XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 27 di Lunedì 14 aprile 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 

Audizione del procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, Nicola Gratteri:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 2 
Bindi Rosy , Presidente ... 2 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 2 
Bindi Rosy , Presidente ... 2 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 2 
Giarrusso Mario Michele  ... 6 
Gratteri Nicola , Procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 6 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 7 
Buemi Enrico  ... 12 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Buemi Enrico  ... 12 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 12 
Sarti Giulia (M5S)  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Sarti Giulia (M5S)  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Garavini Laura (PD)  ... 13 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Garavini Laura (PD)  ... 16 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 16 
Fava Claudio (SEL)  ... 16 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 16 
Fava Claudio (SEL)  ... 16 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 17 
Fava Claudio (SEL)  ... 18 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 19 
Bianchi Dorina (NCD)  ... 21 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 22 
Bianchi Dorina (NCD)  ... 22 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 22 
Bianchi Dorina (NCD)  ... 23 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 23 
Bindi Rosy , Presidente ... 23 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 23 
Sarti Giulia (M5S)  ... 23 
Bindi Rosy , Presidente ... 23 
Sarti Giulia (M5S)  ... 24 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 24 
Sarti Giulia (M5S)  ... 24 
Bindi Rosy , Presidente ... 24 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 24 
Bindi Rosy , Presidente ... 25 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 25 
Bindi Rosy , Presidente ... 25 
Giarrusso Mario Michele  ... 25 
Bindi Rosy , Presidente ... 25 
Giarrusso Mario Michele  ... 26 
Bindi Rosy , Presidente ... 26 
Giarrusso Mario Michele  ... 26 
Bindi Rosy , Presidente ... 26 
Giarrusso Mario Michele  ... 26 
Bindi Rosy , Presidente ... 26 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 26 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 28 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 28 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 28 
Bindi Rosy , Presidente ... 30 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 30 
Bindi Rosy , Presidente ... 31 
Giarrusso Mario Michele  ... 31 
Bindi Rosy , Presidente ... 31 
Giarrusso Mario Michele  ... 31 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 32 
Bindi Rosy , Presidente ... 32 
Buemi Enrico  ... 32 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 33 
Buemi Enrico  ... 34 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 34 
Gaetti Luigi  ... 35 
Gratteri Nicola , procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ... 35 
Bindi Rosy , Presidente ... 36

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 18.20.
  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, Nicola Gratteri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, in merito alla situazione della criminalità organizzata calabrese, in particolare di quella operante sul versante ionico, nonché in merito al ruolo della ’ndrangheta nel traffico internazionale di stupefacenti.
  Ricordo che, come di consueto, la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che di essa sarà redatto un resoconto stenografico. Ove necessario, inoltre, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta.
  Ringrazio il procuratore Gratteri di essere qui oggi. Lo ringrazio anche per aver accettato di essere consulente della Commissione, ancorché a tempo parziale.
  Do la parola al procuratore Gratteri per lo svolgimento della sua relazione.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Innanzitutto vi ringrazio dell'invito. Vorrei sapere più o meno quanto tempo abbiamo.

  PRESIDENTE. Di quanto tempo pensa di aver bisogno ?

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Io potrei parlare un'ora, una settimana o un mese.

  PRESIDENTE. Ha un'ora.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Faccio questo lavoro da 29 anni; mi sono interessato sempre di ’ndrangheta e, oggi in particolare, di traffico internazionale di stupefacenti, visto che la ’ndrangheta ha quasi un monopolio nell'importazione di cocaina in Europa.
  Nella sostanza, dobbiamo dire che contrastare la ’ndrangheta è molto più difficile rispetto ad altre mafie, considerato il vincolo familiare: due o tre famiglie patriarcali formano un locale. Un collaboratore di giustizia dovrebbe quindi parlare prima di 200 parenti, poi degli amici e poi dei nemici.
  La legge sui collaboratori di giustizia nel corso di questi anni è stata modificata ed è stata resa molto stringente e comunque più garantista. Lo dico in senso positivo, perché sono d'accordo, data la delicatezza del mezzo di ricerca della prova. Se volete, in seguito approfondiremo l'argomento.Pag. 3
  La ’ndrangheta sinora ha avuto collaboratori di giustizia di serie B e di serie C. Nessun capo locale di ’ndrangheta di serie A si è mai pentito. Noi abbiamo avuto solo Filippo Barreca di Pellaro, una frazione di Reggio Calabria, e Franco Pino di Cosenza, ma parliamo di una ’ndrangheta «di seconda o terza fascia», per usare un termine calcistico.
  L'evoluzione della ’ndrangheta è avvenuta nel 1969, quando c’è stata una rivoluzione interna alla ’ndrangheta con la creazione della Santa. La Santa consiste nella possibilità per uno ’ndranghetista di essere affiliato anche alla massoneria deviata. Questo è servito alla ’ndrangheta per avere contatti con i quadri della pubblica amministrazione e, quindi, con medici, ingegneri e avvocati.
  Un collaboratore di giustizia ci ha spiegato che «all'orecchio del Gran Maestro» possono essere affiliati tre incappucciati. Ciò vuol dire che questi sono conosciuti solo al Gran Maestro. Lo stesso collaboratore ci ha spiegato che anche alcuni magistrati hanno partecipato a riunioni della Santa. Su questo, però, non siamo riusciti ad avere riscontri.
  Nel 1969 avviene la riunione di Montalto. Montalto è una frazione del comune di San Luca vicino al santuario di Polsi, che è l'Olimpo della ’ndrangheta. Polsi è importante, perché è il luogo dove si ratificano le nomine.
  Quando sono state condotte l'operazione Crimine a Reggio Calabria e l'operazione Infinito a Milano, è stato commesso un grave errore di valutazione. È stato detto, in sede di conferenza stampa, che è stato scoperto il Riina della Calabria, Oppedisano Domenico, e che era stata scoperta la cupola, come nel caso di cosa nostra. Questa è una sciocchezza. La ’ndrangheta non è piramidale come cosa nostra. All'interno di un locale di ’ndrangheta nessuno può interferire.
  Il crimine di San Luca, che è erroneamente stato rapportato alla cupola di cosa nostra, non è altro che il custode delle regole. Il crimine è il custode delle dodici tavole. Il crimine esiste per presiedere il rispetto delle regole. Il crimine interviene quando c’è una faida all'interno di un locale, come è successo a Locri nel 1989. Con l'acuirsi della faida, il pubblico ministero della ’ndrangheta di San Luca è sceso a Locri. Con l'espressione «pubblico ministero» intendo un istruttore, che istruisce un processo interno alla ’ndrangheta. La ’ndrangheta mandò un emissario a Locri che disse a Cordì Antonio: «State attenti, perché quando voi sparate alle serrande, quando voi bruciate le macchine e quando voi terrorizzate gli avvocati e la gente, il popolo vi abbandona. E quando il popolo vi abbandona, vi alzate una mattina e avete perso quello che avete fatto in trent'anni».
  Questa è l'intercettazione più importante che io abbia mai ascoltato (ne ascolto migliaia). Questo vuol dire che la mafia esiste perché ha il consenso popolare. Altrimenti sarebbe criminalità organizzata, criminalità comune o gangsterismo, cose diverse e facilmente abbattibili.
  Le mafie esistono perché si nutrono del consenso popolare e non sono un corpo estraneo alla società. Vivono all'interno della società e si evolvono man mano che ci evolviamo noi. Non stanno ferme. Se la ’ndrangheta stesse ferma, man mano che la società si sposta, verrebbe facilmente individuata. Invece la ’ndrangheta vive con noi e si nutre con noi.
  Nel 1969 è avvenuto il summit di Montalto. Ogni anno nel mese di settembre le élite della ’ndrangheta, ovvero i capi locali e i rappresentanti dei capi locali di tutto il mondo, partecipano a questa riunione. Una volta a queste riunioni partecipavano 150-200 capi locali da tutto il mondo. Oggi stanno molto più attenti, anche perché io – finora ho parlato sempre di «noi», ma ora mi sono seccato, vista l'ingratitudine – con i carabinieri di Locri ho messo le microspie e le telecamere davanti al santuario di Polsi.
  Io abito a otto chilometri da Locri e ho vissuto sempre in Calabria. Io dicevo ai vescovi che si sono succeduti nel corso degli anni di fare attenzione, perché la Chiesa viene usata come forma di esternazione del potere, come quando la ’ndrangheta o cosa Nostra decidono di Pag. 4comprarsi una squadra che va male. La ’ndrangheta compra tre o quattro giocatori, prende un bravo allenatore e la squadra sale.
  Quando la squadra sale, gli ’ndranghetisti vanno al campo. Nella tribuna ci sono il presidente, il medico, l'ingegnere, l'avvocato, il magistrato, il poliziotto e il finanziere. Quando la squadra segna, facciamo tutti i complimenti al presidente. Di fronte c’è il popolo che vede la partita. Il rappresentante del capomafia è il modello vincente. In una cittadina in cui non succede nulla, la gente si rallegra perché almeno ha una squadra. Quello è il modello vincente, l'interlocutore privilegiato per il popolo che sta dall'altro lato.
  La stessa cosa succede per la Chiesa. Il mafioso ha bisogno di farsi vedere col prete, perché il prete ha il potere all'interno della diocesi, soprattutto al Sud, dove la chiesa è molto più frequentata rispetto al Centro-Nord Italia.
  Gli ’ndranghetisti sono molto fedeli alla Madonna di Polsi. Nei bunker dei latitanti troviamo sempre l'immagine della Madonna di Polsi e anche la sua statua. Troviamo anche l'immagine di San Michele Arcangelo, che serve per i riti di affiliazione, e da cinque o sei anni una new entry: l'immagine di Padre Pio.
  La riunione di Polsi del 1969 fu importante, perché Zappia, che ha presieduto quell'incontro, disse: «Qui non c’è più la ’ndrangheta di ’Ntoni Macrì.» Antonio Macrì era il capo di Siderno, che discuteva alla pari con cosa nostra americana. Totò Riina veniva a trovarlo in Calabria vestito da prete. Totò Riina veniva ad Africo a trovare don Stilo vestito da prete. Brusca, quello che ha schiacciato il telecomando, veniva in Calabria a trovare don Stilo per chiedere raccomandazioni per aggiustare i processi in Cassazione.
  Questa era la ’ndrangheta di allora, che nessuno ha capito e che tutti hanno sottovalutato, considerandola una mafia stracciona. La filosofia della ’ndrangheta è stata sempre quella di presentarsi come una mafia contadina, che cercava sempre l'abbraccio con gli uomini delle istituzioni e mai lo scontro. Ciò è valido ancora oggi.
  Nel 1969 Zappia dice: «Qui non c’è più la ’ndrangheta di ’Ntoni Macrì e la ’ndrangheta di don Mico Tripodo (altro personaggio fondamentale della periferia di Reggio Calabria, ndr). Qui la ’ndrangheta è di tutti. Chi vuole stare, ci sta. Chi no, se ne va».
  Questa è stata la prima sentenza dell'aprile 1970 davanti al tribunale di Locri. Il presidente Marino ha scritto una bellissima sentenza, parlando dell'unitarietà della ’ndrangheta, concetto che non è stato ripreso e condiviso dalla Corte d'appello di Reggio Calabria, commettendo un errore per più di trent'anni. Oggi con l'operazione Crimine abbiamo finalmente una sentenza dove si parla di unitarietà della ’ndrangheta. Dopo quarant'anni dal punto di vista giudiziario riusciamo a dimostrare l'unitarietà della ’ndrangheta.
  Ciò vuol dire che esiste l'unitarietà della ’ndrangheta, ma ripeto che sulla vita economica, politica e strategica all'interno del locale nessuno può interferire, a meno che non si vìolino le regole della ’ndrangheta e il crimine di San Luca non intervenga per dirimere la faida.
  Infatti, quando c’è stata la faida a Locri, si è riunito il tribunale della ’ndrangheta a San Luca, che ha decretato con sentenza lo scioglimento del locale di ’ndrangheta di Locri per indegnità. Locri per anni, fino a due anni fa, non ha avuto il locale di ’ndrangheta. Dal 2000 al 2012 il locale di ’ndrangheta di Locri è stato sospeso. Ciò vuol dire che nessuna attività svolta all'interno del locale veniva riconosciuta all'esterno, e che quindi quella era terra di nessuno. Questo è uno dei motivi per i quali è stato possibile l'omicidio Fortugno.
  Vi parlavo della Santa, che è una dote altissima. Ci sono poi Vangelo, Quartino e Trequartino. Si tratta sempre di élite della ’ndrangheta, ovvero di persone che discutono di macrocriminalità.
  Quella che vi ho appena illustrato è la struttura della ’ndrangheta. Qual è la situazione attuale della ’ndrangheta ? In questo momento vi possiamo dire che la ’ndrangheta è più forte rispetto a vent'anni fa, perché è più ricca. Un dato che mi fa Pag. 5capire che la ’ndrangheta è più forte è che 25 anni fa erano i mafiosi che andavano col cappello in mano dal politico a chiedere cortesie o a chiedere l'assunzione alla forestale.
  A questo proposito, quando svolsi la mia prima indagine nel 1969, partimmo dalla forestale e arrivammo alla regione Calabria. Ricordo che ho arrestato il vicepresidente della regione Calabria. In seguito è caduta la Giunta regionale della Calabria. In quell'occasione avevamo scoperto che c'erano 30.000 forestali, metà dei quali assunti con telegramma. Non si è mai saputo nemmeno quanti erano con precisione. In quel periodo venivano pagate persone che erano state ammazzate, che erano latitanti e che erano in carcere, senza che producessero nulla. Da allora, pian piano, nel corso degli anni, ci sono stati sempre meno forestali.
  Oggi, invece, sono i politici che vanno a casa dei capimafia, a chiedere pacchetti di voti in cambio di appalti. Mediamente in Calabria i paesi hanno 5.000 abitanti. Tutti ci conosciamo e nessuno può dire di non sapere chi è il mafioso. È impossibile, perché siamo nati nello stesso paese di 5.000 o 15.000 abitanti. Non puoi dire che non sai chi è il mafioso, chi è il faccendiere, chi è il politico, chi è la persona onesta. Lo sappiamo tutti. Eppure anche la Chiesa, anche i preti, anche i vescovi hanno detto che non possono chiedere il certificato penale. Se sei vescovo da dieci anni in quel paese, non mi puoi dire questo. Questa risposta non mi appaga. È una foglia di fico.
  Oggi se è il politico che va a casa del capomafia a chiedere i voti, vuol dire che nel comune pensare e sentire si ritiene che il modello vincente è il capomafia. Perché il capomafia interviene anche sulla ristrutturazione di un marciapiede da 20.000 euro ? Con tutti quei soldi si interessa pure di un marciapiede ? Sì, perché lui farà lavorare per venti giorni cinque padri di famiglia per quel lavoro, e quando sarà ora di votare quei cinque padri di famiglia si ricorderanno di votare per il candidato prescelto dal capomafia.
  Questo è quello che accade, per non parlare del sistema elettorale attuale. Nei comuni, ad esempio, è molto più facile per le mafie decidere chi sarà il sindaco. Le mafie sono una minoranza. Non è tutto mafia in Calabria, in Sicilia o in Campania. Facciamo il gioco della mafia. La mafia è una minoranza, anche nei paesi a più alta densità mafiosa, ma la differenza è che è una minoranza organizzata. Loro contano sul 15 o al massimo sul 20 per cento dei voti, però spostando quel 20 per cento a destra o a sinistra loro determinano chi sarà il sindaco e quindi poi gli chiedono il conto.
  Male che vada, siccome il sindaco può scegliere il tecnico comunale (grazie alla Bassanini), il mafioso troverà un tecnico comunale compiacente, il quale gli farà un piano regolatore, e si comprerà un terreno agricolo. Per 5 o 10 anni ha lavorato ai fianchi un latifondista, boicottandogli l'aratura, incendiandogli l'uliveto o l'aranceto. Ora si comprerà quel terreno a 1 o 2 euro al metro quadro (mediamente i prezzi sono sui 5 euro), perché nessun altro potrà comprarlo. Dopodiché, per incanto, si scriverà nel piano regolatore che si prevede che la popolazione aumenterà di 7.000 abitanti e si fa la speculazione edilizia. Questo è il minimo che può accadere. Il sindaco partecipa alla vita politica, nel senso che c’è una cogestione nei comuni.
  Ci siamo dimenticati una cosa importante, che viene sempre tralasciata: la stagione dei sequestri di persona. Quello è stato lo snodo. Il decadimento della Calabria è avvenuto negli anni 1970-1980 con i sequestri di persona, prima di tutto quelli fatti in Calabria e poi quelli fatti in Piemonte, in Lombardia e in parte in Emilia-Romagna.
  Perché questo è stato il periodo più buio per la Calabria, dal quale non ci siamo ancora ripresi e dal quale non so se ci riprenderemo ? Parliamo prima un attimo dei sequestri avvenuti in Calabria. Che cos’è accaduto ? Chi aveva i soldi in Calabria ? Qualche latifondista ancora non decaduto, i farmacisti, i grossi medici specialisti e qualche notaio. Anzi, i notai Pag. 6venivano toccati poco e ci domandavamo perché. Quelli che avevano tanti soldi erano soprattutto i farmacisti, perché le regioni allora avevano risorse e le elargivano.
  In quegli anni è accaduto che i farmacisti hanno mandato tutti i figli a studiare da Roma in su. Poi hanno svenduto tutto quello che avevano in Calabria e sono andati a vivere al Nord. In Calabria è sparita una classe sociale, la borghesia, che era al contempo la classe dotta. Da allora non ci siamo più ripresi, al punto che a Locri in quegli anni è stata sindaco anche una persona che si firmava con la croce (ora mi sfugge il nome). Questo non vuol dire che a Locri avevano l'anello al naso. In quegli anni Locri aveva il terzo migliore liceo classico d'Italia, come è emerso da un sondaggio serio, fatto da un'università. Locri era un luogo di cultura, dove c'era gente che parlava latino e greco come noi parliamo italiano.
  La stagione dei sequestri di persona, che è stata lunghissima, ha spazzato via una classe sociale, la classe dotta, e questo ha fatto sì che i posti all'interno della pubblica amministrazione venissero occupati dai figli degli ’ndranghetisti, che nel mentre si erano laureati, in particolare a Messina, alcuni minacciando. In quegli anni la casa dello studente di Messina era una casbah, dove si trovava qualsiasi cosa: bombe, tritolo, esplosivo.
  Il Grifo era di Locri ed è stato ucciso. Da questa stagione noi ancora oggi non ci siamo ripresi, perché ora il grosso problema è la pubblica amministrazione. Oggi noi abbiamo gente incensurata che gestisce la cosa pubblica in modo mafioso. Il mafioso non va a chiedere la mazzetta, ma è lì; è una persona pubblica, un medico o un ingegnere.
  Non è possibile saperlo, a meno che non capiti qualche intercettazione ambientale, come è capitato con l'intercettazione in cui Commisso, detto «U Mastru», dalla lavanderia Ape Green di Siderno, parlava del sindaco Figliomeni, ingegnere, dicendo che aveva la dote del Vangelo e che era una persona importante, e quindi uno ’ndranghetista. Solo in quel caso è stato possibile dire che il sindaco aveva la dote di Vangelo (la sentenza non è ancora definitiva). Non lo sta dicendo l'uomo della strada al bar dello sport mentre parla di Platini e di Maradona. Lo sta dicendo il capo del crimine di Siderno, U Mastru, che in un'intercettazione ambientale afferma che lui gestisce 180 locali di ’ndrangheta. Non lo sta dicendo l'ultimo della strada, ma anzi uno dei vertici della ’ndrangheta nel mondo.
  Quando noi parliamo del locale di ’ndrangheta di Siderno, al contempo dobbiamo pensare al clone di Toronto e al clone di New York. Lo ’ndranghetista con la coppola non esiste più: o è morto, o è al 41-bis. Oggi la ’ndrangheta è gestita da gente che veste perfettamente come noi e che parla la lingua italiana meglio di noi.
  I sequestri di persona sono finiti quando si è smesso di pagare per i sequestri di persona. Prima si facevano i sequestri di persona perché si pagava, e non si sapeva da dove uscivano questi soldi.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Non quando Forlani ha chiesto la pena di morte ?

  NICOLA GRATTERI, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. No. I sequestri di persona sono finiti quando non era più conveniente farli, non per il contrasto alle mafie.
  Se vogliamo, possiamo parlare della politica fallimentare di quegli anni, portata avanti dai Ministeri degli interni e della difesa, che hanno mandato 1.000 carabinieri e poliziotti a Locri, pensando che la lotta alla ’ndrangheta fosse la caccia alla volpe all'inglese. Facevano i rastrellamenti partendo dalla marina per salire sulla montagna. Anziché dare mezzi e soldi a chi da vent'anni stava lì, hanno mandato in missione mille poliziotti e carabinieri, che, se lasciati da soli dentro il centro di Locri, si perdevano e non sapevano come tornare al commissariato.
  Comunque, non parliamo di questo. La sede dei NAPS (nucleo antisequestri) era a Pag. 750 chilometri dall'epicentro, quando in un triangolo di 15 chilometri quadrati (tra Platì, San Luca e Natile) si tenevano fino a sei o sette sequestri contemporaneamente.
  Lasciamo stare questo argomento (ormai è acqua passata) e vediamo di arrivare al presente. Oggi c’è innanzitutto una situazione nella pubblica amministrazione sulla quale è molto difficile lavorare.
  Cosa si è fatto con i soldi dei sequestri di persona ? Ovviamente allora le misure di prevenzione non erano evolute come quelle di oggi, quindi era molto difficile sequestrare o confiscare i beni. Allora ogni mafioso si costruiva la villa o il palazzotto all'ingresso del paese, che serviva, oltre che a stare comodo, anche a esternare il potere, e si comprava la macchina di lusso, perché tanto nessuno gliela toccava. Addirittura a Bovalino c’è via Paul Getty, fatta di una serie di palazzi costruiti con i soldi del sequestro di John Paul Getty III, che fu sequestrato a Roma e a cui fu tagliato l'orecchio.
  Questi soldi sono stati anche riciclati. Mediamente le banche trattenevano il 20 per cento per riciclare i soldi dei sequestri di persona. I soldi dei sequestri di persona sono serviti soprattutto per entrare nel mondo del traffico della cocaina. Ricordiamoci che in quegli anni siamo a cavallo tra il consumo di eroina e quello di cocaina. Allora la cocaina era una droga delle élite, della destra e della borghesia, anche perché costava di più. La sinistra usava eroina e hashish.
  Anche la ’ndrangheta in quel periodo era interessata all'eroina, però cosa nostra aveva il quasi monopolio del traffico di eroina.
  La ’ndrangheta non ha ideologie, ma va con il cavallo vincente, dove può guadagnare e dove può esternare denaro e potere.
  Cosa nostra aveva il monopolio dell'eroina, perché, come sapete bene, attorno a Palermo c'erano molte raffinerie, però già all'epoca la ’ndrangheta portava l'eroina dal Libano e la faceva sbarcare sulle coste davanti al ristorante La Capannina, tra Pellaro e Saline, dove c’è la Liquichimica, quel monumento all'efficienza.
  L'eroina arrivava anche con alcuni tir da Afghanistan e Turchia, via ex Jugoslavia, e la portavano soprattutto a Roma, dove c'era una famiglia specializzata, proveniente da Canalo e trapiantata a Sant'Ilario, un paese a 5 chilometri da Locri. Si trattava della famiglia Agostino, un cui esponente fu sindaco di Canalo. Si trattava di piccole quantità (40 o 50 chili).
  Mentre cosa nostra è impegnata con lo stragismo e lo Stato guarda alla Sicilia, la ’ndrangheta riesce a intercettare questo nuovo trend del consumo di cocaina e manda degli uomini della ’ndrangheta a vivere stabilmente in Sud America (Colombia, Venezuela, Bolivia, Argentina, Uruguay, Brasile e Cile). Ci sono uomini che vivono stabilmente lì da 30 o 40 anni e hanno famiglia lì.
  Io ho sequestrato i primi 20 chili di cocaina nel 1988-1989, in una Ford T4, provenienti da La Plata, una città a 50 chilometri da Buenos Aires, in Argentina. È stata una cosa emozionante ed eccezionale. Pensavamo che fosse una cosa incredibile. Ieri invece mi hanno telefonato dicendomi che abbiamo sequestrato 100 chili, e ho risposto: «Va bene, ci vediamo domani». Ormai ci siamo assuefatti anche alle quantità. Se sequestriamo 100 chili, ormai non ci facciamo più caso.

  PRESIDENTE. Propongo la disattivazione dell'impianto audiovideo.
  Così rimane stabilito. La Commissione procede in seduta segreta indi riprende in seduta pubblica.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. L'importante è che la politica prenda posizione su quello che sto per dire. Qual è la nostra difficoltà a fare indagini in Europa ?
  L'idea che ho io è che in Europa abbiamo solo la moneta unica e ci interessiamo solo di commerci, mentre la sicurezza non interessa nessuno. Vi dico Pag. 8perché penso questo. Io sono stato invitato sia a Bruxelles che a Strasburgo, per l'allora istituenda Commissione europea antimafia, di cui è presidente Sonia Alfano.
  Quando si discuteva dell'Europa, c'erano i parlamentari tedeschi che gridavano, per dire che in Germania non c'era la mafia. Ora, se c’è un Paese dopo l'Italia dove c’è la mafia, è sicuramente la Germania. Non avete idea di come gridavano i parlamentari tedeschi (in particolare, un paio dei Verdi) per dire che in Germania non c'era la mafia.
  Io penso che non lo ammettessero per due motivi. Innanzitutto, ammettendolo, dovrebbero spiegare perché non l'hanno detto già vent'anni fa. In secondo luogo, dire che esiste la mafia vuol dire scoraggiare gli investitori.
  Noi abbiamo un grosso problema. Incominciamo a parlare di stupefacenti. Incominciamo a parlare del ritardato arresto e del ritardato sequestro. In Italia noi abbiamo questa possibilità. L'ultima legge veramente seria contro le mafie in Italia è quella sugli stupefacenti del 1990, che prevede una pena che va da venti a trent'anni. In seguito parleremo di pene.
  Vi faccio un esempio pratico, così è più facile capire. Io mi trovavo a Rotterdam e stavamo intercettando, su nostra richiesta, con rogatoria internazionale, un olandese, il quale il giorno dopo sarebbe dovuto andare a prelevare un container di cocaina al porto di Rotterdam. Il porto di Rotterdam è almeno un quarto di Roma. È una cosa incredibile. Bisogna andarci per vedere la grandezza di questo porto. Noi non conoscevamo il numero dei container. Dovevamo solo seguire questa persona, per vedere come faceva a uscire dal porto di Rotterdam con questo container.
  Il procuratore di Rotterdam mi disse che dovevano arrestarlo. Io risposi che, se l'avessimo arrestato, avremmo perso il container. Lui ribatté che, visto che dall'intercettazione emergeva che questo aveva due chili di cocaina a casa, lui non poteva ritardare il sequestro di cocaina e, dal momento che entrando in questa casa avrebbe trovato due chili di cocaina, avrebbe dovuto arrestarlo. In quel modo avremmo perso il container.
  Noi in Italia, giustamente, pensiamo alla gallina domani e non all'uovo oggi. Credetemi: la legislazione antimafia italiana è la più evoluta al mondo (io mediamente ogni quindici giorni sono in giro per il mondo). Tuttavia, questo non vuol dire che la legislazione antimafia italiana mi appaghi. Non mi appaga assolutamente. Io ho in testa una rivoluzione pensando al sistema italiano, al codice penale, alla procedura penale e al trattamento penitenziario. Figuratevi se mi appaga questo sistema: se i tribunali fossero delle imprese private domani mattina fallirebbero. C’è da fare la Terza guerra mondiale nei codici.
  Tornando al punto, in Olanda non è possibile ritardare l'arresto o il sequestro, quindi per noi è molto difficile fare indagini. La stessa cosa riguarda Belgio, Germania Spagna e Portogallo. Noi siamo in Europa per cosa ? Per discutere due mesi delle quote latte e per discutere dieci giorni della lunghezza delle banane da importare, e poi non ci preoccupiamo della sicurezza ?
  Vi siete chiesti perché l'Europa è piena di latitanti italiani ’ndranghetisti, camorristi e di cosa nostra ? Ciò accade perché nessuno li trova o li cerca. Quando si arresta qualcuno ad Amsterdam o a Rotterdam, ciò accade perché la polizia giudiziaria italiana fa l'indagine dall'Italia e poi o manda qualcuno dei nostri o dice a loro: «Andate in quella via, questa è la foto e catturatelo». Questo è il problema.
  Durante il semestre di presidenza italiana dell'UE, dobbiamo cominciare a parlare di omologazione dei codici, quantomeno a partire dall'ABC. L'ABC è l'arresto ritardato e il sequestro ritardato. Altrimenti di che cosa parliamo ?
  L'Europa, in sostanza, è una grande prateria, dove chiunque può andare a pascolare. Fatevi un giro in Europa per tre giorni con la macchina e vedrete che nessuno vi ferma. Non c’è la cultura del controllo del territorio, perché si continua a pensare che la mafia esiste se c’è il Pag. 9morto a terra, se ci sono segni di spari alle serrande o alle macchine. Invece non è così. Le mafie italiane sono in Europa per fare due reati: per vendere cocaina e per fare riciclaggio. Da Roma in su, fino alla Norvegia, vanno a comprare tutto ciò che è in vendita, perché sono gli unici ad avere contanti. Se loro comprano un ristorante a Francoforte, stanno attenti affinché in quella via non si rubi nemmeno una bicicletta, sia per non svalutare il bene sia perché la polizia non vada a ficcare il naso.
  Di cosa stiamo parlando, se questa è l'Europa ? Dobbiamo tener presente questo, quando noi parliamo di mafie, oltre a modificare i codici italiani, che sono fermi da trent'anni. Siamo all'ABC dell'informatizzazione. Ancora andiamo a fare una notifica con l'ufficiale giudiziario o con la polizia giudiziaria, buttando al vento milioni di euro, con cui potremmo pagare gli straordinari alla polizia giudiziaria, che ogni anno perde il 50 per cento dello straordinario, che svolgono gratuitamente per il senso dello Stato che hanno.
  Sfruttiamo questo semestre europeo, in modo tale che questi Stati si allineino all'Italia. Non sempre l'Italia deve andare appresso agli altri Stati. Per una volta, l'Italia può insegnare la legislazione antimafia all'Europa, che non vuole sentire, perché pensa che sia un problema italiano.
  Non è un problema italiano, perché tocca l'economia e, toccando l'economia, tocca la libertà e quindi la democrazia. Se saltano le regole del mercato, se siamo in un mercato falsato e drogato, non c’è libertà. La libertà non sta nel fatto che io stasera vi sto dicendo queste cose. La libertà è la possibilità di fare scelte economiche libere, non condizionate e non falsificate dalla droga. La droga che abbiamo sequestrato non è nemmeno il 10 per cento di quella che arriva in Europa.
  Parliamo un attimo degli Stati Uniti. Negli Stati Uniti è diminuito il consumo di cocaina da tre anni, perché da vent'anni fanno prevenzione nelle scuole. Da vent'anni spiegano cosa accade alle cellule del cervello.
  Perché il contrasto all'ONU è fallito ? L'ONU ogni anno ci dice che diminuisce il consumo di cocaina. Mi devono dire come facciamo a conciliare questi dati con quelli delle analisi che vengono fatte nei fiumi europei. Se non c’è più produzione, dovrebbe diminuire il risultato dell'analisi dei fiumi. O non sono corretti i primi dati, o non sono corretti i secondi. Qualcosa che non funziona c’è.
  Ogni tanto vado in Colombia, ma non vado per turismo. Qualcuno ha fatto una battuta, dicendo che non sono mai in ufficio e sono sempre in giro. Premesso che io ancora devo consumare le ferie del 2013, quando io vado in Sud America, parto la sera da Roma, arrivo la mattina e sto tutto il giorno. Sono andato anche in Brasile. Sono stato una giornata e la sera alle 10.00 ho ripreso l'aereo. Sono andato a New York (non ho dormito in un letto), ho lavorato tutto il giorno e il giorno dopo sono rientrato in Italia. Viaggio sempre in classe economica, mai in business. L'altro giorno sono stato ad Amsterdam e a Rotterdam. Sono partito la mattina alle 4.00 da casa e la sera alle 11.00 ero a Roma. Non ho neanche dormito ad Amsterdam o a Rotterdam. Ricordatevi che ho parlato con il procuratore di Rotterdam.
  L'ONU ha fatto gli affumicamenti per bruciare le piantagioni. Gli affumicamenti provocavano il tumore alla tiroide nei contadini, ma c'era anche un'altra cosa: Mancuso mi ha detto che noi pagavamo i piloti, ma questi, invece di spruzzare veleno, spruzzavano acqua.
  L'ONU aveva proposto l'integrazione. Se un contadino pianta granturco guadagna 60, se pianta coca guadagna 100. L'ONU proponeva di dare loro il 40 per cento, in modo che non piantassero coca. I cocaleros erano d'accordo. Il problema è che questi soldi non sono mai arrivati.
  I funzionari dell'ONU sarebbero dovuti scendere dal trentesimo piano di New York, andare a Bogotà, nelle campagne e nelle foreste della Colombia e sporcarsi i piedi, anche con i baschi blu, e trattare direttamente con i cocaleros, e non con la pubblica amministrazione corrotta, per la Pag. 10quale la vita di un uomo vale quanto una bicicletta o quanto un telefonino. Questa politica, quindi, ha fallito.
  Perché la Drug Enforcement Administration (DEA) è forte in Sudamerica ? Innanzitutto, la Colombia è il cinquantunesimo Stato degli Stati Uniti. La DEA è forte perché investe, spende e ha 2.000 uomini che lavorano lì. Ci sono uomini della polizia colombiana che vengono stipendiati dagli americani, i quali comprano loro computer, macchine blindate e strutture. Questi uomini lavorano per gli americani e questi ultimi riescono ad avere un grande successo per quanto riguarda il blocco dell'importazione di cocaina negli Stati Uniti.
  Perché noi non investiamo ? La Direzione centrale dei servizi antidroga (DCSA) in Italia è una cosa molto seria. È l'unica struttura internazionale che ci serve per contrastare il narcotraffico. È un'organizzazione preziosa, senza la quale non riusciremmo a lavorare. È una struttura interforze importante. Ogni due anni cambia il comandante: una volta è un finanziere, una volta è un poliziotto e un'altra volta un carabiniere. Questo non crea gelosie, perché gli uomini sanno che in automatico se ne devono andare, e funziona veramente.
  Purtroppo ci sono poche strutture. Ad esempio, è stata tolta la struttura in Perù, che ci serviva, perché bisognava metterne due in Spagna (una a Madrid e una a Barcellona). Secondo me ne sono state messe due in Spagna, non perché ce ne fosse bisogno, ma perché è come se ci fossero due Spagne: la Catalogna è uno Stato e il resto è un altro Stato. Questa è la verità. Non lo dice nessuno, ma ve lo dico io.
  Mi spiegate a cosa serve l'omino della DCSA a Mosca ? La droga non passa da Mosca, però c’è l'uomo antidroga a Mosca. Bisogna rivedere le cose più velocemente. Siccome per legge più di venti uomini della DCSA non possono esserci, allora bisognerebbe modificare questa regola e renderla molto più snella, per spostare questi uomini dove serve. Vi assicuro che è importante.
  Io andrei a rivedere l'Eurojust (figuratevi quanto mi amano i miei colleghi), per vedere se è il caso di modificarne le funzioni, perché mi pare che, così come è, ci sia poco traffico in Eurojust. Non vado oltre.
  Andare all'estero vuol dire guadagnare 20.000 euro al mese. Io ho un alto senso dello Stato. Ad esempio, guido la macchina e non ho l'autista. Ho la scorta dal 1989, ma guido la macchina io stesso per risparmiare. Secondo me, se una persona ha un ruolo e una funzione, deve produrre. Io faccio in media tre o quattro rogatorie a settimana e dal 1989 ad oggi sono andato due sole volte a L'Aja ad Eurojust.
  Questo vuol dire che con me si può fare a meno di Eurojust. Se io devo parlare col procuratore di Barcellona, perché dovremmo fare la riunione di Eurojust a L'Aja ? Il procuratore di Barcellona dovrebbe andare a L'Aja e io dovrei andare a L'Aja. Invece, una volta vado io a Barcellona e una volta viene lui a Roma, in modo che facciamo prima e risparmiamo.
  O si cambiano le funzioni, o si ha il coraggio di fare la procura federale europea per la macrocriminalità, in cui mandiamo gente capace, non la scegliamo applicando il solito manuale Cencelli, oppure lasciamo le cose come stanno, sburocratizzando in materia di trattati bilaterali.
  Ad esempio, quando sono stato a Bogotà pochi mesi fa ho parlato col presidente dell'alta corte, che mi ha fatto leggere tre trattati bilaterali tra Italia e Colombia. La Colombia è il maggiore produttore al mondo di cocaina. Nel complesso gli altri Stati messi assieme non producono quanto si produce in Colombia. Ebbene, da sette anni sono fermi al Ministero della giustizia tre trattati bilaterali tra Italia e Colombia: uno in materia di estradizione, uno in materia di espulsione e uno in materia di indagini. Io li ho letti. Non so se siano fatti beni. Bisognerebbe chiederlo ai ministri che si sono succeduti negli ultimi sette anni. Io non c'ero. Parliamo Pag. 11di trattati tra il Ministero della giustizia italiano e il Ministero della giustizia colombiano.
  Per fare una rogatoria con la Colombia, noi dobbiamo basarci sugli articoli 720 del codice di procedura penale e seguenti, secondo cui addirittura se io firmo la rogatoria ci vuole la postilla, cioè un timbro rettangolare di un altro magistrato, che mi deve autenticare la firma, avendone il deposito in procura. Loro si muovono con mezzi telematici all'avanguardia e io ancora sono col timbro di autenticazione della firma del mio collega o del procuratore.
  Questa è la situazione. Cosa ci vuole per portare avanti questi tre trattati bilaterali tra Italia e Colombia ? Ad esempio, ci sono trattati tra Italia e Stati Uniti, che funzionano benissimo. Con gli Stati Uniti lavoriamo molto bene, perché presso l'ambasciata di via Veneto a Roma c’è un magistrato di altissimo livello, con il quale mi incontrerò anche domani, che è bravissimo e con cui lavoriamo come se fossimo in Italia. Da questo punto di vista, non c’è differenza tra Italia e Stati Uniti.
  È possibile che non possiamo fare questo con gli altri Stati ? Il presidente dell'alta corte colombiana mi ha detto che loro sono pronti. Addirittura sono disponibili anche alle squadre comuni di indagine. Voi immaginate cosa significherebbe la possibilità per cinque o sei dei nostri uomini di andare in Colombia a lavorare ?
  Come vedete, ci sono tante piccole cose che bisogna modificare. Si pensa sempre alla legislazione antimafia, ma se io non risolvo il problema dell'ordinario, se io non sturo il lavandino, se io ho i tribunali intasati da cose bagatellari assolutamente inutili, se non faccio una forte depenalizzazione, se non informatizzo il processo penale, dove andiamo ? Come facciamo la legislazione antimafia ? La facciamo con il rito abbreviato ? Il rito abbreviato e il patteggiamento sono dei favori alle mafie. Quando c’è la prova, gli avvocati si mettono in fila indiana davanti al giudice per chiedere il rito abbreviato. Dov’è il vantaggio per lo Stato ?
  Se ci sono 50 imputati in un processo, di cui 49 chiedono di essere giudicati con il rito abbreviato, e se allo stato degli atti uno solo dice che vuole andare in dibattimento, io devo ripercorre la posizione degli altri 49, per dimostrare che quella persona è un mafioso e che è associato anche con loro.
  Siccome la sentenza di condanna con rito abbreviato non è ancora definitiva, anche acquisendola al fascicolo, vale come documento, ma io non la posso utilizzare come prova. Di conseguenza, devo sentire nuovamente 60-70 ufficiali di polizia giudiziaria che hanno fatto l'indagine. Nel mentre, il 50 per cento di questi si è trasferito da Roma in su, e quindi devo pagare loro il viaggio, l'albergo eccetera. Dov’è, dunque, il guadagno per lo Stato ? Mi riferisco soprattutto ai reati di criminalità organizzata.
  Se noi invece informatizziamo il processo, se noi depenalizziamo e, quindi, andiamo in tribunale per cose serie, aboliamo pure il rito abbreviato e finiamo di fare sconti alle mafie.
  Cominciamo a pensare che quando si arresta un mafioso la prima cosa che lui fa è andare guardare il capo di imputazione. Lui ha paura di due cose: dell'imputazione di omicidio e dell'imputazione di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, perché la pena va da venti a trent'anni. Quando non vede questi due reati, fa un sospiro di sollievo, perché un capomafia condannato per 416-bis, quindi un promotore, al netto starà in carcere cinque anni. Se si fa il rito abbreviato, e poi ottiene la buona condotta perché è un detenuto modello (ogni anno sono tre mesi in meno), dopo cinque anni è fuori.
  Cosa sono cinque anni di carcere davanti al dato che lui è l'uomo del monte ? Lui decide i respiri e il battito cardiaco. Lui cadenza i tempi in una collettività.
  Cominciamo a rivedere il 416-bis, anche come pena. Cominciamo a rivedere il 416-ter, anche come pena. Perché è meno grave l'accordo tra un mafioso e un politico rispetto al reato di un mafioso che chiede la mazzetta a dieci commercianti ?

Pag. 12

  ENRICO BUEMI. Questo è un passaggio importante. Domani si chiude la partita sul 416-ter. Parli da tecnico. Io mi fido di lei, almeno io.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Io cerco di parlare in modo tale che anche gente non laureata in giurisprudenza mi capisca. Per me l'importante è questo. Non voglio offendere nessuno, ci mancherebbe altro. Lo faccio anche quando scrivo libri. Per me è importante che più persone possibili ascoltino, altrimenti abbaiamo alla luna.
  Secondo la mia esperienza di 29 anni di magistrato anti-’ndrangheta, una persona indagata per il 416-bis, quando legge il reato fa un sospiro di sollievo, perché sa perfettamente che sta in carcere cinque anni. Le statistiche ce lo confermano.
  Perché, allora, il 416-ter ha una pena edittale ancora più bassa rispetto al 416-bis ? Proporzionalmente quel soggetto starà in carcere tre anni, rispetto ai cinque del mafioso.
  Io faccio una valutazione sia da magistrato che da uomo comune: perché dovrebbe essere meno grave l'accordo tra un mafioso e un politico, che se è eletto va in Parlamento e propone leggi, oppure vota a favore o contro, rispetto a un mafioso che chiede la mazzetta a dieci commercianti ? Questa è una mia considerazione.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
  Il senatore Buemi è iscritto per ultimo, ma gli diamo la parola come relatore del 416-ter.

  ENRICO BUEMI. Ho compreso, però bisogna decidere se avere subito qualcosa oppure aspettare due mesi.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Le dico questo. Io sono una persona che...

  GIULIA SARTI. Le bugie non le sopporto.

  PRESIDENTE. Ha fatto una domanda, non ha detto una bugia.

  GIULIA SARTI. Presidente, ha fatto un'affermazione gravissima (Voci microfono).
  Come ti permetti di tirare fuori Grillo ? Io sono una parlamentare della Repubblica italiana come te. Non c’è Beppe Grillo in quest'Aula.
  È stato affermato che bisogna aspettare due mesi, se si fanno delle modifiche a questo testo. Avete portato lo scambio elettorale politico-mafioso da una Camera all'altra in cinque giorni. Finiamola di dire fesserie in questa Commissione, per favore. Se c’è la volontà politica, questa legge si modifica e si approva in due giorni.

  PRESIDENTE. Inviterei alla calma. Buemi ha fatto un'affermazione-domanda. Il procuratore risponde. Dopo si riprende l'ordine degli iscritti a parlare e il tema per cui il procuratore è venuto in audizione.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Io non sono in grado di fare valutazioni politiche. Io sono un tecnico.
  La mia regola, che ho seguito per 29 anni da magistrato, è questa: noi dobbiamo creare un sistema, nel rispetto della Costituzione, tale per cui non sia conveniente delinquere. Noi dobbiamo arrivare a questo target. È un target di non-convenienza per qualsiasi tipologia di reato.
  Questa risposta della non-convenienza la troviamo in termini di efficienza, se abbiamo il coraggio, la volontà e la libertà di informatizzare il processo penale. In secondo luogo, occorre mettere mano al codice penale, in modo tale che non sia conveniente delinquere, iniziando da quei reati che sono in ascesa e che creano allarme sociale, che sono, per quanto riguarda la criminalità in senso stretto, estorsione e usura. L'estorsione non è più la mazzetta di 500 o di 1.000 euro, ma significa imporre a mo’ di consiglio ai commercianti da quali grossisti rifornirsi.Pag. 13
  C’è poi l'altra tipologia di reato in grande crescita: i reati che riguardano la pubblica amministrazione, che sono sempre più intimamente connessi alla mafia. I burocrati si identificano sempre più con le mafie. C’è sempre meno lo stacco.
  Per tutti i reati che riguardano la pubblica amministrazione (corruzione e concussione), come ho già detto, dobbiamo incominciare ad essere più seri e a innalzare le pene.
  Se volete, possiamo parlare di ordinamento penitenziario e di sovraffollamento delle carceri, che è una cosa che mi sta a cuore.

  PRESIDENTE. Invito a parlare Laura Garavini, coordinatrice del comitato sul semestre europeo e su tutti gli aspetti internazionali della lotta alla mafia. Credo che abbia la preda giusta oggi.

  LAURA GARAVINI. Grazie, presidente. In effetti, è un bocconcino troppo stuzzicante. Mi limiterei ad alcune domande precise e dettagliate. Innanzitutto, procuratore, le chiederei gentilmente se ci può fare l'elenco delle inchieste che ci consiglia di acquisire agli atti, che abbiano ad oggetto presenze o interlocuzioni delle nostre mafie, in particolare la ’ndrangheta, a livello europeo. Mi riferisco sia alle inchieste concluse che a eventuali inchieste in corso di particolare interesse, che possano dare una tipologia esemplare, potremmo segretare la seduta.
  Vorrei inoltre sapere se ritiene che si possa dare una stima degli investimenti di riciclaggio che le nostre mafie compiono in Europa. In questo frangente ci interessa soprattutto la compagine europea, proprio perché il lavoro del Comitato che stiamo cercando di portare avanti mira, da un lato, a dare una fotografia e, dall'altro, a individuare deficit normativi, in vista del semestre di presidenza italiana, argomento che anche a lei sta molto a cuore.
  Innanzitutto, ci diceva che la ’ndrangheta non è una ’ndrangheta stracciona. Anche la ’ndrangheta che opera e che è attiva a livello europeo non è una ’ndrangheta stracciona ? In quali settori e con quale tipo di attività si manifesta ?
  L'ultima inchiesta a noi nota, cioè l'inchiesta Crimine, a cui anche lei faceva riferimento, ci metteva al corrente del fatto che attualmente ci sono locali di ’ndrangheta attivi sia in Germania che in Svizzera. A questo proposito, magari segretando i passaggi, ci può dare ulteriori dati che ci aggiornino circa la situazione stante ?
  Proprio in questi giorni organi di stampa tedesca davano una nuova mappatura della presenza in Germania della ’ndrangheta, in particolare, ma anche della camorra e di cosa nostra. In questa mappatura si vedono circa 1.800 esponenti attivi e presenti. Questi numeri sono molto maggiori rispetto a quelli di cui noi avevamo avuto contezza a seguito del rapporto del Bundeskriminalamt.
  Vorrei sapere se, a sua conoscenza, questi sono elementi aggiornati che rispondono al vero, anche alla luce del fatto che lei, se non erro, opera anche all'interno della task force italo-tedesca.
  È possibile, secondo lei, disporre di una stima inerente quei potenziali beni che potrebbero essere oggetto di confisca e che invece non sono confiscabili, alla luce del fatto che il nostro Paese non ha ancora recepito la decisione quadro n. 783 del 2006, che prevede il reciproco riconoscimento di sentenze di confisca proprio a livello europeo ?
  Vorrei sapere se ci sono inchieste concluse che dimostrano come sarebbe possibile confiscare beni o usufruire del provento di queste confische, alla luce di una potenziale ratifica, che mi auguro, nel corso o in vista del semestre, possa essere accelerata.
  Sempre da organi di stampa tedeschi, ci viene detto che il titolare del famoso ristorante Da Bruno, di fronte al quale avvenne la strage di Duisburg nell'agosto del 2007, sarebbe ancora attivo e prospero, titolare di un nuovo esercizio commerciale localizzato in un'altra località della Germania non resa nota. Anche in questo caso le chiederei se ha elementi che ci possano aggiornare in merito.
  Da parte tedesca ci viene denunciato il fatto che non sempre le rogatorie internazionali Pag. 14funzionano, soprattutto laddove sia l'Italia ad essere debitrice di una risposta rispetto alle rogatorie internazionali poste da altri Paesi. Su questo specifico aspetto, ha suggerimenti ? Ha individuato ostacoli o nodi di problematicità ? Sarebbe molto interessante se ci potesse dare dettagli.
  Nel corso della missione che compimmo nella precedente legislatura, come Commissione antimafia, sempre in Germania, soprattutto da parte di esponenti della magistratura tedesca ci venne segnalato che, visto l'ottimo riscontro dei risultati conseguiti attraverso la task force italotedesca, auspicavano la costituzione di un qualcosa di analogo legato proprio alla magistratura.
  Che cosa ne pensa lei ? Crede che anche questo potrebbe essere un ausilio utile e consigliabile, non soltanto nel rapporto italotedesco, ma al limite anche in quello tra Paesi che vedono una presenza particolare delle nostre mafie ?
  Per concludere, non organi di stampa, ma lo stesso Bundeskriminalamt, in dichiarazioni ufficiali, ha sostenuto che in realtà non hanno elementi che attestino investimenti così ingenti, attorno ai miliardi di euro, sul territorio tedesco. Qual è la sua valutazione in merito ? Grazie.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Non a tutte le domande posso dare una risposta. Per quanto riguarda le inchieste, gliene posso mandare via e-mail almeno una decina, se mi dà l'indirizzo. Ho almeno dieci indagini che riguardano Italia e Europa. Ho decine di indagini.
  Per quanto riguarda gli investimenti, purtroppo a noi non competono, ma non c’è il tempo e non c’è un'organizzazione in grado di fare studi e analisi. Purtroppo, non abbiamo dati.
  Noi andiamo spesso a naso per capire quanta ’ndrangheta ci sia in Germania o in Olanda. Lo capiamo da quanta cocaina facciamo sequestrare ad Amsterdam o a Rotterdam e poi vediamo degli insediamenti lì, vediamo che ci sono latitanti lì, vediamo questo andirivieni tra Italia e Germania, come se ci fosse una metropolitana. C’è gente che parte dalla Calabria con una Golf 16 valvole o con un'Audi A3 e in un giorno riesce ad arrivare in Germania, sta lì, dorme, porta o prende qualcosa e ritorna di nuovo in Italia. Non si spostano con gli aerei. Si muovono in questo modo. Ci sono ragazzi di 20-25 anni che sono in grado di trasportare qualsiasi cosa in questo modo.
  A noi risulta che ci siano decine di locali, alberghi, ristoranti e pizzerie, comprati, non solo in Germania, ma anche in Belgio, Olanda, Spagna, Portogallo. Sono decine e decine.
  Quanto ai soldi di queste tonnellate di cocaina, c’è uno studio che indica che noi sequestriamo non più del 10 per cento della cocaina che arriva in Europa. Io le posso dire che nell'ultima indagine che abbiamo svolto noi abbiamo fatto un danno di 470 milioni di euro. In una sola indagine abbiamo fatto un danno alla ’ndrangheta di 470 milioni di euro.
  Parlo dell'indagine Buongustaio, che ha riguardato anche l'Europa. È un'indagine che ha riguardato nove Stati del mondo. Noi ci siamo dovuti rapportare con nove Paesi del mondo, con nove sistemi giudiziari, con nove polizie e con nove procure. Abbiamo visto le cose più strane, più folli e più bizzarre nei sistemi ordinamentali.
  Se in una sola indagine abbiamo fatto un danno di 470 milioni di euro e abbiamo sequestrato non più del 10 per cento della cocaina – prendiamo il periodo di un anno – con quei soldi che cosa hanno fatto i mafiosi ? I soldi vengono spesi da Roma in su, non al Sud. Al Sud ci sono le briciole. In Calabria non investono. I soldi sono spesi da Roma in su e i mafiosi comprano tutto ciò che è in vendita. Queste imprese che sono in crisi, alberghi, ristoranti e pizzerie, le stanno comprando tutte loro. Nell'Adriatica le compra la mafia russa. Salendo, in Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana le stanno comprando la ’ndrangheta e la camorra, e lo stesso in Europa.
  Se le polizie giudiziarie europee non indagano, se non esiste il reato omologo di Pag. 15associazionismo di stampo mafioso, come facciamo a dire che esistono le mafie ? Come facciamo a dirlo, se non riusciamo a dimostrarlo dal punto di vista giudiziario ? È il cane che si morde la coda. Se voi non istituite il reato di associazionismo di stampo mafioso e, quindi, se non si fanno indagini per quel reato, certo che si dice che la mafia non c’è. Da dove bisogna partire ? Questo è il primo dato: se si istituisce il reato, si indaga e si riesce a dimostrare.
  Si ricorda quando ci sono stati i mondiali di calcio in Germania ? C'erano 12 persone del BKA che lavoravano solo sulla ’ndrangheta. Sa cos’è successo ? Quando ci sono stati i mondiali di calcio in Germania, queste 12 persone, specializzate sulla ’ndrangheta, sono state sciolte perché servivano come sicurezza, perché in quel contesto c'era anche il problema del terrorismo. Questo gruppo poi non è stato più costituito. Quando c’è stata la strage di Duisburg, quindi, la Germania era scoperta.
  Lei si ricorda che due mesi prima un commissario di polizia italiano era andato in Germania e aveva riferito: «Attenzione, noi leggiamo che la ’ndrangheta vuole comprare trucchi da attori, macchine blindate, armi e via elencando. Vedete quello che dovete fare». Quel foglio di carta è rimasto sul tavolo in Germania.
  La lotta alla mafia non si improvvisa. Bisogna spendere soldi, costruire, istituire una struttura, creare delle memorie storiche, informatizzare. Se nessuno indaga in Europa, si continua a dire che la mafia è una fissazione degli italiani.
  Locali di ’ndrangheta ce ne sono decine e decine. Lei, per esempio, giustamente accennava alla Svizzera. Facciamo l'esempio della Svizzera. In Svizzera ci sono decine di locali di ’ndrangheta. Questo mi risulta per certo. Parlando con i colleghi svizzeri, siamo andati a trovare l'omologo del reato di associazione di stampo mafioso. Sa qual è in Svizzera ? È l'associazione segreta, la cui pena va da uno a cinque anni, quanto in Italia si rischia per una pistola. Come vede, torniamo sempre al discorso che è un problema europeo e non un problema italiano, altrimenti non ne usciamo. Lo stesso vale per quanto riguarda i beni.
  Quanto al discorso del ristorante «Da Bruno», non glielo so dire. Forse dovrebbe rispondere il BKA. Non le so dire se il titolare del ristorante «Da Bruno» abbia aperto un ristorante in un altro posto.
  Per quanto riguarda le rogatorie internazionali, ho capito a cosa si riferiscono i tedeschi. C’è un problema che va modificato nella parte del codice penale che riguarda le rogatorie internazionali. Quando noi dall'Italia facciamo una rogatoria all'estero, possiamo, in base al Trattato di Schengen, fare direttamente una rogatoria al procuratore di Francoforte, di Duisburg, di Amsterdam, di Rotterdam, di Madrid o di Barcellona.
  Quando avviene il contrario, ossia, se, per esempio, il procuratore di Francoforte vuole fare una rogatoria per aprire un'indagine sulla Locride o su Reggio Calabria, non la può mandare alla procura di Reggio Calabria. La manda al presidente della corte d'appello di Reggio Calabria e al giudice di Reggio Calabria, i quali poi fanno accertamenti loro. Anni fa il presidente della corte d'appello di Reggio Calabria l'ha mandata al giudice del tribunale di Locri.
  Come fa, quindi, il giudice del tribunale di Locri a fare l'accertamento e l'indagine ? Il procuratore di Francoforte dovrebbe farlo direttamente dalla procura di settore di Reggio Calabria, ma va fatta una modifica normativa da parte italiana.
  Per quanto riguarda la magistratura, in teoria le potrei dire di sì, ma io ho sempre paura delle scelte umane, perché spesso le scelte non sono fatte in base alle professionalità o alle competenze, ma ad altri parametri, dei quali preferisco non parlare.

  PRESIDENTE. Forse sarà necessario richiedere una risposta scritta, a parte le inchieste. C’è qualche altro aspetto che è rimasto in sospeso ? L'onorevole Garavini potrebbe far arrivare nuovamente al procuratore Gratteri le domande scritte, se c’è qualche altra notizia.

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  LAURA GARAVINI. Procuratore, in particolare su tutto l'aspetto del riciclaggio quali sono i canali e le metodologie ? Per esempio, da quanto lei ha detto si potrebbe immaginare che gli stessi locali, gli stessi ristoranti, gli stessi esercizi potrebbero essere una fonte di investimento. Tuttavia, le stesse inchieste – per esempio, penso a quella successiva a Duisburg – hanno dimostrato che in realtà così non era. I locali non erano stati acquistati, tant’è che non ci fu la possibilità di confiscare quelle benedette pizzerie o quei ristoranti.
  Questo emerge anche in altre inchieste. Quali sono, invece, secondo i suoi riscontri e l'esperienza fatta, i principali canali di investimento dei vari capitali criminali ?

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Proviamo ad analizzarli più approfonditamente. Oltre a mandare queste ordinanze, proviamo a fare il punto su questo determinato argomento.

  CLAUDIO FAVA. Procuratore, vorrei tornare su Reggio Calabria. C’è uno stralcio-intervista pubblicato oggi sul Corriere della Sera del suo procuratore Cafiero De Raho, il quale dice due cose che a me, e immagino a noi, preoccupano molto e sulle quali vorrei non solo una sua opinione, ma anche una sua chiave di lettura, anche perché ci pongono alcuni problemi sulla reale efficacia della legge sullo scioglimento dei comuni.
  Dopo quasi due anni di commissariamento del comune di Reggio Calabria – diciotto mesi più sei – il procuratore dice: «Mi spaventano le elezioni. Quando andrà via il commissario straordinario, si dovranno fare, e qui non c’è libertà».
  Considero questa un'affermazione grave, non nel senso negativo, ma nel senso che ci interroga e ci attribuisce una grande responsabilità. Se, dopo due anni di commissariamento di un comune, il procuratore della Repubblica ci dice: «Qui si voterà senza libertà», io, da legislatore, mi pongo un punto: questa legge non vale e, se non vale, come va modificata ? Me lo pongo in termini concreti, non in termini letterari. Dopo due anni ho bisogno di capire cosa fare per mettere in condizione il procuratore di potere, lui e gli altri cittadini, affrontare serenamente questo passaggio.
  Le chiedo un'altra cosa a proposito dello scioglimento. Riguarda Limbadi. Il Ministro dell'interno decide di non sciogliere il comune dopo la relazione, che mi sembra avesse espresso, invece, parere favorevole allo scioglimento. Nelle more di una possibile altra decisione, anche alla luce della missione della Commissione antimafia e del fatto che la vicenda di questo comune è oggetto di dibattito politico e non può essere considerata archiviata soltanto perché il Ministro Alfano ha deciso di non sciogliere, arrivano le dimissioni dei consiglieri e lo scioglimento del comune per dimissioni. È esattamente quello che accadde – si ricorderà – a Fondi, dove, alla vigilia di una possibile decisione favorevole allo scioglimento del Consiglio dei ministri, si dimisero tutti.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Ha fatto come Marzullo: si è fatto la domanda e si è dato la risposta.

  CLAUDIO FAVA. No, la domanda è un'altra. Ovviamente, si va al voto dopo sei mesi e non dopo diciotto. La mia domanda non è se tutto questo le sembri bello o meno. La mia domanda è un'altra: vorrei sapere se, secondo lei, possono esistere strumenti che permettano di intervenire di fronte a dimissioni sospette, in questo caso di opportunismo ? Mi riferisco a un comune che decida, per dimissioni dei consiglieri di maggioranza, di evitare il giudizio del Consiglio dei ministri, o comunque di sottrarsi a una fase che potrebbe portare a un commissariamento per 18 mesi. Pertanto, non si può andare al voto per diciotto mesi e, attraverso questa scorciatoia, si va al voto dopo sei, con la conseguenza probabile che accadrà quello che è accaduto a Fondi, dove è stata riconfermata la stessa maggioranza che si era dimessa.Pag. 17
  Io le chiedo se esista, secondo lei, non un artificio normativo, ma la possibilità di smascherare una manovra che ha un elemento di opportunismo assai palese e che vuole evitare che si vada a guardare che cosa abbia legato in quell'amministrazione uomini e cose alla ’ndrangheta.
  Come terzo punto, il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, sempre in questa intervista, si esprime a proposito del ritrovamento di un piccolo-grande arsenale. Contenendo una decina di kalashnikov, io lo considero un grande arsenale, nel senso che ha una potenza di fuoco che può essere utilizzata per molti scopi e contro molti obiettivi. Una lettura è stata quella di un obiettivo istituzionale, perché non ci sono guerre di mafia che giustifichino il ritrovamento di queste armi in posizione da sparo.
  Dice il procuratore: «Potrebbe anche accadere che si vogliano far accendere i riflettori su questa parte – la Calabria e la ’ndrangheta – per spegnerli su altri luoghi, segnatamente la Sicilia». Questo fa pensare che ci sia una dinamica molto vivace tra cosa nostra e ’ndrangheta, che permetterebbe, in un contesto eversivo, di poter giocare di sponda nel creare allarmi e determinare attenzioni su un luogo per scoprirne altri. Vorrei su questo una sua valutazione.
  Svolgo un ultimo punto, invece, sul 416-ter. Io non entro nel merito, anche perché non vivo questa come una guerra di religione o come un giudizio universale. Mi sembra importante che si inserisca intanto ciò che ci chiedeva Giovanni Falcone 23 anni fa, cioè le altre utilità.
  Mi chiedo poi un'altra cosa. Noi arriviamo a questa discussione con posizioni comprensibilmente diverse. È meno comprensibile il fatto che le posizioni siano molto diverse tra i magistrati. In questo caso la mia funzione di legislatore non è quella di applicare il mio titolo di laurea in giurisprudenza, ma di essere attento ascoltatore e sensibile interprete delle preoccupazioni, delle esperienze e delle valutazioni che arrivano da coloro che poi queste norme le devono applicare.
  Lei capisce quale difficoltà, al di là dei toni che ogni tanto qui si accendono, noi registriamo nel momento in cui lei esprime il suo parere. Lo fa giustamente e io non ho motivo per non essere d'accordo con lei. Sono totalmente d'accordo sulla valutazione che lei esprime sul 416-bis e su pene inadeguate per la somma di benefici vari, ma sul 416-ter lei sostiene che dovrebbe esserci la stessa pena.
  Poi, però, abbiamo il procuratore nazionale antimafia che dice che questa norma, così come è stata licenziata dalla Camera, è perfetta e l'ex procuratore generale di Torino, che è stato procuratore di Palermo, una sede abbastanza esposta, il quale afferma che la norma va benissimo così com’è.
  Io non chiedo che vi mettiate d'accordo adesso, come una lotteria o come un gioco di dadi. Mi chiedo se non sia utile, in questi casi, che i magistrati, soprattutto quelli che esprimono le procure più esposte e che saranno più direttamente colpite, nel bene o nel male, da una modifica di legge su questo fronte, permettano al Parlamento di arrivare confrontandosi con una posizione che abbia già avuto un suo momento di sintesi. Esiste un'Associazione nazionale magistrati ed esiste un concerto naturale tra i procuratori di una decina di procure che sono particolarmente esposte.
  Noi abbiamo registrato le valutazioni su questa norma non quando è stata licenziata dal Senato due mesi fa, ma ventiquattr'ore prima che venisse discussa dalla Camera. Ventiquattr'ore prima che venisse discussa dalla Camera abbiamo registrato venti opinioni diverse di venti magistrati, tutte persone spettabilissime e stimabilissime per la qualità del loro lavoro.
  Su questo tema ci piacerebbe che ci fosse non un interlocutore ingessato con una sola voce, ma un momento di discussione e di confronto anche tra voi che permetta a questo Parlamento di arrivare a una discussione avendo raccolto la vostra opinione in modo unitario.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale Pag. 18di Reggio Calabria. Mi piacerebbe iniziare dall'ultimo quesito per dirle che io non faccio parte di nessuna corrente.

  CLAUDIO FAVA. Procuratore, questo non è un discorso che riguardava le correnti.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Io dico sempre quello che penso e, quando non posso dire la verità o quello che penso, sto zitto.
  Per quanto riguarda lo scioglimento dei comuni e l'Agenzia dei beni confiscati, così come sono strutturati, non servono assolutamente a nulla. Se un commissario prefettizio non sta sul posto sette giorni su sette, non per due anni, ma per cinque o per dieci, se un commissario prefettizio non ha il potere di mandare a casa il tecnico comunale, il segretario comunale, il commesso, che è uomo di ’ndrangheta lì, che è il portavoce lì del capomafia, se il commissario prefettizio non ha questo potere, sono soldi buttati. Non cambia niente. Alle prossime elezioni sarà la stessa cosa. Si mette un'altra testa di paglia, chiunque sia, e il grado di vivibilità della gente sarà lo stesso. Non servirà a nulla.
  Per quanto riguarda l'Agenzia dei beni confiscati, così com’è, non serve. Intanto un prefetto è stato programmato per fare il prefetto. In questo caso non c’è bisogno di un prefetto, con tutto il rispetto per Caruso, che è una persona seria e perbene. Non c'entra Caruso. Ci vuole un manager, o un prefetto che abbia le attitudini del manager, perché deve amministrare aziende e beni per farli fruttare.
  Se, quando si confisca un palazzo di cinque piani, lo si rende fruibile dopo vent'anni, quel palazzo non serve a nulla. Bisogna avere il coraggio di demolirlo. È inutile mettersi in testa che, come simbolo, dobbiamo fare una scuola, per poi intestarla, o una caserma. Chi l'ha detto ? Quanto mi costa ? Quei palazzi non sono a norma sismica, non sono a norma di impianto elettrico, non hanno niente. Bisogna demolirli e fare una piazza, un parcheggio, un parco giochi per bambini, un orto per anziani, ma non insistere a costruire la caserma. Sono soldi buttati. Questo ci costa tre volte di più.
  Bisogna mettere una o più persone, ciascuna per le proprie specializzazioni e attitudini, a gestire questi beni confiscati. Quando il prefetto Caruso è venuto nella Commissione Letta, io gli ho chiesto quanti fossero gli appartamenti sequestrati alle mafie in Italia e lui non lo sapeva.
  Questo cosa vuol dire ? Vuol dire che non hanno nemmeno un computer. Perché gli ho fatto questa domanda ? Perché volevo proporre che questi appartamenti venissero affidati in uso gratuito a chi fa polizia giudiziaria, alle forze dell'ordine, per incentivare i loro rappresentanti a stare tre o quattro anni in più sul posto, in quanto non avrebbero pagato l'affitto. Volevo proporre di dare subito in uso gli appartamenti, così non sarebbero caduti a pezzi.
  O si ha il coraggio, o si ha la forza di fare modifiche normative per questi beni confiscati, cioè di mettersi in testa che ormai sono un grosso patrimonio per lo Stato, una grossa ricchezza, o non si combina nulla.
  Al contempo, non ci si deve fissare quando ci sono questi supermercati. Il grosso problema sono i supermercati che le mafie costruiscono, oppure i negozi di laterizi. I negozi di laterizi sono tipici delle mafie. Storicamente ’ndrangheta, camorra e cosa nostra hanno il monopolio dell'edilizia, partendo dal movimento di inerti delle fiumare per arrivare al lavoro finito del palazzo.
  Cosa vuol dire questo ? Quando noi sequestriamo un negozio, anche all'ingrosso, di edilizia, immediatamente la mafia fa aprire un altro negozio a 500 metri o a un chilometro da lì e dice a tutti i muratori: «Imprenditori, andate a rifornirvi lì». Il negozio, quindi, va subito in rosso.
  Facciamo l'esempio dei supermercati. Immaginiamo un bacino di 50-60 chilometri quadrati con dentro 200.000 abitanti. Ci sono già quattro grossi supermercati più o meno normali, più o meno di Pag. 19gente pulita. A un certo punto, la ’ndrangheta decide di costruire il quinto supermercato con i soldi della cocaina.
  Come fa ? Si fa prestare i soldi dalle banche o dalle finanziarie e lascia i propri conti in rosso. Quando il quinto supermercato va a regime, venderà a un punto o due in meno gli stessi prodotti del primo, del secondo, del terzo e del quarto supermercato. Quando il quinto va a regime, il primo, il secondo, il terzo e il quarto supermercato incominceranno a licenziare due, tre, cinque persone e chiuderanno i reparti, perché venderanno di meno.
  Dopo sei o sette anni, da un'intercettazione ambientale o dalle indicazioni di un collaboratore di giustizia, riusciamo a dimostrare che il quinto supermercato è stato costruito con i soldi della cocaina. A quel punto, si sequestra il bene e si nomina un amministratore giudiziario.
  Immediatamente questo quinto supermercato va in rosso, perché è fuori mercato. Non può più vendere a un punto o due punti in meno, perché il cordone ombelicale dei soldi della cocaina che sono dietro questa parete non c’è più e, quindi, l'amministratore venderà. La massaia non si farà più 30-40 chilometri per andare lì perché costa di meno, ma tornerà al primo, al secondo, al terzo o al quarto supermercato.
  A quel punto, incomincia l'agonia di questo supermercato. Dopo un anno e mezzo o due di agonia, si chiude. Il guadagno è rappresentato dalle spese dell'amministrazione giudiziaria.
  La gente dice: «Avete visto ? Quando c'era la ’ndrangheta, lavoravano venti padri di famiglia in quel supermercato. Arriva lo Stato e chiude». Questo perché nessuno ha la pazienza di andare a ricostruire che sei anni prima il primo, il secondo, il terzo e il quarto supermercato avevano già licenziato o addirittura avevano chiuso altri negozi. C’è anche un deficit di informazione.
  Parlando dei beni confiscati, si parla di una questione seria, che va informatizzata e in cui va messa gente motivata, non gente che fa domanda solo per avvicinarsi a casa, ma gente capace di parlare di beni, di bilanci e di amministrare e gestire immobili.

  PRESIDENTE. Posso consegnarle la relazione che ha fatto la Commissione ? Penso che siamo in linea. La relazione è stata approvata all'unanimità.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Dovevo ancora parlare del discorso delle armi.

  PRESIDENTE. Non solo delle armi, ma anche della libertà delle elezioni di Reggio e di Limbadi. Da Limbadi mi continuano ad arrivare critiche. Noi siamo andati a Limbadi a testimoniare la presenza dello Stato.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. L'ho letto.
  Per quanto riguarda le armi, per cultura, nell'organizzazione della ’ndrangheta c’è il crimine, che non è il crimine di San Luca, ma quello del locale, che è il ministro della guerra, colui il quale prepara le azioni criminose. Ogni famiglia di ’ndrangheta deve avere un arsenale, che consiste sempre in cinque o sei bazooka, una ventina di fucili, un po’ di pistole e via elencando. Lo devono sempre avere come base. Ogni organizzazione criminale deve avere il suo arsenale, come uno Stato ha l'armeria.
  Detto questo, però, il procuratore ha ragione su un punto. Cafiero De Raho dice una cosa vera: la ’ndrangheta oggi è più nervosa rispetto a cinque, sei, sette anni fa. Se ci pensate, ormai come un martello pneumatico ogni mese noi arrestiamo 40-50 persone, con indagini fatte bene, ma soprattutto, contemporaneamente, con una tecnica invalsa negli ultimi anni a Reggio Calabria, per cui, mentre arrestiamo le persone, nello stesso giorno sequestriamo i beni. Una squadra fa le indagini e le intercettazioni e l'altra individua i beni da sequestrare. Stiamo andando molto bene. Pensate che con l'indagine Pag. 20Metropolis abbiamo sequestrato – è stato il primo esperimento di investimento in Calabria da parte delle mafie – 2.500 appartamenti di villaggi costruiti su suolo demaniale.
  Il procuratore ha ragione, in questo senso: la ’ndrangheta è più nervosa. Non ci sono più gli ’ndranghetisti – con 25 virgolette da un lato e dall'altro – «saggi», quelli pazienti, che devono aspettare. Ci sono ’ndranghetisti, anche capimafia, che usano cocaina. La situazione, quindi, è leggermente cambiata. Io starei più attento.
  Inoltre, c’è un problema. Ogni volta che scendono ministri in Calabria, promettono sempre che manderanno uomini e mezzi. A volte lo hanno anche fatto. Qualche anno fa hanno mandato quaranta poliziotti della squadra mobile. Dopodiché, spenti i riflettori, alla chetichella questi sono ritornati al posto di appartenenza. Ne prendono cinque da Crotone, sei da Vibo, otto da Catanzaro e formano un gruppo di quaranta. Dopodiché, poco per volta, questi tornano indietro.
  Lei sa, per esempio, che nella Locride il gruppo carabinieri di Locri ha ottanta brigadieri in meno dell'organico. Noi molte indagini non le iniziamo perché non abbiamo gli uomini per poterle fare. Se a Reggio Calabria avessimo cinque o sei magistrati in più, la situazione migliorerebbe. Invece, Reggio Calabria ha sempre un vuoto di organico, perché è una procura di passaggio. I magistrati che imparano il mestiere dopo cinque o sei anni se ne vanno. È naturale voler tornare a casa.
  Se si stesse un po’ più comodi, se ci fossero più magistrati, se si aumentasse la pianta organica, sarebbe un passo avanti. Si fa la pianta organica in base al numero degli abitanti, ma, se Reggio Calabria ha la distrettuale su tutta la provincia di Reggio Calabria, non si può usare lo stesso parametro per Teramo, Ancona o Campobasso. Non si può usare lo stesso parametro. Tuttavia, si continua a fare così e i ministri che si succedono vengono a dire che aumenteranno l'organico.
  Cosa bisognerebbe fare, dunque ? A Reggio Calabria l'organico a regime sarebbe trenta. Mettiamone sulla carta trentacinque, in modo tale che il CSM, in base al famoso manuale Cencelli, preveda almeno altri 4-5 posti in più, quando vengono gli uditori giudiziari. Abbiamo gli uditori giudiziari, che sono bravi, preparati e perbene. Ci mancherebbe altro. Abbiamo bisogno, però, di più uomini.
  Allo stesso tempo, non bisogna dimenticarsi dell'ufficio del giudice, del GIP. Ci sono misure cautelari ferme da un anno. Se ne rende conto ? Sono ferme da un anno misure per imputazioni per 416-bis. Nel mentre la misura è sotto, il soggetto che ha combinato in un anno ? Quanta gente piange perché quella persona è ancora in libertà ?
  Pensiamo a queste cose. Se amiamo la Calabria, se ci interessiamo alla Calabria e ripetiamo che la mafia è più ricca in questo momento, cerchiamo di essere consequenziali a questo grido. Incominciamo a chiedere che il Ministro, il CSM, il comandante generale dell'Arma dei carabinieri, il capo della Polizia, il comandante generale della Guardia di finanza inizino a essere consequenziali perché hanno potere reale. Domani mattina possono fare quattro applicazioni extradistrettuali a Reggio Calabria. Domani mattina il generale può prendere ottanta uomini e mandarli a Locri.
  È ovvio che poi subentra il discorso della razionalizzazione delle risorse. Tutti fanno la stessa cosa. Se, invece, si avesse il coraggio di specializzare – la polizia fa una cosa, i carabinieri ne fanno un'altra, la finanza ne fa un'altra ancora – si potrebbe risparmiare. Per esempio, il miglior ordine pubblico lo fa la polizia di Stato. Sono inutili i baschi verdi. I baschi verdi tornano e fanno accertamenti sugli evasori fiscali, su quelli che portano i soldi all'estero. È inutile che facciamo le stesse cose.
  Se esiste la Guardia di finanza da un secolo e mezzo sul mare, che buttiamo a fare i soldi con la guardia costiera, se la guardia costiera non ha esperienza di contrasto al narcotraffico e non ha competenza sull'immigrazione dei clandestini ?Pag. 21
  Cosa sta accadendo nel Mediterraneo in questo momento ? Quanto ci sta costando questa missione dei militari nel Mediterraneo e cosa stanno facendo ? Sono un taxi. A questo punto, prendiamo un traghetto ogni settimana dalla Libia e portiamo i profughi in Italia. Ci costano di meno, se è questo il dato. Sa cosa sta accadendo ? Li stanno mettendo su barche sempre più fatiscenti perché sanno che sempre più si vanno a recuperare davanti alle coste della Libia. Incominciamo a ragionare in termini realistici.
  La mia era una battuta. Scusate se mi sono permesso di fare questa battuta, però, o si fanno le indagini, o si fa polizia giudiziaria, o è inutile fare slogan. Parliamo seriamente della sinergia tra polizia, carabinieri e finanza.
  Ho letto una notizia che non mi è piaciuta: quella di ridurre polizia, Guardia di finanza e carabinieri. È una notizia di una gravità assoluta. Voi non avete idea della professionalità e della capacità di carabinieri e Guardia di finanza, i cui membri sono allenati a essere militari. A metà frase loro già si muovono.
  Attenzione, carabinieri e Guardia di finanza sono una grandissima risorsa. Non scherziamo. Specializziamoli ulteriormente, facciamo fare l'ordine pubblico alla polizia di Stato, che ha reparti mobili che funzionano bene, e lasciamo stare la Guardia di finanza. Togliamo i baschi verdi e facciamo fare loro accertamenti per gli evasori fiscali. Questo sì, certo, mi va bene.
  Specializziamoli. Cerchiamo di fare sinergia e di risparmiare. Si possono risparmiare milioni di euro, se si vuole funzionare. Se volessimo parlare dei soldi che si buttano nei vari ministeri, ci vorrebbe una settimana.

  DORINA BIANCHI. Cercherò di essere brevissima, anche perché gli altri colleghi hanno già fatto domande consistenti. Io vorrei tornare di nuovo in Calabria.
  Lei ci ha confermato delle notizie importanti. La ’ndrangheta fa il grande salto di qualità nel momento in cui inizia a trafficare cocaina perché ha i soldi per gestire tutto il resto e la sua attività è in gran parte verso l'Europa e il Nord Italia.
  Tuttavia, lei, nelle cose che ha scritto, ci ha detto che la ’ndrangheta sta cambiando anche in Calabria nel suo modo di gestire le attività. Spesso si sostituisce, tramite l'usura e varie operazioni, ad attività lecite, naturalmente con la concorrenza sleale, che un'associazione come la ’ndrangheta ha in sé.
  Le faccio anche un'altra domanda, che ho già posto nella missione che abbiamo condotto a Vibo, ma su cui non ho ricevuto informazioni consistenti. Riguarda le aste giudiziarie. Vorrei capire se voi avete, come procura, delle notizie, o se avete monitorato in qualche modo le aste giudiziarie in Calabria. A mio parere, le aste giudiziarie potrebbero essere un'interessante opportunità per il riciclaggio di denaro da parte della ’ndrangheta.
  Le vorrei chiedere ancora una cosa. Lei ha detto che la ’ndrangheta più evoluta, più colta è una ’ndrangheta che è soprattutto fuori dalla Calabria. Vorrei capire, però, se sia del tutto vero che in Calabria c’è la ’ndrangheta «stracciona» di cui siamo abituati a parlare. Vorrei capire se la zona grigia, che si ricollega a quello che lei ci diceva anche sulla commistione tra ’ndrangheta e politica o professioni, possa essere ricondotta anche alla massoneria in Calabria.
  Io sono d'accordo con lei, essendo peraltro calabrese, sul fatto che la ’ndrangheta non coinvolga la gran parte della società calabrese, ma osservo che può movimentare quel 18-20 per cento dei voti che incidono poi sulla vincita o sulla perdita soprattutto delle comunità calabresi.
  Le dico un'altra cosa, però: noi, come classe politica calabrese, abbiamo una difficoltà reale nel momento in cui andiamo a gestire le comunità locali, in primo luogo se non se ne fa parte e non le si conosce. Pur avendo io vissuto tutta la mia vita a Crotone, le devo dire che in una circostanza, peraltro di una manifestazione anti-’ndrangheta, mi sono trovata vicino a uno dei figli degli Arena, il quale si è Pag. 22presentato a me e mi ha chiesto se fossi una giornalista. Io non l'ho riconosciuto.
  Le faccio questo esempio per dirle che non sempre è semplice da parte dei calabresi conoscere realmente il fenomeno. In questo sono d'accordo con lei. Nelle scuole, ma anche a livello di mezzi di comunicazione vi sarebbero la necessità e il bisogno di una maggiore pubblicizzazione, sia degli uomini di ’ndrangheta, sia della cultura anti-’ndrangheta. C’è una necessità, a mio parere, di far conoscere di più sia i volti, sia i nomi, sia quello che tali soggetti fanno.
  Le vorrei chiedere, infine, un'ultima cosa: che cosa pensa del certificato antimafia ?

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Per quanto riguarda le aste giudiziarie, indagini non ne abbiamo fatte, ma a naso le posso dire che quello che lei sostiene è fondato. La ’ndrangheta è presente dove ci sono da gestire denaro e potere, dove c’è la possibilità di fare affari, soldi e potere. Le aste giudiziarie sono un'occasione per comprare. Anzi, immagino che molti beni rimangano deserti e non si vendano all'asta perché interviene qualcuno affinché nessuno si avvicini a comprarli.
  Io non ho parlato assolutamente di ’ndrangheta «stracciona». Ho detto che i boss con la coppola, col bastone e con i baffi o sono morti, o sono al 41-bis. Oggi abbiamo una ’ndrangheta evoluta sia in Calabria, sia nel mondo. È una ’ndrangheta molto evoluta e istruita, una ’ndrangheta laureata.
  Per quanto riguarda la zona grigia, è un'espressione che a me non piace tanto. Mi pare una «coperta di Linus». La zona grigia è un'espressione di comodo per non avere il coraggio di dire che un medico, un ingegnere o un avvocato è ’ndranghetista. Prima aveva la coppola e il fucile e oggi ha la penna, ma si comporta esattamente allo stesso modo. Un medico che fa il medico, che fa il primario, è uno ’ndranghetista e gestisce l'ospedale come se fosse un latifondo. È la stessa cosa. Abbiamo detto all'inizio che la ’ndrangheta muta col mutare sociale, perché, se resta ferma, resta fuori.
  Per quanto riguarda le scuole, io sono leggermente critico con un certo tipo di antimafia che si va a fare nella scuole. Spiego bene il concetto. La scuola è in grandissima difficoltà, partendo dagli insegnanti, che sono mal pagati. Dopo i greci e i portoghesi gli italiani sono i peggio pagati. In una società consumistica come la nostra un insegnante non è un interlocutore per i ragazzi. Viene considerato un fallito, uno sfigato e, quindi, non è una persona che riesca a condizionare positivamente i ragazzi, a fare presa sui ragazzi. Ha grandi difficoltà.
  Io penso che stiamo trasformando le scuole in progettifici. Noi dovremmo la mattina lasciare i ragazzi a imparare l'italiano, la storia, la geografia e la matematica, perché poi vengono all'università o in udienza e dicono «se io avrei».
  Noi la mattina dobbiamo fare lezioni, perché già sono poche le ore per lo studio, e l'antimafia dobbiamo farla di pomeriggio. Dobbiamo avere altri insegnanti per spiegare ai ragazzi l'antimafia, per spiegare come si legge un libro o come si vede un film. I ragazzi, quando escono da scuola, se sono di una famiglia di ’ndrangheta, vanno a casa e si nutrono di cultura mafiosa. Se sono di una famiglia normale, si chiudono nella stanzetta e giocano alla PlayStation, stanno al computer o vanno su Facebook, dove è pieno di pedofili e di maniaci. Visto che col passare degli anni calano sempre di più i freni inibitori, i ragazzi e i giovani sono abbandonati al destino di questi malati.

  DORINA BIANCHI. Mi è sfuggita un'altra domanda. Lei dice che la ’ndrangheta reggina è sicuramente il centro.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Anche la zona dove lei vive, a Cutro, c’è una ’ndrangheta di serie A. Cutro è l'unico locale di ’ndrangheta della provincia di Crotone che abbia l'onore di partecipare al crimine di San Pag. 23Luca, al tribunale della ’ndrangheta. C’è una ’ndrangheta molto forte nella zona attorno al crotonese, come c’è nella zona di Vibo. Sono tipi di ’ndrangheta che hanno la stessa potenza e pericolosità di quelle in provincia di Reggio Calabria.

  DORINA BIANCHI. Quanto alla commistione tra ’ndrangheta e politica, voi avete trovato una differenza tra la commistione tra i sindaci, ossia chi è eletto nei consigli comunali, rispetto a quella tra consiglieri regionali o deputati nazionali ? La presenza della ’ndrangheta, la collaborazione, la commistione anche elettorale tra ’ndrangheta e politica è più presente negli enti locali o è simile in percentuale anche nelle elezioni nazionali ?

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. È ovvio che a livello comunale la ’ndrangheta sia più asfissiante, perché controlla meglio. Più si deconcentra il potere, più lo si manda in periferia, maggiore controllo c’è della mafia.
  Dobbiamo partire da un dato. Spesso mi si fa la domanda: cosa possiamo fare per la Calabria ? L'approccio è sbagliato. Noi possiamo aiutare le aree in difficoltà dal centro. Le modifiche sostanziali e la non convenienza a delinquere partono da Roma. È il legislatore che deve cambiare le regole del gioco.
  Tutto il problema è normativo. Bisogna diminuire e abbattere i poteri discrezionali dell'uomo. Maggiore è il potere, maggiore è l'abuso. Bisogna creare norme chiare e certe, partire dal centro, cambiare i codici, avere il coraggio, la libertà e la volontà di cambiare il codice penale, il codice di procedura penale e l'ordinamento penitenziario, in modo tale che non sia conveniente delinquere. Bisogna avere la possibilità di avere maggiore forza, maggiore presenza.
  Mi rendo conto della difficoltà della politica calabrese. È una politica debole. I parlamentari calabresi sono molto deboli. Sono pochi e, inoltre, c’è il dilemma se nelle ultime quarantott'ore si debba cedere al voto di scambio o meno. Sul palco tutti diciamo che non vogliamo i voti della mafia. Bisogna vedere l'ultima o la penultima notte che succede.

  PRESIDENTE. Mancano le risposte su certificato antimafia e massoneria.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Il certificato antimafia impedisce a chi è un conclamato mafioso di partecipare alla gara, ma è ovvio che si aggiri facilmente l'ostacolo: io posso avere cinque geometri disoccupati pronti ad andare alla Camera di commercio di Reggio Calabria ad aprire un'impresa e, quindi, a fare impresa.
  Bisogna tornare al discorso della non convenienza. Quando io ho parlato di pene, non vi ho visti tutti convinti. Mi riferisco a quando ho incominciato a parlare di innalzare le pene in modo tale da non rendere conveniente essere mafiosi. Bisogna incominciare a fare meno ideologia e a misurare il grado di vivibilità.
  Per capire se ci sia o non ci sia la mafia in un territorio, chiedetelo ai commercianti. Il miglior termometro di un territorio sono i commercianti, non i magistrati, i poliziotti, gli studiosi o i professori. I commercianti sono il miglior termometro per capire il grado di vivibilità di un territorio. Bisogna chiedere se chi vuole costruire una casa ha la possibilità di decidere quale ruspista gli fa gli scavi, dove può andare a comprare gli infissi e chi gli deve portare il cemento. Da questo si misura se ci sia o non ci sia la presenza su un territorio della mafia.

  GIULIA SARTI. Chiedo scusa a lei, a tutti i commissari e al dottor Gratteri per aver alzato i toni. Ho una serie di domande per il dottor Gratteri, che ovviamente ringrazio. È sempre un piacere ascoltarlo, perché da tanti anni chi si occupa e chi ha interesse...

  PRESIDENTE. Prima o poi chiederanno un parere anche a noi per fare i procuratori.

Pag. 24

  GIULIA SARTI. Sulla ’ndrangheta io vorrei sapere se siano presenti locali di ’ndrangheta anche in Canada, che collegamenti ci siano con la Locride e se la collaborazione tra voi e la Polizia canadese e i magistrati canadesi sia una collaborazione che funziona.
  Sulle rogatorie avevo una domanda, ma lei ha già espresso i suoi giudizi sulla disciplina che investe tutta la forma delle rogatorie internazionali.
  Quanto ai collaboratori di giustizia – l'avevamo accennato all'inizio, ma poi non c’è stato modo di approfondire il tema – vorrei capire che giudizio esprime della legge n. 45 del 2001, soprattutto in riferimento alla parte del termine che viene fissato di sei mesi in cui il collaboratore può rendere dichiarazioni utilizzabili in dibattimento. Visto che ci sono anche su questo tema opinioni diverse in dottrina e in giurisprudenza, avrei piacere di sentire una sua opinione.
  Della disciplina dello scioglimento dei comuni si è parlato. Sulla scia di quanto diceva l'onorevole Fava io aggiungo una domanda: pensare di introdurre nell'ordinamento anche lo scioglimento dei consigli regionali può essere un'ipotesi ?

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Bisogna cambiare la Costituzione, altrimenti almeno due consigli regionali in Italia sarebbero stati già sciolti.

  GIULIA SARTI. Bene.
  Infine, faccio solo una battuta sul 416-ter. Quante possibilità, secondo lei, ci sarebbero di vedere il politico che viene condannato per voto di scambio scontare la maggior parte della pena che gli viene comminata in carcere ? Sono d'accordo con lei, ovviamente. Convengo col suo punto di vista, ma le chiedo questo perché ci è stato posto da tanti magistrati un appello all'innalzamento delle pene del 416-bis.
  Se non bastassero le sue parole di oggi, ricordo che a inizio marzo noi abbiamo fatto una missione a Palermo in cui il dottor Scarpinato, nella sua relazione, ci ha spiegato benissimo come stia avvenendo un turnover anche dei capimafia di cosa nostra che entrano ed escono dal carcere. Un esempio per tutti è Guttadauro, ma il dottor Scarpinato ci ha fatto l'elenco completo.
  Una preoccupazione che paventava Scarpinato sul 416-ter è che – chiedo anche a lei un'opinione su questo – non inserendo il 416-ter nell'elenco dei reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura, il 416-ter viene sottoposto a regime ordinario e, quindi, i tempi di prescrizione sono quelli ordinari e non quelli specifici dei reati di mafia. Le domando se sarebbe opportuno anche in futuro inserire tale articolo in questo elenco oppure no.
  La ringrazio davvero e chiedo scusa a tutti per le esternazioni di prima.

  PRESIDENTE. Propongo la disattivazione dell'impianto audiovideo.
  Così rimane stabilito. La Commissione procede in seduta segreta indi riprende in seduta pubblica.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Per quanto riguarda i collaboratori di giustizia, ovviamente sei mesi sono pochi, anche perché un pubblico ministero in quei mesi non deve solo sentire il collaboratore di giustizia, ma deve anche andare in udienza, scrivere le richieste di misura cautelare, preparare appelli e via elencando.
  Più che dei collaboratori di giustizia io mi preoccuperei dei testimoni di giustizia. La cosa che mi preoccupa è il finale, cioè la Commissione. I collaboratori di giustizia sono ex criminali. Se fossero dei Salesiani, non andremmo a interrogarli. Giusto ? È ovvio che si tratta di persone che compiono un passaggio, un travaglio. La norma non prevede il pentimento. La norma prevede che si debba dire tutto ciò di cui si è a conoscenza.
  Cosa bisogna fare ? Bisognerebbe che andasse a interrogare il collaboratore una Pag. 25persona, un pubblico ministero, che, prima di andare a interrogarlo, si studiasse la storia criminale del soggetto, dei suoi amici e della sua famiglia.
  A volte c’è la corsa a chi mette il cappello prima sulla sedia. Invece, bisognerebbe studiare, prima di andare a interrogare, perché è molto pericoloso interrogare un collaboratore di giustizia senza conoscere la storia criminale. Se uno non è attrezzato bene, il collaboratore di giustizia lo porta a passeggio. È importante che si svuoti completamente il collaboratore di giustizia, perché, se lui si tiene un pezzettino nascosto per sé, ricatta per dieci anni la famiglia della quale non ha parlato.
  Io mi preoccupo dei testimoni di giustizia, che sono lo specchio della lotta alla mafia. Abbandonare o lasciare un testimone di giustizia, non seguirlo, è molto grave. Torniamo indietro di dieci anni. Bisogna mandare all'ufficio protezione gente qualificata, ma anche essere presenti con mezzi e soprattutto con soldi, perché queste persone devono mangiare, devono vivere e bisogna mantenerle. Diversamente, lasciamole in pace e non andiamo a chiedere di collaborare con la giustizia.
  Lo Stato deve prendersi carico ed essere più presente sui bisogni dei testimoni di giustizia e dei collaboratori, ma i testimoni sono gente che non ha fatto nulla di male nella vita, ha solo avuto la disgrazia di essere investita dalla presenza della mafia. Mi pare che lo Stato dovrebbe essere molto più sensibile.
  Sul 416-ter potrebbe esserci anche l'aggravante dell'articolo 7, ma è ovvio che, trattandosi di un reato che viene modificato, va messo nel 51, comma 3-bis, tra i reati di mafia.
  Per quanto riguarda il carcere, lei chiedeva, con una pena più bassa, quanto possiamo «sperare» che un politico vada in carcere. Poco. Ci starà pochissimo. Non pensiamo, però, solo al carcere. Pensiamo a quanto potrebbe essere terapeutico che un sindaco che ha rubato nel suo comune ogni sabato e domenica vada, per cinque o sei anni, a pulire le strade del comune in cui ha rubato. Immaginate che cura psicologica avrebbe, che risultato, ma soprattutto che recupero di immagine e di credibilità avremmo da parte della gente e nei confronti della collettività.

  PRESIDENTE. Posso fare una domanda sul 416-ter ?
  Io penso che questo reato sarà accompagnato, almeno per i due soggetti che sono entrati in relazione, da almeno altri due reati: per il mafioso la partecipazione all'associazione mafiosa e per il politico almeno un reato contro la pubblica amministrazione. Se si scopre questo reato soltanto nel momento dello scambio e non nel momento nel quale c’è la produzione delle altre utilità, sarà l'altra utilità che finirà per fare da reato. Noi pensiamo che le pene si sommino, o non è così ?

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Non c’è una somma aritmetica, purtroppo. C’è la continuazione, che può essere anche di un giorno, un mese o sei mesi.

  PRESIDENTE. Procuratore, il punto è questo. Noi dobbiamo fare il testo unico delle leggi antimafia. Per esempio, se ci si accorge che il 416-ter deve essere collegato al 51, lo si fa. Quanto meno il riordino all'interno delle norme antimafia va fatto, perché sono nate in tempi diversi e sono tra di loro scollegate. Occorre rivedere un impianto generale del codice penale, perché non si può risolvere tutto all'interno. Questo è il punto vero.
  Su questo 416-ter abbiamo fatto un lavoro faticoso e travagliato. Siamo arrivati dopo tanti anni, secondo me, a tipizzarlo bene. Ci sarà la possibilità di ritornare sull'aumento delle pene, se questo è considerato importante, ma il fatto di inserire nel codice finalmente...

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Siamo in tempo. Domani possiamo farlo. Lo dico per aggiornarla.

  PRESIDENTE. Farete quello che volete al Senato. Io sono alla Camera, che ha dovuto rimediare ai danni che avevate fatto al Senato.

Pag. 26

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Presidente, non le permetto di dire queste cose. Siete voi che avete fatto danni, perché la prima formulazione era un reato impossibile da perseguire. Lo avete ammesso anche voi, cambiando il testo.

  PRESIDENTE. Collega Giarrusso, stia tranquillo. Io sto parlando con toni pacati. Questa verità in tasca, che poi cambia dalla prima lettura, alla seconda e alla terza, mi preoccupa un po’, francamente. Il testo è uscito dalla Camera la prima volta e io ho votato contro l'inserimento del «consapevolmente» nel parere della Commissione affari istituzionali.
  Io ho votato contro perché in diritto le parole in più non servono a niente e sono sempre pericolose. Certo che è consapevole se non c’è la consapevolezza, non c’è il dolo e non c’è il reato. Perché bisogna mettere l'avverbio ?
  Votai, quindi, contro. Approvammo il testo all'unanimità con il «consapevolmente» dentro e con queste pene, che sono previste adesso, nella lettura che avete al Senato. Pensavamo di aver fatto una cosa buona.
  Poi ci abbiamo ripensato. Benissimo. Al Senato, secondo me, è stato fatto un danno. Non mi riferisco tanto all'aumento delle pene, quanto a un'aggiunta che obiettivamente complicava le cose.
  Alla Camera abbiamo fatto adesso un buon lavoro di tipizzazione del reato e siamo ritornati alle pene che erano già state approvate all'unanimità nella prima lettura.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Non vi salva l'unanimità. Stia tranquilla, presidente.

  PRESIDENTE. A me interessa essere salvata dal Padreterno. Il resto, non mi interessa.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Neanche da quello, secondo il Papa.

  PRESIDENTE. Vediamo un po’. Sull'omelia del Papa stiamo attenti, perché c’è un unico modo, secondo quell'omelia, per salvarsi, che è quello di riconoscere ciascuno dentro di noi quella parte di chiusura allo Spirito Santo. Stiamo attenti, altrimenti scatta la questione del pubblicano e del fariseo. Stiamo attenti. Sul Vangelo non scherziamo.
  Per cortesia, io ho fatto una domanda che è riferita a un punto. Questa è una normativa che ha bisogno di mille riordini e che sarà riordinata nel momento in cui ci sarà bisogno di ritornarci. Io penso che sia peggio arrivare a queste elezioni senza avere la norma.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Procuratore, grazie per le cose che ci ha detto e per le informazioni che ci ha fornito, che sono molto interessanti e importanti. Le faccio una domanda fuori quota e poi svolgo un ragionamento un po’ più articolato.
  Forse non l'ho sentito prima, ma perché era sospeso, all'epoca, il locale di Locri ? Volevo approfondire questa questione, visto che nel frattempo è successo quello che è successo. Non è importante nel senso pratico del termine.
  In secondo luogo, sulla ’ndrangheta ci sono la storia e la realtà di oggi. La verità è quella frase che lei ha detto: come si può essere consequenziali affinché si scardini la mafia, soprattutto in Calabria ? Lei ha detto che la mafia oggi investe soprattutto negli altri Paesi. Il contrasto alla ’ndrangheta dovrebbe essere un contrasto a livello internazionale, non solo europeo. Dovrebbe agire anche in Canada, in Australia e via elencando.
  La differenza con la Calabria – in parte adesso forse anche con qualche pezzo d'Italia, ma sicuramente con la Calabria – è che la ’ndrangheta, oltre a investire (forse in Calabria investe molto poco), soprattutto genera consenso, che io chiamo «soggezione». Il modello del potere della ’ndrangheta è sostanzialmente quello della soggezione.
  In questo senso anche il ragionamento del rapporto con la politica è sicuramente un discorso di 416-ter, ma è anche un discorso culturale. Il tema vero è come lo Pag. 27Stato possa diventare, almeno nell'immaginario delle persone, più forte dalla mafia e della ’ndrangheta.
  Io sono convinta di quello che dice lei, ossia che il discorso della zona grigia spesso sia un alibi e che il non ribellarsi alla soggezione possa avvenire o per paura o per complicità. La paura si può sconfiggere, la complicità no.
  Io ritengo, però, che l'elemento maggioritario sia la paura, non la complicità. Credo che a Limbadi abbiamo trasmesso un bel segnale e che dobbiamo continuare. Noi siamo partiti, come Commissione antimafia, come quelli che non erano sufficientemente competenti dell'antimafia. Mi pare che il segnale trasmesso a Limbadi sia stato importante. Non so quante altre Commissioni antimafia abbiano prodotto dei fatti così concreti.
  Per quanto queste dimissioni del consiglio comunale possano essere un espediente o un tentativo, io credo che noi le dobbiamo prendere sul serio. Non mi convince il fatto che, prendendole sul serio, ci sarebbe il problema di commissariare il comune affinché si bonifichi.
  Penso a quello che dice oggi Cafiero De Raho, a quello che è successo a Reggio Calabria e a quello che lei stesso ha detto a proposito del fatto che non si riescono a licenziare i soggetti. Quando abbiamo fatto l'audizione antimafia a Reggio Calabria, ci hanno riferito chiaramente che i soggetti identificati erano stati semplicemente spostati, non licenziati.
  Il vero problema è come fare in modo che le liste di tutti i partiti di coloro che saranno nominati nelle prossime elezioni a Limbadi siano assolutamente a prova di antimafia. Questo, secondo me, dovrà essere il vero problema che ci dovremo porre, in maniera tale che chi entra nel comune democraticamente, non come commissario, chiunque vinca, sia in grado di fare effettivamente quella bonifica.
  Ripeto, io sono convinta che la maggioranza della popolazione abbia tutt'al più paura, ma non sia coinvolta. Occorre, quindi, controllare le liste. Il vero problema sarà non solo fare in modo che questo non sia semplicemente un problema deontologico ed etico di ciascun partito, ma come effettivamente impedire che nelle liste ci siano degli elementi in collegamento con la mafia, com'era esplicitamente indicato nella relazione della Commissione d'accesso a proposito di questa giunta comunale.
  Non entro nel merito del 416-bis e del 416-ter. Non ho le competenze che ha lei e che avete voi, ma sicuramente un problema me lo pongo. Io sono stata tra coloro che hanno fatto una battaglia perché nell'Italicum ci fossero le preferenze, ma vedo molto difficile il voto di scambio con le liste bloccate. È così. Il tema non può riguardare il singolo parlamentare.
  Non capisco la sua risata, collega. Dunque, c’è tutto un partito che fa un voto di scambio. Questo è il tema. C’è una differenza.
  Dico questo proprio perché difendo le preferenze. Il problema è proprio questo, come fare in modo che si tuteli la democrazia, pur colpendo sostanzialmente questo elemento di degenerazione. Se arriviamo a questo discorso...
  Se la smette di interrompermi, collega Giarrusso, possiamo continuare. Se volete, vi iscrivete a parlare e parlate. È la quarta volta che interrompete.
  Questo, quindi, è un elemento di riflessione. Aggiungo un'ultima considerazione sui beni sequestrati. Io sono d'accordo, l'abbiamo fatto e c’è un documento che va in questa direzione. Addirittura io ho detto che i beni si dovrebbero affidare attraverso un business plan. Se gli immobili vengono affidati – penso proprio a quello di Limbadi – dopo dodici anni, è chiaro che diventano un costo insopportabile per l'amministrazione. Non potrà mai essere utile un'azienda o anche la gestione di un immobile in questo modo. Meglio abbatterlo e farne un simbolo della legalità.
  Come ultima questione, osservo che oggi la ’ndrangheta è forte per il traffico della droga. A me piace fare proposte anche di legge che siano di rottura. Magari non arriverò ad alcun punto, ma apro una Pag. 28discussione. Ho visto che sono in buona compagnia con Saviano e addirittura con uno dei capi della polizia inglese.
  Parlo della legalizzazione delle droghe, non della depenalizzazione, comprese le droghe pesanti. Questo sarebbe forse, come all'epoca del proibizionismo – l'articolo di Saviano si intitola proprio «Il Padrino proibizionista» – un mezzo attraverso cui tagliare alla radice questo problema.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Il locale di Locri è stato sospeso dal crimine di San Luca perché c'era una faida aperta tra i Cordì e i Cataldo di Locri. Essendoci una faida, ogni tre o quattro sere si ammazzava una persona e si creava un allarme sociale. L'opinione pubblica era terrorizzata. Questo lo spiega in un'intercettazione ambientale l'emissario di San Luca, il quale scende e parla con Cordì Antonio in macchina, dove c'era una microspia ambientale.
  Il locale viene sospeso per indegnità. Il locale non è degno di esistere, perché viola in modo sistematico le regole del codice della ’ndrangheta. Il crimine di San Luca ha deciso di sospendere il locale. Sospendere il locale vuol dire non avere più alcuna rappresentanza. Ciò significa che all'interno di quel territorio non c’è un riconoscimento e che, quindi, il territorio diventa terra di nessuno, come se non vi esistesse la ’ndrangheta. Per gli altri locali non esiste Locri. È cancellata dalla geografia criminale.
  Questo cosa ha determinato ? Ha determinato la possibilità di commettere l'omicidio Fortugno. Ha determinato la possibilità che su quel territorio Locri stessa abbia potuto decidere l'eliminazione di Fortugno. Non c’è bisogno di chiedere il permesso per un omicidio eccellente del crimine di San Luca. Cambiano, quindi, le percentuali della presenza e della pervasività delle mafie rispetto ai comuni della Calabria in cui noi ci muoviamo. A Buccinasco c’è un controllo del territorio esattamente come a Platì. C’è un'asfissia come a Platì o a Desio. Se andiamo in Piemonte, nei paesi della cintura torinese, vediamo che c’è un controllo del territorio esattamente come c’è in provincia di Reggio Calabria.
  Il consenso continua a crescere perché c’è un arretramento dello Stato inteso in senso lato. Il consenso mafioso continua a crescere perché in alcune parti, mentre la politica, la pubblica amministrazione, è sempre meno presente, è sempre più assente, le mafie forniscono risposte e, nell'ignoranza, questo porta ad avere consenso. Questo è il grande problema, questa è la grande tristezza, questa è la grande difficoltà a creare il giro di boa.
  Come far diventare lo Stato più forte della mafia ? Intanto creando, come ho detto prima, un sistema giudiziario tale che non sia conveniente delinquere. Occorre finire di scherzare e cominciare a mettere mano al codice penale, all'ordinamento penitenziario e al codice di procedura penale, in modo tale che non sia conveniente delinquere. Si deve diminuire il potere discrezionale del giudice e incominciare a parlare del problema delle carceri.
  Voi da anni parlate in Parlamento, nelle Commissioni, nei talk-show di sovraffollamento delle carceri, ma mai nessuno ha pensato veramente a risolvere il problema. Qualcuno ha mai pensato veramente di andare in Romania o in Tunisia a stipulare un trattato bilaterale con quegli Stati e a portare lì i detenuti stranieri, i clandestini, che hanno fatto una rapina, per far scontare loro il reato nel loro Paese ?

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Io sono stata al carcere di Siano. C’è un rumeno che ha chiesto di poterlo fare e c’è l'assenso della Corte d'appello. Volevo segnalarlo. Il DAP, dopo due mesi, non ha ancora concesso l'autorizzazione.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Lei sa quanto costa il DAP ? Sa quanto guadagna il direttore del DAP ? Sul DAP potremmo parlare per tre giorni.Pag. 29
  Lo Stato può diventare più forte con un sistema giudiziario efficiente, con una scuola diversa da quella attuale, come accennavamo prima, e con una sua maggiore presenza, nel senso di informatizzare la pubblica amministrazione e fornire risposte anche sul lavoro.
  Lei parlava delle liste. La storia è molto delicata. Quando si fanno le liste, non si può dire che in un Paese di 5.000 abitanti non si conoscono le persone. Si inserisce nella lista scientificamente un rappresentante della famiglia di ’ndrangheta.
  Gli ’ndranghetisti sono molto prolifici. Ognuno di loro fa sei figli, che a loro volta fanno altri sei figli. Un locale di ’ndrangheta è composto da due o tre famiglie patriarcali, cioè da 500-600 persone. In un posto in cui ci sono 5.000 abitanti ci sono 2.500 elettori. Quando io ti presento, ti metto in una lista un rappresentante, un cugino alla lontana. Lì siamo tutti i cugini. Ci sono paesi in cui ci sono quattro cognomi. Nel Novecento c'erano due famiglie che si sono sposate tra di loro quattro volte. Basta mettere un elemento: la lista è fatta e le elezioni sono vinte. Noi lo mettiamo, poi, se ci scoprono, va bene, ma intanto abbiamo governato due o tre anni. Poi cadiamo dalle nuvole e diciamo che non sapevamo chi fosse questa persona.
  Non è possibile. Questo è un problema di etica, di morale e di deontologia dei politici e di chi fa le liste, perché non può dire che non sa. Non siamo a Pordenone, anche se questo è vero anche a Pordenone. L'altro giorno io ero in Friuli Venezia Giulia. Sono sempre paesi piccoli, dove ci si conosce tutti. Il politico non può dire che non sapeva chi fosse questa famiglia mafiosa o che non sapeva che quell'altra fosse mafiosa. Stiamo scherzando ?
  Scientificamente, si opera così. Le liste vengono fatte con questi criteri, non in base alla competenza o all'amore per la politica, ma al numero di voti che uno porta. Questo è un problema che riguarda tutta Italia, dalla Valle d'Aosta alla Sicilia.
  Quanto al discorso della lista, normativamente come faccio io a un incensurato a dire che non si può candidare, solo perché è cugino del capomafia ? Non posso creare una norma su questo punto.
  Il problema è la politica. Non vi lamentate poi che sono i magistrati che si sostituiscono alla politica. Su queste cose non può intervenire la magistratura. Ricordate sempre che la magistratura interviene sempre dopo, non fa prevenzione. Interviene dopo che c’è il reato.
  Per quanto riguarda la legalizzazione della droga, chi ha proposto di legalizzare la droga non ha la visione chiara del mondo occidentale. Mettiamo il caso in cui noi vogliamo liberalizzare la droga, non legalizzarla, in Italia. In Germania, Belgio, Olanda e Svizzera che succede ? Dovrebbe accadere la stessa cosa in tutto il mondo ?
  Personalmente, io non immagino uno Stato che possa legalizzare o tollerare ciò che fa male. Non lo immagino. Sono contrario anche alle slot machine, che creano dipendenza, ed ero contrario alle sigarette. Si figuri se posso immaginare uno Stato in cui si legalizza la droga.
  Scusate l'irriverenza, ma, se io metto una striscia di cocaina qui sopra, ce ne andiamo da qui dentro e passa qualcuno, io penso che qualcuno che non l'ha mai provata la provi, perché è a disposizione. Se, invece, se uno ha difficoltà ad averla, spesso non la prende.
  Noi non ci possiamo permettere che alle dieci di mattina un pilota di aereo, un chirurgo o una persona che viene in udienza abbia preso la cocaina. Non ci possiamo permettere questo lusso. Quando qualcuno ha detto «Liberalizziamo la droga», sa cosa ho risposto ? Lei, onorevole, ci ha fornito gli strumenti normativi dei quali abbiamo bisogno e che vi abbiamo chiesto ? Abbiamo creato un sistema penitenziario ? Abbiamo pensato ai campi di lavoro ? Abbiamo pensato di condannare un mafioso a 30 anni ?
  Io sono contro la violenza nelle carceri. Sono contro uno schiaffo in caserma o in carcere. Non voglio creare vittime o eroi tra i detenuti. Io sono per il rispetto dei detenuti. Non li tocco con un dito. Il detenuto, se sta male, deve essere immediatamente curato, deve stare sano, altrimenti Pag. 30poi il giudice di sorveglianza lo manda a casa. Il detenuto deve stare bene in salute e deve stare in carcere.
  Nessuno mi ha ancora spiegato perché nel 1994 siano state chiuse Pianosa e l'Asinara. Tutti ripetono che le carceri sono sovraffollate. Poiché a Pianosa c’è una sala operatoria che non ha neanche l'ospedale di Locri, perché non riaprite Pianosa e l'Asinara ? Mi ha risposto un parlamentare: «Perché bisogna cambiare le leggi». Voi avete messo mano alla Costituzione e ora vi preoccupate di modificare un articolo di legge ? Riaprite Pianosa e l'Asinara e risolviamo il problema del sovraffollamento.
  Avete il problema del sovraffollamento delle carceri ? Benissimo. Sapete che ci sono 20 mila militari in soprannumero al Ministero della difesa ? Bene. Sapete che in Via di Brava, tra l'aeroporto di Fiumicino e Roma, c’è una scuola di polizia penitenziaria che può ospitare contemporaneamente fino a 1.200 allievi ? Ogni due mesi 1.200 militari si riportano a Via di Brava e si addestrano come polizia penitenziaria. Questo per evitare indulto e amnistia.
  Nel frattempo, si prendono i militari e si mettono attorno alle carceri. La polizia penitenziaria che fa vigilanza sulle mura scende sotto e fa trattamento delle carceri. Il sovraffollamento c’è perché molte sezioni sono chiuse per mancanza di personale, ma questo non ve lo dice nessuno.
  Vedete quanta polizia penitenziaria c’è attorno al Ministero della giustizia in via Arenula o quanta ce n’è al DAP, che non fa sorveglianza e non fa trattamento ? Recuperiamo questi 20 mila militari in esubero, mettiamone 4-5 mila al Ministero della giustizia, facciamo fare loro polizia penitenziaria e risolviamo il problema.
  Finiamola di costruire carceri con 200 posti, quando negli Stati Uniti ci sono carceri da 6-7 mila posti. Per ogni carcere con 200-250 posti ci vogliono un direttore, un ufficio ragioneria, un ufficio matricola. Sono soldi buttati. Cominciamo a costruire carceri da 1.000 posti in su.
  Ci sono carceri costruite negli anni Ottanta o Novanta con i prefabbricati. Che ci vuole ad aprire una parete e ad allargare nel corridoio un altro braccio ? Costa di meno rispetto a pensare a nuove carceri, considerando poi il discorso dell'indotto. È stato costruito dopo vent'anni il carcere ad Arghillà, una grande opera per 200 posti. C'era la possibilità di raddoppiare o di triplicare.
  Perché non si fanno queste cose ? Si pensi solo a che cosa hanno fatto agli ultimi tre governi: hanno spostato l'asticella. Ha iniziato la Severino con un anno, poi hanno continuano Alfano con un anno e mezzo e la Cancellieri con quattro. In questo modo si svuotano di contenuto le sentenze lette in nome del popolo italiano.
  Pensiamo alla collettività e al motivo per cui non ci ritiene credibili: non c’è la certezza della pena, non c’è la certezza del nulla. La cosa terribile del ministero dell'indulto sa qual è ? Non è che escano 4-5 mila detenuti in più. Non cambia niente in Italia. Il problema è che entra nella testa della gente il tarlo che in Italia tutto si aggiusti e che, alla fine, anche in Cassazione uno sconto ci sia.
  Questo è il dato. La non serietà, la non credibilità nostra degli italiani, anche all'estero, è dovuta a questo. Ogni volta che io vado all'estero, sono stanco di sentire barzellette o risatine sull'Italia anche per queste vicende. Cerchiamo di essere coerenti con il nostro ruolo e con la nostra funzione.

  PRESIDENTE. Ho chiuso momentaneamente il circuito per un motivo preciso. Non c’è nulla di segreto, ma noi abbiamo commissionato una ricerca sulla penetrazione al Nord della mafia all'Università di Milano, con la responsabilità di Nando Dalla Chiesa, ricerca che illustreremo prossimamente qui in Commissione.
  Sta emergendo con molta chiarezza che la penetrazione è nei piccolissimi comuni.
  C’è proprio la conferma: la penetrazione nel territorio avviene dove c’è più densità, ma organizzata in piccole amministrazioni.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale Pag. 31di Reggio Calabria. Questo è il pericolo del decentramento dei poteri alle periferie.

  PRESIDENTE. Da questo punto di vista, io non temo le preferenze nelle elezioni nazionali, perché, per coerenza, le dovremmo togliere nei comuni e nelle regioni. C’è molta più penetrazione ormai nelle amministrazioni locali e nelle regioni, perché è lì il potere. Il potere principale è lì. Ne abbiamo molto meno noi di quanto ne abbia un assessore regionale o un assessore comunale.
  Da questo punto di vista, se fosse vero che non si compra un intero partito, e io me lo auguro, candidato per candidato, sarebbe coerente togliere le preferenze nei piccoli comuni e nelle regioni, se rappresentano un fattore di corruzione, al di là delle elezioni europee, in cui il problema è come si seleziona la classe dirigente.
  Io penso che anche sui partiti si debba intervenire. Secondo me, se arriviamo a capo di qualche elemento di conoscenza in più, ne guadagna la responsabilizzazione delle forze politiche. Io penso che qualche volta non ci sia neanche necessariamente la malafede di comportarsi in un certo modo. Il primo modo per combattere la mafia è conoscerla, ma c’è un'ignoranza profonda anche del modo col quale si organizza. Ne abbiamo già una conferma da molte sue affermazioni.
  Riapriamo il circuito.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Presidente, certamente nella lotta alla mafia non possiamo ripartire sempre da zero. La vicenda dei piccoli comuni è una questione che noi, da siciliani, conosciamo bene. I villani sono andati all'assalto di Palermo dopo averla circondata e aver preso il controllo di tutti i piccoli comuni di Palermo già a partire dall'inizio degli anni Settanta.
  L'ascesa dei Corleonesi è nella storia del nostro Paese, è già nella relazione dell'antimafia, è il modo con cui tutte le mafie hanno preso le grandi città, partendo dalle periferie, dai piccoli comuni, dall’hinterland. Abbiamo così Leinì, Rivarolo e avremo sempre più comuni attorno alle grandi città in mano alle cosche mafiose.
  Questo, signor presidente, perché l'assalto alle grandi città parte dalla cintura, dai piccoli comuni e dal controllo del territorio. Per piacere, non ricominciamo a inventare cose che già sappiamo, o a riscoprirle.
  Signor procuratore, io le vorrei esprimere, a nome del MoVimento 5 Stelle, tutta la gratitudine per il lavoro che lei ha fatto...

  PRESIDENTE. Senatore Giarrusso, l'ho interrotta un attimo. Una volta tanto conceda al presidente di interromperla, visto che lei interrompe sempre.
  Come siciliani, che conoscevano così bene la situazione, non siete stati capaci, però, di informare tutta l'Italia, altrimenti forse ci sarebbe stato qualche anticorpo.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Qualcuno è venuto qui in Commissione antimafia a lavorare.
  Signor procuratore, le esprimo tutta la gratitudine per l'impegno di tutta una vita. Io penso che non saremo mai in grado di ringraziarla abbastanza per quello che ha fatto.
  L'aggiorno anche sul fatto che alla Camera avevano predisposto un buon metodo per svuotare le carceri. Avevano votato una norma, che al Senato abbiamo dovuto di corsa sistemare, che escludeva dalle misure cautelari gli indagati, lasciandole soltanto per gli imputati. Lei può immaginare le conseguenze di questo atto.
  Per quanto riguarda la sua relazione completissima, io ho colto un passaggio che mi sembrava molto interessante. Lei parlava del 20 per cento che le banche hanno lucrato sul riciclaggio. Poiché il riciclaggio del denaro sporco è uno dei noccioli del problema, il sistema bancario è uno dei cardini del sistema criminale di questo Paese e, secondo Bankitalia, la prima attività economico-finanziaria è proprio il riciclaggio, io credo che noi dobbiamo aprire una riflessione sul fatto che non esista una normativa adeguata a contrastare questo fenomeno.Pag. 32
  Si parla sempre di cosche e al massimo si arriva a qualche politico, ma finanzieri, consigli d'amministrazione e banche intere non sono stati coinvolti, come avrebbero dovuto essere. Sicuramente movimenti di capitali enormi di questa portata non sono fuori dal controllo dei consigli d'amministrazione. Le chiedo se ci può esporre qualche idea su come fare per contrastare questo fenomeno, visto che su questo fronte siamo veramente all'anno zero.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Per quanto riguarda il sistema bancario, le posso dire, per la mia esperienza europea, che il sistema bancario italiano è uno dei più seri che ci siano in Europa.
  Le faccio solo un esempio: poco tempo fa ero a Londra. Noi pensiamo alle Bahamas, ma, se lei si ferma dieci minuti al centro di Londra, vedrà che la macchina più piccola e più scadente che passa è una BMW Serie 5. La concentrazione di ricchezza che io ho visto a Londra non l'ho vista da nessuna parte. Eppure a Londra non ce n’è un pozzo di petrolio, né una miniera di diamanti.
  Il problema del riciclaggio può essere un sistema che riguarda le piccole banche. C’è anche il problema dell'autoriciclaggio. Il nostro è uno dei pochissimi Paesi europei a non avere l'autoriciclaggio.
  A questo punto, però, dobbiamo chiudere un attimo il circuito.

  PRESIDENTE. Propongo la disattivazione dell'impianto audiovideo.
  Così rimane stabilito. La Commissione procede in seduta segreta indi riprende in seduta pubblica.

  ENRICO BUEMI. Signor procuratore, io mi riconosco molto nelle cose che dice lei e che io vado pensando da molto tempo.
  Io sono convinto che la mafia ci sia dove c’è consenso popolare, altrimenti è un'altra cosa. Il consenso popolare non è fatto soltanto di convenienza, ma anche di indifferenza alle norme e di indulgenza o di indifferenza verso l'abuso. C’è una situazione in cui a volte mi conviene. Se un altro infrange la norma, va bene lo stesso, fino a quando non entra in conflitto con me e con i miei interessi.
  C’è, dunque, un sistema molto diffuso di convenienze che parte dall'Istituzione, da coloro che sono preposti, da coloro che traggono vantaggio dal potere pubblico e che vanno via via soddisfacendo anche interessi più bassi. Mi pare che sia questo l'ordine. Di fronte a questa situazione è evidente che la questione, almeno a mio avviso, debba essere affrontata su più piani, non soltanto su quello repressivo.
  Detto questo, volendo muoverci in un'area di intervento concreto – io vedo in molte cose che noi diciamo solo parole – si potrebbero conferire poteri straordinari ai commissari, nel momento in cui si fa il commissariamento per infiltrazione mafiosa, perché sospendano le garanzie anche del personale dipendente.
  Bisogna far maturare il convincimento che, se all'interno del comune c’è il commissariamento per mafia, chi vi opera perde la sicurezza del posto di lavoro e, quindi, deve superare tutta la situazione di indifferenza, di connivenza e di quel favoreggiamento che non è partecipazione, ma semplicemente distrazione, o mancata segnalazione. In caso contrario, i comuni continueranno a riproporsi negli stessi termini in cui si sono governati in precedenza.
  L'altra questione riguarda, invece, i poteri costituiti, quelli alti. La questione della massoneria noi dobbiamo cercare di scavarla meglio.
  Io sono di origini siciliane, ma piemontese. Frequentando il tema dal punto di vista delle notizie pubblicistiche, ma anche andando sul territorio, vedo che l'intreccio di quei poteri costituiti è fortissimo. Le parentele giocano un ruolo molto forte, ragion per cui le destinazioni dei responsabili delle varie Istituzioni preposte all'azione di contrasto non possono essere scelte semplicemente con concorso.Pag. 33
  Inoltre, le responsabilità non possono rimanere permanenti sul territorio, perché l'inquinamento ambientale di cui parlavo prima, quella convenienza complessiva che si realizza all'interno del territorio, fa mutare le sensibilità anche alle persone più oneste: mi riferisco ai comandanti di stazione di vario tipo, ai magistrati, ai commissari, ai questori, ai preti. Non parliamo poi dei sindaci e degli assessori.
  Rispetto a questa situazione possiamo non utilizzare uno strumento straordinario o temporaneo ? Questo è il punto. Io mi rendo conto che anche la discussione che facevamo prima sulle preferenze e, quindi, sulla democrazia sia una questione estremamente delicata. Tuttavia, se vogliamo affrontare in maniera seria questa questione, non possiamo fare una guerra con l'ordinamento di pace.
  Mi consenta un'ultima considerazione. Non sarebbe il caso di pensare a un elenco particolare di commissari per i comuni commissariati per mafia ? Per elenco particolare intendo un elenco di persone di particolare capacità, sensibilità ed estraneità all'ambiente, un elenco come quello che lei mi pare richiamasse per gli amministratori giudiziari con particolari competenze imprenditoriali.
  Infine, l'utilizzo degli immobili dei mafiosi per dare alloggio alle forze dell'ordine – in qualche caso, si può pensare anche alla caserma – mi pare sia il segnale più chiaro che lì lo Stato si insedia e da lì non se ne va.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Innanzitutto è ovvio che si necessiti di conferire poteri reali, più che straordinari, ai commissari, perché il commissario che va sul posto diventa un burocrate, un passacarte e non ha il potere di fare nulla rispetto ai bisogni di un comune inquinato.
  Nel corso degli anni, dei decenni, gli impiegati e i burocrati sono stati sistemati lì dalle varie famiglie. A seconda delle famiglie, ce ne sono uno, due, o tre. Questa è la grande difficoltà del commissario. Che deve fare un commissario straordinario lì ? Questo è il grande problema.
  Ci vuole un commissario che stia lì, che viva lì, non che viaggi da Roma a Reggio Calabria, da Roma a Melito, da Roma a un altro paese. Deve stare lì, trasferirsi. Deve essere pagato bene per questo disagio, ma deve stare lì.
  Ci vuole gente competente, che abbia anche coraggio e carattere, perché non fa il lavoro che faceva prima. Prima, in un altro posto faceva il prefetto, in un posto tranquillo, dove il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, quando si riunisce, si riunisce per prendersi il caffè e dura un quarto d'ora.
  Se si manda un soggetto allenato a fare un comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica per mezz'ora in un posto in cui l'elettricità si taglia a fette, è ovvio che non sia idoneo. Ci vuole attitudine anche per andare lì a fare il commissario.
  Questo vale anche per l'amministratore giudiziario. Ci mancherebbe altro. A noi spesso capitano nelle indagini amministratori giudiziari. Nella sostanza, quando sequestra un supermercato o una rivendita di edilizia, l'amministratore giudiziario è un pupazzo: chi comanda è il ruspista, quello che guida il muletto, che va in giro a portare il materiale. L'amministratore giudiziario diventa il commesso che va a fare le operazioni bancarie.
  Questo accade spesso. Infatti, noi, a Reggio Calabria ci stiamo preoccupando. La magistratura di Reggio Calabria, in particolare la procura, con l'Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria e l'Università per stranieri, sta per avviare un corso, che inizierà il 6 giugno, per preparare circa 40 persone selezionate a diventare amministratori giudiziari. Ai candidati faremo un colloquio orale e le analisi del sangue, dei globuli rossi e dei globuli bianchi. Poi potranno partecipare a questo corso. Chi farà questo master sarà chiamato ad amministrare i beni confiscati alle mafie.
  Parlavo prima della massoneria deviata. La massoneria deviata è nata nel Pag. 341969-1970 con la Santa. Lo stesso ’ndranghetista, al contempo santista, partecipa alla massoneria deviata per entrare nei quadri della pubblica amministrazione. Per arrivare a questo c’è stata una guerra sanguinosa in provincia di Reggio Calabria. È stato ucciso Antonio Macrì, quello di cui vi ho parlato all'inizio, ed è stato ucciso Don Mico Tripodo, nel carcere di Poggio Reale, da due cutoliani, per conto dei De Stefano di Reggio Calabria.
  C’è stata una guerra non da poco perché i giovani si erano stancati di aspettare e di pensare al nolo a freddo, al nolo a caldo, all'abigeato e alle guardianie. Volevano contare di più ed entrare nella stanza dei bottoni. Non interessava più la mazzetta del 4 per cento o chi dovesse vincere l'appalto. Loro volevano decidere se l'opera dovesse essere costruita o meno e, quindi, entrare nel potere direttivo, decisionale. Questa grande accelerazione è stata fatta attraverso la massoneria deviata, cioè entrando nella stanza dei bottoni. Quando parlo di massoneria deviata, mi riferisco a logge non riconosciute, per esempio, da Palazzo Giustiniani, logge non ufficiali, che spesso sono vicine, spesso sono una sopra l'altra, ma sono, ovviamente, cose distinte.
  Noi non possiamo parlare genericamente di massoneria, perché verremmo denunciati. Possiamo dire tutto ciò che riusciamo a dimostrare. Ognuno di noi ha delle idee, ma io sono in grado di dimostrare tutto quello che vi ho detto stasera. Noi, quindi, possiamo parlare solo di massoneria deviata, che ha rapporti diretti con la ’ndrangheta, anzi possiamo parlare di ’ndranghetisti che sono al contempo massoni, che si riuniscono e che decidono il destino della pubblica amministrazione.

  ENRICO BUEMI. Avevo dimenticato una domanda: il vantaggio del crimine qual è, oltre ad avere una funzione ordinatrice, ossia di evitare il conflitto tra le varie cosche ? C’è un vantaggio di ordine economico ?

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Di ordine economico no. Le faccio un esempio: quando è stata fatta l'operazione Crimine, alcuni ignoranti della storia della ’ndrangheta – ce ne sono tanti, anche che insegnano e che ne parlano; sono ignoranti perché non studiano – hanno detto che non era possibile che Oppedisano Domenico, venditore di piantine, fosse il capo della ’ndrangheta. Forse sono stati tratti in inganno perché era stato detto che avevamo scoperto il Riina della Calabria.
  Perché, per esempio, è stato scelto Oppedisano Domenico ? Oppedisano era il capo di un locale di Rosarno. Non era la persona più importante della ’ndrangheta. È stato scelto perché avere una dote alta – non posso usare il termine «grado» perché nella ’ndrangheta non si usano i termini che somigliano a quelli delle forze dell'ordine; ci verrebbe da dire il grado, ma si parla di «dote» – non corrisponde ad avere un potere alto. C’è gente che pensa alla carriera nella ’ndrangheta e gente che pensa ai soldi nella ’ndrangheta.
  Usiamo un termine irriverente: immagini lei un colonnello dei carabinieri che è responsabile del vettovagliamento e un colonnello dei carabinieri che è responsabile del ROS, del Raggruppamento operativo speciale. Abbiamo, quindi, un generale che si occupa delle scarpe e delle divise e un colonnello che, invece, che si occupa dell’élite della polizia giudiziaria e dei carabinieri.
  Oppedisano Domenico non era la persona più ricca, né la più forte, ma in quel caso c'era una mediazione. Nel febbraio di quell'anno è morto Pelle Antonio Gambazza, che era il capo crimine di San Luca. A un certo punto, la ’ndrangheta della Piana di Gioia Tauro dice: «Poiché è da vent'anni che avete il crimine voi della Jonica, della montagna, ora tocca a noi».
  A quel punto, la ’ndrangheta di San Luca e di Platì dice: «La vogliamo noi». Pertanto, c'era il rischio di una scissione della ’ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, che avrebbe potuto uscire dal crimine. La mediazione è stata di nominare sì uno della Piana di Gioia Tauro, ma uno debole.Pag. 35
  È la stessa cosa che è successa nella Commissione europea. Il capo crimine non fa business, non fa affari. È il custode delle regole. Qual è l'importanza del custode delle regole ? La differenza è che, se si arresta un camorrista, ci vogliono uno schiaffo per farlo parlare e due per farlo stare zitto. Se si arresta un calabrese, uno ’ndranghetista, si fa vent'anni di carcere e sta zitto, perché sa che dovrebbe parlare prima di 200 parenti, poi degli amici e poi degli amici degli amici. Per questo motivo non ci sono collaboratori nella ’ndrangheta.
  Inoltre, c’è anche una differenza di arruolamento, di «serietà» dell'arruolamento nella ’ndrangheta, perché c’è un tirocinio di un anno e mezzo o due per entrare a far parte della ’ndrangheta. L'aspirante è detto «contrasto onorato». Il contrasto onorato è un soggetto che non fa parte della ’ndrangheta. È un fan, è uno che aspira a far parte della ’ndrangheta. Viene allenato e allevato da uno ’ndranghetista.
  Questo soggetto, il contrasto onorato, viene portato al cospetto del capo locale per l'affiliazione. Quando c’è la riunione del locale di ’ndrangheta, viene portato da un soggetto già affiliato. Se quel giovane, quel contrasto onorato, che passa alla dote di picciotto liscio, la prima dote della ’ndrangheta, sbaglia, diventa un collaboratore di giustizia o si presenta come un mollaccione, perde di prestigio lo ’ndranghetista che l'ha portato e subisce una sanzione.
  Nella ’ndrangheta c’è un solo grado di giudizio e la sentenza è immediatamente esecutiva, ma non è sempre la morte. Può essere anche un atto di sottomissione o di umiliazione, come mettere la testa del reo nel water e tirare lo sciacquone, imbrattargli la faccia di sterco, sospenderlo tre mesi o sei mesi dalla ’ndrangheta. È come per i massoni metterlo in sonno.

  LUIGI GAETTI. Due battute veloci. Io vengo da Mantova, da Curtatone, dove regna la famiglia dei Muto. Nella mia zona ci sono stati molti fallimenti di società che costruivano soprattutto appartamenti, fallimenti che hanno coinvolto gli artigiani locali. Vorrei sapere se anche il fallimento può essere una fonte di approvvigionamento di denaro, o che ruolo possa avere.
  Ho poi una curiosità da sempre, che ho già posto a molti. Soprattutto per le votazioni di alto livello, dalle regionali in su, cosa ne penserebbe se un parlamentare potesse fare solo un mandato, o al massimo due, e poi necessariamente dovesse andare a casa ? Io credo che non avrebbe più la necessità di andare a chiedere voti alla ’ndrangheta, perché in ogni caso andrebbe necessariamente a casa proprio per definizione.

  NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Quando le aziende sono delle mafie, spesso i fallimenti sono pilotati. Ora non tanto, ma anche gli emiliani – ricordo quelli di Sassuolo, dove ci sono quelle fabbriche di ceramica – mandavano in Calabria TIR pieni di piastrelle, riempivano i capannoni, poi fallivano e facevano sparire tutto. Molti fallimenti sono pilotati in questo senso. Sono più delle truffe, volgarmente dette «bidoni», fatte a queste grandi aziende.
  Per quanto riguarda il limite al partecipare alla politica, il fatto di limitare a una volta o a due il mandato a me sembra una scorciatoia. Prima di arrivare a questo perché non facciamo tutte quelle modifiche delle quali abbiamo detto che c’è bisogno ? Se io facessi tali e tante di quelle modifiche ai codici da non rendere conveniente delinquere, perché penalizzare la politica ? Perché penalizzare un politico serio, perbene, onesto e capace, che ha il senso dello Stato e che ama fare politica ? Perché gli dobbiamo dire che più di quattro o cinque anni non può fare politica e poi consentire il turnover di dieci faccendieri che si alternino a fare politica ?
  Perché questo ? Non sarebbe meglio il contrario, cioè creare un sistema serio, uno Stato serio, con responsabilità dirette, precise e circostanziate, e norme serie in cui il margine di discrezionalità sia minimo, generando quasi degli automatismi ? Perché in altri Stati è possibile questo e in Pag. 36Italia no ? Perché non si modernizza il processo per farlo funzionare ? Per arrivare alle prescrizioni ?
  Potrei parlare fino a domani su queste cose. Iniziamo a modificare le norme, iniziamo a fare articolati di legge rispetto alla Relazione Letta, cui ho partecipato anch'io. Perché non prendiamo la Relazione Letta e non la trasformiamo in articoli di legge ? Perché non prendiamo i suggerimenti ? Si parla di tutto, di tante questioni. L'abbiamo stesa in due mesi, al netto.
  Io avrei altre cento cose rispetto alle venti che ci sono là dentro da proporre: perché non le facciamo gratuitamente ? Perché non prendete 10-15 persone di buona volontà, che non facciano parte di centri di potere e che non abbiano dietro le spalle centri di potere, gente normale, magistrati, professori universitari, avvocati, che dietro le spalle non abbia centri di potere ? Vedrete le belle cose che si possono produrre.

  PRESIDENTE. Io penso che questa sia stata una serata molto importante. Il procuratore Gratteri ci ha promesso un altro po’ del suo tempo per mettere a punto alcune questioni con il comitato del semestre europeo. Magari, insieme con la coordinatrice, trovate il momento più opportuno.
  Io insisterei nel chiederle di farci da guida presso il Santuario di Polsi, quando andremo, essendo una zona un po’ rischiosa da tanti punti di vista. Siamo stati a Limbadi. Noi ci vorremmo andare ora con la missione del 28 e 29. Vorremmo proprio partire da lì, da Polsi. Per essere tranquilli, dato che il luogo presenta molti rischi, io penso che la sua presenza per noi sarebbe motivo di garanzia. Non so se siate d'accordo, ma io proporrei al procuratore che ci facesse da guida, perché credo che sappia tutto di quel monastero.
  Faremo in modo che tutte le macchine siano adeguatamente equipaggiate, ma io credo che lei abbia una possibilità di garantire la sua sicurezza. Rafforzeremo anche la nostra.
  Rimaniamo d'accordo così. Poiché lei è consulente della Commissione, chiediamo al consulente della Commissione di accompagnarci a Polsi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 21.30.