XVII Legislatura

Commissioni Riunite (X Camera e 10a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 5 giugno 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Epifani Ettore Guglielmo , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato, sulle linee programmatiche del suo dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Epifani Ettore Guglielmo , Presidente ... 3 
Zanonato Flavio , Ministro dello sviluppo economico ... 3 
Epifani Ettore Guglielmo , Presidente ... 12 
Vignali Raffaello (PdL)  ... 12 
D'Onghia Angela  ... 14 
Crippa Davide (M5S)  ... 14 
Tomaselli Salvatore  ... 16 
Mucchetti Massimo , Presidente 10 Commissione Senato ... 18 
Nesi Edoardo (SCPI)  ... 18 
Petrocelli Vito Rosario  ... 19 
Lacquaniti Luigi (SEL)  ... 21 
Pelino Paola  ... 22 
Allasia Stefano (LNA)  ... 23 
Benamati Gianluca (PD)  ... 24 
Galimberti Paolo  ... 26 
Mucchetti Massimo , Presidente 10 Commissione Senato ... 26

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ETTORE GUGLIELMO EPIFANI

  La seduta comincia alle 14,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
  Se le colleghe e i colleghi sono d'accordo, possiamo cominciare il lavoro congiunto delle due Commissioni di Camera e di Senato che oggi ospitano il Ministro dello sviluppo economico Flavio Zanonato.
  Saluto e ringrazio il Ministro a nome di tutti noi e del presidente Mucchetti. Abbiamo anche capito la ragione di qualche giorno di ritardo. D'altra parte, abbiamo preferito, a nostra volta, convenire che fosse meglio aspettare qualche giorno e ricevere dal Ministro un quadro più generale degli indirizzi cui intende porre mano alla guida di un Ministero assolutamente importante per noi, ma anche per il Paese. Gli auguro, a nome nostro, buon lavoro.
  Il Ministro Zanonato è stato per molti anni, come credo ancora sia, sindaco di una grande città industriale come Padova, non solo cara a tutti noi per ragioni religiose, storiche e culturali, ma davvero uno dei motori industriali ed economici del Veneto, dell'Italia dell'est e di tutta Italia.
  Prima di dare la parola al Ministro dello sviluppo economico, ricordo che, dopo la relazione del Ministro, come convenuto nell'ufficio di presidenza congiunto delle Commissioni, potranno intervenire un senatore e un deputato per ciascun gruppo, per un tempo limite di cinque minuti.
  Al termine degli interventi dei colleghi, sarà il Ministro a decidere se e come rispondere alle domande. Naturalmente, possiamo già d'ora prendere l'impegno, se il Ministro è d'accordo, di rivederci in una successiva seduta, la cui data stabiliremo insieme, per continuare la discussione sulle linee generali del suo dicastero e anche sulle altre questioni che verranno poste nel dibattito.
  Ricordo che per noi è fondamentale l'indirizzo che oggi il Ministro Zanonato indicherà alle Commissioni perché è anche sulla base delle indicazioni del Governo che le due Commissioni lavoreranno in questa legislatura.
  Do la parola al ministro per la sua relazione.

  FLAVIO ZANONATO, Ministro dello sviluppo economico. Ringrazio il presidente Guglielmo Epifani e saluto anche il presidente Massimo Mucchetti.
  Carissimi onorevoli deputati e carissimi onorevoli senatori, sono davvero contento Pag. 4di poter utilizzare questa prima occasione formale di incontro con le due Commissioni Attività produttive e Industria qui riunite per illustrare le principali linee di azione su cui intendo orientare il Ministero dello sviluppo economico.
  Sono certo che avremo tante altre occasioni di confronto perché l'ambito di responsabilità delle Commissioni qui riunite corrisponde a quello di responsabilità che ho all'interno del Governo. Dal lavoro che sapremo sviluppare congiuntamente dipenderà, inoltre, buona parte di quanto riusciremo, in concreto, a mettere in moto per restituire una prospettiva di crescita al nostro Paese.
  L'azione di riordino dei conti pubblici ha permesso all'Italia di chiudere la procedura di infrazione europea per deficit eccessivo. Era una condizione necessaria per potenziare e sviluppare appieno l'azione di promozione della crescita. La crisi economica prosegue senza soluzione di continuità da 5 anni e ha fatto ripiombare indietro il nostro Paese a livelli di ricchezza dei primi anni Duemila.
  Rispetto al 2007, abbiamo bruciato quasi 9 punti percentuali di PIL in termini reali, cioè 100 miliardi di euro. Il lavoro, e in particolare la disoccupazione giovanile, costituiscono la vera emergenza nazionale: 3 milioni di disoccupati; oltre 6 milioni di persone che vorrebbero lavorare di più; 2,5 milioni di giovani che non lavorano, non studiano, non si professionalizzano.
  L'obiettivo del Governo, e del mio dicastero in particolare, ma di tutte le forze parlamentari deve essere, quindi, concentrato a restituire opportunità a un'intera generazione. Questo Governo e, più in generale, questa legislatura, indipendentemente dai ruoli di maggioranza e opposizione, saranno misurati soprattutto su questo dato: la crescita dell'occupazione giovanile e la capacità di restituire speranza alle nuove generazioni. Su questo, tutti noi, come sono assolutamente convinto, impegneremo tutte le nostre energie.
  In particolare, sono favorevole a introdurre misure di vantaggio fiscale e di decontribuzione per le aziende che assumono in modo permanente i giovani, una misura che serve a dare maggiore certezza a tanti ragazzi precari o senza lavoro. Questo non esclude di utilizzare tutte le altre forme per cercare di impiegare i giovani.
  Siamo arrivati a un punto di non ritorno. Per tornare a crescere e a creare nuova occupazione dobbiamo rilanciare la competitività del sistema produttivo. Occorre realizzare i presupposti perché le imprese tornino a investire, a crescere e ad assumere. Dovremo essere in grado di mettere le nostre imprese in condizioni di competere ad armi pari con i concorrenti europei.
  Se mi permettete di usare uno slogan, questo dovrebbe essere il nostro karma. Le imprese italiane devono avere le stesse identiche condizioni in tutti i campi delle imprese concorrenti europee per poter competere alla pari e, quando sono in grado, come saranno in moltissime situazioni, vincere la competizione.
  Il mio intervento si concentrerà su sei punti, che vado a elencarvi: 1) le misure di riattivazione del circuito del credito anche attraverso una maggiore libertà di azione del Fondo centrale di garanzia; 2) le politiche per rilanciare gli investimenti privati e l'attività produttiva, con particolare riguardo agli investimenti in ricerca e innovazione; 3) le misure di semplificazione e liberalizzazione per rendere il nostro Paese un sistema più amico del fare impresa; 4) gli interventi per ridurre il costo dell'energia proseguendo la strada dello sviluppo sostenibile e attento all'ambiente; 5) le politiche per lo sviluppo dell'economia digitale delle reti di comunicazione per l'uso efficiente dello spettro radiotelevisivo; 6) non da ultimo, gli indirizzi della politica in favore della proiezione internazionale del nostro Paese, il commercio con l'estero.
  Partiamo dal credito. La prima urgenza per le imprese riguarda certamente l'accesso al credito. Riattivare rapidamente il circuito del credito è indispensabile per far ripartire gli investimenti e l'attività produttiva.Pag. 5
  Rispetto alla fine del 2011, i prestiti alle imprese sono diminuiti di quasi 60 miliardi di euro, una stretta creditizia senza precedenti. Il costo del prestito per un'impresa italiana è, in media, di 200 punti base superiori a quello pagato da un'impresa tedesca. Il credito all'economia italiana è bloccato da un sistema bancario sempre più irrigidito da vincoli patrimoniali, da un costo del credito crescente e da regole inadeguate all'emergenza che limitano la capacità degli istituti di credito di intermediare risorse verso il tessuto produttivo a costi competitivi.
  Ci attendiamo un significativo impatto espansivo dall'immissione di liquidità assicurata dalla definitiva entrata in vigore delle misure sui debiti scaduti della pubblica amministrazione. Su questo fronte, il mio impegno è stato, fin dal primo momento, al fianco dell'impresa per accelerare i pagamenti, semplificare le procedure, raggiungere il completo azzeramento dello stock di debito scaduto. Il testo licenziato dal Senato prevede la possibilità di pagare l'intero stock di debiti del 2014. Si potrà, infatti, attivare la garanzia dello Stato per rendere più fluido lo smobilizzo dei crediti attraverso le anticipazioni da parte del sistema creditizio e sono molto soddisfatto dell'accordo raggiunto.
  Occorre, altresì, vigilare sull'effettiva implementazione della direttiva europea sui ritardi di pagamento per consolidare nel Paese, sia nel pubblico sia nel privato, una corretta cultura dei pagamenti. Intendiamo al più presto potenziare e rendere più flessibile il funzionamento del Fondo centrale di garanzia, che in questi anni ha svolto un importante ruolo di sostegno al sistema delle piccole e medie imprese.
  Le azioni che dobbiamo mettere in campo in tempi rapidissimi sono: l'introduzione di meccanismi di verifica sull'effettiva capacità delle garanzie prestate di generare prestiti addizionali e condizioni più favorevoli con piena informazione alle imprese beneficiarie; un incremento del livello di copertura su alcune fattispecie di garanzie concesse dal fondo; soprattutto, una profonda revisione dei criteri di accesso al fondo, oggi estremamente rigidi, rendendoli più coerenti con l'attuale fase economica.
  In particolare, occorre ampliare la fascia dei soggetti beneficiati a quelle categorie di imprese che, per quanto ancora con buone prospettive, si trovano oggi marginalizzate dal sistema bancario. Un dato darà anche l'idea del funzionamento: il costo del nostro Fondo di garanzia è il 4 per cento all'anno: perde, su 2 miliardi, 80 milioni di euro. Le banche hanno complessivamente un costo attorno al 7 per cento l'anno: questo significa che abbiamo la manica più stretta delle banche e noi vogliamo rimodulare questo aspetto.
  Questi interventi sono tesi ad aumentare i volumi di credito bancario generato dalle garanzie del Fondo per assicurare piena continuità d'azione e una maggiore incisività sull'area del razionamento. Come suggerito nella relazione finale dei Saggi, doteremo il Fondo centrale di maggiori risorse.
  Sempre in materia di credito, e in linea con quanto sottolineato dal governatore della Banca d'Italia in occasione della relazione di fine anno, intendiamo continuare a incentivare i canali di finanziamento alternativi a quello bancario e l'apertura del nostro sistema al mercato dei capitali. In particolare, intendiamo favorire ulteriormente l'emissione di obbligazioni da parte delle imprese, soprattutto di quelle di piccola dimensione.
  Intendiamo intervenire sulla fiscalità indiretta applicata alle emissioni garantite e agevolare l'utilizzo di fondi di credito per dare accesso al mercato dei capitali a imprese di dimensioni contenute, che da sole non potrebbero accedervi direttamente.
  È necessario mobilitare gli investitori istituzionali italiani verso l'investimento su questa tipologia di strumenti apportando alcune modifiche alla normativa vigente e attivando, in tal modo, un circuito di intermediazione diretta tra risparmio e impieghi nell'economia reale.
  Infine, occorre riattivare il circuito delle compravendite immobiliari sulla prima casa. L'offerta di mutui residenziali Pag. 6si è più che dimezzata negli ultimi due anni. Occorre agire sulla domanda e aiutare le giovani coppie e le famiglie maggiormente in difficoltà ad accedere al credito per l'acquisto del bene casa.
  Un primo importante provvedimento nella direzione di rilanciare gli investimenti è la misura varata dal Consiglio dei Ministri di venerdì scorso, che ha prorogato e portato al 65 per cento la detrazione fiscale per gli interventi di efficienza energetica negli edifici, confermando, al contempo, quella del 50 per cento per le ristrutturazioni edilizie, estendendone l'ambito di applicazione anche al comparto dell'arredo cosiddetto fisso, compreso quello dei servizi igienici.
  Mi soffermerò qualche istante su questo punto. Il 37 per cento dei nostri edifici, circa un milione, consuma 165 chilowattora mq/anno, per cui sono estremamente dispersivi, consumano energia e, naturalmente, inquinano. Si può arrivare – siamo in classi particolarmente difficili da raggiungere – fino al decimo di questo consumo. Ci si può collocare più facilmente in una fascia intermedia in cui il consumo per riscaldare gli appartamenti e per renderli più freschi cala in modo significativo.
  Le misure di cui ho parlato, il 65, cosiddetto ecobonus, e il 50 per cento per le ristrutturazioni edilizie, hanno garantito finora ottimi risultati in termini di sostegno a un'importante filiera produttiva e occupazionale. Al contempo, sono anche un efficace strumento di contrasto, come è evidente, dell'evasione fiscale.
  I settori che hanno lavorato e che lavoreranno di più sono il settore della micro industria, dell'artigianato e degli installatori. Abbiamo, però, anche tutta la filiera degli isolamenti termici, molto importante, quella delle caldaie, quella dell'installazione dei pannelli fotovoltaici per l'utilizzo nelle famiglie.
  Intendiamo al più presto utilizzare le risorse rinvenute dalla recente riforma degli incentivi del Ministero dello sviluppo economico, di circa 700 milioni di euro, che vogliamo concentrare nel Fondo per la crescita sostenibile, dove sono concentrate già adesso. Orienteremo i primi interventi del Fondo verso il sostegno degli investimenti in ricerca e innovazione, cercando di attivare risorse aggiuntive tramite il coinvolgimento della Banca europea degli investimenti e del Fondo per gli investimenti in ricerca presso la Cassa depositi e prestiti. In questo modo, sarà possibile generare un effetto leva in grado, come abbiamo stimato, di attivare un volano di investimenti per oltre 3 miliardi di euro.
  Stiamo, inoltre, valutando con il Ministero dell'economia e delle finanze la possibilità di costruire un sistema di sostegno agli investimenti per il rinnovo dei processi produttivi e l'acquisto di macchinari e beni strumentali da parte delle imprese che abbia come riferimento un modello già sperimentato con la cosiddetta legge Sabatini. Nella logica del rilancio strutturale della crescita assume un ruolo fondamentale il sostegno alla ricerca e all'innovazione industriale, chiave strategica per recuperare competitività, creare nuovo lavoro ad alta qualificazione e attivare un circuito virtuoso tra sistema universitario e imprese.
  Rimane prioritaria, come più volte ci ha ricordato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la definizione di uno strumento di agevolazione fiscale strutturale per sostenere le attività di ricerca e sviluppo realizzate dalle imprese tanto in autonomia quanto in collaborazione con l'università. Tale strumento si affiancherà al credito di imposta per il personale altamente qualificato, impiegato anche in attività di ricerca e sviluppo che, avendo in questi giorni ottenuto il nulla osta da Bruxelles, contiamo di attivare nelle prossime settimane.
  È in corso di approvazione definitiva il decreto di Ministro dell'economia e delle finanze e Ministro dello sviluppo economico che dà attuazione alle norme sull'agevolazione fiscale e all'investimento in start-up innovative da parte di persone fisiche e delle persone giuridiche. Una volta approvato il provvedimento, il Ministero dello sviluppo economico provvederà alla notifica per compatibilità d'aiuto alla Commissione europea.Pag. 7
  Un'altra misura di importante stimolo alla domanda recentemente introdotta nel nostro ordinamento è la defiscalizzazione delle grandi opere infrastrutturali, che occorre rafforzare. Oggi questa misura si applica a investimenti superiori ai 500 milioni di euro, ovvero a 5 o 6 grandi investimenti nel Paese. Dobbiamo arrivare a una cifra diversa e, con i Ministri Lupi e Saccomanni, vogliamo ridurre la soglia dimensionale a 50 milioni. Questo si può fare senza alcun aggravio sui conti pubblici, consentendo di allargare in modo sensibile la platea delle opere potenzialmente beneficiate. In questo modo, potremo mobilitare risorse private su opere e lavori di dimensioni più contenuti, ma che più rapidamente possono tradursi in spesa, e quindi nuova occupazione.
  Importantissimo è il capitolo sulle semplificazioni. Occorre accelerare sugli interventi di semplificazione degli oneri e degli adempimenti amministrativi delle imprese. Il Governo si è impegnato ad arrivare con una norma precisa verso la metà – in questo senso, il Presidente Letta ci ha messo parecchia fretta – di questo mese. Gli oneri e i procedimenti farraginosi, cui molto spesso sono sottoposte le imprese, sono intollerabili. La frammentazione delle competenze amministrative genera complicazioni e duplicazioni, consolida l'immagine di una burocrazia nemica del fare impresa.
  La leva digitale può essere uno straordinario strumento di trasparenza e di semplificazione e riduzione dei costi e dei tempi. È fondamentale accelerare l'attuazione dell'Agenda digitale e, per questo motivo, siamo favorevoli a individuare un unico e autorevole punto di riferimento presso la Presidenza del Consiglio. Vorremmo poi far parte, come Ministero dello sviluppo economico, di questa partita svolgendo dei pezzi significativi di questo lavoro.
  Al di là dei temi che riguardano, nello specifico, le infrastrutture di rete e lo sviluppo del mercato digitale, che toccherò tra un attimo, mi preme sottolineare quanto il digitale sia fondamentale come strumento per modernizzare e rendere più competitivo il nostro sistema produttivo. Sotto questo profilo, intendo intensificare gli sforzi del ministero sul fronte della cosiddetta alfabetizzazione digitale della piccola e media impresa, sulle politiche in favore della diffusione di canali di distribuzione digitale, dell’e-commerce, dei pagamenti elettronici.
  Tornando ai temi della semplificazione, dobbiamo condividere i principi – questo è un punto delicato su cui non sempre riusciamo a spiegarci anche con chi chiede questo intervento – cui ispirare il nostro intervento. L'assunzione chiara di responsabilità è la base di ogni buona semplificazione.
  La riduzione delle garanzie sanitarie o della sicurezza sul lavoro non può essere considerata semplificazione, così come modificare i termini di alcune leggi che garantiscono, per esempio, i reflui o le emissioni in atmosfera. La semplificazione, quando comporta un passaggio di responsabilità, significa che un nuovo soggetto, quello che non vuole sottoporsi a oneri burocratici, si assume le responsabilità e diventa il garante per proprio conto della sua iniziativa.
  Vi riporterò un esempio che ho vissuto tante volte anche nella mia amministrazione. Restando nell'ambito di una responsabilità che si concentra sulla pubblica amministrazione, è difficile arrivare a delle semplificazioni: è possibile operare in edilizia con la dichiarazione inizio lavori, poco gradita, e si vuole la concessione edilizia perché offre maggiori sicurezze e si sa cosa si può fare e cosa non si può. Non si utilizza, invece, uno strumento in cui si assume direttamente la responsabilità chi svolge l'attività edilizia. Anche i nostri architetti o ingegneri fanno fatica a offrire tutte le garanzie al loro cliente. In questo caso, passando la responsabilità all'ente pubblico, questo deve sobbarcarsi di tutti i necessari controlli e chiamiamo burocrazia il fatto che sia l'ente pubblico a mantenere in capo la responsabilità.
  Dobbiamo capire, quindi, che serve, in questo campo, una rivoluzione culturale e che non è solo una la parte che semplifica. Siamo tutti insieme, imprese e amministrazione, Pag. 8a dover semplificare. Non è, in ogni caso, questa la situazione perché molti sono i casi in cui abbiamo normative, duplicazioni e così via che vanno semplificate. Su quelle è più facile operare.
  Dobbiamo riprendere un lavoro già avviato dal precedente Governo con questo spirito e con lo spirito di riallineare l'assetto regolatorio italiano a quello europeo – torna il solito discorso – eliminando uno per uno tutti gli elementi di complicazione e penalizzazione ingiustificata introdotti in sede di recepimento delle direttive.
  Qui si apre un altro dei capitoli sui quali sarà interessante discutere e lavorare insieme. Abbiamo fatto ricorso tantissime volte a una pratica che in gergo si chiama gold plating: consiste nel dorare i dispositivi che arrivano, placcarli d'oro, «migliorarli». Spesso, questo ha significato che una direttiva dell'Unione europea sia stata recepita appesantendola e non così come era e come la rispettano gli altri produttori in Europa.
  Un esempio chiarissimo e concreto è quello del SISTRI. La direttiva dell'Europa chiedeva la tracciabilità dei rifiuti pericolosi e tossici. Noi l'abbiamo estesa anche ad altri rifiuti. Quest'operazione può andar bene se così si regolano tutti; diversamente, è evidente che il prodotto che arriverà nel nostro mercato sarà gravato di quest'ulteriore peso, ciò che arriva da produttori esterni non avrà questo aggravio e immaginiamo cosa succeda quando all'estero ci confrontiamo con i prodotti di altre realtà. Questo sistema di tracciabilità – ne ho parlato con il Ministro Orlando – va semplificato a partire proprio dal perimetro di applicazione per far sì che non rappresenti un ostacolo ingiustificato all'attività imprenditoriale.
  L'azione di semplificazione dovrà riguardare anche il difficile tema della riconversione produttiva delle aree industriali inquinate. La lentezza delle procedure di autorizzazione ambientale ha bloccato investimenti in molte aree a storica vocazione industriale, compromettendone la tenuta occupazionale. Il risanamento, il recupero di queste aree è una priorità del mio dicastero.
  Abbiamo recentemente pubblicato il decreto attuativo sulle crisi industriali complesse. Si tratta di una base per avviare, di concerto con il Ministero dell'ambiente e con le regioni interessate, un grande piano di bonifiche indirizzato al riuso a fini produttivi del territorio. Per certi versi, anche tutta la partita ILVA potrebbe consentirci un ragionamento su questo aspetto. Eventualmente, ne parlerò in seguito.
  Veniamo alle liberalizzazioni. Un potente stimolo all'innovazione e alla competitività del sistema Paese è costituito, inoltre, dalle politiche per la concorrenza. Gli interventi sulle liberalizzazioni dovranno essere ampliati ad alcuni settori chiave in modo da generare effetti positivi estesi all'interno del sistema produttivo. In tale quadro, dovrà essere dato un nuovo impulso all'attuazione delle norme di principio recentemente approvate dal Parlamento in materia di tutela della libertà di iniziativa economica e alle connesse sperimentazioni avviate in vari ambiti regionali. Ci concentreremo sui seguenti temi.
  Il settore energia elettrica e gas necessita di misure di completamento dell'imponente processo di apertura dei mercati degli ultimi anni. Anche questa è una partita enorme. La nostra energia è più cara rispetto agli altri Paesi europei. Dobbiamo ragionare su come allinearci alle tariffe che l'industria di altri Paesi europei, decisamente più basse delle nostre, paga.
  Sul settore assicurativo è necessario dare concreta attuazione ai recenti provvedimenti di legge per l'incremento della concorrenza nel settore delle assicurazioni dell'automobile e della distribuzione assicurativa. In una situazione difficile per le famiglie italiane, le politiche pro concorrenza e di tutela del consumatore possono contribuire a ridurre i costi della bolletta energetica e dell'assicurazione auto, un aiuto importante per milioni di cittadini.
  Ci concentreremo, inoltre, sul settore immobiliare al fine di incrementare l'offerta Pag. 9e favorire nuovi investimenti in un settore in profonda crisi. Intendiamo eliminare alcuni elementi di rigidità che riguardano le locazioni a uso non abitativo, allineando la normativa italiana a quella europea e consentendo maggiore libertà contrattuale tra le parti. Le politiche per la concorrenza dovranno essere perseguite mediante un migliore raccordo della nostra normativa con quella europea e attraverso una maggiore tutela dei diritti dei consumatori.
  Quanto all'energia, per rilanciare le nostre imprese occorre metterle nelle stesse condizioni delle loro concorrenti europee. Questo significa tanto intervenire sul nostro sistema di norme e regolamenti, riducendo i costi della burocrazia, quanto allineare il costo dell'energia su livelli più competitivi.
  Siamo tutti al corrente – lo siete sicuramente voi – del fatto che con lo shale gas, il gas da scisto bituminoso, arriva una vera e propria rivoluzione, che rischia di mettere il nostro sistema produttivo in condizioni di ulteriore svantaggio. Gli americani, con un processo che si chiama fracking, sono riusciti a estrarre gas a costi bassissimi e per un periodo non hanno più usato il carbone, crollato il prezzo del quale, mezza Europa, tranne noi, ha iniziato a produrre energia elettrica da carbone. Adesso gli Stati Uniti stanno pensando di esportare anche verso l'Europa lo shale gas.
  Questo deve trovarci preparati perché rischiamo davvero di uscire dal mercato con intere filiere produttive. Non possiamo permetterci, con l'energia – adesso siamo già su un ordine del 20-25, qualche volta 30 per cento in più – di arrivare addirittura a livelli più elevati.
  La linea da seguire è tracciata ed è stata definita da una Strategia energetica nazionale con obiettivi e priorità chiari che condividiamo. Si tratta di accelerare sulle misure concrete per raggiungere gli obiettivi prefissati così da ridurre il nostro gap di costo.
  Per quanto riguarda, in particolare, il gas, la priorità è rendere strutturale l'allineamento dei nostri prezzi a quelli europei realizzati negli ultimi mesi, evitando i rischi di rimbalzo. Le principali azioni concrete da parte del ministero sono: accelerazione del mercato a termine in modo da rendere pienamente efficiente e competitivo il mercato del gas e dare strumenti moderni di copertura alle aziende industriali; integrazione con i mercati europei, in particolare con regole di interscambio con il nord Europa, veramente semplici e fluide per gli operatori; rafforzamento delle infrastrutture con alcuni interventi mirati e selettivi per rafforzare la diversificazione e la competitività del nostro mercato. Penso ad alcuni impianti di rigassificazione, che ho già citato, di stoccaggio, al corridoio Sud, per il quale scommettiamo su una vittoria della rotta italiana, anche se non abbiamo vinto la scommessa col Nabucco.
  Sul fronte del mercato elettrico, un recente decreto del mio Ministero ha rivisto il concetto di settore energivoro razionalizzando e ampliando lo sconto sugli oneri di sistema. Lo sconto vale 600 milioni sulla bolletta energetica e interessa circa 7-8. mila realtà industriali medio-piccole con forte esposizione alla concorrenza internazionale.
  Si tratta di una misura importante, ma è solo un primo passo necessario per ridurre il significativo gap di costo. Adesso dobbiamo incidere sui fattori strutturali, definendo un mercato pienamente competitivo eliminando i colli di bottiglia della rete interna – su questo, c’è il massimo impegno di Terna – rimuovendo oneri impropri e azzerando le rendite di posizione ancora presenti. In questo senso, intendiamo, ad esempio, rivedere gli incentivi degli impianti in regime CIP6.
  Intendiamo, inoltre, accelerare sulle infrastrutture di interconnessione e sul cosiddetto market put/call con i mercati europei in modo che si crei un sistema davvero comunicante, capace di avvicinare i nostri prezzi a quelli continentali, e di rendere più competitivo il nostro moderno parco centrali.
  Le tecnologie della comunicazione e dell'informazione hanno contribuito negli ultimi 15 anni alla crescita del PIL europeo Pag. 10per oltre il 50 per cento. L'economia digitale costituisce uno straordinario volano di sviluppo competitivo. L'Agenda digitale è diventata, quindi, uno strumento di politica economica irrinunciabile per superare la crisi.
  Sulle reti di comunicazione elettronica si gioca la competizione internazionale ed è imprescindibile dotarsi delle infrastrutture digitali all'avanguardia, in primis le reti di comunicazione a banda larga e ultralarga, capaci di supportare i servizi digitali più evoluti, in linea con gli obiettivi dell'Agenda digitale europea 2020.
  L'obiettivo comunitario è di trarre vantaggi sostenibili dal mercato unico del digitale basato su Internet veloce e superveloce e sulle applicazioni interoperabili, garantendo a tutti l'accesso a Internet ad almeno 30 megabit al secondo entro il 2020 e assicurando che almeno il 50 per cento delle famiglie europee si abboni a connessioni oltre i 100 megabit al secondo.
  Grazie all'importante lavoro svolto dalla cabina di regia interministeriale per la definizione dell'Agenda digitale italiana, che si è conclusa con l'eliminazione del cosiddetto decreto Crescita 2.0, e l'avvio dell'Agenzia per l'Italia Digitale, le azioni messe in campo sono molte, alcune delle quali in dirittura d'arrivo. Ci impegneremo al massimo, in stretto coordinamento con la Presidenza del Consiglio, per dare la più celere attuazione a tutti i decreti e regolamenti attuativi ancora da definire.
  Mi preme sottolineare come il Piano nazionale banda larga, per azzerare il cosiddetto digital divide, e il Piano nazionale per la banda ultralarga siano due realtà operative utilizzate dalla Commissione europea, fiore all'occhiello della capacità del Governo nazionale e degli enti locali di cooperare positivamente per riconoscere ai cittadini quello che ormai si può definire un diritto fondamentale, ossia l'accesso alla rete, indispensabile per accrescere la conoscenza, la dimensione relazionale, le opportunità di lavoro e persino la democrazia.
  L'altra risorsa chiave delle comunicazioni del Paese è lo spettro, ossia la porzione di frequenze utilizzato dagli operatori televisivi e di telecomunicazioni. È necessaria un'attenta operazione di liberazione, razionalizzazione e ottimizzazione per valorizzarne gli aspetti industriali, per il mercato, e finanziari, per lo Stato. Le reti di comunicazione sono la rete delle reti e alimentano tutti gli altri settori produttivi. Sul loro sviluppo sono poggiate buona parte delle aspettative di crescita dell'intero Paese.
  In tal senso, tra le priorità del mio operato, vi è certamente lo svolgimento dell'asta del digital divide, dalla pubblicazione del bando e dal disciplinare e lo svolgimento dell'asta all'attribuzione dei diritti d'uso agli operatori diretti. In coerenza con il regolamento di gara predisposto dall'Agcom, sentita la Commissione europea, tutto questo è pronto al fine di assicurare l'uso efficiente e la valorizzazione economica dello spettro radio nonché per aprire il mercato di radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale a soggetti nuovi entranti. Assegneremo, quindi, nuovi diritti d'uso per frequenze televisive nazionali tramite un'asta con offerte economiche a rilanci competitivi.
  Massima sarà la mia attenzione verso il settore radiotelevisivo. So bene quanto sia importante tale settore nell'ambito dell'intera filiera produttiva italiana non solo per quanto riguarda le emittenti nazionali, ma anche e soprattutto per le emittenti locali. La dimensione del locale deve sempre più accompagnarsi a termini come crescita, sviluppo, opportunità. Dobbiamo, quindi, sostenere al meglio tale settore, che oggi incontra delle difficoltà serie. Certo, il mercato sta cambiando, la forza degli imprenditori deve essere quella di innovare e saper stare al passo con i tempi, ma il Governo deve rivolgere una grande attenzione a questo settore.
  Ancor più prossimo è il rinnovo del contratto nazionale di servizio RAI 2013-2015. Sarà una grande occasione di novità e discontinuità rispetto al passato. È un testo importante che dovrà essere innovativo, ovvero capace di rispondere alle crescenti richieste del pubblico in termini di Pag. 11interattività, cross-medialità, inclusione, pluralismo, senza mai rinunciare alla qualità dell'offerta culturale.
  Mai come in questo periodo, il quadro appare in movimento e destinato a ulteriori profondi cambiamenti che chiamano in causa la natura stessa del mezzo radiotelevisivo. Qui ereditiamo un primo lavoro prezioso del mio predecessore, Corrado Passera. Sono da accogliere tutte le opportunità offerte da tale passaggio, innanzitutto acquisendo, insieme al vice ministro Catricalà, con cui collaboro molto volentieri, i preziosi consigli e indicazioni che verranno dal confronto anche formale con il Parlamento, sede naturale del dibattito su questo fondamentale servizio pubblico.
  Cito brevemente le nuove sfide nel campo dei servizi postali. Con il recepimento della terza direttiva, anche nel mercato postale è emersa la necessità di accettare le sfide derivanti dagli effetti della liberalizzazione, cogliendone le grandi opportunità ai fini dello sviluppo economico della crescita degli operatori economici del settore.
  In quest'ambito, lo sviluppo della concorrenza deve, però, essere bilanciato dalla necessità di perseguire obiettivi di coesione generale. Nel rispetto delle competenze del regolatore di settore, metteremo mano al rinnovo del contratto di programma con il fornitore del servizio universale Poste italiane. In altre parole, non vogliano che parti del Paese non siano dotate di questo servizio.
  Il contratto di programma 2012-2014, attualmente in corso di predisposizione, dovrà essere ulteriormente utilizzato come leva ai fini della riduzione strutturale dell'onere del servizio universale, accompagnando al contempo il processo di sviluppo della concorrenza con misure capaci di promuovere la crescita dei mercati e dei servizi e dei prodotti postali, favorendo la competitività degli operatori economici del settore.
  Ultimo punto è il commercio estero. Un ulteriore tema centrale per rilanciare la competitività del nostro sistema produttivo riguarda il sostegno ai processi di apertura e proiezione sui mercati internazionali. Le esportazioni sono state negli ultimi anni di crisi la principale leva di crescita dell'economia italiana e anche nel 2012. Col perdurare della forte fase di recessione, le nostre esportazioni di beni e servizi sono cresciute del 4 per cento, raggiungendo i 473 miliardi di euro e superando così il livello pre-crisi.
  Data la struttura molecolare della nostra economia e le potenzialità della nostra manifattura, rimane fondamentale il supporto pubblico alla proiezione internazionale delle nostre produzioni. L'Italia si è recentemente dotata di un piano nazionale per l’export, per incrementare il valore delle nostre esportazioni e il numero delle imprese esportatrici e orientare maggiormente i flussi verso i mercati più dinamici.
  Sono obiettivi cui, in collaborazione con il Viceministro Calenda, daremo concreta attuazione, intensificando anche il lavoro di coordinamento all'interno della cabina di regia per mettere maggiormente in trazione il sistema di supporto all’export. Di pari passo, è indispensabile agire su un'ulteriore razionalizzazione e concentrazione delle attività e delle risorse di promozione sull'Agenzia ICE, Istituto per il commercio con l'estero, in modo da assicurare un'adeguata massa critica rendendola, nel contempo, più efficiente dal punto di vista operativo.
  È, inoltre, di assoluta importanza strategica l'aumento dei fondi per il supporto all'internazionalizzazione delle nostre imprese, oggi largamente inferiori a quelli messi a disposizione dei principali Paesi esportatori. Questo favorirà anche una nuova opera di accompagnamento istituzionale, che metteremo in campo per supportare le nostre imprese sui mercati internazionali.
  Ci impegneremo per l'immediata attivazione dei nuovi strumenti di supporto finanziario all’export forniti da SACE e Simest secondo il piano sviluppato da Cassa depositi e prestiti. Il piano permetterebbe di affidare a costo zero importanti risorse per finanziare e garantire l’exportPag. 12italiano con una maggiore attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese.
  È venuto, infine, il tempo di dotare il nostro Paese di una finestra unica di accesso ai mercati internazionali, capace di semplificare e, soprattutto, di accelerare i tempi e ridurre i costi legati alle procedure per l'importazione e l'esportazione delle merci. Esistono ancora diversi vincoli non tariffari che rendano troppo complicate, lunghe e onerose molte procedure di sdoganamento. Per superare i vincoli all’export in vari settori, è necessario riattivare il gruppo di lavoro per il superamento delle barriere non tariffarie, che al Ministero dello sviluppo economico associa il Ministero degli affari esteri, il Ministero della salute, il Ministero delle politiche agricole, l'Agenzia delle dogane e l'Agenzia ICE.
  Inoltre, metteremo a regime in tempi rapidi il nuovo Desk Italia per l'attrazione degli investimenti dall'estero, lanciando un programma di mappatura e ingaggio degli investitori internazionali.
  Un punto di particolare importanza è l'Expo 2015, che può rappresentare una straordinaria occasione di rilancio e promozione del sistema produttivo italiano del nostro turismo e della nostra immagine nel mondo. Abbiamo l'obbligo di dare tutti il massimo, ciascuno per le proprie competenze, perché riesca al meglio questa manifestazione di caratura internazionale.
  Appaiono, infine, di assoluta rilevanza strategica i negoziati sull'accordo di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti, cosiddetto TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), un accordo in grado di portare straordinari benefici alle nostre imprese sia in termini di incremento all’export sia per il riavvicinamento delle regole e degli standard. Notevole sarà il contributo in termini di crescita: si stima che il PIL europeo possa aumentare circa del 4 per cento medio annuo, e quindi di occupazione.
  Quest'accordo permetterà un accesso preferenziale non solo negli USA di nostri beni e servizi, ma anche sul mercato degli appalti, con maggior protezione della proprietà intellettuale e degli investimenti. Poiché il negoziato potrebbe concludersi durante la presidenza italiana, cioè nel secondo semestre 2014, il nostro Paese ne presiederà l'andamento con grande attenzione, evidenziando gli interessi di tutti i nostri settori economici.
  Presidente Epifani, presidente Mucchetti, onorevoli deputati e senatori, mi sono forse soffermato a lungo su queste prime linee guida del mio Ministero, sulle quali, naturalmente, avremo modo di confrontarci in futuro insieme alle vostre Commissioni ogni volta che lo riterrete opportuno. Non possiamo prescindere da un proficuo lavoro di collaborazione con il Parlamento, punto fondamentale di riferimento dei ministeri e del Governo, per definire gli interventi normativi in grado di sbloccare la crescita nei tempi più rapidi possibili. Tutti i suggerimenti, le critiche e le idee che riceveremo dal lavoro con le Commissioni parlamentari saranno non solo graditi, ma preziosi e non potranno che arricchire il nostro lavoro.
  Concludo la mia relazione e spero che vi siano numerosi interventi e suggerimenti. Vi ringrazio davvero per l'attenzione. Resto a vostra disposizione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Ministro Zanonato. Il suo mi pare un quadro davvero generale e interessante.
  Aprirei subito gli interventi, che chiedo rimangano nei tempi detti. Do la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RAFFAELLO VIGNALI. La ringrazio, Ministro, e cercherò di seguire il filo del suo intervento in modo molto sintetico.
  Sono d'accordissimo sul «mantra» che le nostre imprese devono poter competere alla pari dei concorrenti europei. Ne aggiungerei un altro: innanzitutto, vorrei che potessero esistere, nascere e crescere. A me sembra che oggi questo sia messo molto in discussione. Anche i fatti recenti dicono alcune cose.
  Sono d'accordissimo anche sul credito. Personalmente, ho una raccomandazione: Pag. 13la destinazione innanzitutto ai piccoli. Concordo sui criteri che ha descritto, l'annuncio del raddoppio del Fondo, la semplificazione delle procedure, la revisione delle risorse erogate anche quando non servono e che immobilizzano risorse che potrebbero andare ad altro. Destiniamo, però, anche a quelli che ne hanno veramente bisogno.
  Quello delle semplificazioni è un tema serio perché rientra, appunto, nel mantra che diceva. Se me lo consente, però, Ministro, sottolineerei che per anni abbiamo visto i Governi fare i legislativi: abbiamo bisogno di un Governo che sia esecutivo, cioè che attui le norme che sono state fatte e sono tante.
  Lo Sportello unico è di Bassanini, nel 1997. Non esiste ancora perché, se è il trentatreesimo, non è l'unico ! Vogliamo uno sportello unico per le imprese.
  Esiste un decreto ministeriale sulla generazione di energia da bioliquidi sostenibili che doveva essere attuato dal Ministro dello sviluppo economico entro il 31 gennaio di quest'anno: non ci sono ancora non solo i decreti attuativi, ma la parte di implementazione delle politiche di governo dei processi. È vero che spesso sono gli imprenditori a non volere l'autocertificazione, ma spesso sono anche le pubbliche amministrazioni a non accettarla.
  In relazione al DURC, esiste una norma da cinque anni che impedisce di chiedere il DURC alle imprese perché la pubblica amministrazione deve consultare direttamente lo Sportello unico previdenziale dell'INPS. Perché si continua a chiedere il DURC alle imprese ? Sono queste le azioni che vorremmo vedere.
  Se posso permettermi, inoltre, sul fronte normativo, signor Ministro, ci auguriamo soprattutto norme che fissino sanzioni per i responsabili dei procedimenti delle pubbliche amministrazioni che non ottemperano i tempi previsti dalla legge. Per la vecchia AIA dell'ILVA di Taranto sono serviti quattro anni e mezzo laddove la legge prevede al massimo 300 giorni: quanto tempo abbiamo perso per le bonifiche ? Chi non l'ha fatta nei tempi ha subìto qualche sanzione ? No. Gli investimenti stranieri arrivano innanzitutto se abbiamo un ambiente non dico favorevole alle imprese, ma normale.
  Anche la norma per l'Agenzia per le imprese esiste da cinque anni, ma non ce n’è una sola operativa. Avere una sorta di CAF per la burocrazia è, a nostro avviso, una forma importante di semplificazione. Vorremmo, però, che esistessero, che fossero riconosciute, che messe in condizione di operare.
  Vi è tutta la parte di attuazione delle norme previste dallo Statuto delle imprese. Peraltro, signor ministro, lo scorso anno dal Governo Monti non è stata fatta: quest'anno vorremmo vedere la legge annuale per le micro, piccole e medie imprese che il Governo deve presentare entro il 30 giugno. Non è un esercizio retorico: abbiamo bisogno effettivamente di misure legate ai piccoli imprenditori.
  Sul gold plating sono d'accordo con lei. Il Governo ha intenzione di cancellare il SISTRI o di rivederlo sostanzialmente ? Lei lo ha citato, giustamente, come esempio negativo di gold plating. Credo che perseverare su una strada sbagliata sia peggio che trovarne un'altra più semplice, magari, anche in questo caso, copiando da qualche Paese europeo che l'ha fatto molto meglio.
  Vengo a tre punti telegrafici in modo da contenere il mio intervento nei cinque minuti chiesti dal presidente Epifani. Quello sulla strategia energetica nazionale è, finora, un manifesto: le chiederemmo di concretizzare una strategia, con azioni, tempi e risorse corrispondenti.
  Non vi ha accennato, ma credo sia uno dei temi che le sta a cuore anche per la sua provenienza geografica: la tutela del consumatore e il contrasto alla contraffazione. Su questo, chiedo se il Ministero abbia effettivamente intenzione di intensificare i controlli e il contrasto e di riprendere in Europa la battaglia per il made in esterno, cioè l'obbligo di tracciabilità di tutte le merci importate in Europa, bloccato dal Consiglio europeo, cioè approvato a larghissima maggioranza dal Pag. 14Parlamento e dalla Commissione, ma fermato dai Paesi nordici. Credo che questo sia un aspetto importantissimo.
  Un'ultima domanda telegrafica riguarda l'internazionalizzazione delle imprese. Spesso abbiamo parlato di revisione degli strumenti senza mai discutere degli obiettivi, che invece ogni tanto vorremmo vedere realizzati. Al di là di un piano che ci auguriamo di vedere, di un programma serio di internazionalizzazione, vorrei capire quali intenzioni abbia il Governo, e lei in particolare, sulla ripresa del Doha Round e per eliminare i dazi che esistono con tanti Paesi del mondo, come ad esempio il Brasile.
  Mentre un'impresa può cavarsela da sola e internazionalizzarsi, sicuramente non può eliminare i dazi con il Brasile o chiedere al WTO e agli altri Paesi che ne fanno parte di riprendere il Doha Round. Eppure sono elementi fondamentali, tanto più in un contesto in cui l'economia è globalizzata e le nostre imprese, visto anche l'andamento dei consumi interni, sono costrette a orientarsi a tutto il mondo.

  ANGELA D'ONGHIA. Grazie, signor Ministro, per averci illuminato su quello che sarà il percorso del nostro Governo e, quindi, il lavoro delle nostre Commissioni.
  Personalmente, condivido tutti i punti che ha toccato. Sono tutti indirizzati allo sviluppo delle imprese e vanno bene le semplificazioni, il costo dell'energia, l'economia digitale, molto importante perché forse riuscirà a darci anche tempi di soluzioni e risoluzioni delle questioni.
  Va benissimo il credito all'impresa, ma bisognerà anche effettuare un controllo sui confidi, che funzionano bene in molte parti d'Italia, ma che, a volte, registrano problemi con le banche che non riescono a sostenerli nella realizzazione degli impegni assunti.
  Per quanto riguarda il discorso dell'internazionalizzazione delle imprese, debbo dire che forse è la prima volta che sento parlare anche di unificazione delle azioni. Forse abbiamo capito che in Italia non potremo fare internazionalizzazione, se non unifichiamo le nostre azioni. Il grande problema delle imprese, infatti – abbiamo, circa 200 mila imprese, 9. mila che esportano e 190 mila che non lo fanno – è che tutti fanno internazionalizzazione, dai comuni alle regioni, alle province, ma non all'interno di una politica di internazionalizzazione coesa, seria, necessaria nei Paesi molto lontani. Le aziende, infatti, non possono promuoversi all'estero da sole, andare nei singoli comuni. I comuni procedono ad azioni limitate e frazionate e creano problemi in tutti i settori.
  Mi complimento, quindi, con lei per il discorso sul processo di unificazione che vuole portare avanti. L'unico aspetto vorrei sottolineare è che dobbiamo tentare di avere tempi certi anche per lavorare nelle Commissioni e per appoggiarvi. Chiedeteci anche gli straordinari, ma servono tempi certi. Forse solo questo Ministero può dare una mano seria e vera all'Italia. Il grande problema degli italiani, infatti, in questo momento, è quello del lavoro e penso che dobbiamo essere attentissimi alla tempistica con la quale il Governo deve porre in campo le proprie azioni.
  Convengo sulle priorità evidenziate dal Ministro, ma ribadisco che dobbiamo essere attenti ai tempi.

  DAVIDE CRIPPA. Buongiorno a tutti. Grazie, signor Ministro, di questa occasione che speriamo sia ripetuta nel corso della legislatura.
  Vorremmo, innanzitutto, sottolineare alcune criticità che rileviamo. Partiamo dal concetto dell'efficienza energetica, che anche lei ha richiamato. Riteniamo che 6 mesi di proroga degli incentivi costituiscano realmente un tempo insufficiente. Prima, infatti, che la popolazione percepisca quest'opportunità e metta in campo i relativi progetti e li possa effettivamente realizzare, passa un tempo di circa 2-3 mesi. Trascorso questo periodo, si entra già nella fase all'interno della quale si avverte la paura di non giungere alla fine dei lavori entro il termine prestabilito, generando stalli decisionali che rallentano la ripresa dei lavori. Ciò significa che, sostanzialmente, questo lasso di tempo Pag. 15non consente la pianificazione di interventi di una determinata scala. Stiamo rincorrendo negli ultimi anni la proroga di sei mesi in sei mesi. Se due anni fa, invece, avessimo dato una proroga di 24 mesi, avremmo potuto generare anche delle economie produttive legate a questi interventi di riqualificazione energetica.
  In realtà, sei mesi sono il tempo per cui, se qualcuno è già partito, riuscirà a usufruire delle agevolazioni. Le ricordo che, ad esempio, a proposito dei termini per accedere al CIP6, che nel 55 per cento degli edifici condominiali bisogna passare attraverso decisioni assembleari, che sono tutt'altro che di facile risoluzione.
  Le chiederemmo se, parallelamente, prevedete anche di lanciare un piano di risanamento energetico di edilizia pubblica che, oltre a ridurre i costi fissi di riscaldamento e raffreddamento, e quindi, a portare un beneficio alle casse dello Stato, sostanzialmente costituisca un momento di traino per tutta l'economia del Paese e un esempio per le economie private.
  Lei parlava di 15 chilowattora/mq come di un miraggio. In realtà, normativamente è già ben stabilito. Anche la normativa del Trentino-Alto Adige, solitamente precursore di interventi di questa natura, vede in un edificio di classe A qualcosa di minimo per le nuove edificazioni. Gli interventi di riqualificazione devono andare nella procedura di salti di classe dichiarati, e dunque di miglioramento del panorama energetico nazionale.
  Le semplificazioni delle normative di procedura edilizia cui faceva riferimento sono, in realtà, le DIA. Il problema è che in molti comuni e in molte regioni la DIA non esiste più, per cui siamo davanti a un paradosso. È stata introdotta la SCIA, segnalazione certificata inizio attività e, dal punto di vista autorizzativo, manca un tassello.
  Lei sposta il problema sulla parte decisionale dell'apparato pubblico. Talvolta i professionisti ricorrono al permesso di costruire come a uno strumento per avere in mano un'autorizzazione edilizia: che sia quanto meno soggetta a modifica, cioè con ipotesi di modifiche successive. Le ricordo che, in realtà, la SCIA non può disporre di questo strumento. Bisognerebbe creare una nuova SCIA che in qualche modo tenga conto di modifiche in corso di variante. Diventa fondamentale aprire un dibattito e un confronto con i professionisti che si occupano di questo tema e, soprattutto, con la parte delle amministrazioni pubbliche che devono gestirlo. Diversamente, veramente serviranno 6, 9, 12, 18 mesi, nella migliore delle ipotesi, per riuscire a vedere una luce.
  Quanto agli interventi per ricerca e sviluppo, alla luce dei dati forniti dall'EPO, l'ufficio per i brevetti europei, risulta che nel settore energetico l'Italia abbia presentato 131 domande di brevetto contro le 3.182 della Corea: cosa intendiamo fare per riuscire a colmare questo gap ? Proviamo a inseguire e a lanciarci nel mercato di ricerca, studio ed efficienza per il quale possiamo essere effettivamente traino per l'economia ?
  Venendo al rafforzamento delle infrastrutture, relativamente al discorso sul gas, al di là di tutte le nostre perplessità in merito, ci chiediamo quale sia il reale vantaggio dell'Italia nel far gestire fornitura, distribuzione, stoccaggi a operatori privati. Siamo certi che una maggiore disponibilità, oggi plausibile, non si traduca in una diminuzione delle quantità di acquisto. In una revisione dei contratti già oggi in essere, non vedremo mai la disponibilità del gestore che rivede al ribasso l'approvvigionamento dei materiali perché è tutto in mano alla gestione privata.
  All'interno della SEN, Strategia energetica nazionale, è assente la quantificazione dello scenario della prospettiva della domanda: ci chiediamo se, per quanto attiene i rigassificatori, il Ministero abbia già un'idea di numero, taglia, potenza e dislocazione degli stessi e che tipo di copertura dei costi di investimento a carico del sistema siano previsti per la realizzazione di tali infrastrutture strategiche.
  Inoltre, nel Piano emergenza gas, di cui al decreto ministeriale 19 aprile 2013, si richiede che gli operatori debbano garantire Pag. 16massima disponibilità degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati a olio combustibile e ad altri combustibili diversi dal gas: che potenza è necessaria per gestire quest'emergenza ? Tutte ? Tutte quelle disponibili, com’è scritto ? Chi remunera questa disponibilità ? La reperibilità, ovviamente, deve essere in qualche modo pagata. La spesa è caricata sull'utente finale ? Sotto che fase della bolletta energetica ? È ovvio come questi siano temi che portano a dover giustificare il 20-25 per cento di costo energetico maggiore.
  Sempre all'interno della SEN, troviamo questo tipo di dichiarazione: «Il Governo non intende perseguire lo sviluppo di progetti in aree sensibili o in mare o in terraferma e per quanto attiene prospezioni petrolifere e, in particolare, quelli shale gas». Al di là della sua affermazione sull'apertura a questo scenario a suo avviso rivoluzionario dello shale gas, in realtà nella SEN pare sia scritta un'altra cosa.
  Nella mia interrogazione della scorsa settimana in merito al vostro atteggiamento nei riguardi della SEN medesima, la risposta che ottenni dal sottosegretario Vicari era quella, in qualche modo, di considerarlo uno strumento eccellente e un valido punto di partenza da cui si andare avanti. Anche su questo punto vorrei un chiarimento.
  Vogliamo capire come mai l'energia italiana è più cara. Sotto questo profilo, sono contento che, finalmente, abbiamo intenzione di verificare cosa siano i CIP6 e quanto incidano. Nelle pubblicazioni del GSE è quasi glorificata la risoluzione anticipata di numerosi di questi contratti. In realtà, bisogna anche verificare come questa si riversi, nel corso degli anni successivi, sui costi della bolletta. Sono contento che si aprirà un dibattito in tal senso.
  Concludo con un'ultima domanda sulla questione della semplificazione normativa. Vorremmo capire che strumenti metterà in atto per frenare questo strumento di legiferazione selvaggia attribuita a regioni, province e comuni. Da un lato, infatti, in campo energetico, obbliga chi è al confine tra due regioni a gestire pratiche edilizie o autorizzative totalmente differenti, come se fossimo Svizzera e Italia; nel campo delle procedure autorizzative, siamo di fronte a prassi completamente diverse e manca, infatti, una standardizzazione.

  SALVATORE TOMASELLI. La ringrazio, Ministro, per la puntuale illustrazione dei suoi impegni.
  Seguirò, ovviamente, per ragioni di tempo, dovendo stare nei termini assegnatici, lo schema puntuale, salvo una premessa iniziale che credo dia il senso della particolare strategicità non solo del suo Ministero, ma anche della discussione che oggi qui stiamo affrontando.
  Per un Paese come il nostro, infatti, che ha vissuto un vero e proprio tracollo del suo PIL – lei citava dei dati all'inizio del suo intervento e spero siano sbagliate le previsioni che qualche giorno fa la CGIL ha presentato – serviranno 17 anni per recuperare il prodotto di PIL che abbiamo perso e 60 anni per recuperare l'occupazione. Ovviamente – lo dico ironicamente – spero che siano sbagliati perché questi dati evidenziano la drammaticità della situazione del nostro Paese.
  È un grido di dolore, se posso chiamarlo così, quello che si leva dal mondo delle imprese in questi ultimi mesi, dal mondo del lavoro, che tra l'altro mette a rischio anche la situazione del Paese. Credo siamo tutti solidali con i lavoratori e anche con il sindaco di Terni, che questa mattina ha vissuto un'esperienza drammatica durante alcuni scontri con le forze dell'ordine assieme ai lavoratori della Thyssen Group. È evidente il rischio che questa situazione di grandissimo malessere del nostro Paese, del mondo del lavoro in particolare, sfoci verso situazioni di difficoltà.
  Ho richiamato quei fatti per dire come, con il tema delle nuove politiche industriali, questo Paese recuperi non solo quella quota così significativa di un prodotto interno lordo perso, ma rimetta in moto una quota altrettanto significativa del suo tessuto produttivo industriale, in particolare nel settore manifatturiero, che Pag. 17in questi anni purtroppo è stato perso. È un tema imprescindibile, di straordinaria urgenza e attualità.
  Ovviamente, noi condividiamo le sue indicazioni. La premessa è stata fatta perché mi pare che dobbiamo avere davvero ben presente che questa è l'emergenza in cui stiamo ragionando e non solo circa il dove andare – immagino che su questo siamo tutti d'accordo – ma del come arrivarci, dei tempi, che siano i più rapidi possibili.
  Vengo ad alcune questioni in maniera molto puntuale e schematica. Relativamente all'energia, il discorso della SEN è in gran parte condivisibile. Continuiamo ad avere perplessità su alcuni dei contenuti. Vorremmo discuterne con lei, Ministro, se ritiene, come Parlamento. Abbiamo letto le sue dichiarazioni e il documento va bene. Essendo stato pubblicato a Camere sciolte, vorremmo, su questo documento così importante, che impegna il Paese per un'asta del genere che da alcuni decenni il nostro Paese attendeva e che contiene delle contraddizioni, discutere con questo Governo per attualizzare in alcuni punti.
  Straordinario è il paradosso che il nostro Paese presenti quattro elementi negativi tutti insieme: un altissimo costo delle fonti rinnovabili, che si scatena sui costi finali dell'energia di famiglie e imprese; continuiamo a importare energia dall'estero; impianti anche di nuova generazione di produzione dell'energia convenzionale fermi, con un conseguente grande problema di occupazione dal momento che migliaia di lavoratori stanno andando in esubero; a valle di tutto, costi finali per imprese e famiglie tra i più alti d'Europa. Abbiamo, cioè, fatto un capolavoro, negli ultimi 10-15 anni, nel settore dell'energia. Se non risolviamo queste quattro contraddizioni, se non ci diamo davvero una sintesi, credo sarà difficile trovare soluzioni.
  Ecco perché l'efficienza energetica è straordinariamente decisiva, l’hub del gas va bene, ma non si può immaginare che sul gas non si abbia, anche per la posizione dell'Italia, l'ambizione di concorrere finalmente a costruire quella rete europea del gas senza la quale, anche in questo caso, ci saranno delle contraddizioni. Non faccio che evidenziare le contraddizioni di un tema su cui, a mio avviso, dovremmo tornare, ma con la sua disponibilità e con il lavoro anche delle nostre Commissioni.
  Mi pare che anche il collega Vignali facesse riferimento a una raccomandazione: prima ancora di produrre nuovi decreti-legge, nuovi provvedimenti del Governo al vaglio del Parlamento, procediamo a un monitoraggio di tutto quanto è stato fatto negli ultimi anni. Abbiamo una riserva di provvedimenti approvati, presentati dal Governo, diventati legge dello Stato, approvati dal Parlamento, molti dei quali aspettano ancora decreti attuativi.
  È paradossale come, di fronte ai decreti Sviluppo sviluppo 1 e 2, ai decreti Crescita 1 e 2, emanati nell'ultima parte del Governo Berlusconi, Governo Monti negli ultimi due anni, moltissima parte di quelle previsioni normative siano rimaste sulla carta perché legate a decreti attuativi di misure non solo di incentivazione al sistema dell'impresa, ma di semplificazione del rapporto tra pubblica amministrazione e imprese. Penso alle leggi richiamate sulla piccola e media impresa. È un momento in cui il Parlamento e il Governo fanno il punto su questo elemento decisivo dello sviluppo del Paese. Penso anche alla legge annuale sulla concorrenza, a proposito di liberalizzazione e di fare il punto su questo tema così delicato.
  Altro tema è quello del credito. Trovo assolutamente condivisibile quanto ci ha illustrato. Mi permetto di aggiungere che, nata alcuni anni fa come soprattutto finanziaria la gravissima crisi in cui ci troviamo, oggi ci troviamo nei suoi più dirompenti aspetti sociali, in una vicenda diversa. Oggi le banche hanno, paradossalmente, un eccesso di liquidità, che tuttavia non mettono a servizio delle imprese perché queste rappresentano un altissimo rischio.
  Qui è il ruolo decisivo, determinante del Fondo centrale di garanzia e dei confidi. Pag. 18Mi permetto, dunque, di incoraggiare un'iniziativa forte, così come, a proposito degli incentivi alle imprese, utilizziamo a regime, per quanto più possiamo, lo strumento del credito d'imposta, strumento automatico che semplifica e che arriva immediatamente al sistema delle imprese.
  Tralascio altre questioni e concludo. Abbiamo bisogno anche di attori, di indirizzi di politica industriale. Oggi abbiamo un attore che, non so se consapevolmente o inconsapevolmente, fa politica industriale, e cioè Cassa depositi e prestiti per le sue partecipazioni, con la vicenda Telecom, di cui si parla in questi giorni, le partecipazioni strategiche.
  Non abbiamo bisogno, però, semplicemente di un polmone finanziario, ma di uno straordinario strumento che metta le risorse pubbliche disponibili a servizio dell'innovazione e degli investimenti più moderni. Se faremo questo, mi auguro che offriremo un contributo ai tempi e a come arrivare dove tutti vogliamo.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA 10 COMMISSIONE DEL SENATO, MASSIMO MUCCHETTI

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Nesi, vi chiedo interventi un po’ più brevi altrimenti non riusciremo a stare nei tempi che ci siamo dati.

  EDOARDO NESI. La ringrazio, signor Ministro, della profondità dell'esposizione. I termini sono quelli giusti. Non ne manca nessuno. Credo che il suo documento contenga i modi giusti per affrontarli. Volendo, però, rimanere nei cinque minuti affidatimi e parlare, soprattutto, di ciò che conosco, mi concentrerei sul sesto punto, commercio estero e spinta che gli va impressa.
  Gli altri cinque punti sono assolutamente fondamentali, primari per la nazione, ma sono anche molto complicati da svolgere. Ci vorrà del tempo, tanta volontà, un grande impegno. Un aiuto al commercio estero, invece, si può offrire, a mio avviso, molto più rapidamente, in maniera anche molto incisiva.
  Proviamo ad analizzare le ragioni per cui un altro Paese dovrebbe comprare merce italiana. Questa, con ogni probabilità, costerà più di merci provenienti da altri Paesi. Bisogna, però, andare a toccare la ragione ultima e vera di quella che è la nostra, se ancora possiamo chiamarla così, superiorità industriale. Da una parte, la grandezza dell'idea di manifattura che nasce, come tutti sappiamo, dal trasformare materie inanimate in un prodotto spesso straordinario, di grande qualità, che rende l'arte artigianato e poi vita, a vantaggio di strumenti che possiamo utilizzare mentre viviamo. Inoltre, resta l'idea che la nostra ancora attuale superiorità dipenda dalla cultura. Non dimentichiamo che i nostri prodotti portano all'estero, nel migliore dei casi e anche nei casi di maggior successo, un'eccellenza culturale. Basta pensare all'artigianato, alla moda, al design. Tutto ciò che ancora oggi corre funziona perché si lega inscindibilmente alla cultura.
  Non solo, allora, le offro tutto il possibile aiuto e partecipazione nel caso siano richiesti per capire se misure pratiche possono essere prese, ma le esprimo anche un antico desiderio: perché nelle grandi esposizioni internazionali a ogni livello, grandi e piccole, a cui partecipano anche le nostre medie e piccole aziende, non affianchiamo, sempre a costi molto limitati, un'esposizione di arte contemporanea, di arte antica ?
  In questo modo, potremmo sentire le nostre imprese accompagnarsi sempre alla grandezza della nostra cultura, soprattutto in quei Paesi che stanno affacciandosi ora a una ricchezza condivisa e a una possibilità di avere un mercato interno e che ci conoscono poco, come la Cina. Purtroppo, essendo pratese, ne ho esperienza molto diretta.
  A mio avviso, funzionerebbe molto più un ciclo di grandi esposizioni culturali accompagnate da esposizione di prodotti manifatturieri che non tanti convegni pensosi che, magari, non riescono a toccare e a evocare la nostra superiorità. L'idea, Pag. 19infatti, è quella di cercare di capire come vendere un prodotto italiano in luogo di quello di un altro Paese.
  Mi sembra che la cultura possa cercare almeno di colmare questo fossato. Senza dubbio, avverrebbe con un approccio molto nuovo, che però a questo punto mi sembra anche non più rinviabile. Non so quali delle vecchie strade percorse possano aiutare, ma quasi sempre, quando sento i racconti di imprenditori che hanno fatto fortuna all'estero, c’è di mezzo un contatto, un rapporto forte e stretto con la cultura.

  VITO ROSARIO PETROCELLI. Signor Ministro, colleghi, le questioni che vorrei sottolineare e per le quali vorrei risposte quando sarà possibile riascoltare il Ministro riguardano la questione delle aree di crisi industriale.
  Proprio da dati e da dichiarazioni del Ministero, ci rendiamo conto che sono circa 140 i tavoli di crisi aperti sul territorio nazionale, da Carbosulcis all'Alcoa, alla Fincantieri, per arrivare alla Natuzzi, alla FIAT di Termini Imerese, all'Electrolux, alla Lucchini, alla Merloni e così via. Per conto mio, occorrerebbe rilevare che non ci sono solo le migliaia di posti a rischio con le grandi vertenze, che giustamente occupano le prime pagine dei giornali, ma che ci sono altre migliaia di lavoratori alle prese con vertenze in tutti i settori e che non arrivano nemmeno, come notizia, al Ministero dello sviluppo economico. D'altronde, i siti internet delle principali organizzazioni sindacali aggiornano settimanalmente la mappa della situazione di crisi nazionale.
  Chiederei quali sarebbero i provvedimenti che si intendono adottare, considerato soprattutto che lo strumento della dichiarazione della crisi industriale complessa è, ovviamente, limitato al ricorrere di parametri stringenti.
  Passando alla questione delle liberalizzazioni che, intese nel senso più ampio, sono essenziali per il rilancio dello sviluppo economico del Paese, frenato da almeno quindici anni, occorre innanzitutto portare almeno a compimento quelle in corso, come mi pare di aver capito, per poter guardare positivamente avanti. Nel nostro Paese, però, nonostante le spinte comunitarie, alcuni settori strategici restano ancora esclusi da reali logiche competitive. Intendo Poste, Ferrovie, gestioni autostradali e aeroportuali, che restano i settori sui quali è prioritario intervenire per introdurre assetti di mercato realmente competitivi che possano agevolare la ripresa della crescita economica.
  Occorrerebbe, dunque, forse adottare un programma di liberalizzazioni che abbia la durata almeno di una legislatura, che si concentri, anno per anno, su una serie definita dei rilevanti settori dell'attività d'impresa. Ricorrendo a questo strumento, potrebbe mantenersi una visione di insieme delle politiche di semplificazione senza rinunciare alla gradualità degli interventi.
  Ampi margini di liberalizzazione sono certamente nel settore del commercio. Per alcuni tipi di commercio rimangono restrizioni ormai ingiustificate e problemi non sciolti. Intendo, per esempio, quello della riserva in materia di distribuzione della stampa, quello dell'apertura dei carburanti alla grande distribuzione e quello della pianta organica delle farmacie. Desidererei sapere cosa si vuol fare per questi settori.
  Passando alla questione che riguarda le banche, personalmente, ho chiaro che sul settore bancario le liberalizzazioni del precedente Governo sono intervenute solo sui conti base, in gran parte quelli che lo stesso Governo ha obbligato ad aprire per il deposito delle pensioni. Il metodo, a mio modo di vedere, è sempre quello di due pesi e due misure, di grande rigore per le popolazioni e occhio di riguardo per il sistema bancario. Mi chiedo se si intenda cambiare direzione.
  Relativamente alla questione che concerne l'Agenda digitale, vorrei sottolineare che, pur in grave ritardo, come lei giustamente sottolineava, rispetto al panorama europeo, i servizi digitali sono stati scelti con giusta ragione come strumento per rinnovare l'azione e l'organizzazione pubblica e per offrire un importante contributo Pag. 20alla crescita. Concordo pienamente. L'innovazione digitale, dunque, non è più solo una priorità, ma un prerequisito per lo sviluppo del Paese e del relativo sistema produttivo, con importanti implicazioni per il prodotto interno lordo, l'occupazione e la crescita.
  A questo proposito, le chiederei come si intende intervenire per attuare tutte le misure previste dalle principali disposizioni in materia di Agenda digitale italiana contenute nei decreti-legge n. 83 e n. 179 del 2012. In particolare, intendendo riferirmi all'articolo 14, comma 2-bis e 3, del decreto-legge n. 179 del 2012; all'articolo 14-bis, comma 2, dello stesso decreto; all'articolo 15, comma 2, sempre dello stesso decreto.
  Quanto ai prezzi dell'elettricità e del gas, ricordo che nell'Unione europea a 27, i prezzi delle bollette per l'elettricità consumata dalle famiglie con consumi tra 2.500 e 5.000 chilowattora all'anno sono cresciuti del 6,6 per cento tra la seconda metà del 2011 e la seconda metà del 2012, dopo un incremento del 6,3 per cento tra la seconda metà del 2010 e lo stesso periodo del 2011. Le bollette del gas, al contrario, sono cresciute del 10,3 per cento nell'Unione europea a 27 più o meno negli stessi periodi, dopo l'aumento del 12,6 per cento tra la metà del 2010 e la metà del 2011.
  Cosa sarebbe accaduto, in pratica, in Italia ? Tra la seconda metà del 2011 e la metà del 2012, l'aumento supportato dalle famiglie è stato dell'11,2 per cento per l'elettricità. Il nostro Paese è terzo dopo il 20,6 per cento di Cipro e il 14,5 per cento della Grecia quanto ad aumenti dell'energia elettrica e a prezzi dell'elettricità. Per il gas, invece, l'aumento è stato del 10,6 per cento, portandoci al nono posto in Europa. Questi sono i dati diffusi da Eurostat.
  Se passiamo alla classifica del caro bollette elettrico medio in valori assoluti, troviamo la variazione più leggera in Bulgaria, con 9,6 euro per 100 kilowattora; segue la Romania, con 10,8 euro; l'Estonia con 11,2; più pesante la variazione in Danimarca; la Germania ha 26,8 euro; l'Italia 23 euro. Il nostro Paese è, quindi, quarto in quanto a prezzi per chilowattora rispetto all'aumento dei prezzi e la media per i consumatori domestici dell'Unione europea a 27 nel secondo semestre 2012 risulterebbe di 19,7. Anche a questo proposito vorrei sapere come si intende intervenire.
  Tutto questo accade mentre il peso degli incentivi al fotovoltaico sta per fermarsi dato che il Quinto conto energia finirà, con ogni probabilità, a fine giugno o ai primi di luglio ed è in arrivo un'altra novità che renderà più salate le fatture, uno sconto da 600 milioni di euro alle aziende energivore grazie a una ridefinizione della platea, che diventa più ampia, che potrebbe far salire dell'1,52 per cento la bolletta di tutti gli altri utenti.
  È l'effetto di un intervento del Ministro dello sviluppo economico del precedente Governo, Corrado Passera, e si tratta, in sostanza, del varo, appena prima di lasciare la carica, del regolamento attuativo del relativo decreto pro energivori approvato lo scorso aprile.
  Ci risulta che dei nuovi sgravi saranno quasi a pioggia, beneficeranno circa 5.500 aziende, per un totale di oltre 60 mila gigawatt e, come detto, avranno un costo previsto di 600 milioni. Come si legge nei criteri guida per la rimodulazione della componente A3 che il Ministro uscente ha trasmesso all'Autorità per l'energia, a beneficiare degli sconti saranno tutte le aziende con costi dell'energia superiori al 2 per cento del fatturato e con i consumi oltre i 2-4 gigawatt l'anno.
  Mi pare che Confindustria si sia dichiarata soddisfatta. Peccato, però, che questi sgravi renderanno più care le bollette delle famiglie e di tutte le altre imprese. A pagare, quindi, quei 600 milioni saranno tutti i soggetti non rientranti nelle categorie agevolate e, secondo le prime stime dell'Autorità, il maggiore esborso per i trimestri successivi all'entrata in vigore sarà, come detto, dell'1,52 per cento del totale in bolletta. Chiedo cosa si intenda fare per evitare che siano Pag. 21i clienti non agevolati a pagare, come sempre, la spesa. La ringrazio e le auguro buona continuazione.

  LUIGI LACQUANITI. Ringrazio il signor Ministro per quest'audizione.
  Per non sembrare quest'intervento una sorta di cahier de doléances, cercherò di essere estremamente sintetico e schematico cominciando dalle piccole imprese, di cui sappiamo nel nostro Paese quale ruolo fondamentale abbiamo, come non devo essere io a ricordare perché è stato ripetuto più volte. Sappiamo anche quanto siano state penalizzate dalla crisi economica presente.
  In passato, chi parla si è occupato anche di finanziamenti agevolati per le piccole imprese lavorando per un'importante associazione di categoria. Ha avuto modo di constatare la difficoltà del piccolo imprenditore, l'artigiano in particolare, per accedere al credito. Spesso si tratta di imprese talmente piccole che guardano unicamente agli istituti di credito come fonte dei finanziamenti.
  Il mondo del credito, anche a fronte di interventi da parte di quelli che chi mi ha preceduto ha definito confidi, richiede delle notevolissime garanzie, spesso non consentendo alla piccola impresa di accedere al credito. La particolarità è che questa situazione è anche antecedente alla crisi economica che stiamo vivendo, per cui il dubbio è che il problema non sia rappresentato tanto, o esclusivamente, dalla crisi economica, ma dall'accesso al credito, dagli istituti di credito stessi.
  Lei parlava di emissione di obbligazioni per le piccole imprese. Spesso si tratta di imprese talmente piccole che anche questo strumento, a mio giudizio, può essere poco efficace. Credo, quindi, che, per poter riattivare l'accesso al credito, necessariamente si debbano aprire un canale e una sollecitazione diretti con il mondo bancario.
  In una delle precedenti sedute della Commissione attività produttive, abbiamo accolto con favore, tutte le componenti, l'invito del presidente Epifani di ribadire la competenza della nostra Commissione sulla materia dell'energia. Ascoltando quello che poco fa ci ha illustrato, non vorrei – lo dico con un battuta benevola – pentirmi di aver dato favorevolmente questo parere anche a nome di SEL.
  Lei ha parlato di rigassificatori e sapete quanto il nostro gruppo si ponga in maniera critica nei confronti di questi strumenti. Ha parlato anche di fracking. Vorrei capire se vi è, da parte del suo Ministero, uno studio approfondito sugli impatti di questo tipo di strumento di produzione dell'energia a livello ambientale.
  Anche sulla liberalizzazione, tema che la nostra Commissione sta approfondendo con le audizioni in corso, ci troviamo davanti a un refrain che ci è ripetuto da vent'anni, per cui le liberalizzazioni sono la panacea di tutti i mali e permettono al Paese una crescita e, soprattutto, ai consumatori di accedere ai servizi a costi più ridotti.
  Se, però, estendiamo lo sguardo agli altri Paesi, ne vediamo sicuramente alcuni in cui il capitolo delle liberalizzazioni è stato attuato in maniera più ampia, più estesa, più approfondita e più efficace, ma non troviamo la diminuzione nei prezzi di accesso ai servizi di cui ci viene detto.
  Il presupposto è che chi parla è convinto che le liberalizzazioni, se correttamente attuate, possano servire. Se, però, guardiamo, per esempio, al caso dell'energia elettrica in Gran Bretagna, dove forse le liberalizzazioni sono state maggiori, per quanto riguarda sia il settore gas sia quello dell'energia elettrica, dobbiamo registrare dei notevoli incrementi di prezzo. Per quanto riguarda i servizi postali, l'Olanda, Paese dove maggiore è l'apertura di questo mercato, ci sono aumenti e incrementi delle tariffe nell'ordine del 22 per cento. Per i trasporti pubblici locali in Gran Bretagna, Paese più liberalizzato d'Europa, ancora una volta dobbiamo registrare un notevole aumento dei prezzi. Sorvolo sui dati.
  Ancora una volta, quindi, ci troviamo davanti a una situazione in cui il problema pare non essere la crisi economica, ma lo strumento, in questo caso, delle liberalizzazioni. Pag. 22La domanda riguarda, quindi, gli strumenti che intendete attivare non solo per completare in maniera quanto più efficace possibile il capitolo delle liberalizzazioni, ma anche perché queste possono essere svolte in maniera efficace per quanto riguarda appunto i consumatori.
  Anche il mio pensiero va a quanto accaduto oggi a Terni e manifesto la solidarietà di Sinistra Ecologia Libertà ai lavoratori la ThyssenKrupp e al sindaco di Terni. Francamente, vorremmo non dover rivedere ancora – naturalmente, non è materia che riguarda il suo Dicastero – quelle immagini. Si tratta di materia attinente l'ordine pubblico, ma è giusto che anche in questa sede lo ripetiamo.
  Qualsiasi rilancio dell'attività industriale di questo Paese non può non passare, forse prima ancora di tutto quanto le ho detto poc'anzi, da un rinnovato rapporto con la classe imprenditoriale. Nella sua storia, questo Paese ha registrato grandi figure di imprenditori che avevano a cuore la propria attività e anche il benessere dei propri operai, dei propri dipendenti. Tuttavia, da qualche tempo ci domandiamo non se vi siano ancora questi imprenditori – sono convinto che ve ne siano ancora parecchi – ma se l'esempio maggiore sia offerto da questi o da altri imprenditori.
  Le cito un caso che costituisce anche materia di un'interrogazione che ho svolto e a cui attendiamo risposta: a titolo puramente d'esempio e non per il fatto che chi le parla venga da Brescia, in quella città la Mac, ma stiamo registrando casi notevolissimi analoghi nell'intero territorio nazionale, è una di quelle aziende che a fine anni Novanta ha visto, da parte del Gruppo FIAT, la riorganizzazione della produzione. Il gruppo FIAT ha, infatti, deciso di distribuire alcuni settori produttivi ad aziende del comparto e, a fronte di questo, sono stati assunti degli accordi anche con i lavoratori che dovevano garantire loro un'estensione del medesimo trattamento. Laddove il comparto doveva andare a chiudere, i lavoratori sarebbero stati riassorbiti dall'azienda principale, l'IVECO del gruppo FIAT, e questo non è avvenuto. La Mac sta chiudendo e ci troviamo davanti a un numero esorbitante di licenziamenti. Tutto questo serve a chiedere che tipo di relazioni con la classe imprenditoriale il suo ministero vuole attivare perché queste situazioni non si realizzino più.

  PAOLA PELINO. La ringrazio, signor Ministro, per aver accolto la nostra richiesta di quest'audizione, che credo sarà la prima di tante.
  Condivido anch'io l'analisi svolta sulle priorità che bisognerà dettare e adottare nei prossimi mesi, ma credo che in questo momento, proprio perché nelle premesse ha parlato di restituire opportunità ai giovani, ci sia una priorità tra le priorità, frutto del malessere del nostro Paese di oggi, che vede gli imprenditori non poter svolgere più le loro attività, così negando possibilità di occupazione per i giovani.
  La sua diagnosi è giusta. Abbiamo capito cosa impedisce oggi a questi imprenditori di assumere, per cui bisogna venire loro incontro con vantaggi fiscali. Soprattutto, ha toccato un tema che vorrei in una prossima occasione fosse trattato con un maggiore approfondimento, ossia l'apertura del credito a questi imprenditori e a queste aziende, negato con l'attuale sistema bancario. La domanda che le rivolgo, ma in realtà una proposta, riguarda l'interazione con il sistema bancario per capire quale altra forma di garanzia si potrà offrire a questi imprenditori per avere una maggiore apertura al credito.
  È fondato l'argomento sulla competitività. Io vengo dal mondo dell'impresa, quindi lo sento più che mai vicino a me, e di conseguenza sento di essere molto solidale con gli imprenditori. Tra l'altro, l'obbligo a reperire risorse attraverso forme di garanzia, che non possono essere i requisiti che oggi chiedono, appunto, gli istituti bancari, condiziona. Assistiamo quotidianamente allo spettacolo di centinaia e centinaia di aziende, tra piccole e medie imprese, che chiudono. Ieri sera un grande gruppo come l'Indesit ha annunciato che ci sarà probabilmente la messa in cassa integrazione per 1.450 lavoratori. Pag. 23Si tratta proprio, quindi, in questo momento, di un inceppamento del sistema.
  È vero che, dall'altra parte, bisogna riattivare i consumi, così rientrando nel discorso famoso dell'ossigeno da dare alle famiglie italiane, ma io le chiedo soprattutto – ripeto, la diagnosi è stata fatta, le eventuali cure sono state presentate – la tempistica. Credo, ministro, che presentandoci una relazione assolutamente valida perché in sintonia con il sentimento attuale del nostro Paese, lei debba anche attivarsi perché i tempi siano veramente stretti. I problemi sono tanti e oggi non possiamo più assolutamente, anche noi che facciamo politica sui territori, limitarci e enunciare a queste persone le intenzioni del Governo per risolvere e risollevarsi un momento dalla crisi. Non possiamo, non possono più attendere.
  Cominciamo, allora, a dare quelle formule, quegli elementi che possano riattivare un minimo di produzione. Il paradosso è che a volte pensiamo che la scarsità della domanda rende impossibile a un'azienda di lavorare, ma non è quello. A volte la domanda esiste, ma le imprese non ricevono sufficiente denaro per acquistare materie prime e sopperire alla richieste che ricevono. È veramente, quindi, un momento difficile in cui dobbiamo, attraverso il sistema bancario, trovare il modo per concedere a questi imprenditori il denaro per continuare a produrre.
  Concludo qui, ma sono fiduciosa che avremo modo di rivederci nella nostra Commissione al Senato. Gli argomenti sono tanti e vorremmo averla anche da noi per un po’ di tempo.

  STEFANO ALLASIA. La ringrazio, Ministro. Cercherò di essere sintetico per quel che è possibile a fronte di una relazione così complessa. Sicuramente, è apprezzabile la sua disponibilità totale nel venire a relazionare sulle azioni che il suo Dicastero vuole svolgere nel prossimo futuro. Dipende dall'attuale maggioranza, se riuscirà a coesistere.
  È da apprezzare ancor di più che, come Ministro, abbia toccato punti critici di cui nel Paese da anni si discute. Si è già sentito in quest'aula discutere sul SISTRI, sull'autocertificazione, sulle semplificazioni, sul DURC, tutti temi approfonditi per tanti anni e senza significativi risultati.
  Questo è il prosieguo del libro dei sogni, come lo abbiamo definito, di Letta. Essendo un suo Ministro, il suo è sicuramente la prosecuzione di quel programma, impegnativo soprattutto economicamente perché il saldo finale non si riesce a quantificare, se siano 10, 20, 30 o 40 miliardi di euro, per svolgere appieno tutto quanto ha descritto.
  Non penso esistano problemi di maggioranza. Se il Governo avesse intenzione di svolgere appieno il programma in pochissimo tempo, penso che ci siano le migliori condizioni storiche, mentre ritengo ci saranno difficoltà di copertura finanziaria. Penso che lei non neghi come i suoi predecessori non siano riusciti a svolgere alcuni punti programmatici non per la volontà politica o per la mancanza di preparazione, ma per la mancanza di condizioni economiche adeguate nel Paese. Stiracchiando la coperta, sempre più corta in questi ultimi anni, non si può far tanto. C’è senza dubbio da attuare una diminuzione della pressione fiscale, è necessario ridurre il costo del lavoro, tutte operazioni non a saldo zero per lo Stato e per il Paese.
  Se, però, ci fosse la volontà, sicuramente oggi si potrebbe arrivare a risulati concreti. Resta da capire, avendo lei toccato tanti argomenti, soprattutto quello relativo all'attuazione delle direttive europee, che probabilmente discuteremo più nel dettaglio nelle prossime settimane, come la direttiva tabacchi, qual sia l'intenzione del Governo, come anche sul prodotto manifatturiero in Italia, sulla politica della grande industria.
  Vengo dal territorio di Torino, colpito enormemente, sempre meno in questi giorni, dalle vicende relative alla FIAT. Sarebbe utile capire l'intenzione del Governo non solo verso la FIAT. Qualcuno ha citato l'Indesit; qualche altro altre aziende come la ThyssenKrupp, che fino a qualche anno fa era sul territorio torinese e se n’è Pag. 24andata non per mancanza di volontà industriale della stessa multinazionale, ma perché all'interno della stessa Italia il costo dell'energia, a Terni nello specifico, era inferiore, per cui ha delocalizzato.
  Anche sulla delocalizzazione sarebbe utile capire la politica di questo Governo. Sono tutti spunti su cui avremo piacere di confrontarci nel prossimo futuro dato che ha offerto piena disponibilità, a differenza forse di altri che sono venuti prima di lei a sedere su quella sedia. Avremo la possibilità di vedere che cosa vuol fare realmente il Governo.
  Oggi questa relazione può piacere a tanti, avere il consenso di una larga maggioranza, ma è necessario realmente rendersi conto dei fatti. Questo sarà un tema importante nei prossimi giorni e nei prossimi mesi e noi saremo qui ad attendere.
  Ribadisco, come ha puntualizzato un altro collega, che di certo ognuno deve fare la propria parte. Il Governo sarà l'Esecutivo, noi deputati e senatori svolgeremo il ruolo del legislatore. Non vorremmo vedere costantemente, come è successo negli ultimi anni e nelle ultime legislature, un susseguirsi di decreti-legge urgenti solo a causa di una mancanza di volontà politica, superata dall'ostacolo della crisi, per cui è assolutamente possibile un dialogo bipartisan e arrivare a soluzioni molto celeri.

  GIANLUCA BENAMATI. Innanzitutto, vorrei ringraziare il Ministro per quest'informativa e formulargli i migliori auguri di buon lavoro per il suo incarico, che in questo momento è senz'altro uno dei più gravosi e impegnativi all'interno di questo Governo proprio per la situazione nella quale versa il nostro Paese.
  Il gruppo parlamentare del Partito Democratico alla Camera ha particolarmente apprezzato l'apertura del Ministro sul tema della difesa del lavoro, che ovviamente si garantisce più efficacemente difendendo le imprese italiane, il mondo produttivo e manifatturiero del nostro Paese. Anche in questa crisi, specialmente quando lavora per l'esportazione e quella nei Paesi extraeuropei, questo mondo è quello che tiene l'architrave della nostra economia.
  Cercherò di andare velocemente per titoli – ormai l'ora è tarda – consegnando al signor Ministro e agli uffici, perché gliela facciano pervenire, una serie di domande che i componenti del gruppo parlamentare in Commissione alla Camera del gruppo del Partito Democratico le rivolgono. Presumo che avremo modo di ascoltare la sua risposta nella successiva audizione che vorrà renderci.
  Riprendo un'osservazione del collega senatore Tomaselli, con cui c’è particolare identità di vedute su questo: la necessità di una nuova politica industriale. Questo Governo si trova di fronte a sfide assolutamente elevate. La crisi dell'ILVA che si sta fronteggiando, e che state fronteggiando, a nostro giudizio, in maniera appropriata, è solo l'ultimo di un tassello di crisi delle grandi aziende che compongono il sistema industriale italiano, che potremmo anche elencare, negli ultimi anni Alitalia, Parmalat. Qualcuno ha anche ricordato FIAT, ma questo è un caso diverso e che si sta apprestando a risolvere con successo. Vi annuncio, però, che, proprio per lo shale gas che ricordava, anche il settore della chimica italiana, che ancora esiste, nei prossimi mesi avrà delle grosse difficoltà. Una nuova politica industriale significa fare scelte. Non ci sono più gli spazi per incentivi a pioggia, per gli interventi modello partecipazioni statali degli anni Sessanta. Servono scelte strategiche.
  La prima questione che troverà anche nelle domande riguarda il ruolo delle grandi aziende partecipate o controllate dallo Stato e se queste debbano essere corpi autonomi e slegati da una politica industriale nazionale o essere parte della ridefinizione di una nuova strategia industriale del Paese. Nomino Finmeccanica, ENI, SOGIN, Poste, ma questi sono degli asset preziosi in termini economici e anche industriali.
  In relazione a quel tesoro rappresentato dalle piccole e medie imprese, abbiamo parlato di credito: benissimo, questa è la vera emergenza. È una misura positiva il Fondo centrale di garanzia, va Pag. 25bene anche monitorare, vedere, verificare altre formule associative o alternative per far sì che questa morsa si allenti. Lo dico anche perché senza il credito le piccole aziende non ce la fanno più.
  Accanto a questo, segnalo anche la necessità di provvedimenti ulteriori – ne esistono già alcuni – per favorire la crescita dimensionale di queste aziende, per aggregarle, per far loro raggiungere dei livelli più critici che possano consentirne l'accesso migliore ai mercati internazionali, ovviamente con il concorso del sistema pubblico, e anche l'accesso ai sistemi di ricerca. Esiste anche un intero tema delle piccole e medie aziende – troverà questioni sull'argomento – di carattere innovativo.
  A questo proposito, faccio anche qui due riflessioni che consegno per il futuro. Esiste un tema di fiscalità generale per il mondo del lavoro, al di là del cuneo fiscale, e cioè il tema della fiscalità sulle aziende. Esiste un tema cogente, che è quello dell'IMU, oggi affrontato in una certa maniera perché siamo nella fase di ridefinizione di questo sistema. Esiste il grande tema di tutti gli edifici a uso strumentale delle aziende che andranno anche qui considerate. Una volta si sarebbe parlato di grido di dolore.
  Faccio presente anche un ulteriore tema. Lei ha correttamente menzionato un tema di sviluppo dell'edilizia come motore volano primo dell'economia, rimandando ai temi del risparmio energetico. La nostra bolletta energetica trae grande beneficio da quanto si sta facendo. Io le richiamo anche il tema della messa in sicurezza sismica del nostro patrimonio edilizio privato e pubblico.
  Il 70 per cento degli edifici italiani residenziali privati non ha i requisiti per la resistenza a sisma con i parametri con cui oggi è classificato quel territorio. Siamo in una situazione per cui, dopo il sisma dell'Emilia, stiamo pagando dai 12 ai 15 miliardi di euro per il doveroso ripristino di quelle situazioni: lo Stato non può continuare in questa maniera. Occorre pensare a un piano per la messa in sicurezza degli edifici.
  Relativamente alla ricerca, va benissimo quanto ha detto, signor Ministro, sul Fondo per la crescita sostenibile, sulla trasmissione per l'innovazione alle aziende, ma a questo punto le pongo una questione: lo strumento, il veicolo che esiste, l'ENEA, che si trova a essere oggi un oggetto potenzialmente molto importante per quanto dovrebbe fare nell'ambito delle sue competenze energetiche e anche rinnovate alla luce della SEN e per quanto può fare nel settore energetico ambientale anche di trasmissione dell'innovazione alle aziende, è in una situazione di grave crisi non solo perché lo dicono i giornali. È un gioiello che si trova in una fase commissariale da molti anni e che va rilanciato, rafforzato e focalizzato. Anche su questo troverà domande ad hoc nelle questioni che le porremo per iscritto.
  Sulla SEN non dico altro perché è già stata richiamata. Occorre sulla strategia, fare un punto serio di quanto scelto e, soprattutto, di quanto stiamo mettendo in campo per attuare. Alla Camera dei deputati stiamo valutando l'ipotesi di un'indagine conoscitiva proprio per cercare di collaborare con l'Esecutivo con delle risposte su questi temi.
  Vengo, signor Ministro, alle ultime osservazioni, già avanzate, peraltro, dai colleghi e a cui mi riallaccio. Quando parliamo di semplificazione e di leggi quadro, stiamo dicendo cose molto importanti e usiamo belle parole, ma importante non è solo creare la cornice, ma dipingere il quadro. Se, infatti, creiamo la cornice e non dipingiamo il quadro, alla fine avremo una bellissima cornice con niente dentro.
  Le riporto un esempio banale – anche questo troverà tra le domande – ma che dà il senso di cosa succede in questo Paese, in cui l'Esecutivo deve tornare a indicare l'azione da seguire. Con il decreto-legge n. 1 del 24 gennaio 2012, su un tema complesso come quello delle produzioni da idrocarburi, quindi delle perforazioni, erano stabilite delle percentuali sulle maggiori entrate generate da queste extraproduzioni a ricadere sui territori che ospitano quelle perforazioni. Servivano decreti ministeriali attuativi: a oggi, dopo Pag. 26più di un anno e mezzo, ancora quei decreti non si sono visti. Questo è il tema vero.
  Mi ha molto colpito, inoltre, l'osservazione sulle Poste. Ho apprezzato che siano al centro di una riflessione del Ministero per il futuro. Occorrerà, certamente, contemperare il servizio universale perché l'Italia non è tutta una grande metropoli, è molti paesini in pianura, campagna, montagna, dove la caserma, la chiesa e la posta fanno la differenza tra essere comunità e non esserlo. Il servizio universale e la fornitura di questi servizi è essenziale per il nostro essere comunità, ma è anche vero che dovremmo trovare dei sistemi per efficientare questo servizio e creare concorrenza.
  In questo – è l'ultimo punto che le pongo – c’è tutto il tema dell’e-commerce, grande in questo Paese, che si apre in uno spazio in cui anche una concorrenza può essere importante. Non vado oltre. Ci sarebbero tanti temi, signor Ministro, ma mi fermo qui e la ringrazio ancora, con la speranza appunto di averla in un'audizione per le risposte ai temi che tutti i colleghi hanno sollevato.

  PAOLO GALIMBERTI. La ringrazio, signor Ministro. Prenderò veramente solo pochi istanti, cogliendo il suggerimento del presidente Epifani di essere sintetico.
  Avrei voluto parlarle di molti temi già trattati, internazionalizzazione, made in, credito, rilancio dei consumi, semplificazioni, ma molto le è già stato detto dai colleghi che mi hanno preceduto. Mi limito a trattare soltanto un argomento: il decreto sulle ristrutturazioni edilizie.
  Ho fortemente apprezzato il decreto perché va nella direzione del sostegno alla ripresa economica e dell'aiuto alle famiglie per i vantaggi fiscali in esso contenuti. In data 10 maggio, signor Ministro, le è stata inviata una lettera in cui le è stato suggerito di estendere i benefici sulle ristrutturazioni anche agli acquisti di arredamenti e di elettrodomestici ad alta efficienza energetica.
  Questo suggerimento non avrebbe cambiato i saldi del decreto stesso perché sarebbero stati compresi negli stanziamenti già previsti per le ristrutturazioni immobiliari. Questa lettera è stata sottoscritta da 34 senatori, dal PD al PdL, da Lista Civica a Lega Nord, ed è stata firmata anche da 13 associazioni, tra imprenditoriali e sindacali dei lavoratori. Posso lasciargliene una copia.
  Nel decreto-legge, all'articolo 16, è stato incluso il settore del legno arredo ed escluso, invece, settore degli elettrodomestici e dell'elettronica di consumo. Chiediamo, anche per la crisi in cui versa questo settore merceologico, che rappresenta una bandiera del nostro sistema produttivo e distributivo, e soprattutto non sposta i saldi della manovra stessa, se non possa ripensare al provvedimento ed estendere le agevolazioni anche a questo settore.

  PRESIDENTE. Innanzitutto desidero invitare tutti i colleghi senatori e deputati in Senato non appena concorderemo una data per le risposte che il Ministro Zanonato certamente darà a tutti.
  Desidero inoltre svolgere anche io qualche breve considerazione nei tempi che ci siamo dati.
  L'Italia sta vivendo una situazione abbastanza singolare, che ha molto a che vedere con il nostro carattere nazionale. Per un verso, pretende molto spesso di scrivere norme più restrittive, migliori di quelle della media degli altri Paesi. È il caso, per esempio, delle prescrizioni ambientali della regione Puglia o dei propositi che il comune di Napoli si dava circa la raccolta dei rifiuti, più avanzati delle prescrizioni della Svizzera. Allo stesso tempo, questo stesso Paese, che si dà obiettivi così avanzati, vive nei fatti una clamorosa inflazione da servizi. Tutto quello che c’è attorno all'impresa costa più che negli altri Paesi d'Europa confrontabili con il nostro, dall'energia alle telecomunicazioni.
  Forse non tutti sapranno che l'Ebitda della rete fissa di Telecom Italia è il 53 per cento e quello delle reti del gas e dell'elettricità va attorno al 70. Sono tutte questioni su cui bisogna ragionare. Non lo riporto, inoltre, per stupire, ma ancora Pag. 27una volta le assicurazioni – abbiamo proceduto con la liberalizzazione delle assicurazioni e qui mi riaggancio un po’ anche a cose già dette – e l'RC auto è aumentata di oltre il 400 per cento in vent'anni. Anziché, quindi, giungere al risultato di un costo inferiore per il pubblico di un certo servizio, il costo è molto aumentato.
  Dovremmo riacquistare, come Paese, il senso dell'equilibrio di che cosa vogliamo fare da grandi, immaginando per una volta che, anziché ragionare con i soldi di Pantalone, ragionassimo con i soldi del nostro portafoglio personale. Se pensassimo in questo modo, saremmo sempre più prudenti tutte le volte che prendiamo una strada.
  Vedo, per il lavoro delle nostre Commissioni e del Ministero dello sviluppo economico, un impegno: a ridurre, innanzitutto, i costi del complesso dei servizi per i cittadini e per le imprese agendo sulla leva delle liberalizzazioni, fatte meglio dove è possibile e dove queste non funzionano. A questo scopo, vanno utilizzate altre politiche perché la religione serve a curare l'anima, ma non serve a gestire l'economia, né quella dello Stato né quella del mercato elevato a feticcio.
  Le aziende pubbliche non sono Zanonato e noi non siamo gli azionisti. L'azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze, il MEF, tuttavia noi siamo legislatori di questo Stato. A questo proposito, vorrei ricordare che per vent'anni, contrastando le distorsioni dell'ultima stagione dello Stato azionista-imprenditore, abbiamo privatizzato dove potevamo e, dall'altra parte, abbiamo gestito le residue aziende a maggioranza pubblica e a controllo pubblico nella logica privatistica della cosiddetta creazione di valore per gli azionisti, punto di vista molto interessante perché dà disciplina gestionale alle imprese, ma non può esaurire il loro orizzonte.
  Vedo davanti a me Alberto Bombassei: se, quando ha iniziato con la Brembo, avesse ragionato nella logica di che cosa gli avrebbe reso nel trimestre successivo quanto decideva, non avremmo la Brembo. Lo shareholder sveglio, quindi, è una fonte di disciplina, di rigore nella gestione amministrativa e manageriale dell'impresa; specialmente, però, le imprese che hanno a che vedere con la gestione delle grandi infrastrutture del Paese debbono ragionare sul medio e sul lungo periodo.
  Se avessimo ragionato sulla logica del trimestre, nel mondo non ci sarebbero mai state le ferrovie, le linee di navigazione, tutte le grandi infrastrutture che abbiano. Penso, quindi, che noi tutti dovremmo costruire una grande squadra unita che influenzi anche le decisioni del Ministero dell'economia su questo fronte. La mozione che andremo ad approvare in Parlamento quando potremo sulle nomine, ad esempio, deve recuperare questi concetti.
  Voglio concludere con una sola osservazione su un aspetto pratico. Essendo stato giornalista, mi tocca. Il Ministro Zanonato ci ha detto che il contratto di servizio della RAI sarà una grande occasione per rivedere una serie di questioni. Mi permetto di aggiungere che in questa revisione si potrebbero considerare degli aspetti.
  Innanzitutto, fino a ieri, le competenze parlamentari sulle faccende della RAI e della televisione in generale erano della Commissione Trasporti o addirittura della Commissione Cultura. Per l'amor di Dio, è giusto; siccome, però, non pensiamo che le imprese contemporanee siano soltanto quelle che trattano il ferro, l'alluminio, la iuta o il cotone, ma anche imprese ormai immateriali perché il mondo cambia e la stessa impresa manifatturiera classica è piena di virtuale e di digitale e tutto è cambiato, credo che oggi l'industria televisiva sia una industria con la I maiuscola e che sia giusto sia trattata anche in questa sede, senza escludere niente. C’è gloria per tutti.
  Nel caso della RAI, mi piacerebbe che si considerasse un fatto. Bisogna segnare delle discontinuità e porrei all'attenzione dei presenti la considerazione se il mestiere svolto dalla RAI debba pervadere tutte le piattaforme tecnologiche, tutti i canali che usa o se, invece, esista una possibilità diversa. Non me lo farei dire Pag. 28soltanto dall'azienda RAI perché, così come all'azienda FIAT, alla Brembo e così via, credo un po’ a metà. Difendono, infatti, la propria bottega. Quando, dunque, quelli dalla RAI verranno a raccontarci la loro versione, li ascolteremo con attenzione, ma poi ci faremo le nostre idee.
  Vorrei sapere dei programmi di intrattenimento che vediamo quotidianamente sulla RAI siano servizio pubblico. A mio avviso, sono TV commerciale, esattamente come quelli della TV commerciale classica. Mi domando, allora, se le risorse di cui stiamo ragionando, che sono prima di tutto spazi e risorse tecnologiche e piattaforme, siano universali in modo che alla fine rimane tutto com’è o se si può procedere, per la prima volta, su questi schermi a spacchettare la RAI nei suoi due mestieri: il servizio pubblico e la tv commerciale.
  Questi saranno la premessa anche in questo caso – mi permetto di avanzare una mia idea personale – di una privatizzazione in modo da creare un mercato più competitivo, più democratico e più ricco della parte commerciale, salvaguardando la parte servizio pubblico alimentata esclusivamente dal canone.
  Questo è, a mio avviso, il modo giusto di ragionare quando si affrontano certi settori. Vale per questo e vale per tutti gli altri e poi c’è il nuovo. Se parliamo, infatti, della RAI e di Mediaset, parliamo dell'Italia di ieri. L'Italia e il mondo di domani è Google, Apple e tutti i nuovi monopoli dell’online.
  Oggi, Google è un monopolio mondiale molto più importante di tutti i monopoli televisivi, la stampa, la legge dell'editoria, tutte risorse da conservare, da aggiornare, ma vecchie. Il nuovo è quello, ha grandi potenzialità positive e presenta rischi grossi per l'equilibrio del sistema economico e anche per la democrazia.
  A rivedersi in Senato quando riusciremo a fissare una nuova data, spero presto, per il seguito dell'audizione con il Ministro Zanonato.
  Ringrazio il Ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato, e dichiaro conclusa l'audizione in titolo.

  La seduta termina alle 16,25.