel consiglio d'amministrazione, soprattutto i conflitti di interesse. Ne abbiamo sollevati anche diversi, tuttora in capo al consiglio d'amministrazione.Pag. 9
  Chiedo che sia rispettato il ruolo del Parlamento, la nostra capacità anche di formulare dei testi, perché è questo il nostro ruolo. Credo che il Parlamento, composto non solo da maggioranza, ma anche da opposizione, debba farsi carico, nei modi che possiamo stabilire, di questa riforma della governance della RAI, su cui probabilmente anche altri gruppi politici, compreso il Movimento 5 Stelle, potrebbero presentare una proposta di legge.

  MAURIZIO ROSSI. Cercherò di andare per punti, altrimenti mi serviranno due ore e già l'altra volta ho preso molto tempo.
  Innanzitutto, sono felice che finalmente lei abbia avuto queste benedette deleghe, di cui abbiamo avuto modo di parlare. Lei è sicuramente, secondo me, la persona giusta al posto giusto. Poi, come la politica la condizionerà o come la sta già condizionando, questo è un punto che dovremo verificare.
  Sul contratto di servizio, infatti, credo che sappia che ho inviato una lettera a RAI, al Ministero e alla Corte dei conti nella quale dicevo che non devono essere recepiti tutti gli emendamenti che portano aumento di costi. Ho condotto questa battaglia durante tutto il dibattito del contratto di servizio, come sapete, quando non si sapeva ancora che ci sarebbe stato il taglio di 150 milioni. A mio giudizio, il contratto di servizio porta gravi aumenti dei costi, quindi sicuramente non saranno recepiti molti punti. I miei emendamenti sono stati tutti bocciati, ma sono stati ripresi integralmente da Cottarelli e dal Governo, quindi non posso che esserne felice. Leggo oggi, addirittura, che Gubitosi «arriva nel mio carruggio», come diciamo a Genova, accorpando cioè i canali digitali – è uno degli emendamenti, andate a vederli – e le redazioni, un altro dei miei emendamenti, come pure potete verificare.
  Su RAI Way non voglio proporre la solfa dell'altra volta.
  È andata benissimo: è come se vedessi tutte le sere al bar Renzi e Cottarelli. Tutto quello che ho chiesto sta venendo fuori. Anche sugli sperperi delle redazioni è stato dato un contentino o è stata fatta una mediazione tra il segretario del PD e il partito della RAI, ma sostanzialmente si è arrivati dove si voleva, cioè non vengono chiuse le redazioni, ma oggi possono anche essere ridotte a una stanza con due giornalisti dentro. È passato quello che doveva, cioè il concetto per cui ci sono sperperi nelle sedi regionali della RAI.
  Su RAI Way chiedo, cortesemente, al sottosegretario, se ne avrà la cortesia, di leggere tutte le richieste che ho formulato al presidente della RAI Tarantola, la quale dopo una settimana non era in grado di rispondermi. Mi ha detto che mi avrebbe risposto per iscritto. È passata un'altra settimana e non abbiamo ancora ricevuto una risposta. Come membro di una Commissione di vigilanza sollecito su questo tutti i colleghi, perché penso che oggi possa capitare a me e domani a un altro. A luglio dell'anno scorso ho formulato un'interrogazione, come gli uffici lo sanno bene, nella quale richiedevo quali fossero i costi di ogni singola sede regionale della RAI, ma non per nominativo di persona. Volevo sapere, ad esempio, quale fosse il costo eventuale di una sede con 100 o 500 persone ! È l'unica interrogazione di tutta la Commissione a cui non è stata data risposta ! Credo che questo sia inaccettabile ! Non conto nulla, perché sono anche del gruppo misto, non ho un partito diretto, ma dico che c’è da vergognarsi e invito il Presidente a prendere una posizione su questo punto ! È una mancanza di rispetto non a me, ma al ruolo di un commissario ! Ho riformulato la stessa domanda anche al presidente Tarantola: a oggi, dopo quindici giorni, non ho ricevuto risposta ! Come facciamo ad analizzare dei fatti se non conosciamo i dati ! ? Il direttore Gubitosi è venuto qua sostenendo, praticamente, che la vendita di RAI Way riguarda 2.500 torri ! Non sa Gubitosi, come ho spiegato alla Commissione nella relazione, che riguarda anche tutti i transiti e gli impianti, che vuol dire migliaia e migliaia di impianti ! Se non sappiamo cosa vendiamo, di cosa stiamo parlando ! ? Siamo dei politici che devono sciacquarsi la bocca o vogliamo capire di cosa stiamo Pag. 10parlando ! ? Voglio sapere, e chiedo che la Commissione abbia il diritto di saperlo, cosa c’è in RAI Way e cosa vendiamo, ma penso che sia un diritto di tutti.
  La prego, sottosegretario, non mi parli di rinnovo. Lei non può, perché a oggi è una terminologia sbagliata. Non voglio fare disquisizioni né inviarle un parere pro veritate per cui il termine «rinnovo» oggi non può essere utilizzato. A oggi, si tratta di una scadenza 2016. Se ci saranno delle leggi che cercheranno di aggirare il problema della scadenza, si tratterà di vedere se le leggi del Parlamento saranno legittime o in contrasto con l'Unione europea e, eventualmente, ci saranno delle cause per dire che non sarà possibile parlare di rinnovo, ma si dovrà passare per una gara. Usiamo, però, a oggi, per favore, i termini giusti.
  Dicevo anche dell'analisi del numero dei dipendenti e dei dirigenti per ogni sede. Sono lieto che siano stati usati i miei emendamenti. Consiglio un'analisi, come ho già detto al presidente Tarantola, per capire effettivamente il costo di ogni singolo canale RAI. Qualsiasi imprenditore, in qualsiasi settore ha dei centri di costo ! Non è possibile, di nuovo, parlare a vanvera ! Abbiamo bisogno di disporre di dati. Credo che sia nostro diritto averne. Per un'analisi si devono conoscere dei dati semplicissimi nel mondo televisivo, in qualsiasi settore del mondo televisivo e dell'editoria. Dobbiamo sapere quanti dipendenti ha ogni canale, il suo costo, quali sono gli ascolti e quali i ricavi e l'effettivo servizio pubblico. Un canale, infatti, può avere anche pochi ascolti, ma essere veramente magari l'unico di servizio pubblico, che io rispetto di più di altri !
  Nel momento in cui, però, dobbiamo analizzare gli allenatori, come Monica Maggioni, di cui in questi giorni si dice che addirittura potrebbe diventare direttore di un teorico canale di accorpamento tra RAI2 e RAI news, mi chiedo sulla base di cosa giudicheremo e cosa la RAI giudicherà di una persona come Monica Maggioni, che con 180-200 giornalisti – vedremo i dati – fa meno dello 0,50 per cento di share. Bisogna anche capire se gli allenatori delle volte non vadano cambiati. Io non vengo invitato ai convegni. Capisco che ho delle posizioni estreme, però invito tutti a una considerazione: ieri c'era un importante convegno. Non sono stato invitato e non ho partecipato per educazione, sebbene in molti mi abbiano detto di andare perché sarebbe stato interessante. Ho un'educazione per cui partecipo agli eventi se sono invitato, altrimenti vuol dire che non si è graditi e, quindi, non ci si va. Leggo, però, dai giornali e suggerisco una cosa: se volete continuare a farvi i convegni all'interno del partito pro-RAI, invitando coloro che sono favorevoli a determinate posizioni, fatelo pure. Noi inizieremo a fare veramente i convegni con i cittadini per sapere cosa ne pensino loro della RAI.
  Ho fatto un unico sondaggio, che è sul sito cambiamolarai.it: andate a vedere i risultati. Ne verranno fatti altri, d'ora in poi.
  Non faccia una commissione, sottosegretario, per cortesia, di gente della RAI, di ex direttori RAI, di ex parlamentari vicini alla RAI. Non si può lavorare così. Non si fa così. Se vuole fare una commissione, la faccia di gente totalmente fuori dalle parti, oppure con tutte le parti dentro, altrimenti diventa una cosa ridicola. Diventa solo un convegno per dire: «Ragazzi, come facciamo a giustificare il fatto che dobbiamo ancora fregare gli italiani per i prossimi dieci anni ?» Se vogliamo fare questo, fatelo pure. Certamente, anche se mi invitate, a quel tipo di convegno non ci verrei.
  Le garantisco che, per quanto riguarda il taglio dei 150 milioni, si può fare molto di più. Il mondo dell'editoria, tutto, dalla carta stampata, alle televisioni, alle radio – con riferimento a quelli che non sono falliti – ha tagliato dal 20 al 50 per cento in questi anni.
  Smettiamola di dare alla RAI una posizione dominante, in cui si approfitta della posizione di privilegio che ha nei confronti di tutto il resto del mondo dell'informazione italiano e che hanno i dipendenti RAI nei confronti di tutto il resto del mondo dei dipendenti di tipografie, Pag. 11giornali, radio e televisioni, che sono in cassa integrazione. Se dobbiamo interpretare la questione in un determinato modo, si aprano la cassa integrazione e i contratti di solidarietà anche alla RAI, al pari di tutti gli altri. Perché deve esserci un privilegio di sperpero nella RAI, quando in tutto il resto del mondo dell'informazione del Paese, invece, c’è una sofferenza bestiale ?
  Per questo il 2016 diventa il giorno e il momento in cui va visto tutto il sistema dell'informazione, perché con quel contratto, dove ci sono sia soldi, sia il concetto di servizio pubblico, non si può andare avanti un giorno di più.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Mi fa piacere, avendo appena sentito l'intervento del senatore Rossi, che sia così entusiasta del provvedimento. Voglio tranquillizzarlo anche sulla parte che faceva riferimento al fatto che non ha ricevuto risposte. Tenga conto che anche il collega Anzaldi è in debito di risposte, ragion per cui è in buona compagnia, senatore Rossi. Non ne faccia un caso così personale.
  Sul decreto legge n. 66, presidente, noi abbiamo più volte, nel corso di questo percorso auditivo, avuto occasione, come Partito Democratico, di intervenire per sostenere le ragioni del nostro supporto al decreto stesso, argomentandolo e cercando, in alcuni casi, anche di confutare alcuni giudizi che nel corso di questa discussione si andavano rafforzando, vedendo poi che non erano comprovati.
  Per esempio è occasione di confronto e di posizioni diverse tra di noi RAI Way. Noi continuiamo a ritenere che la cessione di una quota di minoranza non si possa configurare, come lei ha detto, come una svendita. Pensiamo, al contrario, che si tratti di una valorizzazione di un asset che può rientrare in una valorizzazione sistemica. Questo sulla scorta anche della riflessione che aveva fatto qui il direttore generale Gubitosi, usando come esempio il parametro Terna, un campo diverso, ma con la stessa idea di valorizzazione.
  Visto che siamo giunti al compimento del percorso parlamentare di conversione del decreto-legge e che abbiamo avuto da un paio d'ore, il voto finale alla Camera sul testo della legge di conversione, credo che sia giusto rivendicare in questa Commissione anche il lavoro che abbiamo svolto, pur non avendo noi competenza diretta sul decreto, visto che essa spettava alle Commissioni competenti e all'Assemblea.
  Credo però che sia stato fatto un lavoro di rilievo con le audizioni, il confronto e l'approfondimento. Peraltro, è giusto ricordare che sono maturati in questa Commissione anche alcuni interventi di correzione. Era negli impegni del viceministro Morando dare l'assenso a emendamenti che escludessero l'applicazione dell'articolo 20, quello delle società partecipate, alla RAI, così come a un intervento di definizione rispetto alla garanzia dell'informazione a livello regionale, mantenendo la flessibilità organizzativa all'azienda. Si tratta di emendamenti che sono stati recepiti grazie al lavoro fatto nella Commissione del Senato su iniziativa dei colleghi Fornaro e Margiotta. Ciò non ci consente di rivendicare solo una funzione svolta da questa Commissione, ma anche, secondo me, di poter utilizzare fino in fondo l'occasione offerta dal decreto legge n. 66, ossia da quello che effettivamente c’è stato intorno a questo provvedimento.
  Si è suscitato, infatti, l'interesse rispetto all'azienda RAI, cosa che non avveniva da tempo, e soprattutto si è aperto un dibattito, un confronto rispetto al futuro di queste azienda. Credo sia un'occasione, come abbiamo detto più volte, da non perdere e che su questo aspetto dobbiamo tenere un ruolo di stimolo, come Commissione di vigilanza.
  L'ultima riflessione rispetto all'iter parlamentare è sull'ordine del giorno che è stato richiamato, quello che abbiamo approvato ieri. È un ordine del giorno su iniziativa dei membri della Commissione vigilanza RAI del PD. Abbiamo presentato un ordine del giorno innanzitutto raccogliendo gli stimoli e le dichiarazioni del sottosegretario Giacomelli, le prime che aveva fatto qui in audizione e poi, nel Pag. 12corso delle settimane, le altre dichiarazioni pubbliche che ha svolto. Le abbiamo raccolte, sistematizzandole e offrendole alla discussione parlamentare, in maniera tale che ci si potesse esprimere prendendo anche un impegno e chiedendo al Governo un impegno.
  La prima questione è quella della grande consultazione, cui si è fatto riferimento. A nostro giudizio, anche sulla base delle cose che diceva il sottosegretario, si può e si deve concludere entro l'anno e si deve far sì che sia una consultazione di ampio respiro, che coinvolga certamente gli stakeholder dell'azienda e, quindi, l'azienda e i sindacati, tutti soggetti che, peraltro, stiamo già ascoltando in queste settimane. Pensiamo tuttavia che si debba avere la capacità di allargare la discussione, in modo che si riesca a incrociare l'interesse e la partecipazione dei cittadini e dell'opinione pubblica. Il riferimento al Royal Charter Act è per dare un riferimento al tipo di consultazione e di possibile mobilitazione intorno al tema della funzione e della missione del servizio pubblico.
  Il secondo impegno che abbiamo chiesto al Governo è quello di concludere questa consultazione entro l'anno, in maniera tale da sistematizzare e da offrire i contributi emersi in questo percorso alla discussione parlamentare. Sono d'accordo con la collega Liuzzi: deve essere il Parlamento il luogo nel quale, in ragione di questa mole di contenuti, ci sia una discussione, nella quale, a nostro giudizio, l'obiettivo deve essere quello dell'anticipo della concessione. Il frutto di questa grande consultazione deve essere un impegno della politica non solo a far discutere sul futuro della RAI, ma anche a rendere concreto il futuro dell'azienda con una scelta come quella di anticipare alla primavera del 2015 il rinnovo della concessione. Senatore Rossi, noi usiamo la parola «rinnovo» perché siamo convinti che di questo si debba trattare. Evidentemente il rinnovo si può ottenere soltanto con una legge e io credo che questo debba essere l'impegno del Parlamento: recepire i contributi, fare una legge che abbia al suo interno gli obiettivi di servizio pubblico e, intorno a questo perimetro, definire gli obiettivi e gli strumenti per l'azienda RAI affinché possa corrispondere a questi obiettivi e, quindi, arrivare al rinnovo della concessione.
  Il terzo obiettivo è quello della riforma del canone. Ne ha parlato il sottosegretario. Crediamo che questa sia assolutamente necessaria e che si debba per forza accompagnare alla riflessione rispetto al futuro dell'azienda.
  È evidente che questa discussione, con queste caratteristiche, porti con sé la necessità di una riflessione ancora più ampia. A conclusione di questo percorso, si dovrà aprire il dibattito e si dovrà tener conto degli stimoli, dei percorsi e dei modelli a cui si guarda. È indubbiamente necessario intervenire rispetto all'attuale governance dell'azienda. A nostro giudizio, bisogna intervenire anche sull'attuale legge, la legge Gasparri, rispetto alla quale abbiamo un punto di vista completamente diverso. Siamo convinti che la legge Gasparri sia parte del problema, perché costituisce una fotografia statica delle distorsioni del duopolio, che è ciò che va superato dal punto di vista complessivo di sistema. Crediamo che questa discussione abbia al proprio interno anche la necessità di un confronto.
  Come Commissione di vigilanza dobbiamo svolgere un ruolo in questa discussione, così come abbiamo provato a fare – e alcuni risultati sono arrivati – rispetto al decreto-legge n. 66. A questa discussione così ampia dobbiamo anche noi partecipare con gli altri, offrendo suggestioni; anzi, credo che si debba raccogliere lo stimolo espresso dal Sottosegretario Giacomelli nell'introduzione. Penso che da qui ai prossimi mesi la Commissione di vigilanza debba fare un lavoro per consentire di sistematizzare materiali che possano consentire al complesso del Parlamento di procedere.
  Nella scorsa legislatura, i lavori di questa Commissione erano iniziati con un ciclo seminariale, allora promosso dal presidente Zavoli, che concerneva una riflessione di sistema guardando anche agli altri Pag. 13Paesi europei, alle sfide del digitale, alla sfida tecnologica. Quei materiali in buona sostanza sono stati utili, ma sono rimasti lì dal punto di vista dell'impatto legislativo: credo invece, in ragione delle cose che ho detto, e che hanno detto diversi commissari, che qui siamo di fronte alla possibilità di compiere passi avanti dal punto di vista legislativo.
  Dobbiamo corrispondere al nostro ruolo costruendo un percorso che guardi, se non all'esempio dell'iniziativa del presidente Zavoli, all'esempio delle cose che abbiamo fatto in questa legislatura, ma abbia questo obiettivo, in maniera tale da svolgere fino in fondo il nostro compito.

  ALBERTO AIROLA. Ringrazio il sottosegretario Giacomelli. Sarò rapidissimo, poiché hanno già parlato tanto i colleghi, coprendo molti punti.
  Un altro stimolo e una riflessione importante da fare, secondo me, riguardano l'ipotesi di una legge sul conflitto di interessi, in previsione di un ripensamento anche della RAI, di eventuali operazioni commerciali che ne potrebbero seguire. Di questo forse il nostro Paese ha bisogno.
  Nell'ambito di quello che diceva il collega Peluffo, cioè il superamento di un duopolio permesso dalla legge Gasparri, avverto la necessità di esprimere la preoccupazione che la nuova RAI non diventi un monopolio, cioè che non diventi un canale unico di informazione. Siccome ho sentito parlare di una «Leopolda della RAI» gestita dall'alto dirigente RAI De Siervo, che possiamo definire uomo vicino a Renzi, attendiamo delle garanzie che questo processo avvenga nel rispetto di tutti, soprattutto delle opposizioni, che ultimamente hanno veramente poca voce nell'informazione italiana.
  Quanto al ricorso eventuale che la RAI potrebbe fare sulla costituzionalità del taglio dei 150 milioni, risulta che la RAI abbia affidato – esternalizzando, pur avendo un'avvocatura interna, ed essendoci risorse interne molto valide – una richiesta di parere che però attualmente non conosciamo. Temete che ci possa essere un ricorso, per cui vendiamo RAI Way e poi dobbiamo restituire i soldi alla RAI ? Come sapete, siamo contrari alla vendita delle antenne.
  Inoltre, ci sono sospetti, dubbi, che sono stati anche espressi, rispetto al fatto che, perdendo la RAI una quota di RAI Way, possa riaccedere facilmente alla concessione senza perdere caratteristiche essenziali per ottenere appunto la concessione di servizio pubblico ?
  Infine, la trasparenza. Come diceva giustamente il collega Rossi, dobbiamo aprire un ampio dibattito su un argomento che è stato escluso nella seconda fase di questa trattazione, ossia la riforma o comunque la riorganizzazione delle sedi regionali. Alla luce di questo, in effetti servirebbe, per ripensare la RAI, anche avere dati sulla RAI stessa, cioè sapere che pesi hanno determinate situazioni rispetto ad altre.

  AUGUSTO MINZOLINI. Molte cose sono state dette, quindi sarò breve. Innanzitutto faccio gli auguri al sottosegretario Giacomelli per le deleghe finalmente ricevute.
  Vorrei ritornare all'argomento del giorno, ossia, anche se è stato approvato il decreto, la questione dei 150 milioni: 150 milioni che, nella seconda metà dell'anno – continuo a ripeterlo perché alla fine i numeri sono quelli – è come se fossero stati 300 milioni, nel senso che si devono fare interventi tali per distribuirli in sei mesi anziché in un anno.
  Il problema che mi pongo è il seguente. Se si punta a un'operazione di questo tipo, che porterà a settembre ad avere 162 milioni di rosso (ce l'ha ripetuto la presidente Tarantola e anche il consiglio d'amministrazione), quindi con obblighi anche dal punto di vista legale, perché è una quota non indifferente rispetto al patrimonio dell'azienda, e noi ci troviamo in una condizione per cui dobbiamo mettere in moto un grande meccanismo, come è giusto, per ripensare la RAI, nel frattempo che cosa succede ? Se non sappiamo esattamente dove stiamo andando, come fa questo management a immaginare un piano industriale ? O è un piano industriale Pag. 14di transizione, che di fatto non risolve nulla e oltretutto rischia di essere una perdita di tempo ? Rimane la spada di Damocle di quei 162 milioni di rosso, quindi non si può neanche far finta di niente.
  Sono aperto a tutto, a rivedere la governance e via dicendo, tutti argomenti giusti che secondo me bisogna affrontare con un atteggiamento laico, però il rischio è che si metta questo management nella condizione di non poter agire. Non so se l'obiettivo è quello di cambiare il management, tanto per essere chiari, o se invece alla fine dell'operazione arriviamo al punto di immaginare, come qualcuno dice, che di fatto il servizio pubblico si possa fare con un canale e gli altri due canali possano essere venduti ad altri. Tenendo conto che questi sono i fatti di cui parliamo, perché le cifre ci portano a questo, al di là di tutti i discorsi che facciamo, vorrei un chiarimento a questo riguardo.
  In secondo luogo, la collega del Movimento 5 Stelle ha posto una questione giusta: da dove parte la riforma ? Abbiamo visto una riforma costituzionale, che normalmente, in tutti i Paesi del mondo, è sempre partita da un Parlamento, e invece è partita dal Governo. Ora stiamo facendo la stessa cosa su un argomento come quello della RAI che dovrebbe avere come motore principale esattamente il Parlamento. In questa sede dovrebbe esserci il dibattito, dovrebbe scaturire la proposta a cui concorre il Governo, ma non è il Governo il motore dell'individuazione di un progetto RAI: c’è tanta confusione.
  Con il taglio dei 150 milioni, al di là del fatto che si possa risparmiare o meno, si è posta una mina che può scoppiare in breve tempo e contemporaneamente c’è una possibilità di risolvere il problema in tempi più lunghi, con questa idea del futuro. Nel frattempo, però, rischiamo di sotterrare un'azienda e di trovarci nella condizione di dover prendere, malgrado nostro, delle strade che forse non avremmo voluto prendere, come la privatizzazione.

  GIORGIO LAINATI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, gli argomenti sono di grande rilevanza perché per la prima volta, dopo dieci anni dalla nascita della legge n. 112 che porta il nome dell'ex ministro delle comunicazioni Gasparri, si parla di una legge di riforma della governance del servizio pubblico, un argomento di grande rilevanza.
  Tuttavia, proprio in relazione a quello che osservava adesso il senatore Minzolini, faccio appello alla mia memoria. Ricordo che ero appena diventato giornalista professionista quando il Parlamento varò la famosa legge che porta il nome dell'allora ministro delle poste, il repubblicano Oscar Mammì (era forse il VII e ultimo Governo Andreotti, che nel 1992 è caduto). Ebbene, se quella legge si chiama Mammì e se la legge Gasparri si chiama così sarà perché sono state di iniziativa del Governo, essendo entrambi i politici citati dei ministri, guarda caso, dello stesso dicastero, cioè quello delle comunicazioni. Quindi, non riesco bene a seguire il ragionamento della collega dei Cinque Stelle, o meglio, ho capito che se ne deve occupare il Parlamento, ma, fino a prova contraria, data la delicatezza dell'argomento stesso e delle norme che sono da analizzare ed eventualmente riscrivere, non mi sembra così inverosimile che, nell'arco di questi venticinque anni, siano stati due ministri delle comunicazioni a occuparsene. È chiaro ed evidente che in Parlamento – ero giornalista e seguivo le vicende della medesima legge, peraltro lavorando proprio a Canale 5 – non c'era solo la proposta del ministro Oscar Mammì. Ci furono, nelle precedenti legislature, anche le proposte di riordino del cosiddetto, all'epoca, far west televisivo. Ci fu la proposta di Remo Gaspari. Qualcuno lo ricorda ? Fu ministro delle poste. Ad ogni modo, l'argomento è di una tale rilevanza e delicatezza che nessuno vieta ad alcuna forza politica di presentare una legge, che verrà poi analizzata insieme alla proposta del Governo, sennò non si sarebbero chiamate legge Mammì e legge Gasparri, ma avrebbero preso il nome di non so quale partito o rappresentante di Gruppo alla Camera o al Senato. Quindi, Pag. 15cerchiamo di collegare le scelte ai fatti storici e politici, perché ce ne sono alcune che sono fatti incontrovertibili.
  Per quanto riguarda le argomentazioni che hanno esposto i miei colleghi sulle prospettive del servizio pubblico, sulla privatizzazione, la riduzione dei canali, l'accorpamento, mi sembra che ci stiamo avventurando in terreni veramente fantasiosi, per cui rimarrei sulle cose concrete che interessano i cittadini e che sono, come giustamente ha detto l'amico sottosegretario Giacomelli, un'ipotesi di riduzione del canone, soprattutto per i meno abbienti, che sarebbe un gesto di grandissima equità – mi fa piacere che se ne parli – e la salvaguardia dei posti di lavoro. Chiaramente anche quest'ultimo è un argomento di una certa rilevanza; lo dico proprio mentre nel mio partito se ne perdono di posti di lavoro, ma lasciamo perdere.
  In questa prospettiva di accorpamento, si è parlato tanto di razionalizzazione delle sedi regionali, però penso che il Governo incalzerà i vertici della RAI, affinché qualsiasi tipo di razionalizzazione a 360 gradi debba comunque avere, come filo conduttore, la salvaguardia dei posti di lavoro.

  MARIO MARAZZITI. Non vorrei prolungare troppo questa riunione. Mi scuso per il ritardo e per non aver potuto presenziare alla prima parte. Rivolgo le mie scuse anche al sottosegretario.
  La sua presenza conferma quanto stiamo discutendo, cioè il problema di come, da un lato, aiutare il rafforzamento e la qualificazione del servizio pubblico, dall'altro, di come venire incontro alla necessità di risparmi, di una spending review che possa permettere al Paese una redistribuzione a favore di fasce più deboli, con un piano complessivo di rilancio del Paese, da cui deriva la questione dei famosi 150 milioni richiesti alla RAI come sacrificio. In questo quadro, mi permetto semplicemente di utilizzare due minuti per svolgere il mio intervento, non entrando nel merito di tutto il tema di cui si potrebbe parlare, ma andando a sottolinearne solo un punto. Credo che sia giusto l'orientamento per cui anche i risparmi, o il recupero di spesa, richiesti alla RAI non debbano toccare asset strategici in maniera da perderne il controllo, non si deve indebolire il servizio pubblico, ma sicuramente la strada indicata sembra percorribile. Mi riferisco all'ipotesi di cedere quote di minoranza, senza toccare in maniera obbligata e affrettata la redistribuzione della forza RAI sul territorio italiano e senza un ragionamento complessivo su quale sia la funzione di servizio pubblico e l'obbligo a cui chiediamo di rispondere.
  Il tema che mi preme sottolineare è quello del canone. Il sottosegretario ha accennato a questo aspetto pubblicamente. Volevo ricordare che, a questo punto, è stata presentata ufficialmente la proposta di abolizione del canone RAI, quindi chiederei, se è possibile, di ragionare in maniera distesa di questo tema, perché abbiamo la possibilità di ottenere un risparmio complessivo per gli italiani. È una proposta che parla di un abbattimento di 90 euro nella spesa degli italiani, cambiando la natura dell'imposta, da canone RAI a tassa per il servizio radiotelevisivo pubblico. In questo senso, chiedo se sia possibile, in tempi ravvicinati, ragionare in maniera congiunta con la Commissione su questo tema, perché potremmo forse recuperare risorse, intervenendo su un terreno che a tutt'oggi non è chiaro e ha visto solo il problema dell'evasione e della difficoltà di reperimento di risorse.
  Come lei sa, sottosegretario, è stata avanzata una proposta di recupero di maggiori risorse, fino a 2,3 milioni, che accoglie la possibilità di esenzione per fasce deboli, che può introdurre una maggiorazione per i redditi molto alti e che permetterebbe di generalizzare il contributo sanando il problema dell'evasione fiscale, finora così dirompente.
  Su tale terreno, siccome lei ha aperto questa strada, vorrei vedere se la Commissione, assieme al Governo, potesse rapidamente studiare il tema ed elaborare una proposta operativa.

Pag. 16

  PRESIDENTE. Vorrei porre una domanda al sottosegretario Giacomelli. Siccome in Commissione abbiamo lavorato molto sul concetto della trasparenza e, per la prima volta nella storia di questa Commissione, siamo riusciti a ottenere dalla RAI almeno gli stipendi a fasce dei dirigenti e dei dirigenti giornalisti – cosa che non era mai successa – e dato che, a decorrere dal 1o gennaio 2014, l'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo del 30 marzo 2011, n.165, è stato modificato nel senso che anche la società concessionaria di servizio pubblico deve comunicare gli stipendi lordi nominali di tutti i dipendenti, e che anche tutte le persone che intrattengono, a qualsiasi titolo, un rapporto con la RAI, debbono comunicarlo al Dipartimento della funzione pubblica, al Ministero dell'economia e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e che questa Commissione ha voluto richiamare anche questa norma all'articolo 18, comma 7, del Contratto di servizio, vorrei sapere se il Dipartimento della funzione pubblica, il Ministero dell'economia e la Presidenza del Consiglio abbiano già ricevuto tutti questi dati, dato che la legge è in vigore dal 1o gennaio 2014.
  Inoltre, vorrei sapere se voi, come Governo, visto che si parla sempre di trasparenza, li renderete pubblici, magari a partire dal ministero, o tramite l'approvazione del contratto di servizio, che consentirà alla Rai di pubblicare questi dati sul proprio sito internet.

  ANTONELLO GIACOMELLI, sottosegretario allo sviluppo economico. Presidente, rimanendo solo pochi minuti, rimetto a lei la scelta. Come avevo già comunicato, purtroppo abbiamo un problema di tempo.

  PRESIDENTE. Siccome il sottosegretario aveva preannunciato che alle 16 avrebbe avuto un impegno, dobbiamo rinviare le risposte alla seduta di mercoledì prossimo alle 14.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.