XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 29 di Giovedì 29 maggio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Calendario dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione del direttore generale della RAI, Luigi Gubitosi:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 3 
Buemi Enrico  ... 6 
Fico Roberto , Presidente ... 6 
Buemi Enrico  ... 6 
Fico Roberto , Presidente ... 6 
Buemi Enrico  ... 6 
Fico Roberto , Presidente ... 6 
Buemi Enrico  ... 6 
Marazziti Mario (PI)  ... 7 
Airola Alberto  ... 7 
Margiotta Salvatore  ... 8 
Fico Roberto , Presidente ... 9 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 9 
Buemi Enrico  ... 11 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 11 
Airola Alberto  ... 11 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 11 
Airola Alberto  ... 11 
Fico Roberto , Presidente ... 11 
Buemi Enrico  ... 11 
Fico Roberto , Presidente ... 11 
Buemi Enrico  ... 11 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 11 
Airola Alberto  ... 11 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 11 
Airola Alberto  ... 11 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 12 
Airola Alberto  ... 12 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 12 
Fico Roberto , Presidente ... 12 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 12 
Fico Roberto , Presidente ... 12 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 12 
Gasparri Maurizio  ... 13 
Fico Roberto , Presidente ... 13 
Gasparri Maurizio  ... 13 
Centinaio Gian Marco  ... 15 
Rossi Maurizio  ... 16 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 18 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 20 
Fico Roberto , Presidente ... 21 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 21 22 
Gasparri Maurizio  ... 22 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 22 
Gasparri Maurizio  ... 22 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 22 
Airola Alberto  ... 24 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 24 
Airola Alberto  ... 24 
Gubitosi Luigi , direttore generale della RAI ... 24 
Fico Roberto , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  Comunico, altresì, che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Calendario dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che il prossimo mercoledì 4 giugno, alle ore 14, si terrà l'audizione del presidente e dei componenti del consiglio d'amministrazione della RAI, mentre mercoledì 11 giugno, alle ore 20.30, è stata prevista l'audizione di rappresentanti dell'USIGRAI.

Audizione del direttore generale della RAI, Luigi Gubitosi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale della RAI, Luigi Gubitosi, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione. Il dottor Gubitosi riferirà sulle misure relative alla RAI contenute nel decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, attualmente all'esame del Senato.
  Do la parola al dottor Gubitosi, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimenti.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Buongiorno a tutti. Se d'accordo, come stabilito, leggerei una breve relazione e poi passerei alle domande.
  La RAI ha sviluppato, come sapete, un piano industriale articolato su 12 cantieri con l'obiettivo di costituire uno strumento organico di definizione delle strategie aziendali a medio-lungo termine, anche al fine di avviare un percorso che porterà, con il 2016, al rinnovo della concessione. Ricorderete il piano industriale, dettagliatamente illustrato a questa Commissione nel corso di due intere sedute, se ricordo bene, tra settembre e ottobre dello scorso anno.
  In estrema sintesi, il piano industriale 2013-2015 è stato articolato su tre cardini: eccellenza dell'offerta; tecnologia di avanguardia; equilibrio economico-finanziario. Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, gli obiettivi economici prevedevano il raggiungimento di un risultato operativo positivo nel 2013, un risultato netto in pareggio nel 2014 e un consistente utile nel 2015.
  La performance dell'azienda è stata ed è tuttora in linea con gli obiettivi del piano. In certi casi ne stava addirittura anticipando la tempistica. Del bilancio 2013, che nelle previsioni del piano avrebbe dovuto chiudere con un risultato negativo di 34 milioni di euro, il consuntivo ha evidenziato, invece, un utile di 5,3 milioni. Tale risultato è stato raggiunto principalmente grazie a una solida azione di ottimizzazione su tutte le principali voci di costo aziendali, che ha permesso di consuntivare per risparmi circa 86 milioni di euro a parità di perimetro e senza considerare l'impatto dei grandi eventi Pag. 4sportivi, il tutto in un contesto di incremento dell'offerta in termini di ore prodotte e di decremento dei ricavi per effetto della caduta del mercato pubblicitario.
  Con riferimento alla pubblicità, il mercato del 2013 è stato caratterizzato da una caduta di circa 12 punti. In tale contesto, RAI pubblicità è stata in grado di aumentare la quota di mercato interrompendo un trend negativo che aveva caratterizzato gli ultimi anni prima del cambio di management e registrato ricavi per 682 milioni di euro, sostanzialmente in linea con il piano industriale realizzato a marzo 2013. Ricorderete che la forchetta che avevamo dato in questa Commissione era di 670-685 milioni di euro. Per inciso, anche nel primo trimestre del 2014 – abbiamo annunciato i risultati ieri – la quota di mercato nel mercato pubblicitario è aumentata nuovamente di circa 0,5 punti.
  Negli ultimi due anni, i costi del gruppo RAI si sono ridotti in maniera significativa. In particolare, nel 2013 i costi operativi ammontavano a 2 miliardi e 84,5 milioni di euro, in calo di 208,2 milioni di euro, pari a circa il 9 per cento, rispetto al 2012. A perimetro costante, cioè escludendo l'effetto dei grandi eventi sportivi della nazionale di calcio, che impattano negativamente sui costi in questi anni, la riduzione è stata pari a 85,9 milioni di euro, pari a circa il 4 per cento, grazie ad azioni di ottimizzazione che hanno interessato tutte le aree aziendali.
  Il decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, si inserisce in questo contesto e, più in particolare, impattano sulla RAI le seguenti disposizioni: l'articolo 21, con la riduzione pari a complessivi 150 milioni di euro delle somme da riversare alla concessionaria del servizio pubblico – non ripeterò articoli e commi che conoscete – ma anche l'articolo 20. Peraltro, sull'articolo 20 proprio in quest'Aula il viceministro dell'economia e delle finanze Enrico Morando si è espresso nel senso di escludere la RAI dall'applicazione di tali norme. Per questa ragione, in tale quadro, mi limiterò a tener conto degli impatti della disposizione del solo articolo 21, dando per scontato al momento, ancorché non sia stato ancora presentato un emendamento, quanto detto dal viceministro Morando.
  Da una prima analisi sugli impatti economici derivanti dall'applicazione del solo articolo 21 del decreto si evidenzia una significativa riduzione del capitale sociale della RAI, peraltro già esiguo rispetto ai volumi di attività, che alla fine del mese di settembre del corrente anno richiederebbe l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 2446 del codice civile. Ricordo che a fine anno scorso il patrimonio era di 295 milioni di euro. Un risultato di esercizio negativo al 31 dicembre 2014 è provvisoriamente stimabile in meno 162 milioni, inclusi i 150 milioni del decreto.
  Vi sono inoltre il mancato rispetto al 31 dicembre 2014 dei covenants bancari, con impatto negativo tanto in termini di condizioni quanto di potenziale accelerazione del rimborso a valere sull'indebitamento bancario di circa 500 milioni. La riduzione degli introiti di 150 milioni si aggiunge ai circa 50 milioni di euro di minori ricavi stimati nel 2014 per effetto del mancato adeguamento all'inflazione del canone, e cioè il decreto del dicembre 2013 del Ministro dello sviluppo economico, e dell'aumento della morosità.
  Per quanto concerne gli interventi da adottare, la situazione descritta rende necessario l'immediato intervento di recupero dei costi relativi all'esercizio 2014 ancora non impegnati. Tuttavia, detto margine di intervento risulta alquanto contenuto considerando che caratteristica imprescindibile dell'attività televisiva, in cui, come sapete, si opera in regime di forte concorrenza, è quella di pianificare con anticipo le stagioni televisive e, coerentemente, di definire gli impegni produttivi e quelli relativi all'acquisto di prodotti diversi mesi prima dell'effettiva trasmissione. In questo contesto, per esempio, la RAI ha già provveduto all'acquisto dei mondiali di calcio e ha sottoscritto contratti di fornitura di beni e servizi di durata pluriennale.Pag. 5
  Pertanto, la drastica riduzione dei ricavi di esercizio in corso con seguente applicazione dell'articolo 21 precedentemente citato non può essere tamponata efficacemente con azioni di contenimento sul fronte dei costi senza impattare in maniera negativa sulla gestione aziendale. Sarà, dunque, inevitabile intervenire anche sul perimetro del gruppo in quanto le menzionate criticità impongono a RAI una profonda revisione del piano già approvato. Per completezza informativa, si evidenza, come dicevo precedentemente, che gli obiettivi economici del 2013 e del primo trimestre 2014 sono stati raggiunti nonostante la crisi che, come è noto, ha coinvolto e coinvolge l'intero comparto audiovisivo. Il predetto piano quindi alle luce delle disposizioni del decreto, non è più sostenibile.
  Per evitare di porre in atto azioni estemporanee disorganiche, la relativa revisione non potrà prescindere da una ridefinizione del perimetro del gruppo anche in termini di offerta di attività previa rideterminazione, anche a livello legislativo, degli obblighi facenti capo alla concessione del servizio pubblico, che andranno commisurati all'effettivo canone percepito dalla concessionaria.
  Occorrerà, parallelamente, ridefinire l'adeguatezza e la congruità dei livelli occupazionali compatibili con il nuovo perimetro. Esiste, evidentemente, una difficoltà sottesa all'individuazione della riperimetratura. Il ridimensionamento di investimenti in cinema e fiction potrebbero, ad esempio, produrre rilevanti criticità sia sul piano interno all'azienda sia riguardo alla filiera produttiva dell'audiovisivo. Ritengo che tali interventi saranno da inserire nell'ambito della cornice complessiva organica, anche al fine di ottimizzare i risparmi e contenere la conflittualità.
  Nello scenario sopra descritto, per quanto concerne l'anno 2014, l'unica alternativa ragionevolmente praticabile per far fronte all'esercizio in corso, al budget approvato e alla riduzione dei ricavi prevista dal decreto, tale appunto da collocarsi in un adeguato livello dimensionale, appare la cessione della quota di partecipazione del capitale di Rai Way.
  Le linee di azione prefigurate, ovvero revisione del perimetro e cessione della quota di capitale di Rai Way, non sono tra loro alternative o esclusive, fermo restando che la cessione della quota di Rai Way si configura come l'unica operazione che consentirebbe di generare in poco tempo una plusvalenza tale da evitare di incorrere, entro la fine dell'anno, in una fattispecie delineata all'articolo 2446.
  Per quanto sia difficile stimare una tempistica precisa per il collocamento di borsa di Rai Way e considerato che occorre effettuare la stessa entro l'anno, si chiederà una tempistica molto serrata. Occorrerà, infatti, procedere a una serie di adempimenti e anche all'adozione di princìpi contabili internazionali IFRS (International financial reporting standards). Ricordo che la Rai usa ancora princìpi contabili italiani, mentre le società quotate devono usare i principi internazionali.
  Il consiglio d'amministrazione della RAI ha autorizzato l'avvio di procedure preliminari e pertanto a settembre potrebbe essere presentata una proposta definitiva circa i termini dell'operazione. Se si vuole tentare di fronteggiare entro l'anno la situazione che verrà a determinarsi a seguito dell'applicazione del decreto, occorre agire quindi con assoluta tempestività contestualmente alla revisione del piano industriale. Nessuno degli interventi ipotizzabili è infatti passibile di generare risparmi per 150 milioni nel giro di pochi mesi e pertanto l'operazione di Rai Way appare centrale all'operazione di ovviare al mancato introito di 150 milioni. Peraltro, il legislatore ha già previsto la facoltà per RAI di procedere a cessione di quote minoritarie in società partecipate. Sottolineo il termine «minoritarie» perché si tratta di un aspetto molto importante. Oltretutto, c’è stata una informazione non sempre corretta su questo tema. Allo stato attuale, non vi è certezza sul canone e su iniziative di recupero di evasione che potrebbero contribuire a risolvere situazioni e, pertanto, l'unica via percorribile, come Pag. 6dicevo, è stata di avviare procedure preliminari finalizzate al collocamento di una quota di azioni Rai Way.
  Tra l'altro, l’iter normativamente previsto potrebbe dar corso a un rallentamento anche in considerazione del fatto che l'articolo 21, comma 3, del decreto non chiarisce quale sia la procedura applicabile in caso di cessione di una quota di minoranza della controllata. Sotto questo aspetto, diventa imprescindibile che l'operazione possa essere tempestivamente avviata da RAI previa definizione, su immediato impulso delle autorità competenti, delle relative procedure e contestuale rilascio delle eventuali connesse autorizzazioni.
  In ogni caso, il consiglio d'amministrazione, come dicevo, mi ha dato mandato di rivedere il piano e di avviare soltanto le attività propedeutiche alla cessione di quote di minoranza. Il consiglio si esprimerà sulla finalizzazione dell'operazione relativa a Rai Way nel prossimo autunno ferma restando, da parte del consiglio, la necessità di ricevere in merito un parere formale da parte dell'azionista. Inoltre, è stata condivisa all'unanimità dal consiglio d'amministrazione una lettera per il Ministero dell'economia e delle finanze in merito, ma di questo immagino vi riferirà il consiglio la prossima settimana.
  Con riferimento all'iter propedeutico, la RAI ha selezionato la società Leonardo & Co. come advisor finanziario del progetto a seguito di una procedura rivolta a cinque operatori. Le strutture aziendali supportate dall’advisor finanziario Leonardo & Co. hanno predisposto la documentazione per il lancio della procedura per l'affidamento di incarichi, global coordinator, sponsor e altri ruoli del consorzio di collocamento che sta avvenendo proprio in queste ore.
  Si ritiene quindi che l'operazione al momento sembri fattibile entro la fine dell'anno. Ovviamente, la volatilità dei mercati finanziari potrebbe impattare positivamente o negativamente sull'effettiva fattibilità e sul risultato dell'operazione stessa: questo completa la mia breve esposizione riassuntiva della situazione. Sono ovviamente a vostra disposizione per ogni chiarimento.

  ENRICO BUEMI. Direttore, ho l'obbligo di porle una domanda impertinente che è la seguente: essendo la RAI servizio pubblico, sostenuto in maniera significativa dalla contribuzione pubblica attraverso il canone, e ritenendo che l'istituzione culturale RAI non debba essere luogo di protezioni corporative e di riserve politiche o culturali, mi chiedo quale ragione giustifichi l'esclusione, da quando la trasmissione Ballarò è stata avviata, della presenza di un esponente politico del Partito Socialista Italiano, forza politica presente sia alla Camera sia al Senato.

  PRESIDENTE. Mi scusi. La relazione è...

  ENRICO BUEMI. Ho premesso che era una domanda impertinente e preliminare.

  PRESIDENTE. Non è impertinente per il direttore Gubitosi, ma per la Commissione in questo momento. Stiamo infatti cercando di analizzare una importante disposizione normativa.

  ENRICO BUEMI. Non si può, però, sfuggire da questo elemento. Quelle che enuncerò successivamente sono questioni strettamente connesse con la relazione del direttore generale.

  PRESIDENTE. Andiamo avanti con quelle perché avremo tempo di affrontare in seguito le questioni inerenti alla par condicio.

  ENRICO BUEMI. Mi attendo, non in questa, ma in sede comportamentale futura una risposta adeguata a questa questione.
  Venendo alle questioni poste nella sua relazione, direttore, ritengo che un'istituzione culturale di così grande importanza come la RAI, per il Paese e per gli interessi nazionali che rappresenta, debba essere non soltanto vista sotto il profilo del suo Pag. 7equilibrio economico, ma anche della qualità della prestazione che costantemente mette a disposizione del Paese. Da questo punto di vista, la verifica dei costi e delle compatibilità non può che partire da questo elemento. Tuttavia, per una valutazione serena – le dico subito che sono assolutamente favorevole a uno sforzo da parte del Paese per sostenere una delle sue più grandi istituzioni culturali – è necessario conoscere fino in fondo i costi della gestione e quindi superare gli elementi di incertezza e di grigiore nella determinazione e nell'individuazione dei costi, sicuramente un elemento che continua a porre interrogativi pesanti sulla situazione RAI.
  Le valutazioni che potrebbero derivare da un'operazione di chiarimento su questa materia potrebbero essere certamente di grande rilievo e anche, per quanto ci riguarda, far superare l'elemento oggi all'ordine del giorno della vendita di un segmento della presenza RAI. Credo che uno sforzo si possa compiere rivedendo scelte che sono state fatte sull'onda anche di un'esigenza contingente, ma la chiarezza è l'elemento principale.

  MARIO MARAZZITI. Ringrazio il direttore Gubitosi. La sua relazione ci permette di toccare con mano quello che finora è stato solo un discorso generico, generale, cioè il fatto che, per rispondere al decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, non c’è altra strada, anche per far fronte alla spesa corrente, che vendere una parte degli asset. Questo mi sembra il problema al centro della questione.
  Lei parla di Rai Way. Personalmente, penso che possa essere sbagliato oggi, pur se dobbiamo restringere la spesa pubblica, un discorso di questo tipo. Nella misura in cui, però, questa è la scelta che sta prevalendo in Italia e cui dobbiamo far fronte, partirei dalle conseguenze che questo comporta.
  Parla chi ha presentato un progetto di abolizione del canone RAI e di raccolta diversa per un contributo radiotelevisivo da parte del Paese con la fiscalità generale che prevede l'abbattimento della spesa per famiglia a 100 o a 90 euro, una raccolta di 22 milioni di dichiarazioni dei redditi, quindi un incasso certo, se fosse 100 euro, con un risparmio per le famiglie italiane di 2,2 miliardi anziché l'attuale 1 miliardo 700 milioni circa raccolto via canone, ma con una forte evasione fiscale del 30 per cento.
  Si tratterebbe quindi di un risparmio per tutte le famiglie italiane, di maggiori entrate per il Paese, che permetterebbe tout court di non dovere affrontare questo problema, ma addirittura di dare più risorse disponibili al pubblico, eventualmente addirittura da riallocare dopo aver assegnato, in base al mandato di servizio pubblico assegnato alla RAI e al perimetro dei servizi da rendere, quanto è necessario anche forse nella stessa misura del passato della raccolta 1,7 miliardi. Si libererebbero risorse che potrebbero andare da 300 a 500 milioni aggiuntivi, quindi non in meno per l'erario, tali da poter essere addirittura utilizzate a favore di settori che hanno bisogno di modernizzazione o di rafforzamento di servizio pubblico, anche con partecipazione di altri soggetti privati nel campo delle telecomunicazioni.
  Siccome esiste una strada alternativa, penserei che sia più sensato, anche come Parlamento, approfondire subito e con urgenza questa strada che potrebbe portare immediatamente benefìci per il Paese e anche evitarci questa strettoia.
  Ciò premesso, in questo momento esistono crediti RAI verso lo Stato e a quanto ammonterebbero ? Questo potrebbe andare a compensazione, a sbilancio e a bilancio ?

  ALBERTO AIROLA. Direttore, la ringraziamo per la sua presenza. Anch'io avrei tante domande da porle, ma aspetteremo un altro momento.
  Il nostro Gruppo si opporrà alla vendita di parti anche minoritarie di Rai Way perché la RAI, come sappiamo, fa informazione, è servizio pubblico e base della democrazia è l'informazione. Sappiamo che le antenne sono le prime a essere presidiate in caso di emergenza nel Paese, quindi non capiamo perché, se si ha un'azienda di trasporti, debba vendere i Pag. 8mezzi e non possa, invece, lavorare sugli altri sprechi. Molti punti di questa faccenda non ci stanno bene, a cominciare dalla modalità con cui questi 150 milioni sono chiesti alla RAI a fronte, come diceva anche il collega, di un ingente debito che lo Stato ha nei confronti dell'azienda. Oggi presentiamo un'interrogazione in Parlamento per capire quanti soldi lo Stato deve alla RAI.
  Inoltre, l'esperienza insegna che le partecipate cominciano solo con l'essere vendute, peraltro con ipotetico deprezzamento, a 400 milioni, una cifra stimata che probabilmente non corrisponde al reale valore della rete sul territorio, per cui immaginiamo che sia una procedura di smantellamento di ciò che è importante per l'azienda RAI, appunto l'infrastruttura di trasmissione.
  In questo senso, anche a noi piacerebbe procedere alla riorganizzazione delle sedi regionali, ma con una visione d'insieme. I 150 milioni ci paiono un grimaldello per accedere alla risorsa pubblica rappresentata dalle antenne: abbiamo presentato un emendamento soppressivo. Abbiamo già trovato le coperture, abbiamo detto che potremmo agire sul debito Stato-RAI. Citava prima la fiction, che danneggerebbe la produzione: probabilmente è così, ma probabilmente 30 milioni a Lux Vide per tre serie o quante sono, 12 milioni per una, forse sono un po’ eccessivi: potremmo rivedere questi costi. In ogni caso, 150 milioni non rappresentano davvero una grande cifra.
  Va aggiunta l'estromissione, da questo punto di vista, anche dei cittadini italiani, dei loro rappresentanti in Parlamento con un decreto-legge che parte direttamente dal Presidente del Consiglio e praticamente viene direttamente rivolto a lei, che prende questa decisione come unica possibile. A noi sembra che l'unica soluzione sia fare cassa subito con 150 milioni. Ci sembra veramente un'operazione con altri fini.
  Chiederei quindi che si mantenga per i cittadini la possibilità di conservare le antenne, che dovrebbero poi essere affittate per fare servizio pubblico. Se diventeranno di proprietà di qualcun altro, in parte qualcun altro guadagnerà dalla gestione di queste antenne, premesso che la RAI nel 2016 probabilmente potrà essere di nuovo la concessionaria del servizio pubblico.

  SALVATORE MARGIOTTA. Benché abbia da porre diverse questioni, sarò telegrafico.
  Anzitutto, ringraziamo il direttore per essere qui. Credo che questa nostra audizione sia utile anche perché, proprio mentre stiamo lavorando, come sa bene il collega Fornaro, la Commissione bilancio del Senato sta esaminando i nostri emendamenti all'articolo 21, di cui, per la verità, sono stati già non approvati tutti, salvo quello che riguarda le sedi regionali, di cui dirò. Lo ricordo anche per dire al collega Airola che è ovvio che sia il Governo a fare i decreti-legge, come dice la parola stessa, ma il Parlamento ci lavora.
  Quanto a Rai Way, credo e spero che la RAI riesca a trarre quote superiori rispetto a quelle di cui parlava, appunto, il collega Airola. Mi pare che si sia partiti bene su questa vicenda. Vorrei conoscere maggiori valutazioni da lei, ovviamente non sui numeri, perché sarebbe sbagliato e anche controproducente, ma sull'interesse reale di compratori rispetto alla vicenda stessa e anche sulla possibilità effettiva di limitare la vendita a una quota di minoranza tra il 30 e il 40 per cento. Mi rendo conto che anche questo richiederà da parte sua molta cautela nel rispondere, ma mi farebbe piacere ascoltare ciò che si può dire, anche sulla base della sua precedente esperienza nel settore. Vorrei inoltre sapere se è vero un possibile interesse da parte di Cassa depositi e prestiti al riguardo.
  Relativamente alle sedi regionali, il viceministro Morando già qui aveva detto due cose importanti, ciò che lei ha richiamato a proposito dell'articolo 20, che ancora non si è tradotto in emendamenti né dei relatori né del Governo, come speriamo avvenga in queste ore. Proprio adesso i relatori e il Governo dovrebbero Pag. 9presentare questi emendamenti. Sulle sedi regionali, accantonando ieri un emendamento mio e di alcuni altri colleghi, anche ieri Morando ha detto che il Governo intende riformulare il testo garantendo la presenza di una sede in ogni regione, ma in qualche modo attestando una flessibilità all'azienda sull'organizzazione delle sedi stesse sull'autonomia finanziaria. È ovvio che siamo molto attenti a capire come sarà scritto quest'emendamento. Capisco che neanche questo sia compito suo, ma vorrei conoscere la sua opinione, così come sulla vicenda canone.
  In merito alla vicenda canone, un mio emendamento non è stato approvato – l'ho ritirato ieri: era difficile portarlo in fondo, ma poneva un problema che già in qualche modo è stato citato dal collega Marazziti un attimo fa. Dicevo di provare a recuperare l'evasione dal canone, che il 50 per cento del recuperato poteva andare alla RAI, il 50 per cento utilizzato dal Governo per le altre operazioni. Naturalmente, quest'emendamento così formulato non garantiva, come dicono i tecnici del Senato, la copertura finanziaria, e quindi non è stato possibile approvarlo, ma aveva il compito di porre il tema: prima di pensare ad altro, sarebbe il caso che il Governo effettivamente decida una strategia concreta per recuperare queste somme. Non voglio essere critico con il Governo stesso, tra l'altro con tante persone a me care e vicine, ma negli ultimi giorni abbiamo sentito troppe ipotesi. Sarebbe necessario ce ne fosse una sola, magari condivisa con l'azienda. Anche a questo proposito vorrei conoscere una sua valutazione.
  Sul ridimensionamento fiction e cinema ha detto bene che c’è un tema anche di ricadute esterne all'azienda RAI. Per quanto possibile, farei voti che non vi sia questo ridimensionamento anche a valle delle buone soddisfazioni che dà tanto l'uno quanto l'altra. L'ultima è quella di RAI Cinema a Cannes, che non mi pare cosa da poco in questo momento per il nostro Paese.
  Sulle testate, nel contratto di servizio si è introdotta anche l'idea di un canale istituzionale. Abbiamo molto discusso all'interno di questa Commissione se l'inserimento di questo canale potesse essere rischioso per la politica, che potrebbe essere ghettizzata all'interno del canale, ma per me è il pretesto per chiedere se esista un'idea su Rai Parlamento, sulla riorganizzazione in generale delle testate, forse una delle misure obiettivamente necessarie.
  Concludo sul contratto di servizio. Abbiamo ricevuto una garbata lettera della presidente Tarantola, che è stata diffusa a tutti noi parlamentari, in cui vi era un apprezzamento del nostro lavoro e, contemporaneamente, come è legittimo che fosse, un richiamo alla nuova situazione che vi è stata. Le chiederei, anzitutto, se sia iniziata l'interlocuzione col Governo per arrivare alla firma e alla sottoscrizione del contratto di servizio nella sua veste definitiva e se già ci sia stata da parte dell'azienda – immagino di no, perché maiora premevano – un'analisi sulla compatibilità di quanto abbiamo scritto con i tagli effettuati.

  PRESIDENTE. Procediamo a un primo giro di risposte e poi ricominciamo con le domande del senatore Gasparri.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Per quanto riguarda Ballarò, risponderemo separatamente, visto che non è un tema oggi all'ordine del giorno.
  Procederò prima a una risposta di carattere generale. Un po’ tutti, in differenti modi, avete toccato il tema Rai Way, per cui riprenderei questo tema e poi andrei alle domande specifiche di ciascun parlamentare.
  Innanzitutto, credo che sia molto importante che usiamo la nomenclatura giusta nell'operazione: questo è il collocamento di una quota di minoranza di Rai Way. Ogni tanto, si parla di vendita, qualcuno di svendita, ma è fantastico parlare di svendita senza parlare di prezzo. Bisognerebbe capire quale sia il prezzo e poi si capisce se il prezzo sia giusto. Non vorrei creare una tradizione, ma sarei pronto a fare una scommessa con lei sul Pag. 10prezzo, che non sarà 400 milioni. Scherzi a parte, volevo un po’ alleggerire. Sono un po’ teso ogni volta che sono sul banco degli imputati. Non conosciamo né conosceremo il prezzo, in genere deciso verso la fine, ma tenderei a escludere una valutazione. Gli avvocati mi hanno raccomandato che l'azienda non parli mai di prezzo, perché si rischia di entrare in ipotesi di aggiotaggio. Sono convinto che il consiglio d'amministrazione, che ha anche una responsabilità diretta, prima di decidere se sì o no, valuterà attentamente prezzo e condizioni di mercato. Quando sento parlare di svendita senza un prezzo, ho l'impressione che vi sia una pregiudiziale ideologica. Non mi riferisco agli interventi in quest'aula, ma da parte di tutti quelli che parlano a favore o contro, a prescindere. Qui non si può parlare a prescindere. Le parlo un po’ da tecnico, nel senso che vedo che Terna è una società di cui è quotata una minoranza sul mercato e, addirittura, forse è il caso di una maggioranza. Lo stesso discorso vale per SNAM Rete Gas. Le Poste si accingono a essere quotate con un 40 per cento e sono un servizio importante per il Paese, come anche l'ENAV. Stiamo per vedere un pezzo di Fincantieri. Di ENI, azienda fondamentale, addirittura lo Stato non ha più la maggioranza: quotata, ne ha però il controllo di fatto. L'ENEL è quotata. Potrei continuare e andare anche su altri Paesi. Non si può affermare quindi che i cittadini si privino dell'accesso alle reti e che la RAI perda il controllo. La società continuerebbe a essere sottoposta a direzione, coordinamento e controllo, come si dice in gergo, da parte della RAI. La differenza risiede nel fatto che ci sarebbe un costo sì, ma che sarebbe esclusivamente la remunerazione del capitale che investono degli altri soggetti, come è normale per le società quotate in borsa. Non bisogna pagare l'affitto perché la società resta nostra, intesa come società consolidata, e non cambierebbero i rapporti tra RAI e Rai Way rispetto a come sono oggi, se non che bisogna rispettare gli interessi anche degli azionisti di minoranza, come è ovvio per le società quotate.
  Discorso diverso sarebbe se vendessimo la maggioranza. In quel caso, cambierebbe completamente lo scenario. Qualcuno ha parlato di primo passo. Francamente, non credo che ci sia né un primo né un secondo né un terzo passo. Credo che ci sia un'operazione, in questo momento, di valorizzazione che ci permette di sviluppare un asset che in questo momento ha un costo di carico più basso della ragionevole valutazione di mercato e che ci permette di reperire risorse finanziarie, anche da utilizzarsi in alternativa al mancato introito dei 150 milioni.
  Ho usato le stesse parole anche con i miei colleghi ieri, durante un'assemblea dell'ADRAI cui mi hanno chiesto di intervenire e dove ho spiegato come la pensavo. Mi chiedevano perché vendessimo: non stiamo vendendo. Per me, si vende quando si cede, si consegnano le chiavi, si va via. Si parla di un investitore finanziario che viene senza ambizione di controllo. Nell'ambito quindi degli scenari possibili, vedo quest'ipotesi come una di quelle meno disruptive. Se dovessi togliere 150 milioni alla fiction anziché darne meno a qualche produttore, sono comunque programmi in meno che dovremmo sostituire. Non è detto, peraltro, che non dovremo fare più di un'operazione e che quindi non colpiremo vari aspetti. Oltretutto, ripeto che c’è un discorso di tempistiche assolutamente non ovvio. Credo che stabiliremo un record facendola bene e in fretta.
  Chiariamo cosa sia quest'operazione: stiamo lavorando sulla vendita di una quota di minoranza. Non so se sarà su questo tema la domanda del senatore Gasparri, che è intervenuto in passato su una vendita a Crown Castle: si trattava di un'operazione profondamente differente. Se ho capito bene, ancorché prendesse il 49 per cento, l'azionista di minoranza prendeva diritti che, sostanzialmente, potevano configurare un co-controllo di fatto. Ce lo confermerà eventualmente il senatore. Qui non c’è un co-controllo di fatto da parte di nessuno. Resta il controllo da parte della RAI, si tratta di quota di minoranza, e l'azienda rimarrà, almeno secondo le mie intenzioni, saldamente Pag. 11sotto il controllo RAI. Non c’è quindi nessun tipo di impatto sull'operativa che avverrebbe su quello della RAI, né ora né in un ragionevole futuro. Questa è una risposta di carattere generale su Rai Way.
  Un secondo tema posto riguarda i crediti verso lo Stato. In bilancio non abbiamo questi crediti verso lo Stato, per cui non abbiamo crediti compensabili, se non i soliti aspetti tributari. Mi pare lo abbia citato l'onorevole Marazziti. Se il riferimento era all'eccesso di costi della contabilità separata, negli anni non è mai stata iscritta in bilancio una posta in questo senso. Questo mi lascia pensare che la recuperabilità del credito non sia stata stimata dagli amministratori del tempo come probabile, altrimenti l'avrebbero iscritta in bilancio. Credo quindi che sia molto improbabile un credito. Tale assenza in bilancio fa sì che il consiglio d'amministrazione, cui spetterebbe un'eventuale decisione di questo tipo – potete chiederlo direttamente la settimana prossima – non ha ritenuto probabile una soluzione del genere in sede di approvazione di bilancio.
  Torno all'ordine delle domande. Relativamente all'azienda culturale e alla maggiore trasparenza, credo che una serie di società in Italia usufruisca dei trasferimenti dallo Stato. Invito a leggere il bilancio della RAI e le nostre comunicazioni. Vorrei sapere se esista in Italia una società più trasparente di noi. Non mi sembrano più chiari gli altri bilanci, forse lo dico con un po’ di ignoranza e magari un po’ di arroganza però leggo tanti bilanci...

  ENRICO BUEMI. Se parla di Finmeccanica senz'altro.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Non mi riferisco a una società in particolare, ma anche delle private: mi citi l'esempio di una società, anche della BBC. Mi indichi qualcuno che fa in un certo modo e mi chieda perché non ci comportiamo alla stessa maniera.

  ALBERTO AIROLA. Pubblichiamo su Internet gli stipendi delle qualifiche apicali.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Ormai gli stipendi apicali li conoscono tutti cosa che, tra l'altro, riduce anche la mia possibilità di fare scommesse...

  ALBERTO AIROLA. Mettiamoli su Internet.

  PRESIDENTE. Non facciamolo diventare un dibattito.

  ENRICO BUEMI. La discussione diventa folcloristica. Sono del parere che si debbano garantire all'azienda culturale risorse adeguate per svolgere la sua mission. Per questa valutazione, è necessario conoscere tutti gli elementi.

  PRESIDENTE. Non possiamo avviare un dibattito, se no non ne usciamo più. Finiamo di ascoltare le risposte del direttore generale.

  ENRICO BUEMI. Non siamo a Ballarò, dove a una domanda arriva una risposta di altro tipo.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Sullo stesso tema, terrei a formulare un altro chiarimento. Il senatore Airola parlava di sprechi, che ci suggeriva di tagliare, così da non vendere Rai Way. Abbiamo 12.000 persone che lavorano in RAI. Tolga me e si diverta quanto vuole con il sottoscritto, ma non si può sostenere che queste 12.000 persone fanno sprechi tutti i giorni: sa come lavorano ? Perché la parola sprechi ? È sbagliato.

  ALBERTO AIROLA. Non ho detto questo.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Ha usato la parola sprechi ed è sbagliata.

  ALBERTO AIROLA. Mi riferisco alle esternalizzazioni.

Pag. 12

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Mi dica quale esternalizzazione e ne discutiamo.

  ALBERTO AIROLA. Lei faccia trasparenza e io glielo dico.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. No, perché non posso passare la mia giornata...

  PRESIDENTE. Restiamo sul tema. Se dobbiamo parlare di trasparenza e di una serie di argomenti che questa Commissione ha affrontato e affronta...

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Vorrei rispetto per l'azienda che rappresento. Diversamente, non va bene.

  PRESIDENTE. La Commissione tutta ha rispetto dell'azienda ed è qui che cerchiamo di fare trasparenza e comprensione su tutto, da tutti i punti di vista e tutti i movimenti e i partiti che qui siedono. Il rispetto c’è e deve essere reciproco. Andiamo avanti.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Ci mancherebbe che non lo fosse. Per quanto riguarda l'organizzazione delle sedi regionali, credo che la presenza sul territorio, l'informazione locale più che regionale – diciamo regionale, ma dobbiamo ascoltare tutto il territorio, non solo il capoluogo di regione – sia estremamente importante e sia una caratteristica distintiva di tutti i servizi pubblici, un punto di forza RAI. Basta vedere gli ascolti di Buongiorno Regione la mattina, ascolti importanti. C’è una forte aspettativa nelle regioni. Francamente, lo considero un punto di forza della RAI. Questo non vuol dire che non ci sia un obbligo di efficientare le sedi regionali e che non dobbiamo riguardare non solo le sedi regionali, ma tutto quello che facciamo in continuazione. Credo che abbiamo ricevuto uno stimolo e un pungolo per fare ancora più efficienza.
  Ogni tanto mi vedete alterarmi quando sento parlare di certe cose perché da due anni lavoriamo in tanti e tanto per ridurre, eliminare, cancellare sprechi o, comunque, per ridurre costi. Penso che una fiction che va in televisione e fa tanto successo non possa essere considerata uno spreco. Possiamo discutere se sia costosa, se andrebbe pagata di meno, se dobbiamo strizzare un po’ di più le nostre controparti, per usare un termine assolutamente improprio, ma per favore non chiamiamola spreco.
  Le sedi che abbiamo, probabilmente sono grandi, ma sono nate in una certa epoca. Genova, ad esempio, cara al senatore Rossi, è nata per 300 persone e adesso ce ne sono un'ottantina, per cui è evidente che bisognerà trovare una sede più consona, più piccola, più efficiente. Quando è troppo grande, infatti, diventa poco efficace e ha più costi di manutenzione. Questo, però, richiede anche fondi importanti. Vogliamo lasciare, ad esempio, come lei sa, viale Mazzini, ma questo richiederà una spesa importante di ristrutturazione. Dovremo capire anche per i fondi a disposizione.
  Credo che il senatore Margiotta avesse parlato del canone. Ovviamente, altro che il 50 per cento, anche il 25 andrebbe benissimo se fosse recuperata l'evasione ! Non spetta a noi dirlo. Concordo con lei che sia importante definirlo. Oltretutto, è difficile fare un piano industriale se non si conoscono i ricavi. Si può provare a controllare i costi, ma ovviamente l'equilibrio si basa su un rapporto costi/ricavi. Se c’è un'incertezza sulla determinazione del canone, della lotta con l'evasione, diventa difficile lavorare sul lato costi. Ben venga quindi un chiarimento.
  Sul contratto di servizio, evidentemente, sono a conoscenza, ovviamente, della lettera del presidente, ma magari la commenterà lei stessa. Adesso cercheremo di quantificare l'impatto di ogni singola richiesta aggiuntiva del contratto di servizio per verificare – mi consenta la banalizzazione – quanto fa il conto. Mettiamo il conto insieme ad altro e verifichiamo quanto è sostenibile, magari proponendo in alternativa un décalage temporale diverso su alcune cose. Proviamo a fare tutto il possibile, tenendo Pag. 13presente che, rispetto a quando ci siamo parlati in quest'aula, abbiamo un vincolo importante in più.
  Lei mi parlava del contratto di servizio, delle testate, ma quello dell'organizzazione dell'informazione è un tema su cui ci dovremo confrontare. Parte dell'assetto dell'informazione RAI nasce addirittura, se ricordo bene, da un accordo del 1975, quindi quando buona parte di quest'aula e del Governo non era magari neanche nata. È un tema che, per la verità, ci eravamo già posti. Tanti dei temi che stanno emergendo in questi giorni non sono nuovi, alcuni sono già stati affrontati in parte e altri lo sarebbero stati comunque nel tempo. Per le sedi regionali, ad esempio, ricorderete che, quando eravamo qui in fase di presentazione del piano, c’è stato un copioso dossier su questi temi. Credo quindi che anche il tema testate sia sicuramente da affrontare. Il tema è che la RAI del futuro deve essere moderna, efficace ed efficiente. Questo è la parte che vogliamo fare con il piano e credo che questi ulteriori stimoli non possano che spingerci ad accelerare questo processo.

  MAURIZIO GASPARRI. Credo che il direttore generale non sia tanto interlocutore o, almeno, ci fornisce informazioni su quello che sceglie l'azienda per pagare questi 150 milioni, ma in realtà l'interlocuzione è più col Governo. Abbiamo avuto delle considerazioni da parte del viceministro Morando. Siccome non c'ero all'inizio, mi pare di capire che abbiamo il consiglio d'amministrazione la settimana prossima. Giacomelli, il sedicente sottosegretario alle comunicazioni, è previsto ?

  PRESIDENTE. È previsto.

  MAURIZIO GASPARRI. Vi informo che proprio adesso stanno votando gli emendamenti al Senato in Commissione bilancio e credo che più o meno in giornata si voterà anche l'articolo 21. L'azione legislativa non avviene, ovviamente, in Commissione di vigilanza, è vero che la Camera dei deputati interviene successivamente, ma spesso i decreti restano in prima lettura un tempo lungo, quindi le seconde letture spesso sono state, alternativamente alla Camera o al Senato, molto formali e poco sostanziali. Ai fini dell'eventuale attività emendativa, i tempi sono oggi, neanche domani. Personalmente, ho presentato un emendamento soppressivo dell'articolo 21. Sulle sedi regionali delle rassicurazioni sono state date, ma, come diceva il senatore Margiotta, il Governo e il relatore non si sono ancora formalmente espressi. Spero che lo facciano in questi minuti, ma non possiamo avere il dono dell'ubiquità, quindi purtroppo la coincidenza dei tempi un po’ ci penalizza come attività parlamentare. Io stesso, come dico in presenza del direttore generale, ritengo che alcune sedi regionali siano ridondanti rispetto alle esigenze attuali. Un conto, però, è sostenere che da Venezia si possa andare in una sede a Mestre anziché sul Canal Grande o che, se anche Firenze o Cosenza avessero un piano in meno, potrebbe funzionare lo stesso, altro è sopprimere delle presenze.
  Mi pare che le affermazioni del Governo sulle sedi siano state finora positive e condivisibili. Altro è quanto devono costare, quanta gente ci deve stare. Questo fa parte della gestione aziendale. Voglio sottolineare anche questo per evitare che la difesa della presenza sul territorio della RAI dovuta a norme di legge voglia coprire eventuali sovradimensionamenti delle presenze. Questo è un problema che immagino affronterà l'azienda, nell'ambito delle sue spending review.
  Per quanto riguarda la vicenda di Rai Way, ovviamente la RAI si conforma. Il direttore generale qui non può che dirci che c’è un decreto-legge. Non è un legislatore. È l'amministratore dell'azienda e ci dice che si regola in un certo modo perché deve ottemperare a un obbligo. Per l'azienda è un obbligo, nel senso che possiamo cambiare la legge, ma la RAI no. C’è un decreto-legge. Che fa la RAI ? Si dimette, se non è d'accordo, o trova il cespite da cui recuperare i 150 milioni che le chiedono. L'azionista è il Governo. Il direttore generale è nominato dal Governo. Noi possiamo cambiare la norma. La RAI no. Il consiglio d'amministrazione, a quanto mi risulta, ne Pag. 14contesta le basi giuridiche. C’è stata anche ieri una conferenza stampa, come sapete, di associazioni sindacali. In un documento del professor Pace, facendo riferimento alle leggi vigenti, vi sono delle contestazioni che condivido. Ho proposto, infatti, un emendamento soppressivo dell'articolo 21, perché ritengo illegittimo l'intervento che è stato fatto. Comprendo, però, che la risposta – di questo stiamo discutendo con il direttore generale – intanto parte dal presupposto che sia una norma che vale per quest'anno. Non ho l'impressione che sia così, perché nell'ambito dell'attività del Governo credo che ci si auguri di reperire la cifra di 150 milioni ogni anno. Dopo la cessione di una quota di Rai Way, si può cederne anche un'altra e, a quel punto, si porrebbe il problema, nel futuro, del controllo o di altre voci. Innanzitutto, dobbiamo capire – non è qui la sede, ma è giusto dirlo qui – se l'introito di 150 milioni è un evento eccezionale o abituale. Se fosse un evento eccezionale, anche l'erogazione degli 80 euro da cui si parte sarebbe un evento occasionale. Così è. Se, infatti, in relazione al decreto IRPEF, si devono dare anche gli anni prossimi e anche ad altre categorie escluse gli 80 euro, il direttore generale si deve attrezzare e, ad esempio, quotare altro l'anno prossimo. Le coperture saranno sempre queste o l'erogazione di 80 euro è una tantum ?
  Questo è un nodo politico-finanziario che è giusto mettere in campo. L'azienda che deve fare dei programmi – non stiamo parlando di una tabaccheria – deve anche sapere a quale orizzonte guardare. C’è il rischio che questa misura si rinnovi o che non si ridiano gli 80 euro l'anno prossimo – delle due l'una – o si trovino altre coperture.
  Per quanto riguarda Rai Way, l'impianto descritto dal direttore è, praticamente, quello che tutti vorrebbero nella vita: trovare sul mercato dei soci di minoranza che, prendendo delle quote di minoranza, lascino la maggioranza a governare la società. In questo senso, l'operazione prospettata è assolutamente diversa rispetto a quella di Crown Castle, dove – lo spiego in pochissimi secondi – alcune clausole prevedevano che l'azionista del 49 per cento della Crown Castle avesse un potere di controllo. Una serie di decisioni strategiche erano vincolate, infatti, a un quorum – definiamolo così – qualificato del 60-70 per cento del pacchetto azionario. Lui era al 49 e sapeva che alcune decisioni non potevano essere prese dal 51, come sarebbe normale. Ecco perché non era una cosa corretta.
  Vedo che alcuni ex consiglieri della RAI dell'epoca ancora scrivono tesi ridicole, come Vittorio Emiliani e altri che, avendo sottoscritto un patto leonino a danno della RAI, devono difenderlo raccontando bugie. La verità è questa e infatti quella decisione fu impugnata dell'allora ministro e il TAR diede ragione alla decisione con una sentenza motivata, perché di fatto chi prendeva il 49 aveva il controllo. Non ritorno sui dettagli, come il numero dei consiglieri o il vincolo delle decisioni. Quest'operazione è oggettivamente diversa da quella, ma mi auguro che non debba essere ripetuta negli anni prossimi, sennò si porrebbe il problema, cedendo, di perdere il controllo. A quel punto, il problema delle torri, delle trasmissioni, dalla valenza strategica di Rai Way si porrebbe. Nella vita, tutti vorrebbero soci che versino quote e non comandino. Su questo vedremo anche i dettagli, ma non mi pare che siano stati forniti in questa misura. Sospendo il giudizio, ma per me la premessa è sbagliata.
  Visto che siamo in sede di Commissione vigilanza, vi informo che giorni fa mi è capitato di incrociare, in un convegno, il sedicente sottosegretario alle comunicazioni, senza delega. Dico sedicente nel senso che non ha la delega, quindi è un signore, un parlamentare, un sottosegretario che parla con un titolo analogo al nostro. Dico ai colleghi della vigilanza, anche se non so se sia corretto rivolgersi a loro e non agli ospiti, che ha detto che l'effetto negativo della legge precedente – qui arriva anche la domanda – quella vigente, è che si è impedito alla RAI di modernizzarsi. Giacomelli in mia presenza a un convegno ha detto che devono fare della RAI una media company. La legge attuale impedirebbe al direttore generale, domani, a parte la limitazione delle risorse, di investire di più in Internet, in mezzi di trasmissione più moderni ? Non Pag. 15mi risulta. Potrebbe decidere di spendere meno su Raitre o su Ballarò, così anche il senatore Buemi sarebbe contento, e spendere di più sui siti, su realtà in cui non c’è dubbio che la RAI debba essere più presente. L'affermazione di Giacomelli è, a mio avviso, infondata. Non credo, direttore, ferme restando le spese fisse (come i dipendenti, o il fatto che non può non fare i film e le fiction, sennò nessuno guarderebbe più la televisione, non può mettere il monoscopio o andare lui a parlare per otto ore in diretta perché avrebbe un calo di ascolto e di pubblicità), non credo che ci sia un impedimento.
  Dico anche ai colleghi, ai fini dell'altra Commissione, che potremmo anche decidere, anziché togliere 150 milioni alla RAI – l'azionista può dare delle direttive – di vincolare una parte del canone e delle risorse della RAI a investimenti per farne di più una media company, non media nel senso di dimensione, ma più protesa al futuro, visto che Murdoch sta fondendo televisioni, come già ricordato, tedesca, inglese e italiana. Ci si confronta con dei colossi, che qualcosa di moderno faranno.
  Credo che potremmo discutere in Parlamento, cosa che non riguarda il direttore, se bisogna stimolare la RAI a un salto nel futuro, sull'incasso del canone di un miliardo di euro e oltre. Immagino che l'azionista possa legittimamente trovare una direttiva, uno strumento giuridico e chiedere che il 10 per cento di quell'incasso sia investito in attività innovative più moderne. A quel punto, sarebbe un problema organizzativo. Se lo stimolo è modernizzarsi, questo potrebbe essere un modo. Credo, invece, si tratti di riprendersi un po’ di soldi, che servono per coprire. Non c’è nulla di moderno e non c’è nulla di anti-casta. Si può anche raccontare che abbiamo tolto i soldi alle star. La RAI ci ha già detto che li toglierà con Rai Way, quindi può ugualmente pagare le star ai prezzi di mercato. Del resto, anche lì è difficile mettere il tetto di 240 milioni. Matteo Renzi non è riuscito a farlo a Prandelli, del quale è amico e forse perché è amico. Prandelli è extra tetto e credo che anche in RAI non si possa parlare a una star mondiale di tetto. Credo che questa vicenda della modernizzazione potrebbe essere un modo per lasciare i soldi e dare, attraverso direttive dell'azionista, uno stimolo, un'indicazione. Levando 150 milioni, non si favorisce la modernizzazione. Mi auguro quindi che Giacomelli sia convocato qui. Non ha la delega: siccome però parla in giro, venga a dirci come si modernizza l'azienda.
  Vengo alle due domande finali: la legge vigente vi impedisce di andare verso settori più moderni ? Con 150 milioni in meno è più facile o più difficile fare della RAI una realtà più moderna ? Non sono difficili come domande.

  GIAN MARCO CENTINAIO. Interverrò, poi lascerò la parola ai colleghi. Anch'io ho presentato in Commissione un emendamento soppressivo all'articolo 21, per alcuni motivi, tendenzialmente due. Anzitutto, questo taglio di 150 milioni di euro arriva a metà anno. Mi metto nei suoi panni quando ha ricevuto una notizia di questo tipo: avrà fatto sicuramente una programmazione, avrà pensato cosa avrebbe fatto nel 2014 con tutti i fondi ricavati dal canone e arriva il Presidente del Consiglio a metà anno e le dice che vanno tagliati 150 milioni di euro alla RAI, da cui la proposta di vendita di quote di Rai Way, il taglio delle attività, il taglio o, comunque, la razionalizzazione delle sedi decentrate. A mio parere, questo giochetto elettorale degli 80 euro costa parecchio alla RAI, anche in termini di immagine. Agli occhi della collettività e miei, il fatto che il Presidente del Consiglio sia entrato a gamba tesa sulla TV di Stato appare come un'operazione poco brillante nei confronti di chi sta gestendo la RAI, ma soprattutto di chi lavora in RAI in questo momento.
  Sono, altresì, convinto che questa sia – l'abbiamo detto e lo diremo anche in Aula nei prossimi giorni, quando arriverà il provvedimento – un'operazione illegittima per il semplice motivo che il cittadino Gian Marco Centinaio paga il canone o paga la tassa di scopo, chiamata canone, perché Gian Marco Centinaio pensa che quei soldi servano a pagare le iniziative, i programmi, Pag. 16la struttura della RAI. Pago il canone, come tutti gli altri italiani, per quel motivo, non per pagare i giochi elettorali del Presidente del Consiglio. Di conseguenza, nel momento in cui il Presidente del Consiglio decide che la tassa di scopo che pago viene utilizzata per fare altro, nella mia testa scatta un meccanismo che può essere anche un po’ strano: perché devo pagare tutta quella tassa di scopo ? A quel punto, non pago più una parte di tassa di scopo e sto cercando di capire con il mio avvocato se esista la possibilità di pagarne solo una parte. Voglio pagare la tassa di scopo per pagare le trasmissioni della RAI.
  Vengo all'ultima affermazione. Come vede quindi direttore, non sto rivolgendo domande. Ci si chiede se esista quel famoso debito da parte del ministero nei confronti della RAI. In più di un'occasione ne ho parlato, anche alla presenza della dottoressa Tarantola, che a sua volta aveva ammesso che questo debito esiste un giorno in cui eravamo in vigilanza, che in passato c’è stata una lettera da parte della RAI al ministero con la quale si chiedeva il pagamento di un miliardo – non vorrei dire una stupidaggine – o un miliardo e mezzo di euro per debiti sulle attività che la RAI ha fatto per conto dello Stato italiano. Questo debito quindi esiste. Lei dice che non è stato messo a bilancio, e le crediamo. Mi fido più di lei che dei miei informatori, ma una lettera protocollata, arrivata al ministero, esiste. Di conseguenza, questo debito esiste. Non possiamo dir di no e non possiamo nasconderci. Esiste al punto che ho presentato un'interrogazione già mesi fa, alla quale nessuno mi ha ancora dato risposta, ma siamo in Italia, non ci sono problemi, va bene così.
  Come vede, non ho fatto domande, solamente considerazioni. Svolgerò ulteriori considerazioni in Aula, quando tratteremo l'argomento.

  MAURIZIO ROSSI. Direttore, innanzitutto condivido anch'io che sia giusto eliminare l'articolo 20, come ci è stato detto. Mi complimento con lei per l'operazione su Google, che condivido totalmente. Credo che sia un'operazione che nel futuro potrà anche avere una redditività, ma comunque riportare almeno tutto l'archivio in RAI. Le rivolsi una domanda su questo discorso e lei, infatti, mi disse che non c'era nulla di continuativo nel tempo. Mi fa piacere vedere che ha tenuto fede e adesso vuole riappropriarsi, appunto, della videoteca RAI di tutti i video della RAI.
  Quanto al discorso di Rai Way, cercherò di condurre un ragionamento come da uno che conosce certamente il settore, ma collaborativo, e proverò a dare un consiglio. Non sono contrario alla vendita di Rai Way. Dico che non è il momento storico per l'attuale situazione del problema frequenziale. Dalla recente analisi di Ginevra, l'Italia e l'Iran risultano i paesi che stanno maggiormente disturbando frequenze di altre nazioni. Siamo, cioè, quelli che recano disturbi in tutta Europa, dovuti, si dice genericamente, per colpa delle televisioni locali. In effetti, poveracce, in questo caso non c'entrano niente. Non è colpa loro se, quando c’è stata l'assegnazione delle frequenze, la legge diceva che doveva esserci una riserva di un terzo delle frequenze alle televisioni locali. Purtroppo, cinque frequenze sono state date alla RAI, cinque a Mediaset, cinque ad altri operatori nazionali. Oggi sapete che con l'accordo Rete A anche un altro operatore ha cinque frequenze, mi pare che un'altra sia Rete Capri, dopodiché si è detto – devo dire che qui c'entra proprio l'intenzione di giustificare il terzo – diamo altre frequenze anche non coordinate a tutti. Sono state date frequenze che non erano di competenza dell'Italia, ma di Malta, dell'Albania, della Croazia, della Francia, e adesso siamo sotto osservazione. Ciò premesso, dobbiamo rientrare totalmente. Questo è un corretto impegno di Giacomelli, altrimenti finiamo in procedura di infrazione europea, oltretutto pesantissima. Non a caso, il Governo ha già stanziato 20 milioni di euro per spegnere quelle frequenze. Chi può dire, però, se sono 20 milioni, 200 milioni o quanto ? Già adesso quindi il problema è il terzo della riserva di frequenze. Mi sembra evidente. C’è una causa quest'estate, peraltro intentata non dalla mia ex televisione, ma da Telenorba, la prima emittente italiana: praticamente, sostengono, Pag. 17secondo me in modo assolutamente legittimo e credo che vinceranno, che doveva essere dato un terzo delle frequenze coordinate, non un terzo delle frequenze francesi, tedesche e albanesi. Questa situazione porterà già a una teorica diminuzione del numero di frequenze di competenza delle televisioni nazionali tutte, Rai, Mediaset e gli altri. Nel 2015, ci sarà la Conferenza di Ginevra, nella quale si pensa di togliere frequenze televisive in tutta Europa e quindi anche all'Italia per darle alla TLC, per cui e’ probabile ci sarà una riduzione ulteriore del numero di frequenze al nostro Paese. Non potrà certo l'Italia nuovamente dare le frequenze di altri Paesi ! Il piano delle frequenze quindi fino all'anno prossimo è assolutamente del tutto ipotetico e ci si deve rimettere mano pesantemente e riequilibrare errori e soprusi fatti al tempo dell'assegnazione.
  Entro nel merito. Ha fatto un ragionamento molto corretto sull'ingresso di soggetti in minoranza in Rai Way, ma mi permetta di osservare che chiunque entri come azionista di minoranza in una società vuole, come minimo, una remunerabilità del capitale investito. È chiaro quindi che è diverso avere il 100 per cento di un'azienda dove si può decidere in casa io contratto tra i due soggetti mentre con un soggetto terzo all'interno, si deve rispettare io diritto della minoranza che può dire che l'affitto delle frequenze vale – dico una cifra a caso – 100 milioni di euro all'anno. Come può, infatti, la Banca Leonardo creare remunerabilità dell'investimento per metterla sul mercato ? Si dice – questa diventerebbe, oggettivamente, una responsabilità del consiglio d'amministrazione, sul quale sono certo che farete attenzione, ma dovrà fare attenzione eventualmente anche la Corte dei conti – che la RAI stipulerebbe un contratto con Rai Way per un certo numero di anni a un determinato importo: a quel punto, ci sarebbe una redditività certa di Rai Way e sarebbe chiaro il valore usando poi un moltiplicatore, si arriva al valore da della società e quindi si comprende quanto possa valere il 40/49 per cento da cedere. Se, però, dall'anno prossimo il sistema delle frequenze potrà essere completamente diverso, su quali parametri si fa la valutazione ? Non si potrà. Si può solamente rischiare che la RAI oggi faccia un contratto d'affitto a Rai Way e si impegni per un numero di anni e per un importo totalmente sbagliato, perché l'anno prossimo Rai potrebbe invece avere elementi per farlo in un modo diverso. Peraltro, la RAI non sa quale sarà il futuro dopo la scadenza del 2016. Non voglio fare polemica, ma fare un discorso costruttivo. Voglio evitare qualsiasi polemica. Oggettivamente, è possibile che, quando anche la nuova convenzione per il servizio pubblico andasse alla RAI, siano chieste delle cose alla RAI che non le comportano la necessità di avere cinque frequenze, ma magari di averne solamente due.
  Ogni frequenza vale circa 2.500 impianti, a spanne, in Italia, per cui avere una frequenza vuol dire averne 2.500, 2 frequenze 5.000, 5 frequenze 12.500 impianti come oggi. Visto che andiamo, peraltro, probabilmente nel 2016-2017, verso il Dvb-T2, quindi andranno sostituiti tutti gli impianti, pensate a cosa voglia dire in quel momento acquistare 5.000 o 112.500 impianti: 300 milioni di euro. Altro che 100 milioni di euro ! Stiamo parlando di centinaia di milioni di euro, oltre alle centinaia di milioni di euro che quindi inciderebbero pesantemente sugli ammortamenti della RAI che, se non sbaglio, fanno parte dei bilanci ! Al di là di questo, ci troveremmo nella situazione di avere la manutenzione di 5.000 impianti o di 12.500 con costi di gestione per 15 anni, perché magari RAI, per vendere oggi Rai Way si impegna con un contratto di 15 anni ! Non va fatto oggi ! Non dico di non farlo. Allo stesso modo, non sono contro la Torino-Lione, non sono contro l'alta velocità, ma ci sono delle priorità ! Prima, risolvete il problema del binario unico che collega l'Italia e la Francia in Liguria, poi semmai, come secondo il Movimento 5 Stelle giustamente, dal 2040, quando sarà piena la Torino-Lione, si valuterà se sia giusto un quadruplicamento. Sono ragionamenti veramente costruttivi quelli che mi permetto di consigliare.
  Sul risparmio di 150 milioni mi permetto di dire che, purtroppo, conosco i Pag. 18bilanci di tantissime realtà del mondo dell'informazione, non solo delle televisioni locali, di radio, di giornali, dei quotidiani la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere della Sera, di Mediaset e così via. Floris affermò una grande stupidaggine la sera che disse al Presidente Renzi che, il taglio alla Rai – pari al 6 per cento – si facilitava Mediaset. Tutti gli organi di informazione, in questi anni, con la crisi drammatica che c’è stata nel mercato – nessuna società privata ha una garanzia di introito, oggettivamente, come ce l'ha più o meno la RAI; si potrà sbagliare di 50 milioni, ma la pubblicità non è una partita così fondamentale – quelli che non sono falliti e che non hanno messo gente in cassa integrazione, migliaia e migliaia di persone in Italia in tutto il settore dell'informazione, tipografie e così via, oggi hanno già fatto tagli tra il 20 e il 50 per cento negli ultimi cinque anni, una media del 4 e 5 per cento all'anno. Oggi quindi semmai, la situazione è opposta. La RAI ha la garanzia di un canone e, semmai, si trova in una situazione privilegiata in confronto a tutti i privati. Il momento è drammatico per il Paese, per la gente. Capisco la difficoltà e non la invidio, capisco anche e non solo che, se avesse le mani libere di un'azienda privata, lo farebbe anche del 12. È chiaro che Lei è in una azienda molto particolare – gliene do assolutamente atto – bisogna tagliare il 6 per cento su costi di gestione. Come, infatti, diceva giustamente Gasparri, non ci interessa vendere un asset. Per il bene della RAI, nei prossimi anni dobbiamo vedere dove si può risparmiare.
  Non le piace la parola «sprechi» ? Sono convinto che probabilmente ce ne siano come in qualsiasi grande azienda. Le do atto che lei ha assolutamente dato inizio a un processo, che ho anche visto concretamente in alcuni punti, ma ci sono sicuramente ancora moltissimi margini. Cito l'esempio dei 17 canali: in tutta Europa, non ce ne sono più di tre o cinque. Oggettivamente, credo che lei debba fare un piano. Se fosse anche così cortese da farcelo avere, avrebbe un significato per noi importante. Allo stesso modo, sarebbe trasparente fornirci dei dati sul rapporto tra il costo di un determinato canale, gli ascolti o presenza di una valenza culturale talmente grande da non farne una questione di ascolti, come nel caso di Rai Storia, per dirne una, che riveste un valore culturale per il Paese tale che non ci interessa guardare agli ascolti. Nel momento in cui, però, si verifica, ad esempio, per Rainews, che non fa quasi mai più dello 0,5 per cento, mi permetto di chiedere quanto costa. Se costa poco e fa lo 0,5, non ci importa. Se costa tanto e fa lo 0,5, non va bene. Questi non sono sprechi ? Capisco che si dica che ci si è messa dentro l'anima, naturalmente, ma non sono capaci di fare in modo di attrarre quel numero di ascolti.
  Le dico io il segreto: Rai News va messa su Rai 3, sul terzo canale, perché l'LCN (logical channel number) è fondamentale per cambiare anche dei parametri di ascolto. È di lì che non serve avere tanti canali con lo 0,5, lo 0,2, lo 0,4: lì ha un recupero gigantesco. Chiaramente, tra gli altri punti c’è il risparmio sulle frequenze. Dal 5 al 2 si può ottenere un risparmio enorme. Peraltro, col Dvb-T2, se si vorrà, si potrà recupera comunque dello spazio. C’è l'enorme problema delle redazioni. Parliamo sempre della BBC: ne ha tre, una internazionale, una nazionale, una regionale, mentre noi ne abbiamo dodici, tredici qualcosa del genere. Questi sprechi non sono certo addebitabili a lei, ma sono una situazione ingessata da che ora bisogna modificare. Non entro, ovviamente, sul tema delle sedi regionali.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Credo che l'audizione di oggi, così come quella che abbiamo fatto precedentemente del viceministro Morando, sia stata una scelta giusta, quella di ricostruire un percorso auditivo in Commissione di vigilanza che si affianca e si accompagna alla discussione sul decreto n. 66, di competenza delle Commissioni del Senato, che in queste stesse ore lo stanno affrontando in termini emendativi. Come è stato ricordato a partire dal direttore Gubitosi e poi da altri interventi, nel corso dell'audizione del viceministro Morando abbiamo fatto un passo avanti in merito all'articolo 20 e Pag. 19credo che anche con l'audizione di oggi stiamo compiendo un altro passo avanti.
  Per quanto riguarda l'articolo 20, era stata annunciata dal viceministro Morando l'intenzione di esentare RAI da quell'intervento, che voglio ricordare riguarda la ripetizione anno dopo anno, mentre l'articolo 21 è un intervento una tantum: questo significa che quest'anno – non riguarderà l'anno prossimo – gli 80 euro, vista la preoccupazione del senatore Gasparri, rimarranno. L'anno prossimo ci sarà un intervento di correzione di questa parte delle coperture.
  Nell'audizione, dal viceministro Morando sono state dette due cose: è stato ribadito che l'intervento sugli 80 euro continuerà nei prossimi anni, che l'articolo 20, senatore Gasparri, riguarda tutti gli anni, quindi l'esenzione, da questo punto di vista, con gli emendamenti preannunciati di RAI, vuol dire che questo problema non solo è stato risolto per quest'anno, ma anche per gli anni successivi. L'articolo 21 è, invece, un intervento una tantum e riguarda solo quest'anno. Sulle sedi regionali, è in questo momento in discussione alla Commissione bilancio una serie di emendamenti che intervengono, come ha ricordato il senatore Margiotta, su questa materia. Peraltro, anche in questo caso, rispetto alle preoccupazioni del senatore Gasparri, ho visto che il lavoro in Commissione sarà completato la settimana prossima, per cui in queste ore si è svolto un lavoro e c’è ancora un po’ di tempo per farlo al meglio e per poterlo completare garantendo l'informazione locale, quintessenza di servizio pubblico, ovviamente facendolo su base regionale, con la presenza della TGR su base regionale, ma pensando anche a una flessibilità della gestione amministrativa e consentendo quello che è stato delineato, che è stato occasione anche di discussione più volte anche in questa Commissione, ossia una riflessione, un piano di intervento di valorizzazione delle sedi regionali. Molti, in questa Commissione, hanno presente le sedi fisiche nella propria regione e sanno che sono immobili che potrebbero essere valorizzati senza andare a detrimento dell'informazione locale, ma al contrario pensando che va accompagnato un intervento in termini di investimento e di digitalizzazione, che può essere fatto in sedi più piccole e decentrate messe a valore ed efficientamento.
  Per quanto riguarda la cessione di quote di partecipate Rai Way, credo che qui ci sia il passo avanti dato da quest'audizione. Mi sembra utile rimarcare quello che era stato detto dal viceministro Morando e che oggi ha riproposto il direttore generale, sottolineando che si tratta di una cessione di quote minoritarie. Come è giusto ribadire, rimane il controllo pubblico delle antenne di trasmissione attraverso RAI, che continua a mantenere la maggioranza della società. C’è il collocamento in borsa, cui ha fatto riferimento il direttore. C’è anche l'elemento che ci ha trasmesso, secondo cui, a suo giudizio, per lo stato attuale quest'operazione è fattibile entro fine anno: questa è la dichiarazione fatta dal direttore.
  Credo che questi elementi siano assolutamente di rilievo sia per la discussione che facciamo sia per le preoccupazioni sollevate. Significa che questa operazione, se così composta, è quasi esaustiva, elemento considerato in termini di copertura del decreto. Questo significa anche che, in termini di impatto sulla gestione aziendale, – adeguatezza dei livelli occupazionali, come è stato il riferimento del direttore, oltre agli altri elementi o altre questioni, la vertenza in corso con i precari – non c’è automatismo tra il decreto-legge, i 150 milioni di euro, e questo versante. È un versante che riguarda, invece, scelte, come è giusto che sia, di carattere aziendale. Oltretutto, questo è revisione della spesa, non tagli lineari, ma scelte che intervengono in maniera strutturale facendo efficienza, investimenti che abbiano una caratteristica di valorizzazione degli asset. Credo che sia anche giusto ribadire, come è stato detto da alcuni commissari nel corso di questa discussione, che RAI può e deve concorrere al processo di revisione della spesa complessiva, lavoro condotto finora dal direttore generale: anche questo passaggio può consentire di andare avanti.
  Aggiungo che questa rappresenti anche un'occasione: l'operazione Rai Way può di- Pag. 20ventare anche sistemica. Il disegno di legge ora in discussione Senato, e poi alla Camera, in confronto con il Governo e con il coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti, concerne un progetto dove, come in altri Paesi europei, la proprietà pubblica delle torri non è della società concessionaria di servizio pubblico, e può consentire, rimanendo la proprietà pubblica e, in tempo di convergenza, facendo un'operazione che mette insieme le frequenze televisive e le telefonie, di intervenire sul sistema delle reti di questo Paese. Non a caso, oggi ho sentito il direttore citare Terna, così come avevo sentito farlo Morando. Credo che questa possa essere l'occasione che abbiamo di fronte. Allo stesso modo credo che questa possa essere l'occasione anche per dare impulso alla discussione di cui siamo sempre stati protagonisti in questa Commissione e in Parlamento, che può riprendere vigore rispetto a un profondo rinnovamento di RAI. È stato richiamato in più interventi che, da questo punto di vista, l'azienda abbia bisogno di rimettersi in discussione.
  Serve, allora, un profondo rinnovamento in termini di governance e il superamento, da questo punto di vista, della legge Gasparri, cui si è fatto riferimento, ma credo anche in termini di occasione per anticipare la discussione sul rinnovo della concessione. Credo che questo debba essere lo stimolo per non aspettare fino all'ultimo istante utile del 2016. Questa discussione dovrebbe iniziare subito, come più volte abbiamo detto in questa Commissione, così come è un impegno di cui ha parlato il sottosegretario Giacomelli, ma pensando anche l'anticipo della concessione. Forse questo è l'elemento che può tenere insieme questi due aspetti.
  Infine, siccome è stato citato, in relazione al canone, come più o meno per tutti i commissari intervenuti, credo che sia maturo il tempo di aprire questo capitolo di riflessione in termini di profondo rinnovamento di quest'elemento. Viste, però, le dichiarazioni rilasciate dal sottosegretario Giacomelli, mi sembra di capire che c’è un lavoro intorno a questo e credo che questa possa essere anche l'occasione dell'audizione che si sta calendarizzando in termini di definizione di data. Credo, a fronte di una proposta, di una serie di ipotesi, che questa possa essere l'altra riflessione che si apre anche all'interno di questa Commissione.

  GIORGIO LAINATI. Forza Italia, come il Movimento 5 Stelle, è all'opposizione, quindi potrebbe cavarsela dicendo che voteremo contro il decreto e che non parteciperemo a questa vicenda. Come, invece, ha dimostrato l'intervento del presidente Gasparri, con realismo siamo qui ad analizzare qualcosa che, ovviamente, diventerà legge dello Stato, dunque sia il senatore Gasparri sia altri colleghi hanno posto una serie di domande che, certamente, direttore, non ripeterò.
  Mi sembra che, tra luci e ombre, esistano ragionevoli vie d'uscita, che ha delineato. Per esempio, anche l'intervento ultimo del collega Peluffo ha sottolineato delle mediazioni possibili, in particolare per quanto riguarda il rinnovamento della gestione delle sedi regionali. È chiaro che, quando si parla del prestigio della sede di palazzo Labia a Venezia sul Canal Grande, per portare i mezzi forse è più pratico avere una sede a Mestre, realisticamente. È altrettanto vero che non si può immaginare di svendere domattina al miliardario russo di turno un palazzo di questa bellezza e di questo carico di storia per il servizio pubblico, così come per quanto riguarda altre sedi. Intendo dire che, fatta salva l'importanza delle sedi regionali sul piano giornalistico – il direttore generale ha giustamente ricordato l'importanza di Buongiorno Regione, una delle cose migliori che sono state decise in questi ultimi anni sul piano dell'informazione di servizio pubblico – si possono trovare ragionevoli vie d'uscita per razionalizzare senza punire nessuno.
  Non ripeterò tutte le altre domande. Mi ricollego, invece, presidente e direttore, all'ultima parte dell'intervento del collega Peluffo. Anch'io penso che sulla questione del canone – sono 13 anni che ne parliamo – al di là del fatto che credo che sia politicamente impossibile aderire all'ipotesi di collegare il pagamento del canone alla bolletta Pag. 21elettrica, siamo qui di nuovo a discutere su come recuperare questo denaro e non so, sinceramente, come sarà possibile. Mi interessa, però, solo capire la sua opinione. Non è, infatti, di sua competenza, direttore, quest'ipotesi del canone sociale, che mi sembra una cosa molto interessante. Il canone sociale, in parole banali, dovrebbe essere quello per cui i meno abbienti non pagano, i più abbienti sì, magari maggiorato: se ne può parlare e, certo, è un'iniziativa che deve assumere il Governo. Certamente, è giusto in questa Commissione ricordare ancora una volta che in varie leggi finanziarie di questi ultimi otto anni si è cercato di creare un fondo, che purtroppo si è sempre più assottigliato, quantomeno per aiutare i pensionati ultrasettantacinquenni con le pensioni minime per esentarli dal pagamento del canone. Mi pare un'idea ragionevole. Su quest'argomento, direttore, di grande equità e giustizia sociale e su cui, a mio avviso, si dovrebbe continuare a percorrere questa strada, vorrei conoscere la sua opinione.

  PRESIDENTE. Anche dopo aver ascoltato il direttore generale Gubitosi e il viceministro nella scorsa audizione, le mie personali preoccupazioni sulla vendita di quote minoritarie di Rai Way rimangono tutte, per il fatto che un'operazione così importante, la vendita di un asset strategico così importante per il Paese non può avvenire all'improvviso, a metà anno e senza una visione, un piano organizzativo. Perché ? Quando infatti è stato qui presentato il piano industriale 2013-2015, che avrebbe concluso anche il suo mandato di direttore generale, che probabilmente scadrà nel 2015 – salvo una sospensione per via del rinnovo delle concessioni 2015 – non c'era nessun accenno alla vendita di quote minoritarie di Rai Way. Non era stato considerato nella sua visione personale o nella visione in genere del consiglio d'amministrazione di vendere quote minoritarie di Rai Way. Vi trovate a dover vendere per fare cassa. Quando si fa cassa, a beneficiarne – questa potrebbe essere indicata come svendita – sono i compratori. Avete, infatti, il fiato sul collo per il fatto che dovete vendere. È questo il punto che non comprendo. Se siamo tutti d'accordo che è un asset strategico così importante, laddove oggi al mondo le prime dieci aziende per fatturato sono quelle di telecomunicazioni, è chiaro che dare in altre mani anche una quota minoritaria desta preoccupazioni. Oltretutto, in questo Paese, in molti comuni e regioni si è iniziato con una quota minoritaria e poi si è andati oltre. Le mie preoccupazioni rimangono tutte e non comprendo perché non tentare un altro tipo di operazione, diversa dall'andare immediatamente su Rai Way per fare cassa sull'asset strategico principale per il nostro Paese, che credo che sia proprio il futuro e lo sviluppo.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Ho dimenticato due cose che volevo dire su domande precedenti. La prima è una risposta a una domanda indiretta del senatore Rossi, che forse si aspettava una non risposta o una risposta negativa. Vorrei, invece, dirle che, se il consiglio d'amministrazione approverà, sono giunto alla conclusione, guardando anche le best practice, che non è tipico dell'Italia mettere sul sito l'organizzazione e i curriculum, ma mi piacerebbe che la RAI fosse una delle prime a farlo. Proporrò quindi al consiglio, non per tutti i dirigenti e dipendenti – non avrebbe senso – ma per quelli della fascia primaria, una quarantina di top manager, direttori di testata, di rete e così via, come si fa in alcuni casi a livello internazionale, di pubblicare l'organizzazione ovvero come siamo organizzati e chi sono le persone. Si clicca sul nome della persona e si ottiene il curriculum. Quando arrivano stimoli giusti, mi sembra giusto rifletterci. Ci abbiamo riflettuto in questo periodo e mi sono fatto l'opinione che mi sembra opportuno, che ci manca. Per la verità, stiamo rivedendo l'organizzazione, dobbiamo approvare nel prossimo consiglio, come spero avverrà, un'ultima parte. Abbiamo diviso in cinque aree: fatto questo, sulla base di quell'organizzazione e con i necessari aggiustamenti nel tempo, vorrei predisporre un link nel nostro sito che Pag. 22punti all'organizzazione e procedere dunque alla pubblicazione. Penso che per l'estate dovremmo esserci, se il consiglio sarà d'accordo, ma non vedo ostacoli in questo senso.
  Il vostro collega parlava della importanza della modernizzazione, e quasi di vincolare una parte del canone, ma terrei a dire che la stiamo facendo. Saremo criticabili su altre cose, ma non so se qualcuno è stato ospite del TG Tre: in questo momento, è uno studio tra i più moderni d'Europa e il 9 giugno passerà al digitale anche il TG Uno.
  Quanto vi avevo illustrato sulla digitalizzazione dell'azienda, in linea di massima sta avvenendo e in tempo. Sono apprezzati e apprezzabili tutti gli stimoli, ma ho anche detto che taglieremo su tutto quello che dobbiamo tagliare. Preserveremo, però, in ordine di importanza, la tecnologia e la storia, la cultura in genere. Sul campo tecnologico, francamente, non ho grandi preoccupazioni. La RAI sta crescendo bene da questo punto di vista. Vado alle domande specifiche del secondo turno.
  Il senatore Gasparri si è in parte risposto da solo. Alcune delle cose che ha detto non sono di mia competenza, quindi mi esento dal rispondere perché, appunto, non sono di mia competenza. La competenza del manager è eseguire e applicare le leggi promulgate dal Parlamento e la legge è già in vigore: appena convertita, sarà applicata e spetterà a noi.
  Vedrete il consiglio d'amministrazione la settimana prossima, per cui non voglio assumere un ruolo che non è mio, ma non si è dichiarato contrario. Alcuni suoi esponenti hanno dichiarato di ritenere il decreto non interamente accettabile anche pubblicamente, non così il consiglio nella sua interezza. Nel suo intervento, si era percepito che il consiglio fosse contrario.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Lo chiederete il 4 giugno, ma non c’è una visione unitaria in questo momento, perché non si è formato un parere unitario in consiglio, da quello a cui ho potuto assistere, essendo parte del consiglio. Non sarebbe, però, corretto affermare che il consiglio si è espresso negativamente. Così non è avvenuto, almeno davanti a me. L'onorevole Giacomelli non ha bisogno che sia io a difenderlo, è perfettamente in grado di farlo da solo, ma, sul fatto che la legge impedisca la modernizzazione, credo si riferisse – interpreto o, per lo meno, è una mia versione – che si riferisse al fatto che l'attuale legge, magari involontariamente, con un consiglio ampio e variegato, con poteri importanti, ha fissato sicuramente procedure che hanno certamente una velocità di gestione più lenta, a differenza di altre società con controllo pubblico come Poste o Ferrovie in cui vi è un amministratore delegato con ampi poteri. Passiamo tantissimo tempo a discutere...

  MAURIZIO GASPARRI. Ha impedito o no decisioni sul settore della innovazione ? Questa è la mia domanda.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Credo che le renda più lente...

  MAURIZIO GASPARRI. ...ma non le vieta.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Non le vieta assolutamente. Impedito o no, complica un po’ la gestione rispetto ad altri modelli di governance.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Per quanto riguarda le altre domande, senatore Rossi, la ringrazio per Google. Devo dire che non ho potuto non notare un minimo di quello che in tedesco si chiama Schadenfreude, termine usato adesso anche dai giornali italiani, che indica una certa soddisfazione per i guai altrui – mettiamola così – quindi per il nostro taglio e l'invito a non procedere con Rai Way.
  In realtà, considero i nostri concorrenti di Mediaset molto abili e scaltri. Non solo l'hanno quotata, ma hanno venduto un pezzo a un prezzo estremamente interessante. Mediaset controlla il 45 per cento di Ei Towers, continua a consolidarla in quanto dice, ed è così, che la controlla di Pag. 23fatto. È quotata in borsa e non sta risentendo di questo dramma che avverrebbe sul mercato italiano. Per inciso, il numero di torri di Rai Way è 2300, non il numero più elevato che ha citato. Non riesco a vedere tutti i problemi che citava, per cui sono convinto che non osterà.
  Per inciso, c’è già un contratto di servizio tra RAI e Rai Way né dobbiamo inventarci particolari benchmark. Il mercato è abituato a un rapporto arm's lenght o di mercato tra Elettronica industriale e Mediaset, tra società controllante e società controllata: ne vedrà un altro assolutamente simile o ne vedrebbe tra RAI e Rai Way. Se va in giro per il mondo, troverà tantissimi altri tipi anche tra società non controllate.
  Mi permetto di rispondere anche al presidente e, indirettamente, all'onorevole Peluffo, che parlava delle telecomunicazioni, dove effettivamente inizia a esserci una distinzione ancora più accentuata che nella televisione tra servizio e rete. Non voglio parlare di società telefoniche, di cui non mi occupo più, ma vedrà anche nel nostro Paese una certa convergenza delle reti piuttosto che una competizione sui servizi. Potremmo discutere tra contenuti e reti.
  Ripeto che il giorno in cui passassimo dal possedere il 51 a possedere un altro numero, sicuramente questo tema si porrebbe. Si vedrà cosa succederà in altri anni. Mi auguro che negli altri anni si recuperi l'evasione e non si debba quindi ricorrere ad altro, così come trovo giusto l'invito ad accelerare: perché aspettare il 2016 per pensare una nuova governance ?
  Sappiamo che c’è un appuntamento nel futuro, ma non credo che ci sia nulla che vieti di anticiparlo, discuterlo e rendere un quadro anche più certo, non solamente per Rai Way, ma in generale per il settore radiotelevisivo. Credo che, ovviamente, se ci sarà – sto travalicando ampiamente la mia responsabilità – un consenso tra le forze parlamentari, il Governo e tutti gli attori coinvolti, di anticipare il processo, credo che non possa che fare bene sia alla RAI sia al sistema radiotelevisivo del Paese nel suo complesso. Penso che sia opportuno.
  Cosa penso del canone sociale ? Credo che, come ritengo giusto che sia in ogni Paese, le fasce più deboli vadano sempre protette. Dobbiamo stare anche attenti che chi dichiara poco, perché magari è evasore, non evada due volte. Credo che si possano trovare meccanismi adeguati: già ora credo ci siano leggeri meccanismi di esenzione, che possono essere aumentati.
  Peraltro, non credo neanche che le risorse, se recuperate dall'evasione, debbano necessariamente andare alla RAI, ma che, al contrario, possano servire per ridurre, ad esempio, il canone. Se pagassero tutti, si potrebbe pagare di meno. Questa sarebbe, sicuramente, una auspicabile misura di equità sociale e di giustizia in generale verso chi paga. In questo senso, non posso che auspicare un intervento che renda il canone pagato da tutti, auspicabilmente pagato meno, ma pagato da tutti. Quanto alle forme, tecnicamente ci sono tante possibilità: si tratta di capire l'approccio che il Governo vorrà avere, ma ovviamente questo esula dalla mia area di competenza e quindi non mi ci soffermo.
  Mi pare di aver risposto a tutto.
  Riprendendo il tema su cui mi avete rivolto più domande, Rai Way, non sappiamo quale sarà la valutazione di mercato. Pensiamo che sia, allo stato delle cose, dei mercati di oggi, fattibile. Richiede un grande lavoro, e una serie di approvazioni da parte degli organi competenti, consiglio d'amministrazione e ministero azionista, ma siamo confidenti che, mettendoci a lavorare a spron battuto, si possa fare. Chiaramente, se i mercati cambieranno o le valutazioni non saranno quelle che ci aspettiamo, ne prenderemo atto e penseremo a situazioni alternative che in questo momento mi sfuggono, ma che ovviamente cercheremo di trovare.
  Ciò premesso, anche se procedessimo con Rai Way, questo non rallenterebbe, se non per il tempo che si dedica, lo sforzo di modernizzazione complessiva e di efficientazione, che sia sulle sedi regionali, che sia sulle testate. Scusatemi se ogni tanto reagisco – spero di non aver urtato il senatore Airola – quando sento parlare di sprechi. Penso che ogni tanto vi siano anche critiche Pag. 24non circostanziate e un po’ esagerate. Al tempo stesso, dico ai miei colleghi di RAI che, se pensiamo che siamo nel migliore dei mondi possibili e che nulla deve cambiare e che facciamo tutto bene, allora ci danneggiamo da soli e facciamo malissimo. Credo che, comunque, a prescindere da tutto, per il lavoro che abbiamo iniziato nei primi due anni del mandato, cioè quello di cercare di renderla più efficiente, più moderna, più efficace e pluralista, permettetemi di dire che questa campagna elettorale non ha avuto grandi polemiche, cosa di cui sono contento e ringrazio tutti i partiti. È andato tutto abbastanza liscio e ce la siamo cavata bene. Continueremo a fare questo lavoro. Da una parte, cercheremo di trovare i fondi tramite Rai Way e, dall'altra, continueremo a cercare di migliorare la RAI, sperando di riuscire anche a migliorare il percepito da parte della Commissione di vigilanza e del Paese in genere.

  ALBERTO AIROLA. Sa, perché ormai mi conosce, che la questione del rispetto dei lavoratori è uno dei miei primi pensieri. Le dirò di più: me la prendo eventualmente con i dirigenti, non con lei in primis, per le scelte effettuate.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Anche i dirigenti sono dei lavoratori.

  ALBERTO AIROLA. Si dice che in RAI ce se sia uno ogni quattro dipendenti. Forse lei me lo smentisce, ma forse sono troppi. Ce ne sono 44 oltre i 200.000 euro. Se parlerà attentamente con i suoi dipendenti, come magari già fa, scoprirà che ci sono grandi professionalità magari sottostimate in RAI. Infine, a proposito del rispetto dei lavoratori, la prossima volta che ci vediamo dovremo parlare di Rai Parlamento, su cui ci sono degli impegni, dei piani, e delle delocalizzazioni. Glielo anticipo perché lei aveva promesso che non avremmo più delocalizzato come RAI, mentre adesso stanno girando Pietro Mennea in Bulgaria e per Casanova si parla di 4 milioni di euro.

  LUIGI GUBITOSI, direttore generale della RAI. Vorrei solo aggiungere che ci sono ottimi lavoratori anche tra i dirigenti. Gliene presenterò qualcuno, se lo ritiene. Non arrivo a citare il direttore generale, ma tra i dirigenti ce ne sono.

  PRESIDENTE. Ringrazio il direttore Gubitosi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.