XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 18 settembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 

Audizione del viceministro degli affari esteri, Marta Dassù, sul processo di riorganizzazione della rete diplomatico-consolare (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 
Dassù Marta , Viceministro degli affari esteri ... 3 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 9 
Giovanardi Carlo  ... 9 
Porta Fabio (PD)  ... 10 
Fedi Marco (PD)  ... 12 
Scotto Arturo (SEL)  ... 13 
Del Grosso Daniele (M5S)  ... 14 
Giacobbe Francesco  ... 14 
Garavini Laura (PD)  ... 16 
Tonini Giorgio  ... 17 
Orellana Luis Alberto  ... 18 
Marazziti Mario (SCpI)  ... 19 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 19 
Dassù Marta , Viceministro degli affari esteri ... 19 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 22

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del viceministro degli affari esteri, Marta Dassù, sul processo di riorganizzazione della rete diplomatico-consolare.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del viceministro degli affari esteri, Marta Dassù sul processo di riorganizzazione della rete diplomatico-consolare.
  Ricordo che l'8 agosto scorso il viceministro Dassù ha svolto un'audizione su questo stesso tema soltanto presso la Commissione esteri del Senato, in quanto i deputati furono trattenuti da impegni collegati ai lavori dell'Assemblea.
  Prego il viceministro Dassù di svolgere il suo intervento che servirà a rimettere in pari le due Camere.

  MARTA DASSÙ, Viceministro degli affari esteri. Come mi ero impegnata a fare lo scorso 8 agosto davanti alla Commissione esteri del Senato, torno oggi in Parlamento per riprendere la discussione sulla riorganizzazione della rete diplomatico-consolare, con particolare riferimento ai servizi consolari sostitutivi che intendiamo assicurare alle collettività italiane nelle circoscrizioni oggetto di chiusura.
  Come Farnesina, siamo consapevoli dell'importanza di questo argomento e abbiamo utilizzato questi quaranta giorni trascorsi dall'8 agosto per mettere ulteriormente a punto e per discutere con gli interessati soluzioni operative efficaci per garantire servizi ai nostri connazionali nelle diverse sedi coinvolte. Illustrerò fra breve queste misure sostitutive.
  Come osservazione introduttiva generale, lasciatemi ricordare che si tratta di dare seguito a decisioni già assunte con metodo collegiale, ossia avendo consultato e informato gli organismi competenti, dal Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (CGIE) ai sindacati, sin dall'autunno del 2011. Desidero sottolineare che si tratta peraltro solo di un primo passo. In effetti, approvando queste misure, avviamo un percorso più lungo, che dovrà essere più completo e ampio anche in termini di salto culturale, per riorganizzare e riorientare la nostra rete diplomatica consolare.
  È intenzione del Governo condividere con voi i criteri di questo percorso, che oggi tocca solo delle strutture consolari sulla base di queste misure condivise nel 2011, ma poi dovrà coinvolgere anche la rete degli istituti italiani di cultura e quella delle ambasciate, in particolare le ambasciate più piccole in Europa o nelle città europee dove sono presenti più strutture diplomatiche.
  Per definire queste soluzioni sostitutive, nelle scorse settimane il Ministero degli affari esteri ha effettuato, sia a Roma che all'estero, un'istruttoria ulteriore rispetto al lavoro già fatto dal 2011 in poi, Pag. 4un'istruttoria rapida ma approfondita in cui abbiamo coinvolto anche le associazioni dei connazionali e le autorità locali.
  Come avevo anticipato nell'audizione di agosto, si tratta di soluzioni tailor made, cioè studiate caso per caso, utilizzando una pluralità di parametri tra cui il volume dell'attività consolare, la consistenza della collettività e il suo grado di integrazione, le esigenze dei nostri connazionali, le situazioni locali cioè i servizi effettivamente offerti, la distanza dalla sede ricevente a cui passeranno le attuali funzioni consolari, i carichi di lavoro, non dimenticando il punto di partenza e cioè l'oggettiva necessità di contenimento della spesa pubblica.
  Oggi vorrei tornare ad esporvi i criteri generali che stiamo adottando. In effetti, l'ho già fatto l'8 agosto ma credo che sia giusto ricordarli anche in questa sede. Ritengo che il nostro obiettivo, il nostro compito congiunto sia di avere un'intesa di fondo su questi criteri e su questi termini di riferimento, lasciando alla Farnesina la necessaria flessibilità per operare.
  Il primo criterio è che la riorganizzazione della rete diplomatica consolare italiana non è una scelta, ma è una necessità dovuta a motivazioni sia geopolitiche, in quanto dobbiamo dotarci di una rete più coerente all'evoluzione del contesto internazionale con le implicazioni che ne derivano per gli interessi nazionali dell'Italia, sia economiche, ossia il processo di spending review. In breve, ci serve una rete diplomatica per il mondo di oggi, non per l'Italia di ieri, e il nodo naturalmente è come ottenere questo risultato.
  La riorganizzazione della rete è innanzitutto un obbligo imposto dalla normativa già con la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), poi ribadito dalla legge n. 148 del 14 settembre 2011 in materia di stabilizzazione finanziaria e sviluppo e poi dal decreto-legge n. 95 del 2012 sulla spending review. Quest'ultimo decreto ci impegnava a ridurre non solo gli organici, ma anche la rete estera.
  Va tenuto conto che la rete diplomatica italiana è ancora oggi una delle più estese al mondo: abbiamo 319 sedi estere tra rappresentanze permanenti, uffici consolari e istituti di cultura. Allo stesso tempo, questa estensione ha due criticità molto importanti, che si sono venute progressivamente a creare negli ultimi anni e cioè il fatto che le risorse sia finanziarie che umane della Farnesina hanno subìto costanti riduzioni. Il risultato finale è un forte squilibrio fra il numero delle sedi e le risorse per gestirle, squilibrio che ha effetti negativi sull'efficienza ed efficacia della gestione.
  L'Italia destina alla politica estera percentualmente meno risorse dei principali partner europei. Se guardiamo al bilancio del 2013, lo scarto è importante: noi destiniamo lo 0,24 del bilancio statale, incluso l'aiuto pubblico allo sviluppo che lo scorso anno ha avuto un aumento rilevante, mentre questa stessa percentuale per la Francia è dell'1,78 per cento, per la Germania dell'1,15 per cento, per l'Olanda del 2,5 per cento.
  L'implicazione che ne potremmo trarre è che dobbiamo spendere di più anche perché il contesto geopolitico dell'Italia è molto delicato ma, siccome in un momento economicamente delicato come questo e vista la spending review questo non è prevedibile, dobbiamo prendere dei provvedimenti conseguenti per ridurre lo scarto tra risorse finanziarie ed estensione della rete, anche perché solo una percentuale molto ridotta, 166 milioni, di questi 1,837 miliardi del bilancio 2013 è costituita da spese rimodulabili, ossia effettivamente modificabili.
  Il 77,8 per cento del bilancio è composto in realtà da voci che non possono essere rimodulabili o lo sono solo parzialmente, quindi i margini di flessibilità gestionale sono ridotti. A questa criticità finanziaria si aggiunge la carenza di risorse umane, una carenza molto evidente a quanto dicono i dati. Il personale della Farnesina è ormai la metà di quello della Francia, della Germania, del Regno Unito, le cui reti estere per estensione sono paragonabili alla nostra.
  I nostri funzionari diplomatici (va distinto fra i funzionari diplomatici e funzionari a contratto) sono un terzo di quelli Pag. 5della Francia e un quarto di quelli della Gran Bretagna, e il decreto-legge n. 95 del 2012 collega la riduzione degli organici al taglio della rete. A seguito delle riduzioni di organico susseguitesi sin dal 2006, il numero dei diplomatici è diminuito del 10 per cento, mentre il personale delle aree funzionali ha subìto una diminuzione più importante del 23 per cento.
  Il personale a contratto invece non ha subìto riduzioni, il che significa che la sua percentuale sull'organico è già nei fatti aumentata. Il dato nudo e crudo è che stiamo gestendo queste rete e l'amministrazione centrale con mille unità complessive in meno rispetto al 2004, e di qui appunto lo squilibrio di cui parlavo prima. Va trovato un nuovo punto di equilibrio.
  Il primo criterio in cui situare questa revisione della rete è questo: esiste un fortissimo squilibrio che è stato determinato dalla riduzione delle risorse finanziarie e umane, ma non dalla riduzione delle sedi.
  Il secondo criterio: ho detto che siamo obbligati a questa scelta, oltre che da necessità operative, anche dalla spending review, che però significa non solo tagli lineari, cioè una riduzione lineare della spesa, ma anche un tentativo di riqualificarla, altrimenti nel tempo i tagli lineari peggiorerebbero non solo la quantità, ma anche la qualità della spesa.
  Il tentativo che stiamo facendo come Governo è di cogliere l'occasione della spending review anche per una seria riorganizzazione funzionale. Come sapete, il nostro Paese vive sull'estero perché esiste un'Italia fuori d'Italia di più di 50 milioni di italiani che vivono e lavorano all'estero, perché l'Italia dipende fortemente, più dell'80 per cento, dall’import di energia e materie prime e può rilanciare la crescita economica (siamo ancora in sofferenza, come sapete) solo guardando ai nuovi mercati, in quanto la domanda estera oggi è molto più importante della domanda interna, e solo attraendo investimenti esteri.
  In questi giorni il Governo sta presentando «Destinazione Italia», un importante progetto che coinvolge le nostre reti estere per aumentare la capacità di attrarre investimenti esteri.
  Se tutto questo è vero, e io credo profondamente che lo sia, diventa strategico orientare una rete che è ancora molto concentrata sull'Europa, «riorientarla» ha detto il ministro nelle sue prime audizioni su questo argomento, verso le aree del mondo che sono vitali per gli interessi nazionali italiani, a cominciare dagli interessi economici.
  Negli scorsi anni, fra l'altro, ha lavorato sulla definizione di queste nuove priorità anche una Commissione di cui facevano parte persone esterne al MAE, fra cui il senatore Tonini, Commissione che ha fatto un lavoro importante, da leggere, che giunge esattamente alla stessa conclusione, evidenziando l'esigenza di un aggiornamento della distribuzione geografica della rete anche per rispondere alle esigenze dell'utenza.
  Anche i servizi appaiono in netta crescita nelle aree di forte espansione economica, ma in costante diminuzione nelle aree di nostra presenza storica come l'Unione europea, dove la crescente integrazione delle nostre collettività e dei servizi, basti pensare al sistema Schengen tra i Paesi dell'Unione europea, non giustificano più una presenza consolare capillare come in passato.
  Terzo criterio importante: se le risorse per la politica estera non aumenteranno, ed è difficile pensare che aumentino nel prossimo futuro, potremo aprire nuove sedi, riposizionarci su questi nuovi mercati solo chiudendo o riducendo la nostra presenza tradizionale altrove.
  Le prime aperture in questa direzione riguardano l'ambasciata ad Ashgabat, in Turkmenistan, un Paese molto importante per il futuro dell'energia e quindi importante per un Paese come il nostro, così dipendente dalle importazioni di energia, e i consolati generali di Chongqing in Cina, area in forte crescita con nuovo piano quinquennale più rivolto ad altre province della Cina, e Ho Chi Minh in Vietnam, uno dei Paesi in rapida crescita.Pag. 6
  Sono aree del mondo in cui dobbiamo potenziare la nostra presenza, come i nostri partner europei stanno già facendo e questa riorganizzazione è uno strumento essenziale, una componente fondamentale della politica di crescita dell'Italia. La rete va vista anche in questa ottica fondamentale.
  L'Italia tra l'altro è direttamente testimone di questo riorientamento per quanto riguarda gli altri Paesi, perché ne è oggetto essa stessa. Cito due esempi che mi sembrano molto indicativi. La Germania e la Gran Bretagna hanno chiuso le rispettive strutture consolari di carriera a Napoli, l'Olanda sta per chiudere addirittura Milano. Si tratta di scelte simbolicamente molto forti, che vanno nella stessa direzione di una riduzione del peso in Europa e una ricollocazione altrove.
  Ultimo criterio fondamentale, su cui negli ultimi quaranta giorni si è svolto un dibattito molto importante: dovremo chiudere alcuni sedi soprattutto in Europa, ma non abbiamo alcuna intenzione di abbandonare le collettività italiane nelle circoscrizioni che saranno oggetto di chiusura, una chiusura fra l'altro differenziata nel tempo, che adesso vi illustro.
  Ribadisco il forte impegno della Farnesina ad approntare i servizi necessari per assicurare un'adeguata assistenza alle nostre collettività. Su questo voglio essere trasparente e onesta con voi, come penso di essere sempre: inizialmente potranno esserci dei disagi ed è molto probabile che ci siano, però siamo certi che potrà seguire un assestamento virtuoso senza che le collettività italiane vengano danneggiate nella loro capacità di ricevere servizi adeguati.
  Riassumo tutta questa prima parte. In questo piano di riorganizzazione della rete diplomatica, di cui compiamo solo un primo passo, la Farnesina persegue quattro criteri e obiettivi. Primo, realizzare risparmi economici nel contesto della spending review; secondo, razionalizzare l'uso di risorse umane e finanziarie; terzo, liberare risorse da investire nei mercati emergenti; quarto, ma assolutamente non ultimo, offrire servizi sostitutivi nelle sedi che dovranno essere chiuse.
  Ricordati i criteri generali, passo ora alle misure specifiche, ribadendo che abbiamo tenuto in considerazione la serie di parametri prima esposti, che vanno dai carichi di lavoro alla distanza dalla sede ricevente. Vi leggo quindi la fatidica lista.
  Al 30 novembre 2013 sono previste le seguenti chiusure, per le quali intendiamo assicurare i seguenti servizi sostitutivi: consolato di Tolosa, le cui competenze passano al consolato generale di Marsiglia, la misura sostitutiva prevede l'apertura di uno sportello consolare; vice consolato di Mons, le cui competenze passano al consolato generale di Charleroi, la misura sostitutiva ideata è quella di un funzionario itinerante, ossia di un impiegato di ruolo del consolato ricevente che si recherà periodicamente in loco per il disbrigo delle pratiche necessarie; consolato di Spalato, le cui competenze passano al consolato generale di Fiume, che verrà di conseguenza potenziato, la misura sostitutiva ideata per continuare a offrire servizi adeguati alla collettività è l'istituzione di un ufficio consolare onorario; consolato di Scutari, le cui competenze passano all'ambasciata di Tirana, la misura sostitutiva prevede l'istituzione di un ufficio consolare onorario; consolato di Alessandria, le cui competenze passano all'ambasciata al Cairo, la misura sostitutiva è rappresentata dall'istituzione di un ufficio consolare onorario. L'ambasciata resta adeguatamente staffata e avrà anzi delle competenze consolari in più per trattare tutti i principali dossier politici ed economici in una fase così delicata per quel Paese. Agenzie consolari di Sion, Neuchatel e Wettingen, sulle quali tornerò dopo per svolgere un ragionamento a seguito della missione a Berna della signora ministro la settimana scorsa.
  Questo è previsto, quindi, al 30 novembre 2013, data che riteniamo sufficientemente credibile. Al 28 febbraio 2014 sono previste le seguenti chiusure, per le quali intendiamo assicurare i seguenti servizi sostitutivi: consolato di Newark, la signora Pag. 7ministro risponderà – in sede di question-time – a una specifica interrogazione su questo, le cui competenze passano al consolato generale di New York. In questo caso, in ragione della vicinanza geografica delle due città e delle due circoscrizioni, prevediamo un semplice assorbimento delle competenze, ma non mi dilungo su questo, rimandando alla risposta puntuale della signora ministro.
  Consolato generale di Timisoara, le cui competenze sono previste passare all'ambasciata di Bucarest a conclusione dell'iter ancora in corso di formalizzazione della chiusura, la misura sostitutiva ideata consiste nell'istituzione di un ufficio consolare onorario; consolati di Adelaide e Brisbane, le cui competenze sono previste passare rispettivamente ai consolati generali di Melbourne e di Sidney.
  In questi due casi, date le distanze importanti – più di settecento chilometri – fra le circoscrizioni e la composizione della nostra emigrazione, prevediamo, in ogni caso, di ricorrere a permanenze consolari, ossia all'invio di un funzionario di ruolo che, dai consolati generali riceventi, si rechi periodicamente per alcuni giorni al mese per il disbrigo delle pratiche. Valuteremo, in consultazione con la stessa collettività che si è espressa in questi giorni, l'opportunità e la necessità di abbinare a questa misura anche l'istituzione di un ufficio consolare onorario.
  Il ricorso a questa formula mista avrebbe il vantaggio di assicurare una presenza costante nella circoscrizione, da rafforzare poi con le permanenze consolari che istituiremo in ogni caso.
  Al 30 giugno 2014 prevediamo la chiusura del consolato generale in Amsterdam, le cui competenze sono previste passare all'ambasciata all'Aia. Come per l'Australia, anche in questo caso prevediamo una formula mista con un ufficio consolare onorario abbinato alle permanenze consolari.
  Ritorno adesso sulla Svizzera, dove al 30 novembre 2013 prevediamo di chiudere le agenzie consolari di Sion, Neuchatel e Wettingen. Oggi, nel territorio elvetico noi abbiamo ben nove strutture consolari, una rete consolare che non ha nessun altro Paese. Questo dipende dal fatto che la nostra collettività è molto numerosa e ramificata, ma in effetti stiamo ancora beneficiando di un principio di discriminazione positiva, che deroga alle disposizioni generali delle stesse autorità elvetiche.
  Quando abbiamo presentato al Governo svizzero il piano di razionalizzazione della nostra presenza consolare in quel Paese, infatti, le autorità locali non solo lo hanno accettato, ma ci hanno anche ricordato per iscritto la loro politica per una semplificazione delle reti consolari in Svizzera, in modo da avere una sola sede consolare per regione linguistica.
  In altri termini, le autorità svizzere ritengono che sul loro territorio gli altri Paesi debbano avere al massimo tre presenze consolari ufficiali, mentre noi oggi ne abbiamo nove e dopo le previste chiusure ne avremo sei. Seppur gradualmente, quindi, ci stiamo muovendo lungo una direzione che le stesse autorità svizzere ci invitano a seguire.
  La nostra collettività è storicamente numerosa e ramificata, ma guardiamo cosa succede negli altri Paesi, perché è una comparazione molto istruttiva. La Francia in Svizzera ha due consolati di carriera, uno a Ginevra e uno a Zurigo, la Spagna ne ha tre, la Germania, che ha in Svizzera una collettività di dimensioni non dissimili dalla nostra, non ha nessun consolato e dispone solo di una cancelleria consolare presso l'ambasciata di Berna. Anche con la chiusura delle tre agenzie, quindi, continueremo ad avere in Svizzera la rete consolare più estesa di tutti i Paesi europei.
  Il punto non è quello di chiudere o meno queste sedi, ma di come attutire i disagi logistico-amministrativi e di come continuare ad assicurare i necessari servizi alle nostre collettività. Sono preoccupazioni legittime a cui rispondiamo in questo modo specifico. Le competenze dell'agenzia consolare di Sion, che chiuderemo il 30 novembre prossimo, passeranno al consolato generale di Ginevra, la misura sostitutiva alla quale faremo ricorso è quella Pag. 8di un funzionario itinerante, ossia di un funzionario del consolato ricevente, Ginevra, che si recherà regolarmente in loco per il disbrigo delle pratiche.
  Le competenze dell'agenzia consolare di Neuchatel passeranno all'ambasciata d'Italia a Berna, la misura sostitutiva ideale è ancora quella di un impiegato itinerante. Le competenze dell'agenzia consolare di Wettingen, anch'essa in chiusura al prossimo 30 novembre, passeranno al consolato di Basilea.
  In questo caso abbiamo accolto il suggerimento delle autorità confederali stesse. Avevamo infatti pensato di trasferire le competenze di Wettingen a Zurigo, che è più vicina di Basilea, ma ciò avrebbe comportato la divisione fra due strutture delle competenze sul Cantone di Argovia. Le autorità elvetiche hanno ribadito la loro politica di indivisibilità dei cantoni, per cui le competenze su un cantone devono essere gestite da una sola struttura consolare e quindi abbiamo rivisto la nostra programmazione, prevedendo il trasferimento delle competenze a Basilea e non a Zurigo.
  Sul piano delle distanze parliamo di pochi chilometri di differenza per l'utenza e la misura sostitutiva ideata è quella di un funzionario itinerante che si recherà dal consolato ricevente periodicamente in loco per il disbrigo delle pratiche. Queste sono le misure sostitutive, di cui naturalmente adesso discuteremo.
  Vorrei ricordarvi due criteri generali che si applicano a tutte queste misure, per quanto specifiche: un rafforzamento del personale delle sedi che ricevono le competenze, un aumento del ricorso alle tecnologie informatiche per erogare i servizi.
  Per quanto riguarda il personale, ricordo che l'impegno della Farnesina non si esplicita solo nei confronti delle autorità locali, alle quali abbiamo spiegato le ragioni delle nostre scelte e delle collettività italiane per le quali abbiamo concepito questi strumenti sostitutivi, ma vale anche nei confronti del proprio personale.
  Ribadisco, quindi, che sarà disposto un rafforzamento degli organici delle ambasciate o dei consolati riceventi e che verrà garantita la possibilità di reimpiego per il personale a contratto locale, mentre il personale di ruolo, diplomatico e non, continuerà nell'alternanza fra servizio prestato a Roma e all'estero.
  Il trasferimento delle competenze consolari e del personale in servizio nelle sedi in chiusura non è un esercizio meramente burocratico, ma viene considerato un'occasione per verificare gli effettivi carichi di lavoro delle sedi riceventi e le necessità aggiuntive che emergeranno dalla ristrutturazione della rete.
  Abbiamo effettuato una verifica molto attenta dei carichi di lavoro in ciascuna sede in chiusura e nelle sedi riceventi, abbiamo confrontato il numero di dipendenti in servizio sia delle aree funzionali che del personale a contratto con alcuni dati oggettivi, quale la consistenza delle collettività italiane residenti, il numero dei visti, il numero dei passaporti, in modo da trovare per ogni sede le soluzioni più idonee per assicurare il mantenimento di un elevato livello di servizi consolari nel rispetto dei risparmi attesi.
  Ciò si traduce concretamente nella rimodulazione del personale di ruolo, trasferito – valutate le esigenze di servizio – presso la sede ricevente o in altra sede, e degli impiegati a contratto. Per quanto riguarda questi ultimi, l'articolo 160 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 dà in effetti la possibilità all'Amministrazione di ricollocare entro tre mesi gli impiegati di uffici in chiusura presso altri uffici all'estero, nei limiti consentiti dalle esigenze di servizio e dalle disponibilità di bilancio.
  Prendendo il caso particolare del consolato generale di Ginevra, l'amministrazione ha intenzione di trasferire entrambe le unità in servizio presso l'agenzia consolare di Sion, provvedendo altresì a potenziare il consolato di Ginevra con un impiegato a contratto. In alcuni casi limitati, per superare la prima fase di trasferimento, che sarà più delicata, si potrà far ricorso a personale a contratto a tempo determinato.
  La seconda misura sostitutiva di carattere generale riguarda il potenziamento Pag. 9delle tecnologie informatiche nel settore consolare, che potrà consentire la fruizione a distanza dei principali servizi con modalità online. Si tratta del portale informatico denominato «Servizi consolari online», SECOLI, che non ha un nome felice ma funziona molto bene.
  È già in servizio con buoni risultati in Belgio, anche a Charleroi che assorbirà le competenze di Mons e, in via sperimentale, in Spagna e in Portogallo. Sinora oltre un milione di utenti ha prenotato un appuntamento online e sono circa 380.000 i connazionali che hanno una casella mail associata alla scheda personale contenuta in questo sistema.
  I prossimi passi della diffusione di questo portale online seguiranno il piano delle chiusure, quindi si avrà un'estensione di questa rete entro febbraio del 2014 in Francia, Svizzera, Croazia, Albania, Egitto (in quest'ultimo caso con molta attenzione alla sicurezza), entro maggio del 2014 in Romania, entro giugno del 2014 in Australia, entro settembre del 2014 in Slovenia e in Olanda, entro dicembre negli Stati Uniti.
  Questi sono i nostri impegni. Vorrei aggiungere che è difficile oggi per me e per l'amministrazione quantificare con esattezza i risparmi che trarremo da questa delicata transizione, ma dai nostri primi calcoli stimiamo che potremo ricavare risparmi di bilancio quantificabili in circa 8 milioni di euro all'anno.
  La misura sostitutiva più costosa è l'istituzione di uno sportello consolare, perché richiede la presenza di un locale di adeguate dimensioni che non sempre potremo avere gratuitamente, come è ovvio, e perché costa l'integrazione dello sportello nella Rete Internazionale della Pubblica Amministrazione (S-RIPA). In contesti ambientali difficili e distanti una connessione può infatti arrivare a costare 50.000 euro. In base a questo primo piano avremmo bisogno di un solo sportello consolare a Tolosa, cosa che appare economicamente positiva.
  Se oggi non posso dare una stima certa dei risparmi, è invece certa e sicura la nostra intenzione di destinarne una parte rilevante ai servizi sostitutivi, ossia a quei capitoli di bilancio destinati a rimborsare le spese dei consoli onorari e le missioni dei funzionari itineranti. Le misure sostitutive che serviranno ad attutire i disagi delle collettività verranno adeguatamente finanziate, così come verranno potenziate le capacità dei consolati e delle ambasciate riceventi.
  In questo primo passo di una riorganizzazione che, come dicevo all'inizio, ha ragioni di risparmio economico e ragioni geopolitiche, abbiamo bisogno di una rete moderna e adatta ai tempi, naturalmente ci possono essere opinioni molto diverse e le ascolterò molto attentamente, ma credo che un primo passo sia indispensabile.
  Ogni lista può avere dei punti forti e dei punti deboli, ma siamo convinti che questa sia il migliore equilibrio possibile fra una definizione attenta dei nuovi interessi nazionali dell'Italia e l'esigenza di continuare a fornire servizi adeguati alle nostre collettività estere.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CARLO GIOVANARDI. Grazie presidente. Vi intratterrò soltanto su un caso specifico, eccentrico rispetto agli altri, che riguarda il consolato di Spalato per ragioni collegate al passato e alla storia, e collegate al futuro.
  Ricordo che Spalato di Baiamonti era una città amministrata dagli italiani che avevano un'egemonia culturale ed economica e che purtroppo, dopo la prima guerra mondiale, furono costretti, non dal fascismo ma dai Governi liberali, a optare per la cittadinanza italiana. Perdendo, quindi, la cittadinanza croata non potevano esercitare né le professioni né il commercio e la comunità subì questa scelta di italianità indotta dalla diplomazia italiana.
  Diventò italiana per qualche anno, tragedia nella tragedia, e poi scoppiò la seconda guerra mondiale. Questo è il passato di una città che oltretutto ha un Pag. 10consolato che si interessa anche di Zara, di Sebenico e di Ragusa. Chi ha letto il Corriere della sera questa mattina ha visto che finalmente, dopo anni e anni di questioni, non burocratiche collegate all'assistenza, ma di attività politica e diplomatica, ha aperto l'asilo italiano di Zara, che è una grande conquista di pacificazione fra croati e italiani, rispettosa della storia e del pluralismo di queste zone.
  C’è quindi una storia del passato, ma c’è anche da ricostruire un futuro di convivenza dall'altra parte dell'Adriatico con un caso che non ha nulla a che fare con ciò di cui abbiamo parlato. Abbiamo parlato di consolati che garantiscono assistenza agli italiani emigrati oppure ai turisti italiani in giro per il mondo, mentre qui stiamo parlando dell'unica realtà italiana – come sapete, Zara è stata italiana fino al 1945 – in cui ci sono comunità italiane autoctone e c’è la necessità di un'attività politico-diplomatica essenziale per non interrompere quel processo virtuoso che si è messo in moto da pochissimi anni, perché il nazionalismo croato si è opposto all'integrazione, alla riscoperta di quel mondo in cui convivevano etnie diverse.
  Giustamente tutte le associazioni sia quelle degli esuli in Italia, sia quelle di coloro che sono rimasti, e quindi dell'Unione degli italiani, hanno protestato vivamente che i nostri 30.000 connazionali lì residenti subiscano l'eliminazione di un punto d'appoggio fondamentale come il consolato di Spalato.
  I nostri connazionali vivono lì, rappresentano la necessità di tutelare la nostra lingua, la nostra tradizione e la nostra cultura, ma il Governo italiano toglie loro questa sede. Pensate se a Bolzano succedesse qualcosa di simile, cosa che è impensabile, anche perché l'Austria ha sempre pensato di rafforzare la presenza di appoggio alla sua comunità autoctona in Italia, come noi italiani continuiamo a fare in una situazione di totale integrazione.
  Chiedo al Governo di non fare questo madornale errore storico, errore proiettato nel futuro, perché va a interrompere un processo che si è sbloccato negli ultimi anni. Richiamo il Corriere della sera di questa mattina perché ho visto che Gian Antonio Stella con emozione, come tutti quelli che hanno conosciuto questa storia e conoscono l'attuale situazione delle nostre collettività, non può che registrare questo errore, quindi chiedo al Governo di fare un'eccezione, perché tutte le motivazioni avanzate per tutte le altre situazioni certamente non valgono per Spalato.

  FABIO PORTA. Anch'io ringrazio il Viceministro Dassù e il Direttore generale perché già a luglio si mostrarono disponibili quando venne fuori questa decisione che, come Presidente del Comitato Italiani nel mondo e promozione del sistema Paese, mi era stata comunicata con una lettera del Ministro Bonino.
  Il nostro Comitato si è riunito più volte e ha affrontato la questione, ovviamente con molte preoccupazioni attinenti sia alla presenza della collettività italiana in queste aree, sia alla potenzialità della promozione del sistema Paese, che è la seconda parte del nome del nostro Comitato.
  Non farò alcun riferimento specifico a questo o quel consolato, se non a un unico caso che citerò in seguito, ma farò un ragionamento generale sul riorientamento della rete consolare. Noi siamo d'accordo con lo sforzo di riorientamento, con il criterio generale della spending review e anzi, il collega del Senato Tonini ne è testimone diretto, siamo stati tra i fautori di questo meccanismo e dell'applicazione della spending review anche alla spesa del Ministero degli affari esteri, siamo d'accordo con l'esigenza di ridurre gli sprechi e soprattutto di aumentare l'efficienza della nostra rete diplomatico-consolare.
  Direi anche di più: siamo d'accordo nel fare un'operazione di incoming, non soltanto una spending review, cioè un'analisi attenta di come e dove ottenere degli introiti grazie ai servizi della nostra rete consolare, un'operazione che ci porterebbe a risparmiare molto più di quegli 8 milioni che mi sembrano poca cosa come risultato di questa operazione e magari anche a incamerare qualcos'altro.Pag. 11
  Questa che vorrei definire incoming review dovrebbe ribaltare una paradossale equazione secondo cui alla presenza di una grande collettività italiana all'estero corrisponderebbe un proporzionale problema da affrontare. Mi pare che semmai potrebbe succedere il contrario e lo dico in particolare alla luce dell'esperienza diretta e della conoscenza di un'area strategica come l'America Latina: la presenza degli italiani nel mondo potrebbe costituire un elemento di forza anche con un diretto incremento delle percezioni consolari e indirettamente con la creazione di quel volano, di quel circolo virtuoso che potrebbe portare, attraverso rapporti con enti locali, istituzioni e anche partnership con i privati, a un rafforzamento della presenza degli istituti di cultura e dei consolati.
  Andremmo molto al di là di questo risparmio di 8 milioni con un'operazione del genere. Di questa operazione non ci piace il metodo e in parte anche il merito. Non mi sembra che questo Parlamento, questa Commissione, signor presidente, i Comitati per gli italiani nel mondo siano stati coinvolti nelle decisioni che ci sono state comunicate.
  Mi spiace dirlo, ma queste decisioni sembrano fortemente orientate più a un mantenimento dello status quo, cioè a una riproposizione di una struttura diplomatico-consolare che appare mossa da una logica burocratico-ministeriale più che da una vera strategia di rafforzamento e di penetrazione internazionale dell'Italia nel mondo, che sta a cuore a noi tutti.
  Non si parla seriamente di un riequilibrio ormai necessario e non più procrastinabile tra impiegati di ruolo e contrattisti in loco. Si parla tanto di Europa, ma tutti i Paesi europei hanno un rapporto opposto al nostro da questo punto di vista. Non si affronta seriamente il problema del patrimonio immobiliare delle nostre sedi all'estero, laddove talvolta abbiamo istituti fatiscenti e istituti di cultura che potrebbero fare a meno di un grande palazzo, concentrando la propria attività sulla promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo.
  Non si parla di nuova emigrazione, che è stato l'unico punto che il Ministro Bonino ci illustrò parlando di emigrazione nella prima audizione al Senato delle Commissioni riunite. Mi sarei aspettato un'apertura di nuove sedi dove c’è questa nuova emigrazione, mentre non mi sembra che sia questo il punto.
  Potremmo parlare a lungo delle percezioni consolari, dove anche qui assistiamo, e su questo siamo d'accordo con il Governo, a una sproporzione, anzi a un totale trasferimento delle percezioni verso il Ministero dell'economia e delle finanze, quando queste percezioni dovrebbero essere in parte destinate alla struttura consolare.
  Se vogliamo tornare a percorrere la strada intelligente della spending review, potremmo trovare insieme una maniera per rendere ancora più effettiva e più efficace la spending review, facendola con oculatezza e con intelligenza, non con chiusure come quella – unico caso che mi permetto di citare perché mi sembra veramente gridi vendetta – di Brisbane e Adelaide, due sedi importanti in un Paese importante come l'Australia, a distanza di 1.200 chilometri dai consolati di riferimento.
  Potremmo moltiplicare i risparmi e addirittura garantire al MAE un gettito pari all'importanza della grande sfida che ha nel mondo. Nessuno di noi vuol difendere un consolato in particolare, Scuteri o Timisoara: il mondo cambia e dobbiamo adeguarci al cambiamento, come ha detto il viceministro, ma facciamolo in maniera logica, intelligente, soprattutto con un metodo di condivisione tra esecutivo e legislativo. Non facciamo come quel contadino che, per evitare di comprarsi delle scarpe nuove, si tagliò i piedi.
  La rete diplomatica consolare, così come la collettività italiana nel mondo, costituisce una risorsa straordinaria, della quale non possiamo fare a meno. Abbiamo ricordato in questi giorni una bella pagina della nostra diplomazia, che è stata l'accoglienza ai rifugiati durante il golpe cileno del 1973, quindi abbiamo tutto l'interesse a rafforzare questa presenza, ma Pag. 12facciamolo in maniera moderna e intelligente, non con il bilancino di qualche zelante ma non sempre lungimirante funzionario ministeriale.

  MARCO FEDI. L'onorevole Porta ha già indicato alcuni aspetti di carattere generale, che condivido. Vorrei segnalare un'esigenza, che non è soltanto di metodo ma è anche di sostanza.
  Avremmo potuto affrontare questa discussione prima che questa decisione tornasse ad essere esecutiva, indicando un percorso diverso, che comunque indicheremo nei prossimi giorni, perché riteniamo che questa proposta non sia chiusa e continueremo a portare avanti alcune riflessioni critiche per riaprirla secondo una logica diversa da quella presentata oggi, in modo democratico e sereno, con grande pacatezza.
  Questa decisione poteva essere portata al tavolo di discussione di una vera riforma. Lei lo ha brevemente accennato, poi non è entrata nel merito e me ne dolgo, ma ha sostanzialmente detto che in questa situazione oggettiva dobbiamo assumere delle decisioni, ma le assumiamo di volta in volta, mettendo delle pezze.
  Una riforma vera, che punti al riequilibrio di cui lei parla, rispetto al quale non si ha il coraggio politico di affrontare il vero nodo, perché il nodo è tutto all'interno della Farnesina, nei rapporti di forza tra i sindacati, l'amministrazione e in mezzo i politici e anche questo Parlamento, che quasi rischia di diventare marginale. Altro che centralità sulle questioni di politica estera ! Noi siamo marginali anche su questioni come la riorganizzazione della rete diplomatico-consolare nel mondo.
  Dico questo con senso di responsabilità, perché siamo favorevoli ad aprire altre sedi, ed è possibile farlo proprio se si lavora su quel riequilibrio che voi non potete realizzare oggi perché le decisioni vengono assunte da un consiglio di amministrazione orientato in altra direzione. Questa è la prima valutazione.
  Detto questo, non sono un matematico, però si tratta di 8 milioni di euro di cui riutilizzerete una parte per potenziare le sedi riceventi, che sono già molto deboli (parlo della mia realtà, l'Australia, dove i nostri connazionali dovranno recarsi da Adelaide a Melbourne, 725 chilometri, per rinnovare un passaporto).
  Questa nuova figura del funzionario itinerante non si sa bene cosa possa fare, perché, come avviene per noi deputati quando votiamo, le minuzie non possono essere registrate: possono essere passate nel momento in cui vengono prese sul chip del passaporto, ma non essere memorizzate. Tecnicamente abbiamo posto questa questione, ma non c’è stata data una risposta che spero venga nei prossimi giorni dal Ministero.
  Questo quindi non solo non è credibile sul piano dei costi e dei risparmi, ma Adelaide ad esempio ha delle percezioni che superano i costi. Rispetto a queste percezioni consolari che superano di gran lunga i costi, il vero risparmio è solo quello dell'affitto della sede.
  Ragioniamo su questo, perché possiamo cogliere l'obiettivo di avere una rete diplomatico-consolare efficiente, di avere nel mondo una presenza diplomatica seria e qualificata come già abbiamo, di avere personale di ruolo capace di rispondere come pubblica amministrazione e avere una base molto più ampia di personale a contratto che svolga le funzioni dei servizi per tutelare i nostri connazionali nel mondo.
  Facciamo questo in un momento in cui l'emigrazione è ripresa, quindi nel momento peggiore per scegliere di chiudere i consolati, perché ogni giorno abbiamo non solo personale qualificato, ricercatori, nostri scienziati che si muovono nel mondo e quindi hanno un rapporto diverso con la pubblica amministrazione, ma anche un'emigrazione che torna a partire per esigenze di lavoro, manodopera e ha bisogno di essere tutelata nel mondo dalla nostra rete diplomatico-consolare. Molti di questi vanno anche in Australia.
  A Brisbane ci sarà il G20 e sono convinto che una missione a Brisbane del Pag. 13G20 ci costerà molto più che mantenere un'agenzia consolare per i prossimi venti anni.

  ARTURO SCOTTO. Vorrei dire poche cose, ringraziando il viceministro Dassù per la relazione molto approfondita e per la scelta di esporre a questa Commissione l'elenco delle sedi che nel corso dei prossimi mesi, alcune in tempi molto ravvicinati, altre in tempi più lunghi, subiranno una rivisitazione, una chiusura o un trasferimento.
  A parte le considerazioni esposte che io condivido, dobbiamo fare una riflessione molto seria e agire già nei prossimi mesi, a partire dalla legge di stabilità, rispetto alle percentuali che ci sono state descritte: 0,24, a fronte di altri Paesi europei che hanno numeri molto più grandi.
  Siamo in una fase di contrazione in cui il nostro Paese sta facendo innumerevoli sacrifici, siamo dentro un quadro in cui la spending review non è stata utilizzata come immaginiamo debba essere, rispetto alla ristrutturazione della rete consolare, in maniera chirurgica, ma è stata esclusivamente tagli lineari, e sappiamo bene cosa ha comportato e quali sono stati gli effetti sulla vita concreta delle persone e sui servizi.
  Vorrei porre tre questioni. Noi andiamo a cambiare inevitabilmente lo sguardo, volgendolo verso altri mondi in crescita, verso altre opportunità che si aprono, quindi va bene l'apertura di nuove sedi diplomatiche in Cina, in Vietnam e in Turkmenistan, ma credo che questa Commissione debba cominciare – lo chiedo al Governo in maniera molto forte – anche ad aprire una riflessione rispetto ai termini del primo intervento della Ministra Bonino, quando insediandosi parlò in maniera forte e convinta di diplomazia della crescita, rispetto anche al progetto che lei stessa ha annunciato di Destinazione Italia.
  Credo che sia arrivato il momento di fare un'analisi molto seria di quello che è in campo e che può significare in termini di opportunità, ma anche di rischi. Non entrerò nel merito di ciascun consolato perché credo che ci siano scelte inevitabili, cose che muoiono e cose che nascono, e talvolta le battaglie perseguite possono apparire corporative, cosa che sarebbe un errore.
  Chiedo però un chiarimento su un punto: la chiusura di un consolato come Alessandria d'Egitto in un momento così delicato per quel Paese che ha una centralità geopolitica in tutto il Mediterraneo, con l'Egitto che, come abbiamo visto nei mesi scorsi, va esplodendo e non ha ancora avuto una stabilizzazione, con una funzione importante e precipua del nostro Paese rispetto alla capacità di aprire relazioni diplomatiche e di farsi parte di una mediazione e di un compromesso.
  Personalmente ho avuto modo di seguire insieme alla Commissione, ai funzionari, alla Farnesina e al Governo una vicenda relativa a un gruppo di volontari di Music for Peace, che hanno avuto difficoltà a portare a compimento la loro missione umanitaria nella Striscia di Gaza, e lì è stato estremamente prezioso il ruolo dei diplomatici al Cairo e ad Alessandria d'Egitto in una fase in cui l'Egitto stava incendiandosi.
  Credo che su questo punto sia fondamentale un chiarimento, probabilmente uno step successivo, provando a spiegare perché si realizzi un'operazione del genere, così come anche altrove, ad esempio a Timisoara, realtà che dal punto di vista economico nel recente passato ha avuto una forza significativa: 1.200 imprese installate, una linea aerea diretta.
  Considero necessario un supplemento di riflessione, non andando incontro ai particolarismi, cosa che non condividerei perché ritengo giusto andare verso una razionalizzazione e un miglior utilizzo delle nostre risorse, ma approfondendo alcune delle cose più evidenti che meritano uno spazio di iniziativa politica da parte del Parlamento.
  Quando lei cita l'enorme numero delle sedi, 319, cita anche gli istituti di cultura che ovviamente non sono toccati da questo provvedimento. Poiché ritengo che abbiano una funzione molto importante all'estero, sarebbe opportuno fare preventivamente un'audizione su questo tema.

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  DANIELE DEL GROSSO. Ringrazio il viceministro per gli elementi informativi che ci ha fornito. Noi del Movimento 5 Stelle comprendiamo perfettamente la situazione economica che abbiamo oggi e i paletti che purtroppo la spending review ha imposto, però non capiamo come mai a farne le spese debbano essere sempre i nostri connazionali all'estero, magari non mantenendo perfettamente i servizi essenziali.
  In merito al risparmio di 8 milioni di euro, senza fare alcuna polemica, dico semplicemente che noi del Movimento 5 Stelle in un anno risparmiamo mediamente 9 milioni di euro, per cui la cifra ci sembra bassa, senza parlare poi dei 43 milioni di euro della campagna elettorale che non abbiamo mai preso e non prenderemo.
  Al di là di questa puntualizzazione economica, abbiamo casi particolari. L'11 settembre nella sede di Sion è stata assunta una nuova unità di personale. Ci chiediamo come mai venga assunto un nuovo lavoratore quando questa sede il 30 novembre sarà chiusa. La chiusura in un colpo solo di ben tre agenzie consolari in Svizzera è emblematica dell'approssimazione con cui è stato realizzato questo processo. Ribadisco infatti la volontà di tutelare i nostri connazionali all'estero garantendo i servizi essenziali.
  Non siamo contrari ad appoggiare l'apertura di nuove sedi nei Paesi emergenti, come è necessario, però dobbiamo tutelare anche le sedi in cui i nostri connazionali sono già presenti. Vorrei chiedere quindi se all'interno del bilancio del Ministero sia stata effettuata una valutazione per individuare eventuali, altri sprechi, come ad esempio le numerose consulenze, la presenza di più sedi consolari in uno stesso luogo, anche se prendiamo atto del passo compiuto in questa direzione. Ci chiediamo se nell'ambito delle spese di bilancio del Ministero sia stato preso in considerazione ogni spreco.

  FRANCESCO GIACOBBE. Ho avuto già occasione di esprimere alla viceministro Dassù le mie opinioni, che sono state molto dure e che purtroppo oggi non posso fare altro che ribadire in maniera ancora più decisa.
  Se infatti rispetto all'audizione di qualche settimana fa in Senato almeno c’è un'indicazione di quelli che potrebbero essere i servizi alternativi, mi pare che le proposte che sono state presentate oggi non siano delle soluzioni, ma siano solamente delle cose campate in aria.
  Nei giorni scorsi ho risposto all'ambasciatore italiano in Australia in maniera molto volgare che non volevo «parlare di aria fritta» come spesso avviene con i nostri diplomatici, perché vengo da un'esperienza universitaria di insegnamento di controllo di gestione e mi chiedo se dal punto di vista della razionale gestione di un'azienda si possano giustificare certe scelte.
  Le scelte si fanno sulla base di una semplice analisi di domanda e offerta, e per quanto riguarda le sedi consolari esistono parametri a cui fare riferimento: c’è una domanda, c’è un costo eccessivo da ridurre, ci sono delle questioni operative che non possiamo gestire ? Se vogliamo riorientare le nostre risorse, non possiamo fare a meno di porci queste tre domande.
  Posso parlare della realtà che conosco bene, quella dell'Australia, mi associo all'onorevole Fedi per le sue considerazioni politiche e faccio delle considerazioni pratiche: 15.000 cittadini italiani a Brisbane, 15.000 cittadini italiani ad Adelaide rappresentano una domanda di servizio enorme. Fra l'altro, una percentuale molto alta di questi connazionali appartengono a quella prima generazione di italiani emigrati in Australia negli anni Cinquanta e Sessanta, che oggi hanno settanta-ottanta anni.
  Vogliamo dunque costringerli ad andare a Sidney, a 1.200 chilometri di distanza, per fare la domanda di passaporto. Già oggi devono aspettare cinque o sei mesi per ottenere l'appuntamento per il rilascio di un passaporto, ma doversi spostare rappresenterà per loro un problema. Chi ha fatto queste proposte non ha realizzato un'attenta analisi della domanda di servizi da parte della cittadinanza.Pag. 15
  Un'altra domanda ancora più forte e più viva oggi in Australia è rappresentata da 70.000 giovani con i visti vacanza lavoro e le storie che sentiamo sono aberranti, perché vi sono situazioni, per fortuna una piccolissima percentuale, in cui i giovani hanno bisogno di assistenza diplomatica. Nessuno si sta curando di loro, anche se Brisbane e Adelaide sono due centri in cui i giovani sono numerosi.
  Per quanto concerne l'analisi economica, signora viceministro, mi permetto di dire che, se io fossi nella sua posizione, licenzierei chi l'ha indotta a dichiarare di non avere la cifra esatta di quanto si può risparmiare, perché si possono fare delle stime. Ci è stato detto fin dal primo momento che uno dei motivi dei tagli è il risparmio dei costi, ma oggi si sostiene che non abbiamo le cifre precise: un dirigente d'azienda prima di fare dei tagli nei servizi effettua un'analisi al centesimo !
  Le preannuncio già domani un'interpellanza in Parlamento per chiedere esattamente quali sono i risparmi che derivano dalla chiusura dei consolati di Adelaide e Brisbane, anche perché da quanto c’è stato detto durante la nostra permanenza in Australia e dalle cose che ci vengono dette oggi questi risparmi effettivamente non si vedono.
  Per spostare l'archivio da Brisbane a Sidney, infatti, occorrono maggiori spazi e, se gli impiegati vengono ricollocati da Brisbane a Sidney, l'unico risparmio sarà quello dell'affitto della sede, ma potremmo risparmiare molto di più spostandoci dal centro della città di Brisbane in periferia e pagando 30.000 anziché 100.000 dollari all'anno di affitto.
  Una terza domanda è operativa. Non mi pare che ci siano degli impedimenti sulla maniera in cui questa rete consolare sta funzionando. Sono lieto di apprendere che si sta pensando di fornire con strumenti tecnologici alcuni servizi che oggi vengono forniti fisicamente dalle persone, ma torniamo al punto evidenziato nell'audizione al Senato e sollevato dall'onorevole Fedi, ovvero a un problema di metodologia per cui, se è possibile sostituire il servizio effettuato dal personale del consolato con un servizio elettronico, prima introduciamolo e quando questo funziona contraiamo lo spazio.
  Mentre eravamo in Australia, abbiamo verificato come funzionino le rappresentanze diplomatiche di altri Paesi e mi permetto di dichiararmi stanco di sentire queste comparazioni fra la sede diplomatica italiana e quelle di altri Stati come la Francia senza considerare che il numero degli italiani residenti è superiore al numero dei francesi.
  Si rilevano comunque anche deficienze sul metodo di lavoro, perché alcune rappresentanze diplomatiche in Australia non hanno consolati e riescono ad espletare le pratiche in maniera molto più veloce della nostra rappresentanza consolare. Con l'onorevole Fedi abbiamo sentito dalla viva voce dell'interessato a Melbourne che, mentre il periodo di attesa per un appuntamento per una domanda di cittadinanza è di diciotto mesi, la stessa domanda di cittadinanza con la nazione irlandese è stata risolta in tre mesi con il rilascio del passaporto. L'Italia ha il consolato a Melbourne, l'Irlanda non ha alcun consolato in Australia, quindi c’è qualcosa su cui dobbiamo riflettere.
  Se quindi è possibile risolvere queste cose lavorando in maniera più efficiente, facciamolo, e poi sarà molto più facile giustificare la chiusura e la riduzione della presenza fisica dei servizi, ma non possiamo chiudere i servizi e sostituirli con qualcosa che è campato in aria.
  L'ultimo punto che desidero esprimere con forza è un'affermazione politica: che i diplomatici italiani smettano di creare problemi all'interno della comunità. Sono solito esprimermi in maniera chiara, dura e forse a volte volgare, ma è giusto dirlo perché in Australia per giustificare questi tagli, si incoraggia la comunità a nominare i consoli onorari.
  Con i consoli onorari abbiamo vissuto storie aberranti, ma ovviamente il discorso attecchisce su chi, piccolo notabile nella comunità, all'improvviso può sentirsi importante. Non è una strategia giusta, parliamo con la comunità dicendo la verità, dichiarando chiaramente cosa s'intende Pag. 16fare. Al momento, sia a Brisbane che ad Adelaide ci è stato chiesto solo di non chiudere i consolati e di non accettare nulla di meno di un'agenzia consolare.

  LAURA GARAVINI. Nel fare mie le considerazioni dell'onorevole Porta, non posso che esprimere in ogni caso apprezzamento nei confronti della viceministro Dassù per il fatto che, a differenza di quanto successo in passato in occasione della precedente tornata di chiusure di sedi consolari, in questa occasione il Governo sia venuto con l'elenco non solo delle chiusure, ma anche dei servizi alternativi predisposti.
  Mi consenta quindi di esprimere forte apprezzamento, perché le comunità che si confronteranno con il disservizio della chiusura sanno almeno di poter contare su un minimo di servizio alternativo.
  Mi permetta, viceministro, di raccontare – seppur brevemente – la marea di disservizi generati dalle precedenti chiusure, così da poter evitare ulteriori errori e auspicabilmente predisporre un minimo di servizi alternativi anche per sedi che sono state chiuse nel precedente anno e mezzo e in cui i nostri connazionali si confrontano con gravi disservizi.
  Si è venuta a creare una situazione di difficoltà non soltanto per quelle comunità direttamente interessate dalle chiusure, ma anche per quelle delle circoscrizioni consolari o dei consolati di accoglimento, laddove anche i consolati aperti si sono trincerati dietro le difficoltà legate alle chiusure rendendo obbligatorio l'appuntamento solo in via telematica o telefonica.
  Queste non sono soluzioni, viceministro, perché alcuni connazionali a questo punto ci invitano provocatoriamente a chiudere tutti i consolati se questo deve essere il servizio che ottengono, essendo costretti a telefonare a centralini che non sono mai raggiungibili o a registrarsi telematicamente presso consolati ormai inaccessibili.
  Un ulteriore strumento adottato, quello della nomina di consoli onorari, ha fatto emergere grosse problematicità soprattutto laddove i consoli non tengono neppure conto delle rappresentanze o delle comunità in loco. I consoli onorari non sono in grado di offrire ai nostri connazionali quei servizi alternativi che può invece offrire un funzionario itinerante o un'agenzia o sportello consolare.
  Si sono verificati anche casi di grandi difficoltà, perché sono stati individuati personaggi in modo del tutto velleitario da parte di singoli consoli, creando non un ausilio, ma un vero danno per la comunità. Questo non si limita soltanto ai consoli onorari, ma coinvolge anche i corrispondenti consolari, cosa che mi preme sottolineare alla viceministro perché, anche alla luce delle chiusure, i corrispondenti consolari presenti sul territorio, che tra l'altro offrono un servizio del tutto gratuito, possono garantire un minimo di prossimità dei servizi ai connazionali.
  Questa figura deve essere quindi valorizzata, mentre invece non lo si fa assolutamente, ma è assolutamente necessario che l'individuazione delle persone non sia frutto di scelte effettuate in modo velleitario e autonomo dal console che ritenga di essere gestore del potere sul territorio, perché rischiamo di creare figure pericolose per la comunità, incapaci di offrire servizi ma in grado di danneggiare l'immagine del nostro Paese all'estero.
  Un altro aspetto sul quale il Governo deve cercare di agire in modo prospettico e incisivo è l'esigenza di andare verso una europeizzazione dei servizi attraverso convenzioni con i Paesi di accoglienza o interventi a livello comunitario. Da questo punto di vista, l'unica realtà che è stata implementata è quella degli atti notarili, che purtroppo non stanno dando riscontri molto positivi.
  Questa comunque deve essere la strada e quindi dobbiamo far sì che servizi basilari come il rinnovo della carta di identità e una serie di certificazioni possano essere emesse dalle autorità locali, perché in prospettiva l'obiettivo deve essere quello di una crescente armonizzazione ed europeizzazione del servizio a favore dei cittadini.Pag. 17
  Mi fermo qui, invitando però il Governo a predisporre analoghi servizi basilari a quelli presentati oggi per le tredici sedi in chiusura anche per le sedi chiuse nell'anno e mezzo precedente, quali quelle di Losanna, di Liegi, di Amburgo, di Mannheim, di Bedford, nelle quali si è predisposto inizialmente un funzionario itinerante ma poi per vari motivi non è stato possibile garantirlo, oppure non è stato predisposto alcun servizio, come ad esempio a Mannheim, e noi ci troviamo di fronte a una comunità completamente lasciata a se stessa.

  GIORGIO TONINI. Anch'io mi unisco al ringraziamento al viceministro Dassù per questa sua nuova presenza in Parlamento, dopo quella in Senato anche oggi alla Camera, che credo sia indice di un metodo di lavoro positivo, cioè la ricerca di una razionalizzazione obbligata dal contesto con il massimo di consenso o almeno di confronto possibile.
  Giustamente evidenziava nell'introduzione che siamo in presenza di risorse troppo scarse per la nostra politica estera e anche ieri, nel dare il parere in Commissione esteri del Senato sul decreto-legge n. 101 del 2013 sulla pubblica amministrazione, abbiamo lamentato che la copertura sia cercata attraverso ulteriori tagli al già macilento bilancio del Ministero degli affari esteri, cosa grave.
  Il contesto attuale certamente non ci parla di possibili espansioni, ma ne avremo fin sopra i capelli a difendere con le unghie e con i denti il livello consolidato, quindi bisogna compiere delle scelte.
  Quando si fanno scelte necessariamente difficili e impopolari bisogna evitare il rischio di chiusure corporative, ovvero che ognuno difenda un pezzetto di territorio di interesse più o meno legittimo e questo deve valere per tutti. Deve essere chiaro che questo principio, no alle chiusure corporative, deve valere per tutti, per chi rappresenta i territori ma anche, anzi soprattutto, per chi esercita funzioni nell'ambito del Ministero degli affari esteri.
  Non è immaginabile ristrutturare la rete sulla base dei rapporti di forza tra le nostre comunità più o meno rappresentate in Parlamento, ma sarebbe altrettanto grave se la ristrutturazione della rete avesse come criterio quello della risultante delle forze all'interno della diplomazia, delle carriere, delle posizioni in essere.
  Il patto chiaro è che tutti devono fare uno sforzo per ragionare in termini di interesse generale, perché solo allora può funzionare, anche se con fatica. Se esiste invece il fondato sospetto che così non sia, è difficile esercitare il senso di responsabilità da una parte sola. Tutti devono fare la loro parte con responsabilità.
  Il confronto tra Governo e Parlamento conosce un limite oltre il quale non si può andare, che è la distinzione dei ruoli, in quanto è evidente che il ruolo del Parlamento è quello di indirizzo, ma la responsabilità delle scelte operative non può che spettare al Governo e non possiamo trasformare le nostre Commissioni esteri in una sorta di tavolo in cui si va alla ricerca della soluzione puntuale. È giusto che la soluzione puntuale venga individuata dal Governo e poi sarà il Parlamento a giudicare in sede di consuntivo politico sull'insieme delle scelte.
  A me pare che il Parlamento abbia dato dei criteri di indirizzo molto chiari, che ricordo rapidamente. La rete va riorientata, e questa è una priorità del Paese; in particolare la rete deve essere meno eurocentrica e più protesa verso i Paesi vicini e anche in parte lontani, è necessario ridurre significativamente la presenza diplomatico-consolare in Europa per potenziare la presenza in nuovi teatri, posto che il gioco deve essere a somma zero.
  È necessario salvaguardare per quanto possibile i servizi alle comunità, che significa non presenza di consoli in feluca ma servizi essenziali attraverso servizi sostitutivi e, infine, come evidenziato dall'onorevole Porta, valorizzare la presenza dei nostri connazionali come una risorsa anche per il bilancio del Ministero degli affari esteri in termini di sostituzione di personale aree funzionali con personale a contratto e anche di percezioni consolari Pag. 18su una serie di servizi che possono non autofinanziare ma arrivarci molto vicino e talora produrre un surplus.
  Credo che nella sostanza questi criteri siano stati seguiti nella relazione che il viceministro ci ha proposto, ma forse sarebbe possibile un affinamento e io mi permetto di formulare tre suggerimenti anche se naturalmente spetta al Governo assumersi la responsabilità di una decisione su cui personalmente ritengo che a un certo punto si debba tirare una riga e non continuare a rinviare.
  Sottoporrei quindi al Governo tre punti sui quali provare ad affinare la proposta. Sarei più coraggioso sulla riduzione della presenza diplomatico-consolare intesa come diplomatici e proverei invece a essere più generoso sui servizi sostitutivi, magari con qualche forma di dialogo con le nostre comunità in loco.
  In terzo luogo chiederei un affinamento della proposta sull'Australia perché Europa e Australia sono situazioni molto diverse e, mentre può essere doloroso ma è comprensibile ed è attutibile il colpo in contesti di distanze geografiche molto vicine come quelle europee, dove alla chiusura di un consolato sia possibilmente garantita la presenza di un servizio sostitutivo che sia effettivo e non solo onorario, altra cosa è dover percorrere 1.200 chilometri per risolvere il proprio problema !
  Credo che la questione dell'Australia meriterebbe un approfondimento in sede di verifica e che con questi tre punti di approfondimento si possa procedere, perché siamo arrivati al punto in cui una decisione deve essere presa.
  La spending review è diversa dai tagli lineari per tanti aspetti, che prima il viceministro ha puntualmente evidenziato, ma principalmente perché si colloca dentro un progetto a medio termine, cioè lascia intendere che non è una serie di manovre affannose per raggiungere equilibri anno su anno, ma è un ridisegno complessivo, un piano industriale di riorganizzazione di un sistema complesso, e c’è bisogno di questo.
  Chiusa questa partita che si trascina da tempo, sarebbe il caso di affrontare la questione con un po’ di respiro e di prospettive, in modo da mettere tutti gli attori interessati, i diplomatici, il personale alle aree funzionali, i sindacati, le nostre comunità, i nostri rappresentanti, il Parlamento, in condizione di poter valutare un progetto complessivo, Farnesina 2020 o 2025.
  Questo consente a tutti di andare al di là del proprio problema e di sentirsi parte di un orizzonte più ampio, nel quale la rinuncia chiesta al singolo ha un senso perché si colloca dentro un progetto complessivo.
  Questo mi sembra assolutamente necessario e forse è questo l'esercizio principale sul quale il Parlamento dovrebbe esercitarsi nel confronto che a me pare ci sia, perché penso che mai abbiamo avuto un Governo così disponibile nel confronto anche puntuale, come ha fatto il viceministro Dassù in questa circostanza. In questo confronto può avere una sua prospettiva e un suo respiro.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Cercherò di essere breve e spero di mantenere la promessa al contrario dei colleghi che mi hanno preceduto. Poiché stiamo parlando di reti diplomatiche e consolari, sarebbe opportuno distinguere tra la rete diplomatica e la rete consolare, nel senso che le reti consolari sono quelle che interessano di più ai cittadini in quanto erogano loro i servizi, mentre le reti diplomatiche hanno un ruolo di interfacciamento politico e tra Stati, ma uno molto minore nella vita quotidiana dei nostri concittadini in Australia, in Sud America o in Europa.
  Va bene quindi il servizio sostitutivo, però stiamo perdendo il contatto con le nostre comunità sia quelle di più antica presenza, sia quelle di nuova emigrazione. Nei panni del ministro e del viceministro avrei tagliato più sulle rappresentanze diplomatiche, sulle ambasciate, perché abbiamo quarantaquattro ambasciate in Europa ma non dobbiamo fare alcuna politica estera nei confronti dell'Europa in quanto siamo un'unica, grande comunità.
  Mi domando quindi se non si potessero operare grossi risparmi nelle sedi prestigiose Pag. 19situate nei centri delle capitali europee e invece lasciare la rappresentanza consolare ad Adelaide, a Brisbane o anche in Svizzera, sebbene condivida con il ministro che nove consolati sono una cifra rilevante.
  Poiché la richiesta prevedeva un riorientamento e una razionalizzazione, credo che questa sia la strada che si sarebbe dovuto intraprendere, rivedendo la rete delle ambasciate e non quella dei consolati.
  Un'ultima considerazione: l'orientamento verso i nuovi mercati effettivamente è minimale, perché due consolati in Vietnam e in Cina e una nuova ambasciata in Turkmenistan mi sembrano piccola cosa in confronto al disagio che si prospetta per i nostri concittadini all'estero.

  MARIO MARAZZITI. Ringrazio la viceministro Dassù del lavoro di relazione con il Parlamento perché non è la prima audizione su questo tema.
  Credo che la spending review sia un dato ormai ineluttabile della nostra vita, però condivido le considerazioni dell'onorevole Tonini in merito all'esigenza di garantire i servizi anche laddove riduciamo la rete diplomatico-consolare.
  Dovremmo avere un quadro completo non solo della rete diplomatico-consolare, ma anche degli istituti di cultura italiana all'estero, perché la semplice collocazione geografica non ci dice ancora tutto sulle potenzialità di ciascuna struttura o risorsa che noi abbiamo in loco, quindi dobbiamo conoscere le modalità con cui hanno operato finora e il peso che possono avere in quel Paese, anche qualora questo non fosse completamente strategico. Dovremmo avere anche un quadro della diffusione della lingua italiana all'estero e del suo potere di attrazione.
  Condivido che sia responsabilità del Governo e quindi anche della Farnesina avere l'autonomia sulla spending review laddove, se il Parlamento decide di operare un taglio, ascoltiamo con grande attenzione quando voi, dopo aver valutato internamente i problemi della Farnesina, ci suggerite come realizzarlo, in quanto sentiamo fortemente la necessità di rispettare questo vostro atteggiamento.
  Tutti noi riceviamo numerose segnalazioni di problemi e di punti di crisi ma, chiarita questa filosofia, vorrei ricordare solo che a livello di dimensione forse gli 800.000 passaporti italiani in Argentina chiedono un'attenzione tecnico-pratica maggiore. Non è una sede che va a chiudere, però noi dobbiamo garantire il servizio, che in questo momento credo non sia adeguato.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al viceministro, non svolgerò il ruolo di Capogruppo che svolge il senatore Tonini che ha fatto un magistrale intervento di mediazione delle varie posizioni emerse dai colleghi del PD, ma faccio un'osservazione assolutamente minimalista.
  Colgo due questioni più significative, quella di Spalato e quella di Alessandria d'Egitto. A Spalato abbiamo a che fare non con degli emigrati, ma con una comunità che ha alle spalle una storia drammatica che ben conosciamo e a cui sarebbe un grave errore togliere un punto di riferimento di questo tipo.
  Riguardo alla sede di Alessandria d'Egitto le ragioni sono già state evidenziate dall'onorevole Scotto, sottolineando come si tratti di un punto di riferimento geopolitico di straordinaria importanza. Credo quindi che il Governo debba fare una riflessione su queste due questioni, tenendo conto che questa oggi è una sede consultiva e che poi vedremo gli elementi più penetranti da sviluppare.
  Do quindi la parola alla viceministro Dassù per la replica.

  MARTA DASSÙ, Viceministro degli affari esteri. Grazie, presidente, e grazie a tutti voi, perché credo che ognuno di voi abbia dato un contributo importante di idee e in qualche caso anche di proposte puntuali e sono stati fatti ragionamenti giusti che in parte io condivido.
  Lasciatemi sottolineare solo alcuni punti generali che mi sembrano importanti, e poi verrò ad alcune questioni più specifiche. Il primo punto, che forse ho Pag. 20detto troppo in fretta nella relazione, è che fondamentalmente questo è davvero solo un primo passo. Come sapete, è una lista che nasce nel 2011, non ora, e come tutte le liste del mondo ha dei punti deboli e dei punti forti, ma comunque è un primo passo.
  La riorganizzazione della rete diplomatico-consolare dell'Italia ha bisogno di una pianificazione più complessiva, a medio termine, è stato detto giustamente, e noi la stiamo facendo, vi terremo regolarmente informati e ne discuteremo ancora, ma indubbiamente in questa riorganizzazione vanno inclusi gli istituti di cultura, alcune ambasciate in Europa. Si tratta quindi di un esercizio più complessivo che stiamo facendo e su cui torneremo a discutere ancora con voi.
  Il secondo punto generale che io condivido è che ci vuole una certa divisione di ruoli. Noi come Governo ci assumiamo la responsabilità delle nostre scelte e dobbiamo poter avere una certa flessibilità di azione, perché altrimenti non riusciremo ad operare: è una distinzione di funzioni che considero cruciale.
  Il terzo punto riguarda il bilancio. È stato detto in modo molto critico che si tratta di cifre piccole ed è vero, ma vorrei ricordarvi che non riusciamo a quantificare esattamente questo risparmio non perché siamo incapaci di mettere a punto un piano industriale ma perché non abbiamo ancora la cifra esatta di quanto ci costeranno le soluzioni sostitutive – ad esempio, per lo sportello consolare, finché non verrà affittato o comprato un nuovo locale non sapremo esattamente di che cifra stiamo parlando – e in ogni caso il punto dirimente è che si tratta di 8-9 milioni di euro su una cifra che è molto bassa in sé, come ho detto all'inizio.
  È impressionante ribadirlo, ma le spese rimodulabili sono in effetti, sul bilancio del Ministero degli affari esteri, solo 166 milioni all'anno: 8-9 milioni su 166 non sono così pochi.
  Un altro punto molto importante sul bilancio è che il Ministero degli affari esteri non calcola nel suo bilancio le percezioni consolari. Se così fosse, il ragionamento sarebbe completamente diverso.
  Non le calcoliamo perché in effetti non le percepiamo nel nostro bilancio, quindi quando diciamo che per potere aprire nuove sedi in aree economicamente strategiche del mondo abbiamo bisogno di chiuderne altre diciamo la verità per quello che è il nostro bilancio. Mi sembrano precisazioni importanti per avere un dialogo fondato su basi corrette.
  Vengo adesso ai punti sollevati anche dal presidente. Prima di tutto, onorevole Giovanardi, per quanto riguarda il caso di Spalato credo che sia impossibile sottovalutare quello che l'Italia ha fatto per l'ingresso della Croazia nell'Unione europea non solo per ragioni storiche, che lei giustamente ricordava, e per il peso delle nostre comunità in Croazia, ma anche per convinzione profonda sull'importanza di questo ricongiungimento attraverso l'Europa. Dal fatto che annunciamo la decisione di chiudere Spalato non deriverei il segno di un minore interesse dell'Italia verso le comunità autoctone o verso la Croazia in generale.
  Secondo punto vero è valutare se l'esistenza di un consolato, che quest'anno ha emesso quarantadue passaporti – stiamo parlando quindi di un carico di lavoro veramente contenuto – e si trova in un appartamento in affitto, non in un monumento storico di valore simbolico per la nostra comunità, sia il modo in cui noi intendiamo difendere i diritti, la memoria storica e le esigenze della nostra comunità.
  Non è detto che il consolato sia il modo migliore per difendere i diritti delle nostre comunità: si possono trovare altri modi. Penso ad esempio che l'apertura dell'asilo italiano di Zara, su cui, come lei ricordava, oggi c’è un bellissimo articolo di Stella sul Corriere della sera - andrò io stessa a celebrarne l'apertura – sia forse più importante.
  Vi inviterei a ragionare se nella difesa dei diritti dei nostri connazionali, nella possibilità di garantire loro i servizi migliori, nel fatto che li consideriamo una ricchezza per il Paese e certamente non un Pag. 21onere, nel fatto che pensiamo che la nuova emigrazione vada anch'essa tutelata e utilizzata per una crescita complessiva dell'Italia nel mondo, se per difendere tutto questo il modo migliore sia difendere dei vecchi consolati. Non è detto e non credo.
  Ho fatto riferimento alle vecchie comunità dichiarando che il valore storico e simbolico non mi sembra dipendere dall'esistenza di un consolato che sta in un appartamento in affitto ed eroga quarantadue passaporti all'anno ma può benissimo esprimersi in altre forme come l'asilo di Zara o un potenziamento di Fiume.
  Chiediamoci, insomma, se la forma in cui vogliamo difendere le vecchie comunità nazionali che vivono in Paesi storicamente importanti come la Croazia e su cui abbiamo un'attenzione enorme, dimostrata dal dibattito svolto in Parlamento sull'ingresso della Croazia nell'Unione europea (siamo stati il primo Paese a ratificare il trattato di ingresso della Croazia nell'Unione europea), se l'unico modo per difendere efficacemente le ragioni e i diritti delle nostre comunità, in particolare di una così importante come quella in Croazia, sia l'esistenza di un consolato come quello di Spalato e se il fatto di passare queste competenze da Spalato a Fiume crei davvero importanti disservizi. Credo che la prova dei fatti sarà determinante.
  È stato sollevato il problema dell'Australia, ed è una legittima preoccupazione, ma vorrei dire una cosa sui servizi sostitutivi. È chiaro che dobbiamo essere il più possibile generosi, non al punto di vanificare i risparmi che pensiamo di ottenere da queste prime chiusure; ma il funzionario itinerante, a differenza di quanto è stato detto in alcuni interventi, svolge funzioni consolari importanti: recandosi in queste sedi lontane per tre giorni alla settimana, può firmare atti notarili e rilasciare atti consolari come le carte di identità, può ritirare i passaporti e poi distribuirli alla missione successiva.
  Non vorrei che si creasse un equivoco e si ritenesse il funzionario itinerante una figura inutile e ininfluente, mentre in effetti è un funzionario con funzioni particolarmente utili e importanti.
  Su Alessandria d'Egitto, il problema è di nuovo quello che dicevo prima: il modo in cui pensiamo di canalizzare la nostra politica estera verso l'Egitto non è collegato al consolato di Alessandria. L'ambasciata che abbiamo in Egitto, opportunamente potenziata, ho parlato del potenziamento delle sedi riceventi, svolge le funzioni a cui accennava il Presidente Cicchitto e credo che sarà in grado di coprire anche gli oneri consolari ad Alessandria d'Egitto.
  Mi sembra che questa, fra le molte chiusure che intendiamo fare, non abbia il significato politico che le viene attribuito. Questo mi sembra il punto importante: non dobbiamo attribuire al piano di chiusura dei consolati che ho citato, che risponde in parte ad esigenze di risparmio economico – spending review – in parte all'esigenza di ricollocare la nostra rete su uno scacchiere che è molto cambiato da quando la rete è stata concepita, significati politici che non ci sono.
  Nessuno, né nel Governo né in voi che state discutendo, deve derivare da decisioni del genere la conseguenza che attribuiamo a una collettività o a un Paese un'importanza politica ridotta o riduttiva. Abbiamo semplicemente deciso che in un rapporto costi/benefici possiamo o tutelare i servizi delle nostre collettività in altro modo o attuare delle sinergie con altre sedi, creando una sorta di Casa Italia come hub strategico non diversamente da quando in Italia accorpiamo alcune funzioni.
  Mi sembra che il nostro ragionamento sia quello di una maggiore funzionalità, dettata in parte da nuovi vincoli e in parte dal desiderio, su cui auspico che torneremo a discutere, di riorganizzare la rete in modo molto più funzionale alle esigenze di oggi.
  Mi sembra importante ribadire che non c’è alcuna intenzione di ridurre il peso politico delle comunità, né delle collettività, né di alcuni Paesi specifici. Molti di voi hanno detto che abbiamo una struttura Pag. 22ancora troppo eurocentrica e c’è l'idea che, esistendo Schengen, possiamo semplificare la nostra struttura e sfruttare le energie potenziali con il Servizio Europeo per l'Azione Esterna (SEAE): ne ha spesso parlato il ministro.
  La riflessione che voi ci invitate a fare a medio termine, più strategica, è in corso, quindi sarò felice di venirvi a esporre i lineamenti di un piano più complessivo, che dovrà includere anche una parte degli istituti di cultura (stiamo riflettendo su 9-10 casi) e una parte delle ambasciate in Europa, che sono chiaramente ridondanti, in particolare dove abbiamo sedi multiple.
  Non è una decisione che esprima interessi corporativi particolari o equilibri perversi nel Ministero degli affari esteri: è un primo passo derivato dalla consultazione del 2011 e, come tutti i primi passi, è in parte ottimo, in parte può prestare il fianco ai rilievi che giustamente avete fatto. Abbiamo una differenza di ruoli in questa vicenda, io sono molto felice di potere discutere con voi ma penso che questa discussione debba accettare questa differenza di ruoli e responsabilità.
  Altri passi importanti verranno dopo, quando faremo altre scelte, che permetteranno all'Italia di configurare la rete diplomatica e consolare come uno strumento essenziale della crescita del Paese e degli italiani vecchi e nuovi nel mondo.

  PRESIDENTE. Ringrazio la viceministro Dassù. Mi permetto solo di osservare che, se si parla di una tematica in Parlamento, la ricaduta per definizione è per forza politica perché, se non fosse politica, non sarebbe materia del confronto che noi facciamo.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.