XVII Legislatura

VII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Martedì 15 aprile 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Galan Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, onorevole Dario Franceschini, sulle linee programmatiche del suo dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Galan Giancarlo , Presidente ... 3 
Franceschini Dario (PD) , Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ... 3 
Galan Giancarlo , Presidente ... 9 
Piccoli Nardelli Flavia (PD)  ... 9 
Capua Ilaria (SCpI)  ... 10 
Di Benedetto Chiara (M5S)  ... 11 
Santerini Milena (PI)  ... 11 
Franceschini Dario (PD) , Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ... 12 
Santerini Milena (PI)  ... 12 
Malisani Gianna (PD)  ... 12 
Fratoianni Nicola (SEL)  ... 13 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 14 
Bossa Luisa (PD)  ... 16 
Ghizzoni Manuela (PD)  ... 17 
Rampi Roberto (PD)  ... 17 
Valente Simone (M5S)  ... 18 
Manzi Irene (PD)  ... 20 
D'Ottavio Umberto (PD)  ... 20 
Coscia Maria (PD)  ... 21 
Buonanno Gianluca (LNA)  ... 21 
Galan Giancarlo , Presidente ... 22 
Franceschini Dario (PD) , Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ... 22 
Galan Giancarlo , Presidente ... 27

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GALAN

  La seduta comincia alle 13.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, onorevole Dario Franceschini, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, onorevole Dario Franceschini, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
  Saluto il Ministro Dario Franceschini, al quale rivolgo i miei auguri di totale e soprattutto duratura guarigione, che ci esporrà le linee guida che ispireranno la sua azione.
  Do la parola al Ministro Franceschini per lo svolgimento della relazione.

  DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Grazie, presidente. Grazie a voi. Mi scuso per il ritardo con cui si svolge l'audizione, ma sapete che ho avuto qualche problema personale.
  Nei giorni immediatamente successivi al mio insediamento ho chiesto di incontrare i presidenti delle Commissioni cultura della Camera e istruzione del Senato per dire loro, al di là delle formalità e anche sulla base della mia esperienza parlamentare, relativamente lunga – ho ricoperto anche il ruolo di Ministro per i rapporti con il Parlamento – che credo si possa costruire un rapporto positivo. Se il Governo e le due Commissioni cultura di Camera e Senato individuano insieme un'agenda di provvedimenti su temi e questioni che in gran parte dovrebbero essere assolutamente trasversali rispetto alle fisiologiche distinzioni tra maggioranza e opposizione, diventa possibile fare molte cose, farle bene, con un'intesa ampia e anche velocemente.
  Questo è, quindi, l'auspicio che avanzo, naturalmente senza in alcun modo interferire con la normale e giusta dialettica tra maggioranza e opposizione.
  Le direzioni generali del Ministero mi hanno fornito una serie di elementi, ma, sia per ragioni di tempo, sia per ragioni di funzionalità di questo dibattito, in cui a me interessa molto ascoltare – l'audizione è del Governo, ma dà modo anche al Governo di ascoltare le indicazioni dei gruppi parlamentari –, vorrei limitarmi a esprimere alcune considerazioni di fondo sugli argomenti più urgenti all'ordine del giorno, o sulle questioni strutturali sulle quali si può iniziare un dibattito.
  Parto dalla considerazione che ho enunciato il primo giorno in cui ho assunto l'incarico di Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo: sono convinto che questo possa essere davvero il Ministero economico più importante.
  In molti anni ho visto alternarsi più Governi alla guida del Paese. Lo sa bene Pag. 4il Presidente Galan, che ha ricoperto anche l'incarico di Ministro. Al di là del colore dei Governi, c’è molto poca consapevolezza delle potenzialità enormi che questo settore, in particolare dopo la scelta di unire la delega del turismo a quella dei beni culturali, può avere.
  È del tutto evidente che nel secolo della globalizzazione ogni Paese dovrà investire su ciò che lo rende più competitivo. Ciò che può rendere più competitivo il nostro Paese è esattamente la potenzialità della nostra storia, del nostro patrimonio culturale, della bellezza, in termini sia di attrazione turistica, sia di valorizzazione del Paese nella sua capacità di richiamare investimenti.
  Purtroppo, questa consapevolezza finora non c’è stata in misura adeguata, ma io, come ha affermato anche il Presidente del Consiglio nelle sue dichiarazioni programmatiche, ho la consapevolezza che da questo settore possa provenire un grande contributo per la crescita.
  La questione non è in alcun modo in contrasto con le esigenze di tutela del nostro patrimonio storico e artistico. I nostri Padri costituenti, che erano molto lungimiranti, nell'articolo 9 della Costituzione – il faro per chi lavora in questo settore – hanno messo insieme due concetti, che non sono in alcun modo in contrasto, la tutela e la valorizzazione, usando la parola «promozione». Si può e si deve assolutamente tutelare la bellezza e l'integrità del nostro patrimonio storico, architettonico e archeologico e insieme valorizzarlo ai fini di una crescita complessiva del Paese, ripeto, non soltanto in termini di promozione turistica.
  Per questo motivo vorrei che alla parola «petrolio», che ho usato anch'io, a proposito dei Paesi che hanno come materia prima le risorse petrolifere – parola che però può indurre in inganno, perché si tratta di un bene che si consuma – sostituissimo la parola «ossigeno», con la consapevolezza che i beni culturali e le politiche culturali possono essere l'ossigeno per la nostra economia del futuro.
  Veniamo ai nodi. Innanzitutto, ho incontrato molte categorie. Stamattina, ad esempio, ho incontrato rappresentanti del mondo del cinema. Esiste un problema che conoscete, ma che è bene riportare nel suo contesto. Occorre cioè sapere da dove partiamo, da dove parte questa legislatura e conoscere le risorse e i numeri.
  Cito soltanto i grandi numeri. Nel 2000 il bilancio del MiBACT rappresentava lo 0,39 per cento del bilancio dello Stato. Nel 2013 si è passati allo 0,20 per cento: da 2,398 a 1,692 milioni di euro. Rispetto al PIL nel 2000 il bilancio del MiBACT rappresentava lo 0,18 per cento. Oggi è pari allo 0,10 per cento. Anche qui la metà circa. A un settore nel quale dovremmo investire per crescere, purtroppo, nel corso del tempo i Governi che si sono succeduti, per ragioni complessive, hanno ridotto lo spazio.
  Tutto questo, anche in una stagione di crisi, non ha avuto una corrispondenza con quello che è avvenuto negli altri Paesi. È evidente, però – come spesso dico agli interlocutori che, giustamente, reclamano maggiore attenzione e maggiori risorse per i propri settori del mondo della cultura –, che dobbiamo ragionare tenendo conto della stagione in cui ci troviamo.
  Alla vigilia di un'altra manovra del Governo che inciderà molto in termini di spending review, un conto è gestire le politiche culturali in una stagione di possibilità di spesa, un conto è gestire questo settore, come altri, in una stagione di tagli alla spesa.
  In questo scenario, sono assolutamente convinto e certo che la Commissione cultura mi darà un aiuto. Se è vero che questo è uno dei settori su cui investire, occorre avere assolutamente la consapevolezza che in questo settore bisogna non operare tagli, ma, al limite, portare nuove risorse, se è vero che si tratta di uno dei settori trainanti e di una delle peculiarità italiane.
  Il secondo tema riguarda la «macchina» amministrativa, di cui so che avete parlato anche voi. Il tema è stato al centro dell'attenzione. Il precedente Ministro ha istituito la Commissione D'Alberti, che Pag. 5prendeva il nome dal suo presidente, che si è occupata della riorganizzazione del Ministero.
  Penso che ci sia un grande bisogno di riorganizzazione e soprattutto di modernizzazione, anche alla luce del fatto che la scelta di trasferire la competenza sul turismo al MiBACT ha creato una sfasatura rispetto alla competenza di questa Commissione. Questa è una delle stranezze del meccanismo di parlamentare. Soprattutto quando si compiono scelte legislative che incidono sulle competenze dei Ministeri, occorrerebbe valutare se il livello parlamentare si debba adeguare a quello di Governo, o viceversa. Diventa difficile capire perché in quasi tutti i settori non ci sia una sola Commissione parlamentare come interlocutore per materia del Governo. Le Commissioni sono molto articolate.
  Domani la mia audizione si svolgerà in una seduta congiunta delle Commissioni Attività produttive, commercio e turismo della Camera e Industria, commercio e turismo del Senato, ma la scelta di unire in capo al MiBACT cultura e turismo è stata fatta in via legislativa, e, quindi, in via permanente. È del tutto evidente, dunque, la possibilità di creare sinergie, perché il turismo in Europa e in Italia è legato sempre più all'offerta culturale.
  Per il resto, il turismo è un settore importante: penso al turismo balneare. Il mondo offre una gamma di opzioni per cui i turisti che vengono in Europa – prevalentemente scelgono di venire in Europa, non più in uno dei Paesi europei – fanno un viaggio tra le varie città e le varie capitali. Vengono per l'offerta culturale, per la bellezza e per la ricchezza del nostro patrimonio.
  Aver integrato il turismo con la cultura comporta una serie di scelte organizzative, non solo l'aggiunta di una direzione generale – questione che affronteremo anche nei prossimi giorni –, ma anche una ristrutturazione complessiva del settore del turismo.
  Sulla base del lavoro della commissione D'Alberti io intendo procedere alla riorganizzazione del Ministero, ma senza istituire nuove commissioni. Bisogna finirla con la logica secondo la quale un Ministro o un Governo ripartono da zero come se non fosse stato svolto un lavoro in precedenza. Naturalmente, però, si tratta di una base di lavoro che richiederà correzioni.
  Ad esempio, ritengo che la Direzione generale per le antichità, cioè per l'archeologia, in un Paese come l'Italia non possa essere aggregata a un'altra, ma debba mantenere una sua peculiarità.
  All'interno di questo tema generale di riorganizzazione del Ministero ve n’è uno più urgente, in base alla spending review. Appena diventato Ministro, ho firmato un decreto che scadeva il 28 febbraio e ho proposto al Consiglio dei ministri un decreto del Presidente del Consiglio, che è stato approvato il giorno prima del termine fissato per la sua emanazione, il 27 febbraio, ossia il giorno dopo la mia nomina. Il DPCM contempla il taglio, previsto dalle norme sulla spending review, di dirigenti di prima e seconda fascia.
  La scelta che dovrò compiere, una volta che questo decreto verrà registrato, sarà il taglio di trentadue dirigenti di seconda fascia. Questi rappresentano una parte dei dirigenti centrali, i sovrintendenti e una parte dei direttori regionali. L'impatto di questo atto dovuto, dovendo essere rispettata in tempi brevi la norma di legge che lo prevede, comporterà un intervento sul sistema delle sovrintendenze, e cioè di quegli uffici ai quali è affidato in prima linea il compito di applicare l'articolo 9 della Costituzione, ossia il dovere di tutela.
  Per fortuna, ciò è avvenuto rispetto all'esigenza di salvare il nostro territorio e la bellezza del nostro patrimonio storico e artistico. I comportamenti umani sono forieri di errori, di discrezionalità eccessive, e necessitano di una razionalizzazione del sistema. Io penso che su questo tema il primo nodo sarà legato al fatto che, poiché per eliminare trentadue posizioni, bisognerà necessariamente accorpare alcune sovrintendenze, si dovrà decidere se effettuare accorpamenti secondo un criterio territoriale (in molte regioni ci sono due o tre sovrintendenze, competenti sulla tutela dei beni artistici, dei beni Pag. 6architettonici e dei beni archeologici), o se, viceversa, optare per un sistema di sovrintendenze miste, che esistono già in alcune regioni, che semplificano il quadro ed evitano taluni inconvenienti che talvolta si producono. Ieri ho incontrato tutti i sovrintendenti e i direttori di archivi e biblioteche. È stata una riunione un po’ inedita. Ho ascoltato per quattro ore, come mi pareva doveroso, le loro proposte e i loro suggerimenti. Ho detto loro che, pur nella differenza di competenze, non risulta di agevole comprensione il fatto che talvolta da diversi livelli territoriali dello Stato provengono pareri diversi sullo stesso tema. Credo che una maggiore integrazione possa aiutare a evitare problemi di quel tipo.
  Riguardo alla riorganizzazione, vorrei che fossero valorizzati due settori all'interno del Ministero. Il primo è il settore dell'arte e dell'architettura contemporanea. Il nostro è un Paese che, giustamente, per fortuna, ha come compito primario quello della tutela del proprio patrimonio storico e architettonico, tema che richiede, come sapete, strutture e risorse.
  Deve anche essere, però, un Paese che guarda al futuro. Una delle forze dell'Italia è proprio quella dei talenti, della creatività, della fantasia. Io credo che sull'arte e sull'architettura contemporanea si debba effettuare un investimento di prospettiva, in particolare con riguardo ai giovani talenti.
  In secondo luogo, stiamo lavorando affinché nel Ministero ci possa essere più spazio per le politiche dell'educazione, cioè un'integrazione con il mondo della scuola e con il mondo dell'università. Firmeremo nei prossimi giorni una convenzione con il Ministro Giannini per una prima integrazione di politiche tra le sezioni del MIUR che si occupano di cultura e le sezioni del MiBACT che si occupano di educazione.
  Io penso che una delle priorità che dovremmo porci sia l'educazione alla cultura – dovremmo fare tutto ciò che serve nelle scuole –, nonché l'integrazione con l'università sul versante della ricerca. Penso a una maggiore integrazione tra le università e le sovrintendenze, come avviene, ad esempio, nel settore della sanità e, in taluni casi, anche per il CNR.
  Nel dettaglio, con riferimento all'arte contemporanea e all'architettura contemporanea, vorrei che l'attenzione del legislatore e del Governo si focalizzasse sul tema delle periferie urbane. Noi siamo molto concentrati sulla tutela dei centri storici, ma la maggior parte degli italiani vive nelle periferie urbane. Non è detto che la pur doverosa scelta di tutela e riqualificazione dei centri storici comporti la rassegnazione a un inesorabile degrado o declino delle periferie urbane.
  Le periferie urbane devono essere un grande luogo di riqualificazione in termini di attività, anche per l'architettura contemporanea. Penso che, da questo punto di vista, sia necessario portare avanti un discorso al riguardo con il sistema degli enti locali. Nel corso di un incontro con i sindaci la settimana scorsa, ho preso l'impegno di una permanente collaborazione.
  Quando si parla di patrimonio culturale, di offerta museale o turistica, o di attività di questo tipo, per qualsiasi persona di buonsenso, oltre che ovviamente per qualsiasi turista, è coinvolto il sistema pubblico nel suo complesso. Molto spesso, invece, esiste a livello locale una rivalità o una competizione tra la struttura dello Stato e le strutture dei comuni, che francamente è difficile da comprendere. È importante lavorare sul tema delle periferie, che riguarda molto da vicino i comuni.
  Ci sono altri due settori trascurati nell’«attenzione» dalle scelte della politica: quello degli archivi e quello delle biblioteche. Tali settori non producono e non possono produrre in alcun modo reddito. Non si vendono biglietti, non si svolgono eventi, se non di alta qualità, e tuttavia sono due settori fondamentali, soprattutto gli archivi, il luogo in cui si conserva la memoria storica di un Paese; essi versano in una situazione drammatica ed il personale ivi impiegato è molto invecchiato: quasi tutti i dipendenti superano i sessant'anni e presto andranno in pensione. Se non si immettono professionalità Pag. 7nuove, non ci sarà nemmeno il tempo necessario per trasferire le competenze tra chi subentra e chi va via.
  Esiste poi un grande problema riguardante la digitalizzazione: sul tema non ci sono le competenze specifiche, proprio perché le persone hanno una certa età. Non ho bisogno di ricordare che questo è il settore in cui si conserva la memoria storica di un Paese, che sostiene costi enormi, anche per i numerosi locali che vengono affittati.
  Stiamo cercando di lavorare anche su questo. Non vorrei che il Parlamento e il Governo lavorassero soltanto sui settori che fanno notizia, dimenticando gli altri, e non si accorgessero delle situazioni drammatiche troppo tardi per poter recuperare. Vorrei che sui questi temi si accendessero i riflettori.
  Allo stesso modo dobbiamo lavorare molto sulle eccellenze. Abbiamo diversi istituti, a cominciare dall'Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, per arrivare all'Opificio delle pietre dure e al Nucleo dei carabinieri per la tutela del patrimonio artistico, che sono punti di eccellenza nel mondo e che arrancano in mezzo a molte difficoltà di reperimento di risorse e di raggiungimento di condizioni di autonomia.
  Cito tre settori, in cui si assiste al fenomeno di persone che vengono dall'estero ad acquisire competenze e chiedono che le nostre eccellenze vadano all'estero a fare formazione. Dobbiamo investire sugli elementi di eccellenza.
  Uno dei settori su cui bisognerà lavorare è la Direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale. È evidente che tutto questo discorso, e soprattutto l'integrazione con il turismo, funziona se ci sono risorse per la promozione e la valorizzazione. Al riguardo voglio affrontare, e mi interesserebbe anche conoscere il vostro parere, il tema delle aperture dei musei e quello della gratuità o meno delle entrate dei musei.
  Vorrei che si progredisse verso un sistema europeo, che non preveda un cambio anno per anno delle giornate con ingresso gratuito, ma che individui una giornata mensile di apertura, che elimini i vantaggi legati all'anagrafe per l'ingresso nei musei – che non hanno più una corrispondenza con le reali situazioni reddituali nel nostro Paese – e si inauguri, invece, un sistema come quello francese. In Francia i musei sono aperti la prima domenica del mese e non vige il meccanismo di agevolazioni, che reputo superato. Tutto questo evidentemente deve muoversi in una logica di promozione e di valorizzazione.
  Il tema centrale nel dibattito di questi giorni e di queste settimane è il rapporto tra privato e pubblico nel mondo dei beni culturali. È il primo discorso che dobbiamo, credo, avere tutti chiaro. Non è possibile in alcun modo che l'intervento privato, per quanto crescente e importante, si sostituisca al dovere dello Stato di immettere risorse per la tutela del patrimonio. Più il patrimonio è grande, come quello del nostro Paese, più è importante immettere risorse. Il contributo dei privati, però, può essere importante e determinante.
  Io vorrei che uscissimo tutti dal dibattito – posso definirlo tardo-ideologico ? – che schiera in modo semplificato e caricaturale i fronti su due posizioni che non sono così distanti: un fronte pensa che tutto il patrimonio pubblico possa essere dissacrato dal contatto con i privati e un altro, altrettanto caricaturale, ritiene che si debba mettere tutto in mano ai privati, che a quel punto riusciranno a trarre profitto dalla gestione del bene pubblico.
  Non è così. Questa è una caricatura. Io penso che con il buonsenso si possa intervenire anche nell'ambito della normativa vigente. Ci sono diversi livelli: uno riguarda le sponsorizzazioni, che hanno linee guida e regole già stabilite; un livello più basso, su cui sembra che ci sia da rompere un tabù, riguarda gli atti di liberalità di privati (persone fisiche o imprese), per il recupero e il restauro, secondo le regole di tutela stabilite rigidamente dal pubblico per contribuire al recupero di un bene pubblico.
  Ci sono diversi esempi di convenzione, uno dei quali, che ha fatto molto discutere, Pag. 8riguarda il Colosseo. Mi riferisco al contributo per il restauro del Colosseo. Altri due, però, sono contestualmente riconosciuti come un modello positivo possibile: la convenzione per il recupero di Ercolano e la convenzione per il recupero della Piramide a Roma.
  Io sto lavorando per costruire una convenzione tipo che recuperi gli aspetti positivi di questi modelli ed eviti che ogni volta che si è in presenza di un atto di liberalità si debba riaprire la discussione su che cosa si concede e che cosa non si concede. A quel punto, si tratta di chiedere – non di accettare – l'intervento dei privati. In questo caso non parliamo di sponsorizzazione. Non c’è utilizzo dell'immagine, non ci sono cartelli, ma non c’è dubbio che ci sia un ritorno: un privato che restaura un grande monumento e che lo fa sapere ha comunque un ritorno d'immagine.
  La settimana scorsa si è svolta una conferenza stampa con due società, Telespazio e Selex, del Gruppo Finmeccanica, le quali hanno offerto circa 2 milioni per la rilevazione satellitare di Pompei, per registrarne ogni piccolo movimento, anche di pochi centimetri. Non si prevede nulla di scritto, nessuna pubblicità e nessun utilizzo dell'immagine. È evidente, però, che le società possono comunicare di aver dato un contributo per il recupero di Pompei.
  Si tratta, quindi, di atti di liberalità, in merito ai quali vi sono anche esperienze straniere. A fine maggio verrà in Italia il Ministro francese Philippe Petit, che ho incontrato al vertice europeo di due settimane fa. In Francia ha funzionato la legge sul mecenatismo, che prevede grandi incentivi fiscali. Penso che, quando un'esperienza funziona, la possiamo confrontare e accogliere.
  Da questo punto di vista, penso a una convenzione che preveda un appello ai privati, chiamati anche per nome e cognome, per far sì che non diventi un alibi il fatto che non vogliamo i contributi. Una volta rotto questo schema, potremo chiamare le grandi imprese italiane e dir loro: «Questa è la lista dei beni monumentali, dalla piccola abbazia al monumento più importante, al Colosseo: scegliete e diteci di sì o di no». Vediamo se c’è una volontà vera o se è un bluff.
  Sono favorevole all'introduzione, sulla quale stiamo lavorando, di un meccanismo di agevolazioni fiscali per chi interviene con atti di liberalità nella tutela del patrimonio monumentale. È evidente che l'intervento svolto da un privato – a cui concediamo un importante sgravio fiscale, oltre a far lavorare le imprese, a far recuperare l'IVA e con tutto ciò che concerne il meccanismo degli ecobonus – è un intervento che non sarà svolto dal pubblico, perché gli ecobonus intervengono sul patrimonio privato. Se non lo fa il privato, non lo fa nessuno. Nel nostro caso, se non c’è un contributo privato, comunque prima o poi noi dovremo intervenire, ragion per cui c’è un doppio vantaggio.
  Io penso che il completamento di questo disegno, che è da costruire, naturalmente, perché richiede regole e coperture per le quali stiamo lavorando in queste ore, possa essere un ulteriore aiuto per rompere questo tabù e per fare le cose in modo moderno, senza cedere di un millimetro sul principio della tutela dei beni pubblici che appartengono alla collettività.
  Stiamo lavorando, però, anche su alcune emergenze. Cito soltanto i titoli, perché immagino che saranno oggetto di domande.
  Su Pompei – non voglio rimettere in discussione sempre ciò che è avvenuto prima anche in merito all'assetto organizzativo – si è costruito un equilibrio. Si poteva fare diversamente. Ci sono il Grande progetto Pompei, che ha il compito di spendere e di utilizzare le risorse che provengono dall'Unione europea, e la Sovrintendenza speciale, appena nata, perché scorporata da quella di Napoli, cui compete la gestione ordinaria del sito.
  Io non voglio cambiare questo quadro. Sono stati appena nominati a capo delle strutture il generale Nistri, qualche mese fa, e il sovrintendente Osanna, qualche settimana fa. Sto lavorando per un'integrazione totale tra le due strutture, che, pur avendo competenze diverse, non devono Pag. 9sovrapporsi. Abbiamo i riflettori del mondo puntati addosso. Questo non è, come in molti campi, un problema di risorse, ma un problema di strutture, di capacità di fare le gare, di mantenere i termini europei nella trasparenza e nel controllo di legalità per andare avanti nell'utilizzo dei fondi europei per Pompei.
  Il secondo tema, che verrà affrontato entro qualche giorno – mi pare giusto menzionarlo perché so che ha anche alimentato molte discussioni preventive – è il tema del diritto d'autore e del provvedimento sulla copia privata. Vorrei dire con molta chiarezza che, finché ci sono le norme di legge, io le devo applicare. Si possono cambiare, ma, finché ci sono, le devo applicare.
  Il decreto ministeriale del 30 dicembre 2009 che regola la materia è scaduto nel 2012. Dal 2012 si sarebbero dovute modificare le tariffe, anche rispetto all'evoluzione tecnologica, ma non sono state modificate. Queste tariffe prevedono, in particolare, che su alcuni supporti, come il tablet e lo smartphone, per il diritto di copia privata venga pagato un contributo di 0,90 euro, inferiore rispetto a quello di altri Paesi europei. È un tema complicato. Io ho incontrato le parti, Confindustria digitale e gli autori. Contemporaneamente ci sono i consumatori che mi stanno facendo social bombing. Ho capito che è un esperimento nuovo e, quindi, sono vittima di un esperimento nuovo su cui lo stesso Twitter sta decidendo come comportarsi. La settimana prossima ci sarà un incontro tra le parti che comunque dovrà essere conclusivo. Io non posso non applicare una norma. Sto lavorando perché ci sia una mediazione ragionevole, sapendo che il diritto per copia privata non c'entra nulla con la pirateria, che è un altro tema, né con il download abusivo. Si tratta, peraltro, di un discorso complicato. L'evoluzione tecnologica sta spostando più verso lo streaming e meno verso l'utilizzo del download, ma la norma di legge impone di rivedere le tariffe. Dovremo trovare una soluzione equilibrata.
  In conclusione, vorrei che avessimo tutti chiaro che nel mondo del diritto d'autore si possono cambiare le regole e cambiare le governance – sul tema si sta svolgendo una discussione a livello europeo molto importante – per rendere omogenee le norme rispetto all'evoluzione del mondo digitale, che sta cambiando completamente il settore. È tutto giusto, ma dobbiamo sapere, e dobbiamo farlo capire soprattutto ai consumatori e a coloro che frequentano la rete o che usano scaricare musica, che il diritto d'autore è quello che garantisce la libertà della creazione e che, se si elimina il diritto d'autore, si priva anche l'autore della libertà della creazione. È un principio che è nel nostro ordinamento e che noi dobbiamo difendere.

  PRESIDENTE. Il Ministro non ha deluso le attese ed è stato, a mio parere, molto più bravo di me quando io ho avuto la stessa opportunità.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FLAVIA PICCOLI NARDELLI. Grazie, Ministro, anche per i riferimenti alle biblioteche e agli archivi, che sono nel cuore di tutti noi e sono tra i settori, in fondo, più negletti. Ho segnato alcune questioni da sottoporle in tre punti fondamentali.
  È inutile che io ricordi a tutti noi come la crisi dal 2008 a oggi abbia portato un settore come quello dei beni culturali a una crisi strutturale. Rispetto ai dati che lei ha riferito, io aggiungo un meno 20 per cento di finanziamenti pubblici, un meno 30 per cento di finanziamenti privati e un meno 35 per cento di contributi da parte delle fondazioni bancarie.
  Credo, quindi, che sfatare i luoghi comuni che ci ripetiamo in continuazione significhi anche e soprattutto impegnarsi oggi in un'analisi rapidissima delle conseguenze di questa situazione, pensando a nuove progettualità, a nuove occasioni che, nell'analisi che la Commissione sta svolgendo da mesi, possono provenire soprattutto da tre punti: dai territori, da un uso nuovo del digitale e dall'Europa.
  È sull'Europa che io mi soffermo, perché in questi giorni abbiamo visto con Pag. 10molta preoccupazione le osservazioni alla proposta di accordo di partenariato 2014-2020, inviate al Governo e al Parlamento dalla Commissione europea in risposta alla bozza che era stata inviata nel mese di dicembre 2013, con le proposte di utilizzo dei 68 miliardi complessivi destinati all'Italia per i prossimi sei anni. Questo tenendo conto anche, ovviamente, del fatto che sul ciclo di programmazione 2007-2013 gli ultimi dati diffusi dal Governo attestavano al 31 dicembre 2013, per l'ultimo anno del periodo di programmazione, una spesa che arriva a coprire solo il 52,7 per cento delle risorse programmate.
  Ciò, naturalmente, si aggiunge al fatto che la programmazione del bilancio europeo 2014-2020 e soprattutto il Programma quadro di finanziamento della ricerca Horizon 2020 per il settore culturale non hanno volutamente incluso la cultura e il patrimonio culturale fra i temi fondamentali.
  Questo non significa che il settore culturale non possa più ottenere finanziamenti. Significa, però, che non vi sarà un programma a ciò appositamente dedicato, come avverrà per altri settori. Il tema della cultura, lo sappiamo, viene considerato in modo specifico solo all'interno del Programma Europa Creativa, finalizzato allo sviluppo delle industrie culturali e creative del nostro patrimonio, per un bilancio di 1.426 milioni di euro, peraltro superiore del 9 per cento a quello del settennio precedente.
  Per Europa Creativa i mondi della cultura e della creatività valorizzati nel loro specifico sono fortemente dialogici con i fattori di sviluppo economico, di integrazione sociale e di coesione delle comunità e affrontano le criticità trasversali a tutto il settore italiano: la frammentazione, la globalizzazione, il passaggio al digitale, la scarsa capitalizzazione e l'assenza di indicatori di risultato.
  Mi preme dirle, Ministro, che abbiamo chiesto la creazione e la stabilizzazione di un tavolo, che affronti e faciliti il rapporto delle piccole realtà culturali italiane con il mondo dei progetti europei. Non siamo riusciti per un periodo lungo di tempo ad avere risposta. In un'interrogazione in Commissione, recentemente, il Ministero si era impegnato, attraverso l'organizzazione di una struttura di coordinamento e di sostegno a tutti i possibili interessati, ad aiutarci a realizzarlo. Oggi, purtroppo, siamo convinti che anche questo tavolo, qualora fosse rapidamente istituito, non sarebbe sufficiente ad assicurare un corretto approccio delle strutture culturali italiane ai fondi europei.
  Chiediamo, quindi, che il MiBACT assicuri, se possibile, nella forma che si potrà trovare, forme di accompagnamento molto più incisive su questo tema, molto più presenti, per aiutare tutte le realtà culturali a svolgere il loro ruolo rispetto ai fondi europei.

  ILARIA CAPUA. Mi associo a quanto detto dall'onorevole Nardelli e vorrei focalizzare il mio intervento soprattutto sulle nuove occasioni e opportunità che il nostro patrimonio culturale deve saper sfruttare.
  Il Ministro ha parlato dell'intervento di privati: è ovvio che si parla di privati industriali che possono sostenere il restauro di monumenti o di strutture del nostro patrimonio. Mi domando anche, però, se siano presi in considerazione anche i privati che mantengono un bene culturale oppure un bene vincolato. Per questi soggetti sono previsti sgravi o agevolazioni ?
  Vorrei suggerire qualche metodo per valorizzare gratuitamente e fare un po’ più di pubblicità al nostro patrimonio culturale. Tutti lo conoscono, ma poi sappiamo che i flussi di turisti oggi cercano nuove mete, come il deserto, gli Emirati Arabi e via elencando.
  La prima cosa che mi sento di suggerire, come ho già fatto con il sindaco Marino – che ha un'idea di rilanciare il Campus universitario scientifico di Roma –, è di mettere insieme e attirare la comunità intellettuale, in questo caso internazionale, attraverso pacchetti di agevolazioni.
  Se il professore di storia romana di Oxford viene in Italia e rimane due anni, Pag. 11perché gli troviamo una casa decorosa, e nel frattempo – lei ha parlato anche di collaborazione con l'università – si crea una ricerca congiunta, si fa in modo che il professore universitario di New York, di Cambridge o di Oxford parli dei nostri beni, ne parli agli studenti e, quindi, che parta una spirale virtuosa. È ovvio, però, che, se si deve arrangiare per organizzarsi tutto e deve sbattere la testa contro la burocrazia italiana, questo diventa possibile, ma molto più complicato.
  Sottolineo inoltre una questione della quale avevo parlato sia con l'onorevole Nardelli, sia con il sottosegretario Borletti Dell'Acqua, in linea con le indicazioni dell'Unione europea: si tratta di autorizzare l'utilizzo delle immagini dei nostri beni culturali con licenza Creative Commons oppure con limited use. Ciò vuol dire che, per esempio, chiunque può usare il David di Michelangelo, magari senza il fucile, per far vedere il nostro patrimonio. Penso alle immagini della Cappella Sistina. Ad oggi c’è una legislazione molto complessa per poter riprodurre queste immagini. Non vedo per quale motivo – siamo nell'era dell’open access – non si possa fare questo passo in più e comunque non penso che in termini di royalty il MiBACT ci guadagni poi tanto.
  Infine, si parla di Agenda digitale, di digitalizzazione, di apertura di questa risorsa al resto del mondo. Mi domando se abbiate in mente di sviluppare delle app per «App-rire» il nostro patrimonio culturale a tutti i turisti che vengono in Italia. Se a un finlandese che viene qui e ha l’app Musei Vaticani – in realtà, non so se sia nostra o del Vaticano – oppure Pantheon, si apre l’app che indica quando è aperto, quando è chiuso, quando ci sono le visite guidate e magari gli spiega anche cosa c’è dentro, questo faciliterebbe di molto il contatto con il nostro patrimonio e genererebbe ancora un volano positivo.

  CHIARA DI BENEDETTO. Presidente, il mio intervento sarà molto breve. Ho anche parecchie difficoltà a definire la mia una replica, anche perché ho difficoltà a rispondere e a replicare su linee programmatiche che si stenta a definire tali. Più che linee programmatiche, quelle esposte dal Ministro sembrano quasi delle intenzioni, anche piuttosto ripetute e ovvie: sono riflessioni su problematiche che noi conosciamo bene e che abbiamo discusso più e più volte, che sono state ribadite più e più volte in svariate sedi.
  Ministro, da lei, che si presenta a capo del Ministero più economico del momento, noi ci saremmo aspettati forse qualche elemento aggiuntivo, qualche dato e qualche programma in più.
  Mi viene da svolgere soltanto una considerazione rispetto a quello che lei oggi ci ha detto. Risultano assenti alcuni settori sui quali in una certa maniera il Ministro Bray ha soffermato la sua attenzione, ma forse non abbastanza: quelli del teatro, del cinema e della musica, che sono bistrattati da sempre e che probabilmente avrebbero una ricaduta sul lavoro e sull'immagine dell'Italia nel resto del mondo, che noi continuiamo a difendere, ma con sempre più difficoltà.
  Avremmo preferito anche maggiori spunti di riflessione da parte sua, ma i tempi sono ridotti, ragion per cui mi limito a questo intervento.

  MILENA SANTERINI. Ringrazio il Ministro perché il suo intervento non ci sono soltanto i contenuti, ma anche la convinzione. Io sento un tono convinto, come quello del precedente Ministro, che mi pare decisivo per mettere a frutto il nostro patrimonio culturale.
  Mi concentro su alcuni punti. Innanzitutto, mi ha molto convinto quando ha parlato di integrazioni e non di aggiunte a proposito della riorganizzazione del Ministero, ma anche in generale. Noi abbiamo bisogno di coordinamento e di razionalizzazione, non sempre di aggiunte.
  Faccio alcuni esempi. Forse non tutti sanno che tra i progetti che sono stati presentati per Expo, il 40 per cento di quelli che hanno vinto il bando riguardano cose che già esistono. Noi dobbiamo fare uno sforzo maggiore di integrazione tra le iniziative che stiamo portando avanti.Pag. 12
  In merito ho una proposta molto concreta: abbiamo bisogno di collegare le realtà che fanno capo alla cultura immateriale, alla cultura del progetto, alle nostre eccellenze nel mondo, con riferimento alla cultura ma nel senso di designer, di moda, di food e via elencando (abbiamo visto il successo del Salone del mobile) e di collegarle anche a livello ministeriale. Queste realtà non hanno un interlocutore: non c’è una direzione, non c’è un dipartimento. Possiamo dire che rientrano negli aspetti industriali, che possono avere interlocutori nello sviluppo economico, ma non ne hanno a livello culturale. Questo mondo della cultura del progetto ha bisogno di un interlocutore a Roma, perché molte di queste attività si svolgono, per esempio, a Milano.
  A questo proposito, mi rifaccio anche a quello che affermava la collega Capua: occorre che si potenzi lo sviluppo della rete di informazioni, di relazioni e di conoscenze sulle attività culturali, soprattutto espositive – mostre e musei – con nuove forme di comunicazione, valorizzando l'attività espositiva o rendendola fruibile e trasversale. Occorre una maggiore incidenza sociale dei nostri beni culturali.
  Ho parlato finora di cultura del progetto. Diverso è il discorso che faccio, invece, per archivi e biblioteche, i quali, per avere i fondi, molto spesso sono costretti a presentare progetti a termine, quando invece svolgono quasi sempre un'attività di conservazione, che è un'attività gestionale. Dobbiamo trovare forme diverse di finanziamento, altrimenti, per accedervi, le fondazioni sono costrette a inventare progetti, mentre normalmente devono conservare beni. Dobbiamo provare a impostare questo problema.
  Ministro, lei ha parlato degli affitti, ma a me risulta – spero di sbagliarmi – che ben 18 su 25 milioni di euro siano spesi in affitto degli archivi. Se questo è vero...

  DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. La Direzione archivi spende circa 20 milioni l'anno di affitti.

  MILENA SANTERINI. Quindi, è vero. Noi chiediamo un intervento molto deciso su questo tema: sono tutti fondi che devono essere spesi diversamente.
  Chiederemmo anche di non tagliare sulla formazione. Quando si fa la spending review, la prima cosa che si dice a proposito della pubblica amministrazione è che si taglia la formazione. Nel caso dei beni culturali, stiamo parlando di un personale avanzato in età e non adeguatamente formato sull'informatizzazione e sulla digitalizzazione, che sarebbero, invece, la soluzione per un effettivo risparmio.
  Come sappiamo, quelli che conoscono e che sanno agire sull'informatizzazione e sulla digitalizzazione sono i giovani a tempo determinato, i giovani precari, mentre il personale più anziano non lo sa fare. Non tagliamo sulla formazione, perché andiamo a risparmiare subito, ma a spendere di più in seguito.
  L'ultimo tema riguarda le eccellenze. Ne abbiamo discusso, a suo tempo, nel decreto sulla cultura. Vorrei aprire una finestra, non perché ho sempre vissuto in Lombardia, ma perché mi pare un tema interessante, su alcuni esempi di eccellenze. Su La Scala e il Piccolo chiederei a che punto siamo. Abbiamo toccato con mano il fatto che il consiglio d'amministrazione dovesse prevedere delle specificità. Faccio riferimento al Memoriale della Shoah, su cui vorrei spendere una parola: è una tipica iniziativa nuova e innovativa, un'eccellenza, perché si svolge in un luogo autentico. Senza nulla togliere al museo di Ferrara o al museo di Roma, abbiamo di fronte un luogo autentico della memoria su cui investire. Chiederei un'attenzione non standardizzata a queste eccellenze culturali italiane.

  GIANNA MALISANI. Ho ascoltato con grande interesse e anche con grande piacere le parole del Ministro. Forse mi ripeto – i miei colleghi pazienteranno –, ma quello che il Ministro ha detto rispetto alla riorganizzazione del Ministero mi è Pag. 13sembrato molto importante, anche rispetto alle proposte che aveva fatto il Ministro Bray.
  Noi sappiamo che il Ministero ha subito negli anni un taglio incredibile di finanziamenti. Spero che il Ministro, dicendo che la cultura è ossigeno, cerchi di porre rimedio a tale problema, altrimenti, nonostante gli inviti all'intervento privato, credo che il nostro patrimonio ne soffrirà continuamente e sempre di più.
  Oltre a questo, il problema è la struttura, cioè l'organizzazione del Ministero. Io credo che il Ministro, auspicando la riorganizzazione delle sovrintendenze con quelle miste, abbia colto proprio nel segno. Io provengo dal Ministero, da un'esperienza di sovrintendenza mista, che è stata, purtroppo, divisa in tre settori. Se ne è visto il cattivo funzionamento, anche perché il personale, Ministro, è sempre meno numeroso, per via del blocco del turnover. La situazione delle sovrintendenze è drammatica. Si sono create sovrintendenze di settore e anche sovrintendenze regionali con lo stesso personale. Non c’è stato un incremento del personale. Ci sono stati solo incrementi di sovrintendenti.
  Apprezzo il fatto che lei voglia organizzare le sovrintendenze miste, non soltanto per la contraddizione dei pareri, come lei ha sottolineato, nei territori, ma proprio per la competenza che un intervento qualsiasi di restauro o anche semplicemente di indagine richiede rispetto alle specializzazioni presenti in sovrintendenza. Non si può più pensare che in un cantiere architettonico vada solo l'architetto senza l'archeologo e lo storico dell'arte.
  La struttura che lei propone mi sembra veramente azzeccata. L'unica cosa che le sottolineo è il fatto che le direzioni regionali hanno comportato, perlomeno per adesso, una sovrapposizione di competenze e, forse, l'inutilità delle sovrintendenze regionali.
  Se lei deve effettuare un taglio agli incarichi dirigenziali, forse si dovrebbe valutare bene a che cosa servano, a come debbano funzionare o bisognerebbe capire se sia meglio dare un taglio alle sovrintendenze regionali e potenziare le sovrintendenze territoriali con capacità tecnico-operative. Il Ministero è nato proprio per questo: era un Ministero snello ed efficiente e deve tornare a essere così. La invito anche a svolgere una riflessione sul senso delle direzioni regionali, visto che lei ha colto la necessità di operare sul campo.
  In merito alla riorganizzazione del Titolo V credo che si debba prestare particolare attenzione al paesaggio, per una riflessione sulla competenza che potrebbe rimanere in capo alle regioni rispetto alla competenza statale. Io credo che il paesaggio vada strettamente legato ai beni culturali. Considero molto rischioso smembrare le competenze e avvicinare la tutela del paesaggio all'urbanistica.
  Occorre anche una riflessione sulle competenze che devono rimanere statali – so che vado controcorrente –, in un'idea di federalismo che deve essere un federalismo «pensato». Io credo che il paesaggio sia un patrimonio di questo Paese.

  NICOLA FRATOIANNI. Presidente, mi unisco a lei e a chi mi ha preceduto negli auguri al Ministro perché la guarigione sia la più stabile e positiva possibile.
  Signor Ministro, ho molto apprezzato alcune delle cose che lei ci ha detto. Le ho apprezzate fin da quando, all'indomani della sua nomina, lei ne ha fatto la cifra del suo commento al nuovo incarico, quando, allora e oggi di nuovo, parlò del Ministero che le è stato assegnato come del Ministero economico più importante di questo Paese. Io reputo quest'affermazione non solo condivisibile, ma anche il segno di una possibile svolta e di una possibile inversione di rotta, di cui penso che questo Paese avrebbe bisogno. Sono d'accordo con lei.
  Oggi lei ha ulteriormente dettagliato il tema. Nell'epoca della globalizzazione, non c’è dubbio, la competitività vale per le imprese e per i sistemi paese e si gioca sul terreno della capacità di valorizzare, specificare e dettagliare il proprio patrimonio, Pag. 14la propria specificità, e di farne un elemento particolarmente efficace sul terreno competitivo.
  Nello stesso modo, ho apprezzato altre cose che oggi ci ha detto, tra i titoli che ha portato. Ci sono, però, alcune questioni che non ho sentito e che anche a me sono parse assenti. Lo ha detto la collega del Movimento 5 Stelle.
  Penso al tema dello spettacolo dal vivo, ma non la voglio prendere da qui, perché lei, giustamente – lo apprezzo – ha scelto di portarci una relazione che andasse al cuore del problema e che indicasse gli elementi di fondo, rimandando il tema dei titoli e dei singoli provvedimenti a un confronto, e anche queste modalità sono apprezzabili. L'idea di poter definire insieme un'agenda di provvedimenti e di questioni su cui costruire un'interlocuzione produttiva a me pare positiva.
  C’è, però, un problema, ed è il rischio che si corre quando si sceglie di svolgere una relazione, come ha fatto lei, che propone una visione di fondo. Il problema è la capacità di questa visione di mettersi in relazione con i fatti e con le condizioni che la consentano. Il Ministero economico più importante del Paese ha bisogno di un'economia e di investimenti.
  Differentemente dalla collega del Movimento 5 Stelle, io non sono rammaricato perché ci ha portato pochi numeri. Per me i numeri possono essere pochissimi. Il punto è la qualità di quei numeri, il loro segno. Il problema, signor Ministro, è che i numeri che lei ci ha portato a proposito delle spese e degli investimenti che questo Paese mette in campo nel settore di cui oggi discutiamo –, numeri che, peraltro, purtroppo conoscevamo già –, sono il segno drammatico di quanto quella dichiarazione di intenti oggi sia, né più, né meno, una dichiarazione di intenti, priva di un elemento di prospettiva.
  Su questo io avrei atteso la svolta e avrei gradito una relazione perfino più breve. Se noi fossimo stati qui e lei ci avesse detto: «La mia dichiarazione programmatica è questa: noi, nel corso di quest'anno e dell'anno prossimo, invertiremo radicalmente l'andamento sul terreno degli investimenti nel rapporto tra quanto si spende nel bilancio complessivo dello Stato o nel rapporto con il PIL, allineandoci con i Paesi europei», perché di questo c’è bisogno, io l'avrei preferito. Altrimenti, il resto è dialettica buona, di qualità, apprezzabile. Io preferisco quando la dialettica è buona che quando non è buona, intendiamoci. Non sono disattento a questo.
  Alcune delle questioni delle quali lei ci ha parlato – l'arte, l'architettura contemporanea, l'attenzione alle periferie, l'integrazione con la scuola e le università – sono di grande importanza. Non ne cito molte altre. Con quali risorse le facciamo ?
  Anche qui, l'unico caso in cui si è parlato di risorse che arrivano è il rapporto con i privati. Lo dico a scanso di equivoci: non c’è alcun approccio tardo-ideologico. Noi siamo prontissimi a discutere e, in particolare, a misurarci con modelli che altrove hanno funzionato e, in modo molto pragmatico, a verificarne la funzionalità. Il punto è che, se questa attenzione al rapporto con i privati si connette all'assenza drammatica di una strategia di investimento pubblico e, quindi, a una strategia che faccia dell'investimento la leva per rendere questo Ministero il principale Ministero economico – affermazione condivisibilissima – c’è un punto problematico.
  Io vorrei solo evitare che a un approccio tardo-ideologico, che è sempre un grande errore, si sostituisse un approccio neopropagandistico, che rischia di essere altrettanto inefficace per quello di cui abbiamo bisogno.

  GIORGIO LAINATI. Signor Ministro, pur appartenendo a un gruppo di opposizione, come lei ben sa, io non ho alcuna difficoltà a esprimere un giudizio positivo sul suo intervento. Sono certo che a nome del mio gruppo sarebbe stato più opportuno un intervento del collega presidente Galan, essendo stato suo predecessore a capo del Ministero, ma chiaramente, essendo lui il presidente della Commissione, ciò mi sembrerebbe alquanto complicato.Pag. 15
  Signor Ministro, ci conosciamo da soli 35 anni, da quando eravamo molto giovani, così come da molti anni conosciamo il caro amico, onorevole Giampaolo D'Andrea. La nostra è, quindi, una lunga conoscenza, ma io penso che i rapporti personali, i rapporti umani, anche in politica, debbano valere qualcosa. Dunque, non vedo perché non ricordarli.
  Signor Ministro, io sono membro di questa Commissione da più di dieci anni – non sono pochi, chiaramente – e ho assistito all'illustrazione del programma da parte di molti titolari di questo importantissimo dicastero. Non so neanche e non mi ricordo quanti siano stati, perché è una tipicità italiana quella che non ci sia una lunga continuità di presenze.
  Comunque, come hanno rilevato anche altri colleghi, io reputo molto felice quell'espressione che ha pronunciato all'inizio del suo mandato, cioè che il Ministero dei beni culturali può essere il Ministero economico più importante, estremamente significativa e rilevante come espressione di progetto del suo lavoro. Certamente, se si considerano le risorse che sono state e sono attualmente a disposizione del suo dicastero, purtroppo diventa estremamente difficile trasferire questa giusta espressione nella realtà dei fatti.
  Volevo anche osservare, signor Ministro, onorevoli colleghi, che in tanti anni di presenza in questa Commissione tutti i colleghi hanno usato sempre – lo farò anch'io, ovviamente – quando si parla con il Ministro dei beni culturali, il termine «eccellenze», nel senso di eccellenze che noi abbiamo come patrimonio d'arte e di cultura. Ciò è straordinariamente vero.
  Io vorrei citare un episodio, signor Ministro, onorevoli colleghi. Quando facevo il giornalista televisivo per Canale 5, ebbi modo di intervistare uno dei suoi predecessori al Ministero, un esponente del Partito Socialdemocratico, poi confluito in Forza Italia, di cui poi ho perso le tracce, Carlo Vizzini.
  In quegli anni si stava procedendo al restauro della colonna Antonina che è davanti a Palazzo Chigi e io ebbi l'idea di dirgli: «Perché non saliamo sulla colonna e facciamo l'intervista con quelle meraviglie che stanno restaurando ?». Così facemmo, ma lui si fermò a metà. Effettivamente era un po’ complicato procedere, perché avevano fatto una scala per lavorare sui meravigliosi bassorilievi. Ci fermammo, quindi, a metà, ma sarebbe stato molto bello arrivare alla sommità. Io feci questa intervista inquadrando il titolare del dicastero, ma anche quei bassorilievi.
  Ebbene, questo mi fa venire in mente quanto possa essere straordinariamente utile creare una sinergia tra il mezzo televisivo e la comunicazione a proposito di beni culturali.
  Recentemente ho preso parte alla presentazione di un lavoro, secondo me tra i più belli e affascinanti che siano mai stati prodotti dal punto di vista della comunicazione dell'arte, la ripresa televisiva in 3D e in HD dei Musei Vaticani effettuata da un operatore televisivo privato, Sky Italia. Secondo me, è la dimostrazione di come si possa vendere l'arte, o quantomeno divulgare quanto sia importante l'arte nel mondo. Pensi a quanto è importante.
  Il direttore dei Musei Vaticani, professor Paolucci, è stato il Ministro dei beni culturali del Governo italiano molti anni fa. Non a caso, la Santa Sede l'ha chiamato per svolgere questo importantissimo ruolo. Il professor Paolucci ha divulgato, essendone uno straordinario conoscitore, il patrimonio immenso che hanno i Musei Vaticani e ha esordito dicendo che i Musei Vaticani sono «i musei», non «il museo» vaticano. Hanno una tale vastità di opere d'arte che – giustamente – non si possono chiamare singolarmente, ma in modo plurale, pensando a quello che contengono».
  Giustamente, lei ha parlato delle sinergie che si possono creare con i privati, richiamate anche dalla vicepresidente Capua e dalla collega Santerini. Io mi permetto di suggerire, anche se ci sono le disponibilità da parte di mezzi televisivi o di realtà produttive nel campo della televisione, di immaginare di riprodurre, per quanto riguarda i più importanti musei italiani, quello che è stato fatto anche in questa fattispecie da Sky.Pag. 16
  A proposito dell'apertura dei musei, lei ha proposto di eliminare detrazioni e favoritismi nell'accesso ai i musei per istituire una giornata dedicata, come accade in Francia la prima domenica del mese. Mi sembra un'idea assolutamente condivisibile, come mi sembra giusto il suo richiamo alla necessità di creare una sorta di convenzione – immagino che lei si riferisse a una sorta di convenzione quadro – per poter consentire a soggetti privati atti di liberalità per il restauro del nostro patrimonio. Lei ha citato il Colosseo o la Piramide Cestia a Roma a Piazzale Ostiense: sono assolutamente d'accordo con lei.
  Nell'ottica della collaborazione tra i gruppi parlamentari, al di là delle collocazioni, io penso che anche il mio gruppo non potrà che sostenere, perché totalmente condivisibili, proposte di legge che vadano nella direzione che lei ha evidenziato.
  Mi permetto di sottolineare anche l'idea citata dalla collega Santerini, richiamando l'importanza dell'Expo. Occorre trovare forme di sinergia in questo contenitore, che chiamerei «contenitore universale», perché non ci saranno solo i 20 milioni di visitatori, ma ci sarà anche una ricaduta in termini di comunicazione e di immagini televisive, che abbraccerà un'immensa parte del nostro pianeta. Dunque, se sarà possibile creare sinergie tra questo palcoscenico enorme e la valorizzazione dei nostri beni culturali, sarà sicuramente un fatto positivo. Buon lavoro.

  LUISA BOSSA. Signor Ministro, innanzitutto le rivolgo gli auguri di buon lavoro e di buona salute, che mi pare la cosa più importante.
  Vado per punti, e di questo mi scuso, ma ho tre minuti a disposizione. Il tempo, come spero lei sappia, da noi a Napoli non esiste. Forse è una credenza popolare, una scaramanzia, un trucco, una canzone, ma, tant’è, io ho tre minuti e devo parlare in tre minuti.
  È di stamattina la notizia che la Guardia di finanza ha acquisito atti su lavori in cinque cantieri a Pompei per l'eccessivo ribasso effettuato dalle ditte vincitrici, del 57 per cento. Sotto la lente finisce anche il restauro della Casa del criptoportico, ribattezzata sul web, come lei sa, «la Pizzeria del criptoportico».
  A una mia interrogazione, nella quale esprimevo forti preoccupazioni in merito ai ribassi eccessivi, mi fu risposto che essi rappresentavano la norma per i lavori pubblici, per gli appalti pubblici, in un momento economico difficile come quello attuale. Lei pensa che il restauro della casa dei Dioscuri, del criptoportico stesso o della casa di Sirico debba essere sottoposto alle stesse regole che si applicano per il restauro e la riqualificazione di un palazzetto dello sport, di una piscina, di una piazza o di un cinema ?
  «Grande bellezza, poca difesa», intitola L'Espresso del 17 aprile, sempre a proposito di Pompei. La Presidenza del Consiglio, su richiesta del MiBACT, avrebbe dovuto attivare una struttura di supporto, descritta nel decreto «Valore cultura» per Pompei, in cui, accanto alla figura del direttore generale, sarebbero previsti cinque esperti e venti tecnici provenienti dall'amministrazione statale. A che punto siamo ?
  Ancora, lei ha più volte citato il laboratorio di Ercolano come un esempio virtuoso del rapporto tra pubblico e privato, anche su La Stampa e sul Corriere della Sera. Noi abbiamo trovato fortunatamente Packard, un uomo innamoratissimo delle nostre rovine. Il tutto è partito negli anni Novanta, quando io ero sindaco di quella città. Le chiedo: è replicabile quell'esperimento ? Se sì, come e dove ?
  In terzo luogo, la gara per il completamento del Museo archeologico di Reggio Calabria è stata bloccata dal TAR, mi sembra per una questione relativa agli arredi. Le chiedo: il museo resterà chiuso ?
  Infine, il 18 febbraio è scaduta la proroga massima dei termini per la nomina del consiglio di amministrazione del Maggio Musicale Fiorentino, che non è stato ancora rinnovato. Che cosa intende fare ?

Pag. 17

  MANUELA GHIZZONI. Ringrazio il Ministro e vengo subito alla questione che intendo sottoporgli. Ministro, io apprezzo il suo modo – l'ha detto anche qualche altro collega – di tenere una relazione sulle linee programmatiche aperta ai contributi dei colleghi delle Commissioni. Questo è apprezzabile. Chiedo, quindi, a lei e al presidente un impegno di entrambi per organizzare puntualmente audizioni specifiche su alcuni temi, perché oggi ne abbiamo affrontati tanti e tanti ne potremmo affrontare, ovviamente, con superficialità. Pertanto, vi chiedo questa disponibilità.
  Potremmo procedere anche noi presentando risoluzioni su alcuni temi, in modo da indirizzare il Governo. Per esempio, il tema di Pompei non può essere certamente liquidato brevemente.
  Vengo a un tema che lei ha solo sfiorato e che è stato ripreso dalla collega Malisani. Nell'ambito della riorganizzazione del Ministero l'onorevole Malisani ha fatto riferimento al personale all'età e al fatto che sia invecchiato. Questo è un dato cui si fa riferimento anche nel DEF: il pubblico impiego è anziano in Italia. Le chiederei su questo aspetto: dopo gli sforzi compiuti nel 2007 con l'ultimo concorso di cui si ha memoria, che è finalmente arrivato a termine e ha permesso di reclutare competenze nuove nel Ministero, che cosa possiamo fare ? Non c’è dubbio che le sovrintendenze non riescano ad evadere le richieste rivolte loro per assenza di personale.
  Io preferisco chiamare queste persone professionisti. Non sono suoi dipendenti – mi lasci usare questa espressione – ma lavorano prioritariamente con i beni culturali. Mi riferisco ai professionisti per i beni culturali, che sono stati oggetto anche di una proposta di legge in itinere sulla valorizzazione delle relative professioni: bibliotecari, archivistici, archeologici e via elencando. Solo un atteggiamento paternalistico li liquida come giovani: sono ormai persone iperformate e mature, che tentano di sfruttare le loro competenze per un vantaggio dei beni culturali in un mercato che è senza regole.
  Ci tengo a fare una precisazione: il lavoro di tutela, di valorizzazione, di fruizione – di cui non parliamo mai – viene svolto grazie al lavoro di queste persone. Non si può pensare a uno scavo senza archeologi, a un riordino d'archivi senza archivisti e a una catalogazione senza bibliotecari. Sono quasi sempre appalti pubblici, molto pochi sono quelli privati, ma sono naturalmente lavori che hanno e che dipendono da una valutazione del MiBACT.
  Queste professionalità straordinarie, che hanno a che fare con l'ossigeno di cui lei ha parlato, stanno in un sistema di mercato senza regole, in un sistema in cui le commesse pubbliche non ci sono più, si sono prosciugate. Io mi chiedo se lei, insieme al collega Poletti, abbia intenzione di affrontare alcuni temi. Il reddito medio di questi valenti professionisti oscilla tra gli 11 mila e i 13 mila euro annui. Stiamo parlando di archeologi che guadagnano meno degli operai che scavano e di archivisti che guadagnano meno dei dipendenti delle ditte di pulizia e non hanno quindi un reddito garantito. Pertanto, le chiedo se lei non ritenga di intervenire anche sul codice degli appalti, insieme al collega Lupi, al fine di tutelare i lavori che richiedono una professionalità.
  In merito a Pompei, le chiedo anche di valutare che il criterio del minimo ribasso non sia considerato come categoria preferibile, in quanto non può essere il criterio unico e dirimente nell'attribuzione di un appalto.

  ROBERTO RAMPI. Cercherò di utilizzare efficacemente i pochi minuti disposizione, che, però, sono molto europei. In Parlamento europeo per l'intervento ci sono quattro minuti a disposizione. Cercherò di usarli efficacemente, procedendo per punti.
  Innanzitutto, non possiamo dare per scontato il taglio che, nell'illustrazione delle linee programmatiche, il Ministro ha voluto dare rispetto alla priorità del Ministero e del settore. Purtroppo, però, Pag. 18veniamo da un passato che non aveva il tema fondamentale dei beni culturali come priorità.
  Credo che dobbiamo vincere una battaglia, nell'aula parlamentare e anche fuori, nel Paese. In questo momento di crisi, quando si fa riferimento all'audizione del Ministro per i beni e le attività culturali, in troppi, anche chi ci dovrebbe essere vicino, ci raccomandano di occuparci piuttosto di lavoro, di economia, di lavoratori che perdono il posto di lavoro.
  Noi dobbiamo, invece, vincere insieme una battaglia per far capire davvero che questi due temi non sono scollegati e che questo deve davvero diventare il principale Ministero economico del Paese. Ricordiamoci che questa è una convinzione che deve passare non solo all'interno dell'istituzione parlamentare, ma anche fuori, perché oggi non la penserebbe così la maggioranza dei nostri cittadini.
  Per questo motivo io ritengo che Expo – già citato da tutti – possa essere una delle principali occasioni per raggiungere questo scopo. Expo deve diventare la data sul calendario per il viaggio in Italia che tutti nel mondo vogliono fare almeno una volta nella vita, e per fare questo si devono portare avanti gli importanti impegni che già sono stati presi.
  Io sono convinto che noi abbiamo ancora il tempo, Ministro, negli ormai pochi mesi che rimangono, per arricchire il programma culturale di Expo e per fare in modo che Expo sia una grande occasione di vetrina di tutta l'Italia, con l'apertura di tanti musei e tante occasioni di spettacolo dal vivo. Occorre dare inizio a un cammino che, secondo me, dovrebbe diventare strutturale, mettendo a regime quanto previsto nell'articolo 13, comma 24, del decreto «Destinazione Italia». Mi riferisco all'idea di utilizzare i fondi europei destinati al Mezzogiorno d'Italia per costruire meccanismi di valorizzazione che mettano Nord e Sud del Paese non in competizione, ma, anzi, in virtuale collaborazione. Nel Nord del Paese ci sono grandi appuntamenti stabili, anche oltre Expo, che non solo possono, ma devono anche diventare l'occasione perché le persone che vengono in Italia – ad esempio a Milano, da dove provengo – per la moda o per il Gran premio di Formula 1, possano rimanere in Italia, nella competizione mondiale e in quella interna all'Europa, che lei ha giustamente citato.
  Affronto un secondo punto, che ritengo fondamentale, citato in parte dalla collega Ghizzoni. Noi parliamo di lavoratori della cultura, che sono tanti. In particolare, io ho un'attenzione per i lavoratori dello spettacolo dal vivo e per tutto il campo dello spettacolo dal vivo. Lei l'ha detto, quando ha parlato di diritto d'autore, usando praticamente le stesse parole – sicuramente non lo sapeva – con cui io ho presentato la posizione del Partito Democratico in Aula sul diritto d'autore: dobbiamo ricordarci che, quando parliamo di diritto d'autore, parliamo di lavoratori. Quando parliamo di diritto d'autore, dobbiamo superare quella falsa idea, che sta passando, che esista una concorrenza tra i fruitori e i produttori delle opere culturali. Dobbiamo superare quell'idea e, per fare questo, credo che dobbiamo portare avanti un grande lavoro di sostegno a quei lavoratori.
  In merito c’è un lavoro da fare di comune accordo, anche con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in particolare per rimettere ordine e utilizzare più efficacemente le risorse dell'ENPALS, che possono diventare un grande veicolo di sostegno, aiuto e promozione ai tanti lavoratori della cultura.

  SIMONE VALENTE. Ministro, noi ci rivolgiamo a lei, sapendo, però, che la priorità per il Governo Renzi non è sicuramente investire nella cultura. Per questo motivo, il primo passo, per lei, ma anche per questa Commissione, per rilanciare veramente il settore culturale è che il Ministro dei beni culturali faccia pressioni sulla Ragioneria generale dello Stato, sul Ministro dell'economia e sul premier Renzi, in modo che effettivamente arrivino i fondi per investire in questo settore e per farlo ripartire.
  Lei ha detto che ci sono settori che non fanno notizia. Ebbene, oltre a esercitare Pag. 19pressione su queste persone, potrebbe esercitarla anche sui mezzi di informazione, che purtroppo sono «comandati» da alcune persone che lei conosce. Questi potrebbero essere alcuni punti prioritari da cui partire per il lavoro.
  Riguardo ad alcuni temi specifici, parto dal rapporto pubblico-privato, sempre a proposito di fondi, perché questo sicuramente è un tema su cui bisognerebbe discutere. Premetto che noi non demonizziamo l'intervento dei privati all'interno della cultura. Aggiungo, però, anche che la mancanza di fondi investiti dallo Stato non deve diventare la scusa per favorire alcuni privati che attendono soltanto il momento buono per fare razzia del patrimonio pubblico. Lo dico anche conoscendo molte lobby che lavorano nella cultura e che sono pronte a far razzia di tutto questo.
  Il discorso è aperto. Noi siamo anche favorevoli ad alcune agevolazioni verso i privati. Lei non l'ha citata, ma mi viene in mente Cinecittà, che ne è l'esempio: noi l'abbiamo svenduta, è passata completamente in mano ai privati. È un patrimonio su cui lo Stato ha investito per anni, ma che, purtroppo, ora non ci ritroviamo più.
  Vado avanti citando Pompei. La collega Bossa, secondo me, ha esposto perfettamente alcuni punti. Il punto principale è quello dei ribassi: ci sono ribassi che superano il 50 per cento. Non sto a dirlo io, ma la qualità ne risente e sicuramente le infiltrazioni mafiose trovano terreno fertile. Questo è uno dei punti da cui bisognerebbe ripartire.
  Bisognerebbe anche ripartire dalla manutenzione ordinaria. Come abbiamo detto mille volte, per la manutenzione ordinaria una soluzione potrebbe essere sbloccare il turnover, assumendo professionisti che lavorino su Pompei. Noi siamo stati contrari a questa nuova sovrastruttura, la Sovrintendenza speciale, con un direttore generale e un vicedirettore, che sicuramente porrà anche difficoltà a lei, perché, come ha detto, dovrà gestirla e coordinarla. Si creerà, quindi, un problema che noi non vorremmo rallentasse ancora di più la spesa dei fondi, che non arrivano neanche al 50 per cento. Ci sono cinque cantieri aperti.
  Sempre su Pompei, voglio riallacciarmi anche all'integrazione tra cultura e università. Io vorrei che le università italiane investissero maggiormente sul sito di Pompei, prevedendo stage per alcuni studenti. So che con pochissime università italiane questo già avviene, ma mi sembra un po’ paradossale che alcune università, come l'Università di Stoccarda e quella di Monaco di Baviera, abbiano elaborato un grande progetto – che partirà, se non sbaglio, dall'estate 2014 – che prevede l'investimento di 10 milioni di euro per risollevare Pompei. Iniziamo noi a investire veramente sul nostro patrimonio e poi magari facciamo arrivare anche gli stranieri.
  A proposito della digitalizzazione, parlerei più che altro dei contenuti multimediali all'interno dei musei. A me è venuta in mente, soprattutto dopo l'intervento dell'onorevole Capua, la mancanza, in effetti, di contenuti multimediali all'interno dei musei. Gli Uffizi – ci sono stato qualche mese fa – non hanno neanche la connessione wireless. Mi vengono in mente anche i Bronzi di Riace, che non hanno alcun contenuto multimediale, ragion per cui il cittadino non può arrivare con il suo smartphone e utilizzare le applicazioni che in alcuni musei già esistono.
  La mia collega Di Benedetto non ha citato le Fondazioni lirico-sinfoniche. Le ricordo che sono il 47 per cento del FUS, un investimento importantissimo, su un settore che è in gravissima difficoltà. La grandissima difficoltà, però, l'ha creata la politica. È questo il problema, a livello sia centrale, sia della singola Fondazione.
  Mi chiedo, dunque: non dovremmo forse iniziare a togliere un po’ di politica dai consigli di amministrazione e riformulare anche la governance delle fondazioni ? D'altronde, alla fine ci rimettono sempre i lavoratori, nel caso specifico il personale tecnico-amministrativo, che verrà dimezzato del 50 per cento, ma mai i superdirigenti.Pag. 20
  Un altro punto non citato da lei – so, però, che l'ha visitata – è la città de L'Aquila. L'Aquila è un bacino incredibile di patrimonio artistico-culturale, ma sono anni che è ferma. È una città immobile, deserta, disabitata. Non si sa bene cosa si sia fatto, cosa si stia facendo, chi ci lavori. La Sovrintendenza ai beni archeologici ha investito, se non sbaglio, un miliardo di euro. Noi vorremmo aver chiarezza anche su questo punto. Cosa vogliamo fare con L'Aquila ? Vogliamo continuare a lasciarla lì a morire ? Anche il tessuto sociale è stato distrutto. Oppure vogliamo investire su L'Aquila ? Noi abbiamo presentato una proposta di legge in cui chiediamo l'istituzione di una Commissione d'inchiesta e speriamo si possa andare avanti anche su questo punto.
  Chiudo con l'Expo 2015. Non sto a dirlo ai miei colleghi presenti e a lei, Ministro, perché avete un'idea completamente opposta, ma l'Expo, secondo noi, è solo cementificazione. È un investimento inutile, di miliardi e miliardi di euro. È soprattutto un favore alle grandi lobby delle costruzioni e alla criminalità organizzata.
  Ministro, non è una novità. Noi non ci fidiamo di lei, però speriamo che i fatti, e non le parole, ci possano smentire e che possiamo collaborare insieme per risollevare i beni culturali.

  IRENE MANZI. Cercherò di essere molto rispettosa del tempo a disposizione.
  Io ho molto apprezzato il rinvio fatto dal Ministro, pur brevemente, al ruolo degli enti locali e al tavolo che pochi giorni fa è stato costituito tra ANCI e MiBACT, proprio perché gli enti locali in questi anni hanno svolto un ruolo importante e fondamentale rispetto a quel sistema di cultura diffusa che rende unica e importante l'offerta del nostro Paese.
  Proprio riguardo a questo tavolo che si è costituito, io penso che possano essere due i temi oggetto di analisi. C’è chi si ricollega al nuovo sistema di revisione del Titolo V e alla riforma che la legge Delrio ha di recente introdotto rispetto proprio alla cultura. Le province, in questi anni, hanno svolto un ruolo importante: penso alle funzioni in tema di biblioteche, come quella dei sistemi bibliotecari, o anche alla creazione delle reti museali.
  Il suo Ministero, al di là delle competenze specifiche, sul tema del decentramento potrebbe, a mio avviso, svolgere un ruolo importante di guida e di vigilanza rispetto all'attribuzione delle competenze specifiche in materia di cultura. Ciò per far sì soprattutto che il patrimonio di conoscenze che si è maturato in quest'anno non vada disperso.
  Questo tema è unito a un altro elemento, di ordine più strettamente normativo. In particolar modo, faccio riferimento ai limiti che gli enti locali e le aziende, spesso istituzioni controllate dagli stessi, incontrano rispetto alle spese per mostre, convegni, pubblicità e missioni. Sono limiti che spesso penalizzano e restringono l'attività che gli enti locali svolgono in questi settori.
  Io penso che si possa intervenire gradualmente, anche se c’è un problema concreto di risorse, di cui mi rendo conto, ovviamente. Ritengo, però, che rivedere progressivamente e in maniera più estesa i limiti che gli enti locali incontrano in questa tematica potrebbe innanzitutto favorire un più ampio raggio d'azione per gli stessi, oltre a non limitare l'ampia offerta culturale che in questi anni gli enti locali hanno proposto, nonostante la riduzione dei fondi e i limiti esistenti, anche in materia di Patto di stabilità.
  Penso anche agli interventi sul patrimonio culturale che i comuni incontrano. Potrebbero essere elementi importanti su cui agire e su cui io spero che il suo Ministero possa fare la differenza.

  UMBERTO D'OTTAVIO. A me pare che l'argomento più importante di cui si sta parlando oggi riguardi il sostegno alle attività culturali da parte dei privati e la possibilità che questo sostegno passi dall'episodicità alla definizione di una vera e propria procedura stabile, frutto di valutazioni.
  Io credo che la scelta migliore sarebbe, in questo senso, quella di predisporre una Pag. 21vera e propria legge, perché mi pare che ci siano notevoli differenze tra una donazione e una sponsorizzazione. Sono molto contento che si sia citato l'esempio francese, ma ci sono anche altri esempi. Credo che potrebbe essere una buona idea elaborare una legge in tal senso.
  La seconda questione, molto rapida, riguarda il 70o anniversario della Liberazione. Piero Calamandrei scriveva: «Se voi volete andare in pellegrinaggio nei luoghi dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati».
  Sono state depositate molte proposte di legge per dichiarare monumento nazionale questi luoghi. Sarebbe una bella iniziativa se la Commissione, insieme con il Governo, in occasione del 70o anniversario della Liberazione, dichiarasse monumento di interesse nazionale i luoghi in cui questi fatti sono avvenuti.

  MARIA COSCIA. Anch'io, come i miei colleghi, ho apprezzato il taglio dell'intervento del Ministro, perché ci permette di andare al cuore dei problemi. Pertanto, non mi dilungo, Ministro: le sottraggo solo un minuto per ricordare un altro tema.
  Va bene l'integrazione con il MIUR, su cui siamo perfettamente d'accordo, ma c’è anche un problema di coordinamento e di integrazione con il MAE, il Ministero degli affari esteri, che riguarda il tema degli Istituti di cultura all'estero e dell'insegnamento della lingua italiana all'estero.
  A mio avviso, poiché la spending review si limita a tagliare, il tema relativo alla riorganizzazione dei nostri uffici fuori dall'Italia, insieme alle nostre proposte culturali e informative all'estero, con un'indicazione di efficienza, ma anche di efficacia degli interventi, rappresenta una delle questioni su cui sarebbe utile cimentarsi.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Ministro, io non sono qui per fare alcuna reprimenda. Le rivolgo tanti auguri, perché, se io fossi al suo posto, sarei preoccupato quanto lei di quello che si può fare in questo Paese così bello, così vario, ma, ahimè, con così tante difficoltà nel far risplendere tutti i beni che possiede.
  Io provengo da una zona dove è patrimonio dell'UNESCO il Sacro Monte di Varallo, un patrimonio inestimabile. Vittorio Sgarbi, che viene spesso da noi, sostiene che è uno dei dieci posti più belli d'Italia, ma lo conosce poca gente. L'unica cosa che mi sento di suggerirle, oltre a rivolgerle gli auguri di buon lavoro e anche di buona salute, è di valorizzare ciò che abbiamo, che tante volte, non venendo valorizzato, non porta neanche economia sul territorio.
  Noi, per esempio, cerchiamo di valorizzare questo patrimonio come amministratori locali, ma la difficoltà sta nel fatto che con il Patto di stabilità, con tutte le regole, con la disponibilità sempre minore di soldi, perché i tagli sono molto corposi, abbiamo come risultato un gioiello che teniamo dentro un cassetto. Se fossimo in grado, grazie anche a una nuova politica governativa, di ovviare a questo, ne sarei contento.
  Io sono all'opposizione, come lei ben sa, ma sinceramente non me ne importa nulla. A me interessa se si porta a casa qualche risultato, come immagino interessasse a lei, quando stava all'opposizione.
  C’è una questione che mi ha colpito. Ricordo che nel 2009 lei, intervenendo alla Camera, chiese le dimissioni dell'allora Ministro Bondi perché crollò un muro a Pompei. A questo punto, si sarebbero dovuti dimettere tutti i Ministri che ricoprono quel ruolo, forse anche lei. Se crolla un muro, non è colpa del Ministro. Ci sono tante situazioni su cui è difficile intervenire. Anche il presidente della Commissione, l'onorevole Galan, ha ricoperto il ruolo di Ministro.
  Siamo tutti bravi a strumentalizzare. Poi, però, quando dobbiamo governare, ci accorgiamo che la situazione è veramente diversa.
  Le rivolgo, quindi, tanti auguri e spero anche che lei possa coinvolgere di più i sindaci e chi sta sul territorio perché le possano dare una mano e che il Ministero Pag. 22possa dare una mano a chi sta sul territorio, perché le vere sentinelle di questo Paese sono gli amministratori locali.
  Le auguro buon lavoro.

  PRESIDENTE. Onorevole Buonanno, le ricordo che durante il mio fortunato e breve periodo al Ministero crollò soltanto un muretto costruito nel 1948. Sospetto che non fosse di particolare pregio. Qualcuno ci avrà ricamato sopra, ma le assicuro che quel muretto era stato edificato in opera incerta, come si dice, nel 1948.
  Sono iscritti a parlare l'onorevole Tancredi, che però non riesce ad arrivare, e l'onorevole Di Lello, il quale, è impedito per un motivo bello: è diventato papà. Essendolo diventato a 44 anni – io ho impiegato ancora più tempo – gli dico simpaticamente che gli ricapiterà la mia stessa sorte, cioè che all'uscita dell'asilo qualche bambino gli chiederà se sia il nonno o il papà del bambino. È una cosa che capita normalmente. Comunque, so che sarà per lui una grande felicità.
  Detto questo, su una nota positiva, do la parola al Ministro Franceschini per la replica.

  DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Cercherò di essere veloce e di riprendere tutte le questioni segnalate. Se ometto qualche cosa o non sono in condizione di rispondere, mi riservo di fornire risposte con un canale diverso, che può essere diretto. Chi non è stato soddisfatto può segnalarlo alla fine del mio intervento.
  Parto da una considerazione svolta, in particolare, agli esponenti dell'opposizione, gli onorevoli Fratoianni, Valente, Lainati, Buonanno, che ringrazio, oltre che per gli auguri, anche per il fatto di aver sollecitato – in questo senso inserisco anche l'onorevole Manuela Ghizzoni – un tema sul quale mi piacerebbe tanto poter fare annunci roboanti.
  Non faccio questi annunci perché so che si tratta di scelte che non dipendono dal sottoscritto soltanto, ma anche dal Governo e dal Parlamento. Il Governo Renzi opera nell'ambito della legge di stabilità precedente e, quindi, al momento, ciò che ho illustrato si inserisce nel quadro delle risorse e degli strumenti legislativi a disposizione.
  Naturalmente – è fin troppo evidente e forse per questo non l'ho sottolineato – se ci fosse una battaglia trasversale di maggioranza e opposizione per fornire maggiori risorse al settore della cultura, io sarei il primo a esserne felice, a sostenerla e a impegnarmi in questo senso, ma il quadro è quello che voi conoscete.
  Aggiungo al dato che ho riferito in precedenza, un ulteriore elemento abbastanza deprimente, quello dei programmi principali di finanziamento: la disponibilità per il Programma lotto nel 2008 era di 89 milioni di euro, nel 2013 di 29 milioni di euro; la disponibilità per il Programma ordinario lavori pubblici nel 2008 era di 99 milioni di euro e adesso è di 47 milioni di euro; la disponibilità per gli interventi d'urgenza e i progetti integrati nel 2008 era di 65 milioni di euro e adesso è pari a 27 milioni di euro. È evidente che ci sia un problema generale di risorse e che questo riguarda una scelta che deve essere svolte dalla maggioranza, ma su cui le opposizioni possono portare un contributo che può cambiare il quadro. È altrettanto evidente che io sono il primo a sostenere questa battaglia.
  Se, però, mi chiedete di venire qui in audizione a dire che farò aumentare la quota a disposizione, non lo dico. È un risultato che, se ci arrivo, voglio costruire gradualmente, sapendo che siamo, come ho detto all'inizio, in una stagione di spending review, in una stagione di crisi economica. Anche se si intravede qualche luce, qualche elemento positivo che fa pensare che ci aspetti finalmente un ritorno alla crescita, ci muoviamo all'interno di questo quadro.
  Pertanto, se c’è un impegno al riguardo, io sono il primo a sostenerlo. Lo sto portando avanti con riferimento ai tagli e lo farò in ogni occasione in cui sarà utile.
  Affronto le questioni specifiche per titoli e mi scuserete per la sintesi.
  Onorevole Nardelli, sull'Europa c’è un problema generale di tagli rispetto ai fondi Pag. 23strutturali, di scarso utilizzo e di scarsi strumenti tecnici per accedervi, nella misura in cui potremo farlo. Presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo stiamo lavorando per creare una struttura di supporto tecnico che aiuti e sostenga tutti gli strumenti per accedere in misura massima possibile ai fondi europei.
  Nel «decreto cultura» era prevista la creazione del tavolo Europa Creativa. Uno dei provvedimenti di attuazione, di cui ho letto il testo questa mattina, ne prevede l'istituzione. Dovevamo raccogliere indicazioni da diversi enti, perché il principio era quello di coinvolgere le associazioni nella gestione dei fondi di Europa Creativa. Firmerò il documento nei prossimi giorni, spero entro questa settimana.
  È stato affrontato un tema che io condivido completamente e che ho posto nel vertice dei Ministri della cultura europei: il vero limite è rappresentato dal fatto che, nei trattati, per le politiche culturali si prevede soltanto una funzione di sostegno delle politiche nazionali. Questo non è più possibile, perché, quando parliamo della potenzialità italiana – cultura, bellezza, storia, patrimonio, talenti – parliamo anche della potenzialità europea nel mondo globale. Quando si tratterà di ridiscutere i trattati, io sono convinto che dovremo mettere la testa su un percorso che trasferisca più competenze e, quindi, più risorse a livello europeo.
  Onorevole Capua, quanto ai privati, io parlavo di misure legislative che prevedano incentivi fiscali per atti di liberalità di privati per il recupero di patrimonio a uso pubblico. Esistono già annuali interventi per la ristrutturazione edilizia, se si interviene su un bene proprio. Esistono già contributi a sostegno di chi interviene su un proprio immobile vincolato.
  In questo caso, mi riferivo a un altro tema: concedere a un privato – persona fisica, azienda, fondazione – che intervenga per finanziare un progetto di recupero di un bene monumentale, sgravi fiscali che gli consentano di intervenire. Ripeto, è un'integrazione: non potrà mai essere una sostituzione del contributo pubblico.
  Sulle immagini io penso che debba essere svolta una riflessione legislativa. Anche in questo campo, come in tutti gli altri, c’è il confronto tra libertà totale e accesso universale, soprattutto nell'era digitale, da un lato, e royalty e tutela del diritto d'immagine, dall'altro. Io ritengo che anche su questo un equilibrio si possa trovare. Altri Paesi riescono a tutelare l'utilizzo di immagini di beni molto meno importanti del nostro. Ricordo, peraltro, che l'immagine raffigurante la «distorsione» del David con il mitra in mano è stata ritirata dall'azienda americana che aveva avuto questa idea, dopo le nostre proteste. Penso che vi possa essere una via di mezzo.
  Sulle applicazioni ci sono potenzialità infinite. In Friuli, addirittura, si sta sperimentando un meccanismo grazie al quale sui navigatori satellitari, se contemporaneamente si spinge una funzione, vengono fornite anche le spiegazioni sui beni monumentali che ci si trova di fianco per strada in quel momento.
  Io credo che si debbano finanziare – alcuni privati lo stanno facendo, ma dovremmo farlo noi – meccanismi di valorizzazione delle start-up giovanili che intervengono sull'incrocio fra turismo, cultura e nuove tecnologie. Ci sono idee straordinarie: un'associazione pugliese, ad esempio, ha bandito un premio di 100.000 euro per start-up giovanili in questo settore. Tra i candidati a questo premio, scorrendo l'elenco, mi pare che ci siano circa 30-38 progetti. Ci sono, quindi, idee straordinarie. Più che essere noi, come pubblico, a intervenire, dobbiamo aiutare con gli strumenti che possiamo avere tutte le possibili idee nuove e le start-up in questo settore.
  Onorevole Di Benedetto, io ho spiegato che non avrei parlato di tutto, altrimenti non sarebbero bastate tre sedute È vero, ho omesso il cinema e lo spettacolo dal vivo, anche perché vengo da una riunione di due ore con tutti gli operatori del cinema. Anche sul cinema c’è un problema di risorse. C’è un problema di attrarre investimenti internazionali. Io proporrò che venga eliminato o alzato il tetto di 5 Pag. 24milioni di euro di tax credit che impedisce alle grandi produzioni straniere che vorrebbero venire in Italia di farlo. Essendo 5 milioni di euro di incentivo fiscale un importo troppo basso rispetto a una grande produzione, si decide poi di andare in Paesi dove l'agevolazione fiscale è più forte.
  Esiste un problema, che è il FUS, ma questo è un problema di risorse generale. Dirò qualcosa in merito.
  Esiste, inoltre, un problema molto importante su cui credo che il Parlamento dovrà lavorare, di incrocio tra le televisioni e la produzione cinematografica nazionale. Sono già previste norme al riguardo, un po’ confuse e perfezionabili.
  Ripeto quanto ho affermato stamattina di fronte a RAI e a Mediaset, ossia che le televisioni dovrebbero fare più di quello che la legge impone, in termini sia di investimenti, sia di offerta di cinema italiano, non durante la notte, ma in prima serata o durante la giornata. Mediaset va meglio sui film italiani in prima serata, la RAI va meglio sugli investimenti. Dovrebbero fare di più. Credo che questo – oltre alla buona volontà degli strumenti legislativi, come in Francia, dove si impone che le televisioni aiutino il cinema –, sia un principio assolutamente importante e utile, che potremmo condividere tutti.
  In questo contesto – mi rivolgo in particolare al Movimento 5 Stelle, molto sensibile sul tema – nelle linee sulle nuove attribuzioni del FUS e sulle Commissioni che io dovrò nominare, abbiamo introdotto un sistema per eliminare ogni possibile, anche teorica, interferenza pubblica. Sarà svolta una procedura di interpello pubblico per coloro che si propongono per far parte delle commissioni che attribuiscono i fondi per il cinema e il teatro. In tutta trasparenza si sceglierà all'interno di questa procedura di interpello pubblico e i direttori dei rispettivi settori non esprimeranno più un voto sulla qualità artistica dei prodotti. Trasformeremo il più possibile, quindi, questo strumento in uno strumento tecnico e senza condizionamenti.
  Ho trasmesso alla Conferenza Stato-regioni le nuove linee guida elaborate dal Ministro precedente sul FUS. Ci sarà modo di confrontarci e di vederle.
  La legge Bray era stata immaginata per una o due fondazioni, ma hanno presentato domanda otto Fondazioni lirico-sinfoniche. Questo per dimostrare qual è la situazione che vive il mondo della lirica: è un problema serio, perché servono risorse per il risanamento dei teatri in crisi e servono risorse per quelli che non sono entrati nella legge Bray e che non sono in crisi.
  Aggiungo che al Senato – può capitare quando i provvedimenti vengono elaborati con una certa fretta – è stata presentata una proposta di legge che recepisce tutte le proposte emendative che erano state approvate in commissione, ma poi dichiarate inammissibili dalla Presidenza relativamente a un certo decreto-legge, ben noto a tutti noi. In quel provvedimento è contenuta una norma sulla quale io avevo espresso preoccupazione, quando l'ho saputo, ma non è stato sufficiente. Si tratta di una norma teoricamente giusta, ma che, in realtà, crea una discriminazione: essa prevede l'assunzione, da parte delle Fondazioni liriche, di tutto il personale a tempo determinato, senza alcun criterio distintivo. Ciò significherebbe far saltare di colpo tutte le Fondazioni liriche e creare anche una discriminazione.
  Infatti, con la legge Bray, per salvare le fondazioni, abbiamo previsto che il personale a tempo indeterminato possa essere in parte assunto dalla società ALES per non far perdere il posto di lavoro al personale ivi impegnato. Saremmo, quindi, nella situazione paradossale per cui una persona con un contratto a tempo indeterminato andrebbe in un'altra società, mentre il contratto di un'altra persona verrebbe trasformato in contratto a tempo indeterminato, per legge, e salterebbero tutti i bilanci.
  Vi chiedo davvero di affrontare la questione con attenzione. Come mi hanno segnalato i sindaci e tutti i sovrintendenti, questo non significherebbe solo svuotare Pag. 25l'operazione salvataggio, ma anche far saltare di colpo tutte le Fondazioni lirico-sinfoniche.
  Onorevole Santerini, il tema della valorizzazione della cultura del progetto è un tema che condivido, così come condivido l'attenzione alla formazione, su cui penso che si debba svolgere un ragionamento specifico, come faceva l'onorevole Manuela Ghizzoni, in merito alla necessità di assunzione di figure di alto profilo, giovani e con competenze specifiche, in particolare nei settori che ho citato prima.
  Parliamo, in alcuni casi, di unità, non di grandi numeri. Se noi potessimo assumere alcune decine di giovani archivisti, garantiremmo il passaggio di competenze e la digitalizzazione e salveremmo un settore. Parliamo di decine di unità rispetto ai macronumeri di cui parliamo quotidianamente. Anche su questo sono d'accordo sulla necessità di collaborare.
  Onorevole Malisani, io ho parlato delle sovrintendenze miste secondo quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri relativo alla riorganizzazione del Ministero.
  Non c’è tempo di affrontare il tema relativo alle direzioni regionali, che richiede una correzione legislativa e che deve necessariamente rientrare nel disegno di riorganizzazione del Ministero. Sono necessarie le direzioni regionali rispetto a come sono state immaginate ? Sono necessarie con altre funzioni meramente amministrative e non di sovrapposizione di competenze rispetto alle sovrintendenze ? Se si porta avanti un processo di accorpamento delle sovrintendenze, soprattutto nelle regioni piccole, si rischia una totale sovrapposizione. Questo è un tema che richiede una modifica legislativa.
  Onorevole Fratoianni, dello spettacolo dal vivo e delle risorse ho già parlato.
  Onorevole Bossa, su Pompei non entro nel merito delle vicende giudiziarie, perché non è compito nostro, ma sicuramente esiste un problema di non conciliabilità, quantomeno totale, delle regole degli appalti dei normali lavori pubblici con quelle relative ai beni monumentali. Non so se il criptoportico assomigli a una pizzeria o no. Non mi fido degli articoli dei giornali. Le cose vanno viste e guardate direttamente.
  Detto questo, io penso che questo, delle regole per gli appalti nei beni culturali, sia un tema, anche questo legislativo, che potremmo affrontare insieme: nel rispetto delle norme europee e di tutte le garanzie di trasparenza, di controlli di legalità e di tutto quello che sul Grande progetto Pompei è stato aggiunto anche con filtri ulteriori, penso occorra affrontare il tema differenziazione dell'appalto di un normale lavoro pubblico da un appalto relativo a un bene monumentale, che richiede un dato tipo di professionalità, di competenze e di tecniche, conciliandolo con il tema dei vincoli europei e ponendo il tema anche sul tavolo europeo.
  Con riferimento a Expo, tema che è stato posto, tra gli altri, anche dall'onorevole Rampi, presso il Ministero abbiamo immaginato un percorso che tenti di prolungare la permanenza in Italia delle persone che vengono per l'Expo. Questo richiede una promozione e un'offerta culturale di grande qualità. Oltre agli eventi organizzati direttamente per Expo stiamo immaginando un meccanismo di concessione del marchio. In Italia in quei mesi ci saranno migliaia di iniziative, dal Festival del folklore a manifestazioni di opera lirica, tutte importanti. Stiamo immaginando di offrire con un certo anticipo ai tour operator che proporranno di venire in Italia, e comunque a chi verrà a Milano, un programma di iniziative che potranno utilizzare il marchio Expo.
  Voi capite che nell'offerta culturale dei comuni italiani e dei teatri lirici ci sono grandi eventi di qualità. Noi stiamo immaginando, d'accordo con la struttura di Expo, un meccanismo per cui una commissione stabilirà quali iniziative – concerti, opere liriche, teatri, mostre, restauri – abbiano un livello qualitativamente alto al punto da poter loro concedere l'utilizzo del marchio Expo, inserirle nel programma per allungare la permanenza dei turisti e far vedere un Paese che ha un'offerta enorme sempre e, a maggior ragione, durante i mesi dell'Expo.Pag. 26
  Onorevole Valente, sempre sul tema delle risorse, sono d'accordo sull'idea di far svolgere stage a Pompei. Stiamo, anzi, lavorando per utilizzare il Fondo «Mille giovani per la cultura», istituito dal decreto-legge n. 76 del 2013. Voglio assolutamente evitare che con questi mille giovani, per i quali vi è uno stanziamento di un milione di euro, si ripeta lo stesso problema verificatosi in passato per i 500 giovani: un milione diviso 1.000 equivale a 1.000 euro. Per uno stage di tre mesi, sono 300 euro al mese: non sono d'accordo su questa logica. Poiché l'espressione «mille giovani» indica il nome del fondo, non è detto che se ne debbano prendere mille. Se vogliamo utilizzarlo per prendere persone di qualità, restringeremo il numero. Mille resterà l'obiettivo, ma non ripeteremo quell'errore.
  Quanto a Cinecittà, non è vero che sia stata ceduta completamente ai privati. C’è una società, che si chiama Cinecittà Studios, che è per l'80 per cento di privati e per il 20 per cento dell'Istituto Cinecittà Luce: si tratta di una scelta di fine anni Novanta, lo dico a scanso di equivoci.
  C’è un incrocio complicato di interessi diversi che stiamo cercando di comporre. Spero che potremo presentarci in qualche settimana, in un tempo ragionevole, con un progetto che salvi Cinecittà rispetto alla sua destinazione originaria, quella di ospitare produzioni di film e non di essere un luogo semplicemente di attrazione turistica. Lo può anche essere, ma come dato marginale.
  Lo stiamo facendo incrociando le esigenze del personale, che teme di perdere il posto di lavoro, i diritti che i privati hanno acquisito con la firma degli atti e l'esigenza di svolgere produzioni cinematografiche: stiamo affrontando con la RAI un primo discorso, che possa consentire di mantenere questa destinazione per Cinecittà.
  L'eliminazione del tetto dei 5 milioni di euro per il tax credit o il suo innalzamento, rappresenta una delle condizioni che con quasi certezza potrebbero portare produzioni internazionali a scegliere Cinecittà come luogo per la produzione di film non italiani. Ci stiamo lavorando e io sono piuttosto ottimista.
  Affronto ora il tema de L'Aquila. Come primo punto, di cui si è anche parlato sui giornali, io ho chiesto al direttore regionale Magani, indicato come il numero 2 di Pompei, di restare a L'Aquila. Questo perché me l'hanno chiesto le istituzioni locali e perché le due grandi emergenze del Paese non si possono seguire contemporaneamente. Al direttore Magani, quindi, abbiamo chiesto di gestire un progetto che io vorrei chiarire, anche a costo di immaginare interventi legislativi che garantiscano l'unitarietà dell'intervento.
  L'Aquila, finita la stagione dei commissariamenti, è tornata nelle regole ordinarie. Con le regole ordinarie, con il singolo palazzo e con i tempi, non si ricostruisce l'unità del centro storico. Se voi andate a vederla – io ci sono tornato anche appena diventato Ministro – potete notare che i restauri sono in corso, ma il centro storico è deserto. Riapre qualche negozio, eroico, perché i clienti vengono da fuori, dalla new town.
  È evidente che un progetto di quelle dimensioni deve mantenere la sua unitarietà. Noi, come Parlamento – non come Governo, perché parlo di esigenze legislative – possiamo immaginare modalità che consentano di tenere, oltre alle risorse, l'intervento nella sua unitarietà e che puntino a rendere viva L'Aquila, non soltanto a restaurare i palazzi e a lasciare il centro storico vuoto.
  Per esempio, secondo me, questo significa dare incentivi a coloro che vanno a riaprire i negozi nel centro storico, dare risorse, coinvolgere qualche istituto nazionale che si occupa di cultura. Si tratta di mantenere l'unitarietà del progetto. Naturalmente, anche per questo servono risorse.
  In merito agli enti locali, onorevoli Manzi e Buonanno, come ho detto, ho avuto un incontro con i sindaci: faremo diventare questo un tavolo permanente, perché l'offerta culturale del nostro Paese non può essere danneggiata dalla distinzione tra ciò che fa lo Stato e ciò che Pag. 27fanno i comuni. Per le persone normali è comunque pubblico e, quindi, occorre svolgere un ragionamento il più possibile di sistema, senza concorrenze.
  Mi pare molto giusto il tema relativo alla celebrazione dei settanta anni dalla Liberazione, affrontato da norme nazionali. Spetta alla Presidenza del Consiglio e al Comitato storico-scientifico per gli anniversari di interesse nazionale. Mi ricollego anche al tema del Memoriale della Shoah (si tratta di due cose diverse, ma collegate): dovremmo immaginare un forte investimento sui luoghi della memoria. Altri Paesi l'hanno saputo fare con iniziative molto evocative. Non parlo solo del grande Museo della Shoah: chi di voi ha avuto la fortuna di andare a Washington avrà visto uno splendido muro con tutti i nomi dei caduti in Vietnam.
  Noi abbiamo bisogno, anche per parlare ai ragazzi, di luoghi fortemente evocativi, che conservino la memoria. Il 70o anniversario della Liberazione potrebbe essere un'occasione per creare e finanziare, dove ci sono già ma hanno vita difficile, luoghi di conservazione della memoria.
  L'onorevole Coscia ha parlato degli Istituti di cultura italiani all'estero. Sono assolutamente d'accordo con lei. Questo è un altro tema, che spetta più a voi che al Governo, ma che affrontiamo insieme. Gli Istituti di cultura dipendono tutti dal Ministero degli esteri, perché c’è un collegamento con la nostra struttura diplomatica, ma c'entrano molto anche con le politiche culturali e con il turismo. Poiché sono dell'opinione, come dirò più tardi in Aula, che debba essere superata la struttura dell'ENIT, datatissima, poco digitalizzata e con sedi costosissime in tutto il mondo, penso che questo debba avvenire, ma attraverso un'integrazione e un potenziamento degli Istituti italiani di cultura, che servono per il turismo e per la lingua. È anche questo un problema di risorse.
  Concludo dicendo che quando in Aula, come è stato ricordato, il Partito Democratico chiese le dimissioni del Ministro Bondi, il riferimento era alle politiche culturali dei due anni precedenti. Come sempre fanno le opposizioni, criticano. Ci critichiamo a vicenda. Come ho detto in un'occasione, ma ho occasione di ripeterlo qui, fu un errore collegare quella mozione al crollo di un muro a Pompei. La critica era nei confronti dei tagli delle risorse e di quello che non era stato fatto dal punto di vista dell'opposizione. Collegarla al crollo di un muro a Pompei fu un errore.
  Manca la risposta all'onorevole Ghizzoni, che ha parlato di personale del Ministero e di professionisti. Io sono assolutamente consapevole che in Italia ci sono – li incontro anche spesso – professionisti di professioni non tutelate, come archeologi e storici dell'arte, con grandi competenze, che vedono sempre di più restringersi la possibilità di entrare dove vorrebbero, cioè nella pubblica amministrazione, a occuparsi di tutela.
  Poiché noi abbiamo regole che limitano gli accessi alla pubblica amministrazione – che valgono in generale, non solo per la cultura – dobbiamo assolutamente lavorare nell'ambito degli strumenti che ha il pubblico. Parliamo di libere professioni, che dobbiamo aiutare a tutelare e valorizzare.

  PRESIDENTE. Si conclude così l'audizione, con la soddisfazione di chi si dichiarerebbe soddisfatto e l'attesa di chi, invece, attendeva qualche delucidazione. Io credo di dovermi definire assolutamente soddisfatto, perché è stata un'audizione diversa da quelle tradizionali e sulla quale io credo che le risposte siano state esaurienti, compresa l'ultima, rivolta all'onorevole Buonanno, che ho particolarmente apprezzato.
  Saluto il Ministro Franceschini e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.