XVII Legislatura

XIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 16 luglio 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sani Luca , Presidente ... 2 

Audizione del Presidente e dei membri della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo eletti in Italia, sulla riforma della politica agricola comune (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento):
Sani Luca , Presidente ... 2 
De Castro Paolo , Presidente della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo ... 3 
La Via Giovanni , Membro della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo ... 6 
Sani Luca , Presidente ... 9 
Catania Mario (SCPI)  ... 9 
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD)  ... 10 
Russo Paolo (PdL)  ... 11 
Fiorio Massimo (PD)  ... 12 
Lupo Loredana (M5S)  ... 12 
Carra Marco (PD)  ... 13 
Venittelli Laura (PD)  ... 13 
Dal Moro Gian Pietro (PD)  ... 14 
Antezza Maria (PD)  ... 14 
Zaccagnini Adriano (Misto)  ... 14 
L'Abbate Giuseppe (M5S)  ... 15 
Sani Luca , Presidente ... 15 
La Via Giovanni , Membro della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo ... 15 
De Castro Paolo , Presidente della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo ... 17 
Sani Luca , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCA SANI

  La seduta comincia alle 11.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente e dei membri della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo eletti in Italia, sulla riforma della politica agricola comune.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento della Camera dei deputati, l'audizione del Presidente e dei membri della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo eletti in Italia, sulla riforma della politica agricola comune.
  Sono presenti gli onorevoli Paolo De Castro, presidente della Commissione, e Giovanni La Via, che ha svolto le funzioni di relatore sulla proposta di regolamento sul finanziamento, la gestione e il monitoraggio della PAC, la politica agricola comune.
  Ringrazio i nostri colleghi per aver accolto il nostro invito e ricordo che gli stessi hanno attivamente partecipato ai cosiddetti triloghi, i negoziati tra le istituzioni europee che si sono recentemente conclusi con un accordo politico sulla riforma della PAC, che sarà formalizzato con l'approvazione in prima lettura da parte del Consiglio e del Parlamento europeo.
  In linea generale, vorrei sottolineare preliminarmente che è per noi di estrema importanza, soprattutto dopo il Trattato di Lisbona, intensificare i rapporti con le istituzioni europee e quelle nazionali, al fine di creare quel dialogo e quel coordinamento indispensabili alla definizione delle politiche agricole.
  L'incontro di oggi costituisce un'utile occasione per un primo approfondimento sull'accordo politico delle prossime settimane. Si tratta di un tema che ha visto i parlamentari europei e nazionali fortemente impegnati in ragione della sua fondamentale importanza per il futuro dell'agricoltura in Italia e in Europa e che richiederà un ulteriore impegno per la fase di attuazione a livello nazionale.
  Vorrei aggiungere poche parole circa la soddisfazione con cui si sono chiusi i negoziati in sede europea. Il testo finale, come ricordavo in un incontro con i giornalisti, è indubbiamente migliorativo rispetto al testo che inizialmente la Commissione europea aveva proposto. Questo è stato possibile grazie al ruolo svolto dal Parlamento e, in particolare, dai deputati italiani, considerato che, appunto, il testo che ci viene oggi consegnato porta dei miglioramenti soprattutto in favore dell'agricoltura mediterranea, quindi delle peculiarità e delle caratteristiche della nostra agricoltura.
  Inoltre, mi corre sottolineare che questa non vuole essere un'audizione episodica, ma vuol trovare anche nel rapporto con i nostri colleghi europei maggiore Pag. 3continuità. Viene assegnato agli Stati membri un ruolo più incisivo e con maggior autonomia rispetto al passato su tante tematiche contenute all'interno della PAC, a cominciare da una posizione che potremmo assumere sulla definizione di agricoltore attivo, su un tema come quello della convergenza interna o su altre questioni che fanno parte, appunto, dei negoziati.
  Sappiamo, tra l'altro, come dicevo in apertura, che il voto definitivo ci sarà tra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno, quindi avremo occasione su questo di continuare un confronto e, se esiste una disponibilità da parte dei colleghi europei, anche a identificare le occasioni di incontro per scambiarci i rispettivi punti di vista.
  Darei la parola ai nostri ospiti.

  PAOLO DE CASTRO, Presidente della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo. Ringrazio lei, presidente, e i cari colleghi. Trattandosi di un'audizione formale, mi limiterò veramente a una elencazione per titoli delle principali questioni relative all'accordo politico del 26 giugno tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione, un accordo politico che ha riguardato tutti e quattro i dossier legislativi e che ha visto il Parlamento europeo impegnato con una delegazione di ben 22 deputati tra rapporteur, relatori ombra e, naturalmente, il sottoscritto in qualità di presidente del team negoziale.
  Naturalmente, insieme al collega Giovanni La Via, dopo questa presentazione, lasceremo ampio spazio alle domande, in modo che si possa anche entrare nel vivo di sensibilità e questioni più specifiche.
  Come ben sapete, infatti, il tema della politica agricola comune, come questi quattro dossier legislativi dimostrano, riguarda un impianto normativo assai complesso per un'entità di pagine di testo legislativo che si avvicina alle seicento. Capirete che le novità e le particolarità sono tantissime, quindi ci soffermeremo in particolare sugli aggiustamenti e le correzioni di rotta che abbiamo portato a casa in quest'ultima fase di triloghi, che vi ricordo essere stati quasi cinquanta. I triloghi sono incontri a tre tra Parlamento, Consiglio e Commissione e riguardano l'accordo su ciascun singolo punto legislativo.
  Partiamo dei pagamenti diretti. È importante, però, presidente, una piccola premessa dal punto di vista del metodo. È fondamentale, infatti, entrare nella logica della cosiddetta codecisione, che oggi caratterizza i lavori del Parlamento europeo: non avendo questi poteri, in passato non c'era quest'esperienza.
  Significa, per spiegarlo con un esempio banale, che siamo diventati un sistema bicamerale. Se prima erano il Consiglio dei Ministri europei e la Commissione europea, di fatto, a raggiungere un accordo modificando la proposta della Commissione stessa, oggi quest'accordo deve passare dal Parlamento europeo e noi abbiamo gli stessi poteri dei Ministri dell'agricoltura del Consiglio. È come una norma che passa dalla Camera e deve passare anche dal Senato. Non può andare né da una parte né dall'altra senza il voto positivo di entrambe le Camere.
  L'accordo politico ha riguardato la stragrande maggioranza dei temi, potremmo dire oltre il 90 per cento dei temi della codecisione, ma non ha raggiunto il 100 per cento dei temi perché alcuni di questi erano legati all'accordo finanziario pluriennale, ovvero all'accordo dei Capi di Stato e di Governo negoziato il 7-8 febbraio scorsi.
  Quell'accordo è stato raggiunto anche col voto positivo del Parlamento europeo proprio due settimane fa a Strasburgo e i temi della PAC, all'interno di quell'accordo tra Parlamento e Consiglio Capi di Stato e di Governo, ritornano nelle commissioni di merito, quindi i temi della PAC alla nostra, altri alle rispettive commissioni.
  È necessario, dunque, per mettere la parola fine e concludere con un voto formale, mi auguro tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre, in Commissione agricoltura e poi in Assemblea, completare il negoziato sui punti che non abbiamo negoziato. È importante sottolinearlo proprio Pag. 4perché è evidente che, dal punto di vista della codecisione, non esistono punti legislativi che non siano oggetto di codecisione. Anche dal punto di vista formale-legislativo, per dirla con le parole del Presidente del Parlamento europeo, sarebbe illegale non discutere di tutti i punti oggi oggetto di codecisione.
  Questo, quindi, è il motivo per cui a settembre, con la Presidenza lituana, credo che dovremmo concludere i punti mancanti in pochissime riunioni, unirli alla parte dell'accordo politico del 26 giugno e andare così al voto finale in Commissione agricoltura e in sede plenaria.
  Rapidamente mi soffermo sui quattro dossier. Sui pagamenti diretti, abbiamo già detto che le novità importanti sono quelle di attribuire maggiore facoltà agli Stati membri di intervenire. Questo è il motivo per cui prima il presidente Sani ricordava che è necessario un lavoro applicativo molto pesante, molto importante, per quanto riguarda l'agricoltore attivo, la convergenza interna, gli aiuti accoppiati e i giovani. Per molti punti, lo Stato membro ha facoltà di agire. Questo significa che deve esserci – perciò è importante – un pieno coinvolgimento delle Commissioni di merito nel Parlamento italiano. Allo stesso modo, sarà importante il coinvolgimento delle regioni e del Governo.
  Conoscete già le novità in merito all'agricoltore attivo. È delegata agli Stati membri la definizione dell'agricoltore professionale. La novità degli ultimi triloghi è che la lista negativa, la cosiddetta black list che avevamo indicato come Parlamento europeo, non è volontaria, come voleva il Consiglio, ma è stata resa obbligatoria, per cui gli Stati membri non possono dare aiuti agli aeroporti, ai campi da golf, alle compagnie assicurative e così via. Possono, semmai, aumentare questa lista, ma non possono togliere alcunché da questa lista.
  Della convergenza interno si è già discusso molto. Cercherò di essere, presidente, molto rapido, ma pronto poi a rispondere alle domande. Il tema è fondamentalmente legato a tutti quei Paesi che, non avendo effettuata la redistribuzione degli aiuti, la cosiddetta regionalizzazione – è il caso dell'Italia, della Spagna e di diversi Paesi europei – hanno necessità di rendere questo passaggio alla redistribuzione il più flessibile possibile per non impattare sui redditi di quegli agricoltori che hanno un aiuto legato al premio storico molto alto.
  Mi riferisco alla risicultura della Lombardia e del Piemonte, alla olivicoltura pugliese o calabrese, all'agrumicoltura, alla zootecnia veneta da carne o da latte, che vedono, in sostanza, aiuti di entità significativa. Capirete che un passaggio troppo repentino a una distribuzione di poche centinaia di migliaia di euro a ettaro avrebbe un impatto sul reddito molto forte.
  Da ciò discende la proposta del Consiglio e del Parlamento, che ha portato a un accordo politico che riconosce facoltà agli Stati membri di gestire in maniera flessibile questa convergenza interna e, soprattutto, di mantenere fede al criterio fondamentale, per il nostro Paese importantissimo, che comunque, al termine dei sette anni di programmazione, nel 2020 nessun soggetto beneficiario perda più del 30 per cento degli aiuti complessivi ricevuti nell'anno base 2013.
  Contemporaneamente, qui è presente il concetto di equità, di cui molto abbiamo discusso con il Commissario Ciolos: comunque, nessun agricoltore deve percepire meno del 60 per cento della media nazionale. Due sono, quindi, i criteri e lo Stato membro può dare priorità all'uno e all'altro per rendere il meno impattante possibile questa redistribuzione, ma nello stesso tempo venire incontro a quegli agricoltori che percepiscono molto poco e che hanno bisogno, invece, di miglioramenti rispetto allo status quo.
  La convergenza interna, in particolare, ha introdotto un meccanismo di redistribuzione per favorire l'uso delle risorse nei cosiddetti primi ettari, cioè i primi 30. Questo è un ulteriore elemento di flessibilità agli Stati membri per aiutare maggiormente gli agricoltori che presentano una dimensione minore rispetto ai grandi agricoltori.Pag. 5
  Venendo al grande capitolo del greening, sul quale ci siamo maggiormente spesi, il termine stesso di rinverdimento ha sollevato tantissimi entusiasmi in Parlamento europeo. Abbiamo voluto mantenerlo al 30 per cento, ma riteniamo di avere migliorato l'impatto di questo greening rendendolo meno burocratico e, soprattutto, adatto a un sistema agricolo costituito di imprese che hanno, evidentemente, bisogno di introdurre la differenziazione delle culture, l'area ecologica, cioè questa sorta di set-aside obbligatorio, in maniera non troppo impattante a livello di scelte aziendali. Così abbiamo fatto.
  Oggi il greening si applica come diversificazione alle aziende agricole sopra 10 ettari e non 3, come voleva la proposta della Commissione, ma solo due colture da 10 a 30 ettari e tre colture da 30 ettari in su. Allo stesso modo, la superficie ecologica ridotta dal 7 al 5 per cento si applica solamente a partire da 15 ettari di superficie arabile. L'elemento su cui, poi, come sottolineerà anche Giovanni La Via, ci siamo battuti di più come Parlamento è l'esclusione dal greening delle colture arboree.
  Potete capire che si trattava di un elemento sul quale già dall'inizio della presentazione della proposta si era creata una difficoltà. Non si capiva perché le colture arboree, che abbattono più CO2 di quanto non facciano i pascoli nordeuropei, dovessero essere trattate al pari delle altre. Ci era sembrato assurdo, addirittura con rischio di estirpazione nei casi in cui quell'applicazione del 7 per cento voluto da Ciolos avesse impattato nelle aziende.
  Ora sono escluse dalla diversificazione e dalla superficie ecologica, per cui si parla nel testo solo di superfici arabili, escludendo superfici sommerse, riso, e superfici arboree. Questo è un passaggio importante che, avendo unito il greening all'aiuto di base, rende meno impattante questa PAC e, nello stesso tempo, riesce in qualche modo a dare un'applicazione che non sia penalizzante per la coltura mediterranea, se volete, o meridionale.
  In particolare, abbiamo esonerato anche le colture proteiche, come l'erba medica, per intenderci. Si tratta di superficie ecologica in quanto tale proprio perché miglioratrice del terreno in quanto apportano azoto nel terreno.
  Con una lista di equivalenza, tutte le pratiche agroambientali del secondo pilastro sono state estese purché non si abbia il doppio pagamento, elemento su cui il Parlamento europeo aveva individuato, nel mandato negoziale, un punto molto forte. Attraverso questa lista, si è semplificata l'equivalenza tra pratiche agroambientali e greening, dando la possibilità, per alcuni Paesi, tra cui l'Italia, che hanno molte misure del secondo pilastro rivolte all'agroambiente, di accedere al greening purché rientranti in questa lista di equivalenza. Sono molte le regioni che ci rientrano.
  Del 5 per cento vi ho parlato. Naturalmente, potrà esserci uno spazio per le regioni qualora si voglia ridurre questo 5 per cento al 2,5. In questo caso, sarà la regione che dovrà individuare l'area ecologica, il corridoio, in modo da rendere questa misura ancora meno impattante per il singolo agricoltore, dove è possibile individuare queste aree.
  Allo stesso modo, per quanto riguarda il sostegno accoppiato, si è potuto migliorare la proposta del Consiglio passando dal 10 al 13 per cento più un 2 per cento di colture proteiche. Di fatto, la percentuale dei sostegni accoppiati passa, dunque, al 15 per cento, 13 più 2.
  I giovani agricoltori rappresentano un elemento molto importante. La proposta del Consiglio riguardava l'aiuto ai giovani in maniera facoltativa. Siamo riusciti a farlo diventare obbligatorio, per cui tutti gli agricoltori con un'età inferiore ai 40 anni accedono a questo aiuto, che pesa il 2 per cento dell'intera somma di aiuti diretti ed è maggiorato per il singolo soggetto beneficiario giovane agricoltore che accede a questo premio.
  Se si tratta di primo insediamento, per i primi 5 anni è maggiorato del 25 per cento, segnale importante di una PAC che dà attenzione ai giovani e in maniera obbligatoria, non solo con i tradizionali premi di primo insediamento nello sviluppo Pag. 6rurale, ma anche attraverso una parte della misura di aiuti diretti nel primo pilastro.
  Sono tra le principali novità, naturalmente insieme alle semplificazioni per i piccoli agricoltori e al tema dell'organizzazione di mercato (OCM) unica – vado veramente veloce per consentire all'amico e collega Giovanni La Via di entrare più in dettaglio sullo sviluppo rurale e sul monitoraggio, controllo e finanziamento della PAC – sul quale le novità sono tantissime. Innanzitutto, partiamo da tutto l'impianto delle organizzazioni di produttori. Questa riforma lavora nel senso di rendere più forti e competitivi gli agricoltori, loro e i loro consorzi, in modo da renderli più forti nel gestire una filiera produttiva, una catena del valore che spesso li marginalizza.
  Da questo punto di vista, le novità riguardano tutto ciò che si può trasferire dall'OCM ortofrutta agli altri settori. Penso, per esempio, all'olivicoltura; ai sistemi di stoccaggio, che sono stati estesi a settori prima esclusi, grano duro, formaggi; al tema della programmazione produttiva nei prosciutti, che sta a cuore a moltissimi consorzi di tutela che avevano visto nel pacchetto latte introdurre un meccanismo di difesa che riguardava solo i formaggi duri, parmigiano reggiano, grana padano o altri formaggi in Italia, e che adesso, grazie alla riforma della PAC, è esteso anche agli altri otto consorzi di prosciutti DOP italiani. Questo è importante perché attribuisce un valore ancora maggiore in direzione delle produzioni di qualità.
  Naturalmente, abbiamo modificato la stessa percentuale per l'OCM ortofrutta dal 4,6 al 4,75, un piccolo miglioramento, ma che significa comunque più risorse per il sistema ortofrutticolo. Abbiamo lavorato sui diritti di impianto.
  Sapete che questo tema enorme interessava tutte le regioni italiane, c'era una forte preoccupazione in questa proposta di liberalizzazione del Commissario Ciolos. Devo dire che abbiamo lavorato in maniera molto forte con il Consiglio, opponendoci a una liberalizzazione e portando a casa, di fatto, uno status quo per gli Stati membri che hanno i diritti di impianto fino al 2020.
  Rimangono, dunque, fino al 2020 i diritti di impianto attuali; dopo il 2020, si passa al sistema di autorizzazioni, di fatto un sistema di controllo comunque del potenziale viticolo, ma non hanno la possibilità di essere commercializzati, quindi abbiamo 7 anni per gestire questi diritti.
  Si è lavorato anche molto sulle turbative del mercato, introducendo nel secondo pilastro, di cui dirà meglio Giovanni La Via, i sistemi assicurativi e i fondi mutualistici. Nel settore latte, abbiamo confermato le regole contrattuali approvate nel pacchetto latte, estendendoli ad altri settori.
  Infine, voglio ricordare il tema che è stato oggetto di attenzione anche da parte del collega Michel Dantin, francese, che ha lavorato sull'OCM unica per quanto riguarda il settore zucchero, in merito al quale, nonostante il Parlamento avesse votato un mandato negoziale fino al 2020, siamo alla fine planati sulla posizione del Consiglio del 2017.
  Mi auguro che ci consentirà di guardare al futuro anche tenendo conto che questa PAC avrà comunque un momento di revisione, come è stato nel passato, a 3 anni. Mi auguro che questo ci consentirà, dove sarà necessario, di continuare a svolgere questo lavoro di adattamento di regole che possano trovare un settore più pronto a queste grandi sfide.
  Sulle prospettive finanziarie, credo che il collega La Via potrà dire molto di più essendo lui stesso relatore sul bilancio dell'Unione europea.

  GIOVANNI LA VIA, Membro della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo. Parto da quest'ultimo punto citato dall'onorevole De Castro, le prospettive finanziarie. Il Consiglio dei Capi di Stato e di Governo, nell'accordo dell'8 febbraio, aveva raggiunto un'intesa complessiva per un bilancio a 7 anni con 960 miliardi di euro di impegni e 908 miliardi di euro di pagamenti. Aveva anche dettagliato le risorse Pag. 7destinate alle singole politiche e la ripartizione tra gli Stati membri.
  Il Parlamento europeo non ha mai messo in discussione l'entità delle risorse complessive, rendendosi conto, ovviamente, delle difficoltà in un periodo di crisi per gli Stati membri di contribuire in misura maggiore al bilancio europeo, ma aveva contestato alcune regole di funzionamento la cui modifica avrebbe potuto migliorare l'utilizzazione di queste risorse.
  Come a voi tutti è noto, soprattutto nei primi anni di programmazione, poche sono le risorse che integralmente si spendono e molte sono quelle, invece, necessarie, soprattutto in termini pagamento, negli ultimi anni di programmazione. Per questo, come Parlamento europeo avevamo chiesto la flessibilità, in termini di possibilità di trasferire le risorse non utilizzate in un anno all'esercizio successivo. Questa richiesta non era accettata dal Consiglio perché, solitamente, nei primi anni programmazione i soldi tornano agli Stati membri e questo avrebbe ridotto l'esborso per ogni singolo Stato membro.
  Abbiamo allora detto, subito dopo l'8 febbraio, con una risoluzione del Parlamento, che non avremmo approvato quella formulazione del quadro finanziario e che, anzi, andava rivista. Dopo un paio di mesi di trattative e un accordo al più alto livello tra il Presidente della Commissione, il Presidente del Consiglio europeo e il Presidente del Parlamento, abbiamo raggiunto un'intesa su dieci punti, che riguardava, ovviamente, la flessibilità, una revisione di metà periodo, le risorse proprie, l'unicità del bilancio.
  Ai sensi di quest'accordo, un aspetto, però, è evidente: che per la politica agricola ci saranno meno risorse rispetto al passato e che per la prima volta si applicherà la cosiddetta disciplina finanziaria. Ciò significa che, quando il fabbisogno complessivo di risorse è superiore alle risorse materialmente disponibili nella rubrica di bilancio, i tagli sono effettuati percentualmente in modo teoricamente uguale per tutti, in modo da rientrare nel complesso delle disponibilità esistenti.
  Per i pagamenti diretti, quindi, già a partire dal prossimo esercizio, applicheremo la disciplina finanziaria e, in sede di triloghi tra Consiglio e Parlamento, abbiamo definito che la disciplina finanziaria non si applicherà alle aziende che ricevono un importo di pagamenti diretti inferiore ai 2.000 euro. Salvaguardiamo, in questo modo, le piccole e piccolissime imprese e applichiamo il taglio solo a quelle che ricevono aiuto maggiore.
  Vi renderete conto che questo determina una diversa distribuzione delle risorse sul piano europeo perché, evidentemente, l'Italia è uno dei Paesi che ha tante piccole e piccolissime imprese, così come la Polonia e altri Paesi mediterranei, la Grecia, mentre altri Paesi europei, come Francia, ex Cecoslovacchia, Gran Bretagna o Germania, le cui imprese hanno una dimensione media superiore, saranno ovviamente maggiormente colpite dalla disciplina finanziaria. In ogni caso, abbiamo portato a casa il risultato per questi Paesi e per i nostri Paesi mediterranei che hanno piccole e piccolissime imprese.
  Rispetto al tema dello sviluppo rurale, l'impianto della nuova programmazione rimane quasi inalterato, con programmi che saranno realizzati dagli Stati membri o dalle regioni, a seconda dell'articolazione interna dei diversi Paesi, senza avere, così come in passato, assi di intervento sui quali concentrare una percentuale minima di risorse.
  Avremo sei temi generali con solo due vincoli alla distribuzione delle risorse: almeno il 30 per cento delle risorse sarà destinato alle cosiddette misure finalizzate a ridurre l'impatto dei cambiamenti climatici, in altri termini misure agroambientali; il 5 per cento delle risorse complessive dello sviluppo rurale destinate alla programmazione leader, quindi all'approccio leader, e quindi alla programmazione dei territori con una programmazione dal basso.
  Sostanzialmente, sul piano delle misure cambia poco. L'unico elemento di forte innovazione riguarda l'introduzione della ricerca, del trasferimento tecnologico a vantaggio delle piccole e medie imprese Pag. 8agricole, che evidentemente dovrà contribuire a rilanciare il nostro sistema e la capacità di competere dello stesso.
  Qualcosa, invece, cambia nell'ambito del regolamento orizzontale. Nell'accordo sul quadro finanziario poliennale (QFP), si è raggiunta un'intesa finalizzata alla definizione di una riserva di crisi che, rispetto al passato, si struttura in modo profondamente diverso. In passato, gli interventi per le crisi erano finanziati attraverso il margine disponibile delle rubriche di bilancio, mentre oggi ci sarà una riserva di crisi di 400 milioni di euro, così come proposta nell'accordo del Consiglio, finanziata attraverso l'applicazione della disciplina finanziaria agli aiuti diretti. Saranno, cioè, gli stessi agricoltori a finanziare la riserva di crisi che, qualora non utilizzata, sarà restituita nell'esercizio successivo agli stessi agricoltori nella misura in cui hanno contribuito al relativo finanziamento.
  Abbiamo, ovviamente, una serie di procedure finalizzate alla semplificazione. Abbiamo detto dall'inizio di questa lunga maratona sui regolamenti che volevamo semplificazione, quindi avremo domande multiannuali per le imprese che mantengono la stessa struttura aziendale, così come un sistema di allerta in grado di segnalare agli agricoltori qualsiasi non conformità rispetto, ad esempio, alle misure di condizionalità. In questo modo, non saranno sanzionati quando non sono a conoscenza delle infrazioni che stanno commettendo e quando queste infrazioni sono lievi e non gravi.
  Abbiamo pensato a un sistema che potesse, nel caso degli Stati virtuosi, ridurre l'entità dei controlli, in modo che, nei Paesi in cui le infrazioni alla disciplina comunitaria sono inferiori rispetto alla media comunitaria, si possano ridurre progressivamente i controlli e così anche il costo per gli Stati membri e la complessità nell'implementazione della politica agricola comune.
  Ci sono alcuni elementi ulteriori nei sistemi di consulenza aziendale, nella condizionalità incrociata, nell'applicazione delle sanzioni. Avendo riconosciuto nel greening un sistema complesso, che ha bisogno, ovviamente, di essere implementato, abbiamo chiesto e ottenuto, dopo un lungo negoziato, che le sanzioni sul greening non eccedessero per i primi due anni l'entità del pagamento diretto correlato al greening, cioè il 30 per cento del pagamento diretto.
  È chiaro, allora, che su tutti questi temi diversi elementi innovativi hanno profondamente modificato la proposta iniziale della Commissione e che abbiamo ritenuto come Parlamento migliorativi della proposta. Come sottolineava il collega De Castro, alcuni elementi devono ancora essere negoziati. Vorremmo, ad esempio, la riserva di crisi al di fuori della rubrica 2 del Bilancio, non la vorremmo finanziata dagli agricoltori, ma dal bilancio europeo; vorremmo che l'entità delle anticipazioni sui programmi di sviluppo rurale si attesti a livello della precedente programmazione, cioè al 7 per cento, mentre ovviamente sembrerebbe che i Capi di Stato e di Governo vogliano concedere un po’ meno per risparmiare sulle anticipazioni sul bilancio comunitario. Si tratta, in ogni caso, di temi che affronteremo alla ripresa dell'attività negoziale con i primi triloghi.
  Rispetto a Paolo De Castro, sono un po’ meno ottimista perché ritengo che non chiuderemo il negoziato sul QFP col voto finale prima di ottobre, e che quindi il voto finale sui testi regolamentari non arriverà prima di novembre.
  È importante, comunque, sottolineare che dovremo ancora affrontare il Regolamento transitorio, sul quale ci giocheremo una parte di ciò che non siamo riusciti a introdurre nei regolamenti di base in termini di anno di avvio della riforma. Visti, infatti, i tempi che vi dicevo, mi sembra sicuramente improponibile un avvio dal 2014, molto più probabile invece dal 1 gennaio 2015. Probabilmente, però, per il greening e per far sì che sulle piccole particelle i sistemi di controllo possano adeguarsi nel tempo con una cartografia adeguata, sarà il caso anche di andare al 2016.
  Dovremo capire, nel frattempo, come gestire l'anno di transizione allo sviluppo rurale: aggiungiamo i soldi e i programmi Pag. 9preesistenti che diverranno 2007-2013 più uno, visto che sicuramente non saremo in grado di implementare nuovi programmi di sviluppo rurale dal 2014 ?
  Ovviamente, un'intera serie di aspetti dovrà essere disciplinata dagli Stati membri con azioni e interventi propri sulla convergenza interna, sulle regole di regionalizzazione e su tanti altri temi che in parte Paolo De Castro ha citato, ma che sicuramente potremo dettagliare anche a seguito delle vostre domande.

  PRESIDENTE. Nel dare la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, raccomando la massima sintesi e darei la priorità a un rappresentante per gruppo.

  MARIO CATANIA. Ringrazio i nostri colleghi che hanno così ben relazionato sull'esito del negoziato, esito quasi definitivo, come abbiamo sentito. Resta ancora qualcosa in sospeso.
  Dirò subito che a me pare che, complessivamente, sia un buon accordo e questo va a merito dell'onorevole De Castro e dell'onorevole La Via, come, in generale, di tutti quelli che hanno negoziato questa partita.
  Certo, come ci siamo detti tante volte, questa riforma è anche un'occasione mancata, ma lo è perché la piattaforma che la Commissione ha presentato agli Stati membri non coglieva l'evoluzione nel tempo dello scenario agricolo comunitario e internazionale e, sotto certi aspetti, sembrava scritta con l'approccio di una decina d'anni fa. Questo, in ogni caso, va al di là delle valutazioni sulla qualità dell'esito. Rispetto al quadro di negoziato esistente, quello che l'Italia ha portato in fondo è un buon accordo.
  Naturalmente, come sempre accade in questi casi, non tutti gli obiettivi sono stati raggiunti, quindi mi soffermerò più che altro su quelli che mi paiono gli elementi sensibili rimasti irrisolti affinché si possa insieme individuare le modalità con cui riprendere queste questioni già nel futuro prossimo.
  La prima è una questione di carattere molto generale e che sembrerà strano porre all'indomani della chiusura dell'accordo, ma in realtà, se vogliamo lavorare per il futuro, dobbiamo cominciare a farlo già nell'immediato. Mi riferisco al fatto che, nonostante alla fine abbiamo salvato il salvabile, l'accordo recepisce comunque il concetto di fondo dell'allineamento degli aiuti per ettaro su scala europea alla sola superficie.
  Abbiamo evitato il flat rate con un negoziato duro, incisivo, ben condotto già nell'ultimo anno e mezzo, ma in realtà incombe questo tema. Siccome non è detto che la prossima tornata di negoziato sia tra sette anni, anzi è molto probabile che ci sarà una revisione di medio termine, credo che sia fondamentale per l'Italia partire stavolta con anticipo, come non fu fatto alcuni anni fa, cercando di ribaltare culturalmente, sotto il profilo della visione economica, il concetto del flat rate e quello che gli aiuti devono essere parametrati esclusivamente alle superfici. Diversamente, rischiamo, la prossima volta, di pagare un prezzo ancora più alto di quello che abbiamo pagato in questo negoziato.
  Un altro tema molto più puntuale rimasto irrisolto è quello del tabacco. Nel negoziato, l'Italia ha portato in fondo una serie di problematiche che riguardavano squisitamente il nostro Paese. Alcune sono già state ricordate, ma una, malauguratamente, è rimasta fuori ed è la tematica del tabacco.
  L'accordo non consente ai Paesi membri di erogare aiuti accoppiati al tabacco e, in questi termini, rende problematica tutta la gestione di questo settore per i prossimi anni. Credo che anche su questo si debba cominciare a lavorare subito per individuare eventuali soluzioni spendibili a livello comunitario e, in subordine, a livello nazionale.
  Fuori dal perimetro della riforma – concluderò poi rapidamente perché non voglio togliere spazio ai colleghi – resta una serie di questioni che, pur in una legislatura europea che volge al termine, sarebbe sbagliato non seguire con la massima attenzione.
  Mi riferisco, in particolare, a tutta la problematica che riassumerò sinteticamente Pag. 10col concetto del riconoscimento e della leggibilità dell'origine dei prodotti commercializzati, alla tematica relativa al buon funzionamento della filiera agroalimentare, dove mi pare che siamo in stand by a Bruxelles e non riusciamo ad andare avanti con progressi nella giusta direzione di una regolamentazione che tenga conto degli interessi agricoli nella filiera.
  Penso, infine, alla negoziazione con i Paesi terzi. Si apre proprio in questa fase il grande negoziato per il libero scambio con gli Stati Uniti, che ci offrirà in effetti più opportunità che non rischi, che restano comunque in relazione ad alcune situazioni. Vi sono, inoltre, rischi di gran lunga prevalenti rispetto alle opportunità. Incombe ancora il negoziato con il Mercosur, come anche tutti quelli con i Paesi del Mediterraneo, particolarmente dolorosi per la nostra agricoltura. Su queste tre tematiche, origine, funzionamento della filiera e accordi con i Paesi terzi, è fondamentale che resti alta la guardia del sistema Italia anche in questo scorcio finale di legislatura europea – manca ormai meno di un anno – per evitare di trovarci di fronte a soluzioni compromesse.

  NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Vorrei ringraziare, anche a nome del Partito Democratico, il presidente De Castro e l'onorevole La Via per il lavoro svolto, per la presenza che hanno assicurato sempre qui in Italia, nelle Commissioni, e per i risultati conseguiti.
  Comprendo che i due nostri colleghi non salteranno particolarmente di gioia, ma, da come eravamo partiti a oggi, credo che i risultati esistano, si vedano e siano tanti, per cui possiamo iniziare a lavorare con serietà, con forza e anche, sicuramente, confidando nella possibilità di raggiungere ulteriori risultati positivi.
  È chiaro che la PAC, per noi italiani, è stata uno strumento importante sia per la coesione tra gli Stati nazionali, sia anche per la crescita di alcuni territori (in questo caso, mi riferisco a quelli del sud), obiettivi che abbiamo sempre raggiunto tra gli Stati. Questa PAC dà una maggiore libertà e una maggiore forza ai singoli Paesi. Credo anzi che si possa parlare di una rinazionalizzazione della PAC. Credo che questo sia importante per l'Italia. quello che ci aspetta, infatti, è un lavoro che possiamo compiere da protagonisti proprio per cucire un vestito addosso all'Italia con una PAC sempre più in funzione dello sviluppo e degli obiettivi che dobbiamo conseguire.
  Non nascondo che la fase sia di grande incertezza, da molto tempo gli agricoltori non sanno di che morte morire. Si parla spesso di PAC, ma credo che gli stessi parlamentari presenti ancora oggi non abbiano i testi definitivi e restino, comunque, alcuni punti da definire, i cosiddetti cinque punti non trattabili. Allo stesso tempo, mi pare che l'unica certezza sia data dal fatto che la PAC non ha una scadenza, e quindi continuerà quella vecchia nel caso in cui restassimo indietro.
  Porrò due problemi, ma sono tanti i problemi che dovremmo affrontare. Il primo riguarda la flessibilità. Da più parti, si è fatto riferimento al positivo risultato ottenuto, anche grazie all'Italia, di una maggiore flessibilità nella ridistribuzione delle risorse per ettaro rispetto alla proposta originaria del Commissario Ciolos, soprattutto al fine di evitare il flat rate: come si esplica nel concreto questa flessibilità ? Cosa resta ancora da decidere e cosa devono fare gli Stati membri per realizzare una maggiore flessibilità ?
  La politica di coesione e sviluppo rurale è il secondo punto; il perseguimento di un insieme comune di obiettivi tematici che discendono direttamente dalle grandi priorità strategiche di Europa 2020 permea anche la programmazione e la gestione delle risorse della PAC, che dovranno integrarsi necessariamente con le altre politiche dell'Unione.
  Ciò è particolarmente vero per le politiche di sviluppo rurale, che saranno incluse in un quadro di programmazione unico per tutti i fondi, il FESR, il FSE, il FEAMP e così via. Vi sono, però, discrasie temporali nell'approvazione definitiva da parte delle istituzioni europee dei principali dossier legislativi in tale ambito. Allora, Pag. 11come si conciliano i vari strumenti, in particolare nella fase di transizione prima dell'entrata in vigore della nuova PAC e con particolare riferimento alla politica di coesione ?
  Verrei, molto telegraficamente, a pochi altri punti, almeno per dare un segno. Il primo riguarda i diritti di reimpianto. Abbiamo spostato il traguardo più avanti, ma credo sia anche necessaria una verifica a medio termine per capire come si comporta il sistema vitivinicolo italiano rispetto alla fine del diritto di reimpianto. Credo che sia necessario anche per capire come si sviluppano le politiche vitivinicole italiane.
  Dell'altro aspetto ha già parlato l'onorevole Catania, l'etichettatura. L'Italia è andata sempre più avanti e ha fatto da apripista su questo terreno. Purtroppo, però, ancora non è stato possibile iniziare i lavori, e quindi avere l'efficacia di quelle norme che abbiamo approvato tutti assieme. Credo che dobbiamo chiedervi con forza come muoverci, cosa fare perché l'etichettatura, per noi carta d'identità nel nostro made in Italy, possa essere un punto di partenza per la commercializzazione dei nostri prodotti.
  Abbiamo molto parlato di organizzazioni dei produttori (OP). Sappiamo che il tema è stato già introdotto nel pacchetto della qualità del latte. Oggi abbiamo due progetti di legge all'esame del Parlamento: dovete darci una mano per approvare questa legge sulle OP, ma guardando più all'Europa che all'Italia.

  PAOLO RUSSO. Grazie non solo per la cortesia di essere qui ma anche per il lavoro importante che è stato portato avanti da voi in questi anni. Lo dico nella consapevolezza che in Europa il risultato ottenuto è anche frutto di quest'opera bipartisan che avete celebrato difendendo l'Italia e l'agricoltura italiana insieme.
  Porrò alcune questioni e una di carattere più generale. Riprendo un tema già sollecitato dal collega Oliverio. La PAC ci è parsa e ci pare un sistema distributivo che nella distribuzione delle risorse genera politiche. Vorremmo, in qualche misura, che fosse un po’ diverso, anzi l'esatto contrario, che fosse preceduto da un grande disegno, che per il nostro Paese ha un carattere forte sulla tipicità e riconoscibilità dei prodotti per diventare, in ragione del disegno strategico, anche attrattore di risorse.
  Attiro l'attenzione su questo aspetto perché è evidente che il problema della ripartizione per ettaro è stato spostato un po’ in avanti, ma dovremo e potremo affrontarlo soltanto ragionando preventivamente di quella condizione strategica tutta italiana di un'agricoltura che ha voglia di ragionare di etichette, contrariamente a quello che misuriamo in Europa, di aranciata con le arance, contrariamente a ciò che troviamo in Europa, di tappi antirabbocco per l'olio, contrariamente a quello che si registra in Europa. È questa la condizione che vede, talvolta, anche distonica la straordinaria azione che pur avete svolto in questi anni.
  Veniamo a questioni più specifiche, che avrei piacere che ci e mi chiariste meglio. Come si articola, ad esempio, il fondo di solidarietà ? In che misura abbiamo un obbligo di rimpinguarlo ? Qual è l'articolazione del fondo in questa nuova PAC ?
  Inoltre, una delle criticità che immagino prima di noi abbiate registrato riguarda il comportamento ondivago sulla filiera bieticolo-saccarifera, che ha generato non solo danni, ma anche sensazioni ancor peggiori, ossia la consapevolezza che ciò che l'Europa indica sul piano della prospettiva dopo qualche anno è smentito, a tutto danno di quei Paesi che avevano operato tagli significativi e investimenti proprio su quel fronte. Penso alla vicenda del tabacco.
  Occorre capire che margini ci sono nelle pieghe di questa PAC per il sostegno ad alcuni settori. Penso ai pataticoltori. Ovviamente, il mio e il nostro apprezzamento per lo straordinario lavoro passa per gli importanti risultati ottenuti sugli agricoltori attivi, sul greening, sui giovani agricoltori, tutti risultati che attribuiamo alla vostra straordinaria capacità di fare sistema e, soprattutto, alla competenza e alla saggezza che avete messo in campo Pag. 12nell'offrire anche soluzioni a quella proposta iniziale che, obiettivamente, appariva ai più straordinariamente distante dalla nostra aspirazione, ma soprattutto dall'aspirazione a quell'agricoltura distintiva tipica dalla nostra italianità.

  MASSIMO FIORIO. È stato ricordato il punto di partenza di questo negoziato, i documenti iniziali che, naturalmente, allarmavano anche il Parlamento italiano, il quale, in occasione della loro prima presentazione, sottolineò le minacce di quella prima proposta, che penalizzava fortemente l'agricoltura italiana, e mediterranea in genere, e sembrava favorire modelli produttivi legati al nord Europa e anche, se mi permettete, un coté ambientalista fortemente marcato. Il tema del greening penalizzava le nostre coltura arboree.
  Va riconosciuto che bisogna leggere l'esito di questo negoziato a partire da quel documento e, quindi, al di là del giudizio finale sull'esito, non possiamo non evidenziare il guadagno anche per l'agricoltura di questo Paese. È evidente il lavoro svolto dai nostri rappresentanti, dal presidente della Commissione De Castro, il lavoro svolto nel negoziato e anche il sostegno dei vari Parlamenti. Il Partito Democratico fu il primo che presentò una risoluzione in proposito, ma naturalmente trovò la convergenza degli altri gruppi. Ora credo che dobbiamo leggerlo da quel punto di vista.
  Credo anche, come pure è stato già evidenziato, che alcune questioni siano ancora aperte. Esistono dei dati positivi anche rispetto all'OCM. Sempre rispetto al punto di partenza, la questione dei diritti di reimpianto del settore vitivinicolo è un dato importante, nel senso che rispetto alla liberalizzazione paventata che altri settori hanno subìto in modo radicale, il settore vitivinicolo ha ancora un sistema di gestione della produzione che consente non solo di mitigare, ma di gestire nel corso del tempo il tipo di produzioni e anche gli investimenti da parte delle aziende. Sottolineo, per esempio, anche che la possibilità di utilizzare fondi OCM nel settore interno è importante.
  Sul settore del tabacco, invece, è già stato segnalato come vada ripresa e sottolineata con forza la questione di aver subìto quel pregiudizio, ritengo anche di altri Paesi, e di non aver ricavato l'attenzione adeguata all'impatto socioeconomico di quelle iniziative.
  Vorrei essere più puntuale sulla questione degli strumenti assicurativi, delle gestioni non solo dei rischi atmosferici, ma dei rischi anche di mercato, che, rispetto anche al posizionamento nel documento, ha visto un dibattito piuttosto importante. Riteniamo si tratti di una questione non indifferente. L'andamento dei prezzi rischia di essere altalenante, un dato ormai strutturale in questa fase economica.
  Chiederei, allora, come la PAC e i Paesi membri possano essere attrezzati per affrontare questo elemento che incide in modo prepotente ormai sul mercato e mette in forte ansia i nostri produttori, unitamente alle gestioni delle crisi ambientali e atmosferiche.

  LOREDANA LUPO. Abbiamo qualche perplessità, che siamo sicuri ci sarà chiarita, in merito a un'azione svoltasi la settimana scorsa al Parlamento italiano in tema di sementi derivate da OGM. Conoscendo la posizione dell'Europa sull'argomento e mirando, soprattutto, a tutelare il prodotto tipico nazionale, ci chiediamo come l'Europa pensi di tutelare, a sua volta, ogni Stato membro che, per la propria sovranità alimentare, decide singolarmente su questo tema. Che azioni, che libertà ci rimarrà da questo punto di vista, dato per assodato che la produzione italiana è particolare ed è l'unica, a livello economico, con la quale possiamo confrontarci ? Non siamo dotati, infatti, di grandi superfici da meccanizzare, quindi abbiamo bisogno della nostra particolarità agroalimentare.
  Al di là di questo, mi riallaccio al commento dell'onorevole Fiorio sul sostegno dei prezzi. Anche questa è una battaglia, per gli agricoltori italiani, importantissima. Molto spesso, infatti, sono praticati alla produzione prezzi che non riescono a remunerare l'attività agricola Pag. 13svolta. Non si riesce a competere con i prodotti provenienti dall'estero, mentre sappiamo che i nostri prodotti sono molto più sani. Molto spesso, ad esempio, si parla di OCM sul grano duro e di stoccaggio all'interno dei silos, mentre sappiamo perfettamente che tutto il grano duro generalmente sul territorio italiano è esente da aflatossine e, invece, molto spesso le paste sono fatte con frumento che invece ne è ricco. Vogliamo tentare di capire come la normativa europea potrà venirci incontro da questo punto di vista.
  Infine, non ci è ben chiara, sempre all'interno del pacchetto comune, la questione che riguarda la commercializzazione e le royalty sulle sementi. Sembrerebbe l'Europa vada in una direzione di tutela della biodiversità, ma poi non si esprime in maniera del tutto chiara sulle royalty. Desidereremmo dei chiarimenti.

  MARCO CARRA. Credo che abbiano fatto bene i colleghi a evidenziare i miglioramenti introdotti dal lavoro parlamentare, in particolare dai colleghi De Castro e La Via, ai quali evidentemente va il nostro ringraziamento per l'impegno profuso in questi ultimi periodi.
  Già l'ex Ministro Catania, con grande eleganza, ha rilevato le motivazioni che hanno portato il Commissario Ciolos a produrre una prima proposta particolarmente penalizzante per il nostro Paese. Lo ha fatto, ripeto, con grande eleganza, spiegando che all'inizio di questa trattativa il nostro Paese era un po’ distratto. Credo che nell'ultimo periodo – penso che questo giudizio politico non possa essere omesso – il nostro Paese abbia recuperato in autorevolezza, in credibilità, anche in forza negoziale, grazie appunto al prestigio internazionale giustamente riconosciuto all'ex Ministro Catania e al lavoro straordinario che avete compiuto in sede europea.
  La domanda che intendo rivolgere può avere già in sé una risposta. Potrebbe anche definirsi una domanda – me lo dico da solo – inutile, ma mi piacerebbe che la risposta restasse agli atti. Tutti i giorni, infatti, sento, provenendo dal nord, forti richiami da parte delle regioni del nord rispetto alla capacità e alla possibilità di negoziare direttamente con l'Europa. Si parla di un dialogo diretto con l'Europa, del fatto che non interessa lo Stato centrale, che non interessa il Ministero, che è un organismo o, comunque, un livello istituzionale superato o da superare.
  Mi pare evidente, dalle riflessioni sviluppate questa mattina e da quelle sviluppate, se non ricordo male, 10-15 giorni fa, aiutati da due esperti quali Frascarelli e Adornato, che i margini di manovra per gli Stati membri e per le stesse regioni siano piuttosto rilevanti su alcune partite in particolare.
  La domanda, come ribadisco, inutile, ma che dal mio punto di vista merita una risposta formale, è la seguente: quale ruolo hanno le regioni, e quali margini ? È del tutto evidente che molto dipenderà – mi do anche la risposta – dalla forza e capacità negoziale in ambito nazionale, ma credo che in questa Commissione vi sia la piena consapevolezza del ruolo effettivo che questi livelli istituzionali possono giocare in questa delicata e importante partita.

  LAURA VENITTELLI. Ringrazio il presidente De Castro e l'onorevole La Via. Il mio intervento è limitato soltanto alla questione delle quote dello zucchero. Nello specifico, nel periodo immediatamente successivo all'annuncio della cessazione del regime delle quote dello zucchero al 2017, c’è stata nel settore una vera e propria fibrillazione da parte di tutti gli operatori legati all'industria saccarifera.
  Oggi, la preoccupazione è proprio capire se, dopo il 2017, l'instabilità del mercato e, soprattutto, una possibile crescita di attività di speculazione possano incidere negativamente sulle aziende che, contando su una ipotesi più lunga di riserva delle quote dello zucchero, hanno investito milioni di euro soprattutto per sostenere il contributo economico della tassa di produzione.
  Oggi, la richiesta che proviene dalle varie associazioni saccarifere – anche i colleghi avranno ricevuto il documento a Pag. 14firma di Unionzucchero, Coprob, Eridania e altre associazioni – è quella di un intervento forte anche da parte del Parlamento italiano e, nello specifico, della Commissione agricoltura, affinché si chieda quali misure si vogliono adottare per fare in modo che questo settore non sia travolto da eventuali attività di speculazione del dopo 2017.
  Le specifiche richieste avanzate sono le seguenti: si continuerà ancora a garantire il sostegno accoppiato per i bieticoltori ? Quali sono gli strumenti che si vogliono mettere in campo per ridurre l'impatto socioeconomico negativo nel caso in cui, appunto, le speculazioni dovessero travolgere questo mercato ? In ultimo, la domanda forse rivolta con maggiore insistenza è se da oggi al 2017, nel caso di dismissione delle quote, ci sarà un anticipo del costo della quota zucchero. In altre parole, se si dismette oggi la quota zucchero al 2017, da oggi ad allora ci sarà un anticipo del pagamento della quota ?

  GIAN PIETRO DAL MORO. Ringrazio anch'io il presidente De Castro e l'onorevole La Via. Porrò una domanda brevissima e semplice: vorrei conoscere, per cortesia, la complessità dei provvedimenti previsti esclusivamente per il settore della montagna.

  MARIA ANTEZZA. Voglio ringraziare il presidente e l'Ufficio di Presidenza per aver organizzato quest'audizione e, naturalmente, il presidente De Castro e l'onorevole La Via per aver dato questa disponibilità, ma soprattutto per il lavoro svolto.
  Vorrei chiedere semplicemente se c’è stata un'attenzione al tema del riconoscimento dell'agricoltura come bene pubblico, e quindi al riconoscimento dell'agricoltore come produttore di beni e servizi che, come sappiamo, non sono remunerati dal mercato.
  Inoltre, mi piacerebbe capire di più sulla gestione dei rischi, se sono stati immaginati strumenti e di che genere.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Vorrei ringraziare i presenti per l'ampia documentazione riguardo alla PAC.
  Certamente, in una situazione in cui la disoccupazione è molto alta, le alterazioni climatiche sempre maggiori, l'inquietudine per la sicurezza alimentare cresce, cresce la crisi di fiducia dei cittadini europei, la PAC poteva e doveva essere una risposta ferma e capace.
  Alcuni punti sono senz'altro positivi, come quello della discrezionalità nazionale riguardo ai pagamenti diretti accoppiati, in particolare per le leguminose, i pagamenti diretti per i primi ettari. Sappiamo che la lotta contro l'egoismo delle lobby ha portato alcuni passi positivi proprio perché queste cercano di fare semplicemente in modo che nulla cambi.
  Purtroppo, ciò che dobbiamo riscontrare è un abbandono della regolazione della produzione del latte e una sostanziale logica neoliberale che va avanti dal 1994, che rappresenta l'impianto con cui è stata portata avanti anche questa PAC, la quale risponde a logiche di deregolamentazione, più che di greening, di greenwashing.
  È buona l'intenzione, ma i disciplinari di applicazione non rispondono alle reali necessità. È una rinazionalizzazione certamente positiva per alcuni aspetti, per altri meno perché offre un quadro meno organico dell'agricoltura europea nel suo insieme.
  Dobbiamo, appunto, riscontrare come le logiche del dumping continuino a imperversare nella vendita dei prodotti, nella commercializzazione, con prezzi a volte inferiori agli stessi costi di produzione. I mercati deregolamentati portano semplicemente a volatilità e a speculazione e sappiamo bene che, con la finanziarizzazione del bene terra e dei generi alimentari, questo non può che portare maggiore insicurezza alimentare.
  Il metodo con cui sono distribuite le sovvenzioni per mantenere le produzioni crea una dipendenza che ha portato, ad esempio, nel settore particolare della mangimistica, dalla produzione di leguminose, che sosteneva i nostri allevamenti anche Pag. 15intensivi, alla sovvenzione della produzione di soia. Nel momento, però, in cui questa non conveniva più, abbiamo cominciato ad importare dall'estero molta soia che non risponde ai nostri disciplinari europei di coltivazione proprio per la presenza di più di 30 pesticidi non autorizzati da noi. I controlli sono, però, molto labili, per non parlare della soia e del mais OGM che oggi entrano.
  Sappiamo che la questione della mangimistica è fondamentale proprio perché è questa che ha fatto sì che il Governo non potesse attuare la clausola di salvaguardia riguardo al mais Mon810. Quella dell'Europa, quindi, è un'opportunità sostanzialmente persa per rinnovare e confermare la sua credibilità partendo da un aspetto vitale come quello dell'alimentazione.
  Vorrei sottolineare, in particolare, un aspetto. Concordo che l'Italia debba essere meno distratta sul tavolo europeo. Vediamo, in particolare, quanto sia stata distratta nel settore della pesca in questi anni e quanto la pesca mediterranea non abbia saputo dettare le proprie condizioni rispetto a quella dei Paesi nordici. Contrattazione, forza e peso devono essere maggiori. Mi stupisce particolarmente il voto dell'Italia sui neonicotinoidi, che non ne ha fatto valere il bando.
  Ora, peculiarità italiana, la nostra agricoltura si basa su 100.000 grandi soggetti e grandi aziende agricole e 1,5 milioni di piccole aziende agricole: dobbiamo capire chi vogliamo privilegiare. Se i fondi dei contribuenti vanno per l'80 per cento alle aziende agricole più grandi, sapremo che stiamo sovvenzionando un'agricoltura industriale che impoverisce la terra e, quando arrivano le alterazioni climatiche, questo è molto dannoso.
  I contadini e gli agricoltori di piccola scala sono i veri custodi del territorio, si contrappongono al land grabbing, al fenomeno di speculazione sulla terra, alle agroenergie e supportano la sicurezza alimentare. Sappiamo che tutti questi meccanismi che abbiamo all'interno dell'Unione europea hanno una ricaduta sul quadro globale.
  Ringrazio per il lavoro svolto in questi ultimi mesi, ma le sfide sono grandi e mi auguro che siano affrontate in maniera continuativa sul tavolo europeo, come auspico, in particolare, per quella di libero scambio che viene a delinearsi con gli Stati Uniti, che non sia una zona di deregolamentazione e liberalizzazione sfrenata, ma mantenga e tuteli le nostre peculiarità e specificità.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Vorrei porre una domanda in merito alla cancellazione del vincolo delle direttive su acqua e pesticidi: sostituendo questo vincolo con una consulenza tecnica obbligatoria, non si rischia di rendere non efficace l'applicazione del piano di azione sull'uso sostenibile dei pesticidi ?

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri auditi per la replica.

  GIOVANNI LA VIA, Membro della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo. Risponderò ad alcune domande in ordine sparso. Paolo concluderà con le altre. Giochiamo un po’ a ping pong.
  Comincio rispondendo a Mario Catania. È chiaro che è stata un'occasione mancata, ma non appena abbiamo sentito la proposta del 12 ottobre, ci siamo resi conto che eravamo molto distanti dalla possibilità di un lavoro migliore rispetto a quello svolto successivamente.
  Sinceramente, non pensavo che potessimo riuscire a modificare tutto quello in cui siamo riusciti. Dal punto di vista dell'azione parlamentare, quindi, credo che ci sia stato un buon risultato complessivo e che, obiettivamente – rispondo anche a un'altra domanda, ma credo che Paolo De Castro sarà più dettagliato – sul settore bieticolo-saccarifero abbiamo tentato di apportare modifiche sino all'ultima notte, ma abbiamo trovato una chiusura assoluta che non ci ha lasciato margine di manovra per una mediazione.
  È chiaro che su alcuni elementi ancora bisogna lavorare. L'organizzazione di filiera è stata citata, come i negoziati con i Pag. 16Paesi terzi, che vanno avanti, sui quali anch'io sono convinto che avremo più opportunità che rischi. Con questi Paesi, nel negoziato bilaterale, abbiamo tanto da chiedere e, se qualcosa dovremo cedere, non la cederemo sicuramente sul comparto agroalimentare, ma su altri ambiti. Credo, quindi, che la nostra agricoltura su questi temi avrà molto da ottenere.
  Onorevole Oliverio, la flessibilità sui pagamenti diretti rispetto al flat rate è stato sicuramente un risultato. Il passaggio al flat rate immediato sarebbe stato una iattura enorme. Credo che un allungamento con un periodo di transizione, un peso maggiore agli Stati membri nel definire le modalità di applicazione della riforma rispetto al percorso di convergenza dei pagamenti diretti rappresenti un lavoro che impegnerà assessori e ministri in un percorso importante.
  Da questo punto di vista, credo che ci sia molto da fare per arrivare a una regionalizzazione che, ovviamente, non penalizzi troppo gli agricoltori. Sarà l'obiettivo più difficile da conseguire perché queste regioni potrebbero essere aree amministrative, aree omogenee, ma sono tutte da pensare e, su questo, credo che il lavoro da svolgere tra regioni e Ministero sarà rilevante.
  Certo, in Europa non siamo arrivati a ottenere, sul piano dell'etichettatura, quello che volevamo. Ricordo bene la relazione Sommer sull'etichettatura: chiedevamo l'indicazione dell'origine anche per i prodotti trasformati monoingredienti, ovvero pasta e tutti i trasformati che non avessero, al di là del prodotto agricolo di base con una modifica nella forma, altri componenti principali. Su questo, abbiamo ottenuto uno studio di impatto, ma ci ritorneremo, quindi non credo che siamo distanti dalla possibilità di conseguire alcuni successi nel futuro.
  Inoltre, bisogna conciliare, secondo l'onorevole Oliverio, politica di coesione e politica di sviluppo rurale. Questo è necessario perché non possiamo pensare che esistano sovrapposizioni. Già nell'applicazione della vecchia riforma e della precedente politica di sviluppo rurale abbiamo dovuto praticare una demarcazione tra fondi. Questo diventa oggi ancora più importante per la presenza di una serie di elementi aggiuntivi.
  Abbiamo non solo le regioni della convergenza e quelle della competitività, ma anche quelle intermedie nella politica regionale, per cui è chiaro che dovremo ancor meglio realizzare le linee di demarcazione per far sì che ciò che viene finanziato da una politica non sia finanziato dalle altre. Questo è un principio sostanzialmente giusto.
  Paolo Russo chiedeva informazioni sul fondo di solidarietà che esce dalla politica agricola. Sinora, si trattava di un fondo, sostanzialmente interno alla politica agricola, che serviva per intervenire sul mercato, per ritirare prodotti dal mercato e distribuirli agli indigenti. Erano destinati a questo fondo 500 milioni di euro l'anno e l'Italia è sempre stato uno dei Paesi che ha maggiormente utilizzato queste risorse.
  Nel primo accordo del Consiglio, il fondo era stato ridotto per i sette anni a 2,5 miliardi, quindi meno dei 500 milioni di euro l'anno, e solo con l'ultima intesa raggiunta, dopo la presa di posizione del Parlamento europeo, è ritornato ai 3,5 miliardi, quindi 500 milioni di euro l'anno. Il Consiglio, però, l'ha fatto uscire dalle politiche agricole ed è diventata più una politica sociale visto che, a seguito di un ricorso del Governo tedesco, la Corte di giustizia aveva sancito che, in ogni caso, non si poteva parlare esclusivamente di una politica agricola dal momento che non erano solo gli interventi di acquisto sul mercato legati alla politica agricola ad alimentare quel fondo per la distribuzione di cibo agli indigenti, ma anche acquisti effettuati direttamente sul mercato con quella finalità. Non si trattava più, dunque, di una politica agricola, ma di una politica sociale.
  Abbiamo ottenuto dalla precedente programmazione un'estensione per 2 anni di quel sistema, che andrà avanti sino al 2013. Con la nuova programmazione, agiremo secondo il nuovo fondo.
  Si è anche parlato di livello minimo dei prezzi. Questa è stata la battaglia che Pag. 17abbiamo condotto sino alla fine. Come sa bene l'amico Paolo Russo, volevamo l'applicazione degli atti delegati e anche dell'intervento del Parlamento europeo nella fissazione dei prezzi minimi di intervento.
  È stato il collega Michel Dantin a chiudere l'ultima mattina l'accordo. Su quel punto, pensavamo di concludere subito, ma ne abbiamo discusso sino agli ultimi cinque minuti. Abbiamo interrotto il negoziato più volte per rientrare sul tema. Resta un dato certo: il livello minimo dei prezzi di intervento sarà fissato dalla Commissione secondo la procedura prestabilita, ma dovremo agire in modo che si attesti su livelli che coprano quanto meno il livello dei costi.
  L'onorevole Carra ha fatto riferimento al negoziato diretto con l'Europa. È ovvio che il ruolo delle regioni è importante nell'implementazione della nuova politica agricola comune. Parlavamo prima della regionalizzazione, che non sarà l'Europa a decidere. Oggi diventa materia di discussione tra gli assessori regionali all'agricoltura e il Ministero. È materia sulla quale bisogna trovare un concerto tra tutte le regioni, le quali – credo tutte – potranno dire la loro.
  Allo stesso modo, credo che anche quello della distribuzione interna delle risorse tra le ragioni per le politiche di sviluppo rurale sarà un tema di forte confronto tra gli assessori, sul quale spero che si possa arrivare in tempi brevi a una soluzione.
  Sin dall'inizio, l'impostazione del Commissario Ciolos riguardava, appunto, l'agricoltura come bene pubblico, le esternalità ambientali dell'agricoltura, la possibilità che producesse beni senza mercato, ma che dovevano essere remunerati, ovviamente, da un intervento pubblico. Lo abbiamo tenuto presente durante l'intero corso alla riforma e, se alcuni elementi nel risultato finale della riforma tendono a pagare l'agricoltore per alcune prestazioni ambientali che compie, credo vadano viste tutte nell'ottica del bene pubblico.
  L'onorevole Zaccagnini ha parlato di greenwashing. Una riflessione è necessaria e va condotta seriamente. Pensate davvero che potesse essere applicabile un greening alle aziende al di sotto dei tre ettari ?
  Riflettete un attimo sugli agricoltori che con tre ettari avrebbero dovuto realizzare tre colture diverse; alle diseconomie di scala; a quanto e quale sarebbe stato l'innalzamento dei costi di produzione per ettaro e per chilogrammo di prodotto in quelle realtà aziendali; a cosa significhino, in una realtà che andrebbe a realizzare con meno di tre ettari tre diverse colture, i costi fissi per portare macchine, avviare processi produttivi o realizzare costi di raccolta.
  Non vorrei ricordarmi di essere un economista agrario, come il collega De Castro, ma ogni tanto un po’ di sana riflessione su princìpi concreti di applicazione serve a non distruggere una realtà agricola. Sono convinto che quelle applicazioni della formulazione iniziale del greening avrebbero portato dei danni e delle diseconomie non sopportabili dal nostro sistema. Saremmo stati costretti a chiudere molte realtà aziendali che, invece, con l'innalzamento della soglia, potranno continuare a lavorare e a operare.
  Onorevole L'Abbate, oggi la direttiva acque e pesticidi non è uniformemente applicata tra i 28 Paesi comunitari. Ne abbiamo semplicemente posposto l'applicazione nell'ambito della condizionalità incrociata al momento in cui si avrà la piena applicazione per non avere vincoli differenziati alle imprese nei diversi Paesi.
  L'obiettivo è quello di una politica europea. Non possiamo pensare che, se alcuni Paesi si sono spinti più avanti, mentre altri ancora non hanno applicato quelle direttive, non ci sia un livello uniforme di applicazione della politica sul piano comunitario. Nel momento in cui l'applicazione delle direttive arriverà al traguardo, ovviamente dovrà far parte delle regole comuni e quindi anche della politica agricola comune.

  PAOLO DE CASTRO, Presidente della Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo. Ringrazio tutti i colleghi. Consentitemi ancora una volta di ringraziare i tanti amici e tutti gli Pag. 18intervenuti. Questa è un'occasione di rapporti istituzionali tra la Commissione agricoltura del Parlamento europeo e la Commissione agricoltura della Camera che spero e credo ci inviti anche in futuro a intensificare i nostri rapporti e migliorare i processi legislativi.
  Non vi è dubbio che l'Europa condizioni moltissime nostre scelte. Saremo più bravi e più efficaci nell'azione legislativa se riusciremo a cogliere gli spazi che l'Europa ci offre e trasformarli in momenti di successo dell'impianto culturale che il nostro Paese dà a questo importantissimo settore.
  A gran parte delle questioni ha già risposto l'amico Giovanni La Via. Onorevole Catania, non posso non sottolineare ancora una volta quanto siamo d'accordo sul tema dell'occasione mancata. Se qualcuno mi avesse chiesto seccamente se la PAC così riformata mi piace, avrei risposto, prima ancora che da economista agrario, da rappresentante delle istituzioni, che certamente non sarebbe stata questa se l'avessimo scritta noi.
  D'altra parte, chi conosce la Commissione agricoltura del Parlamento europeo, sa bene che i due rapporti che hanno preceduto le volontà di Ciolos, sia quello di George Lyon sia quello di Albert Dess, sono profondamente diversi da questo impianto culturale basato sulla superficie che, certamente, non era quello che volevamo.
  Ciò premesso, abbiamo lavorato per limitare i danni. Limitare i danni è stata la parola chiave che ci ha guidato in questi due anni. Di danni ce ne sono talmente tanti che ci siamo anche divertiti. Non è stata questa l'occasione, presidente Sani, essendo una prima presentazione, ma se qualcuno di voi vuole divertirsi, abbiamo presentato un confronto per tipologie aziendali, quindi in funzione dell'ordinamento colturale, anticipando cosa sarebbe successo se la proposta Ciolos si fosse tradotta in testo legislativo e cosa succederà oggi dopo l'accordo politico.
  Vi sono, infatti, delle differenze enormi e forse questo potrebbe farvi apprezzare ancora di più il lavoro svolto e di cui non tutto il merito va al Parlamento, ma condiviso con il Consiglio, anch'esso largamente contrario. Mettere assieme queste due istituzioni ha portato a una serie di miglioramenti che non rendono questa riforma ciò che avremmo voluto, ma limitano i danni.
  Vorrei, però, ricordare un paio di punti già solo per aumentare il tasso di consapevolezza di questo lavoro.
  Il merito di questa maggiore sussidiarietà va agli Stati membri, e alle regioni nel nostro caso. Noi dovremo ora identificare le aree omogenee in cui applicare questa riforma, questa regionalizzazione. Questa convergenza interna non va applicata su tutto lo Stato. Le regioni italiane e il Ministero dovranno identificare 15, 20, 30, 40 aree. La Spagna ha già identificato 36 aree omogenee. Quando parliamo di redistribuzione in parti uguali a tutti gli agricoltori, ci riferiamo a una misura all'interno di queste aree, non su tutto il territorio nazionale. Dovremo, quindi, identificare province, gruppi di province – i confini non possono che essere sempre amministrativi – all'interno dei quali redistribuire gli aiuti in parti uguali. Non è un flat rate nazionale, ma tanti flat rate per ciascuna zona.
  Con un esempio concreto, quelle di Vercelli e Pavia, tipicamente province risicole italiane, potranno essere un'unica area omogenea, all'interno della quale andranno redistribuiti gli aiuti. È un modo per uscire un po’, in un certo senso, da quel parametro superficie.
  Naturalmente, andranno fatte bene e io mi auguro che il dibattito non si arricchisca di elementi – non voglio usare il termine «leghisti» – ma, insomma, non tecnici. Cominciare a pensare alla macroregione padana mi creerebbe qualche difficoltà. Poi c’è la mid-term review, un elemento importante. Dobbiamo iniziare subito a riflettere.
  Mi corre una precisazione sul tabacco. Vi prego, a questo proposito, di prestarmi ancora un po’ d'attenzione. Sarò brevissimo. Secondo l'articolo 38, meccanismo di convergenza interna, per tutti i settori che hanno goduto di aiuto accoppiato in base Pag. 19all'articolo 68 passato, quindi tabacco, carne bovina e altri, gli Stati membri possono far partire la convergenza interna non dall'aiuto di base, ma dall'aiuto di base più l'aiuto accoppiato. Questo vale molto non solo per i tabacchicoltori, ma per la zootecnia, per altri settori che hanno goduto dell'aiuto accoppiato. Di fatto, congela la componente accoppiata per tutto il settennio.
  Si tratta di un argomento tecnico che richiederebbe un po’ di esempi, ma chi sa di cosa sto parlando capisce che è un elemento di molta forza per le colture che hanno goduto di questo aiuto accoppiato.
  Anche se non abbiamo ceduto sul tema della lista – sapete che il Parlamento europeo voleva un'ampia lista cui gli Stati membri potevano attingere per scegliere dove accoppiare l'aiuto – il Consiglio ha preferito limitarsi alla lista dei prodotti del Commissario Ciolos. Ciò non toglie che ci torneremo e forse questo sarà anche oggetto di novità dell'ultima ora con qualche dichiarazione della Commissione che lo preciserà.
  Per quanto riguarda l'origine, amici, basta pensare che tra le varie correzioni da apportare nella proposta iniziale di Ciolos c'era l'abolizione dell'origine nell'etichettatura dell'ortofrutta. Peraltro, la proposta Ciolos aboliva anche quello che c'era, ossia l'origine obbligatoria dell'ortofrutta fresca. Per questo, è importante ricordare da dove eravamo partiti. Ovviamente, noi l'abbiamo inserita.
  Onorevole Oliverio, quanto all'applicazione della flessibilità, è molto importante che avvenga all'interno di queste aree omogenee. La loro scelta e quella del meccanismo di convergenza interna determineranno la gestione della flessibilità. Si tratta, dunque, di materia delicata cui gli Stati membri ora dovranno iniziare a lavorare. Mi auguro che lo facciano subito insieme Stato e regioni.
  Credo che all'onorevole Russo abbia abbondantemente risposto Giovanni La Via.
  Onorevole Fiorio, sulle assicurazioni, abbiamo mancato di segnalare la novità importante nello sviluppo rurale: ai PSR, i piani di sviluppo rurale costruiti dalle regioni, si affiancheranno piani di sviluppo rurale nazionali, linee nazionali, come non è mai stato. In quest'ambito, si inseriscono le assicurazioni, i fondi mutualistici e rispondo così anche all'amica Maria Antezza.
  Onorevole Lupo, la ringrazio per la domanda. Si tratta di un tema che potrebbe richiedere molta attenzione, ma chiariamo subito che non riguarda la PAC: è il tema degli OGM. Una proposta del Commissario alla salute Tonio Borg ancora non ha trovato maggioranze né in Consiglio né in Parlamento. Non si tratta di argomenti che gestiamo Giovanni La Via e io perché non passano dalla Commissione agricoltura. Non voglio prendere le distanze, ma il vantaggio è che deve occuparsene la Commissione salute e tutela dei consumatori. Tuttavia, abbiamo espresso un parere nella direzione della sussidiarietà degli Stati membri, quindi in direzione del pensiero comune in Italia.
  All'onorevole Carra ha risposto già Giovanni La Via. Non voglio fare battute. Il nome dell'assessore lombardo vi si presterebbe, ma mi limiterò a dire che, se gli Stati membri fanno fatica a negoziare, figuriamoci se le regioni hanno voce in capitolo. Semplicemente, non ce l'hanno o la hanno nella misura in cui devono applicarla. In questo senso, è veramente molto importante il lavoro che devono svolgere gli assessori.
  Onorevole Venittelli, abbiamo parlato più volte di zucchero. Il problema è serio, nel senso che speravamo, come Parlamento, di allungarci fino al 2020. Ricorderà che il mandato negoziale del Parlamento parlava di quote zucchero al 2020. Non siamo riusciti neanche a strappare un anno in più e la questione è stata oggetto, anche questa, proprio dell'ultima ora di negoziato. C’è stato un blocco franco-tedesco fortissimo sul 2017.
  Mi auguro che ci sia spazio ancora per quella riserva, che possa essere utilizzato un po’ a modello di quello che è stato fatto nel 2005-2006, in modo che, se ci saranno mai dismissioni di quote o chiusure di Pag. 20stabilimenti, si possa attingere nella stessa maniera dell'epoca della riforma zucchero precedente.
  Onorevole Dal Moro, è importante la notizia sulla convergenza interna perché riguarda specificatamente le zone di montagna e le zone a più bassa entità di aiuto. Abbiamo, infatti, accanto a quelli che abbiamo cercato di tutelare, ovvero coloro che ricevono gli aiuti alti legati ai primi aiuti storici, un 60 per cento minimo sulla media nazionale e una tutela proprio di quelli che, invece, ricevono pochissimo dalla PAC attuale.
  Tutta la zona del Trentino-Alto Adige percepisce meno di 100 euro a ettaro, quando non addirittura zero per tantissimi ettari. Questa PAC garantirà un principio di equità, poi potremo accelerare o frenare, ma comunque c’è un principio: nessun agricoltore nel 2020 deve percepire meno del 60 per cento.
  Nel caso specifico del Trentino, conti alla mano, significa quasi quadruplicare gli aiuti. Sarà sempre poco, ma è comunque un segnale che va nella direzione giusta.
  Credo che oramai siamo veramente fuori tempo massimo, presidente, per cui ringrazio davvero tutti i colleghi.

  PRESIDENTE. Anch'io mi associo ai ringraziamenti per i colleghi De Castro, La Via e per tutti gli intervenuti.
  Come ho detto in apertura, questo voleva essere un primo importante appuntamento rispetto alla riforma della PAC. Ci è stato ricordato che da settembre o ottobre saranno disponibili i testi giuridici. Magari, in quell'occasione, potremo rinnovare l'incontro e il confronto e il Parlamento italiano si impegnerà anche con agli atti di propria competenza.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.20.