XVII Legislatura

Commissioni Riunite (VII Camera e 7a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Giovedì 11 luglio 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Galan Giancarlo , Presidente ... 2 

Seguito dell'audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Massimo Bray, sulle linee programmatiche del suo dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Galan Giancarlo , Presidente ... 2 
Orfini Matteo (PD)  ... 2 
Galan Giancarlo , Presidente ... 4 
Zavoli Sergio  ... 4 
Galan Giancarlo , Presidente ... 5 
Giannini Stefania  ... 5 
Giro Francesco Maria  ... 6 
Bocchino Fabrizio  ... 8 
Galan Giancarlo , Presidente ... 11 
Marcucci Andrea , Presidente della 7 Commissione del Senato della Repubblica ... 11 
Galan Giancarlo , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA VII COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIANCARLO GALAN

  La seduta comincia alle 14,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Massimo Bray, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera, il seguito dell'audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, onorevole Massimo Bray, sulle linee programmatiche del suo dicastero, che ringrazio per essere nuovamente intervenuto.
  Saluto il senatore Andrea Marcucci, presidente della 7 Commissione del Senato.
  Vorrei anticipare che rinuncio al mio intervento, che era stato originariamente previsto, anche perché ho molte occasioni per incontrare il ministro.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MATTEO ORFINI. Signor presidente, vorrei ringraziare il ministro per la sua relazione, che il Partito Democratico ha apprezzato.
  Il tempo che, non per nostra né per sua responsabilità, è intercorso tra quella relazione e le nostre repliche di oggi comporta che si intervenga non solo sulla relazione stessa, ma anche su quanto è accaduto nelle settimane e nei giorni successivi.
  Credo che, nel riflettere su cosa il ministero e il Parlamento debbano fare in questi mesi, non si possa non tenere conto della crisi drammatica che sta vivendo il Paese e che colpisce il settore della cultura quanto gli altri e forse, in alcuni casi, persino più degli altri settori.
  Di questo si deve tenere conto nell'individuazione della gerarchia delle priorità su cui dobbiamo operare, cercando di tenere insieme due aspetti: gli effetti concreti che la crisi produce in questo settore e quell'idea di cultura che lei ha così bene evidenziato nella sua relazione, ovvero cultura come bene comune, diritto dei cittadini, ma anche come motore di sviluppo e opportunità per il Paese di uscire dalla crisi, come peraltro ha ben raccontato il Presidente del Consiglio Letta nel suo discorso inaugurale. Tenere insieme questi due aspetti significa che dobbiamo tenerli bene a mente in ogni provvedimento e che essi devono orientare le nostre scelte; inoltre, anche nella gestione e nell'intervento sulle tante emergenze dobbiamo cercare di tenere vivo quel coraggio riformista per tentare di cambiare e di migliorare la situazione.
  Credo che questo sia lo spirito che ha ispirato l'azione del Governo e la sua azione personale, Ministro, anche nella Pag. 3gestione della complicata crisi delle fondazioni lirico-sinfoniche. Penso che i provvedimenti che sono stati annunciati in queste ore vadano nella direzione giusta e abbiano il merito di aver evitato soluzioni che apparivano un po’ pasticciate e pericolose, indirizzando sulla strada giusta una discussione che dovremo affrontare; ciò per dare un assetto stabile e definitivo a un settore di eccellenza del nostro Paese e per evitare gli errori commessi nel passato che hanno prodotto e continuano a produrre situazioni insostenibili per la finanza pubblica e per l'Italia.
  Naturalmente molto dipende dalla questione principale di cui si è discusso in questi anni, cioè quella delle risorse: è ovvio che servono più risorse. Bisogna affrontare il tema della spesa pubblica in questo settore, che noi ci ostiniamo a volere considerare come investimento e non come spesa. Nella sua battaglia per ottenere più risorse per questo ambito avrà il Partito Democratico sempre al suo fianco. Congiuntamente, c’è anche bisogno di riflettere su come le risorse possano essere utilizzate in modo più efficace e su come determinare un cambiamento di indirizzo e di immagine complessiva del settore.
  Credo che il mondo della cultura italiana abbia bisogno di aprirsi e di superare qualche corporativismo oligarchico; il modo in cui vengono utilizzate le risorse pubbliche può dare una mano in questa direzione. Continuo a ritenere assurdo – cito solo un esempio – il modo in cui da anni sono scritti i regolamenti del FUS (Fondo unico per lo spettacolo) e penso che si possano cambiare. Credo che basarsi quasi esclusivamente sulla storicità del finanziamento tagli fuori tante realtà importanti che, invece, potrebbero e meriterebbero di avere più attenzione dallo Stato e dal settore pubblico.
  Altro esempio negativo è il modo in cui i premi di produttività, i cosiddetti «ristorni», vengono destinati nel mondo del cinema: un modo al quale è difficile ricondurre un senso.
  Inoltre, abbiamo bisogno anche di attivare nuove risorse private. Tutti ci riempiamo la bocca di parole come defiscalizzazioni, sponsorizzazioni e così via, ed è giusto intervenire decisamente da questo punto di vista. Non possiamo accettare – ne abbiamo appena discusso – una riduzione degli incentivi fiscali per il cinema, ma c’è bisogno di un impegno forte per recuperarli.
  Dobbiamo capire come attrarre nuovi investimenti. Lei ha fatto riferimento all'ipotesi di una tassa di scopo per il cinema. Penso, invece, che su questo tema dovremmo ragionare su qualcosa di più innovativo, come l'estensione degli obblighi di investimento anche ai settori che verrebbero colpiti dalla tassa di scopo. Si tratterebbe di un meccanismo più moderno che in più affronterebbe anche un altro dei problemi importanti di questo settore, ovvero la mancanza di un vero e proprio pluralismo produttivo.
  Per fare tutto questo – giungo al punto decisivo del mio intervento – non dobbiamo perdere le occasioni che abbiamo davanti. Poiché non sappiamo quanto durerà questa legislatura, è bene concentrarsi su ciò che si può ottenere subito. In questo senso, credo che dobbiamo recuperare un po’ di spazi nella conversione del decreto-legge n. 69 del 2013, cosiddetto decreto del fare, per inserirvi delle misure che aiutino lo sviluppo, anche solo con interventi di natura ordinamentale; e noi abbiamo presentato – e presenteremo – degli emendamenti a tale riguardo. È necessario sbloccare questa situazione difficile e questo è un veicolo che può essere utilizzato.
  Parimenti non possiamo perdere l'occasione del prossimo provvedimento sul lavoro. Su questo mi permetto una premessa: ritengo che ci sia stato inizialmente un errore di valutazione, poiché il volontariato è molto importante, ma non può sostituirsi al lavoro. Abbiamo bisogno di rimettere al centro i professionisti e i lavoratori di questo settore; abbiamo bisogno che quel provvedimento comprenda misure importanti che mancano e che questo Paese e il mondo del lavoro e della cultura attendono da tanto tempo. Questo riguarda soprattutto i provvedimenti Pag. 4sul welfare – che è assente, ad esempio per i lavoratori dello spettacolo dal vivo – che possono vedere i loro primi passi in quel contesto.
  Credo che occorra chiarezza sul destino delle risorse dei lavoratori che, con l'accorpamento dell'ENPALS all'INPS, sono sostanzialmente scomparse; su questo abbiamo interrogato lei e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, e stiamo attendendo una risposta che sicuramente arriverà.
  Vorrei che in questi provvedimenti che – da qui a pochi giorni – discuteremo ci siano dei primi segni concreti di attenzione a tutto quel mondo che produce cultura in questo Paese e che, ovviamente, è fuori dal ministero.

  PRESIDENTE. È stato richiesto dai colleghi del Senato, in considerazione della loro necessità di andare in Aula, di intervenire prioritariamente rispetto ai deputati. Accolgo questa richiesta anche per dovere di ospitalità.

  SERGIO ZAVOLI. Signor Ministro, mi consenta di dichiarare la mia identità politico-partitica: io rappresento il Partito Democratico in una regione, la Campania, che è al centro di una gravissima questione, oggetto dell'intervento che sto per pronunciare.
  La Commissione senatoriale di cui, onorandomene, faccio parte e l'altra congiunta, espressa dai colleghi della Camera, hanno il privilegio di confrontarsi con lei su una questione di grande rilievo culturale, anche se le si aggiungono aspetti di carattere civile e politico ascrivibili alla dimensione dell'etica e di un modo addirittura esemplare di violarla.
  Mi riferisco a una vicenda che si consuma a Napoli, ma riguarda l'intero Paese e ci consegna al giudizio dell'Europa e del mondo: i 300.000 libri, tutti di argomento filosofico – l'UNESCO li ha definiti un patrimonio mondiale – che da anni subiscono un indicibile affronto in una città universalmente famosa per la sua straordinaria vocazione culturale, e tuttavia incapace – non certo a causa di qualsivoglia ostilità o pigrizia – di trovare una struttura pubblica in grado di sottrarre al progressivo degrado la gigantesca e preziosissima biblioteca, dispersa in luoghi di fortuna, non più in grado di garantirne la sopravvivenza.
  Vorrei dirle, in questa sede istituzionalmente la più idonea ad affrontare un tema di tale natura, così in bilico tra orgoglio e scandalo, che si è già alle soglie di un disastro, dovendo recuperare in tempi brevi un grave ritardo dovuto non a disincanto o disaffezione, pur avendo lasciato nel silenzio un allarme che Napoli, città stretta tra cento problemi, continua a lanciare.
  Signor Ministro, nessuno più direttamente di lei può capire come un bene pubblico di questa rilevanza abbia davanti a sé un tempo sempre più veloce per trarsi da un problema che mette a rischio la reputazione dell'intera Nazione.
  Nei giorni o nei mesi che ci separano da un inderogabile caso di coscienza, quello di decidere, nelle sedi dovute, come riunire in una struttura adeguata i 300.000 libri raccolti da Gerardo Marotta in nome dell'Istituto per gli studi filosofici da lui creato e diretto e – attualmente – pressoché abbandonati, si potrebbe correre il rischio di aggiungere un'altra – tra le più scandalose – delle tante ingiurie che la storia del libro, come lei ben sa, ha conosciuto.
  Un così palese scempio culturale, e quindi civile, non può non generare la ragionevole attesa che Napoli sia messa in grado di offrire una straordinaria testimonianza, riconfermando all'Italia il titolo di madre di tante ricchezze storiche, intellettuali, civili e interiori.
  Mentre queste congiunte Commissioni parlamentari le parlano, signor Ministro, perché a ciò spinge quanto sale dai libri accatastati in un capannone di Casoria e in vari angoli di Napoli, siamo ormai ai pignoramenti dei volumi più preziosi.
  Ciò riconduce alla data del 25 febbraio del 2011, quando il Governo accolse l'ordine del giorno che prevedeva lo stanziamento di risorse adeguate alle necessità dell'Istituto, per il triennio 2010-2012. Ora, Pag. 5signor Ministro, le chiediamo di valutare la possibilità di dare seguito a quell'impegno mai mantenuto che è all'origine della drammatica situazione attuale.
  Confidiamo che, nei limiti a lei concessi dalla gravità dei problemi che investono anche il suo alto ufficio, dedicherà la sua sensibile attenzione a queste parole di Hans Georg Gadamer, per decenni vicinissimo alla vita dell'Istituto partenopeo: «La cultura è l'unico bene dell'umanità che, se diviso fra molti, invece di diminuire il suo valore lo accresce».
  Signor Ministro, quel bene andrà difeso nell'interesse e secondo la coscienza di ciascuno e di tutti. Per ciò stesso confidiamo che le sia possibile esprimere, nelle modalità e nelle misure che le saranno consentite, il suo autorevole e cruciale intervento, perché si ponga riparo a una vicenda di tale scandalo, non solo per Napoli, evidentemente. La ringrazio della sua attenzione.

  PRESIDENTE. Mi sembra che l'applauso dei colleghi sottolinei la dignità di questo intervento. Do ora la parola agli altri parlamentari che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, ricordando che dobbiamo terminare la seduta odierna entro le ore 15.

  STEFANIA GIANNINI. Signor presidente, signor Ministro e cari colleghi, vorrei innanzitutto esprimere, rispetto a una lettura complessiva delle linee programmatiche del Ministro dei beni e delle attività culturali, un apprezzamento a nome del gruppo che rappresento, Scelta Civica per l'Italia, e anche personale, per l'impianto generale e per i princìpi a cui esso si ispira, a partire dall'idea della cultura come bene comune e come diritto fondamentale della persona.
  Credo che la citazione con cui si è appena concluso l'autorevole intervento del senatore Zavoli sottenda sostanzialmente questo concetto.
  Tuttavia, signor Ministro, prima di arrivare a puntuali e molto rapide indicazioni su aspetti particolari della sua relazione, mi permetto di prospettare anche un punto di vista diverso, direi quasi speculare a quello della cultura come diritto fondamentale della persona, ossia la cultura – e la inviterei ad assumere nel suo operato tale idea – come un dovere dello Stato, della comunità e dei singoli individui che ad essa partecipano, particolarmente in un Paese come l'Italia che – è noto, ed è inutile ripeterlo nei numeri – ha uno straordinario patrimonio culturale, tangibile e intangibile.
  Pertanto, il dovere della conservazione e della trasmissione di questo patrimonio è la premessa per poter poi passare ad analizzare i punti critici delle politiche che, fino a oggi, sono state o non attuate o male attuate, e a poter tradurre una visione complessiva in provvedimenti legislativi, per quello che riguarda il nostro lavoro parlamentare, e in indirizzi di governo che possano far fede a questo dovere culturale di mantenimento, di conservazione e di trasmissione di tale patrimonio.
  Se questo punto di vista è ragionevole, e mi auguro che lei possa condividerlo, passo subito a commentare alcune proposte specifiche della sua relazione che ci paiono lodevoli per alcuni aspetti, ma – forse – non complete o manchevoli per altri, e a concludere con una proposta che vorrebbe integrarla.
  Il patrimonio tangibile è forse l'oggetto fondamentale delle sue linee programmatiche, e questo è ragionevole, considerando che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in Italia, ha sostanzialmente questo compito particolare. In esso mi pare che si stia ponendo una grande attenzione a uno dei punti critici, cioè quello della manutenzione, della tutela e della necessità di conservare alcuni siti fondamentali.
  Noi parlamentari della 7 Commissione del Senato faremo una riunione, a Pompei, per dare un segnale di particolare sensibilità in tal senso. Ci chiediamo se il tema delle detrazioni d'imposta e delle deduzioni dall'imponibile – come misure per poter incentivare l'investimento privato in questo settore – sia un obiettivo prioritario della sua politica e se lei immagini di Pag. 6poterlo estendere non solo ai cosiddetti «monumenti», riconosciuti e riconoscibili come tali, ma anche ad azioni di recupero e ripristino di quella parte che, complessivamente, possiamo definire il patrimonio urbano dell'Italia, cioè i centri storici, che nella sua relazione sono citati come tali.
  Si può arrivare anche al 60 per cento d'incentivo in termini di detrazione o deduzione dall'imponibile. Le pare possibile estendere questa misura anche alla valorizzazione dei centri storici ? Se questo avvenisse sarebbe un'innovativa forma di tutela del paesaggio, di recupero del valore di agorà, di luogo dello sviluppo del pensiero che, storicamente, hanno le città nel nostro Paese, ma anche di intervento sul segmento tangibile del patrimonio culturale.
  Passo rapidamente a un tema che ci sta molto a cuore e che nella sua relazione è evocato, ma non precisamente orientato a un aspetto specifico: il patrimonio intangibile. Lei fa riferimento al patrimonio immateriale evocando – ma credo che ci sia anche un riferimento specifico – l'innovazione di questo concetto attraverso la convenzione UNESCO del 17 ottobre 2003, ratificata quattro anni dopo.
  Questo è un concetto veramente rivoluzionario se lo assumiamo non solo come riferimento politico-culturale, ma anche come punto di riferimento per politiche governative e intergovernative. Mi spiego meglio: se per patrimonio intangibile volessimo considerare – con l'UNESCO – la complessità della tradizione orale in tutte le sue espressioni, includendo la lingua come veicolo di questo patrimonio culturale, signor Ministro, lei troverebbe nella sua relazione un'ideale collocazione anche a quello che per il nostro Paese è un segmento fondamentale del patrimonio intangibile, cioè la lingua italiana, sia nella sua veste letteraria – e quindi più tradizionalmente conservata, protetta e tutelata – sia nelle sue forme di oralità che fanno parte di quella cultura immateriale e popolare a cui lei si riferisce.
  A tale riguardo, concludendo, vorrei chiederle se su questo tema il suo ministero e lei, nel corso del suo operato, intenderete porre un'attenzione particolare, raccordandosi concretamente con il Ministero degli affari esteri e col Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che tradizionalmente e non inopportunamente hanno – soprattutto il primo che ho citato – una responsabilità politica su tale tema, a maggior ragione in un momento in cui nel resto del mondo c’è, continua ad esserci ed è in crescita una «fame d'Italia», non solo per la sua parte monumentale, ma anche per la sua forza evocativa di una grande tradizione culturale che ha nella lingua il suo veicolo fondamentale.
  Mi chiedo, quindi, se non sia il momento di avere una politica audacemente innovativa su tale punto e di assumere azioni di governo che siano integrate su questo livello.

  FRANCESCO MARIA GIRO. Mi presento: sono senatore, sono stato deputato – saluto tutti i vecchi colleghi – e ho anche ricoperto la carica di sottosegretario ai beni culturali, quindi sono particolarmente interessato alla materia di cui parliamo oggi.
  A nome del mio partito, voglio innanzitutto esprimere, rispetto alle diverse proposte che il ministro ha illustrato nella sua relazione, una piena condivisione nel merito, nel metodo e nella forma: una forma sobria, puntuale, prudente, ma determinata.
  Devo anche aggiungere che la relazione è il risultato evidente di un confronto, molto forte, con l'amministrazione del ministero che lei ha il privilegio e l'onere di guidare, a nome del Governo. Il fatto che un ministro si presenti dopo essersi confrontato con l'amministrazione è un dato positivo. Lo dico perché in questi giorni sono apparsi molti articoli, alcuni dei quali, a mio avviso, ingenerosi rispetto al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo: un ministero che esprime competenze e professionalità di uomini e donne impegnati, nottetempo, 24 ore al giorno, in un lavoro difficile, molto esposto alla polemica politico-mediatica e anche a quello che chiamerei «accidente» giudiziario: Pag. 7la prerogativa della tutela è infatti un esercizio previsto, protetto e sancito dalla Costituzione, ma è esposto a una serie di contenziosi di carattere giudiziario talvolta immotivati, e purtroppo presenti nella vita e nella missione istituzionale di questo ministero e di chi lo anima con il proprio lavoro e il proprio impegno.
  Personalmente, ma credo di rappresentare l'opinione del mio partito, ho molto apprezzato le proposte del ministro, che sono incentrate soprattutto su due temi sviluppati in maniera coraggiosa e puntuale: il tema del paesaggio e il tema dell'archeologia, che sono, a mio parere, due pilastri di un ministero che svolge il proprio compito in tanti settori diversi dei quali, tuttavia, la tutela del paesaggio e la protezione del patrimonio archeologico nazionale sono due aspetti prevalenti.
  Riguardo al paesaggio, dobbiamo procedere nella piena applicazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio – il cosiddetto codice Urbani – voluto dal secondo Governo Berlusconi nel 2004, che porta il nome dell'allora Ministro dei beni culturali. Questo è un dato storico e obiettivo di cui andiamo orgogliosi. Tale Codice prevede l'avvio – ma anche la conclusione – del cosiddetto «processo di copianificazione» con le regioni. Non possiamo avere un continuo e accentuato contenzioso amministrativo fra ente delegato e subdelegato, fra regioni e comuni e l'amministrazione centrale. Dobbiamo siglare queste intese, altrimenti, com’è noto, il ministero può in qualsiasi momento apporre vincoli di inedificabilità assoluta – ed è legittimo che ciò avvenga, com’è avvenuto a Roma, in una porzione di territorio molto pregiata sotto il profilo immobiliare, tra la via Laurentina e la via Ardeatina – senza che ci sia un accordo, un'intesa con il comune.
  Il ministero, una volta siglata questa intesa attraverso le soprintendenze delegate e preposte a ciò, deve fare un passo non dico indietro ma a lato, poiché ha trovato gli accordi e difeso la cosiddetta «carta dei vincoli» che è fondamentale e può, quindi, dare mandato alle regioni, enti delegati, e ai comuni, enti subdelegati, di procedere nello sviluppo delle proprie città, dei propri territori e nello sviluppo urbanistico.
  Una cosa è l'urbanistica, una cosa è la paesaggistica: l'urbanistica, com’è noto, è affidata ai comuni e alla regione, ma il paesaggio resta una delle missioni assegnate in via esclusiva allo Stato, che può e deve trovare l'accordo con la regione per poi fare, come ho detto, un passo a lato. L'accordo, però, deve essere trovato, altrimenti avremo città piene di abusi, con ferite profondissime al nostro territorio e al nostro paesaggio, di cui invece dovremmo andare orgogliosi, perché il patrimonio storico, artistico, archeologico, monumentale e naturalistico è inserito nel paesaggio. Non è un caso che l'articolo 9 della Costituzione parli di patrimonio storico e artistico, ma anche, in modo distinto – come tutte le leggi in materia dagli anni ’30 in poi hanno prescritto – di paesaggio.
  Rispetto al paesaggio, dunque, dobbiamo andare avanti con questa copianificazione e il ministro ha preso degli impegni in tale senso.
  Un altro punto è la difesa dell'archeologia. A Roma abbiamo l'esempio del restauro del Colosseo – a costo zero grazie a una sponsorizzazione cosiddetta «pura» di un imprenditore prestigioso – che è stato annunciato nel gennaio del 2011, ma, trascorsi due anni e mezzo, non è ancora iniziato. Mi hanno accusato – aggiungo una breve testimonianza personale – di avere scelto uno «scarparo» delle Marche, perché questo signore fa scarpe, e di non aver cercato un imprenditore romano, come se avessi potuto scegliere io, mentre abbiamo fatto un bando di evidenza pubblica internazionale, divulgato sui maggiori organi di stampa nazionali e internazionali. Voi sapete, peraltro, che l'imprenditoria romana è concentrata soprattutto sull'edilizia, ma io non ho trovato il cosiddetto «palazzinaro» di Roma. Non stiamo parlando, tra l'altro, di un oggetto qualunque, ma di una struttura architettonica, quindi gli imprenditori romani avrebbero dovuto dimostrare – anche attraverso una cordata – maggiore sensibilità.Pag. 8
  Abbiamo avuto la fortuna di individuare un imprenditore delle Marche, Della Valle, che ha siglato con la Soprintendenza archeologica speciale di Roma una convenzione che prevede un progetto di comunicazione – molto ambizioso – per la promozione dell'archeologia nel mondo.
  In sintesi, secondo noi, il paesaggio e l'archeologia sono le due priorità. Altrettanto importante è la questione del sistema museale: dobbiamo portare a termine le gare per l'affidamento dei servizi aggiuntivi, che sono in prorogatio da decenni. Si tratta di una vergogna, di uno scandalo sui quali dovrei chiedere l'istituzione di una commissione d'inchiesta, perché non è possibile avere delle aziende rinomate, e peraltro vicine anche alla mia parte politica – io non censuro niente, perché sono una persona seria e rigorosa e non ho scheletri nell'armadio – che si trovano in questa situazione. I servizi aggiuntivi dei musei devono essere aggiornati ai tempi: i musei devono essere più accoglienti, più ospitali, e prevedere centri di accoglienza e orientamento alla visita, ristoranti, perché i turisti che vengono dalla Cina, dalla Russia, dall'India, dall'Italia, da Roma, devono avere la possibilità di trascorrere due, tre, quattro ore e anche l'intera giornata nel museo in condizioni di comfort. Non è accettabile e non è comprensibile che al MoMA si spendano mediamente 18 euro a persona, mentre a Pompei se ne spendano magari 0,6 e al Colosseo 1,2.
  Concludo con alcune proposte. La prima è di detassare i contratti di primo impiego nel settore della cultura – come partito lo abbiamo proposto per tutte le piccole e medie imprese in difficoltà – prevedendo zero contributi e zero tasse per almeno cinque anni. Ci sarà una perdita di gettito che sarà in qualche modo compensata dallo Stato, ma è un aiuto diretto alle imprese attive nel mondo della cultura.
  La seconda proposta è di prevedere per le imprese culturali il riconoscimento giuridico di imprese industriali. La Commissione cultura della Camera, nella passata legislatura, si è resa protagonista di un'iniziativa – andata a buon fine – di un riconoscimento giuridico di questo tipo – ossia di impresa industriale – per tutte le imprese attive nello spettacolo dal vivo. Propongo di estendere questo riconoscimento giuridico per le imprese attive nell'archeologia e nella gestione dei musei – anche piccoli –, pensando soprattutto ai piccoli e medi comuni.
  Propongo inoltre di agevolare, sotto il profilo fiscale, le erogazioni e gli interventi di restauro. Abbiamo già – ne parlava la collega Giannini – la deducibilità del 100 per cento per le imprese lucrative – l'imprenditore Della Valle ne usufruirà, anche se fa una sponsorizzazione –, ma le procedure sono assolutamente incomprensibili, farraginose e vischiose, tanto che le erogazioni e le sponsorizzazioni sono crollate negli anni.
  Per le persone fisiche, invece – ha ragione la collega – c’è una detrazione del 19 per cento che è ridicola, soprattutto per le persone che hanno la proprietà di beni sotto vincolo e che hanno l'obbligo, per legge, di prevederne il restauro e il mantenimento. Essi hanno un aiuto dello Stato fino al 50 per cento, che viene erogato con grande ritardo, mentre il restante 50 per cento è a carico del proprietario: come può costui, se non ha neanche un'agevolazione fiscale, occuparsi della tutela del bene di cui è legittimamente proprietario ?
  Infine, bisogna moltiplicare la presenza del privato nel settore dei beni culturali perché – lo dico all'amico Orfini, di cui ho sempre apprezzato il rigore e le proposte – non ci sono più soldi. Quando parliamo del passaggio dallo 0,3 per cento allo 0,1 per cento, ricordatevi che, quando la spesa pubblica era di gran lunga inferiore, eravamo allo 0,3-0,4 per cento. Ora la spesa pubblica è aumentata a 820 miliardi di euro, ma la percentuale riferita ai beni culturali è addirittura diminuita.

  FABRIZIO BOCCHINO. Signor presidente, innanzitutto vorrei scusarmi a nome della senatrice Montevecchi che, per un contrattempo, non è qui e che sostituisco io, svolgendo il suo intervento.Pag. 9
  Signor Ministro, diamo alcune valutazioni sulla sua relazione. Comincio col dire che diamo una valutazione positiva sulla definizione che lei dà – in premessa – della cultura, come un bene comune di straordinaria ricchezza e complessità.
  Desideriamo richiamare la sua attenzione sulla necessità, ormai impellente, di promuovere un cambiamento che – da una concezione della cultura come bene passivo, statico, gioiello da esibire per vezzo in tempi prosperosi e costo da abbattere in tempi di crisi – porti a considerare la cultura come risorsa attiva, dinamica, capace di generare ricchezza e plusvalore e, pertanto, meritevole di finanziamenti.
  Crediamo che questo passaggio sia fondamentale, perché fin quando la cultura sarà percepita come un costo – e non come una risorsa – correrà sempre il pericolo di essere «tagliata» e non supportata.
  In effetti, più avanti nella relazione, riferendosi al contesto mondiale, lei parla di ruolo attivo e dinamico della cultura italiana, manifestando la necessità di potenziare gli scambi culturali e di promuovere la conoscenza dell'immagine dell'Italia nelle diverse aree geografiche. Per raggiungere questo obiettivo crediamo sia opportuno definire una strategia, seguendo l'esempio di Paesi che si sono mossi in anticipo in tale direzione. Pensiamo alla Francia e all'operazione del Louvre Abu Dhabi con cui si è valorizzato un brand culturale, nel senso positivo del termine, da due punti di vista: quello del licensing, che ha prodotto un introito di circa un miliardo di euro, e quello del risalto dato alle collezioni meno esposte. Oppure pensiamo all'Olanda, che per penetrare i mercati globali ha creato la DutchDFA (Dutch Design Fashion Architecture), un'agenzia per la promozione del design, della moda e dell'architettura.
  In merito al progetto Pompei, vorrei aggiungere che basterebbe che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MIBAC) riprendesse la gestione della biglietteria del sito, per poter affrontare le spese di manutenzione del sito stesso.
  Affermiamo, inoltre, la necessità di maggiore controllo delle ditte di restauro private, attraverso la supervisione dei funzionari restauratori del MIBAC, quando gli stessi non possono effettuare gli interventi per l'inadeguatezza delle risorse economiche. Le situazioni, inoltre, devono essere verificate e valutate per la loro maggiore o minore convenienza dal punto di vista economico.
  Passando alla questione dei musei, desideriamo sottolineare che le aperture museali sono troppo spesso carenti, poiché non di rado il personale di custodia è utilizzato per altre mansioni, superiori a quelle di custode, con disagi inevitabili per l'apertura dei siti.
  Negli ultimi tre anni, ci riferiscono che siano stati assunti molti custodi, a seguito di un recente concorso e che, molti di loro, siano stati allettati da promesse di amici a svolgere altre mansioni; una scorciatoia questa per accedere, con la compiacenza dei dirigenti, a mansioni superiori, eludendo così concorsi specifici, che richiedono lauree specialistiche del settore e che sono più difficili da superare con la dimostrazione di titoli reali.
  Un punto ulteriore, sul quale vorremmo esprimere un nostro parere, è quello della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale attraverso le nuove tecnologie. Nella relazione lei sostiene che «le nuove tecnologie possono e devono fornire un contributo importante per la valorizzazione del patrimonio culturale, favorendone la conoscenza e migliorandone la pubblica fruizione. In questo senso assumono certamente rilievo prioritario la promozione e il costante aggiornamento di applicazioni tecnologiche finalizzate a comunicare e a rendere fruibile il patrimonio culturale del Paese». Inoltre lei auspica «un sistema mirato di azioni da parte del Ministero, in stretta collaborazione con l'Agenda per l'Italia digitale».
  Tutto questo sarà possibile solo incrementando la banda larga ad alta velocità, Pag. 10sopra i 10 megabit al secondo, che – in questo momento – in Italia copre solamente il 22 per cento circa della popolazione, relegandoci al ventiduesimo posto in Europa in termini di diffusione delle tecnologie digitali.
  Secondo le indicazioni contenute nell'Agenda digitale europea, i Paesi membri devono garantire la copertura, in banda larga di base – due megabit al secondo – per il 100 per cento della popolazione entro il 2013.
  Non dimentichiamo, inoltre, che lo studio condotto da Ericsson, Arthur D. Little e Chalmers University of Technology, e ripreso dal Viceministro Catricalà – in cui si riporta che un aumento del 10 per cento della banda larga veloce corrisponde all'1 per cento in più di PIL negli Stati analizzati – ci informa anche che raddoppiando la velocità della banda larga esistente uno Stato può guadagnare fino allo 0,3 per cento in più del PIL. Considerato che in Italia il 73 per cento della popolazione viaggia a 2 megabit al secondo e che le tecnologie esistenti permettono un trasferimento dati fino a 100 megabit al secondo, si deduce che sarebbe possibile moltiplicare per 50 volte la velocità attuale fino a raggiungere una soglia del 15 per cento in più di PIL.
  La invitiamo, pertanto, a tener conto di queste considerazioni.
  In merito all'editoria, come da lei sottolineato, occorre prevedere un sistema di agevolazioni fiscali teso a ridurre i costi di acquisto degli e-book e dei supporti musicali fisici, cd e dvd, che da anni si cerca di portare alla fatidica quota del 4 per cento dell'aliquota IVA.
  Occorre, tuttavia, intervenire nello stesso senso anche in relazione alla fruizione degli spettacoli dal vivo. È necessario innovare il settore, da troppi anni abbandonato a se stesso e costretto ad arrancare inventandosi sistemi per tirare avanti. Tale innovazione permetterebbe di superare la direttiva europea che non prevede l'aliquota IVA agevolata per i prodotti musicali e video, che – a quanto sembra – vengono ancora considerati come un prodotto e non come una vera e propria opera, frutto dell'ingegno umano.
  Riconosciuto l'alto valore culturale dell'industria dell'editoria, non bisogna sottovalutare il settore dell'industria musicale e le sue potenzialità. Bisogna, quindi, equiparare il settore dell'editoria a quello della musica e prevedere, anche per l'industria musicale, un sistema di sgravi fiscali, partendo dalla riduzione dell'aliquota IVA dal 21 al 4 per cento. In questo modo riusciremo a ottenere una maggiore diffusione dei prodotti musicali e un maggiore introito per gli artisti e l'erario, nonché una speranza per i giovani artisti che, nella fase attuale, vedono davanti a sé un futuro nero.
  In tal senso si può pensare di allargare il diritto al credito d'imposta per le produzioni culturali, che consenta la compensazione dei debiti fiscali derivanti da IRES, IRAP, IRPEF, contributi previdenziali e assicurativi con il credito maturato a seguito di un investimento nel settore cinematografico, ovvero il tax credit, oppure il sistema che permette la detassazione degli utili di impresa, con la possibilità di beneficiare di uno scudo fiscale per la parte di utili investiti nella produzione e nella distribuzione cinematografica, ovvero il tax shelter, in tutti i settori culturali. Con il cosiddetto decreto del fare è stato rinnovato, infatti, il sistema di agevolazioni fiscali per il solo settore cinematografico, ma è necessario prevedere altrettanti benefici per tutti gli altri settori culturali. La copertura finanziaria si può trovare seguendo l'impostazione francese, che consiste nell'aumento dell'imposizione fiscale dell'1 per cento sull’hardware e sul supporto fisico: attraverso questo meccanismo, le aziende che producono strumenti come smartphone, tablet, lettori MP3 e così via, i quali non avrebbero ragione di esistere senza contenuti al loro interno, verserebbero tale imposta direttamente al MIBAC, il quale dovrebbe a sua volta creare un fondo specifico per finanziare progetti per lo sviluppo, la diffusione e il finanziamento Pag. 11di progetti culturali, puntando soprattutto su giovani artisti emergenti.
  Arrivando al capitolo FUS, ci limitiamo a ribadire l'importanza di un recupero delle risorse ad esso sottratte, anche attraverso un sano utilizzo di incentivi fiscali. Riteniamo, peraltro, che sarebbe opportuno istituire nuovi meccanismi distributivi delle risorse, collegandole maggiormente a criteri territoriali, per non lasciare indietro le realtà più piccole che, più di altre, stanno pagando lo scotto dei tagli al settore, potenziando i meccanismi di trasparenza, ad esempio mettendo on line tutti i rendiconti finali – dettagliati – dei progetti finanziati e rinnovando le commissioni almeno ogni due anni.
  In particolare, riguardo al finanziamento per il settore cinematografico, apprezziamo gli interventi – per la verità finora timidi – operati nel recente passato, al fine di renderlo più vicino al sistema di finanziamento francese. In tal senso crediamo che occorra proseguire in questo solco, intervenendo più coraggiosamente e incisivamente.
  Per quanto riguarda la riforma delle fondazioni lirico-sinfoniche, iniziata con il decreto-legge n. 64 del 2010, preoccupano alcuni passaggi dello schema del regolamento che perverrà prossimamente alle Camere: dietro la cortina del principio di razionalizzazione e ottimizzazione delle risorse, tale schema cela misure che finiranno per sottrarre tutele ai lavoratori del settore.
  In questa fase ci limitiamo a sottolineare come in questo specifico campo, più che in altri, si possa intervenire sulle opulenti consulenze esterne o sui corposi emolumenti ai suoi vertici, piuttosto che sui già tartassati lavoratori, e come sia necessario aumentarne il numero, soprattutto considerando che in un Paese come l'Italia essi sono numericamente scarsi e che in taluni teatri importanti non c’è un'orchestra stabile.
  A conclusione della sua relazione lei pone l'attenzione sullo stesso MIBAC. Al riguardo, abbiamo alcune osservazioni da fare, in primis in merito alle risorse umane interne non utilizzate. Vengono spesso affidati a soggetti esterni consulenze e interventi specialistici, con conseguente disagio per il personale interno, che si ritrova, suo malgrado, «fannullone forzato», con un doppio aggravio per la spesa pubblica.
  A nostro avviso, il personale interno deve essere valorizzato, soprattutto quello specializzato nel campo del restauro. I pochi restauratori statali, 297 unità, ci segnalano di essere spesso bistrattati e «mobbizzati» a vantaggio di restauratori privati. Inoltre, ci dicono, le declaratorie professionali – ovvero il vademecum dei profili professionali con il dettaglio del campo e delle competenze – non vengono assolutamente rispettate, ma sostituite talvolta con criteri di simpatia.
  Altra forte criticità è rappresentata dalla valutazione degli obiettivi dei dirigenti, sia di prima sia di seconda fascia. Ci segnalano, infatti, una procedura a nostro avviso inaudita, ovvero che i dirigenti stessi diano un giudizio autoreferenziale sul proprio operato, comprovato dalla direzione regionale territoriale.
  Riteniamo perciò necessaria una modifica al sistema che preveda, ad esempio, una valutazione segreta, fatta attraverso il giudizio dei dipendenti dell'amministrazione di riferimento.
  Infine – e concludo – la recente riqualificazione del personale MIBAC è stata valutata da alcuni di coloro che vi lavorano una vera vergogna, perché in molti casi è stata fasulla, avendo permesso a persone senza titoli di studio, ossia prive di diplomi di laurea, di riqualificarsi in aree direttive dove il diploma stesso è imprescindibile, oppure – nei casi più gravi – di autocertificare titoli inesistenti.

  PRESIDENTE. Cedo ora la parola al presidente della 7 Commissione del Senato, Andrea Marcucci.

  ANDREA MARCUCCI, Presidente della 7 Commissione del Senato della Repubblica. Ringrazio il presidente e i commissari Pag. 12della Camera per la disponibilità e la cortesia. In realtà, avevamo un'informazione sbagliata, ovvero che avreste proseguito i lavori della Commissione fino alle 16, altrimenti non ci saremmo permessi di chiedere di avere la precedenza negli interventi. Abbiamo comunque apprezzato molto la vostra disponibilità e parteciperemo alla prossima seduta. Ringrazio il Ministro e di nuovo il presidente Galan.

  PRESIDENTE. Essendo imminente l'inizio di votazioni in Assemblea, ringrazio il Ministro Bray e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.
  Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 14,55.