XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 29 di Giovedì 8 maggio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione del Viceministro dell'interno, Filippo Bubbico:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 4 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 9 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Mattiello Davide (PD)  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 13 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 14 
Fava Claudio (SEL)  ... 14 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 17 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 17 
Capacchione Rosaria  ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 18 
Molinari Francesco  ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 20 
Di Lello Marco (Misto-PSI-PLI)  ... 20 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 21 
Ricchiuti Lucrezia  ... 22 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 22 
Bindi Rosy , Presidente ... 22 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 22 
Bindi Rosy , Presidente ... 22 
Mattiello Davide (PD)  ... 22 
Bubbico Filippo , Viceministro dell'interno ... 23 
Bindi Rosy , Presidente ... 23 

Comunicazioni della presidente:
Bindi Rosy , Presidente ... 23

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.25.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Viceministro dell'interno, Filippo Bubbico.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Viceministro dell'interno, Filippo Bubbico.
  Siamo lieti di avere la presenza del Viceministro oggi, in una giornata assolutamente particolare. Non possiamo, infatti, iniziare questi nostri lavori senza esprimere preoccupazione per i risultati delle indagini in corso. Se, da una parte, essi dimostrano una presenza, prontezza e profondità di indagine da parte della magistratura e delle forze dell'ordine, dall'altra continuano a disvelare un aspetto del Paese preoccupante e inquietante.
  Ci riferiamo, da una parte, a quello che è emerso dalle inchieste della DDA di Reggio Calabria. Mi limito a citare le parole del procuratore Cafiero De Raho, il quale ha espresso particolare rammarico nel constatare che un ex ministro dell'interno intrattenesse relazioni con un condannato per mafia e si attivasse per la sua latitanza.
  Dall'altra parte, al tempo stesso, siamo preoccupati anche da quello che emerge dall'Expo di Milano. Come sapete, lunedì noi avremo qui il Commissario Sala, alle 14. Era stata prevista la sua partecipazione, sollecitata da noi, in relazione alle notizie uscite di recente sulla stampa, con le quali si annunciava un nuovo protocollo che di fatto era presentato nel modo seguente: si affievoliscono i controlli antimafia per accelerare i lavori.
  Questo messaggio «legalità uguale ritardi» e «illegalità uguale celerità» ci aveva molto preoccupato. Siamo stati, quindi, solleciti nel convocare il Commissario Sala, il quale sarà qui lunedì.
  Naturalmente, questa sarà l'occasione anche per approfondire gli altri aspetti che sono emersi dalle indagini della procura di Milano. Non sembrano profilarsi elementi che riguardano le infiltrazioni mafiose – ci teniamo a precisarlo – dalle notizie che rileviamo dalla lettura dell'ordinanza, ma, ancora una volta, i fatti che hanno riguardato Infrastrutture Lombarde, dimostrano che una grande scommessa come quella dell'Expo è circondata da comportamenti in cui si ravvisano reati di corruzione e comunque un uso non corretto della cosa pubblica.
  Ci hanno fatto molto piacere le parole del procuratore Bruti Liberati, il quale dice che Expo può andare avanti, non solo perché il commissario non è minimamente coinvolto, ma anche perché questa è una grande sfida e queste indagini non hanno la funzione di fermare nulla, anzi di accelerare. Ancora una volta riaffermiamo, quindi: più legalità, più velocità.Pag. 4
  Indubbiamente anche questo è un aspetto che non può non inquietare e preoccupare. Sappiamo che l'Italia, la politica, l'amministrazione e l'economia sono prevalentemente sane in questo Paese. Ancora una volta, però, si ribadisce il fatto che l'intervento della magistratura sia un intervento prezioso.
  Anche da questo punto di osservazione, e con il Viceministro dell'interno presente, noi non possiamo, come sede parlamentare, non ribadire ancora una volta che gradiremmo una pubblica amministrazione davvero capace di autotutelarsi e di intervenire prima della magistratura, nonché di evitare con atteggiamenti preventivi che questi comportamenti continuino nella vita del nostro Paese.
  Detto questo, ringraziamo il Viceministro per la sua presenza, che abbiamo richiesto per molti motivi. Uno è prevalentemente legato al tema dei testimoni di giustizia, al funzionamento generale del sistema di protezione, all'iter del decreto di attuazione della normativa che prevede l'assunzione dei testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione, nonché ad alcune loro situazioni personali.
  Come sapete, c’è un comitato che sta lavorando e sta sentendo i testimoni di giustizia. Domani mattina avremo l'audizione di tre di loro. Dopo la relazione del Viceministro io credo che il coordinatore, onorevole Mattiello, e gli altri partecipanti avranno sicuramente di che interloquire con lui.
  Siamo alla vigilia di un Consiglio dei ministri che dovrebbe cominciare a prendere in esame o addirittura licenziare un disegno di legge che riguarda, da una parte, i beni confiscati, sui quali la Commissione ha già lavorato con la sua relazione, e, dall'altra, il tema degli enti locali e dell'introduzione del reato di autoriciclaggio. Immaginiamo, anzi siamo certi che il Viceministro Bubbico abbia alcune informazioni. Per noi sarà prezioso avere un primo scambio con lui.
  Non era previsto in un primo momento, ma discuteremo anche dei fatti recenti che riguardano le tifoserie e le società calcistiche che si sono verificati all'Olimpico, e sui quali la Commissione ha già avviato un comitato di lavoro. Questa sarà, dunque, un'occasione di confronto anche su questo tema particolarmente attuale e importante.
  Lo stesso vale per un altro tema che è saltato all'attenzione dell'opinione pubblica recentemente e che riguarda l'utilizzo dei fondi per le associazioni antimafia, anti-racket e antiusura. La delega del Viceministro è una delega molto ampia, ragion per cui noi siamo ben lieti di averlo tra di noi. Lo ringraziamo perché questa è un'occasione preziosa di confronto e di approfondimento, dopo quella che abbiamo già avuto con il ministro dell'interno, con il capo della polizia e con altri esponenti, come il direttore della DIA e altri, del Ministero dell'interno.
  Do la parola al Viceministro Bubbico per lo svolgimento della relazione.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Grazie, presidente. Io mi pongo in diretta continuità con il programma annunciato dal Ministro Alfano, sottolineando la priorità che il Ministero dell'interno, il Ministro Alfano e il Governo nel suo complesso affidano alla lotta alla criminalità organizzata e al rafforzamento anche delle misure di prevenzione e delle misure tese a contrastare le reti criminali attraverso i sequestri e le confische di natura patrimoniale.
  Su questo dirò in conclusione, anche in relazione ai contenuti del provvedimento annunciato, che il Governo dovrebbe approvare in un'imminente seduta del Consiglio dei ministri.
  Sui testimoni e sui collaboratori di giustizia vorrei fornire un quadro, perché la questione è venuta all'attenzione dell'opinione pubblica. Spesso esiste il timore che lo Stato possa abbandonare questi cittadini che hanno deciso di offrire un contributo determinante nella lotta alla criminalità organizzata, esponendosi a rischi non trascurabili. Spesso assistiamo a denunce e segnalazioni circa un senso di abbandono che questi cittadini vivrebbero. È importante, quindi, approfondire questo tema e restituire certezza a questi strumenti Pag. 5efficacissimi e soprattutto garantire questi cittadini nei loro diritti e nei loro legittimi interessi.
  Io posso portare la mia testimonianza rispetto alla fase che mi ha visto impegnato nella Commissione centrale prevista dalla legge n. 82 del 1991, che, come sapete, è l'organo amministrativo competente alla definizione e all'applicazione delle speciali misure di protezione per i testimoni e i collaboratori di giustizia.
  La Commissione da me presieduta è stata istituita con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, il 21 giugno 2013, si è riunita la prima volta il 9 luglio 2013 e ha concluso i propri lavori il 19 febbraio 2014. La Commissione verrà reinsediata non appena verrà varato il nuovo decreto costitutivo della stessa.
  Nei circa otto mesi di lavoro la Commissione si è riunita 21 volte, ha esaminato 478 fascicoli e ha assunto 473 decisioni. Sono state decise 88 ammissioni al programma di collaboratori di giustizia e quattro di testimoni e sono state disposte 31 capitalizzazioni, di cui una relativa a testimoni di giustizia e le restanti in favore di collaboratori di giustizia (27) o di loro familiari (tre).
  La platea è costituita da 1.232 soggetti coinvolti, dei quali 82 risultano essere testimoni di giustizia e 1.150 collaboratori. Sto parlando dei titolari. Insieme ad essi risultano inseriti nei programmi i loro familiari, sviluppando, in questo modo, una popolazione protetta complessiva di 5.909 persone. Questi sono dati a fine febbraio 2014.
  Risultano inserite nel sistema tutorio 84 donne titolari di programma, di cui 61 collaboratori e 23 testimoni. Tra i familiari le donne costituiscono la maggioranza.
  È importante rilevare che la segmentazione per fasce d'età vede più di 600 collaboratori, quasi la metà dei testimoni, nella fascia di età tra 40 e 60 anni. Nella fascia d'età tra 26 e 40 anni risultano presenti 419 collaboratori e 27 testimoni, nella fascia con più di 60 anni 63 collaboratori e 10 testimoni, tra 19 e 25 anni 14 collaboratori e quattro testimoni e nella fascia d'età minorile un solo testimone.
  Ho voluto illustrare questa classificazione anche di natura demografica e per fasce d'età perché durante i lavori della Commissione è emerso un problema che non può essere ulteriormente eluso e che ci restituisce una situazione che io definisco di natura paradossale: da una parte, lo Stato impegna risorse umane, strumentali e finanziarie a sostegno dei testimoni e dei collaboratori e, dall'altra, i titolari di questi interventi e servizi vivono la loro condizione in una dimensione conflittuale, manifestano disagi e spesso manifestano un'insoddisfazione per i servizi e per gli strumenti che vengono messi loro a disposizione. Esiste, quindi, un divario tra l'intensità degli investimenti effettuati dallo Stato e i benefici percepiti da parte dei destinatari di questi interventi. Questo problema va risolto.
  Noi abbiamo provato a ragionare partendo anche dalle singole situazioni e ci siamo convinti, come Commissione, che questo divario tra intensità dell'intervento dello Stato e qualità percepita da parte dei beneficiari sia determinato anche dall'aleatorietà di un quadro normativo in grado di definire con esattezza i diritti e i doveri di ciascuno.
  Avendo individuato una precarietà dal punto di vista dei rapporti e degli obblighi che lo Stato assume nei confronti dei testimoni e dei collaboratori e dei corrispondenti obblighi che gli stessi assumono nei confronti dello Stato, abbiamo deciso di rendere più espliciti ed evidenti la natura e i contenuti di questi rapporti, proprio perché i testimoni, in modo particolare, e i collaboratori possano sentirsi pienamente titolari di diritti esigibili e misurabili piuttosto che destinatari di attenzioni affidate alla straordinaria capacità e generosità delle forze di polizia che costituiscono e organizzano il servizio di protezione.
  Abbiamo anche osservato che esiste la necessità di meglio definire la figura del testimone. L'attenzione che è stata prestata alla verifica dell'insussistenza di legami con contesti criminali e di intraneità Pag. 6con organizzazioni al fine di disporre i benefici previsti dalla legge viene praticata in maniera rigorosa, ma proprio da quell'attività emerge che la qualificazione di «testimone» meriterebbe un'ulteriore esplicitazione.
  La componente di cittadini che hanno osservato fatti criminosi e che hanno testimoniato, consentendo l'individuazione di aggregazioni spesso molto potenti e pericolose, si è ridotta significativamente e costituisce una minoranza nella platea dei testimoni, molti dei quali, invece, avendo subìto condizionamenti da parte delle organizzazioni criminali, hanno deciso, opportunamente e meritoriamente, di ribellarsi. Nel corso della loro esperienza di vita, della loro attività di impresa o della loro attività professionale sono entrati in contatto con questi contesti e queste aggregazioni, pur risultandone completamente estranei.
  Pertanto, è necessario riclassificare queste figure, al fine di costruire un quadro di sostegno e di organizzazione degli strumenti utili a garantire i loro diritti in maniera più soddisfacente.
  È emersa anche la necessità di superare una distinzione che la legge dispone circa l'inserimento nello speciale programma di protezione per i testimoni in località protetta, ai quali vengono garantiti alcuni aiuti e provvidenze tesi a mantenere costante il loro livello di vita e a consentire anche il loro reinserimento sociale e lavorativo, rispetto ai testimoni in loco, per i quali non sono previste particolari misure di sostegno.
  Questo determina una sorta di disincentivo alla permanenza nel luogo di residenza, cosa che, invece, andrebbe promossa con più determinazione e convinzione. Lo Stato deve vincere le mafie, le organizzazioni criminali, nei luoghi nei quali esse sono presenti e radicate, allestendo, quindi, strumenti e misure per aiutare i cittadini, i professionisti e gli imprenditori che testimoniano e che decidono di permanere nel luogo di residenza a sviluppare la propria attività, pur in un contesto ostile e che spesso li isola. Chi testimonia e decide di permanere nel luogo di residenza in contesti ostili e difficili viene, infatti, additato come un nemico, viene isolato e, quindi, la sua attività di impresa, la sua attività professionale risulta fortemente condizionata in negativo.
  È necessario, pertanto, allestire un quadro di norme in grado di differenziare l'intensità degli aiuti, offrendo però un quadro di certezze e aprendo una fase nella quale gli strumenti a sostegno dei testimoni raggiungano una maturità capace di spostare su un terreno normativo tutto quanto l'esperienza ci mette a disposizione e la fase, anche volontaristica, di sostegno di queste forme di contrasto alla criminalità organizzata ha segnalato attraverso l'esperienza diretta.
  La complessità di queste situazioni ci ha spinti a disporre la redazione di uno studio per costruire un bilancio sociale e umano di queste esperienze. Le situazioni di sofferenza umana e di disagi di natura anche psichica, oltre che psicologica, sono molto frequenti. Soprattutto nella popolazione tra i minori si propone con una certa numerosità una casistica di disturbi ascrivibili alle condizioni di equilibrio psicofisico delle loro famiglie.
  Pertanto, abbiamo deciso di organizzare un'attività di studio, di approfondimento e di valutazione delle esperienze, al fine di migliorare la qualità del servizio anche attraverso l'aggiornamento costante e la formazione mirata degli operatori del servizio di protezione, che fanno tantissimo, con grandi sacrifici anche di natura personale, ma ai quali è necessario mettere a disposizione anche strumenti di natura conoscitiva e professionale, tanto da metterli nella condizione di governare e affrontare situazioni complesse, che spesso assumono una dimensione di natura patologica.
  È facile immaginare i disagi che un cittadino si trova a vivere quando in maniera repentina viene costretto a cambiare il proprio modello di vita, il proprio luogo di vita, il proprio luogo di lavoro e spesso anche la propria identità, vivendo una condizione di paura, di disagio e di pericolo.Pag. 7
  Anche la norma sull'assunzione dei testimoni, rispetto alla quale il lavoro da parte del Ministero dell'interno e dell'ufficio legislativo centrale è stato trasferito per la necessaria e prevista concertazione con il Ministero della funzione pubblica, mette in evidenza i limiti propri di quella norma.
  Come è noto, si dispone un percorso preferenziale per l'assunzione dei testimoni di giustizia in presenza di dotazioni organiche e di disponibilità di posti nella pubblica amministrazione con procedure che gli uffici legislativi si sono sforzati di mettere a punto per garantire trasparenza, terzietà e parità di trattamento. Quando, però, i potenziali beneficiari sono 100 e i posti disponibili fossero 10, vanno definite delle norme trasparenti a garanzia dei diritti di ciascuno.
  Questo decreto verrà emanato, ci auguriamo, in tempi piuttosto veloci, nei tempi necessari per la concertazione, che noi ci auguriamo possa concludersi velocemente. È importante, però, essere consapevoli che quello strumento troverà un'applicazione piuttosto complicata per effetto della carenza di posti disponibili e di dotazioni organiche capaci di accogliere nuovi dipendenti nelle pubbliche amministrazioni.
  Come Commissione, noi avanzeremo una precisa proposta al riguardo: il legislatore potrebbe valutare l'opportunità di rendere obbligatoria l'assunzione dei testimoni di giustizia, ponendo gli oneri a carico del fondo specifico del bilancio dello Stato, superando quindi il tema delle dotazioni organiche e collocando quei cittadini in sovrannumero rispetto alle dotazioni delle amministrazioni pubbliche e degli enti locali.
  Peraltro, una soluzione di quel genere, che potrebbe risultare compatibile, data anche l'esiguità del numero dei potenziali beneficiari, consentirebbe anche una più diretta ed esplicita soddisfazione dei desideri di ricostruzione di un percorso di vita e di lavoro da parte dei testimoni, i quali non sarebbero vincolati a inseguire i posti disponibili, sottoponendosi a ulteriori disagi in termini di inserimento sociale e in nuovi contesti territoriali, ma offrendo a ciascuno di essi di poter scegliere una precisa località e garantendo anche il criterio della riservatezza, della copertura e della tutela di cui questi cittadini devono sentirsi titolari.
  Presidente, io ho con me una relazione, che non voglio leggere per non annoiare i commissari e la Commissione. La lascerei a disposizione. Al suo interno è possibile nel dettaglio riscontrare il senso di questo lavoro e anche gli orientamenti che noi abbiamo maturato.
  Questo è il quadro per i testimoni e i collaboratori di giustizia.
  Esiste poi un problema di certezza dei diritti circa il risarcimento dei danni subìti da queste persone. È importante segnalare la necessità di garantire una forte integrazione, tema di cui ci stiamo occupando con gli strumenti a disposizione del Commissariato antiusura e anti-racket. Molti dei testimoni sono testimoni di reati di usura e di reati di estorsione. È importante, quindi, che l'attività del Commissariato possa svilupparsi in diretto coordinamento e in una dimensione di complementarità con gli strumenti a disposizione della Commissione.
  Spesso, quando affrontiamo il tema delle capitalizzazioni o del finanziamento dei progetti di reinserimento sociale e lavorativo, noi ci troviamo a prendere atto che, pur in presenza di un diritto certificato dalle Direzioni distrettuali antimafia e confermato dalla Direzione nazionale antimafia, numerosi cittadini non hanno potuto, nella prima fase, beneficiare delle risorse nella disponibilità del Commissariato. Questo non per indisponibilità o per una volontà precisa, ma per una sfasatura nella gestione delle situazioni, spesso anche complesse e complicate, che sono oggetto di accertamento e di verifica da parte dell'autorità giudiziaria.
  Mettere insieme, completare e dare organicità agli strumenti a sostegno di questi cittadini perché possano recuperare la propria tranquillità e la propria dimensione operativa sul piano professionale e imprenditoriale ci pare particolarmente importante. Qualche caso anche di quelli Pag. 8più segnalati all'opinione pubblica mette in evidenza esattamente questo problema.
  Devo fornire il quadro su tutto, presidente, o mi fermo ?

  PRESIDENTE. Io direi di completare il quadro e poi passiamo all'approfondimento.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Perfetto. Dell'inserimento lavorativo dei testimoni ho detto.
  Per quanto riguarda, invece, il decreto in via di approvazione, quello volto a rafforzare il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti, in aggiunta alla parte che ridefinisce la governance dell'Agenzia per i beni confiscati, ridefinendone anche le missioni e gli strumenti di natura operativa – si decide di riportare la sede dell'Agenzia a Roma, di avere un'unica sede, di utilizzare in via esclusiva gli uffici territoriali del Governo quali strutture periferiche dell'Agenzia e si dispone il principio dell'avvalimento nei confronti delle amministrazioni e delle agenzie pubbliche – c’è una parte relativa ai comuni sciolti per mafia e agli strumenti da mettere a disposizione in modo particolare delle commissioni straordinarie.
  È una questione che è emersa in maniera rilevante nella città di Reggio Calabria. Raccogliendo l'esplicita richiesta dei commissari, è stata messa a punto una norma che affida al prefetto, su richiesta motivata della Commissione, la facoltà di disporre, attraverso una procedura che si conclude con un decreto del ministro dell'interno, il licenziamento di dipendenti che agiscano in controtendenza rispetto alle attività di bonifica che i commissari sono chiamati a esercitare.
  C’è un problema che mette in evidenza la fragilità delle istituzioni locali, sempre più esposte a fenomeni di infiltrazione mafiosa e criminale. La fragilità è costituita, a nostro parere, in modo particolare dal sostanziale superamento del ruolo e della funzione dei consigli comunali e delle giunte municipali e dei meccanismi che regolano la nomina dei dirigenti e dal superamento del sistema dei controlli, che sicuramente era necessario superare per quanto riguarda i controlli di merito.
  Circa i controlli di legittimità e i controlli di natura contabile sarebbe, invece, opportuno sviluppare una riflessione. Noi stiamo assistendo ad amministrazioni locali che autonomamente decidono di sottoporsi a un percorso di natura procedurale teso a rendere più esplicite le fasi di organizzazione delle decisioni, tanto da far risultare tracciabili tutte le attività e, in maniera diretta, individuabili le responsabilità dei singoli procedimenti.
  Ci viene chiesto anche di riferire sulla questione Masciari. Alcuni parlamentari componenti di questa Commissione hanno avuto modo di occuparsi di questo problema e di segnalarne la rilevanza, che io mi sento di confermare.
  Proprio il caso Masciari mette in evidenza la necessità di rivedere gli strumenti di natura amministrativa. Masciari vive una situazione di grave difficoltà per effetto di alcuni debiti che si erano costituiti a seguito degli atti che erano stati consumati ai propri danni dalle organizzazioni criminali e chiede, quindi, il trasferimento di quelle risorse per far fronte a queste nuove esigenze, a questi nuovi debiti.
  Noi siamo di fronte, però, a un problema: nel 2009 la Commissione e il signor Masciari hanno sottoscritto un atto transattivo tombale con il quale l'amministrazione veniva sollevata da qualunque responsabilità passata, presente o futura, anche in relazione a fatti non evidenti o che potessero sopraggiungere.
  Oggi viviamo, quindi, questa grande difficoltà nel corrispondere, da una parte, ai contenuti di un atto che ha una rilevanza giuridica non eccepibile e, dall'altra, all'esigenza di offrire una risposta a un testimone che ha sviluppato anche una significativa attività in termini di promozione della cultura della legalità.
  La commissione si è ripiegata più volte su questa specifica questione, assumendo anche decisioni di diniego rispetto alle richieste che venivano formulate, ma non trascurando la questione in termini di ulteriori approfondimenti, per valutare se Pag. 9nel quadro normativo oggi esistente possa essere possibile trovare una soluzione, che a me, francamente, pare piuttosto difficile.
  Sarà necessario, salvo che non intervengano soluzioni nel frattempo, modificare i regolamenti e, per modificare i regolamenti, occorre anche offrire una garanzia di natura primaria per fornire una risposta a queste situazioni.
  L'altro caso che viene segnalato è quello della De Masi Costruzioni, un'impresa che opera a Gioia Tauro, in un contesto estremamente complicato e difficile.

  PRESIDENTE. Ha subìto un attentato anche ieri.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Sì. Per fortuna, sembrerebbe che l'allarme sia leggermente rientrato, ma l'attenzione è altissima. Il prefetto è attento. Io l'ho sentito nel corso della mattinata. La procura distrettuale antimafia segue con molta attenzione questo problema.
  Proprio in relazione alla rilevanza, anche simbolica, che questa vicenda ha e alle minacce che la famiglia De Masi ha subìto, attraverso attacchi anche con colpi di kalashnikov presso l'azienda, abbiamo sollecitato il Ministero dello sviluppo economico a promuovere un incontro con le banche per risolvere, ove fosse possibile, in via transattiva la questione relativa agli interessi usurai che il gruppo De Masi avrebbe pagato e per i quali una sentenza passata in giudicato opera anche una quantificazione diretta e precisa.
  Purtroppo, la sentenza richiama e si rifà alla consulenza tecnica d'ufficio, che quantifica gli interessi usurai sia nella loro dimensione temporale, sia nella loro dimensione finanziaria e non siamo in presenza di discrasie tali da consentire un'azione immediata e diretta sul piano civile, perché il gruppo De Masi ha richiesto un provvedimento ex articolo 700 c.p.c. che non ha trovato accoglimento. Anche il ricorso su quel primo giudizio non ha avuto esito positivo. C’è, però, la fondata speranza che possa essere pronunciata una sentenza favorevole in relazione a un provvedimento in corso.
  Noi abbiamo agito, proprio in questa fase del procedimento, sollecitando le banche a prendere atto delle loro responsabilità e anche ad assumere la specificità della situazione, caratterizzata da un contesto ambientale particolarmente difficile e anche dalla volontà del gruppo De Masi di reagire con forza alle azioni criminali, che potrebbero anche alludere a un'attività di sostituzione nell'attività di impresa in un settore rilevante non solo per la componente costruzione di macchine agricole, per le quali il gruppo De Masi è titolare di alcuni brevetti, ma anche e in modo particolare per la presenza nel porto di Gioia Tauro in relazione ad alcune attività di natura elettromeccanica che l'azienda in quel contesto sviluppa.
  Abbiamo tenuto la settimana scorsa questo primo incontro e io ho una ragionevole fiducia, perché abbiamo segnalato tutte le componenti legate alla lotta alla criminalità organizzata. Nella giornata di domani si terrà un incontro, che io mi auguro possa essere conclusivo e positivo, per offrire la possibilità a questo gruppo di riprendere l'attività.
  È doveroso segnalare che quest'azienda non ha licenziato i propri operai, pur avendo la possibilità di farlo, invocando le ragioni che hanno determinato la crisi. Il mercato esiste. Quest'azienda continua a lavorare nonostante le gravissime difficoltà che deve affrontare.
  Da ultima, vi è la questione calcio. Sulla questione calcio gli ultimi episodi segnalano la necessità di operare un ulteriore approfondimento.
  Dalle attività di analisi del dipartimento della pubblica sicurezza non risulterebbero azioni tese a rendere permanenti attività di infiltrazione in ambienti calcistici, sia nelle società, sia nelle tifoserie. Tuttavia, questa è una prima valutazione, che merita ulteriori approfondimenti, anche alla luce di alcuni episodi e di alcune realtà che non solo hanno richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica, ma Pag. 10sono state anche oggetto di attività di indagine e di decisione da parte della magistratura.
  Mi riferisco al sequestro del Quarto Calcio, della società calcistica di Quarto, e anche alle attività e alle presenze criminali nella squadra di calcio del Giugliano, che militava nel campionato regionale di eccellenza, o nelle squadre del Cittanova Interpiana e del Sapri, entrambe impegnate nel campionato nazionale dilettanti di serie D.
  Questo è un tema all'attenzione del dipartimento e sul quale noi vogliamo esercitare il massimo della vigilanza. Comprendiamo la particolare esposizione delle società calcistiche e del calcio in generale rispetto ai fenomeni di controllo e di infiltrazione criminale, vuoi per un problema di controllo del territorio e di organizzazione del consenso, vuoi anche per le attività di riciclaggio di denaro sporco o di imposizione del racket attraverso le sponsorizzazioni che in talune circostanze vengono imposte e richieste agli operatori commerciali.

  PRESIDENTE. Grazie Viceministro.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DAVIDE MATTIELLO. Grazie Viceministro Bubbico. Brevemente, faccio solo una battuta per rappresentare lo sforzo e la serietà con la quale sia i colleghi, sia i funzionari di questa Commissione stanno organizzando il ciclo di audizioni, per intanto dei testimoni di giustizia, ma, facilmente e prossimamente, anche dei collaboratori di giustizia, in questa Istituzione.
  Mi piace segnalare e ricordare a tutti che noi ci siamo presi l'impegno di vederci tutti i venerdì mattina, nonostante le fatiche organizzative, proprio per venire incontro alle esigenze di sicurezza di queste persone. Peraltro, questa scelta di vederci il venerdì mattina farà sì che ci vedremo anche il 23 maggio. Nonostante tutto – credo che sia una coincidenza molto significativa per noi che facciamo questa esperienza, perché è l'anniversario della strage di Capaci – noi saremo qui ad ascoltare queste persone.
  Procedo il più brevemente possibile, per non togliere spazio agli altri colleghi e colleghe.
  Sulla composizione della commissione centrale lei, Viceministro, ha fatto riferimento alla sua prossima costituzione. Non mi è chiaro da che cosa dipenda il tempo che sta trascorrendo e dove stia il problema. Da un lato, pare che lei non abbia ricevuto la delega. Dall'altro, invece, sembra che lei la delega l'abbia ricevuta e che, quindi, il problema sia di composizione della commissione.
  Ho le idee confuse e le chiedo di aiutarmi a fare chiarezza.
  Il secondo punto riguarda il decreto attuativo sulle norme che prevedono l'assunzione nella pubblica amministrazione. Come lei sa bene, c’è molta attesa rispetto a queste norme attuative. Credo anch'io che, se fosse possibile prevedere l'assunzione in capo all'amministrazione centrale e il successivo comando delle persone distaccate, questo sarebbe uno dei modi per risolvere quello che altrimenti rischia di essere un problema esplosivo, perché si sono create molte aspettative. Io so, come credo anche lei, che per il 19 maggio decine di testimoni si sono date appuntamento di fronte al Viminale, proprio in attesa dell'approvazione di questo decreto.
  Il terzo tema riguarda la categoria del paradosso che lei stesso ha adoperato per introdurre la riflessione sui testimoni di giustizia e sui collaboratori. Molte cose ci sarebbero da dire. Ovviamente non le dico. Ci saranno altre circostanze. Mi permetto solo un passaggio di carattere più generale.
  Io credo che si debba fare uno sforzo maggiore per passare – mi permetta di definirla così – da un'etica dell'adempimento a un'etica del risultato. Da questo punto di vista, il caso Masciari, che lei ha ben evocato, è proprio paradigmatico. Dal punto di vista formale gli adempimenti sono stati assolti a norma di legge. Rispetto al risultato, invece, no, e il risultato, nello spirito della legge, è che queste Pag. 11persone possano essere riscattate a una vita libera e dignitosa. È il risultato che ci sta a cuore, non tanto e non soltanto l'adempimento della norma.
  È vero, nel 2009 è stata firmata quella capitalizzazione, come lei ha ricordato. È, altresì, vero che – non so bene e non ho mai capito bene in quali forme – l'allora responsabile dell'amministrazione rassicurò quella famiglia, proprio tra l'adempimento e il risultato, che, qualora fosse stato ancora necessario l'intervento dell'amministrazione, questa sarebbe stato al fianco di quella famiglia. Prova, in effetti, ne sono stati alcuni atti successivi al 2009 che l'amministrazione ha emanato in coerenza a quella rassicurazione tra l'adempimento e il risultato.
  Un ultimo episodio – ricordo che il 22 maggio sono in udienza i Masciari, per il pignoramento della casa di abitazione, casa acquistata con i soldi della capitalizzazione, che rischiano così di perdere – va proprio in questo senso. È un pezzo di quel residuo che, nella logica del risultato e non solo dell'adempimento, è in coerenza con gli impegni assunti allora dall'amministrazione nel 2009, sarebbe proprio il caso di affrontare prima di qualunque modifica normativa, che chissà quando, se e come riusciremo ad approntare.
  Finisco con due questioni concrete, sulle quali le chiedo, se potrà, un parere o una valutazione.
  In primo luogo, proprio in ragione del fatto che la maggior parte di quelli che noi chiamiamo testimoni di giustizia sono, in realtà, imprenditori che arrivano alla denuncia dopo aver subìto estorsione o usura, cosa pensa della possibilità che, per il riscatto e il reinserimento socioeconomico di queste persone, esse possano essere annoverate tra i destinatari dell'assegnazione delle aziende confiscate ?
  Concludo con l'ultima questione. Lei ha fatto cenno al disegno di legge che dovrebbe essere portato al Consiglio dei ministri e alla normativa sui comuni sciolti per infiltrazione mafiosa. Faccio notare anche a lei, anche in questa circostanza, che mi pare ci sia una smagliatura nella normativa che ha a che fare con lo scioglimento dei comuni per infiltrazione mafiosa. Pur prevedendo essa l'incandidabilità del sindaco di un comune sciolto per mafia, non si comprendono le elezioni europee.
  I sindaci devono stare fermi un giro dopo che hanno avuto il comune sciolto, a prescindere dal loro destino sul piano penale, ma la legge parla di elezioni comunali, provinciali – che non ci saranno più – regionali e politiche e non parla delle europee.
  Pertanto, le ricordo, per citare ancora, per l'ultima volta, ringraziandola, la categoria che ha usato lei, noi abbiamo il paradosso di alcuni sindaci di comuni sciolti per mafia candidati alle europee in questo momento.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Viceministro, preferisce rispondere subito o alle fine ? Facciamo come preferisce lei.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Con riguardo alla commissione centrale e perché si stia ritardando, se per deleghe o composizione, rispondo che la composizione è stata definita. In relazione ai soggetti interessati, la procura nazionale antimafia ha segnalato i propri, i due magistrati, e il Ministero della giustizia ha formalizzato quelle designazioni, così come hanno fatto le altre amministrazioni, Guardia di finanza, Carabinieri e Polizia di Stato.
  Non è stata ancora formalizzata la delega. Il ritardo oggi riguarda le deleghe al Viceministro e ai sottosegretari, ma è questione che sembra debba risolversi in pochissimo tempo.
  Per quanto riguarda il decreto attuativo circa l'assunzione, ho già detto che il provvedimento è stato trasmesso per la concertazione prevista dalla legge al Ministero della funzione pubblica. Ovviamente, il decreto attuativo si muove nell'ambito delle previsioni della legge.
  Vorrei segnalare che gli uffici legislativi hanno prodotto il massimo dello sforzo per superare una contraddizione che sarebbe Pag. 12risultata insopportabile. Il significato letterale della norma primaria della legge dispone, infatti, che il percorso preferenziale per l'assunzione presso la pubblica amministrazione sia garantito ai titolari di speciale programma di protezione. I titolari dello speciale programma di protezione sono quei testimoni che vivono in località protetta. Verrebbero, quindi, esclusi i testimoni in loco, il che risulterebbe non sopportabile. Gli uffici legislativi si sono sforzati, quindi, nel presupposto che il legislatore volesse garantire il godimento di quel beneficio a tutti i testimoni, quale che fosse la loro collocazione.
  Abbiamo anche annunciato un eventuale passaggio parlamentare, non previsto dalla legge, sui contenuti del decreto, ove il concerto dovesse mettere in evidenza questa non corrispondenza tra i contenuti del decreto e la previsione letterale disposta dalla legge, consigliando un percorso che possa sostanzialmente configurarsi come interpretazione autentica da parte del Parlamento sui contenuti del decreto in relazione al dispositivo della legge.
  Per il 19 maggio noi non potremo che confermare, e questo deve essere chiaro, che l'approvazione del decreto non significa assunzione, perché con l'approvazione del decreto si definiscono le modalità e i meccanismi per individuare, da parte degli enti locali e degli enti pubblici, i posti vacanti da mettere a riserva da coprire con le procedure che il decreto definisce a garanzia dei diritti dei testimoni.
  Ripeto, non può essere praticata una modalità che non sia trasparente e garantista, considerato, peraltro, che noi viviamo una contraddizione evidente: molti dei titolari di questo diritto vivono con un nome diverso e la loro identità non deve essere disvelata per ragioni di sicurezza. Perché, però, possano essere garantiti i diritti di ciascuno deve essere prodotto un atto a evidenza pubblica e, quindi, oppugnabile. Diversamente, non verrebbero garantiti i diritti di ciascuno.
  La questione è particolarmente complessa ed è importante sapere che la definizione e l'approvazione del decreto non significano assunzione. Immagino che il legislatore fosse ben consapevole dei limiti contenuti nella norma. Mi auguro, quindi, che non si sia prodotta un'attività tesa a illudere persone che già hanno sofferto e stanno soffrendo tanto e che non meriterebbero di essere disilluse attraverso annunci che non potrebbero essere praticati.
  Ciò mi porta ad affrontare il tema della dialettica tra adempimento e risultato. Uno Stato di diritto vive sulle regole, e le regole devono garantire il risultato. Non c’è un atto di discrezionalità, non c’è uno Stato etico che decida cosa sia bene fare in ragione di uno specifico apprezzamento. Esistono regole e, soprattutto quando si agisce nel campo dell'illegalità e della criminalità, il rispetto rigoroso della legge, delle norme e dei princìpi di trasparenza deve costituire lo strumento più potente per combattere la cultura dell'illegalità.
  I testimoni devono essere titolari di diritti, non destinatari di favori. Non devono contare sul fatto che il funzionario dica: «Firma l'atto di transazione e poi troveremo il modo per risolvere il tuo problema». La transazione statuisce e definisce le obbligazioni reciproche e mette in campo le responsabilità di ciascuno.
  Se noi decidessimo di intervenire, come mi pare sarebbe opportuno fare in presenza del caso Masciari, dovremmo definire la questione non in questo apprezzamento di natura individuale e discrezionale tra adempimento e risultato, ma modificando la norma. Se noi mettessimo in campo l'apprezzamento, il giudizio, la valutazione discrezionale, ci esporremmo a un'utilizzazione non trasparente e non garantista delle norme e, quindi, allocheremmo risorse pubbliche in maniera non corrispondente ai quadri normativi, che devono garantire certezza.
  Anche su questo fronte c’è un problema di natura culturale, che va affrontato e affermato. Nell'attività della commissione noi ci siamo trovati continuamente di fronte a situazioni di questo genere. Quelle modalità garantiscono i furbi e danneggiano le persone perbene e Pag. 13indifese, che non sanno farsi rappresentare o che non sanno pretendere. Non può, dunque, valere il principio secondo il quale uno ottiene sei milioni di euro e un altro ottiene 80 mila euro perché non ha saputo rappresentare o non ha saputo costruire intorno al suo caso quel consenso che garantisce poi determinati risultati.
  Io penso che, anche da questo punto di vista, il tema dell'assegnazione delle aziende confiscate non possa che essere affrontato con estremo rigore. Le aziende confiscate devono essere restituite alla loro funzione produttiva in un quadro di economia legale, garantendo il lavoro e la produzione di ricchezza che viene redistribuita sui territori.
  L'assegnazione all'imprenditore che ha subìto il condizionamento mafioso o criminale non credo possa costituire, dal punto di vista delle tecniche manageriali e produttive, la modalità più appropriata per rimettere a valore quegli assetti aziendali. Noi dobbiamo garantire, tutelare e sostenere i testimoni nelle loro attività utilizzando tutti gli strumenti disponibili, purché gli stessi siano coerenti con le regole della concorrenza e del mercato, con i princìpi dell'ordinamento comunitario e con le finalità che sottendono a tutto questo lavoro, che è l'affermazione della cultura della legalità. Questo perché ciascuno si senta responsabile nell'offrire il proprio contributo e perché le condizioni di convivenza civile possano essere misurate su standard elevati di rispetto e di libertà da parte di ciascuno.
  Io penso che si possa discutere, ma personalmente nutro grandi difficoltà per quello che sto osservando in questo specifico campo.

  PRESIDENTE. Grazie, Viceministro. Per una parte della sua risposta mi sento di esprimerle anche molto apprezzamento e condivisione per il modo con il quale delinea l'approccio e anche la soluzione ad alcuni problemi che si presentano tutti come casi singoli, ma che devono essere giustamente inquadrati in una visione di carattere generale, di fronte alla quale ciascuno è davvero portatore di un diritto e non di un favore mascherato.

  FRANCESCO D'UVA. Grazie Viceministro, per essere qui in quest'audizione libera. A tal proposito, devo dire che non ho ben capito la questione della mancata delega. Non voglio insistere su questa domanda, ma sinceramente non ho ben capito quali intoppi ci siano stati e come mai ci sia questo ritardo. Le chiedo se può, ovviamente nella sua disponibilità, fornire una risposta minima per avere maggiore chiarezza.
  Sui testimoni di giustizia abbiamo avuto varie segnalazioni, un po’ dal comitato, un po’ come segnalazioni private. Ci sembra questa l'occasione per parlarne. Intanto mi accodo a quanto ha chiesto finora Mattiello, perché gran parte delle domande che volevo farle sono state già fatte.
  Sappiamo che i testimoni a livello territoriale hanno la possibilità di interloquire col prefetto del proprio territorio. Talvolta, però, ci è stato segnalato che questi prefetti sembrano rifiutarsi di vedere i testimoni di giustizia stessi, al punto tale che questi testimoni – già sappiamo il grande travaglio che vivono – hanno difficoltà di fatto ad avere un interlocutore che rappresenti le istituzioni.
  Vorrei sapere se a lei risulta questo problema e, qualora le risultasse, se ci può spiegare, nei limiti dei suoi poteri, a cosa sia dovuto.
  Passo a un'altra questione che ci viene segnalata. Conosciamo l’iter per poter entrare nel programma testimoni di giustizia, ma, una volta che si esce dal programma, ci è stato segnalato che alcuni non hanno un documento di uscita. Questo documento di uscita dovrebbe attestare lo scampato pericolo del testimone, a garanzia dell'ex testimone stesso, il quale, qualora dovesse eventualmente succedergli qualcosa – speriamo di no – sarebbe in qualche modo tutelato da questo documento.Pag. 14
  Mi fermo qui perché le domande poste dal collega Mattiello ripercorrono quelle che avrei voluto fare io. Grazie Viceministro.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Cerco di essere più veloce, presidente.
  Per le deleghe non ci sono particolari misteri. È solo un problema di natura burocratica. Il Consiglio dei ministri deve assumere una delibera, ma è facile comprendere che in queste settimane passate le priorità fossero altre. Tuttavia, è necessario mettere in condizione la commissione di operare, dal momento che si decide su vicende che incidono direttamente sulla vita di queste persone. Accolgo, quindi, la sollecitazione a trasferire l'esigenza di fare presto.
  Per quanto riguarda l'interlocuzione con i prefetti, è necessario precisare un aspetto: i titolari dello speciale programma di protezione contano sulla garanzia della loro sicurezza offerta dal servizio centrale di protezione, che organizza la propria attività in 23 strutture periferiche.
  I titolari dello speciale programma di protezione sono, quindi, assistiti continuamente, secondo le procedure che il livello di rischio da ciascuno di essi sopportato comporta.
  Il prefetto interviene quando lo speciale programma di protezione si conclude e il testimone diventa un cittadino normale, per il quale si richiedono particolari attenzioni in relazione a fattori di rischio che il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica valuta e apprezza.
  Oggi accade, infatti, che un cittadino qualunque, anche un non testimone di giustizia, possa contare su misure di protezione per effetto di una particolare attività o di una particolare esposizione a fattori di rischio valutati dal Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
  I prefetti normalmente ricevono, ma accolgo questa sua sottolineatura. Segnaleremo ai prefetti l'opportunità di rendersi disponibili con i titolari di questi provvedimenti. Posso garantirle che la segreteria della commissione e io stesso, tutte le volte che siamo stati interessati, abbiamo ascoltato, abbiamo accolto le sollecitazioni e abbiamo ricevuto i testimoni o i collaboratori.
  L'uscita dal programma comporta la conclusione di una fase nella quale si rendono necessari gli strumenti di supporto, cioè la sistemazione alloggiativa e l'assegno di mantenimento, perché il livello di vita possa risultare corrispondente a quello precedente.
  L'uscita dal programma significa l'esaurimento delle esigenze di giustizia, che vengono certificate dall'autorità giudiziaria e che normalmente si accompagnano alle misure previste attraverso la cosiddetta capitalizzazione, la quale consiste nel finanziamento di un progetto di reinserimento sociale e lavorativo del soggetto.
  Da quel punto in poi il soggetto non è più sostenuto dal servizio centrale di protezione, ma rientra nella categoria normale, di cui tutti i cittadini fanno parte, e quindi, nel caso in cui ci fossero problemi di rischio, il prefetto dispone, caso per caso, gli interventi necessari.
  Ovviamente non è prevista una certificazione di insussistenza di un fattore di rischio. Come è facile immaginare, non può essere prodotta. Per quanto si vogliano adottare i princìpi di precauzione, qualche fattore di rischio esiste sempre. La cosa fondamentale è che questi cittadini, esaurita la fase di gestione dello speciale programma di protezione, contino comunque su un'assistenza, dal punto di vista della tutela della loro sicurezza, garantita in via ordinaria attraverso le prefetture.
  Grazie.

  CLAUDIO FAVA. Grazie signor Viceministro. Ho tre rapide domande.
  Una è sulla governance dell'Agenzia che voi state immaginando di modificare, un tema sul quale, come ricordava la presidente, noi ci siamo concentrati, provando, con la relazione che è stata prodotta, a dare un contributo in questa direzione.
  C’è un punto sul quale questa relazione si sofferma, che riguarda la figura che incarna questa governance, ossia il direttore Pag. 15dell'Agenzia. Nella relazione noi riteniamo che fissare come limite tassativo l'appartenenza alla carriera prefettizia rischi di essere un limite oggettivo nella qualità del lavoro espresso. Ci sono prefetti che sono assolutamente in condizione di poter portare una cultura aggiunta anche in termini di capacità manageriale nella gestione di aziende e altri che forse lo sono meno per il tipo di preparazione e di funzione che hanno svolto.
  Noi suggeriamo, e vorremmo conoscere l'opinione del Governo in merito, di prevedere che la carica di direttore possa essere proposta anche a chi, fuori dalla carriera prefettizia, per ragione di mestiere e di esperienza comprovata, è in condizione di poter garantire alle istituzioni e allo Stato la qualità del lavoro svolto. Volevo sapere cosa pensa di questo.
  Il secondo punto riguarda i comuni sciolti per mafia. È molto apprezzabile l'intenzione del Governo, ma io vorrei un chiarimento sui funzionari, sui dipendenti. Voi prevedete un licenziamento, lei ci diceva, nel caso di dipendenti che agiscano in controtendenza.
  Il caso di Reggio Calabria, che è un po’ caso di scuola ed è anche quello sul quale si costruiscono le nostre e le vostre valutazioni, immagino, ci dice non solo e non tanto di dipendenti che hanno agito in controtendenza prima, cioè nella fase che ha poi determinato la commistione, la collusione e, quindi, lo scioglimento, quanto anche di dipendenti e di funzionari che oggettivamente rappresentano una cerniera tra le associazioni criminali, tra la ’ndrangheta, e la pubblica amministrazione, anche se hanno scelto, in questa fase di commissariamento, di avere una presenza sottotraccia dell'amministrazione, in attesa di tornare nell'esercizio effettivo delle loro funzioni in rappresentanza delle cosche mafiose.
  Il problema sono i dipendenti che sono parenti affiliati, i dipendenti che hanno avuto condanne per reati specifici che hanno a che fare con la mafia, al di là del fatto che si siano fatti cogliere con le mani nel sacco, perché sono anche piuttosto furbi. Loro sono lì per garantire, il che vuol dire accelerare procedure e pratiche, snellire e intervenire, oppure offrire a trattativa privata, come avveniva per il dirigente del comparto lavori pubblici del comune di Reggio Calabria per metà delle opere pubbliche che erano finanziate dal comune.
  In questi casi noi crediamo che i commissari debbano essere messi in condizione di intervenire in modo chirurgico non appena ci sono gli elementi oggettivi che lascino pensare che quei dipendenti siano la longa manus per le cosche mafiose.
  La terza domanda riguarda il decreto Monti sui consigli regionali, che prevede la sospensione del vitalizio in caso di condanna definitiva per reati contro la pubblica amministrazione che comportino l'interdizione dai pubblici uffici.
  Si è creato in Sicilia il paradosso, scoperto nel momento in cui si è stati chiamati ad applicare questo decreto, che il decreto parla di reati contro la pubblica amministrazione e non di reati, forse più gravi dal punto di vista anche dell'allarme sociale, di associazione mafiosa. Ci sono, quindi, due condannati in via definitiva per associazione mafiosa, un ex presidente e un ex assessore, che continuano a ricevere il vitalizio, che invece è negato ai consiglieri regionali condannati per reati contro la pubblica amministrazione.
  Il governo regionale, la pubblica amministrazione della regione siciliana dice: «Noi non possiamo fare nulla. È un decreto del Governo». Poiché riguarda anche i diritti della persona, l'Assemblea regionale non può intervenire. Può intervenire soltanto il Governo, decidendo di rimodulare la norma e considerando all'interno di questa norma anche i reati che sono obiettivamente più gravi e che sono passati in giudicato, prevedendo anche l'interdizione dai pubblici uffici.
  Vorrei sapere se sia nelle vostre intenzioni intervenire in questo senso.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Quanto all'Agenzia, effettuare la Pag. 16modifica della governance significa anche distinguere bene la fase del sequestro dalla fase di confisca.
  Noi abbiamo osservato che statisticamente le situazioni più complicate si manifestano durante la fase di sequestro, che dura troppo a lungo e che ci consegna poi delle aziende molto in difficoltà, il che sostanzia anche quel giudizio sbrigativo, grossolano, interessato e in malafede secondo il quale le aziende funzionavano in mano alla mafia e non funzionano più quando interviene lo Stato. È necessario modificare quell'assetto e distinguere anche le funzioni proprie dell'Agenzia.
  L'Agenzia non è un nuovo organismo di gestione delle aziende pubbliche, non è una nuova GEPI. C’è chi pensa che possa diventare una GEPI, ma il modello scelto valorizzando il lavoro delle due commissioni, la Garofoli e la Fiandaca, va in un'altra direzione. L'Agenzia dovrebbe presidiare le politiche tese a garantire il reinserimento nel ciclo produttivo legale delle aziende confiscate alla mafia, prestando la massima attenzione alla tutela dei livelli occupazionali e alla capacità di quelle aziende di generare e distribuire nuova ricchezza.
  La stessa composizione dell'organo esecutivo dell'Agenzia raccoglie immediatamente questa sollecitazione, perché è prevista la partecipazione diretta del Ministero dello sviluppo economico, che ha tanta competenza nella gestione di aziende in difficoltà. Non si capisce perché gli strumenti che servono per affrontare e risolvere crisi gigantesche – si pensi alla crisi della Parmalat – non possano essere utili per gestire situazioni complicate, come quella del gruppo 6 GDO e del gruppo Aiello, nelle sue componenti immobiliari, edilizie e sanitarie.
  L'Agenzia, quindi, non deve gestire. Nella fase di sequestro si prevede che l'amministratore giudiziario, che ha già un incarico, non possa riceverne altri. Questo per evitare che l'amministratore giudiziario si trovi nella difficile condizione di essere amministratore di aziende in concorrenza tra di loro, in conflitto tra di loro, perché incidono sullo stesso mercato o agiscono sullo stesso prodotto.
  Si prevede, quindi, che l'amministratore giudiziario che ha già un incarico non possa riceverne altri e che gli albi ai quali accedere debbano essere costituiti in relazione alla sussistenza di specifiche caratteristiche di natura professionale che gli amministratori giudiziari devono poter esprimere.
  In questo disegno è previsto che il direttore sia un prefetto, non perché il prefetto sappia gestire aziende pubbliche o private, ma semplicemente perché si ritiene che la sensibilità, il percorso formativo, le priorità e i fondamenti sui quali un prefetto sviluppa la propria attività possano essere, di norma, capaci di garantire la tutela dell'interesse generale.
  Ovviamente, questa è una posizione molto opinabile, ma nel nostro ordinamento i prefetti, anche rispetto alla legge n. 121 del 1981, hanno un ruolo particolarmente decisivo nella gestione della sicurezza e dell'ordine pubblico. Non si dimentichi che oggi i prefetti sono titolari anche di strumenti molto invasivi, quali l'interdittiva antimafia, ragion per cui non si può esprimere un giudizio che non tenga conto del complesso delle situazioni.
  Su questo tema io voglio precisare – personalmente, l'ho detto io, ma il Ministro Alfano è molto aperto e ha segnalato anche questa sua posizione – che noi contiamo anche sul contributo di questa Commissione. Sappiamo che questa Commissione ha dedicato una particolare attenzione su questo tema e, quindi, noi vogliamo avvalerci nell’iter parlamentare del contributo che questa Commissione potrà fornire.

  PRESIDENTE. Il Ministro ha già la relazione. Negli atti parlamentari c’è già. Ci sono molte proposte che coincidono, credo, ma io penso che sulla nomina del direttore il Ministero dell'interno potrebbe «parlamentarizzare» la scelta. Noi capiamo che un disegno di legge che viene dal Ministero dell'interno contenga queste indicazioni, ma pensiamo che si possano anche superare in sede parlamentare.

Pag. 17

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Presidente, noi continueremo a insistere per produrre anche una trasformazione genetica del Ministero dell'interno, perché vorremmo tanto che venisse vissuto non più come Ministero della polizia, ma come Ministero dei diritti.

  PRESIDENTE. Non c’è dubbio. Infatti, per esempio, l'innesto di alcune professionalità diverse dentro agenzie controllate dal Ministero dell'interno potrebbe aiutare il Ministero stesso a trasformarsi.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Signor presidente, noi siamo aperti e sappiamo che le contaminazioni positive aiutano.

  PRESIDENTE. C’è un lavoro già fatto. Noi siamo convinti che sarà una fase interessante per tutti. Intanto per noi è importante che il Governo abbia intenzione di muovere un passo su questa strada. La Commissione è pronta.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Sui comuni sciolti per mafia dicevo già prima che noi abbiamo raccolto un'esplicita richiesta che ci viene dai commissari di Reggio Calabria perché possano utilizzare strumenti utili a risolvere esattamente il problema che lei segnalava circa la permanenza in ruoli e funzioni di responsabilità di dipendenti pubblici che hanno una relazione diretta con ambienti malavitosi.
  Anche in questo contesto si crea un problema. Se noi dobbiamo osservare il principio della distinzione tra potere di indirizzo, che è proprio dell'organo politico, e potere gestionale, che è proprio delle funzioni amministrative, e le funzioni amministrative sono condizionate, pervase o colluse, evidentemente l'indirizzo di natura politica non è capace di modificare la situazione, perché la trattativa privata, l'assegnazione diretta, viene disposta dal dirigente e non dall'amministratore pubblico.
  Anche questo è un tema sul quale sarebbe opportuno riflettere per ridare struttura, forza e responsabilità alle amministrazioni locali per rimettere in campo la funzione degli organi collegiali, i quali spesso vivono anche con senso di frustrazione la loro funzione, non avendo altri strumenti che la mera segnalazione o la mera volontà politica, che hanno scarsa capacità di incidenza sulle attività di natura procedimentale.
  Quanto al decreto Monti, sul piano generale e sul piano politico io condivido la sua valutazione. Sul piano di natura operativa mi riservo, però, perché è una questione che ritengo rientri nella diretta competenza del Ministero di giustizia. Per quel che mi riguarda, posso assumere questa sollecitazione e ribaltarla, ma la titolarità mi pare sia nettamente incardinata in quel ministero.

  ROSARIA CAPACCHIONE. Grazie, Viceministro. Le rivolgo una preghiera: se proprio deve essere un prefetto, che non si affacci sul Palazzo Reale o su qualcosa del genere, onde evitare abusi e situazioni simili, viste le esperienze ultime dei prefetti che garantiscono tutti i cittadini che camminano per le strade.
  Io sono particolarmente interessata all'aspetto della gestione delle associazioni anti-racket e antiusura. Negli ultimi mesi dalla Calabria e dalla Campania arrivano inquietanti segnalazioni circa un uso «disinvolto» dei fondi pubblici erogati a talune associazioni. Alcune sono oggetto di indagini e altre, invece, di segnalazioni che arrivano da denunce di singoli o che toccano personaggi particolarmente esposti. È il caso della signora Fucito, per esempio, che è stata coinvolta in un'indagine che non riguardava organizzazioni camorristiche, ma che comunque è stata toccata da un'indagine piuttosto antipatica.
  Poiché i casi cominciano a essere molti e gli effetti negativi di questa pubblicità sono devastanti sul territorio, prima che si distrugga un patrimonio di lavoro intenso che è stato fatto negli ultimi anni e a tutela delle tantissime organizzazioni e Pag. 18associazioni che lavorano bene e senza scopo di lucro effettivo, è possibile prevedere qualche forma di tutela, di trasparenza e di conoscenza effettiva della finalità dei progetti, di come vengono svolti e della loro effettiva esistenza ? Noi sappiamo che vengono erogati fondi anche importanti, anche significativi, per esempio dai PON sicurezza, ma poi non sappiamo se quei progetti arrivino a destinazione, che fine facciano questi soldi e come vengano spesi, perché su questo non c’è alcuna trasparenza.
  Questa sarebbe una forma di tutela nei confronti di chi, invece, lavora bene e dei cittadini che cominciano ad avere qualche dubbio sui professionisti dell'antimafia. Denunce vengono anche da fonti molti autorevoli e da interviste di pochi giorni fa dell'Autorità anticorruzione. C’è qualche segnale di preoccupazione.

  PRESIDENTE. A questo punto, prima di dare la parola al Viceministro, volevo comunicare che l'Ufficio di presidenza stamattina, proprio in relazione alla preoccupazione che la senatrice ha appena espresso e con la volontà di dare sempre maggiore legittimazione a questo settore, che noi riteniamo molto importante per la lotta alla mafia, avrebbe previsto una serie di audizioni, a partire dal prefetto Belgiorno, che è il Commissario anti-racket e antiusura, per arrivare alle associazioni interessate, prima di tutte FAI, Addio pizzo e Confindustria e Confesercenti, anche perché, come sapete, c’è stata anche una questione sollevata da una delle due associazioni presso la Corte dei conti.
  Intanto inizieremo con queste prime audizioni, proprio per fornire una prima risposta su questo tema, con la preoccupazione di assicurare la corretta utilizzazione dei fondi. Non abbiamo motivo ovviamente di dubitare – come al solito, le inchieste prima si fanno e poi se ne annunciano le conclusioni – ma abbiamo l'intento di frenare un tentativo di delegittimazione che potrebbe esserci e di promuovere, invece, il rilancio di un settore che riteniamo fondamentale per la lotta alla mafia.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Presidente, io condivido questa impostazione e faccio mia la sua raccomandazione. Proprio nelle attività di contrasto alla mafia, alle organizzazioni criminali e all'illegalità noi dobbiamo praticare il massimo del rigore.
  C’è, però, un problema di natura politica e di natura culturale. Spesso si ritiene che l'atto non rilevi per le procedure che esprime e per gli esiti che determina, ma per il titolare dello stesso. In buona sostanza, detto in parole povere, se io adotto un atto discrezionale e lo faccio io, è fatto a fin di bene. Se lo fa lei, è perché è malavitoso, perché vuole fare clientela, perché vuole fare voto di scambio o non so cos'altro. Io penso che bisogna fermare princìpi e regole. Soprattutto in questi campi noi dobbiamo essere molto esigenti, anche al di là delle regole di esecuzione previste dall'ordinamento comunitario.
  Dalle notizie di stampa sembra che gli interrogativi possano riguardare programmi cofinanziati dall'Unione europea. Le regole di esecuzione sono molto precise e molto esigenti. Non si può derogare ai princìpi di trasparenza, di imparzialità e di rigoroso rispetto del codice degli appalti per gli affidamenti.
  C’è da augurarsi, quindi, che tutto questo risulti confermato dalle attività di verifica. In ogni caso, anche le attività di natura promozionale non possono che essere costruite attraverso processi a evidenza pubblica e attività di natura comparativa circa i costi, i contenuti, le finalità e gli strumenti capaci di misurare l'efficacia o il conseguimento delle finalità annunciate.
  Sui programmi passati io non so che dire, se non esprimere l'auspicio che non emergano problemi che avrebbero un impatto anche di natura finanziaria. Quando i programmi non sono correttamente eseguiti, l'Unione europea sospende i pagamenti. Tutto ciò crea un danno per il bilancio dello Stato. Mi auguro che le questioni possano risultare conformi alle corrette procedure per l'evidente impatto politico che questo tema rappresenta.

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  FRANCESCO MOLINARI. Grazie signor Viceministro. Apprezzo sempre i suoi interventi perché mi offrono la possibilità – ci conosciamo dalla commissione speciale – di sviluppare un ragionamento.
  Noi abbiamo inteso di questi due interventi importanti. Naturalmente aspettiamo il testo normativo, in modo da confrontarci poi su un testo su che abbiamo a disposizione.
  Quanto alle cose che lei ha inteso illustrare, mi permetto di dire che le regole sono importantissime. Su questo nessuno transige. Sono d'accordo anche che ci debba essere un testo in cui siano espressi i diritti e i doveri, di modo tale che abbiamo un testo chiaro e che non ci sia un funzionario che prometta cose che non possa poi mantenere.
  Lei sa meglio di me, però, che la regola diventa riconosciuta e riconoscibile nel momento in cui ha al suo interno delle eccezioni. È una di quelle questioni di cui noi dovremmo tenere conto alla fine in un nuovo quadro di ristrutturazione della normativa sui testimoni e i collaboratori.
  Per esempio, c’è un caso, oltre a quello di Masciari, di cui lei ha già fatto cenno, il caso di Bentivoglio, di cui, come Commissione, abbiamo avuto modo di avere cognizione su Reggio Calabria. Si tratta di un commerciante che ha avuto una ripercussione indiretta del suo essere diventato testimone e aver creduto nelle norme dello Stato. La sua attività economica in generale poi ne è andata a venire meno e, quindi, ha avuto le conseguenze di non poter pagare quanto dovuto all'Erario. Si ritrova così ad avere pignorata la casa o la sua attività commerciale.
  Specialmente i territori della Calabria sappiamo essere terre di confine fra lo Stato democratico e legale e la struttura associativa ’ndranghetistica, che è una struttura illegale, ma ha delle capacità di infiltrazione a livello economico e di condizionamenti a livello politico. Questo ambiente ha fatto terra bruciata intorno all'attività commerciale di Bentivoglio.
  Di queste questioni dovremmo tenere conto. Spero che il Governo ne terrà conto nel momento in cui stilerà una ristrutturazione della normativa.
  Credo siano molto interessanti le indicazioni che lei ha fornito sulla possibilità di rivedere il quadro normativo legato allo scioglimento dei comuni per mafia. Sempre in Calabria ci sono casi di scioglimenti ripetuti nel tempo, il che vuol dire che certamente qualcosa non funziona.
  Molto probabilmente l'apice non è la parte politica, il consiglio e la giunta. Il problema fondamentale è proprio l'infiltrazione e la ramificazione, soprattutto in alcuni paesi piccoli e, quindi, la parte amministrativa. Se non riusciamo a incidere su quelle tematiche che lei ci ha indicato, sarà difficile poter sperare che un breve periodo di diciotto mesi possa ricostruire questa possibilità.
  Aspettiamo di vedere il testo normativo e poi ci confrontiamo, ma mi permetto di dire che, secondo me, in attesa di questi testi, ci sono alcune attività con cui lei, come ministero, potrebbe già cominciare a intervenire.
  Per esempio, sappiamo che il vibonese è uno dei territori con più alta densità mafiosa, dove ci sono tantissimi comuni sciolti per mafia. Uno dei casi emblematici, per esempio, è quello di Briatico, che finalmente adesso ritorna ad affrontare la tornata elettorale.
  Lì, per esempio, c’è un commissario che ha svolto al meglio quanto da lei demandato, ma che si ritrova ad avere il problema che ci sarà una sola lista che si presenterà alle elezioni. Sappiamo da parte del commissario che in questa lista ci sono soggetti che facevano parte del precedente consiglio sciolto per mafia e, quindi, ci sono queste grosse difficoltà. Secondo me, in questo caso ci vorrebbe un'attenzione maggiore anche da parte del prefetto.
  Secondo me, uno dei passaggi fondamentali è il non aver reso pubblica la relazione dei commissari prefettizi in modo tale che i cittadini potessero avere cognizione del perché quel comune fosse stato sciolto per mafia e di quali soggetti Pag. 20avessero condizionato l'attività del consiglio e della giunta. In questi casi io credo che qualche spazio di manovra nell'immediato il ministero lo potrebbe avere.
  Inoltre, se mi permette, anche se non è competenza del Ministero dell'interno, sempre per quanto riguarda il vibonese, io credo che sia non foriero di ridare quella fiducia che in quel territorio è importante, per esempio, il caso del procuratore Cutroneo, che è stato spostato dalla procura di Reggio Calabria a quella di Vibo. Non ritengo che ciò l'abbia spostato di molto dai contatti che aveva a Reggio e che l'hanno portato a non essere considerato utile all'amministrazione della giustizia.
  Sappiamo che a Vibo c’è un punto di collegamento fra la provincia e le associazioni malavitose del vibonese. Visto che lei ha questi contatti con il Ministero della giustizia, chiedo di fare delle indicazioni: se intendono spostare qualcuno, se ci sono gli estremi per un licenziamento, quantomeno che lo spediscano in Valle d'Aosta, a respirare aria pulita.
  Nel frattempo, aspettiamo la modificazione genetica del Ministero dell'interno, che noi saremo interessatissimi ad assistere, perché in prospettiva di un'eliminazione delle prefetture.

  PRESIDENTE. È un parere del senatore Molinari quello sull'abolizione delle prefetture.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Forse io non sono stato chiaro: la modificazione genetica è per rafforzare il radicamento di quella pianta, non per eliminarne la funzione.
  È vero, devono esserci delle eccezioni, ma ci devono essere delle regole e le eccezioni non possono che essere gestite attraverso un percorso procedurale che definisca esattamente gli spazi di discrezionalità e individui esattamente i soggetti che possono utilizzare quegli spazi. Rivedere le norme significa anche questo.
  Il caso che ha citato di Reggio Calabria mi pare emblematico. È una situazione che già da tempo avrebbe meritato di essere risolta efficacemente.
  Mi permetto di segnalare anche altre situazioni. Personalmente, ho seguito più volte il caso di un imprenditore di Caserta, su cui ho fatto alcune riunioni in prefettura. Questo signore ha denunciato, dopo una fase di incertezza e di tentennamento, ma non si può agire perché manca la valutazione doverosa della procura distrettuale antimafia, che pure è stata sollecitata e questo imprenditore è disperato. Non è escluso che una realtà imprenditoriale che potrebbe essere rimessa in sesto finisca per un allungamento dei tempi che, ancora una volta, non devono eludere il rigoroso accertamento dei fatti.
  Ci possono essere anche reati costruiti ad arte e, quindi, è doveroso accertare i fatti, ma è doveroso farlo nei tempi giusti. Ove a quell'imprenditore fosse riconosciuta la correttezza del proprio comportamento, dovrebbe essere garantita anche tutta la strumentazione a supporto per il rilancio della sua attività.
  Per quanto riguarda le amministrazioni pubbliche, io penso che questo caso potrebbe essere esaminato. Ritengo che bisognerebbe evitare che, soprattutto nelle fasi successive all'intervenuto scioglimento, si possano replicare modalità che garantiscano o consentano una certa pervasività delle organizzazioni criminali. Non ho una soluzione, ma penso che sia un tema da affrontare, rafforzando i meccanismi di controllo e agendo perché la presenza nelle liste venga discriminata attentamente circa possibili fattori di inquinamento.

  MARCO DI LELLO. Io mi fermo solo sull'ultimo punto, quello del calcio, ma in realtà riprendo anche la risposta sull'Agenzia.
  Il Viceministro conosce la stima e l'amicizia che nutro nei suoi confronti, ma la mia sensazione è che il Viminale sia permeato da un insuperabile spirito di autotutela corporativa. Lo dico con la libertà di poter esprimere una mia opinione, che non aiuta.
  Questo fatto viene confermato da una scelta di riproporre un prefetto come direttore dell'Agenzia, nonostante gli evidenti fallimenti. Se questa Commissione Pag. 21all'unanimità chiede di avere una direzione opposta, non lo fa certo per tutelare altri tipi di interessi, ma perché crede che ci sia la piena consapevolezza del fallimento delle esperienze di questi anni e, dunque, la necessità di cambiare.
  Ahimè, questo spirito di autotutela corporativa è emerso ieri con palmare evidenza dall'intervento che il ministro è venuto a fare in Aula in relazione alle vicende di sabato. Molto bene ha fatto l'ufficio di presidenza stamattina, su indicazione della presidente Bindi, a prevedere un comitato che riguardi i rapporti tra calcio e mafia, ma ancora in queste ore emergono fatti inquietanti.
  Io non ritornerò sulla catena di errori che, a mio avviso, sono stati commessi nella gestione dell'ordine pubblico di sabato scorso, ma quello che emerge ancora in queste ore è che l'ormai star internazionale «Genny ’a carogna» e i suoi sodali, i cui rapporti con determinati ambienti sono assolutamente assodati, erano lì ospiti, con 500 biglietti gratuiti.
  Sabato i biglietti li avevano la Fiorentina, il Napoli calcio e il CONI. Io tenderei a escludere la Fiorentina calcio. Restano i rapporti o con il CONI, a cui non voglio credere, ovvero con il Napoli calcio. Poiché chi ha la ventura di vivere in quella città e di conoscere le vicende calcistiche della città conosce bene anche la periodicità non casuale con cui i calciatori del Napoli sono vittime di reati, ovvero oggetto di intimidazioni, una serie così significativa di indizi lascia propendere per un rapporto insopportabile tra determinati ambienti, presunti tifosi e società calcistiche.
  Al netto della situazione drammatica che lei ha ricordato prima per quello che riguardava le società, manca la Nocerina, il cui patron è stato poi arrestato e aveva avuto il diniego di certificazione antimafia. Credo che l'elenco sia ancora più lungo.
  Io mi aspetto su questo che non si dica che va tutto bene, perché non è credibile che si dica che va tutto bene, e che ci sia non solo la presa di coscienza, ma anche un'indicazione di soluzioni da parte del Viminale che consenta a tutti noi che abbiamo la sventura di amare quello sport di tornare allo stadio come per assistere a una festa e a non dover rispondere a domande imbarazzanti che ci pongono i nostri figli, a cui io, per esempio, non sono riuscito a dare una risposta.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Accolgo questa forte sollecitazione. La trovo più che fondata e considero doveroso ogni intervento teso a scrutare quelle realtà, a comprendere quelle dinamiche e ad allestire le necessarie, immediate ed efficaci risposte per contrastare eventuali fenomeni di infiltrazione e di condizionamenti per restituire l'attività sportiva e anche il tifo alla sua dimensione fisiologica e anche di godimento che interessa tanti cittadini italiani.
  Sui prefetti io penso che l'esperienza recente non possa e non debba costituire un vincolo per la valutazione sulle prospettive, ovviamente rispettando tutte le posizioni e comprendendone anche le ragioni.
  L'Agenzia, nella sua esperienza recente, era fortemente condizionata da una serie di fattori, uno dei quali è rappresentato dalla previsione di costituzione di una nuova amministrazione parallela, sostanzialmente, e dalla dislocazione della sede centrale in un posto rispetto alle sedi periferiche, ignorando invece il ruolo e la funzione degli uffici territoriali del Governo.
  Nel nuovo disegno l'Agenzia ha una struttura molto snella, molto concentrata, proprio perché le funzioni di natura operativa devono essere esercitate attraverso le strutture esistenti, non solo quelle proprie del Governo attraverso gli uffici territoriali, ma anche quelle delle Agenzie.
  Non si capisce per quale motivo la valutazione di un progetto industriale debba essere fatta in casa dall'Agenzia, non avendo specifiche competenze o la massa critica per effettuare quelle valutazioni in maniera ponderata, e non, invece, affidata ad Agenzie statali che operano in questo senso. Penso all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e alle Pag. 22strutture presenti per la valutazione dei cespiti e dei beni. In questo senso mi riferisco all'Agenzia del demanio.
  L'Agenzia in questo disegno dovrebbe avere la funzione di orientare, presidiare e verificare sulla base degli indirizzi offerti dal Parlamento e dal Governo e il direttore dovrebbe risultare garante della perfetta operatività in tutte le sue componenti di natura procedurale, affidando poi a chi ha la specifica competenza le funzioni gestionali, operative e valutative circa la dismissione, il rilancio o la liquidazione.
  Comunque, capisco che è un tema sul quale sarà necessario ripiegarsi.

  LUCREZIA RICCHIUTI. Durante la gestione del prefetto Caruso a capo dell'Agenzia dei beni confiscati sono stati spesi oltre sei milioni di euro per l'appalto della piattaforma informatica. Il progetto si chiama REGIO. L'appalto è stato gestito dal Ministero dell'interno. A tutt'oggi tutto è fermo e non si capisce bene il perché e soprattutto la Commissione non riesce ad avere la documentazione relativa all'appalto.
  Io volevo chiederle se lei è a conoscenza di questo appalto, che ha un valore totale di circa sette milioni, di cui sei già spesi, e soprattutto se si potesse fare portavoce nel far arrivare alla Commissione tutta la documentazione relativamente all'appalto.
  Grazie.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Non conoscevo questo specifico appalto. Mi risultava che fosse in corso di definizione una procedura per la gestione dell'anagrafe dei beni. Personalmente ho verificato che non è facile avere la mappatura di natura settoriale e di natura territoriale, la consistenza, la qualificazione giuridica, i gravami esistenti su ciascuno dei beni confiscati. Proprio la precarietà dell'assetto conoscitivo avrebbe richiesto e richiederebbe l'utilizzazione di strumenti gestionali efficaci.
  Sul progetto REGIO non ho elementi. Salvo che non esistano impedimenti disposti da autorità diverse – penso eventualmente a impedimenti disposti per ragioni non superabili nella normale attività di natura amministrativa – mi preoccuperò di acquisire tutti i dati relativi all'appalto e ai contenuti del progetto e a trasmetterli alla Commissione, dal momento che, per la verità, dovrebbero essere atti pubblici. Non penso che si possa immaginare un meccanismo di segretazione di un software gestionale che non mi pare sia particolarmente elaborato.

  PRESIDENTE. Nella relazione che le abbiamo consegnato c’è un appunto anche su questo aspetto. Evidentemente a lei non risulta neanche che ci sia qualche procedura presso la Corte dei conti in proposito.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. No.

  PRESIDENTE. Questo è uno dei lati ancora da chiarire sulla gestione precedente. Naturalmente saremo ben lieti di acquisire tutta la documentazione.

  DAVIDE MATTIELLO. Mi scusi, presidente, c’è solo una precisazione che sento il dovere di fare dopo una parte della risposta del Viceministro.
  Vorrei lasciare agli atti che io sento la questione, immagino, come la sente lei e che condivido quanto lei ha affermato con forza. In particolare, non mi risulta che qualcuno stia alimentando delle illusioni tra i testimoni di giustizia sul decreto attuativo relativo alle misure di assunzione. Non mi risulta. Anzi, per quello che riguarda me e le persone con le quali io ho rapporti, c’è una profonda attenzione e preoccupazione proprio per i profili che lei stesso ha segnalato, che non dipendono da lei, ma dalla costruzione della norma.
  Per queste ragioni io stesso ho fatto riferimento a ciò che lei aveva ripreso, cioè al bisogno di trovare insieme, forse con un successivo percorso parlamentare, le migliori e più appropriate forme di copertura economica di questa norma prevista.
  Aggiungo, in scia a questo, che condivido profondamente che dobbiamo sforzarci Pag. 23tutti di costruire, a fronte di doveri, diritti esigibili e non favori e, quindi, apprezzo non solo quello che lei ha detto, ma anche quello che sta facendo.
  Una cosa, però, credo non possiamo permetterci, ossia che quanto fatto in precedenza ricada sulle spalle dei testimoni di giustizia e che i testimoni di giustizia siano poi le vittime finali di comportamenti che, per quel poco che vale la mia opinione, nemmeno io apprezzo e vorrei fossero il nostro futuro. Loro non possono essere le vittime di questi comportamenti.
  Segnalo ancora, narrativamente, sulla vicenda Masciari, che, per esempio, il magistrato che decretò il fallimento di Masciari e che, quindi, fece imboccare a Masciari questa galleria è stato poi condannato per rapporti con la ’ndrangheta. Parlo del magistrato che ha decretato il fallimento di Masciari.
  Questa, come altre situazioni, è una stratificazioni di vicende che sarebbe stato bello, importante e giusto che non capitassero. Dico questo solo perché, tirando una riga, credo che l'orizzonte verso il quale dobbiamo spingerci tutti sia proprio quello che lei ha rappresentato con forza prima.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Io mi sento di condividere questo impegno e questa linea di tendenza. Noi dobbiamo correggere errori.
  Intanto va precisato che il lavoro che abbiamo alle spalle è un lavoro preziosissimo, fatto sulla base di una grande generosità e di un grande impegno anche in relazione alla mancanza di riferimenti. Noi oggi possiamo contare su un'esperienza fatta, possiamo misurare i successi e possiamo valutare gli insuccessi e correggerli.
  In questo lavoro noi dobbiamo sollevare i testimoni soggetti da eventuali conseguenze negative, ma dobbiamo farlo in un quadro di ridefinizione, ove necessario, delle norme e dei princìpi, tanto da affermare princìpi, regole e operatività trasparenti e chiari, come abbiamo detto sin qui.
  Io ho conosciuto Masciari. Non ho difficoltà a ritenere che queste sue valutazioni, anche rispetto agli esiti e alle vicende dell'azienda siano fondate. Sicuramente sarebbe stato possibile evitare ulteriore sofferenza a chi, con grande sforzo e grande sacrificio, aveva costruito una storia imprenditoriale in un contesto estremamente difficile. A maggior ragione ora abbiamo il diritto di sostenerlo, ma dobbiamo farlo con gli strumenti propri delle regole, della trasparenza e della legalità.

  PRESIDENTE. Grazie. Io mi sento davvero di ringraziare il Viceministro Bubbico per questa sua presenza. Si è impegnato anche a ulteriori approfondimenti, che potranno avvenire sia con la sua presenza, sia con eventuali nostre richieste e risposte scritte. Contiamo anche su un'attenta lettura sulla nostra relazione sui beni confiscati.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Comunicazioni della presidente.

  PRESIDENTE. Ci sono soltanto due comunicazioni veloci da fare che riguardano le decisioni che sono state assunte oggi in ufficio di presidenza.
  Raccomando a tutti e, attraverso le vostre persone, anche agli altri commissari la presenza per lunedì, perché la presenza del Commissario Sala è particolarmente importante. È nata in un contesto doveroso da parte nostra e avrà con gli sviluppi di oggi un'ulteriore importanza. Abbiamo dovuto anticipare l'incontro, che era previsto alle 17.30, perché alla Camera si vota poi, in serata. Lui si è reso disponibile anche a cambiare l'orario e, quindi, l'audizione si terrà alle 14.
  Comunico che da questa settimana terminato l'iter tra CSM e Ministero della giustizia, abbiamo la piena disponibilità di due nuove consulenti, la dottoressa Edi Ragaglia e la dottoressa Sabella. Come vedete, dovreste ascoltare sempre la presidente quando dice che ci vogliono le norme antidiscriminatorie di genere. I Pag. 24consulenti di questa Commissione sono una prova evidente e lampante della superiorità numerica delle donne. L'altra superiorità è già stata affermata nei secoli. Non ne abbiamo bisogno da questo punto di vista.
  Per riequilibrare con i consulenti a tempo parziale avremmo previsto la possibilità di acquisire la disponibilità a tempo parziale del dottor Giovanbattista Tona, magistrato della corte d'appello di Caltanissetta.
  In, merito, invece ai comitati, prendono avvio il comitato calcio ed eventi sportivi e il comitato su giornalisti e mondo dell'informazione.
  Approfitto della presenza dell'onorevole Mattiello, il quale coordina un comitato che dai testimoni di giustizia spazia alla scuola e alla cultura, per comunicargli che, poiché abbiamo previsto di istituire un comitato minori, l'ufficio di presidenza sarebbe orientato ad affiancare il tema scuola a questo comitato, fatta salva la collaborazione che sempre esiste anche tra i vari comitati.
  Non è stato ancora indicato il coordinatore per il comitato scommesse e gioco d'azzardo, ma anche questo deve partire presto, perché la nostra Commissione dovrà portare un contributo in attuazione della delega fiscale, che prevede un principio di delega esattamente su questo punto.
  Per quanto riguarda, invece, il comitato del Nord, proporremmo alla Commissione, come ufficio di presidenza, di sdoppiarlo in un comitato su Nord e infiltrazioni nella pubblica amministrazione e negli enti locali, che dovrà in parte collaborare anche con il comitato sugli enti locali, e un comitato con su Nord e infiltrazioni nell'economia legale, con particolare attenzione all'impresa.
  In plenaria, subito dopo le elezioni, partiremo con l'attenzione agli avvocati, le professioni e le banche. Dalla prossima settimana sentiamo il prefetto Belgiorno e tutti gli altri interessati per l'utilizzo dei fondi di cui abbiamo parlato con il Viceministro.
  Vi inviterei nuovamente a riconfigurare la composizione dei comitati e vi comunico che, al di là della partecipazione di questa sera, da questa mattina l'NCD ha partecipato all'ufficio di presidenza con il proprio capogruppo, il senatore Torrisi.
  Domani mattina, per chi vuole essere presente, ascoltiamo tre testimoni di giustizia. In archivio c’è l'elenco, che non è pubblico per ragioni di sicurezza. Se domani mattina, allora dell'alba che voi sceglierete, non mi sarà di impedimento, mi farò vedere anch'io, perché interessa ascoltare qualcosa anche a me.
  Grazie a tutti.

  La seduta termina alle 16.30.