XVII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 8 ottobre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Damiano Cesare , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, sul complesso delle problematiche relative all'attuazione delle politiche previdenziali e alle prospettive di evoluzione del sistema pensionistico (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Damiano Cesare , Presidente ... 3 
Giovannini Enrico , Ministro del lavoro e delle politiche sociali ... 3 
Damiano Cesare , Presidente ... 7 
Gnecchi Marialuisa (PD)  ... 7 
Pizzolante Sergio (PdL)  ... 9 
Rizzetto Walter (M5S)  ... 10 
Di Salvo Titti (SEL)  ... 11 
Cesaro Antimo (SCPI)  ... 12 
Fedriga Massimiliano (LNA)  ... 13 
Damiano Cesare , Presidente ... 14 
Giovannini Enrico , Ministro del lavoro e delle politiche sociali ... 15 
Fedriga Massimiliano (LNA)  ... 17 
Giovannini Enrico , Ministro del lavoro e delle politiche sociali ... 17 
Pizzolante Sergio (PdL)  ... 17 
Giovannini Enrico , Ministro del lavoro e delle politiche sociali ... 17 
Damiano Cesare , Presidente ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CESARE DAMIANO

  La seduta comincia alle 9.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, sul complesso delle problematiche relative all'attuazione delle politiche previdenziali e alle prospettive di evoluzione del sistema pensionistico.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sul complesso delle problematiche relative all'attuazione delle politiche previdenziali e alle prospettive di evoluzione del sistema pensionistico.
  Buongiorno a tutti, alle onorevoli colleghe e agli onorevoli colleghi. Ringrazio il ministro per la presenza e la disponibilità a questa audizione, nonché il capo di gabinetto del ministro, professor Tomasone, per la presenza.
  Al fine di rendere il più possibile utile e costruttivo il nostro incontro, chiederei al ministro, se è d'accordo, di svolgere una brevissima relazione introduttiva, se è possibile concentrandola in una decina di minuti, illustrando le diverse tematiche per capitoli.
  Nella modalità della discussione di oggi noi avremmo concordato con la presidenza e i capigruppo di procedere in questo modo: subito dopo la sua illustrazione, signor ministro, ogni gruppo prenderà la parola per formulare le domande, quindi vi sarà un intervento per gruppo. Sappiamo che lei ha appuntamento alle 11 per proseguire il confronto del Governo con le parti sociali, quindi vorremmo utilizzare la giornata in modo proficuo, in modo tale che sia possibile da parte sua, ministro, rispondere alle nostre sollecitazioni e inquadrare possibilmente le soluzioni, compatibilmente con le decisioni del Governo.
  Se vi saranno ulteriori questioni e sollecitazioni, valuteremo l'eventuale integrazione del dibattito. Lo schema, tengo a ribadirlo, è il seguente: relazione del ministro, interventi dei gruppi, conclusioni del ministro.
  Do la parola al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini.

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Presidente, la ringrazio di questa opportunità. Naturalmente, dato l'ordine dei lavori, mi limiterò a un breve intervento introduttivo, in cui proverò a trattare questioni più urgenti ma anche alcune questioni più di prospettiva, nei tempi contingentati che ci sono stati assegnati.
  In particolare, in questo breve intervento mi concentrerò sulla situazione dei cosiddetti «esodati», sulla questione della possibile flessibilizzazione del meccanismo di accesso alla pensione, svolgendo, infine, alcune considerazioni sul futuro del sistema pensionistico.Pag. 4
  Per ciò che concerne il tema degli esodati, coerentemente con quanto dichiarato dal Presidente del Consiglio dei ministri nel suo discorso programmatico, il Governo ha dimostrato concretamente di non considerare chiusa la questione intervenendo in questi mesi a più riprese.
  Prima di elencare gli interventi realizzati ed esprimere le intenzioni per ulteriori misure, vorrei ricordare che per «esodati» si intendono le persone espulse dal mercato del lavoro prima del 31 dicembre 2011 che, per effetto del brusco innalzamento dei requisiti di accesso al trattamento pensionistico, non hanno poi maturato e non matureranno entro breve termine tale diritto.
  Ovviamente, diverso è il caso dei lavoratori interessati da accordi stipulati prima della fine del 2011, per i quali è previsto un percorso di ammortizzatori sociali, in esito al quale si arriverà al pensionamento. Così come diverso è il caso di coloro i quali hanno perso il lavoro successivamente al 31 dicembre 2011, o di chi ha perso il lavoro prima di tale data, ma è ancora ben lontano dall'età di pensionamento. Per quanto difficile, la situazione di questi lavoratori non deve essere confusa con quella degli esodati. È per questo che il Governo ha messo in campo azioni volte al reinserimento lavorativo non solo dei giovani, ma di persone di tutte le età, oltre che a un forte rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.
  Per ciò che riguarda, in particolare, la questione degli esodati, in questi mesi il Governo ha, in primo luogo, proseguito nel dare attuazione alle tre salvaguardie definite dal Governo precedente per complessivi 130 mila lavoratori; ha avviato una quarta salvaguardia per le persone oggetto di licenziamenti individuali, stimate al momento in circa 6.500 unità, le quali costituivano, all'interno della categoria degli esodati, quelle nella condizione di maggiore fragilità, in quanto non rientranti nei processi di mobilità condivisi con le parti sociali, ma oggetto di licenziamenti individuali. Personalmente ho incontrato i rappresentanti dei cosiddetti «comitati degli esodati», i quali hanno presentato un dettagliato elenco di interventi che, a loro parere, dovrebbero essere realizzati. Lo sottolineo perché è la prima volta che un ministro ha incontrato questi rappresentanti (credo che anche questa Commissione lo abbia fatto).
  Inoltre, il Governo ha trovato le risorse riferite al 2013 – circa 65 milioni – per emettere il decreto relativo all'articolo 5-bis dell'articolo 12 della legge n. 122 del 2013, che riguarda circa 10 mila persone, esodati ante litteram, se volete. Per queste persone, che non sono coperte in modo stabile, è necessario ogni anno trovare le risorse per assicurare loro il trattamento. Ebbene, il Governo le ha trovate e il decreto, già firmato da me, è attualmente alla firma del Ministro dell'economia e delle finanze.
  Infine, e vorrei sottolinearlo come un elemento non trascurabile, il Governo ha destinato a possibili ulteriori salvaguardie i risparmi – circa 500 milioni – derivanti dall'armonizzazione dei requisiti pensionistici di alcune categorie particolari di lavoratori. Intendo sottolineare questo aspetto perché è la prima volta, dal 1992 (intervento di Amato sulle pensioni), che i risparmi su riforme pensionistiche restano nell'ambito pensionistico e non sono stati utilizzati per fare cassa, come si dice. Il fatto, cioè, di aver armonizzato questi trattamenti e di aver deciso di riorientarli proprio in vista di ulteriori allargamenti delle salvaguardie è un segnale ulteriore di attenzione da parte del Governo per questa categoria.
  In conclusione, proprio a testimonianza dell'attenzione posta a questa tematica, il Governo in pochi mesi ha stanziato risorse significative per queste categorie di persone, destinando a ulteriori interventi risorse aggiuntive disponibili per i prossimi anni. Vorrei ricordare che complessivamente con la quarta salvaguardia si è arrivati a un importo complessivo di circa 10 miliardi e 400 milioni per il tema degli esodati. Questo ulteriore intervento sui 6.500 salvaguardati ha riguardato circa 600 milioni.Pag. 5
  Insomma, credo che il Governo abbia dimostrato, in questi mesi, un'attenzione particolare per queste persone. Peraltro, vorrei sottolineare come dai dati forniti dall'INPS emerga come non tutte le posizioni teoricamente disponibili nelle prime due salvaguardie siano state immediatamente utilizzate. Infatti, le imprese – in particolare per la seconda salvaguardia – hanno comunicato un numero nettamente inferiore a quello preventivato di persone oggetto di accordi di mobilità in uscita entro quest'anno.
  Questo vuol dire, in altri termini, che già nelle prime due salvaguardie esiste un residuo che non verrà utilizzato immediatamente. Attenzione, questo non vuol dire che non potrà essere utilizzato successivamente; in altri termini, voglio dire che non sono veri risparmi, in quanto proprio la non comunicazione da parte delle imprese delle persone in mobilità che andranno via nel 2013 non significa che queste persone non andranno via nel 2014 o negli anni successivi. Lo dico per evitare di dare l'impressione che nelle salvaguardie ci sia un tesoretto, che possa essere facilmente riutilizzato per altre categorie di salvaguardati.
  Vengo alla questione della possibile ulteriore estensione della platea dei salvaguardati. In questo senso, il Governo valuta positivamente l'emendamento proposto da Damiano e altri al decreto n. 102 del 2013 a favore dei lavoratori che hanno usufruito entro il 31 dicembre 2011 di congedi per assistere familiari con disabilità grave e che maturino il requisito per l'accesso al pensionamento entro il 6 gennaio 2015.
  Il costo di un tale intervento è stato quantificato in circa 67 milioni di euro, la cui copertura può essere assicurata anche a valere sui risparmi derivati dalla citata armonizzazione. In questo senso il Governo è pronto a farsi carico, in qualche modo, di questa proposta e a preparare le necessarie coperture per far sì che questo intervento venga realizzato.
  Il Governo sta valutando attentamente anche possibili interventi in via amministrativa riguardanti particolari categorie: interventi intesi a risolvere questioni emerse in fase di applicazione di disposizioni normative. Naturalmente, alcuni di questi interventi richiedono coperture adeguate, quindi riflessi di tali interventi sulla finanza pubblica sono in fase di quantificazione.
  Da ultimo, il Governo sta valutando anche il riconoscimento della contribuzione figurativa a tutti gli effetti maturata per le assenze connesse alla donazione di sangue e a casi analoghi.
  Questi sono interventi che possono essere realizzati all'interno della cornice finanziaria di cui ho parlato.
  Vorrei trattare ora il secondo aspetto, che riguarda la cosiddetta «flessibilizzazione con penalizzazione» dei requisiti per l'accesso ai trattamenti pensionistici, tema sul quale sono state presentate diverse proposte in Parlamento. Il Governo ha attentamente valutato anche sul piano finanziario tali proposte, che avrebbero il prevedibile effetto di aumentare in modo consistente il numero di nuove pensioni a partire dal 2014, determinando un onere sulla finanza pubblica quantificabile in diversi miliardi di euro all'anno.
  Infatti, in tali ipotesi, il meccanismo di riduzione dell'importo pro capite, cioè la penalizzazione, non sarebbe in grado di compensare il forte aumento del numero di prestazioni presumibilmente dovuto a tali interventi. Tale onere, nella forma stimata sulla base delle proposte, appare al momento incompatibile non solo con il percorso di graduale contenimento della spesa pensionistica realizzato con la riforma del 2011, ma anche con l'indirizzo del Governo, chiaramente esposto dal Presidente del Consiglio dei ministri nel suo recente discorso alla Camera, di voler ridurre il costo del lavoro in via prioritaria per aumentare la competitività del sistema economico e promuovere l'accelerazione della ripresa congiunturale al fine di ridurre la disoccupazione.
  Questo però non vuol dire non solo che non ci dobbiamo porre il problema, ma che non possiamo ipotizzare strumenti che vadano nella direzione indicata. Proprio per questo il Governo sta valutando soluzioni Pag. 6a questo problema diverse da quelle contenute nelle proposte fin qui formulate da singoli parlamentari. Approfondimenti tecnici sono ancora in corso e verranno completati nei prossimi giorni, anche in vista della preparazione della legge di stabilità.
  Da notare, a questo riguardo, che una soluzione finanziariamente sostenibile a questo problema potrebbe anche consentire non solo ad alcune categorie di possibili esodati, ma anche a chi avesse perso il lavoro successivamente alla data del 31 dicembre 2011 e fosse vicino all'età del pensionamento, di trovare una soluzione a regime.
  In ogni caso – devo dirlo – questi interventi, che possono aiutare a risolvere due problemi in uno, nell'ambito delle compatibilità finanziarie, non devono far immaginare che il Governo intenda fare una controriforma delle pensioni rispetto a quella che il Parlamento ha approvato un paio di anni fa.
  Infine, vorrei citare brevemente alcune tematiche che riguardano le condizioni generali del sistema pensionistico. La prima considerazione riguarda l'intenzione del Governo di confermare il meccanismo di rivalutazione delle pensioni in base all'inflazione previsto dalla normativa vigente per l'anno 2014. Tale meccanismo prevede una piena indicizzazione per gli importi pensionistici fino a tre volte il minimo, un'indicizzazione al 90 per cento per gli importi compresi tra tre e cinque volte il minimo, una del 75 per cento per gli importi tra cinque e sei volte il minimo, e una sterilizzazione dell'adeguamento per gli importi superiori a sei volte il minimo. Quando parlo di importi, naturalmente, non sto parlando di importi del valore della singola pensione, ma sto parlando delle fasce, cioè degli scaglioni. Lo dico perché tutte le pensioni sono in realtà rivalutate con percentuali diverse all'inflazione.
  Confermo che il Governo è intenzionato a mantenere questo meccanismo per il 2014. Tale meccanismo rappresenta un significativo miglioramento rispetto alle condizioni vigenti per l'anno 2013, il quale prevede solo un'indicizzazione per gli importi fino a tre volte il minimo.
  Per il 2015 e gli anni successivi, per i quali è prevista un'indicizzazione al 75 per cento anche per gli importi superiori a sei volte il minimo, il Governo sta valutando l'opportunità di un intervento volto a ridisegnare il meccanismo di indicizzazione (mi riferisco alle categorie con trattamenti oltre sei volte il minimo), così da ridurre l'indicizzazione in particolare delle pensioni più elevate.
  Il risparmio così generabile, comunque limitato visto il numero relativamente basso di pensioni superiori a sei volte il minimo, potrebbe essere riutilizzato all'interno del sistema pensionistico in un'ottica di solidarietà.
  Una seconda tematica di cui bisogna tener conto ha a che fare con le prospettive a lungo termine dei trattamenti pensionistici di persone caratterizzate da entrate ritardate nel mercato del lavoro e/o da carriere lavorative fortemente discontinue. Questo è il problema per chi entra tardi nel lavoro, per chi ha lavori frammentati. È un problema che dobbiamo porci per il futuro, altrimenti il rischio è che tra trent'anni generiamo una condizione insostenibile per i pensionati di domani.
  Benché il problema, come ho detto, non sia destinato a manifestarsi nel breve termine, è importante pensare a introdurre nel sistema meccanismi che favoriscano l'accumulo di contributi, nel corso dell'intera vita lavorativa, nel modo più flessibile possibile.
  Il Governo sta riflettendo su possibili interventi in questa direzione, anche alla luce di esperienze di altri Paesi e di proposte che sono state formulate. Lo ripeto, qui l'obiettivo è quello di consentire alle persone di aumentare il proprio montante pensionistico, nel corso della vita, con maggiore flessibilità rispetto a quella che oggi è consentita, al fine di totalizzare l'ammontare massimo possibile di contributi.
  Infine, nell'ottica del cosiddetto «invecchiamento attivo», il Governo sta per Pag. 7costituire un gruppo di riflessione che formuli proposte volte a stimolare l'inclusione sociale di chi già gode di un trattamento pensionistico, anche in un'ottica di integrazione del reddito di fonte pensionistica. Va già in questa direzione la misura contenuta nel Decreto Lavoro che rende più agevole per le amministrazioni pubbliche erogare voucher a favore di anziani ed altre categorie per lo svolgimento di progetti di natura sociale.
  Le proposte degli esperti, che verranno coinvolti naturalmente a titolo gratuito nel gruppo di riflessione, potranno essere portate all'attenzione del Parlamento.
  Grazie, presidente, di questa opportunità. Naturalmente attendo i vostri commenti.

  PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per la sua relazione, che definirei puntuale e che ha anche cercato di dare indicazioni concrete, come non sempre capita.
  Come concordato, ogni gruppo potrà fare un solo intervento della durata massima di cinque minuti, per consentire, in seguito, una replica del ministro.
  Do, quindi, la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARIALUISA GNECCHI. Signor presidente, vorrei precisare che durante la scorsa legislatura, rispondendo a un'interrogazione in Aula del nostro collega D'Antoni, il Ministro Fornero ha ufficialmente dichiarato che tutti i risparmi derivanti dal «salva-Italia» sulle pensioni sarebbero stati impiegati a copertura del debito pubblico. Faticosamente abbiamo conquistato l'inserimento di un comma, nella legge di stabilità n. 228 del 2012, in cui si prevede l'istituzione di un fondo nel quale confluiscano i risparmi delle salvaguardie e tutti i risparmi successivi. All'inizio del comma che istituisce il fondo vi è il riferimento ai commi 14 e 15 del «salva-Italia».
  È stata una conquista difficile, e questo è il motivo della mia reazione. Ero abituata – lo dico da ex dipendente dell'INPS – all'idea che i soldi provenienti dai datori di lavoro e dai lavoratori rimanessero all'INPS per il sistema previdenziale. Pensare che quei fondi per le pensioni non andassero per i giovani o per il cuneo fiscale e così via, nell'ambito cioè di un sistema per il lavoro, ma a copertura del debito pubblico, è stata una sofferenza – per noi e per tutti, nel 2011 – molto grande.
  Ci teniamo a dire che, ovviamente, capiamo le difficoltà economiche del Paese. Questa audizione, come lei sa, era molto attesa dall'esterno. Ci ha detto di aver incontrato il comitato degli esodati; parliamo di persone che si trovano nella reale sofferenza dal 6 dicembre 2011, il cui interesse ha solo un nome, «disperazione», perché vivono effettivamente una disperazione quotidiana. È la disperazione di donne e di uomini che si sono visti spostare le pensioni di 6 o 7 anni.
  La prima domanda che vorrei porle, alla quale ha già parzialmente risposto, riguarda le proposte di legge sulla flessibilità; si tratta di un argomento all'ordine del giorno di questa Commissione, di cui è relatrice la collega Polverini.
  Siamo assolutamente convinti che questa possa rappresentare la risposta vera all'attuale situazione; sappiamo bene, però, che c’è bisogno di risorse. La colpa maggiore della manovra Fornero, potremmo dire, è stata la mancanza di gradualità e la flessibilità sarebbe la risposta anche a questo rischio di lotteria che si è creata con le salvaguardie. Tutte le salvaguardie che lei ha citato dimostrano, infatti, che siamo andati avanti per correzioni in termini di riduzione del danno; è chiaro, quindi, che andando avanti con le salvaguardie qualcuno rimarrà comunque fuori.
  Passando alla domanda, esprimo anche la nostra disponibilità di aiuto reale al ministro nella ricerca delle risorse necessarie. Non ci siamo mai rassegnati al fatto che la pagina 99 del «salva-Italia» (relazione bollinata della Ragioneria) preveda, per il pensionamento anticipato con requisito anagrafico – le famose quote, che riguardavano tutti, autonomi, privati e pubblici – l'abrogazione totale delle quote dal 2012 al 2018, con un risparmio previsto Pag. 8di 13 miliardi. Lei ha già detto, e noi confermiamo, che le salvaguardie trovate fino a oggi sono già superiori ai 10 miliardi e riguardano solo dal 2012 al 6 gennaio 2015. A questo punto, la nostra riflessione è evidente: ci conveniva trovare 13 miliardi e ripristinare le quote.
  Si tratta, come sappiamo, di una scelta impopolare, che sarebbe contro la BCE e le indicazioni di revisione della manovra Fornero, ma, in termini di soldi, non sta in piedi l'idea di stanziare 13 miliardi per l'abolizione totale delle quote dal 2012 al 2018 e 10 miliardi per la salvaguardia fino al 6 gennaio 2015.
  Andrebbe poi affrontato il discorso relativo alle donne: 8 miliardi di risparmio per l'innalzamento della pensione di vecchiaia delle donne. L'esperienza del 1992, che lei stesso ha citato, prevedendo la gradualità nell'innalzamento di 5 anni dell'età per il raggiungimento della pensione, non ha causato la disperazione che c’è adesso.
  Se poi consideriamo lo studio attuariale dell'INPS – 80 miliardi di risparmio previsti dal 2012 al 2021 – non possiamo che esserle veramente al fianco e non possiamo che sostenerla se si apre una trattativa vera con la Ragioneria, per capire almeno la diluizione dei risparmi. In questo contesto la flessibilità sarebbe una risposta in termini reali; poiché noi ne siamo convinti, siamo disponibili a ogni discussione rispetto al reperimento delle risorse.
  Siamo molto felici della salvaguardia per i 6.500 licenziati; era infatti una delle tante ingiustizie averli esclusi e, soprattutto, aver creato anche tra i licenziati una doppia platea, tra quelli che, avendo impugnato il licenziamento, erano previsti nelle salvaguardie e quelli che invece lo avevano accettato, rendendosi conto che non c'era altra possibilità. Come risulta evidente, era una situazione che andava sanata.
  Siamo anche felici per la disponibilità all'ampliamento della platea. Rispetto alle famiglie dei disabili, a nostro avviso, nell'attuale norma vi sono due errori: il 31 ottobre, poiché si creava una nuova lotteria, essendo il congedo frazionabile (30 ottobre e 1 novembre esclusi e 31 ottobre inclusi), e poi perché lo si poneva solo sulle pensioni di anzianità. Noi sappiamo che, purtroppo, siccome sono per lo più le donne ad assistere i disabili, la pensione di anzianità per le donne è un miraggio, non è la pensione alla quale aspirano, che è la pensione di vecchiaia. Non possiamo, quindi, che essere felici di questa disponibilità, peraltro già dichiarata.
  Sempre nell'ottica di aiutare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, abbiamo «dirottato» gli esodati sul decreto sulla pubblica amministrazione, con il Ministro D'Alia, e questa sembra essere una soluzione valida. In tale contesto, porremo anche il discorso sulle ricongiunzioni onerose, perché riguardano tutte le persone che lavorano nel pubblico impiego oggi, mentre per il Ministro Giovannini forse esistono solo quelli dei fondi elettrici e telefonici, e altro.
  Siamo inoltre convinti che molte questioni si possano risolvere in via amministrativa. Quanto è avvenuto con il decreto per la proroga della mobilità, che lei ha già firmato, dimostra purtroppo che i conti non sono mai così precisi. Il primo DM che conteneva il calcolo per la proroga della mobilità prevedeva 5 mila persone, adesso lei ci ha detto che riguarda 10 mila persone per il 2013. Siamo contenti anche di questo aumento, che però dimostra come molte soluzioni si possano trovare anche per via amministrativa. Cito quella classica della prosecuzione volontaria, ante luglio 2007, perché le coperture erano già previste dalla legge n. 247 del 2007, quindi risulta chiaro come alcune situazioni si possano sicuramente risolvere.
  In conclusione, crediamo nella possibilità di ricorrere a soluzioni amministrative; pensiamo, ovviamente, che la flessibilità sia la strada maestra; siamo contenti del decreto di proroga e della soluzione per i 6.500 licenziati; siamo contenti della disponibilità all'apertura. Cercheremo di distribuire sui vari ministri, quindi D'Alia e Carrozza, le questioni relative a chi è nel pubblico impiego oggi, anche per quanto riguarda la scuola.Pag. 9
  Le garantiamo che questa Commissione, come già successo nella passata legislatura, sarà al suo fianco per una trattativa con la Ragioneria, poiché, lo ripeto, per noi che ci occupiamo di lavoro e di pensioni, 80 miliardi di risparmio sulle pensioni dal 2012 al 2021 sono assolutamente inaccettabili.

  SERGIO PIZZOLANTE. Signor ministro, la sua relazione ha riguardato correttamente la questione delle pensioni, oggetto di questa audizione, così com'era stato concordato.
  Dal momento, però, che il Governo ha preannunciato, fra pochi giorni, un intervento sulla questione del cuneo fiscale, non ci offenderemmo se, in fase di replica, volesse dirci qualcosa sugli orientamenti del Governo riguardo a questo tema cruciale. Pur non essendo, infatti, oggetto di questa audizione, sarà il tema caldo dei prossimi giorni, ed essendo noi la Commissione lavoro e lei il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le saremmo grati se ci dicesse qualcosa al riguardo.
  Per quanto riguarda il tema delle pensioni, come risulta dalla sua relazione, e come, del resto, è nei fatti e nella realtà, noi parliamo di salvaguardia uno, salvaguardia due, salvaguardia tre, salvaguardia quattro, e c’è chi pensa che debba essercene una quinta, una decima, una ventesima e così via. Allo stesso tempo, parliamo di interventi, per coprire queste salvaguardie, che ormai hanno superato i 10 miliardi di euro. La somma delle tante salvaguardie e il loro costo esorbitante dimostrano, secondo noi, qualcosa di molto preciso, ovvero il fallimento della riforma delle pensioni dell'ex Ministro Fornero.
  Ci troviamo in una situazione che vede, da una parte, l'inseguimento delle salvaguardie e delle categorie da salvaguardare, dall'altra i costi che crescono ormai in maniera geometrica e non più aritmetica e che, lo ripeto, dimostrano a nostro avviso il fallimento della riforma Fornero. Lei, però, ci dice che non possiamo ragionare in termini di una controriforma, ovvero di una riforma della riforma. Sono due realtà, secondo me, in contraddizione fra loro.
  Un grande riformista – il mio punto di riferimento politico e culturale – diceva che i riformisti non sono coloro che fanno le riforme, ma quelli che sono capaci di rifarle. Il riformismo è questo: accettare la gradualità, fare le riforme, vedere l'impatto che hanno sulla realtà e poi, in base a questo, avere l'intelligenza di rifare le riforme. Questo è il vero principio riformista. Un filosofo come Lucio Colletti ci insegnava la differenza che c’è, proprio su questa base, fra i riformatori e i riformisti.
  In questo contesto, quindi, crediamo che si debba avere il coraggio di dire che bisogna rifare la riforma; con l'inseguimento delle piccole e grandi salvaguardie non si va da nessuna parte. Ogni volta che prevedo una salvaguardia e, quindi, salvaguardo qualcuno, è chiaro che avrò fatto una cosa giusta, perché stiamo parlando di disperati, ma avrò anche aperto una voragine per i tanti che, a loro volta, inseguono una cosa giusta. Nel risolvere, cioè, il problema di uno, apro una voragine per due, per tre, per dieci. Questo è il dramma, il disastro verso il quale ci siamo incamminati con questa gestione del post-Fornero.
  Nel momento stesso in cui faccio un'opera di giustizia nei confronti di una persona o di un gruppo di persone che debbono essere giustamente aiutate, creo un'ingiustizia per altri, per una moltitudine di altre persone; in tal modo io faccio un cattivo uso delle risorse, utilizzandole non per affrontare questioni generali, trasversali, orizzontali, ma per fare piccole opere giuste – non dico che non lo siano – che aprono delle voragini per gli altri.
  Bisogna allora avere il coraggio di dire che è arrivato il momento di affrontare la riforma della riforma che, dal mio punto di vista, non è una controriforma, bensì un'opera riformatrice seria. Questa riforma ha creato, infatti, ingiustizie serie per tutti, non soltanto per un certo numero di famiglie che devono essere salvaguardate e che, lo ripeto, è necessario Pag. 10salvaguardare, ma all'interno di una revisione della riforma che riguardi loro come altri, con le risorse disponibili.
  Questa è la critica di fondo che noi facciamo al percorso che è stato avviato.
  In secondo luogo, io avverto un eccesso di timidezza riguardo alla questione, se così può definirsi, dei picchi bassi e dei picchi alti delle pensioni in Italia, ovvero la grande diseguaglianza tra pensioni troppo basse da una parte e pensioni troppo alte dall'altra. Anche in questo caso ci vuole, secondo noi, coraggio e noi stiamo lavorando a un progetto di legge che intervenga in maniera seria sulle pensioni alte, sopra un certo reddito. Non si tratta di una questione legata soltanto alla solidarietà, ma è anche una questione di giustizia riguardo alla quale, ribadisco, avverto un eccesso di timidezza.
  Avrei voluto porre altre riflessioni, ma è finito il tempo a mia disposizione e mi fermo qui.

  WALTER RIZZETTO. Buongiorno, signor ministro, e grazie per la sua presenza. Mi collego inizialmente a quanto diceva il collega Pizzolante. Quando lei ha parlato di cuneo fiscale, ovvero dell'insieme dei carichi fiscali che un'azienda deve sostenere, quindi di costo del lavoro, ha fatto un accenno che effettivamente anche a noi interessa molto.
  Chiaramente non le sarà sfuggito l'incontro di ieri con CGIL, CISL e UIL a Palazzo Chigi e, ovviamente, non può sfuggirle l'effettiva drammaticità della situazione. I soldi per aiutare le aziende e, quindi, per creare nuovi posti di lavoro sono assolutamente pochi.
  Anche noi le chiediamo se può dire qualcosa rispetto al cuneo fiscale. Il Governo si è già espresso riguardo a eventuali coperture dello stesso, nel senso che si parla di coperture tra i 2 e i 5 miliardi per il 2014; Confindustria sostiene che si tratta di misure insufficienti e che si dovrebbe arrivare a 8-10 miliardi; qualche onorevole collega parla addirittura, in maniera propedeutica al taglio del cuneo fiscale, di almeno 16 miliardi. Vorremmo capire, insomma, anche da lei, come il Governo riuscirà a incardinare questo tipo di provvedimento.
  Vorremmo poi rivolgerle alcune domande, cui speriamo di ricevere risposta già oggi. La prima riguarda un tema abbastanza sentito e, in particolare, una categoria. Se è vero che noi dobbiamo andare avanti, quasi mensilmente, con delle salvaguardie da portare a termine, una volta concluse le salvaguardie evidentemente la manovra Fornero – non la riforma, perché si riforma un qualcosa per migliorarlo – non ha più senso. Se sono state create delle categorie in seno alla manovra Fornero, una volta che, giorno dopo giorno, salvaguardiamo delle persone, finiti i salvaguardati – questa è la mia interpretazione – la riforma Fornero viene assolutamente disinnescata.
  Facciamo presente che abbiamo già presentato una proposta di legge per sanare la situazione dei «Quota 96, Comparto scuola»; il provvedimento, che contiene una copertura finanziaria adeguata ai dati ufficiali sulla platea, concerne la tassazione delle transazioni finanziarie. Se dal punto di vista tecnico la soluzione è percorribile, rileviamo che finora c’è stata una scarsa volontà, forse politica, di risolvere la problematica. Ne è testimonianza, tra l'altro, il palese ritardo con cui sono state avviate le procedure di censimento della platea di beneficiari.
  Chiediamo, pertanto, come prima domanda, se è nell'intenzione del ministro trovare una soluzione celere al problema di «Quota 96» del Comparto scuola, nato tra l'altro per un mero errore materiale, riconosciuto anche dal precedente Governo. Si tratta di attuare qualche norma per sanare al più presto questa profonda ingiustizia.
  La seconda domanda riguarda i numeri. Noi siamo sempre molto avidi di numeri. Ricordo, a tal proposito, che è passato anche un ordine del giorno in base al quale trimestralmente l'INPS dovrebbe darci più numeri; tuttavia, l'unico numero finora ricevuto da parte dell'INPS è quello riferito in questa sede dal sottosegretario Dell'Aringa che è venuto a parlarci, a tutti Pag. 11gli effetti, di pensioni d'oro, stilando una classifica tra le dieci pensioni più alte, in media, in Italia.
  Vorremmo, quindi, sapere quante domande di pensione sono state evase. In agosto, se la memoria non ci tradisce, su circa 130.100 erano quasi 11 mila le domande evase, ed era previsto un aumento di circa 4 mila domande mensili. Chiediamo se effettivamente questi numeri sono stati aggiornati, come l'INPS può darci una mano e come lei stesso può aiutarci, anche nei confronti dell'INPS, a ottenere questi dati.
  La terza e ultima domanda rispecchia quanto giustamente da lei sottolineato in un'intervista rilasciata, se non ricordo male, al settimanale Panorama. Nel mese di agosto di quest'anno, lei ha dichiarato di voler mettere mano, o quantomeno di voler sollevare il problema delle pensioni d'oro e – ha aggiunto – delle pensioni d'argento.
  Le strade prospettate riguardano la possibilità di rivalutarle all'inflazione oppure di operare tagli mirati nei confronti di chi riceve una rendita INPS piuttosto alta. Il sottosegretario Dell'Aringa ha riportato i numeri – ricordo che, in quel frangente, più di qualcuno è saltato sulla sedia – rivelando una classifica che vede ai primi posti persone che hanno pensioni più alte di 90 mila euro lordi al mese. Le pensioni d'oro e le pensioni d'argento sono maturate con un vecchio metodo retributivo e, in alcuni casi, sproporzionate rispetto anche ai contributi versati.
  Vorremmo capire cosa ne pensa il ministro e, quindi, cosa pensa di fare; se pensa, ad esempio, che il taglio delle suddette possa effettivamente andare a vantaggio anche delle pensioni minime; pur riconoscendo, infatti, che la pensione attualmente è un diritto acquisito, in un momento di così evidente cambiamento, di così evidente crisi, forse dovremmo pensare che i diritti acquisiti possano essere in parte, sotto questo punto di vista, rivisitati.
  Le chiediamo oggi la conferma sulle misure da adottare. Come lei sa, sono già state presentate delle proposte di legge rispetto alle pensioni d'oro.

  TITTI DI SALVO. Ringrazio il ministro per la sua partecipazione all'audizione.
  All'inizio del suo intervento, signor ministro, lei ha precisato la definizione di «esodati». Penso che su questo argomento non si possa dimenticare – lei naturalmente lo sa bene – che gli esodati nascono da una scelta sbagliata, da una promessa non mantenuta tra lo Stato e le persone. Il punto principale, quindi, sta certamente nella quantificazione, ma sta anche nell'assunzione di responsabilità dello Stato nel recuperare una rottura di patto con delle persone, e questo ricordo ci deve spingere con molta convinzione e determinazione a risolvere il tema.
  Faccio questa premessa perché, nella tragedia di cui tutti qui hanno parlato, c’è un problema che si aggiunge alla sensazione della rottura del patto di fiducia tra cittadini e Stato, ed è la mancanza di certezza del quando questa rottura verrà sanata e di quante sono queste persone. Proprio questa incertezza relativa alla quantificazione della platea e all'individuazione del momento in cui verrà sanata questa rottura di fiducia penso sia un problema.
  Ne aggiungo un secondo, citato dall'onorevole Gnecchi. Insieme a questa «ondulatoria» definizione di dati, di tempi e di modi, c’è anche un'incertezza sulle cifre dei risparmi della riforma previdenziale, al netto dell'ulteriore argomento – di cui parlerò dopo – che riguarda l'opportunità di incidere sull'impianto della riforma e in che modo.
  Se la relazione tecnica – dico una cosa ovvia, ma non lo è se non la si affronta – di accompagnamento alla riforma Fornero dice che c’è un risparmio di 22 miliardi in dieci anni e l'INPS dice che il risparmio, al netto dei 9 miliardi per la salvaguardia degli esodati, è di 80 miliardi nello stesso periodo, ci sono 60 o 70 miliardi di Pag. 12differenza, a seconda che uno conteggi o meno quei 9 miliardi utilizzati per la salvaguardia degli ultimi esodati.
  Questa incertezza di cifre è evidentemente un tema che non è possibile non affrontare. Mi chiedo allora se non si tratti di un tema che meriti, ad esempio, un esame congiunto da parte della Commissione lavoro e della Commissione bicamerale di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza, audendo prima l'INPS e poi il ministero; mi chiedo, inoltre, se non occorra un'inchiesta specifica. Il tema non è, ovviamente, immagino da parte di nessuno, fare scelte punitive che rapinino i fondi alimentati dai contributi dei datori di lavoro, dai lavoratori e dalle lavoratrici; tuttavia, la differenza tra 22 e 90 miliardi è un problema che bisogna affrontare. Il ministro ricordava i 500 milioni usati, per la prima volta, ma qui stiamo parlando di 70 miliardi in dieci anni.
  In ogni caso, la risposta va data e servono certezze sul tema degli esodati, ricordando la rottura di un patto di fiducia, sul tempo necessario per risolvere questo problema, sull'impegno del Presidente Letta e sulle cifre.
  In secondo luogo, penso che la riflessione sul se e come cambiare la riforma Fornero sia dovuta. L'intelligenza di una classe dirigente sta nel verificare se le scelte fatte producano contraddizioni, ingiustizie o errori. Pertanto, la proposta che noi vorremmo avanzare è quella di un'intelligente rivisitazione di un impianto.
  Lei, ministro, parlava del futuro dei giovani e del lavoro discontinuo; così stiamo formando nuovi poveri, cioè giovani precari e vecchi poveri, e le donne punite due volte. Il tema del rapporto tra il tipo di lavoro e l'età in cui si va in pensione è una relazione di buonsenso che penso non possa essere messa sotto il tappeto solo perché abbiamo già fatto la riforma Fornero. Nel momento in cui ci si rende conto che ci sono errori e omissioni oppure che si possa fare meglio, mi chiedo perché non farlo, pensando sempre a quei 70 miliardi di cui abbiamo detto.
  Credo che il tema della riforma Fornero vada riaperto, senza ideologismi. Ritengo ideologico che, di fronte agli errori che stiamo affrontando, si dica che la riforma non si tocca solo perché è già stata fatta.
  Infine, riteniamo molto apprezzabile la disponibilità che lei ha annunciato rispetto ad alcune correzioni; penso ai congedi per le persone che assistono i disabili, ai contributi figurativi per i donatori di sangue e, in sostanza, all'emendamento che lei ha citato. Ho cercato di dire che noi pensiamo che bisognerebbe fare altro.
  Lei ha citato alcune categorie rispetto alle quali immagina di poter correggere alcuni errori; mi chiedo se all'interno di queste categorie, dal momento che ne ha citato genericamente il titolo senza nominarle, immagini anche i «Quota 96» e i ferrovieri macchinisti.

  ANTIMO CESARO. Ringraziando il ministro per la sua disponibilità, riprenderei il discorso sul possibile ampliamento della platea dei salvaguardati, richiamando ancora una volta, con più forza, l'attenzione del ministro sulla condizione dei genitori disabili.
  Lei ha trattato questo argomento e abbiamo apprezzato la sua sensibilità, tuttavia vorrei chiedere dati certi sulle coperture predisposte. Gradiremmo, infatti, una maggiore definizione, anche in termini di concretezza, delle risorse effettivamente disponibili per questa categoria che rappresenta, all'interno di una più generale situazione di disagio, una condizione di particolare difficoltà e, in qualche caso, di vera e propria disperazione.
  Colgo l'occasione, inoltre, per sollecitare la sua attenzione su un ordine del giorno, recepito dal Governo durante l'approvazione del decreto rubricato sotto il titolo «Prime misure urgenti di contrasto alla disoccupazione giovanile». Salutando con favore i dati che emergono circa le assunzioni di giovani al di sotto dei trent'anni di bassa scolarizzazione, vorrei richiamare quell'ordine del giorno che a Pag. 13suo tempo presentai e che il Governo fece proprio, che riguardava il contrasto alla disoccupazione intellettuale giovanile.
  Con riferimento alla dicitura «prime misure urgenti», vorrei chiederle se ci saranno «seconde» e ulteriori misure del Governo di contrasto alla disoccupazione giovanile, ed eventualmente se, in queste seconde e ulteriori misure, ci sarà un'attenzione specifica per i disoccupati laureati, specialmente di area umanistica. Questi, infatti, oggi incontrano enormi difficoltà nel trovare uno sbocco lavorativo degno di questo nome, pur rappresentando, magari, delle eccellenze dell'Italia, essendo giovani che si sono impegnati in percorsi di alta formazione e specializzazione, rispetto ai quali, proprio per questo, è necessario anche porsi il problema del limite di età. Data la formazione di base che ne contraddistingue l'impegno, questi giovani potrebbero trovarsi ad aver varcato la fatidica soglia dei trent'anni, avendo investito molto tempo per la formazione in settori che ritenevano strategici, che io ritengo tali (e immagino molti altri insieme a me), come potrebbero essere le lettere classiche o i beni culturali.
  Gradirei conoscere le intenzioni del Governo su questo specifico argomento.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Ringrazio il ministro e mi scuso se, per il ritardo, non ho potuto assistere interamente al suo intervento.
  Penso, signor ministro, che sia necessario avere il coraggio di dire che la riforma Fornero non deve essere rivista, bensì abolita. Dico che deve essere abolita perché ha fallito su tutti i fronti, da quello economico a quello sociale.
  Visto che lei sicuramente è più preparato di noi, anche per quanto riguarda le indagini statistiche, vorrei chiederle quanto ha influito la riforma Fornero sulla disoccupazione giovanile. In un momento di contrazione dell'offerta occupazionale, se si satura il mercato, trattenendo per più tempo le persone nel mondo del lavoro, non si dà ai giovani l'opportunità di entrarvi.
  Inoltre, bisogna avere il coraggio di dire che la riforma Fornero non è stata fatta per mettere in ordine i conti pubblici, bensì in parte per scaricare i debiti pubblici sul privato: tenere un lavoratore più anziano, che quindi costa molto di più per l'azienda, per molti più anni sul posto di lavoro vuol dire scaricare sul privato il costo del pubblico.
  Vorrei anche sapere come mai – ovviamente l'accusa non è rivolta a lei, ma al suo predecessore, il Ministro Fornero – casualmente viene fatta una riforma delle pensioni così drammatica e, sempre casualmente, l'INPDAP, con un buco di 10 miliardi di euro, viene portato in INPS. Signor ministro, non vorrei che il buco di 10 miliardi dell'INPDAP, che ricordo è un debito degli enti pubblici (l'ente pubblico non paga o non ha pagato i due terzi dei contributi dovuti), con il passare degli anni fosse spostato, ancora casualmente, sulle spalle del lavoratore privato che ha versato all'interno dell'INPS i propri contributi.
  Conosco bene le rassicurazioni che, al riguardo, vengono dall'INPS che parla di casse separate, ma storie del passato ci hanno insegnato che le casse separate, quando serve, non sono poi così separate.
  Per quanto riguarda le pensioni d'oro, noi siamo i primi, ovviamente, a essere favorevoli a un intervento. Vorrei capire se lei ha pensato alla definizione di un tetto per differenziare quali sono le pensioni d'oro e quali non lo sono e, inoltre, come è quantificato questo risparmio. Sono contento che anche i colleghi siano favorevoli a un intervento di questo tipo e lo dico – mi si perdoni – per togliermi un sassolino dalla scarpa: ogni volta che la Lega ha presentato un emendamento in Commissione bilancio, alcuni gruppi cui appartengono i colleghi che oggi sono intervenuti hanno, con l'eccezione del Movimento 5 Stelle, hanno votato regolarmente contro.
  Non condivido l'affermazione del collega che ha detto che, salvaguardando alcune persone, si sono create maggiori ingiustizie verso altre persone. I salvaguardati, infatti, sono persone che, come è stato ricordato da alcuni, avevano firmato Pag. 14un patto e quel patto deve essere rispettato. È altrettanto vero, però, che non si esce dall'ingiustizia se non si abolisce la riforma Fornero, che sarebbe a nostro avviso la scelta migliore – magari reintroducendo, pubblicizzandolo un po’ meglio, il cosiddetto «superbonus Maroni» – oppure, se si preferisce mantenere la situazione attuale, è necessario creare uno scalino di mezzo.
  Esistono diverse categorie di salvaguardati e lei sicuramente avrà avuto modo di conoscere il piccolissimo imprenditore o il piccolissimo artigiano. Le vorrei porre l'esempio – è un caso che mi si è presentato qualche giorno fa – di una signora, titolare di un negozio di parrucchiere, che durante l'ultimo anno, anno e mezzo prima della riforma Fornero, chiudeva l'anno in perdita, ma resisteva per raggiungere l'età previdenziale. Anche per questa persona il patto è saltato e, se non si mette uno scalino fra quelle persone che erano prossime al raggiungimento del beneficio e le altre, dall'ingiustizia sicuramente non si esce.
  La riforma Fornero, per come è stata prevista, è un'enorme ingiustizia in sé, in quanto il nostro Paese ha superato qualsiasi media europea per l'accesso ai benefici previdenziali.
  Le domando, in conclusione, come una persona di buonsenso – e nuovamente, com’è ovvio, non mi riferisco a lei, ma al precedente ministro – possa pensare di portare a regime l'accesso al beneficio fino ai 70 anni; penso soprattutto a determinate professioni, immagino alcune tra le professioni manuali, come il muratore, che a 69 anni dovrebbe andare sul tetto a mettere a posto le tegole.
  Mi sembra, signor ministro, una follia nei termini, perché vuol dire che la politica si è totalmente discostata dalla realtà e dai problemi che i lavoratori vivono quotidianamente. Per questo la prego di intervenire in modo pesante e di avere questo grande coraggio, perché sono convinto che, alla fine, forse il conto economico potrebbe non essere così negativo come qualcuno, da troppo tempo, vuole farci credere.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti i colleghi dei gruppi che sono intervenuti per la puntualità degli argomenti e delle domande, oltre che per il rispetto dei tempi.
  Prima di cedere la parola al ministro vorrei fare una brevissima considerazione. Anch'io, come sapete, penso che la riforma del Governo Monti non abbia prodotto risultati socialmente accettabili e sia sicuramente recessiva, perché produce un effetto scoraggiamento nei consumi – le persone prive di futuro non sono indotte a consumare – produce nuovi poveri e blocca i giovani nelle assunzioni.
  Concordo su queste valutazioni. Direi quindi che noi dobbiamo correggerla e per farlo la Commissione lavoro, nei vari gruppi, ha prodotto delle proposte che il ministro ha esaminato e che riguardano sostanzialmente la questione dell'ampliamento delle salvaguardie da un lato e la questione della flessibilità dall'altro. Mi pare di aver inteso dal ministro che nella legge di stabilità ci saranno proposte che vanno in questa direzione, non necessariamente quelle che vorremmo, ma la questione sarà oggetto di una discussione.
  Rivolgo al ministro solo una domanda. Nell'immediato abbiamo il decreto-legge di conversione; il ministro ha accennato a un passo avanti che tutti hanno apprezzato, quello relativo ai familiari dei disabili, e ad altri interventi relativi alle contribuzioni figurative, ad esempio per i donatori di sangue.
  Se non ho capito male – ma vorrei una conferma – sarebbe preferibile che il Governo definisse un emendamento con le relative coperture, per non inerpicarci in una situazione difficilmente gestibile nel rapporto con le Commissioni referenti bilancio e finanze.
  L'ultima questione è la seguente: le chiedo se lei è in grado oggi – altrimenti ci darà i dati successivamente – di dirci a che punto siamo con le cosiddette «salvaguardie», in sostanza quante persone sono andate fin qui effettivamente in pensione.
  Do la parola al Ministro Giovannini per la replica.

Pag. 15

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Parto da questa ultima considerazione, peraltro ripresa anche da un altro intervento, sulla disponibilità dei dati. Noi abbiamo ricevuto recentemente dall'INPS queste informazioni e siamo assolutamente disponibili non solo a trasmetterle alla Commissione ma ad aumentare ulteriormente la trasparenza in modo che vengano trimestralmente rese disponibili a tutti sul sito. In realtà, questi dati in parte già ci sono, ma li trasmetteremo ulteriormente.
  Cito solo quello che riguarda i 65 mila della prima salvaguardia: sono state fatte – almeno questi erano i numeri al 15 settembre, poi ne abbiamo ulteriori – 61.142 certificazioni e altre 1.421 erano in corso di definizione. Direi che la prima salvaguardia è sostanzialmente esaurita. Vi daremo anche l'informazione sulla liquidazione delle pensioni, ma questo vale anche per le salvaguardie successive. Siamo assolutamente a disposizione su questo aspetto e, d'altra parte, quando si tratta di dati, credo che abbiate già apprezzato il fatto che negli ultimi mesi sono stati messi a disposizione più dati da parte dell'INPS, dell'ISFOL sulle comunicazioni obbligatorie e così via, proprio per aumentare l'informazione.
  Riparto dalla sequenza delle domande che mi sono state poste, anche se poi proverò, per ragioni di brevità, ad accorpare alcune delle risposte.
  Sul problema dei dati, dei risparmi e così via, vorrei chiarire un punto, altrimenti non ci capiamo. Parlare di risparmi della legge n. 214 del 2011 richiede un'attenzione particolare, perché quella legge contenne una quantità di interventi notevole. Solo in campo pensionistico, ci sono dei risparmi legati al cambiamento delle soglie per l'accesso alla pensione, poi ci sono stati interventi sul contributo di solidarietà, sui fondi speciali, l'aumento contributivo per artigiani e commercianti, la deindicizzazione per il biennio e così via elencando. Dipende, allora, da ciò a cui facciamo riferimento.
  Dai dati che furono presentati all'epoca – e parliamo da qui al 2021 – i risparmi complessivi del solo intervento sull'età riguardavano circa 93 miliardi di euro, a fronte dei quali i 10 miliardi di euro che riguardano i salvaguardati sono calcolati sempre fino al 2021 (non si tratta di 10 miliardi spesi in pochi mesi o pochi anni). Quindi, i conti vanno fatti in modo omogeneo; rispetto ai 93 miliardi solo per l'intervento sulla componente dell'età e così via, ci sono 10 miliardi impegnati sullo stesso orizzonte temporale, per ciò che riguarda le quattro salvaguardie. Come dicevo, ci sono poi ulteriori risparmi dovuti ad altri aspetti del «salva-Italia», su cui in questo momento non entro.
  Faccio questa precisazione, a mio parere importante, perché gli interventi che sono stati fatti sui salvaguardati, che riguardano una transizione – per questo ho voluto precisare all'inizio che parliamo comunque di persone che hanno perso il lavoro entro il 31 dicembre 2011 e così via – hanno ridotto (non azzerato) i risparmi. Detto questo, il problema è più ampio, ed è stato quello ricordato nell'intervento iniziale del presidente e anche nei suoi commenti finali: al di là dei salvaguardati esodati, l'età al pensionamento deve in qualche modo essere flessibile, al di là di quello che già prevedono le norme, o va bene quello che prevedono le norme ?
  Questo è un punto che non riguarda gli esodati, ma il futuro da qui in avanti. Vorrei ricordare che ci sono comunque requisiti ridotti per chi fa lavori usuranti, per particolari categorie; inoltre, va ricordato che nel decreto di armonizzazione che abbiamo approvato recentemente; comunque ci sono soglie diverse per particolari tipologie di lavoratori e così via. Quindi, c’è comunque uno spettro ampio. Vogliamo allora provare a trovare una soluzione finanziariamente compatibile non con la riforma in quanto tale, ma con la situazione complessiva del Paese, che però consenta a chi è a ridosso dell'età pensionistica, ma ancora non l'ha maturata, di avere un margine di anticipazione con flessibilizzazione ?
  La mia risposta al riguardo è positiva, compatibilmente con gli aspetti di natura finanziaria. Come ho già detto, le proposte Pag. 16che sono state depositate hanno un costo molto elevato che sostanzialmente impedirebbe, al momento, ogni altro intervento sul cuneo fiscale e su altri aspetti. Sottolineo questo punto – e qui in qualche modo rispondo anche alle sollecitazioni sul tema del cuneo fiscale – perché se, soprattutto in un sistema contributivo, l'economia non cresce, l'occupazione non cresce, non c’è sistema pensionistico che possa reggere.
  Possiamo giocare con le soglie, possiamo giocare con la flessibilità, ma – come direbbe qualcuno – non ce n’è per nessuno. Vorrei ricordare che i meccanismi pensionistici hanno al loro interno il tasso di crescita del PIL nelle formule di calcolo; dunque, se il PIL non cresce, se l'occupazione non cresce, nessun sistema pensionistico – in presenza, tra l'altro, e questa è la buona notizia, di una vita media così lunga in Italia – è sostenibile.
  Il trade off che abbiamo davanti, l'alternativa, a parere del Governo, è di riportare il tasso di crescita dell'economia italiana su un livello elevato che non solo assorba la disoccupazione, ma anche consenta di avere un futuro pensionistico in un sistema contributivo che assicura trattamenti sufficienti e adeguati.
  Dico questo perché, alla fine, in questa fase di fragilità ancora forte del nostro bilancio pubblico, con un debito pubblico che conosciamo, con una crescita ancora così incerta e stentata, credo che si debba orientare il più possibile – compatibilmente con la coerenza finanziaria – gli interventi sul cuneo fiscale, lo stimolo agli investimenti, l'occupazione (non solo giovanile) e così via, per superare quel meccanismo anche psicologico che ricordava il presidente prima (ma anche altri lo hanno fatto) per cui l'incertezza blocca le scelte.
  Quando ho convinto i Ministri del lavoro e delle finanze di Francia, Germania e Spagna a fare la quadrilaterale a Roma, a giugno, e il G20 ha deciso di continuare ad avere Ministri del lavoro e Ministri dell'economia e delle finanze che si incontrano, cosa che non era mai successa in passato, ho cercato di usare esattamente l'argomento che è stato usato da alcuni di voi: oggi la situazione del mercato del lavoro è l'ostacolo, non l'effetto della mancata ripresa. La paura della disoccupazione, in particolare giovanile, ma non solo, spinge chi potrebbe anche spendere a non farlo. Questo è il blocco in cui ci troviamo, ed è un blocco che – lo dico da economista – ha bisogno non solo di spesa, ma anche di credibilità. Scusate questa piccola digressione. Peraltro, tra poco ho una riunione proprio sul cuneo fiscale, perché stiamo analizzando varie ipotesi, quelle che trovate sui giornali (se ne trovano già abbastanza) e altre.
  Quello che vi posso dire è che l'analisi che è stata svolta nell'ultimo mese, anche grazie a modellistiche esistenti, serve proprio per valutare quelle misure che abbiano un impatto maggiore sulla crescita, al di là delle preferenze dei singoli, per avere un dibattito in qualche modo basato su fatti.
  Torno sulla questione pensionistica, partendo dalla salvaguardia delle persone che sono incappate nell'aumento rapido dei requisiti pensionistici, i cosiddetti «esodati». Apro una piccola parentesi per chiarire perché i dati sono così incerti. Come dicevo, ad esempio, nell'ambito dei 55 mila della seconda salvaguardia, erano state stimate circa 40 mila persone che, grazie ad accordi di mobilità, sarebbero dovute andare in pensione, quindi sono state salvaguardate. Ebbene, a fronte di queste circa 40 mila domande, abbiamo avuto molte meno comunicazioni da parte delle imprese. Le imprese lo hanno dimenticato ? Speriamo proprio di no, e comunque non credo. È accaduto perché non esiste un archivio in cui si dice quante sono le persone oggetto degli accordi di mobilità, così come non esiste un archivio di quanti sono stati licenziati individualmente, quindi la stima dei 6.500 della quarta salvaguardia è appunto una stima, perché non tutti gli elementi della nostra vita sono «registrati» dai dati amministrativi.
  Alcune incertezze sui dati derivano da questi aspetti, però è evidente che in qualche modo la «bolla» – se posso usare questo termine, ma con grande rispetto, Pag. 17perché qui parliamo di persone, non di stock finanziari – è ormai in gran parte coperta ed esaurita dalle varie salvaguardie. Il vero problema sono gli altri, il vero problema è quello di chi ha perso il lavoro dopo il 31 dicembre 2011, di chi magari continuerà a perderlo o di chi lo perderà in futuro, perché questa non è l'ultima crisi che – ahimè – questo Paese affronterà.
  Allora, il tema della flessibilità va affrontato come ho detto, ma in modo compatibile sul piano finanziario.
  Faccio ancora qualche considerazione. Avete sollevato il tema dell'impatto della riforma nel momento in cui siamo in una recessione. Ebbene, certamente questo ha avuto un effetto, come tutte le riforme fatte in fase recessiva. Per questo si dice che le riforme andrebbero fatte nei periodi espansivi: peccato che non erano state fatte !

  MASSIMILIANO FEDRIGA. C'era stata la riforma Maroni !

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Sì, ma ne sono state fatte tante, a partire dal 1992 e così via.
  Quello che vorrei dire a questo proposito è che indubbiamente l'incertezza legata alla questione esodati ha messo in più una componente di cui forse non avevamo bisogno.
  Accorpo altre due domande nella risposta. Sul tema delle pensioni «alte» o «basse», certamente l'uso della deindicizzazione parziale per le pensioni molto elevate è uno strumento che, come ho detto, noi contiamo di usare a partire dal 2015, ma ha un effetto significativo per i singoli e relativamente piccolo per il complesso, perché stiamo parlando comunque di un numero di pensioni limitato rispetto al resto.
  Lo dico perché i risparmi che si otterranno, che vanno ottenuti, non sono da soli sufficienti a spingere verso l'alto le pensioni basse. Talvolta vedo numeri folli (per questo ho spinto l'INPS a pubblicare i dati), sento parlare di 100 mila pensioni d'oro in Italia, ma non è così, se per «pensioni d'oro» intendiamo pensioni 10, 20, 30 volte il minimo (anzi, quelle 10 volte il minimo sono pensioni «d'argento»).
  Interventi si possono immaginare, ma la Corte costituzionale è stata estremamente chiara su alcune cose. È più facile intervenire sugli eventuali pensionandi d'oro che sui pensionati d'oro. Questa è un'altra cosa che dobbiamo dirci.

  SERGIO PIZZOLANTE. Sui pensionati di bronzo si interviene, però !

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Conosciamo bene la regola in base alla quale la Corte costituzionale si è espressa più volte, dunque non entro su questi aspetti. Certamente, come ho detto prima, il Governo è intenzionato a utilizzare lo strumento dell'indicizzazione in questa direzione.
  L'ultima considerazione che vorrei svolgere ha a che fare con categorie particolari, che possono effettivamente, di fronte all'innalzamento dell'età pensionistica, avere problemi seri anche rispetto alla sicurezza sul lavoro, non solo delle persone, ma di chi eventualmente può essere penalizzato da errori. Questo è un tema che riporta alla flessibilizzazione, a categorie speciali, sulle quali come ho detto il Governo è disposto a discutere.
  Non entro sulla quota del personale scuola, visto che il tema è stato in qualche modo affrontato, giustamente, anche con il Ministro D'Alia, con il quale ci coordineremo. Tuttavia, vorrei ricordare, da questo punto di vista, un'attenzione speciale. Il tema del pensionamento nel settore pubblico è stato anche oggetto di ulteriori emendamenti recenti. Non possiamo dire al settore privato una cosa e fare nel settore pubblico qualcosa di radicalmente diverso, cioè quello che il settore privato amerebbe fare.
  Credo che noi dobbiamo avere una coerenza. Lo dico perché, in un momento nel quale stiamo cercando di risolvere tanti problemi, il pensionamento anticipato di alcune categorie rispetto ad altre – per le motivazioni che avete detto prima, Pag. 18di coerenza complessiva del sistema – non è necessariamente l'unica soluzione possibile. Lo dico come parola di caveat complessivo, a fronte del rischio di introdurre forti asimmetrie nel sistema, che di nuovo potrebbero determinare quella guerra tra poveri che alcuni di voi hanno evocato.
  Credo di aver almeno tentato di dare alcune risposte. Per quanto riguarda l'emendamento sulle famiglie disabili, a questo punto, come dicevo prima, lo assumiamo noi.
  Vorrei rispondere brevemente in merito alla possibilità di ulteriori interventi sull'occupazione: naturalmente sì, in parte in legge di stabilità, in parte in un possibile collegato lavoro o altro strumento normativo per proseguire.
  Infine, signor presidente, rispetto al riformismo di cui abbiamo sentito prima, bisogna mettersi d'accordo e decidere se dobbiamo fare ogni giorno una riforma o una controriforma o se, invece – e io credo che questa sia la strada giusta – per alcuni casi (non per tutti, ma in alcuni casi bisogna intervenire con molta maggiore forza), laddove sia possibile e necessario, sia preferibile emendare riforme precedenti, sulla base di dati di fatto e di correzione di errori; questo è esattamente quello che abbiamo cercato di fare sul lavoro e su altri aspetti.
  Lo dico perché assisto talvolta a un dibattito politico che evoca sempre e comunque il «grande botto», il grande provvedimento che risolve tutti i problemi. Nei Paesi normali non è così che si fanno gli interventi di politica; si fanno grandi riforme, ma poi si fanno anche tanti interventi giusti. Ecco, credo che questa aspettativa del «grande botto» sia anche frutto di anni di dramma finanziario, di rischi finanziari molto grandi che il nostro Paese ha corso e che forse sono – in parte, almeno – dietro alle nostre spalle. Lo dico come commento personale, da non politico chiamato a svolgere questa funzione su temi diversi.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il ministro e concludiamo questa audizione, che credo sia stata proficua. Ci sono argomenti sufficienti per tutti i gruppi che, nella loro autonomia, faranno le loro valutazioni pubbliche, apprezzeranno o meno quanto è stato detto.
  Dico solo al ministro, a proposito del riformismo, che – non amo fermarmi sulle parole – mi accontenterei di correggere questa riforma. Più gradualità, meno ansia e più consumi sarebbe già un bel risultato.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.