XVII Legislatura

VII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 26 giugno 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega all'editoria e all'attuazione del programma, Giovanni Legnini, su questioni inerenti il settore dell'editoria (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 3 
Lainati Giorgio (PdL)  ... 3 
Gallo Luigi (M5S)  ... 4 
Blazina Tamara (PD)  ... 7 
Santerini Milena (SCPI)  ... 8 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 8 
Legnini Giovanni (PD) , Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega all'editoria e all'attuazione del programma ... 8 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MANUELA GHIZZONI

  La seduta comincia alle 14,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega all'editoria e all'attuazione del programma, Giovanni Legnini, su questioni inerenti il settore dell'editoria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega all'editoria e all'attuazione del programma, Giovanni Legnini, su questioni inerenti il settore dell'editoria, al quale do il benvenuto.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIORGIO LAINATI. Ho apprezzato l'intervento del sottosegretario Legnini, anche perché, avendo assistito insieme a lui, un mese fa, nella sede della Federazione italiana editori giornali, alla relazione del presidente Giulio Anselmi e del vicepresidente, la signora Azzurra Caltagirone, ho ascoltato, come lui, la situazione davvero inquietante evidenziata dai dati che riguardano il sistema dell'editoria, con riferimento ai quotidiani, alle riviste, ai prodotti mensili e così via.
  Mi sembra che quello che il sottosegretario ha delineato nella scorsa seduta del 12 giugno sia un approccio valido, che cerca soprattutto di far fronte alle prime emergenze, che sono, onorevoli colleghi, inquietanti – lo dico da giornalista professionista – e che riguardano l'occupazione dei giornalisti, ma anche dei tipografi e delle altre figure professionali del settore.
  Presidente, vorrei ricordare, per esempio, che negli ultimi dodici mesi hanno chiuso due giornali di partito di opposte tendenze: Liberazione, giornale storicamente della sinistra, e il Secolo d'Italia, giornale storicamente della destra. Questo ha determinato la cassa integrazione per i giornalisti, problemi per i lavoratori di quelle realtà editoriali e il passaggio delle testate sul web, che certamente è un'altra cosa e ha creato delle difficoltà.
  Io voglio usare questo termine di paragone per far capire che la difficoltà nella quale si muove il mondo dell'editoria investe, non a caso, anche i giornali di partito, che io non vedo come una negatività, perché comunque da decenni rappresentano la voce di forze politiche, in modo chiaramente di parte, ma libero. Dunque, presidente, questi giornali dovrebbero essere in qualche modo tutelati e aiutati, soprattutto per coloro che ci lavorano, e che magari non ci lavorano più.
  Mi ha fatto piacere che il sottosegretario abbia convinto gli editori a nominare il loro rappresentante nella Commissione Pag. 4per l'equo compenso per i giornalisti, perché nella scorsa legislatura, insieme ai colleghi, non a caso, giornalisti – Enzo Carra, Giuseppe Giulietti e Ricardo Franco Levi – ho contribuito a realizzare la famosa legge sull'equo compenso, che è andata a colmare un clamoroso divario tra le retribuzioni dei giornalisti dipendenti e quelle dei giornalisti freelance, che avevano dei trattamenti economici assolutamente ridicoli.
  Mi piace ricordare, onorevole sottosegretario, anche l'impostazione che lei ha voluto dare all'inizio della sua attività di responsabile – per l'Esecutivo – del settore dell'editoria, quando ha parlato di accompagnare in uscita il personale in esubero, e ha messo a fuoco l'importante necessità di incentivare l'ingresso dei giovani in questo ambito, e di trovare un modus vivendi per favorire l'innovazione tecnologica e il passaggio al digitale.
  Voglio ricordare a lei – e a tutti noi – che nella seduta notturna di ieri della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, il direttore generale della RAI, il dottor Luigi Gubitosi, ha ripetuto questi tre concetti.
  Ha ricordato che quando arrivò un anno fa alla RAI rimase impressionato nel vedere tutte quelle cassette analogiche, che, come scatole di cioccolatini, occupavano le stanze e i corridoi di Saxa Rubra, e si rese conto che passare alla tecnologia digitale, anche per il servizio pubblico – come hanno fatto le grandi reti televisive private commerciali – diventava un imperativo categorico. Vorrei ricordare, infatti, a tutti che dal 1 gennaio – ad esempio – il TG 2 è totalmente in digitale, e adesso anche gli altri telegiornali si stanno adeguando gradualmente, dato che il passaggio al digitale costa una cifra considerevole.
  Comunque, anche il servizio pubblico s'immetterà nella linea dettata da lei, sottosegretario. S'immetterà in questa linea anche per quanto riguarda l'importante questione dell'occupazione giovanile nel settore dell'editoria. Se la RAI ha scelto la strada dei 600 prepensionamenti, ciò vuol dire che, fortunatamente, si potranno assumere dei giovani. È infatti veramente impressionante che l'età media dei dipendenti della RAI sia 50 anni. Su 12.600 persone, ci sono circa cento giovani sotto i 30 anni, il che fa impressione. Stiamo parlando della RAI, che è la più grande azienda editoriale del Paese, oltre che la più grande azienda culturale.
  Mi sembra dunque che questi punti – che lei ha evidenziato – siano del tutto condivisibili, non solo come maggioranza di Governo, ma secondo la logica del buon senso. Di conseguenza, non posso che ringraziarla.

  LUIGI GALLO. Noi vorremmo partire da un dato: la classifica di «Reporter senza frontiere» del 2013, in cui l'Italia, per libertà di stampa, si classifica al cinquantasettesimo posto, dopo – tra gli altri – Sudafrica, Moldavia, Ungheria, Taiwan, Burkina Faso, Niger, Haiti, Slovenia, Ghana e Capo Verde. Questo è un dato che da solo segnala inequivocabilmente come il nostro Paese viva una condizione di profondo disequilibrio nel comparto dell'informazione.
  Tra gli Stati che precedono l'Italia in questa classifica, c’è chi possiede un sistema di finanziamento pubblico all'editoria, anche consistente, e chi non lo possiede affatto. Ciò dimostra, in modo lampante, che il pluralismo del sistema editoriale, la libertà d'informazione, e una sana e corretta informazione sono elementi non correlati al sistema di finanziamento pubblico del settore.
  Tra l'altro, siamo allibiti e afflitti di fronte al fatto che nella relazione del sottosegretario Legnini si porta a conoscenza una comparazione sul finanziamento pubblico all'editoria del 2008, quando esistono studi di confronto ben più recenti.
  È giusto portare in questa Commissione anche degli esempi concreti, che mostrino lo stato pietoso che ha raggiunto l'informazione in Italia. Vi cito solo alcune pagine di quotidiani italiani. Vediamo il Giornale, che titola: «Luci spente e benzina vietata. Ecco cosa accadrà a chi Pag. 5sceglie Grillo»; l'Unità titola invece: «Patto Grillo-Berlusconi: fermare il cambiamento», e «Grillo contro i terremotati». Questi sono i titoloni di testate spesso affette da emorragia di lettori. Sarà forse perché quest'informazione attira sempre meno ? Purtroppo, però, attraverso le rassegne stampa radiotelevisive, queste testate arrivano a dettare l'agenda della comunicazione e della politica in Italia.
  Il sottosegretario Legnini afferma nella sua relazione che i grandi giornali di informazione nazionale non sono più destinatari di alcun contributo diretto. Mi permetto di confutare quest'affermazione. Il decreto-legge n. 63 del 2012 – all'articolo 1, commi 2 e 3 – prevede il riconoscimento dei contributi all'editoria alla circostanza che gli editori vendano almeno il 25 per cento delle copie distribuite: si continua, dunque, a perseverare nell'errore di finanziare l'inefficienza delle società e delle scelte editoriali e a sperperare denaro pubblico.
  Devo ammettere che sono stupito che una forza politica liberale come quella del Popolo della Libertà sostenga il finanziamento pubblico all'editoria, e non una concorrenza leale sul mercato che, come mai è avvenuto in questo settore, metterebbe i cittadini nella posizione di premiare l'informazione corretta, plurale e democratica. Ricordo al PdL che non c’è alcun imprenditore efficiente che, se dovesse farsi carico in prima persona dell'invenduto, immetterebbe quotidianamente sul mercato il 70 per cento di prodotti destinati al macero e alla distruzione.
  Naturalmente la precondizione è che lo Stato agisca affinché vengano smantellate e ostacolate le posizioni di rendita predominanti sulle altre, anche agendo sul settore della distribuzione, che «strozza» di non poco le riviste che vogliono affermarsi sulla scena informativa italiana.
  Certamente, noi del Movimento 5 Stelle non possiamo e non vogliamo che, come spesso è accaduto in Italia, si diano in pasto agli appetiti di grandi aziende le piccole realtà imprenditoriali, che in questo caso corrispondono agli edicolanti indipendenti.
  Ancora oggi, sono undici i giornali di partito finanziati da risorse pubbliche, cosa che consideriamo vergognosa, perché siamo convinti che questo sia un male per la libertà democratica del Paese. Se l'informazione protegge i partiti, chi protegge i cittadini dalla manipolazione e dalle falsità ? I partiti non dovrebbero essere premiati dall'elettorato per il loro operato ? Oppure preferiamo che siano premiate le forze politiche che hanno al soldo macchine della comunicazione di parte, asservite alla volontà dei partiti, che trasformano l'informazione in propaganda ?
  Il sottosegretario afferma, inoltre, che l'editoria on line non gode di contribuzione diretta. Anche quest'affermazione è falsa: i contributi all'editoria digitale ci sono, ma vanno soltanto agli editori che abbiano già ricevuto contributi per l'anno 2011, e quindi ai soliti noti, anche nel caso in cui la testata sia pubblicata unicamente in formato digitale, nonostante il fatto che nell'editoria digitale si abbattono i costi, come quelli di stampa e di distribuzione.
  Quando si parla d'informazione, dovrebbe essere garantito a tutti – giornalisti precari compresi – a parità di condizioni e mezzi, e senza privilegi, favori o clientelismi, di poter esercitare il diritto d'informazione, assicurando la possibilità di accesso. Questo è il vero punto: vanno sostenute tutte le procedure di semplificazione che si possono mettere in atto per garantire a tutti i cittadini di fare informazione, anche in rete.
  Sul web la reputazione e la credibilità si conquistano sul campo, con il proprio operato. Si tratta di valori comunitari, che i gruppi sociali esprimono nei confronti di un giornalista professionista o di un editore. Il finanziamento pubblico diretto produrrebbe una distorsione nei processi di rating, ormai consolidati. La reputazione in rete è una forma di on line trust, che facilita la pluralità e la correttezza dell'informazione, molto più dei tanti garanti antitrust, vere e proprie patacche della politica.Pag. 6
  La relazione, più che incentrarsi sul merito, nel segno della chiarezza, appare una sintesi di comodo, che cerca di nascondere le tante ombre che da anni riguardano il finanziamento pubblico all'editoria in Italia, ispirata dalla solita logica clientelare che da decenni lega il Dipartimento per l'informazione e l'editoria di Palazzo Chigi a un manipolo di editori che tiene saldamente in pugno l'informazione nel nostro Paese.
  L'informazione è uno dei fondamenti della democrazia e della sopravvivenza individuale. Oggi, che il controllo dell'informazione è concentrato nelle mani di pochi attori, inevitabilmente si manifestano derive antidemocratiche, non prodotte da attori esterni, ma da soggetti ben saldi nel sistema italiano di intrecci affaristici e politici.
  I 137 milioni di euro che verranno erogati al mondo dell'editoria quest'anno – cifra che ci ha fornito il sottosegretario Legnini nel corso dell'audizione – a nostro parere, vanno azzerati, perché continuano a produrre un effetto di distorsione dell'informazione, danneggiando il settore editoriale, che, in questi anni, poggiato sugli allori, non ha saputo innovarsi, ritardando investimenti tecnologici, culturali e creativi, e producendo un colpevole gap nel settore – rispetto agli scenari presenti in altri Paesi ad economia avanzata – della produzione di prodotti e servizi sul mercato digitale.
  Un altro tema che ci sta particolarmente a cuore, e che dovrebbe essere in cima all'agenda di chiunque abbia davvero interesse per la libertà di informazione e il rispetto del lavoro, è quello dell'equo compenso, che tocca la maggioranza dei giornalisti freelance e precari. Oggi, infatti, in Italia più della metà dei giornalisti non ha un contratto di assunzione stabile. La maggior parte di questi, pur coprendo settori rilevanti dell'informazione quotidiana, riceve compensi irrisori. Parliamo di 2-5 euro al pezzo, con una media di 10-20 euro al lordo di spese, tasse e contributi. Il 75 per cento dei freelance guadagna – in media – meno di 10.000 euro lordi l'anno, e il 62 per cento meno di 5.000.
  È qui che sta il vero problema della libertà e della pluralità dell'informazione in Italia, unito a un Ordine dei giornalisti che va abolito, perché è un ulteriore strumento di ricatto per i giovani giornalisti, a vantaggio della casta.
  Ricordo che l'albo dei giornalisti è stato creato da Mussolini nel 1925, ed è unico al mondo. L'albo era controllato dal Governo e messo sotto la tutela del Ministro della giustizia. Nel 1963, con una nuova legge, l'albo divenne Ordine professionale dei giornalisti, con regole, pensioni, organismi di controllo, e requisiti di ammissione. Mario Berlinguer affermò: «Io sono contrario al requisito di qualsiasi titolo di studio per la professione di giornalista, perché considero che questa è una discriminazione assurda, una discriminazione di classe, contraria alla libertà di stampa e alla libera espressione delle proprie opinioni».
  Infine, vorremmo affrontare il tema del diritto d'autore. Le opere frutto dell'ingegno umano devono essere tutelate e protette. Questo è ovvio. Tuttavia, oggi troviamo questo sistema troppo chiuso, perché limita molto la diffusione dell'informazione e della conoscenza. Libri scolastici, enciclopedie e informazione debbono appartenere ad un diritto che non può essere chiuso e regolamentato solo dal mercato: il diritto alla conoscenza.
  Pensiamo quindi che licenze quali le licenze Creative Commons debbano essere sempre più pubblicizzate e incentivate, per permettere a tutti di accedere liberamente all'informazione. Pensiamo inoltre che sia necessario produrre gradualmente un accesso gratuito degli studenti ai libri di testo in formato digitale e in licenza del tipo Creative Commons, in tutte le scuole e atenei, come succede in numerosi sistemi scolastici europei ed extraeuropei, tra cui quello statunitense.
  Il diritto d'autore, oggi, non sta al passo con i tempi. Il digitale, la rete, la diffusione della banda larga e delle reti mobili ultraveloci hanno cambiato – radicalmente Pag. 7– gli usi e le abitudini per usufruire di un'opera. Le regole, però, sono sempre le stesse, e non tengono conto degli usi e delle abitudini che le tecnologie hanno innovato. Dobbiamo permettere ai cittadini di attingere alle informazioni da risorse libere e condivisibili. Bisogna anche permettere che l'editoria sposti un po’ del suo core business in settori come l'assistenza all'utente, i servizi e la formazione, e non più sul bene materiale cartaceo che vogliamo sostenere.
  C’è da rivedere completamente la SIAE, società monopolista che soffre di un enorme problema d'immagine e riceve pesanti critiche da parte di moltissimi artisti iscritti, che non si sentono per nulla tutelati da essa. Riteniamo che oggi la SIAE abbia a cuore l'interesse dei big e delle grosse case discografiche, a discapito di piccole realtà. La SIAE, in pratica, è governata dalle «major», che si spartiscono la fetta del mercato esattamente in quattro parti. Questa società ha quindi una governance che ben si allontana dalla modernizzazione e dai tempi che cambiano, come dimostra anche l'età anagrafica di chi la compone.
  Stiamo studiando il nuovo statuto della SIAE, e possiamo dirvi che per ora non siamo per nulla soddisfatti. Si osserva anche come un tale assetto statutario allontani – di fatto – l'ente dalle consorelle europee, cioè la SACEM francese, la GEMA tedesca o la SGAE spagnola, e rappresenti un pericolo per lo svolgersi positivo della sua attività.
  Speriamo che – su questi temi – inizi un confronto sul merito delle nostre posizioni politiche e non ci sia un atteggiamento pregiudiziale – come spesso abbiamo potuto osservare – e una chiusura verso istanze che – possiamo garantire – sono assai condivise dalla stragrande maggioranza dei cittadini.

  TAMARA BLAZINA. Ringrazio anch'io il sottosegretario Legnini per la sua relazione. Purtroppo ero assente nella precedente seduta. Comunque l'ho letta, e devo dire che mi sembra un'esposizione completa, che mette in luce le criticità di questo settore, così importante per il Paese e per la vita sociale e politica dei cittadini italiani. Condivido anche l'intervento della collega Zampa, che ha cercato di toccare i punti nodali di questo fondamentale settore.
  Io voglio sottolineare, molto brevemente, alcune questioni, e porre alcune domande. Il primo tema riguarda il finanziamento pubblico ai giornali, che negli ultimi anni è stato sempre al centro di polemiche, soprattutto in conseguenza di malversazioni. Il decreto che è stato approvato nella precedente legislatura stabilisce criteri che definirei molto stringenti, rispetto alle modalità di finanziamento e alle caratteristiche che le singole testate devono avere per poter accedere ai contributi. Penso che da questo decreto si possa partire, come è avvenuto, per fare una cernita tra i giornali che hanno tutte le prerogative per accedere al finanziamento pubblico e quelli che non le hanno.
  Mi sembra che anche l'attività ispettiva – che viene citata nella relazione – abbia dato dei risultati concreti. Vorrei solo ribadire la necessità che quest'attività ispettiva abbia dei tempi un po’ più ristretti rispetto a quello che succede in questo momento. Attualmente, un quotidiano, che magari è legato principalmente al contributo pubblico, deve attendere un anno e mezzo per avere i risultati di queste indagini.
  Da questo si deve partire per aprire una discussione seria rispetto al tema. Visto che ci sono alcune proposte di legge che vanno nella direzione dell'abolizione del finanziamento pubblico, penso che sarà necessario discutere tale questione, tenendo però presente che all'interno di quei giornali ci sono anche alcune specificità che vanno assolutamente prese in considerazione.
  Per quanto riguarda i criteri, essi sono stati previsti per i finanziamenti 2012-2013; e si pone il problema per il 2014. A questo punto, si pone ovviamente anche il problema della dotazione complessiva prevista dalla legge di stabilità. È scritto nella relazione, ma vorrei sottolinearlo anch'io che, stante quella cifra, è difficile prevedere Pag. 8che i giornali che finora sono stati finanziati possano continuare con la propria attività. Per questa ragione, l'impegno del Governo e del Parlamento dovrebbe essere indirizzato ad aumentare quelle risorse, per dare garanzie e certezze ai quotidiani e agli altri giornali.
  Inoltre, c’è l'eventualità – di cui si è parlato nella precedente legislatura – di rivedere il sistema come tale. Si parlava di una delega al Governo per ridisegnare questo sistema, visto che, comunque, la legge n. 250 è del 1990, anche se è stata adeguata. C'erano già degli indirizzi del Governo per ridisegnare il sistema nel suo complesso.
  A questo proposito, signor sottosegretario, come le avevo già accennato, c’è la necessità di salvaguardare le specificità rappresentate dai giornali che appartengono alle minoranze linguistiche, in tutte e tre le regioni in cui sono presenti. In particolare, forse, si dovrebbero prevedere dei criteri specifici. Adesso, sono trattati all'interno dello stesso calderone, per così dire. Io penso che vadano trattati in maniera specifica, considerando la valenza che hanno per quelle comunità, essendo strumenti di valorizzazione delle lingue delle minoranze, cercando di garantire la loro continuazione e di tutelare queste specificità.
  L'altro tema che vorrei affrontare, e di cui si è parlato anche oggi, è quello dell'equo compenso per i giornalisti. La legge c’è. Voglio ricordare che al Senato, nella precedente legislatura, è stata svolta un'indagine conoscitiva molto approfondita, dalla quale sono emerse le diseguaglianze tra i giornalisti garantiti, da una parte, e i giornalisti precari dall'altra. La legge sull'equo compenso dovrebbe dare delle risposte, però è necessario un impegno del Governo e di tutti i soggetti che sono coinvolti, anche in Commissione, affinché questa legge si concretizzi. Io vorrei fare un appello al Governo, affinché i dispositivi di quella legge vengano realizzati, altrimenti queste diseguaglianze cresceranno sempre di più, stante la crisi del settore.
  Sottolineo un'ultima cosa. Nella sua relazione sono citate le convenzioni RAI per quanto riguarda le trasmissioni delle minoranze linguistiche. Le ultime convenzioni firmate per la Valle d'Aosta, il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia rappresentano certamente un passo avanti, e prevedono un finanziamento costante e certo per il triennio. A questo proposito, dato che, spesso, si sente parlare di finanziamenti non idonei e che creano privilegi, vorrei ribadire che in questi casi non si tratta di privilegi, bensì di diritti previsti dalla Costituzione e da convenzioni internazionali.
  Penso che proprio sulle trasmissioni RAI si aprirà un dibattito rispetto alle altre minoranze linguistiche garantite dalla legge n. 482 del 1999, nel momento in cui il nostro Paese andrà a ratificare la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie. In quella convenzione c’è l'obbligo per l'Italia di adeguarsi alle normative europee, per quanto riguarda tutte le minoranze riconosciute e presenti sul territorio. Spero, quindi, che anche attraverso questo versante si aprirà per il Governo la possibilità di interloquire con noi, per cercare di trovare delle soluzioni.

  MILENA SANTERINI. Vorrei ringraziare il sottosegretario Legnini. Mi scuso per la brevità, ma noi deputati di Scelta Civica per l'Italia abbiamo degli impegni in sovrapposizione. Apprezzo molto lo sforzo che il Governo sta compiendo, soprattutto per salvaguardare il pluralismo editoriale, che mi pare il punto cruciale rispetto alle grandi concentrazioni e all'adesione alla normativa europea. Quindi la ringrazio e esprimo il nostro apprezzamento per la relazione.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al sottosegretario Legnini per la replica.

  GIOVANNI LEGNINI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega all'editoria e all'attuazione del programma. Innanzitutto, grazie a voi per i contributi, che sono stati importanti e preziosi, sia nella seduta precedente sia in quella odierna.Pag. 9
  Fornirò alcune risposte, considerando che gran parte delle osservazioni che chi è intervenuto ha formulato costituiscono arricchimenti che condivido per larga parte, ovviamente ad eccezione di alcune cose che affermava poco fa l'onorevole Gallo, sulle quali tornerò.
  Innanzitutto, a completamento di quanto recato nel documento che ho depositato nella scorsa seduta, vorrei informare la Commissione che da quella seduta a oggi ho incontrato tutte le sigle rappresentative degli edicolanti, che sono portatori di istanze assolutamente legittime e non semplici da risolvere. Le edicole sono in crisi perché calano le vendite, per tutte le ragioni che conosciamo. Credo che si debba fare qualcosa per risolvere alcuni problemi che loro hanno denunciato, e che discendono, come mi sembra di aver riportato nella relazione, da interventi normativi pregressi non esattamente meditati, o che comunque hanno avuto un impatto sulla realtà che va oltre il dato letterale delle norme stesse, e sui quali bisognerà tornare, relativamente al rapporto con editori e distributori.
  C’è poi il tema dell'informatizzazione delle edicole. Mi sembra di averlo detto anche nella scorsa seduta. Considerando che sui resi, sulle consegne e sui rapporti finanziari si procede ancora a mano – per tutte le edicole italiane nei rapporti con tutti i distributori – dire che il comparto è arretrato è riduttivo, e questo ha anche qualche conseguenza sulla redditività delle edicole stesse.
  Bisogna quindi aiutare gli oltre 30.000 edicolanti che ci sono in Italia e che svolgono un servizio di interesse pubblico indiscutibile, e lo svolgeranno fin quando l'informazione su carta ci sarà. Io credo che per lungo tempo ci sarà ancora, seppure in misura molto ridotta rispetto al passato.
  Il secondo fatto accaduto, che mi sembra sia stato richiamato dall'onorevole Lainati, è l'insediamento formale della Commissione sull'equo compenso nel lavoro giornalistico. Abbiamo lavorato per persuadere gli editori, che accampavano le loro ragioni – dal loro punto di vista legittime – e impedivano l'insediamento di quella Commissione, a designare il loro rappresentante e la settimana scorsa questa è stata formalmente costituita e si è insediata. Abbiamo da subito avviato il lavoro, per attuare la norma di legge cui vi siete riferiti, al fine di definire i criteri e il quantum dell'equo compenso per i tantissimi giovani e meno giovani – molti di loro nel frattempo sono andati avanti con gli anni – che percepiscono, come sappiamo, compensi che definire esigui è riduttivo.
  Abbiamo già programmato un calendario di audizioni, per acquisire elementi in un tempo abbastanza ristretto. Entro il 15 o il 18 luglio, se non ricordo male, chiuderemo le audizioni, per poi passare alla fase decisionale. Rimangono i punti interrogativi sulla natura giuridica, sull'efficacia, sulla chiarezza e sull'applicabilità di quella disciplina, ma ci muoviamo con la speranza – peraltro abbastanza fondata, stante le dichiarate disponibilità da parte di tutti i protagonisti di quel tavolo – di avere una quota di consensualità nella definizione delle decisioni, che potrà attenuare i rischi cui mi riferivo prima.
  In estrema sintesi, che cos’è l'equo compenso ? È un quesito giuridico sul quale, se non si farà qualcosa di sufficientemente concordato, temo che le risposte arriveranno dai tribunali, dai giudici del lavoro, dalla giurisprudenza, anziché dal legislatore. Cerchiamo di evitare che questo accada, dando una risposta che sia utile, rispettosa dei diritti dei giornalisti – giovani e non più giovani – che prestano questa preziosa attività professionale, ma che neanche sfasci il settore. Deve essere quindi una misura equilibrata.
  Il terzo fatto accaduto, da quando ci siamo visti a oggi, è il riparto a conguaglio dei primi 10 milioni di euro recuperati a seguito dell'attività repressiva di illecite percezioni di contributi da parte di alcuni giornali. Devo dare atto di ciò al Dipartimento, che ha fatto un lavoro molto serio, e alla Guardia di finanza, con la quale vige una convenzione di collaborazione. Abbiamo recuperato i primi 10 milioni di euro e li abbiamo ridistribuiti tra quei Pag. 10soggetti che stanno in regola, a conguaglio del contributo erogato – se non ricordo male – per l'anno 2010. Al di là dell'importo, che pure non è irrilevante, si tratta di un segnale serio del fatto che questa materia – così importante e delicata – sarà gestita con rigore assoluto e con intransigenza.
  Noi abbiamo dato disposizioni al Dipartimento per l'informazione e l'editoria, che peraltro non ne aveva bisogno, perché funziona molto bene – è qui presente il capo del Dipartimento, il consigliere Ferruccio Sepe, che dirige ottimamente quella struttura – affinché, insieme alla Guardia di finanza, reprima tutti gli abusi e tutti gli illeciti che arrecano danno all'editoria italiana. Siccome conosciamo abbondantemente i casi, anche eclatanti, è inutile citarli.
  Questi sono i fatti principali accaduti in queste due settimane.
  Per completare il giro di ascolto, mi rimane da incontrare i rappresentanti dei distributori, che costituiscono l'anello più complicato di questa filiera, cosa che farò di qui a breve.
  Faccio una rapida carrellata sulle problematiche emerse. L'onorevole Zampa ha fatto numerose affermazioni che condivido. Sono assolutamente d'accordo sull'esigenza di una riforma, come ho affermato e ho scritto. Tuttavia, anche considerando il tempo politico che abbiamo di fronte, forse sarebbe utile fare un pacchetto di risposte più immediate – speriamo di riuscirci – per poi lavorare su una riforma profonda di cui l'editoria italiana ha urgente bisogno, a partire dal diritto d'autore. Su questo non ci sono dubbi.
  Veniva inoltre richiamato l'utilizzo della leva fiscale. Su molti settori l'utilizzo della leva fiscale costituisce la risposta più efficace. È efficace per orientare l'innovazione e la domanda, come lo è indiscutibilmente per l'editoria, comparto per il quale già storicamente vi è un utilizzo della leva fiscale significativo. Ricordo il regime agevolato dell'IVA e il credito d'imposta sull'acquisto della carta, che poi è andato spegnendosi, ma che pure ha dato un contributo rilevante nel corso degli anni.
  Condivido anche gli interventi che riguardano l'incentivazione dell'innovazione. Voi sapete che c’è un regime agevolato per quanto concerne l'IVA, come ha richiamato qualcuno di voi, tra cui l'onorevole Palmieri, anche ponendo qualche quesito al quale ho dato risposta nella seduta precedente. Ciò che viene invocato è l'estensione all'editoria on line di questo regime agevolato dell'IVA.
  Il cosiddetto decreto ecobonus, come sapete, ha eliminato l'aliquota agevolata IVA e il sistema di forfettizzazione sui gadget e sui supporti, materia la cui valutazione è affidata adesso al Parlamento e alle Commissioni, in sede di conversione di quel decreto-legge. Io credo che qualche intervento sia necessario, ma la misura va nella direzione che tutti conosciamo.
  Dicevo che viene invocata la parificazione dell'editoria on line a quella su carta, relativamente al trattamento agevolato ai fini IVA, che mi sembra sia stata richiamata dall'onorevole Zampa. A questo proposito c’è un problema di onere finanziario. C’è poco da discutere. Io mi auguro che si possa affrontare questo tema in modo organico all'interno della riforma fiscale.
  Noi sappiamo che il problema enorme, che oggi stesso il Governo ha affrontato, del rinvio dell'aumento dell'IVA dal 21 al 22 per cento – nei mesi passati – in cui si è posto il tema dell'aumento automatico delle aliquote, riguardava anche le aliquote agevolate. Per fortuna, per quest'ultime abbiamo eliminato il problema nel corso dei mesi. Voi sapete che con ogni probabilità bisognerà affrontare questo tema, almeno in parte, rivedendo il sistema delle aliquote. Io credo che dentro quella revisione, se e quando ci sarà, dovremo porre tutti attenzione, Governo e Parlamento, a verificare se quella disparità di trattamento ha ragione di esistere oppure no. Io tendo a pensare che non abbia ragione di esistere.
  Rispondo rapidamente sulla comunicazione istituzionale, su cui ci sono stati due Pag. 11interventi. Ci stiamo lavorando. Io ho dato alcune indicazioni, che sono contenute nella relazione. Non vi è affatto l'intenzione, che veniva sottolineata come rischio da parte dell'onorevole Giordano, di trasformare la comunicazione istituzionale in «velina» del Governo. Credo che in questo momento storico ciò sarebbe molto complicato: velina di chi ? La nostra intenzione, come ho sottolineato, è esattamente opposta: utilizzare quello strumento per fare qualcosa di utile per i cittadini. Chi di noi cittadini ricorda esattamente che cosa ci è stato comunicato dal Governo negli ultimi due anni ? Pochi lo ricordano. Questo è il vero problema, e non il rischio che la comunicazione istituzionale gestita da Palazzo Chigi diventi una velina. Lo sforzo che ho sottolineato è quello di cercare di comunicare ciò che è utile. Mi piacerebbe avere uno strumento agile, con una comunicazione appropriata a mezzo web. Il web viene scarsamente utilizzato nella comunicazione istituzionale, ed è stato negligentemente trascurato in questi anni.
  Io non so quale sarà l'efficacia del decreto, ma ovviamente mi auguro che sarà molto elevata. Sarebbe però utile partire subito con una campagna di comunicazione rivolta alle centinaia di migliaia di aziende italiane. È questo ciò che intendo quando parlo di mettere in relazione l'attuazione del programma di Governo con la comunicazione istituzionale. Nulla di più e nulla di meno.
  Condivido le cose dette dall'onorevole Blazina, quindi non aggiungo nulla. Infine, rispondo a qualche quesito posto dall'onorevole Gallo. L'intervento dell'onorevole Gallo dimostra esattamente ciò che ho scritto nella relazione che vi ho consegnato: purtroppo esistono ancora convincimenti diffusamente infondati. Si può legittimamente sostenere che non bisogna finanziare i giornali. È una posizione legittima. Tuttavia, bisogna aggiungere, per onestà intellettuale, che, ove la linea che lei ha indicato dovesse essere seguita, saremmo l'unico Paese europeo a non fare nulla sul pluralismo dell'informazione in termini finanziari. Lo dico senza polemiche. Va da sé che, se si ragiona nel modo da lei evocato, si continua a sostenere che i giornali italiani prendono soldi. Io ribadisco che ricevono risorse le testate di cui sono proprietarie le organizzazioni non lucrative, ossia cooperative, ONLUS, enti morali e così via.
  Se con il suo sorriso vuole intendere che si è in presenza di «furbate», le rispondo con molta simpatia – non per il sorriso, ma per le cose che ha detto prima – che, come ho ricordato, c’è la repressione degli illeciti: se qualcuno simula la costituzione di una cooperativa che nasconde una proprietà lucrativa verrà scoperto e sanzionato. Faremo controlli inflessibili. Si stanno già facendo e penso che si debbano implementare.
  Non si può affermare che in Italia è sbagliato garantire il pluralismo dell'informazione, che ha a che fare con la qualità della democrazia, sostenendo, con cifre relativamente esigue, i mezzi di comunicazione gestiti da organizzazioni non lucrative che, peraltro, oltre a informazione e pluralismo, producono anche occupazione; e quindi dire che i giornali italiani vengono foraggiati. Facciamo un passo avanti anche nell'ascolto reciproco e nella valutazione dei dati. Non è un caso che mi sono dilungato su questo punto, fornendo numeri che credo siano semplici e attingibili, sui quali nessuno si era mai soffermato nel modo adeguato.
  A proposito dei giornali on line, mi sembra che lei dicesse che è falso che l'editoria digitale non riceve contributi. Non è così. Basta vedere la legge. Come ho cercato di rappresentare, i giornali che passano on line continuano a ricevere la contribuzione con i requisiti, i limiti, le condizioni e l'intensità previsti dal decreto-legge n. 63 del 2012. Naturalmente, nell'ipotesi in cui un giornale on line dovesse acquisire i requisiti per l'accesso ai contributi, facendo un percorso inverso, cioè stampando anche, questo non mi sembra in alcun modo precluso dalla disciplina vigente. L'integrazione tra carta e digitale è assolutamente riconosciuta nella legislazione vigente.
  Sul diritto d'autore, la situazione che lei denunciava sulla SIAE era fondata. Pag. 12Sulla SIAE, come è risaputo, ci sono stati problemi enormi, che molti di voi conoscono, ossia il commissariamento e una gestione non propriamente trasparente. Adesso è stato fatto un lavoro di risistemazione e di superamento del commissariamento; ci sono una nuova governance e un nuovo statuto. Io ho incontrato il nuovo presidente Gino Paoli, che mi ha comunicato il suo impegno assoluto a garantire trasparenza in modo inderogabile. Conoscendo la persona, c’è da credergli. Come sapete, è aperto il tema del diritto connesso e dei soggetti che dovranno gestire questa apertura, questa liberalizzazione, che è problematica, ma può essere risolta.
  Inoltre, vi è il grande tema del diritto d'autore per i motori di ricerca, che ho già affrontato, e sul quale stiamo lavorando con molta accortezza, ma anche con molta determinazione. È un problema che bisogna assolutamente risolvere. Aggiungo solo che, come sapete, e come ho scritto anche nel testo, in Francia è stata stipulata un'intesa tra editori e motori di ricerca, Google in primis. Il testo non è pubblico, ma sono pubblici il quantum, la destinazione e la cornice, il che denota la difficoltà in questo campo d'azione. Cercheremo di superare questa difficoltà nel modo migliore, con il vostro aiuto che, come su tutti gli altri temi, credo e spero ci sarà.

  PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Legnini per la sua partecipazione e i colleghi intervenuti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15,30.