XVII Legislatura

Commissioni Riunite (I e XI)

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 2 di Mercoledì 5 giugno 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Damiano Cesare , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili, Josefa Idem, sulle linee programmatiche in materia di pari opportunità (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Damiano Cesare , Presidente ... 3 
Idem Josefa , Ministro per le pari opportunità ... 3 
Damiano Cesare , Presidente ... 5 
Idem Josefa , Ministro per le pari opportunità ... 5 12 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 13 
Pollastrini Barbara (PD)  ... 13 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Bechis Eleonora (M5S)  ... 15 
Centemero Elena (PdL)  ... 15 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Centemero Elena (PdL)  ... 15 
Tinagli Irene (SCPI)  ... 16 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 18 
Tinagli Irene (SCPI)  ... 18 
Di Salvo Titti (SEL)  ... 18 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 19 
Bragantini Matteo (LNA)  ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 20 
Bragantini Matteo (LNA)  ... 20 
Agostini Roberta (PD)  ... 20 
Rizzetto Walter (M5S)  ... 21 
Polverini Renata (PdL)  ... 22 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 23 
Kronbichler Florian (SEL)  ... 23 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 23 
Bindi Rosy (PD)  ... 23 
Rostellato Gessica (M5S)  ... 24 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 24 
Martelli Giovanna (PD)  ... 25 
Incerti Antonella (PD)  ... 25 
Gnecchi Marialuisa (PD)  ... 25 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 26 
Idem Josefa , Ministro per le pari opportunità ... 26 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 27 
Idem Josefa , Ministro per le pari opportunità ... 27 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 27 
Idem Josefa , Ministro per le pari opportunità ... 28 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 28 
Bellanova Teresa (PD)  ... 28 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 28 
Idem Josefa , Ministro per le pari opportunità ... 28 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 28

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XI COMMISSIONE CESARE DAMIANO

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili, Josefa Idem, sulle linee programmatiche in materia di pari opportunità.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili, Josefa Idem, sulle linee programmatiche in materia di pari opportunità.
  Ringrazio tutti, il Presidente Sisto e naturalmente la Ministra Josefa Idem, ricordando che in sede di ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, è stato previsto un contingentamento dei tempi dedicati alla formulazione delle osservazioni e dei quesiti da parte dei deputati, con tempi assegnati a ciascun gruppo sulla base della propria consistenza numerica.
  Nel salutare il presidente e i componenti della I Commissione, ringrazio la ministra per la sua disponibilità e do a lei la parola.

  JOSEFA IDEM, Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. Signori presidenti, illustri deputati e illustri deputate, è con particolare piacere che vengo a esporre in questa autorevole sede il programma del mio lavoro e della mia attività in materia di pari opportunità.
  Le deleghe conferitemi dal Presidente del Consiglio sono di ampio respiro. Cercherò di illustrare, quindi, il percorso primario su cui intendo sviluppare il mio operato.
  Fin dall'inizio del mio mandato ho posto al centro dell'attenzione governativa il fenomeno della violenza di genere, chiedendo che venisse inserito tra le priorità di azione del Governo. Penso che chi è sensibile al tema e chi ha seguito la questione sappia a che cosa mi riferisco.
  Di fronte a drammatici episodi quasi quotidiani, che vedono donne di ogni età, alcune di loro molto giovani, come l'adolescente Fabiana Luzzi, vittime di efferata violenza sono necessari interventi forti e misure tempestive in grado di arginare il fenomeno.
  In tale contesto non ho avuto alcuna esitazione nel sostenere e appoggiare il progetto di legge parlamentare di ratifica della Convenzione di Istanbul, in ordine al quale non posso non condividere le finalità. Auspico in proposito una rapida approvazione anche da parte del Senato. Stamattina si è concluso l'esame in 3 Commissione (credo che anche altre Commissioni se ne siano occupate): è stato il mio primo passaggio in Senato.
  Mi preme sottolineare che anche il Governo aveva predisposto un disegno di legge volto alla ratifica della citata convenzione. Si è scelto, tuttavia, di privilegiare l'iniziativa di proposta di legge parlamentare, Pag. 4in quanto su tale tema è stato espresso il più ampio consenso da parte di tutte le forze parlamentari.
  Sono contenta quando le proposte passano, non ho bisogno di metterci la bandierina e, quindi, rispetto anche molto il lavoro che viene svolto sia alla Camera dei deputati, sia al Senato.
  Tuttavia, poiché ritengo necessario un approccio integrato al tema della violenza di genere, ho ritenuto opportuno convocare un audit nazionale sul tema, svoltosi a Roma il 22 maggio scorso, nel corso del quale ho avuto modo di incontrare gli operatori e le associazioni impegnati a livello nazionale e locale nella prevenzione e nel contrasto del fenomeno della violenza contro le donne. È stata una giornata intensa, ma molto interessante e proficua per quanto riguarda il contributo che tali soggetti ci potranno portare nelle future politiche.
  Questo utile e proficuo confronto ha evidenziato l'importanza di porre in essere, ancor più che nel passato, azioni positive volte a sensibilizzare l'intera collettività sul fenomeno. In questi giorni ne abbiamo parlato tanto sia alla Camera, sia al Senato e questo è già un ottimo segnale. Il tema è stato parte anche dell'agenda del Governo.
  Occorre formare adeguatamente gli operatori sanitari e le Forze dell'ordine istituzionalmente competenti, potenziare i centri antiviolenza esistenti sul territorio e reperire maggiori risorse finanziarie da destinare alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere.
  Ritengo, infatti, che solo attraverso la più ampia collaborazione con il mondo delle associazioni e delle Istituzioni a diversi livelli si potranno affrontare e risolvere le questioni ancora aperte per la piena affermazione dei diritti di tutte le persone.
  Se, da un lato, l'approvazione del disegno di legge di ratifica della Convenzione di Istanbul porrà le basi per introdurre nel nostro ordinamento adeguate misure di carattere amministrativo e normativo, dall'altro, reputo fondamentale, nelle more dell'entrata in vigore della menzionata convenzione, porre in essere ulteriori azioni positive volte alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere.
  Protezione delle vittime, prevenzione della violenza contro le donne e punizione dei colpevoli sono gli assi portanti del citato trattato. È proprio tenendo presente tali obiettivi che sto lavorando, come ho più volte affermato in diverse occasioni, per l'istituzione di un tavolo interministeriale che riunisca tutti i ministeri interessati.
  Questo lavoro sarà affiancato dai contributi del mondo istituzionale – in questo siete tutti invitati – e associativo coinvolto nel tema, in accordo con il mio metodo di lavoro, che vuole dare spazio e ascolto ai soggetti che vivono in prima persona le problematiche o che se ne occupano.
  Quando una donna è vittima di violenza, il percorso di protezione e di empowerment non può prescindere dall'intervento congiunto di competenze intersettoriali, quali Forze di polizia, magistrati, medici, datori di lavoro, docenti, in grado di intervenire in modo efficace, di ridurre il danno subìto dalla vittima e di evitarne di più gravi.
  Poiché è necessario, inoltre, disporre di informazioni complete e aggiornate, quantitative e qualitative, sul fenomeno, intendo altresì costituire un Osservatorio nazionale sulla violenza di genere e sullo stalking, che realizzi, secondo strumenti di rilevazione omogenei e confrontabili quanto segue: la raccolta di dati uniformi, in linea con quanto richiesto anche dall'Unione europea; la raccolta di dati sugli andamenti dei percorsi giudiziari e sulle sentenze; la valutazione del funzionamento e dell'efficacia delle leggi vigenti; la raccolta, il confronto e la valutazione delle best practice sulla violenza ai diversi livelli di governo; una prima ricognizione sui centri per il recupero degli uomini violenti e maltrattanti.
  Questo è proprio un aspetto emerso all’audit: occorre includere nelle strategie anche l'universo maschile.
  Per le suddette finalità sarà, peraltro, utile acquisire le risultanze della nuova indagine nazionale sulla sicurezza delle donne, commissionata dal Dipartimento Pag. 5per le pari opportunità all'Istituto nazionale di statistica, avente come obiettivo quello di disporre, a cinque anni di distanza dalla prima pubblicazione, dati aggiornati sulla violenza di genere, con particolare riferimento alla violenza fisica e sessuale, sulle sue conseguenze e sui fattori di rischio.
  La nuova indagine permetterà di evidenziare gli elementi utili al monitoraggio della legge sullo stalking dal punto di vista delle vittime. Sarà, inoltre, possibile individuare i differenziali di violenza per le donne immigrate e per le donne affette da disabilità o da problemi di salute. In questo senso io auspico che queste indagini diventino di routine ed entrino a pieno titolo nel sistema ISTAT.
  Alcune misure di intervento saranno oggetto di approfondimento nel corso della predisposizione del secondo piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking, per la cui elaborazione saranno fondamentali i suggerimenti e i contributi del mondo dell'associazionismo femminile, delle ONG e della società civile impegnata su tale tematica. A tal fine, mi auguro anche il rafforzamento del lavoro del Comitato di monitoraggio sulla valutazione e l'efficacia del primo piano nazionale.
  Parallelamente, ho fornito indicazioni ai miei uffici per la stesura di un disegno di legge sulla violenza contro le donne che possa fin da ora recepire alcune preziose indicazioni contenute nella Convenzione di Istanbul in grado di intervenire sui molti piani del fenomeno, incluso il fronte repressivo e penale.
  Senza scendere nel dettaglio, segnalo in proposito che su alcuni aspetti specifici la convenzione e il nostro ordinamento disciplinano già alcuni reati, come, per esempio, lo stalking, i maltrattamenti in famiglia, le mutilazioni genitali femminili, le molestie sessuali e via elencando.
  È innegabile infatti che il nostro ordinamento giuridico preveda già alcuni strumenti normativi, che elenco nella stesura scritta e che voi conoscete, ma che tali strumenti, ancorché incisivi, non garantiscono l'immediata tutela delle vittime di violenza domestica. Ne discende la necessità di integrare l'attuale quadro normativo con ulteriori adeguamenti, che mi auguro potranno trovare una concreta definizione e condivisione a livello governativo in un apposito disegno di legge, che riceva poi l'appoggio più ampio da parte delle forze politiche presenti in Parlamento.
  Le leggi da sole, però, non bastano. Questo è il passaggio che è stato compiuto in tutte le audizioni che si sono svolte, ed è stato anche un passaggio doveroso durante l’audit. Altrettanto rilevante e decisiva è la dimensione educativa e culturale del nostro impegno, nel senso di educare la società ai valori delle pari opportunità, al rispetto e alla valorizzazione delle differenze e all'uguaglianza di tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, razza, religione o condizioni personali e sociali, nel pieno rispetto del principio di eguaglianza formale e sostanziale come fissato nell'articolo 3 della Costituzione.
  In quest'ottica è mia intenzione sensibilizzare i giovani e le giovani, potenziando alcune azioni già sperimentate dal Dipartimento per le pari opportunità negli anni anni precedenti. Mi riferisco, per esempio, al protocollo con il MIUR, che ha istituito la settimana contro la violenza e la discriminazione nelle scuole di ogni ordine e grado, volta a promuovere la crescita culturale dei ragazzi e delle ragazze e a favorire un insegnamento fondato sulla conoscenza dei diritti fondamentali, sull'educazione alla legalità e sul rispetto tra i generi.
  A conferma di quanto sopra, mi preme sottolineare che, in sede di discussione in Aula alla Camera...

  PRESIDENTE. Scusate. Vorremmo un po’ di silenzio e un po’ più di raccoglimento per l'intervento della ministra.

  JOSEFA IDEM, Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. Non era un invito ad alzare l'inquinamento acustico, ma l'esatto contrario !
  A conferma di quanto sopra, mi preme sottolineare che, in sede di discussione in Aula alla Camera del progetto di legge di ratifica della Convenzione di Istanbul, il Pag. 6Governo ha approvato un ordine del giorno con il quale si è impegnato a fissare tra gli obiettivi dell'insegnamento la cultura del rispetto e il superamento degli stereotipi sessisti.
  Altrettanto importanti e strettamente connessi al tema della violenza contro le donne sono l'utilizzo dell'immagine femminile nella pubblicità e il modo in cui spesso la comunicazione commerciale adopera il corpo della donna con immagini volgari, che la rappresentano come mero oggetto del desiderio maschile e vilipesa. Si tratta di pubblicità offensive, che discriminano e sono irrispettose della dignità delle persone e che si spingono fino ad arrivare a immagini che contengono rappresentazioni di violenza o che istigano alla violenza sulle donne.
  Anche l'informazione che i media offrono degli atti di violenza degli uomini contro le donne tendono spesso a utilizzare un linguaggio giustificatore del fatto criminoso: si parla di «raptus della gelosia» e di casi come «dopo la lite lei lo lascia e lui la uccide».
  Si tratta di un linguaggio che tradisce la radicata solidarietà maschile a difesa del potere di genere e che i media molto spesso favoriscono e propagano, cosicché il focus è sempre puntato sulle donne, mentre non viene dato spazio alle problematiche relative alle cause della violenza maschile.
  A questo riguardo voglio segnalare la sintonia che ho riscontrato con la Presidente della RAI, Anna Maria Tarantola, che ho incontrato, la quale mi ha assicurato il suo deciso impegno affinché il servizio pubblico si faccia carico di una rappresentazione della donna che non leda mai la sua dignità. Credo che questa sia una grande alleanza.
  Il Parlamento europeo, con la risoluzione del 3 settembre 2008 sull'impatto del marketing e della pubblicità, ha chiesto agli Stati membri di intensificare gli sforzi affinché la pubblicità sia tesa alla valorizzazione della figura femminile e del ruolo delle donne nella società e di provvedere con idonei mezzi a garantire il rispetto della dignità umana e dell'integrità della persona, affinché la pubblicità non veicoli messaggi discriminatori e non contenga elementi che, valutati nel loro contesto, approvino, esaltino o inducano alla violenza contro le donne.
  Su tale tema il Dipartimento per le pari opportunità, attraverso un protocollo sottoscritto con l'Istituto di autodisciplina pubblicitaria, è da anni impegnato nel segnalare e nel richiedere al citato organismo il ritiro immediato, con conseguente emanazione del provvedimento di ingiunzione a desistere, delle pubblicità offensive e sessiste. Numerose sono state le pubblicità ritirate grazie all'attuazione del menzionato protocollo.
  Noi abbiamo incontrato anche l'ANCI, per cercare di colmare il 10 per cento di pubblicità che lede l'immagine delle donne ed è legato alle affissioni comunali, che spesso sfuggono ai controlli. Questo passaggio è stato compiuto l'altro ieri.
  Segnalo, inoltre, che il Governo, come risulta dall'ordine del giorno n. 9/118-A/13 presentato il 28 maggio scorso e approvato dalla Camera durante la discussione della proposta di legge di ratifica della Convenzione di Istanbul e dalla mozione unificata approvata ieri alla Camera con voto favorevole di tutti i 521 parlamentari presenti – mi fa molto piacere vedere come si riesca a mettere tutti d'accordo attorno a questo tema – si è impegnato ad attivare ogni strumento utile alla definizione e all'attuazione di un Codice etico di autoregolamentazione recante linee guida sul rispetto della figura femminile nei media e, si potrebbe aggiungere, anche sulla costruzione della notizia così come appare nei media. È mia intenzione procedere in tal senso, al fine di poter garantire il massimo rispetto della dignità umana e dell'integrità della persona.
  È quanto mai essenziale e prioritario l'impegno di tutti per affrontare alla radice tale problematica. Scuole, famiglie, lavoratori e imprenditori, associazioni di categoria, Istituzioni, società civile, nessuno escluso, ciascuno nel proprio ambito, hanno il dovere di sensibilizzare, educare, informare e diffondere il senso del rispetto tra i generi, incentrando queste campagne Pag. 7anche sulla responsabilità maschile. Si tratta di un momento qualificante, che deve essere introdotto in questi passaggi.
  In questo quadro, oltre a interventi di carattere ripristinatorio, come quelli sopra descritti, sarà necessario, in un'ottica preventiva, avviare apposite campagne di sensibilizzazione ed eventi di formazione e informazione, con al centro il tema della prevenzione della violenza di genere e del femminicidio, che dovranno vedere i coinvolgimenti di tutti i soggetti interessati, come le regioni, gli enti locali, le scuole e i centri antiviolenza. Anche questo è stato un aspetto che abbiamo affrontato durante l'incontro con l'ANCI.
  Permettetemi in questa sede di sottolineare il ruolo fondamentale svolto in questi anni dai centri antiviolenza, che costituiscono uno degli strumenti più efficaci per aiutare le donne vittime nel loro percorso di uscita dalla violenza. Tali centri, tuttavia, vanno potenziati ed estesi nel territorio nazionale. In quest'ottica, intendo più che mai sostenerli in tutte le loro esigenze, con ciò promuovendo il loro ruolo fondamentale nel contrasto alla violenza sulle donne e al femminicidio.
  A questo fine occorre potenziare ed estendere le reti territoriali composte di tutti i soggetti che si occupano del fenomeno, che, attraverso una formazione congiunta, possono creare linguaggi e procedure condivise.
  Certo, ciò necessita di un maggiore impegno finanziario, ahimè, da parte dello Stato e degli enti territoriali, ed è su questo fronte che intendo impegnarmi per reperire forme di finanziamento durature, anche di derivazione europea, che consentano ai centri di poter assicurare in via continuativa l'adeguata assistenza alle donne vittime di violenza. Non può essere una preoccupazione annuale quella di vedersi o meno finanziati i centri antiviolenza.
  Sempre nell'ottica dell'approccio onnicomprensivo tipico dei fenomeni di disagio e di discriminazione multipla, particolare attenzione intendo riporre sulle donne e sulle bambine affette da disabilità.
  Tra le azioni rivolte alla prevenzione e al contrasto di ogni forma di violenza sarà poi fondamentale cogliere le opportunità offerte dalla programmazione comunitaria dei Fondi strutturali e, in particolare, dalle risorse del Fondo sociale europeo, il cui utilizzo per tutte le categorie vulnerabili garantirà tutte le possibili azioni complementari alle azioni finanziate dalle risorse ordinarie per la protezione, la tutela e la successiva inclusione sociale ed economica delle vittime.
  Non dobbiamo mai dimenticare che, quando parliamo di violenza contro le donne, intendiamo riferirci a tutte le fattispecie terribili di violenza, quelle associate a situazioni di conflitto e di emergenza e quelle relative a pratiche inaccettabili, come le mutilazioni genitali femminili o la tratta di esseri umani.
  La tratta è un fenomeno complesso, che comprende diverse forme di sfruttamento, come la prostituzione forzata, la mendicità organizzata, il grave sfruttamento del lavoro, la servitù domestica, le adozioni illegali, il traffico di organi e i matrimoni forzati.
  Può a ragione affermarsi che la tratta rappresenta una particolare forma di violenza rivolta prevalentemente in danno di donne minori e di gruppi vulnerabili, quali migranti irregolari. È, altresì, un fenomeno criminoso che, per la sua natura e le sue conseguenze, può considerarsi una delle forme più pervasive di violazione dei diritti umani.
  Ciò premesso, è mia intenzione proseguire nella vasta azione svolta già da tempo dal Dipartimento per le pari opportunità, rafforzandone il ruolo di Autorità nazionale di coordinamento delle politiche di contrasto alla tratta attraverso l'attuazione degli strumenti previsti dalla legge.
  Nel corso degli ultimi due anni il Dipartimento per le pari opportunità ha ritenuto necessario avviare un percorso strutturato di dialogo e di concertazione con tutti gli attori pubblici e privati impegnati nella lotta alla tratta e nella tutela delle vittime, per migliorare il sistema di interventi e fare una riflessione generale sul suo funzionamento e la sua sostenibilità.Pag. 8
  Occorrerà fare tesoro di quanto finora realizzato e procedere a un potenziamento del sistema nazionale di contrasto alla tratta degli esseri umani. In primo luogo, sarà posta in essere ogni azione utile al reperimento dei fondi dedicati alle politiche di contrasto alla tratta, condizione necessaria per ogni successiva azione.
  Nel medesimo senso, il mio ministero continuerà a perseguire tutte le iniziative in corso volte a veicolare le risorse dei Fondi strutturali disponibili presso le regioni per azioni di contrasto alla tratta degli esseri umani complementari a quelle che saranno realizzate dal livello nazionale attraverso la predisposizione di metodologie e linee guida centrali in grado di essere applicate ai singoli contesti territoriali.
  Particolare attenzione sarà poi posta sul tema dell'inclusione socio-occupazionale delle vittime di tratta in uscita dai percorsi protetti, valorizzando le capacità istituzionali delle regioni di coinvolgere le parti sociali e datoriali e l'offerta formativa regionale.
  Aggiungo che ritengo che ciò debba essere attuato anche per le vittime di violenza di genere, perché spesso alla fonte delle violenze di genere c’è anche un quadro di dipendenza economica da parte delle donne vittime.
  Intendo, inoltre, far completare il percorso teso all'elaborazione del primo piano nazionale d'azione sulla tratta e delle correlate linee guida, riattivando l'apposito tavolo tecnico.
  Come ho già detto, rientra nell'ambito delle priorità del Dipartimento per le pari opportunità anche la predisposizione di azioni di prevenzione e di contrasto delle pratiche tradizionali dannose, quali le mutilazioni genitali femminili, che costituiscono una grave violazione dei diritti delle donne e delle bambine e uno dei principali ostacoli al raggiungimento della parità tra i sessi.
  Quello delle mutilazioni genitali femminili è un fenomeno complesso, di difficile emersione e quantificazione, che racchiude elementi di ulteriore complessità legati alla cultura, alla tradizione e al genere. È, quindi, necessaria un'azione politica efficace e incisiva, oltre a una particolare sensibilità e conoscenza del fenomeno, per poter contrastare tale pratica e permettere una piena e consapevole integrazione delle giovani donne e bambine delle comunità migranti provenienti dalla tradizione escissoria.
  Il Dipartimento per le pari opportunità, in qualità di Autorità centrale legata alla formazione e al coordinamento delle azioni di governo in materia di prevenzione, contrasto e assistenza alle vittime delle pratiche di mutilazione genitale femminile, così come previsto da alcuni articoli della legge n. 7 del 2006, avvierà il coordinamento unitario e il monitoraggio delle attività che saranno poste in essere dalle amministrazioni regionali e locali, sulla base di quanto stabilito nell'ambito del piano programmatico delle priorità di intervento nazionali e dalla relativa intesa sui criteri di ripartizione delle risorse, sulle finalità e sulle modalità attuative, nonché sul monitoraggio del sistema di interventi da sviluppare per la prevenzione e il contrasto del fenomeno delle mutilazioni genitali femminili (il riferimento è alla legge n. 7 del 2006), approvata dalla Conferenza Stato-regioni.
  Lo sviluppo di tale azione contribuirà al cambiamento socio-culturale necessario all'abbandono di tali pratiche e alla definizione di iniziative, sia sperimentali, sia di sistema, che favoriscano un'adeguata formazione degli operatori del settore e di tutti i soggetti che, a vario titolo, si occupano di accoglienza e di assistenza diretta agli immigrati.
  Altro fenomeno che si ritiene di non trascurare nell'ambito della tutela delle bambine e delle comunità migranti è la pratica dei matrimoni forzati. Tale pratica, legata a tradizioni patriarcali, necessita invero di un'azione di sistema a livello sia nazionale, sia locale che, partendo da una reale stima del fenomeno, sia in grado di prevenirlo e contrastarlo efficacemente.
  Al fine di costruire azioni in grado di conseguire tale risultato intendo commissionare uno studio che offra una prima Pag. 9stima concreta di questa pratica tradizionale dannosa consumata a danno di giovani donne e bambine.
  Se noi non conosciamo i dati, e non abbiamo una chiave di lettura più ampia possibile, non riusciamo a conoscere il fenomeno. Se non lo conosciamo, non lo possiamo combattere.
  Sempre considerando i fenomeni di violenza, non può tralasciarsi la fondamentale azione del Dipartimento per le pari opportunità nell'ambito delle politiche di prevenzione e di contrasto all'abuso e allo sfruttamento sessuale dei minori, con una particolare attenzione alla protezione e all'assistenza dei minori vittime di crimini sessuali.
  Sarà decisivo proseguire l'azione volta al superamento delle disomogeneità delle procedure che vengono attivate dai servizi sociosanitari territoriali per favorire un adeguato coordinamento fra le azioni intraprese nei diversi settori, sociale, sanitario e giudiziario, che sono maggiormente responsabili della tutela dei minori abusati, avviando il monitoraggio qualitativo e quantitativo sull'andamento dei progetti finanziati a tale scopo nel 2011 per la redazione di apposite linee guida che individuino i livelli essenziali delle attività di protezione e di sostegno educativo a favore dei minori vittime di abusi e di sfruttamento sessuale.
  Ritengo che svolgere monitoraggi qualitativi e quantitativi sia un passaggio molto importante in questo momento, in cui le risorse sono davvero poche. Quando si spendono, dunque, è opportuno controllare se sono spese bene.
  Un altro tema al quale intendo dedicare particolare attenzione è quello della tutela dell'immagine dei bambini e delle bambine e dell'uso che ne viene fatto nell'ambito dei media, un uso spesso strumentale, che lede la dignità e rafforza stereotipi discriminatori di genere, oltre che ingenerare potenziali pericolosi stili di vita.
  È, pertanto, di fondamentale importanza favorire fin dalla più tenera età l'educazione al rispetto verso gli altri per una piena parità tra i sessi. Solo così facendo potremo arginare fenomeni di bullismo e di prevaricazione che possono consolidarsi in forme di violenza quando si diventa adulti.
  Ribadisco, quindi, l'importanza di porre in essere adeguati interventi di formazione destinati ai bambini e alle bambine, in coordinamento con il già citato Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di favorire la loro educazione e il loro equilibrato sviluppo psicofisico.
  Tutte le attività troveranno la loro collocazione sistematica nel piano biennale nazionale di prevenzione e contrasto all'abuso e allo sfruttamento sessuale dei minori, che verrà stabilito dal 2013 al 2015, attualmente in fase di preparazione.
  Nel corso del mio mandato intendo, inoltre, impegnarmi nel compimento degli atti necessari a favorire la piena inclusione delle donne nella vita economica, politica e sociale del Paese. L'Italia, come tutte le statistiche dimostrano, è molto lontana dei principali Paesi europei quando si parla di partecipazione femminile al mondo produttivo e di rappresentanza politica.
  Io dico sempre che vorrei essere chiamata «ministra» e tanti fanno fatica a farlo. Ritengo, però, che sia importante mostrare anche dal punto di vista linguistico che l'altra metà del cielo sta entrando anche nel mondo della rappresentanza politica.
  Le bassissime percentuali di donne occupate, in particolare giovani e residenti nell'Italia meridionale, collocano il nostro Paese nelle ultime posizioni della graduatoria europea dell'occupazione femminile.
  Tuttavia, proprio l'attuale sottoutilizzazione delle donne nel mondo economico e sociale può rappresentare un'occasione straordinaria di crescita economica. Studi nazionali e internazionali dimostrano, infatti, che il pieno coinvolgimento nella vita produttiva di quell'enorme bacino di talenti rappresentato dalle donne che sono attualmente fuori dal mercato del lavoro e che non sono sufficientemente valorizzate nei luoghi di lavoro determinerebbe un significativo incremento del prodotto interno lordo. È dimostrato.Pag. 10
  Come è noto, la carenza di adeguati servizi di cura per le famiglie, dagli asili nido agli spazi ragazzi, ai servizi di assistenza domiciliare per bambini e anziani, rappresenta una delle principali cause dell'alto tasso di disoccupazione femminile.
  Un altro elemento dirimente sta nella scarsa condivisione del lavoro di cura tra donne e uomini. In realtà, le strutture mancanti prima elencate dovrebbero essere un problema per uomini e donne, ma alla fine escludono solo le donne dal mercato del lavoro.
  Finché il lavoro di cura sarà reso invisibile alla società e alle organizzazioni del lavoro e affidato tacitamente alle donne, le relazioni tra donne e uomini continueranno a essere asimmetriche e a penalizzare le donne nella loro inclusione nel mercato del lavoro. Lavoro per il mercato e lavoro di cura devono essere di tutti, donne e uomini. In questo senso il sistema di conciliazione è un tema che riguarda tutti, donne e uomini.
  Rammento, tuttavia, che nel nostro Paese le attività di cura familiare gravano ancora prevalentemente sulle donne e che, per favorire una maggiore inclusione delle stesse nella vita economica, occorre puntare su politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro di uomini e donne. Secondo me, in questo ci guadagnano anche gli uomini. Penso a politiche integrate diffuse su tutto il territorio nazionale che permettano alle donne e agli uomini, a padri e madri, di non sacrificare la loro vita lavorativa, dedicandosi esclusivamente all'attività di cura e di accudimento in ambito familiare.
  Intendo, perciò, definire, in collaborazione con le altre amministrazioni interessate, un piano integrato di inclusione delle donne nella vita produttiva, in cui il tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro abbia un peso rilevante.
  Il piano di inclusione sarà lo strumento attraverso il quale invertire la tendenza che ha portato progressivamente ad assottigliare le risorse pubbliche destinate ai servizi pubblici di cura, in particolare rivolti a bambini e anziani, e, al tempo stesso, definirà forme di coordinamento delle iniziative di welfare aziendale presenti nelle realtà pubbliche e private italiane, che in alcune assurgono a best practice e che potrebbero sempre più integrare l'offerta del welfare pubblico.
  Il piano di inclusione, nel confronto con il mondo dell'associazionismo, con il mondo accademico e con tutti i soggetti interessati, potrà definire, per esempio, alcune politiche e individuare alcuni strumenti per il rafforzamento dei meccanismi di elasticità dell'orario di lavoro e per lo sviluppo di progetti di telelavoro, nonché politiche attive per lo sviluppo di un'adeguata offerta di nidi e di ludoteche aziendali e di altri servizi di supporto alla genitorialità e alla cura degli anziani.
  Il piano dovrà poi contenere misure volte a incentivare le donne a impegnarsi maggiormente nel mondo del lavoro e permettere alle donne occupate di godere di una migliore qualità del lavoro, che consenta loro di aspirare a posizioni di crescente responsabilità nei contesti lavorativi in cui sono inserite.
  L'obiettivo di innalzamento del tasso di occupazione, inserito tra le priorità della Strategia Europa 2020, verrà perseguito anche ampliando le opportunità di avvio di attività imprenditoriali da parte di donne e sostenendo le imprese femminili affinché si radichino nel mercato e possano sviluppare la propria attività. Sono, infatti, convinta che si debba puntare sull'imprenditorialità femminile, in quanto le donne possono diventare un fattore decisivo per la crescita economica del nostro Paese.
  Per perseguire tale obiettivo sarà importante un utilizzo strategico dei fondi comunitari e un'implementazione della convenzione del 14 marzo scorso, con la quale, nell'ambito del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese del Ministero per lo sviluppo economico, è stata costituita la sezione speciale della Presidenza del Consiglio dei ministri per le pari opportunità. In questa sezione speciale sono confluiti 20 milioni di euro, 10 dei quali destinati da parte del Dipartimento per le pari opportunità alle agevolazioni alle imprese femminili.Pag. 11
  A sostegno delle donne imprenditrici il Dipartimento per le pari opportunità intende, altresì, predisporre adeguate campagne di informazione sugli strumenti di supporto già esistenti e individuare ulteriori politiche a favore delle impresa in rosa. Questo, in realtà, è stato anche uno dei punti che sono stati sottolineati in fase di programmazione generale, quando si parla del lavoro dei giovani e, in particolare, delle donne, perché tra i giovani è sempre la donna la più sacrificata.
  In particolare, segnalo che saranno avviate iniziative a sostegno del microcredito rivolto alle donne. Considerato che il basso livello di conoscenza da parte delle donne in materia finanziaria impatta negativamente sulle loro scelte di risparmio e di investimento nel medio e nel lungo periodo, nonché sulla propensione all'autoimprenditorialità, saranno promosse azioni per l'innalzamento delle conoscenze finanziarie delle donne attraverso programmi di alfabetizzazione finanziaria da realizzare in raccordo con gli altri soggetti già coinvolti a livello internazionale in analoghi progetti, per esempio nelle scuole, calibrati sulla base degli specifici bisogni legati alla fascia di età di appartenenza e alle situazioni personali e professionali delle donne coinvolte.
  La piena inclusione delle donne nella vita economica, politica e sociale del Paese passa anche attraverso la loro concreta possibilità di accedere a posizioni di vertice nei settori economici strategici del Paese. Con la legge n. 120 del luglio 2011, che ha introdotto nel nostro Paese il principio dell'equilibrio di genere negli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate e delle società pubbliche, è stato compiuto un primo significativo passo in questa direzione.
  Sotto la specifica responsabilità del ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili ricade l'attività di monitoraggio e di vigilanza sul rispetto delle quote di genere nella composizione degli organi di amministrazione e di controllo delle società direttamente e indirettamente controllate da pubbliche amministrazioni. L'applicazione delle quote di genere nei board condurrà a un rinnovamento profondo nelle società pubbliche, permettendo a migliaia di donne di accedere a luoghi decisionali finora quasi completamente appannaggio di uomini.
  Il decreto del Presidente della Repubblica n. 251 del 2012 di attuazione della citata legge n. 120 del 2011, entrato in vigore lo scorso 12 febbraio, attribuisce, invero, alla responsabilità del ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili, poteri di vigilanza significativi per l'ipotesi di mancato adeguamento alla quota del 20 per cento nel primo mandato successivo all'entrata in vigore delle norme e del 33 per cento per gli ulteriori due.
  Si tratta di un impegno di estremo rilievo, sul quale si sta ponendo una particolare attenzione, considerato che la platea delle società sulle quali verificare l'applicazione delle quote di genere è stimabile in diverse migliaia.
  È, tuttavia, auspicabile che tale maggiore inclusione delle donne nei luoghi decisionali della pubblica amministrazione non sia limitata alle sole società pubbliche. Considerata la sistematica sottorappresentazione del genere femminile in altri importanti contesti pubblici, occorrerà ampliare i soggetti collegati al mondo della pubblica amministrazione ai quali applicare la disciplina delle quote di genere, rafforzando al contempo meccanismi che garantiscano per le nomine sia di uomini, sia di donne trasparenza e merito.
  Questa pratica delle quote in altri Paesi ha funzionato molto bene, nonostante i dubbi in partenza, sicché si tratta soltanto di attivare i neuroni specchio e copiare le best practice di altri Paesi.
  Per quanto attiene alle politiche antidiscriminatorie intendo ribadire il mio impegno nella predisposizione di azioni volte a favorire la promozione del principio delle pari opportunità per tutti e per prevenire, rimuovere e contrastare ogni forma di discriminazione. In tale ottica, desidero ricordare il ruolo attivo che riveste l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, l'UNAR, istituito presso il Dipartimento per le pari opportunità.Pag. 12
  Con riferimento agli specifici fattori di discriminazione, come razza ed etnia, collegati in gran parte al fenomeno dell'immigrazione, che rappresenta ormai una componente non più emergenziale, ma costitutiva del nostro modello di sviluppo, intendo raccordarmi con la collega Kyenge, ministra per l'integrazione, al fine di individuare tutte le azioni di governo necessarie per la prevenzione e il contrasto degli odiosi fenomeni discriminatori.
  Ho quasi finito. Vi ringrazio molto della pazienza.
  Sempre con riferimento agli obblighi internazionali assunti per il contrasto di questi fenomeni discriminatori, ritengo prioritario procedere, sempre d'intesa con la ministra per l'integrazione, all'elaborazione e all'implementazione di un piano nazionale di azione contro il razzismo, la xenofobia e l'intolleranza, da realizzarsi nell'ambito del triennio 2013-2015.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA I COMMISSIONE FRANCESCO PAOLO SISTO

  JOSEFA IDEM, Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. Tale piano di azione renderà effettiva e sistematica l'applicazione del principio di parità di trattamento e di non discriminazione, anche in adesione alle osservazioni e alle raccomandazioni formulate dal Comitato delle Nazioni Unite per l'eliminazione della discriminazione razziale, dal relatore speciale delle Nazioni Unite contro il razzismo, dalla Commissione contro il razzismo e l'intolleranza del Consiglio d'Europa e dall'Agenzia per i diritti fondamentali dell'Unione europea.
  Desidero, infine, soffermarmi, nel quadro delle politiche antidiscriminatorie, su un tema particolarmente attuale, ovvero quello della condizione delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender. Proprio al fine di portare un segnale di attenzione del Governo per questa delicata tematica ho deciso di partecipare, con la Presidente Boldrini, all'apertura del Pride nazionale di Palermo, il prossimo 14 giugno.
  Sono convinta, infatti, che sia necessario un forte impegno a livello sia nazionale, sia europeo per poter innalzare il livello della tutela dei diritti umani, garantire la parità di trattamento per le persone LGBT e contrastare ogni tipo di discriminazione basata sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere.
  Sul piano nazionale l'impegno dell'Italia si è concretizzato nella partecipazione al programma promosso al Consiglio d'Europa per l'attuazione e l'implementazione della raccomandazione del Comitato dei ministri del 2010.
  Proprio in quest'ambito intendo rafforzare la strategia nazionale di cui l'UNAR è il focal point. Si tratta di un importante e significativo progetto pluriennale, concordato con il Consiglio d'Europa, per la cui attuazione è fondamentale la collaborazione con le diverse realtà istituzionali, il terzo settore e le parti sociali, per la realizzazione di un piano di azioni pilota integrate e multidisciplinari in grado di fornire una risposta dinamica e coordinata al contrasto delle discriminazioni in tale ambito.
  I settori individuati quali prioritari nell'ambito della strategia sono l'educazione e istruzione, il mondo del lavoro, la sicurezza delle carceri, i media e la comunicazione. A supporto della strategia saranno realizzati nei prossimi mesi progetti di inclusione sociale e attività di formazione.
  Chiederò, inoltre, che uno specifico focus sia dedicato alla condizione delle persone transessuali, per azioni di sostegno psicologico, sociale e sanitario, attraverso servizi dedicati e integrati alle persone trans, specialmente lungo i difficili iter di riassegnazione del sesso o in condizioni particolari, come quella della detenzione negli istituti carcerari.
  In quest'ambito è stata molto significativa l'audizione di tutte le più importanti associazioni LGBT, che mi hanno offerto spunti e proposte in occasione della Giornata internazionale contro l'omofobia organizzata presso il Senato lo scorso 17 maggio.
  Naturalmente, oltre a queste attività, che servono ad aiutare a indirizzare il Pag. 13cambiamento culturale, saranno necessari interventi di tipo normativo finalizzati a contrastare l'omofobia e la transfobia e a riconoscere i diritti delle coppie dello stesso sesso, seguendo le autorevoli sollecitazioni che sono state espresse dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione.
  In questo quadro intendo rivitalizzare, insieme agli enti locali, le best practice che hanno condotto in alcuni comuni all'istituzione dei registri delle unioni civili, in modo tale da consentire alle coppie dello stesso sesso, prima di un intervento normativo a livello nazionale che regoli in via definitiva la materia in linea con i canoni europei, un primo riconoscimento di tali vincoli affettivi.
  Sul piano internazionale, invece, sono molto lieta di aver partecipato alla Conferenza internazionale IDAHO (International Day Against Homophobia), organizzata dal Governo olandese a L'Aja lo scorso 16 maggio, nel cui ambito ho firmato la dichiarazione congiunta dei ministri dell'Unione europea per un impegno comune e un'azione coordinata a livello europeo in materia di orientamento sessuale e di identità di genere.
  Molto è stato fatto, ma tanto c’è ancora da fare. Sono convinta e consapevole che nulla è impossibile, se lo si vuole davvero. Inoltre, voglio sottolineare che in questo momento di crisi, di cui tutti noi siamo coscienti, io ritengo sia oltremodo importante e necessario intervenire sul piano dei diritti.
  In un momento di crisi come questo, con una depressione dilagante e con frustrazioni che trovano spesso espressione, purtroppo, in una crescente violenza, è importante garantire i diritti e tutelare le persone. Io ritengo che sia questo il momento per farlo.
  Spesso mi dicono: «Stiamo talmente male. Perché ci dobbiamo occupare di queste tematiche ?» È proprio perché stiamo male che ci dobbiamo preoccupare di queste tematiche.
  Vi ringrazio per l'attenzione. Mi piace molto che ci sia stata tanta attenzione su questi temi. Vi ringrazio per l'attenzione e sono a disposizione per l'ascolto.

  PRESIDENTE. Ringraziamo la ministra per questa, che è stata un'ottima esposizione, dettagliata, puntuale e, se mi consentite, anche appassionata. Non guasta mai in politica metterci anche un po’ di passione.
  Sapete che il dibattito ha tempi contingentati. In Ufficio di presidenza li abbiamo già stabiliti: il Partito Democratico ha 20 minuti, il Movimento 5 Stelle e il Popolo della libertà 10, Scelta civica per l'Italia 6, Sinistra ecologia libertà 6, Misto e Fratelli d'Italia 2 e Lega Nord e Autonomie 3.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  BARBARA POLLASTRINI. Voglio ringraziare la signora ministra e darle il nostro benvenuto.
  Come ha dimostrato la sua relazione così densa – lo rilevava il presidente – e intrisa di un tono di passionalità, la ministra ha tra le sue funzioni la guida di un ministero piccolo, in realtà, rispetto alle grandi corazzate, ma con il compito difficile ed essenziale di illuminare e attraversare tutte le politiche del Governo. È questa la grande prova per cui noi le saremo vicine, l'incalzeremo e le forniremo il nostro sostegno.
  In sintesi, questo è un ministero che più di altri rappresenta, anche simbolicamente, l'articolo 3 della nostra Costituzione nelle sue parti, quella dell'uguaglianza dei diritti e dei doveri di ogni cittadina e di ogni cittadino e quella della capacità delle politiche di rimuovere ogni ostacolo che si frapponga a questo grande principio di uguaglianza.
  Noi sappiamo che lei è ministra di un Governo di eccezione e di emergenza. Sappiamo che non le possiamo chiedere l'impossibile, ma, con franchezza, le dico che su questi temi in particolare ci sarà una grande attenzione del gruppo del Pag. 14Partito Democratico nelle Commissioni e in Aula.
  Il gruppo del Partito Democratico, proprio perché si tratta di temi che toccano la centralità e i princìpi della nostra Costituzione, cercherà un confronto largo con tutte le forze presenti in Parlamento per trovare soluzioni condivise, come abbiamo fatto con tutti i Gruppi ieri, nella riscrittura unitaria della mozione per i diritti umani delle donne – ci tengo a dirlo – mozione scritta con uno sguardo globale, come quello che lei anche oggi ci ha invitato ad avere sui diritti umani, e dedicata, in particolare, come non si poteva che fare, iniziando a discutere di diritti umani, al contrasto alla violenza e alle molestie alle donne.
  Cito altri due titoli e mi fermo, per dare spazio alle altre colleghe.
  Nella sua relazione oggi, nonché nel dibattito che c’è stato in Aula, quando abbiamo approvato il provvedimento sulla Convenzione di Istanbul e successivamente, ieri, nel dibattere il dispositivo della mozione unitaria, credo si sia potuto cogliere, come lei ci ha riconosciuto, il ruolo che intende svolgere il Parlamento, con una passione particolare, non per rimuovere, ma per osare immaginare che la dimensione della lotta alla violenza fino al suo annientamento faccia parte della dimensione prima della politica.
  Su questo punto chiedo a lei e ai presidenti delle nostre due Commissioni – potrei chiederlo, per altri aspetti, anche alla presidente della Commissione giustizia – che queste Commissioni, nonché la Commissione giustizia, articolando le audizioni, possano diventare la sede privilegiata di un rendiconto costante su come procede il piano, molto importante, che lei ci ha presentato, contro la violenza e le molestie alle donne.
  Noi abbiamo bisogno di monitorare costantemente la situazione per fornirle l'appoggio necessario e per verificare tutto ciò che può fare il Parlamento a sostegno di quel fondo e dell'implementazione delle risorse, senza le quali né a livello di regioni e comuni, né a livello nazionale riusciremo – né noi né il Governo – a mettere in atto le proposte che lei stessa ci sottoponeva.
  Passo alle altre due parole chiave e concludo.
  Sotto il capitolo grande dei diritti umani lei ha inserito, giustamente, altri traguardi non raggiunti. Se li raggiungessimo insieme, ne saremmo tutti felici. Si tratta di quelli dei diritti civili, a partire dai diritti civili delle coppie di fatto omosessuali e non.
  Insisto, in particolare, su un punto, quello dei diritti dei bambini e delle bambine e dei portatori di disabilità, spesso in questo Paese non sufficientemente al centro dell'attenzione di ognuno di noi.
  Gli altri due titoli che svilupperanno, immagino, le colleghe, conoscendo le loro competenze e passioni, sono quelli che vanno sotto il capitolo della restituzione, cui accennava lei.
  Le donne in questa crisi hanno pagato tantissimo. Penso alla riforma delle pensioni e al modo in cui era stata costruita. Mi domando se il piano per il lavoro che lei ci ha iniziato a illustrare non possa diventare qualcosa di più, ossia se non possa essere oggetto di un incontro di tutte le parti sociali, in quel famoso «tavolone» – sapete di cosa parlo – delle parti sociali, e trasformarsi in un programma mirato, che faccia parte dell'idea di crescita di questo Paese.
  L'ultimo capitolo riguarda, in particolare, i colleghi e le colleghe della mia Commissione. Come sapete, questo Parlamento una settimana fa ha approvato la mozione di indirizzo per riforme costituzionali e istituzionali.
  Ogni gruppo ha la propria opinione. Non parlo di merito ora. Ricordo, però, che sono riforme, a partire da quella elettorale per arrivare ad altri capitoli, che riguardano indiscutibilmente la piena applicazione dell'articolo 51 della nostra Costituzione e il principio di quella democrazia paritaria cui lei, ministra, si è ispirata.
  Chiedo, quindi, che anche il ministero da lei presieduto possa avere presso il Governo, che avrà una parte in questa Pag. 15vicenda, e nell'interlocuzione col Parlamento, che avrà un ruolo essenziale, autonomo e di sostegno al Governo, una funzione di monitoraggio e di azione, affinché anche questa grande partita, che riguarda una parte del nostro sistema democratico, sia vissuta e guidata con uno sguardo di donne e di uomini paritetico.

  PRESIDENTE. Segnalo che il tempo impiegato è stato di sette minuti sui venti complessivo. Lo dico perché gli altri possano regolarsi sui loro interventi.

  ELEONORA BECHIS. Ringrazio la ministra per essere con noi oggi. Come Movimento 5 Stelle, ci associamo alla necessità di combattere le discriminazioni che ogni giorno affliggono chi vuole entrare nel mondo del lavoro e chi un lavoro non ce l'ha. Le discriminazioni finora sono state gestite caso per caso, senza considerarle parte di un sistema complesso, che agisce in sinergia tra le sue parti.
  Ci riferiamo al concetto di discriminazione multipla, che è stato elaborato in occasione della Conferenza mondiale dell'ONU contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza, tenutasi a Durban, in Sudafrica, nel 2001.
  Noi riteniamo che nella società moderna la discriminazione non sia quasi più riferibile a un'unica dimensione, come identità di genere, provenienza geografica, statuto sociale, convinzione religiosa, età, aspetto fisico, orientamento sessuale o disabilità, e intendiamo con l'espressione «discriminazione multipla» i casi di compresenza di due o più fattori discriminatori. Le ineguaglianze sociali che ne derivano sono difficili da combattere, proprio a causa della loro multidimensionalità, e possono avere come conseguenza un accumulo di effetti negativi, tra cui la perdita del posto di lavoro.
  Una donna disabile oggi viene considerata dalle Istituzioni solo in quanto disabile, dimenticando che è soprattutto donna. Le donne disabili trovano con più difficoltà lavoro, spesso devono rinunciare al desiderio di maternità e, in generale, subiscono più discriminazioni rispetto agli uomini. Sono invisibili, perché le politiche di genere non influenzano la loro condizione e le politiche sulla disabilità non tengono conto del genere.
  Inoltre, un rapporto del Parlamento dell'Unione europea denuncia che circa l'80 per cento delle donne disabili istituzionalizzate è esposto al rischio di violenza, spesso compiuta proprio dalle persone che dovrebbero prendersi cura di tali donne.
  Concludo chiedendo se è stata presa in considerazione anche questa particolarità del problema di discriminazione e, se sì, come si è inteso affrontarla.

  ELENA CENTEMERO. Grazie, presidente. Innanzitutto volevo ringraziare la Ministra Idem...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa alla collega Centemero. Vi comunico che il Presidente Damiano si è dovuto allontanare per motivi personali indifferibili.

  ELENA CENTEMERO. Mi è consentito di rimediare a un errore legato a un intervento che svolgo su un tema che mi è diventato molto caro. Quella della parità di genere, della parità tra uomo e donna, è, infatti, una questione molto importante, su cui non avevo mai soffermato la mia attenzione finché non ho avuto a che fare con il mondo politico, che, da questo punto di vista, credo sia il più arretrato di tutti.
  Ringrazio la Ministra Idem innanzitutto per la passione che ha posto all'interno della sua relazione e per una serie di punti programmatici che ci vedranno, come Popolo della Libertà, sicuramente impegnati, come è avvenuto ieri, nella condivisione di una mozione unificata e unitaria tra le diverse forze politiche. Auspico che si tratti di un dibattito serio e altrettanto appassionato, ma soprattutto che arrivi a conclusioni concrete in primo luogo sui temi delle pari opportunità, delle discriminazioni e della violenza maschile.
  Giustamente la ministra ha svolto questo richiamo perché non si parla mai, e Pag. 16ieri io l'ho ricordato nel mio intervento in Aula, di violenza maschile nei confronti delle donne.
  Inoltre, ci troviamo ad affrontare una serie di diritti civili che chiaramente, all'interno della forza politica per cui io parlo in questo momento, trova posizioni di tipo diverso.
  Ciò premesso, vorrei soffermarmi su alcuni passaggi che ritengo importanti.
  I Governi del Presidente Berlusconi si sono impegnati, con la Ministra Prestigiacomo prima e con la Ministra Carfagna poi, su questi temi. In particolar modo, ricordo che dal 2001 al 2005, proprio in questo periodo, ci fu la riforma dell'articolo 51 della Costituzione, che è estremamente importante per l'aspetto della democrazia paritaria.
  Si tratta di uno dei temi che noi dovremo sicuramente affrontare. Lei prima ha parlato di monitoraggio. Io credo che una delle parole chiave del suo intervento, che noi vogliamo portare avanti in modo deciso, sia proprio «monitoraggio», qualitativo e quantitativo.
  Per questo motivo è molto importante l'Osservatorio nazionale, perché noi abbiamo dati che sono disomogenei, diversificati e che derivano – oggi l'abbiamo visto in Commissione affari costituzionali – dal Ministero dell'interno e dalle associazioni dei centri antiviolenza. L'ultima indagine ISTAT sulla sicurezza è del 2006.
  Abbiamo bisogno di dati concreti e oggettivi su cui riflettere anche per quanto riguarda il tema della partecipazione delle donne all'interno delle Istituzioni, che è determinante e importantissimo, non solo nelle posizioni di consigliera e di parlamentare, ma anche in quelle di vertice.
  Questo è un punto importantissimo del suo passaggio. Noi vorremmo che questo monitoraggio fosse svolto anche nell'ambito della pubblica amministrazione, soprattutto per quanto riguarda i ruoli dirigenziali.
  Accanto a questo è molto importante nel suo intervento, che richiama la mozione ieri approvata all'unanimità, il tema del coordinamento, intendendo il coordinamento delle forze, delle risorse e soprattutto, a livello territoriale, coordinamento dell'azione degli enti locali con le associazioni, con i movimenti, con i centri antiviolenza e con i pronto soccorso. Si tratta di un coordinamento che deve portare con sé, per quanto riguarda il tema della violenza, un accompagnamento delle donne.
  In questi giorni è stato proprio citato il caso inglese, in cui le donne avevano una sorta di tutor che le ha accompagnate in questo percorso e le ha aiutate a fuoriuscire dalla situazione in cui si trovavano.
  Altro punto estremamente importante, oltre al coordinamento, è sicuramente la cultura. La ringrazio di aver messo in luce l'importanza di due temi – poi chiudo veramente; vorrei aggiungere tantissimo, ma lascio lo spazio ad altre colleghe – quali il rapporto e il lavoro stretto svolto tra il suo ministero e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
  Per questo le chiedo di continuare a finanziare anche i corsi universitari legati al genere e alla formazione delle donne nelle Istituzioni, che derivano dal percorso che abbiamo fatto in questi anni. Credo che questo sia un passaggio fondamentale.
  Inoltre, ancora una volta, e lei l'ha ricordato molto bene prima, va affrontata la questione dell'immagine della donna all'interno di tutti i mezzi di comunicazione e delle pubblicità, anche dei nuovi media.
  Voglio solo citarvi un dato fornito da un'associazione riconosciuta di giornaliste italiane. Con riferimento alle notizie che riguardano gli atti di violenza compiuti da uno straniero su un'italiana, il 100 per cento dei casi sono stati riportati dai giornali, mentre i casi di violenze di un italiano su una donna italiana sono stati riportati al 62,2 per cento dei casi. Ciò significa che anche il modo in cui si dà la notizia e si parla di violenza sui giornali e sui mezzi di comunicazione è molto importante per mettere in luce le responsabilità e modificare la cultura.

  IRENE TINAGLI. Ringrazio la ministra per la relazione. Evito di citare nuovamente tutte le iniziative già menzionate Pag. 17dai colleghi e dalle colleghe, perché queste settimane penso siano state anche un buon esempio di come il Parlamento possa lavorare insieme per affrontare un tema che riguarda tutto il Paese e che travalica le posizioni ideologiche e le divisioni di partito, riguardandoci tutti.
  Affronto solo tre punti che sono emersi dalla sua relazione. Come primo punto, si citavano le risorse e i costi. Si dice sempre: «Se ci saranno le risorse», «Vediamo se ci sono le risorse». Si pone sempre questo problema. In merito voglio svolgere solo due considerazioni.
  Prima di tutto, si parla sempre di costi, ma non si parla mai dei risparmi che comporta il fatto di lavorare sulla prevenzione di questi fenomeni. Sono risparmi enormi, di cui non si parla mai.
  La violenza sulle donne e sui bambini ha costi sociali, medici e legali enormi. Sono costi che noi sosteniamo per far fronte alle conseguenze delle violenze attraverso le cure mediche, i costi e i tempi dei procedimenti giudiziari, i costi per l'accoglienza e l'assistenza di questi bambini e di queste donne, che poi perdono magari il lavoro e devono essere assistite.
  In Inghilterra, dove sono state messe in atto azioni molto incisive – ne parlerò anche dopo – l'ex ministro della giustizia Patricia Scotland riferiva, la settimana scorsa, che sono stati raggiunti risparmi per oltre 6 miliardi di sterline attraverso questi interventi.
  Invito anche a effettuare dei lavori di studio e di stima di quelli che possono essere i risparmi, per metterli a fianco di quelli che possono essere non costi, ma investimenti per il benessere della nostra società, delle nostre donne e dei bambini.
  Se facciamo questo lavoro, ci accorgeremo che non sono costi. Inoltre, non sono neanche tanto elevati. In questi giorni stiamo discutendo di spese che ci possiamo permettere. Non aggiungo altro.
  In secondo luogo, apprezzo molto anch'io le iniziative dell'Osservatorio per conoscere meglio questo fenomeno, ma suggerisco di guardare anche a buone pratiche che già esistono e che possono essere implementate in tempi molto rapidi.
  L'esempio dell'Inghilterra è un caso molto concreto, che la baronessa Scotland ci ha illustrato insieme alla Presidente Boldrini la settimana scorsa. Gli inglesi sono riusciti a ottenere una riduzione della violenza sulle donne del 64 per cento. Hanno impiegato un po’ di tempo per trovare il sistema ottimale, non solo attraverso tutor, ma anche attraverso Comitati interministeriali e lo sviluppo di protocolli di azione, per i quali, non appena c’è un caso di violenza, si sa già quali sono tutti gli step. Ogni step ha una persona preposta e responsabile a risolvere il problema nel giro di 24-48 ore.
  Noi potremmo usare queste buone pratiche. In Spagna hanno usato questo esempio e sono riusciti a metterlo a regime non in 3-4 anni, come in Inghilterra, ma in nove mesi, perché hanno preso il meglio di quanto aveva già funzionato.
  Come ultimo punto, ci sono anche interventi che non implicano costi o riorganizzazioni amministrative enormi. Mi riferisco, per esempio, ad alcune normative. Già negli anni passati sono stati compiuti progressi. La legge sullo stalking è una di queste leggi, cui se ne aggiungono altre sull'inclusione delle donne nel mondo del lavoro, nelle aziende e nei Consigli di amministrazione.
  Io penso che si possa fare un passo ulteriore, per esempio, sui luoghi di lavoro, di cui si parla poco. Molte violenze e molte molestie avvengono sui luoghi di lavoro, non solo da parte di superiori e di colleghi, ma anche di ex partner che, come abbiamo visto, purtroppo, seguono le donne fino ai luoghi di lavoro e magari aspettano che escano.
  Ci sono iniziative anche su questo fronte in Inghilterra, per rafforzare la sicurezza nei luoghi di lavoro e coinvolgere i datori di lavoro per aiutarli ad aiutare le loro dipendenti e fare diventare i posti di lavoro luoghi sicuri.
  Occorre rafforzare la disciplina per ridurre il gap salariale. Anche questa non è una questione che si è affrontata molto. Per ridurre il gap salariale fra le donne e gli uomini si può intervenire. Ridurre questo gap salariale, e ci sono studi che lo Pag. 18dimostrano, è una misura che aiuta molto a limitare la violenza sulle donne, perché le aiuta a essere economicamente più indipendenti.
  Altri strumenti, non solo in relazione alla violenza delle donne, per toccare brevemente anche altre forme di diversità e di pari opportunità, possono essere adottati. Alcuni sono già stati depositati e spero che verranno discussi presto in questo Parlamento. Mi riferisco, per esempio, alla proposta di legge per la lotta all'omofobia, che è stata sottoscritta da oltre 200 deputati di tutti i partiti.
  Sul fronte delle unioni civili – se n’è già parlato e si è già fatto riferimento al tema – io stessa ho depositato una proposta di legge, che ha già raccolto all'interno di Scelta civica una dozzina di firme e sta raccogliendo adesioni anche da alcuni colleghi del Partito Democratico. Mi auguro che possa anche questa raccogliere adesioni trasversali.
  Da questo punto di vista, credo che anche questo Parlamento e questo Governo...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma lei ha già esaurito tutto il tempo di Scelta civica. Deve concludere.

  IRENE TINAGLI. Aspettavo che lei me lo segnalasse.
  L'invito, ministra, ad approfittare di una situazione propizia da questo punto di vista, nonché della possibilità di collaborare e della disponibilità che esiste su questi temi.

  TITTI DI SALVO. Nominerò soltanto alcuni temi, perché divido il mio tempo con il collega della I Commissione. Affronterò in tre minuti soltanto alcuni temi.
  Voglio spendere una prima parola, ministra, per ringraziarla davvero dei contenuti della sua relazione, oltre che dell'impegno che finora ha già mostrato su un tema così importante e delicato, come quello del contrasto alla violenza.
  La ringrazio per aver nominato con uguale sentimento alcuni temi, come quello della lotta all'omofobia e alla transfobia, e per la presenza che ha annunciato, insieme alla Presidente Boldrini, al Gay Pride a Palermo. Ci sono atti simbolici che sono molto importanti per segnalare l'intensità e la verità di alcune affermazioni.
  Noi e lei abbiamo oggi, in generale, ma su questi temi in particolare, il compito di passare dall'affermazione ai fatti, dalla lotta alla discriminazione nominata ai fatti. Io vorrei citare alcuni terreni su cui penso sia importante proprio passare dalle parole ai fatti.
  Lei diceva, come l'abbiamo detto tutti in questi giorni, che è stato molto importante, nella lotta contro la violenza contro le donne, attaccare le radici della violenza. Mi riferisco alle sue considerazioni rispetto all'aggredire la radice dell'incapacità di relazione degli uomini nei confronti della libertà delle donne (parlo della scuola).
  Nomino soltanto, sulla libertà e sull'autodeterminazione femminile, la legge n. 194 del 1978, che attraversa una fase molto complicata nell'esercizio della possibilità di essere agita. La nomino solo per le ragioni di tempo che dicevo prima.
  Lottare alle radici contro la violenza significa anche agire contro la disuguaglianza di poteri tra uomini e donne, che è una delle ragioni fondamentali che determinano quella violenza.
  Cito l'argomento per parlare di un tema che penso vada particolarmente affrontato quando si parla di questa disuguaglianza, quello del lavoro e delle differenze di potere che esistono tra uomini e donne. Questo presuppone un forte impegno suo e nostro per consentire alle donne non solo di accedere al lavoro, non solo di avere condizioni di lavoro pari, battendo le discriminazioni, ma anche di uscire dal ricatto sessuale che nell'ingresso al lavoro viene consumato molto.
  Per questa ragione io cito, anche in questo caso soltanto cito, la legge contro le dimissioni in bianco, che due legislature fa è stata abrogata; nella scorsa legislatura è stata reintrodotta nell'ordinamento, ma secondo noi in modo non efficace. La legge va, quindi, ripristinata nella sua efficacia.Pag. 19
  Cito anche un terzo tema, quello della maternità. Le donne italiane – non dico a caso «le donne italiane» – hanno ottime leggi, ma in realtà la libertà della maternità viene impedita da molti ostacoli. Uno di questi è la difficoltà delle donne madri nel lavoro e la differenza, perfino salariale, che viene praticata nei confronti delle donne madri, oltre al tema dei servizi pubblici e dell'investimento in questi. Tutti sappiamo, e lei l'ha ricordato, come investire sul lavoro delle donne significherebbe aumentare il PIL del 7 per cento. Sempre per brevità nomino soltanto questo punto.
  Si tratta di un terreno su cui dobbiamo impegnarci tutti, per andare dentro, magari anche con un'indagine conoscitiva, sul significato di questo tema.
  Per esempio, e questo, ministra, è un elemento che le sottopongo, esistono contratti di lavoro nei quali l'assenza per maternità viene paragonata ad assenza e, quindi, non viene attribuito alle donne madri nel periodo di maternità obbligatoria – non solo in quello facoltativo, ma anche in quello obbligatorio – il premio di risultato, che viene misurato sulla base della presenza.
  Il fatto che la maternità venga paragonata all'assenza è un vulnus che a me sembra molto importante in un Paese che canta le lodi delle madri, oltre che in generale. È un vulnus che è stato in alcuni casi risolto – penso al contratto delle Poste – e in alcuni casi no. Penso al caso della FIAT.
  Io ritengo che questo sia un terreno su cui, insieme agli altri, occorrerebbe agire, con riferimento alle dimissioni in bianco, alla maternità e a tutte le altre questioni che lei ha detto.
  Ne cito una per finire e stare dentro il tempo. Considero molto importante l'indicazione della task force come elemento di forza da creare per passare dalle parole ai fatti su questi temi, in particolare sul tema delle risorse, che sono il punto fondamentale per attuare tutte le iniziative che lei ha descritto, oltre a tutte quelle che ho citato io, ovviamente.
  Di quelle che le ho nominato alcune non hanno bisogno di risorse, ma di scelte. Per esempio, le dimissioni in bianco, oltre che la maternità e il premio di risultato.

  PRESIDENTE. Effettivamente è stata nel tempo. Ha lasciato soltanto trenta secondi al suo collega.
  Mi dispiace, ma c’è un tempo di gruppo, che ogni gruppo si può distribuire come meglio ritiene. Io non posso scampanellare, perché c’è un tempo di gruppo. Non so come il gruppo abbia diviso gli interventi.

  MATTEO BRAGANTINI. Mi collego all'ultimo intervento, quello sull'importanza della maternità.
  Io sono diventato padre da poco tempo, da diciotto mesi, e diventerò padre ancora a ottobre e ho notato una lacuna. A mio avviso, i cinque mesi di maternità obbligatoria sono troppo pochi, soprattutto per il bambino. Se si guardano i due mesi precedenti e i tre successivi, a mio avviso, sia per le donne – noi viviamo solo di riflesso questa esperienza – sia per il bambino, sono veramente molto pochi. Bisognerebbe provare a vedere se si trovano le risorse per aumentarli.
  È vero che esiste la maternità facoltativa, ma va a incidere sui bilanci familiari. Non è il mio caso in questa situazione, ma penso alla maggior parte delle nostre famiglie. Bisognerebbe fare un bel ragionamento in merito.
  Per quanto riguarda l'intervento che ha svolto la ministra, ho visto alcuni punti che, a mio avviso, sono un po’ critici.
  La ministra ha parlato di basso livello di conoscenza da parte delle donne in materia finanziaria che impatta negativamente sulle loro scelte di risparmio». Mi sembra un'affermazione azzardata, in primo luogo perché non vedo perché le donne debbano avere una conoscenza finanziaria inferiore a quella degli uomini.
  Io ho frequentato l'università di economia e ho avuto molte colleghe. Ho avuto anche molte professoresse che insegnavano economia ed erano anche a ottimi livelli. Dunque, non riesco a capire il motivo di questa dichiarazione.
  Inoltre, subito dopo, si afferma che bisogna mettere obbligatoriamente almeno Pag. 20il 20 per cento di donne nei CdA delle società. Le due cose sono un po’ in contrapposizione. Può essere che ci sia qualche donna che vuole fare l'imprenditrice e che non conosce bene gli strumenti finanziari, questo è vero, ma allo stesso modo ci sono moltissimi uomini e giovani che non hanno conoscenza di strumenti finanziari. Magari sono bravi a fare gli installatori, a fare il loro lavoro di artigiani, ma non conoscono la materia finanziaria, perché ognuno si specializza in alcuni comparti. Che cosa fanno, a quel punto ? Si recano nelle strutture e dai commercialisti per farsi dare una mano.
  Perché ho voluto insistere su questo punto ? Perché vi è stato un dibattito, con l'espressione di talune considerazioni sia da parte della ministra, sia da parte di molte colleghe, che sono qui non per le quote, ma perché se lo sono meritato, forse più degli uomini (per questo motivo sono contrario alle quote). Eppure, rimane sempre la contrapposizione uomo e donna, che, a mio avviso, è un errore ideologico.
  Se andiamo avanti così, non si riesce a trovare la soluzione. Al limite, bisogna vedere dove sono i problemi tra uomo e donna, che hanno due caratteristiche differenti. Siamo due sessi differenti, con esperienze diverse, che convivono...

  PRESIDENTE. La prego di concludere, perché ha esaurito il tempo a sua disposizione.

  MATTEO BRAGANTINI. Non deve esserci questa contrapposizione. Ci sono individui che sbagliano. Molto spesso sono gli uomini che sbagliano, perché usano violenza sulle donne, ma ci sono anche – poche, per fortuna – donne che sono violente verso i bambini. Non tutte le donne sono violente contro i bambini. Questa è una logica che bisogna seguire, a mio avviso, nel dibattito.
  Aggiungo un ultimo inciso velocissimo: è più importante, a mio avviso, la lotta contro la cultura esistente e contro il contrasto alla violenza domestica contro le donne della questione delle coppie civili omosessuali. A nostro avviso, questo tema ha un valore minore. Va benissimo certificare se due persone sono insieme, ma non devono essere famiglia. Vorrei che questo fosse chiaro.

  ROBERTA AGOSTINI. Ringrazio la ministra, che ci ha reso oggi una relazione molto esaustiva sul programma del suo ministero, che è un piccolo ministero, ma ha competenze molto importanti.
  Condivido, e abbiamo avuto modo di discuterne anche in Aula, il programma sul tema delle politiche di contrasto alla violenza. Condivido il metodo che la ministra ha scelto, con il coinvolgimento delle associazioni, l’audit, la proposta di una task force ministeriale e il tema del monitoraggio delle politiche che si mettono in campo. Bisogna reperire le risorse, perché le politiche di contrasto alla violenza hanno un costo, lo sappiamo, e, quindi, dovremmo tutti insieme cercare, avendone fatto una priorità, di reperire le risorse.
  Io penso che noi dovremmo collaborare, così come abbiamo fatto con le mozioni, anche per quanto riguarda l'annunciata proposta di legge d'iniziativa del Governo che la ministra ci ha descritto. Cito solo il titolo rispetto a questa dichiarazione. Ci sono alcune proposte già presentate in Parlamento molto importanti, dalle quali è possibile partire e trarre spunti.
  Io penso che ci serva un monitoraggio di tutte le leggi esistenti e delle politiche che sono state attuate. Inoltre, occorre una legge organica – le colleghe citavano il caso inglese e quello spagnolo – un po’ sul modello della Spagna, in cui venga descritto che cosa fa ogni ministero, cioè quale competenza ha ogni ministero sul tema del contrasto alle politiche della violenza, con riferimento al ministero della sanità, del lavoro e della giustizia. Serve, quindi, una vera e propria legge organica, partendo da un monitoraggio di quello che esiste.
  Sul tema dell'articolo 51, alle considerazioni della collega Pollastrini, che non ripeto assolutamente, su tutto il tema delle Pag. 21riforme e della nuova legge elettorale, aggiungo solo una piccola parte.
  Noi adesso siamo andati al voto in molti comuni italiani, grandi e piccoli. Domenica prossima ci saranno i ballottaggi. Da una prima occhiata a quello che è successo, perché è la prima volta che si applica la legge sulla doppia preferenza di genere, vediamo che è andata piuttosto bene.
  Anche in quel campo io penso a un monitoraggio. Noi avevamo un dato di partecipazione femminile ai consigli comunali molto basso, intorno al 18 per cento. Bisognerà capire se questa legge, con l'introduzione della doppia preferenza, abbia aiutato e rafforzato questa presenza e come rafforzerà la presenza nelle giunte, perché la legge riguarda anche le giunte.
  Sui temi del lavoro e del welfare, invece, condivido l'impostazione della ministra. Noi partiamo da un dato di forza delle donne, perché le donne in Italia sono più scolarizzate e le donne laureate in percentuale nel nostro Paese sono di più degli uomini. Fanno più fatica a inserirsi nel mondo del lavoro perché probabilmente c’è ancora intorno a loro un sistema un po’ rigido e arretrato anche per quanto riguarda i sistemi di welfare, che sono stati ulteriormente indeboliti dai tagli di questi anni. In merito io penso a un'impostazione in cui donne e bambini vengono prima.
  Per quanto riguarda il piano per il lavoro femminile che lei ha annunciato, penso che noi dobbiamo andare a vedere quali leggi hanno funzionato, quali hanno sortito i migliori risultati e quali hanno danneggiato, invece, il lavoro e la partecipazione delle donne alla sfera pubblica.
  Nel dossier che ci hanno preparato gli uffici si riferisce, per esempio, che è scaduta la delega per l'occupazione femminile, che prevede moltissime iniziative importanti, che io non elenco, dalle politiche di conciliazione alla programmazione dei fondi comunitari. Quello, secondo me, è un punto di cui occuparsi prioritariamente.
  Allo stesso modo, sappiamo – anche sulla base del dossier preparato dagli uffici – che l'articolo 9 della legge n. 53 del 2000 sulla conciliazione tra tempi di vita e di lavoro non è stato rifinanziato e che, quindi, è praticamente rimasto congelato sulla carta.
  Anche in questo caso servirebbe una presa in carico generale, perché aumentare il tasso di occupazione femminile nel nostro Paese è davvero una priorità, non solo per i diritti delle donne, ma anche per il tasso di crescita complessivo del Paese.

  WALTER RIZZETTO. Colleghi, vorrei per alcuni secondi ricordare come il Movimento 5 Stelle ha accolto in maniera piuttosto positiva i 545 voti, all'unanimità, in questo caso, espressi sulla Convenzione di Istanbul, ma ciò non basta, come anche lei sa. Non ancora tutti i Paesi hanno firmato questa convenzione. Siamo in cinque, se non ricordo male, ma almeno otto Paesi membri devono firmarla.
  Lei si è, giustamente, espressa poche ore fa rispetto a una task force quasi interministeriale, proprio per porre un ulteriore accento al problema. Noi siamo assolutamente d'accordo con questa task force e cercheremo di fornirle il massimo aiuto.
  Volevo porre poi l'attenzione brevemente sui centri antiviolenza che lei prima ha ricordato. La direttiva europea colloca un centro antiviolenza ogni 10.000 abitanti. Lei sa che attualmente ci sono 62 centri antiviolenza in Italia. Non siamo, quindi, a 1 ogni 100.000 abitanti, ma a 1 ogni 1.000.000 di abitanti. Secondo noi, dunque, ce ne sono troppo pochi.
  I finanziamenti restano minimi per i centri antiviolenza, sono lasciati alla discrezione delle regioni e spesso non si sa dove questi soldi vadano a finire, mentre dovrebbero andare presso i centri antiviolenza. Noi le chiediamo una legge quadro, che tuteli e avalli senza alcun nulla osta i centri antiviolenza di cui sopra.
  Lei parlava prima di pubblicità. Io mi aspetto, in questo caso, di vedere in TV meno pubblicità di intimo, femminile o maschile, in alcuni frangenti, e più pubblicità proprio per i centri antiviolenza.Pag. 22
  Io vengo dal Friuli Venezia Giulia. Se chiedo a una signora cinquantenne dove trovare un centro antiviolenza, non lo sa. Io stesso, a 38 anni, non saprei dove andare a cercarlo. Questo, secondo noi, è uno strumento da attuare subito.
  Ricordo anche di riprendere la proposta di legge che durante la scorsa legislatura, col Governo Monti – la proposta di legge Carfagna-Bongiorno, se non ricordo male – era stata quasi dimenticata e che parlava di ergastolo per il femminicidio. Poi il Governo è caduto e nessuno se ne è più ricordato. Sarebbe cosa buona e giusta.
  Chiudo ricordando – e ringraziandola per la presenza – che lei è stata, ed è ancora, una sportiva illustre. De Coubertin recitava che «L'importante è partecipare e non vincere». Noi in questo caso le chiediamo di vincere.

  RENATA POLVERINI. Ringrazio la ministra. Io la chiamerò ministra, anche se dissento totalmente da questa linea di pensiero, perché non è facile declinare le cariche italiane al maschile. Molto spesso il segretario, che è un ruolo importante, in particolare in associazioni e organizzazioni sindacali, al femminile diventa «segretaria», che non rende proprio lo stesso concetto.
  Io ho fatto il presidente di regione e avevo trovato una forma di mediazione. Nella carta intestata avevo fatto scrivere «la presidente», in maniera tale che qualificavo il fatto di essere donna, ma al tempo stesso non mi piegavo a parole che comunque non rientrano nella corda della nostra cultura.
  Grazie per questo incontro e soprattutto per aver voluto anche oggi, con grande forza, rimarcare il suo impegno, che ha messo in campo immediatamente al suo insediamento, sulla violenza alle donne.
  In questo momento il Ministro Cancellieri sta dicendo che le pene ci sono e sono severe, ma che bisogna lavorare di più e meglio in termini di prevenzione. Io aggiungerei, come anche lei ha detto, in termini soprattutto culturali. Noi non riusciremo mai ad abbattere questo problema e a vincerlo, se non c’è una vera e propria rivoluzione culturale nel nostro Paese.
  Una mia collega ha osservato che la politica è il campo più discriminante. Io ho fatto anche sindacato e vedo che ce la battiamo in termini di maschilismo, ma penso anche che a volte è bello combattere le battaglie sul campo e uscirne vincitori, come in molti casi, per noi che siamo qui, per fortuna, è avvenuto.
  Mi scuserete, non l'ho mai fatto in tanti mesi, ma lo voglio fare adesso. Penso anche che sul piano della comunicazione la violenza che mi è stata rivolta in un particolare momento della mia vita non sarebbe stata la stessa, se fossi stata un uomo. Non l'ho mai detto. Lo dico oggi per la prima volta, ma l'ho sempre pensato.
  Scusatemi, è l'unico momento di deviazione personale del mio intervento, ma mi piaceva farlo davanti a lei, perché ha centrato anche la questione della comunicazione.
  Lei è una sportiva e adesso è scesa nel campo della politica. Io le auguro ogni bene, ma sappia che, se non sbaglia lei, ma avrà un solo suo collaboratore che, a sua insaputa, come purtroppo è ormai frase nota, commetterà un errore, lei non avrà lo stesso trattamento degli uomini, che sono usciti, invece, indenni da situazioni molto peggiori di quella che ha coinvolto la sottoscritta. Glielo dico perché ho visto che è molto agguerrita in questo senso e credo che potrà dare molto al nostro Paese.
  Concludo questa parte e svolgo soltanto due considerazioni.
  Noi avevamo chiesto la sua audizione in Commissione lavoro, non solo perché lei si occupa di pari opportunità, rivolte chiaramente alle discriminazioni di genere – è inutile che le stiamo a ripetere; le abbiamo citate tutte – ma anche perché deve, attraverso il suo ministero, che, come bene ha detto la collega Pollastrini, è un piccolo ministero, ma ha una grande opportunità di lavorare in maniera trasversale con tutti gli altri, trovare tutte le vie possibili, legislative, normative, culturali, preventive ed economiche, per garantire alle donne un maggior e miglior accesso alla vita Pag. 23sociale ed economica del Paese, a cominciare dall'occupazione. Tutti i nostri problemi partono da questo: se l'occupazione non c’è, noi saremo sempre un passo indietro.
  Concludo osservando che deve anche impegnarsi, allo stesso modo, per i giovani, che rientrano a loro volta nella competenza del suo ministero, perché si trovano nella stessa condizione. Penso che lei potrà compiere la vera rivoluzione – e potrà parlare di vera conciliazione tra lavoro e famiglia non delle donne, ma delle famiglie – se rivolgerà il welfare al nucleo familiare e non soltanto alla donna, soprattutto in particolari momenti della propria vita.

  PRESIDENTE. È perfettamente in tempo.
  Gli resterebbero trenta secondi, ma concediamo, credo in accordo con gli altri gruppi, un minuto al collega Kronbichler, affinché svolga il suo intervento.

  FLORIAN KRONBICHLER. Tralascio le gentilezze e, poiché ci stiamo superando in metafore sportive, uso questo mio intervento «handicappato» per commettere un piccolo, innocente fallo di reazione.
  La settimana scorsa, dopo una lunga serie di interventi nella discussione sulla Convenzione di Istanbul, la collega Meloni, in ciò applaudita anche dalla Presidente Boldrini, ebbe a richiamare noi maschi, pochi per la verità, per il fatto che avremmo partecipato poco o per nulla alla discussione e non avremmo preso la parola. Aveva ragione sul fatto che quasi solo le donne avrebbero preso la parola.
  Io, che sono stato presente a tutta la discussione lunga in un'Aula scandalosamente vuota, o meno che semivuota, ho pensato, ingenuamente, che quello fosse un momento per noi maschi per stare zitti, non per distrazione, ma per rispetto, e per lasciare, per una volta, il pulpito alle donne. Era per questo motivo che io oggi mi volevo rifare, ma non ne ho l'occasione.

  PRESIDENTE. Molto gentile e anche, per la verità – si può dire – molto simpatico.
  Do la parola alla Presidente Bindi. Il gruppo ha ancora otto minuti e trenta e ci sono altri tre interventi dopo il suo.

  ROSY BINDI. Sarò brevissima. Ringrazio anch'io la signora ministro per la sua relazione e mi limito a fare solo alcune sottolineature, proprio per lasciare il tempo anche agli altri componenti del mio gruppo.
  Vorrei invitarla a tenere presente una situazione tutta italiana, quella della differenza che passa tra le diverse parti del nostro Paese in senso territoriale. Esiste una questione femminile che incrocia la questione meridionale, la questione del Sud, in maniera drammatica.
  Le statistiche nazionali sono naturalmente una media, ma, se riusciamo a capire come si forma questa media, ci accorgiamo di stare in un Paese dove forse il primo tradimento dell'articolo 3 è proprio quello rappresentato dalla differenza tra Nord e Sud.
  È straordinaria questa differenza proprio intorno ai temi che ci ha illustrato molto bene oggi nel suo programma e che la terranno impegnata nella sua responsabilità di governo, perché riguarda il tema delle donne e sicuramente il tema della famiglia, della situazione del lavoro e del welfare.
  Anche dal punto di vista dei diritti e delle differenze sessuali ci sono più «Italie». Io penso che questo aspetto debba essere tenuto particolarmente presente. Nelle collaborazioni e nella capacità di coordinamento che hanno i ministeri senza portafoglio io credo che questo aspetto debba essere tenuto particolarmente presente.
  Un'altra sottolineatura riguarda il rapporto tra donne, famiglia e lavoro. Ho molto apprezzato il tema della conciliazione applicato non soltanto alle donne, ma anche ai padri. Forse dovremmo anche fare uno sforzo, oltre che tra generi, anche tra generazioni nel nostro Paese. In questo senso forse un'attenzione e una revisione intelligente della riforma Fornero potrebbe anche aiutare con una maggiore gradualità nei pensionamenti.Pag. 24
  Se in Italia esiste uno squilibrio così forte nel rapporto tra uomini, donne, lavoro e famiglia, ciò è legato sicuramente al problema della grande discriminazione della donna nel mondo del lavoro, che riguarda l'accesso, le retribuzioni, il sistema di welfare, ma anche il rapporto tra pubblico e privato e tra famiglia e società, tra famiglia e lavoro.
  Credo anch'io che farà bene all'impresa, al luogo di lavoro pubblico e alla famiglia, se ci sarà maggiore equilibrio tra le responsabilità genitoriali e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
  I congedi parentali in Italia non esistono per i padri, di fatto. Io credo che, invece, vadano introdotti.
  La stessa situazione riguarda i servizi. Lei ha fatto soprattutto riferimento – mi consenta una sottolineatura – agli asili nido. Gli asili nido sono un servizio per l'infanzia. Diventano anche uno strumento di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per le donne e per gli uomini, ma sono prima di tutto un servizio per l'infanzia. Non dimentichiamo mai questo aspetto, perché credo che in questo senso anche la riforma di tutto il ciclo dell'istruzione finisca per intervenire.
  Condivido molto il fatto che le politiche per i diritti, in un tempo di crisi, siano politiche di investimento e non costi, non spesa, perché le disuguaglianze hanno sullo sviluppo e sulla crescita un peso enorme e, quindi, vanno assolutamente superate.
  Questo discorso vale anche per le discriminazioni legate all'orientamento sessuale. Io ho apprezzato molto il suo riferimento alle unioni civili, perché mi è sembrato che intenda muoversi nelle sentenze della Corte costituzionale e della Corte di cassazione, che, a mio avviso, ci portano in Europa, rispettando la nostra Carta costituzionale.
  La mia domanda è la seguente: il Governo intende farsi promotore di un disegno di legge in proposito o si metterà al servizio delle iniziative legislative che, credo, tutti i Gruppi parlamentari prenderanno, oltre naturalmente a quello già annunciato da parte di Scelta civica ?
  Mi fermerei qui, ringraziandola.

  GESSICA ROSTELLATO. Come già alcuni colleghi hanno fatto rilevare, in ambito lavorativo la parità tra uomini e donne è ancora molto lontana dall'essere raggiunta. Ci sono tantissime discriminazioni esistenti, ma io vorrei farne presenti alcune, anche per esperienza diretta.
  La prima è quella che, in molti casi, in fase di colloquio per l'assunzione molti datori di lavoro, di fronte a giovani donne, chiedono, soprattutto se sposate, se a breve, nel giro dei prossimi 2-3 anni, queste ragazze vorranno avere figli.
  È ovvio che in quei casi la donna si sente comunque sottoposta a violenza. Personalmente, ritengo che questa non sia una domanda adeguata da porre in fase di colloquio. Tra l'altro, in molti casi la pressione psicologica che viene fatta in corso di rapporto per evitare o rimandare una gravidanza continua negli anni ed è pur sempre una violenza che viene esercitata sulle giovani donne.
  Inoltre, sempre per quanto riguarda la maternità, quando arriva il momento di rientrare dal periodo di maternità, molti datori di lavoro chiamano la dipendente che deve rientrare e la spingono a rassegnare le dimissioni. Spesso le donne vanno a convalidare le dimissioni e non denunciano questo fatto, perché la convalida non è sufficiente a bloccare questa pratica. Questo fatto praticamente impedisce a molte donne madri e lavoratrici di realizzarsi anche dal punto di vista professionale.
  Come Movimento 5 Stelle, noi crediamo sia necessario creare soprattutto una cultura e non varare altre leggi. Le tutele sulla maternità ci sono, ma non sono sufficienti, perché manca proprio la cultura del rispetto e della rivalutazione della donna madre e lavoratrice.
  Speriamo che la ministra possa aiutarci anche in questa lotta per raggiungere l'obiettivo di una maggiore parità anche per le donne madri e lavoratrici.

  PRESIDENTE. Grazie anche per la brevità.
  Restano gli ultimi tre interventi, di Martelli, Incerti e Gnecchi, in quota al Pag. 25Partito Democratico: avete tre minuti. Prendetevi un minuto per uno, oppure quanto volete. Avete comunque tre minuti a disposizione.

  GIOVANNA MARTELLI. Ringrazio la signora ministra per l'illustrazione del programma. Sarò molto sintetica, visto il tempo, e mi concentro sull'aspetto che volevo affrontare, che è il tema della conciliazione.
  Lei parlava di un piano di inclusione e mi è piaciuto l'approccio rispetto alle buone prassi. Credo che in Italia ci sia già un esempio di buona prassi su questo tema, rappresentato dall'articolo 9 della legge n. 53 del 2000, rivisto anche nelle possibilità di progettazione dalla Finanziaria del 2006. Credo che rappresenti anche un esempio rispetto al fatto di promuovere politiche territoriali integrate di un certo valore. Mi chiedevo in che misura e con quali modalità nel suo programma intendesse rifinanziarlo o valorizzarlo.
  L'ultima parte è sul tema della discriminazione sui luoghi di lavoro. Non ho sentito, ma forse l'ho tralasciato, il lavoro della rete delle consigliere di parità. È un esempio anche questo di buona prassi, a livello sia nazionale, sia territoriale, che si inserisce comunque anche nel tema della promozione della conciliazione.

  ANTONELLA INCERTI. Ringrazio la signora ministra. La voglio ringraziare anche per la particolare sensibilità sui temi della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che registrano sempre una grandissima arretratezza nel nostro Paese.
  Visti i tempi, mi soffermerei su due questioni in particolare, che riguardano le politiche di sostegno all'occupazione femminile.
  Voglio ricordare che noi siamo anche, nella Comunità europea, arretrati rispetto ad altre nazioni. In particolare, la collega Agostini chiedeva in merito al fatto che è scaduta la delega per la revisione della disciplina in materia di occupazione prevista dalla legge n. 247 del 2007, che di fatto non è stata attuata per mancanza di risorse. Che cosa si intende fare da questo punto di vista ?
  Tralascio il resto e passo a un'altra domanda, che riguarda la parte del contributo per i cosiddetti voucher per l'acquisto di servizi dell'infanzia, considerato che – a quanto sembra – il piano asili nidi, per mancanza di risorse, mancherà.
  Volevo sottolineare una rigidità rispetto alla richiesta di questo sostegno nelle domande, perché sono domande che devono essere presentate quattro mesi prima del parto. Questa è una normativa specifica, che prevede l'obbligo, quando si presenta la domanda, di optare tra i servizi per l'infanzia, ossia l'asilo nido, e la possibilità di accedere a questo contributo.
  Credo che questa rigidità andrebbe rivista, perché in questo modo sarà impossibile poterne usufruire.

  MARIALUISA GNECCHI. Pongo veramente due domande specifiche. Quella sulla delega è già stata fatta. Noi chiediamo proprio formalmente se la ministra abbia intenzione di introdurre la possibilità di una proroga della delega.
  Inoltre, nel 2009, quando è stata innalzata l'età per la pensione di vecchiaia delle donne nel pubblico impiego, la legge aveva esplicitamente previsto che il risparmio di 3,7 miliardi venisse investito a favore delle donne per l'occupazione femminile. Quei soldi sono stati teoricamente più e più volte scritti, ma mai utilizzati per le donne.
  Nella manovra Fornero – mi riferisco all'atto C. 4829, il Salva Italia come arrivato alla Camera – figura la previsione di risparmio per l'innalzamento della pensione di vecchiaia delle donne nel privato di altri 4 miliardi di euro, anche quelli finiti solo ed esclusivamente a copertura del debito pubblico.
  Noi siamo assolutamente convinti che, per la doppia, tripla, quadrupla presenza, rispetto alle donne che hanno sessant'anni oggi e hanno già vissuto quarant'anni di vita di discriminazioni sul lavoro, si potrebbe intervenire. Ci piacerebbe poter lavorare con la ministra per le pari opportunità, Pag. 26ovviamente di concerto con gli altri ministri – mi riferisco al ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e a quello del lavoro e delle politiche sociali – per andare a coprire quello che, secondo noi, è un debito forte che si è creato negli ultimi cinque anni, in particolare nei confronti delle donne, oltre che nella storia del mondo, ma su questo rimandiamo a un'altra audizione.

  PRESIDENTE. Do ora la parola alla Ministra Idem per la replica.

  JOSEFA IDEM, Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. Spero di riuscire a dare una risposta a tutti i quesiti emersi.
  Innanzitutto, non l'ho detto prima, ma lo dico ora, questo è stato un programma piuttosto articolato. Ciononostante, considero questa una bozza di lavoro che tiene conto delle osservazioni che posso raccogliere qui oggi e che poi raccoglierò nei diversi tavoli che ho già portato avanti e che intendo costituire come metodo di lavoro. È proprio una mia grande premura quella di costruire le proposte politiche partendo dal basso, attraverso tavoli di confronto molto specifici, che forniscano risposte nel modo più veloce possibile.
  Passo alle questioni che avete toccato voi e che io non avevo toccato nel mio intervento. Per quanto riguarda tutti gli impegni economici che avete sottolineato e che sarebbero da rinnovare, che non investono direttamente il mio ministero, ma solo la mia sfera di interesse, naturalmente sarà mia cura occuparmene. È proprio per questo che ho voluto istituire questa task force, per rendere consapevoli anche tutti gli altri ministri del tema delle pari opportunità.
  La settimana scorsa ho fatto il passaggio nel Consiglio dei ministri asserendo che avrei dato vita effettiva alla task force. Ho consegnato sia a Letta che ad Alfano e ad alcuni altri colleghi una lista degli aspetti che costituiscono l'intersettorialità rispetto alle tematiche e ho fatto un elenco, che non sto a riportavi. Se è di interesse, posso comunque fornirvelo.
  Io conto molto su questo metodo. Spesso non è neanche per una mancanza di rispetto o per una questione di dolo che alcuni aspetti non vengono considerati, ma perché proprio non si conoscono. Parlandone insieme, si diventa più consapevoli e, di conseguenza, anche più motivati nel trovare soluzioni.
  Conto molto – lasciatemelo dire banalmente – di «battere cassa» negli altri ministeri, perché è proprio così. Io dico sempre sullo sport che costa meno fare sport che non farlo. Allo stesso modo, costa meno prevenire le violenze che non farlo, sicché questa prevenzione, che va a diminuire i costi in altri ministeri, può tradursi in investimenti per quanto riguarda le politiche legate al tema delle pari opportunità.
  Per quanto riguarda i voucher e l'età pensionabile della donne innalzata mi informerò. Non so rispondere, non riguarda il mio ministero, ma è una mia sfera di interesse. Ringrazio per la segnalazione e mi informerò.
  Per quanto riguarda la rete delle consigliere di parità, è un lavoro che intendo seguire da vicino e intendo ricevere le consigliere a blocchi, come sarà possibile, per farmi relazionare e per avviare anche un ulteriore monitoraggio rispetto alle pratiche sul territorio, per utilizzare questo strumento – chiamiamolo così – nel modo più efficace possibile.
  Quanto all'affermazione che gli uomini stanno in silenzio perché effettivamente c’è un momento in cui solo noi donne possiamo parlare è stata davvero piuttosto buffa. Ritengo comunque che questo sia proprio il momento in cui l'uomo può mettersi in gioco con un'introspezione rispetto al suo ruolo in tema di violenza di genere e di femminicidio.
  Io sono stata al funerale di Fabiana Luzzi. Il suo ragazzo l'aveva già picchiata in gennaio e il padre aveva denunciato questo fatto. Sono passati quattro mesi. Questo era un ragazzo disagiato, forse con propensione verso la violenza. Poi è arrivato un giorno in cui sono state bruciate due vite: Fabiana è stata bruciata viva e lui si è bruciato la vita anche con il suo Pag. 27diventare un mostro. Sono passati quattro mesi in cui non abbiamo utilizzato il tempo per non far accadere quel delitto.
  È proprio per questo che l'universo maschile va coinvolto nella ricerca della soluzione, perché si tratta di aspetti culturali e psicologici che vanno «snocciolati», affrontati e analizzati insieme. Solo così si trovano soluzioni. Il contributo parte dalla partecipazione degli uomini anche nei tavoli di confronto e nelle discussioni, mettendosi in gioco con l'introspezione e con analisi culturali svolte da un altro punto di vista.
  La bellezza della presenza femminile è proprio che portiamo un contributo diverso. Non siamo migliori, siamo diverse, e questo può diventare un valore aggiunto. In sostanza, il collega mi ha fatto sorridere, ma mi ha anche stimolato questa riflessione.
  Gli osservatori sono estremamente importanti. Noi disponiamo di tante informazioni raffazzonate, come le uso chiamare, e, quindi, abbiamo tanti sguardi sulle realtà, che però costituiscono un quadro solo parziale rispetto a un fenomeno che va captato, per la sua natura, con un'analisi a 360 gradi.
  Questo Osservatorio diventa, pertanto, molto importante. Teniamo conto delle conoscenze del fenomeno che già esistono. L'altra settimana ci è stata consegnata da parte di un corpo delle Forze dell'ordine un'analisi molto preziosa dei delitti, ma bisogna comunque approfondire e studiare il fenomeno in tutte le sue sfaccettature.
  Nel tentativo di farmi un'idea, mi sono accorta, e questo va anche nella direzione di alcuni commenti che sono stati sviluppati prima, che noi in realtà disponiamo di tante soluzioni. Io le ho classificate in tre tipi: soluzioni che costituiscono una risposta efficace, soluzioni che non hanno niente a che fare con il problema e soluzioni che non sono attuate.
  L'Osservatorio e la discussione mirano proprio in questa direzione, a rendere efficaci le soluzioni. Abbiamo tante leggi, che purtroppo non sono applicate né attuate, abbiamo tante soluzioni che sono la famosa bandierina che indica che qualcuno ha voluto dare un contributo e abbiamo tante soluzioni efficaci. Una volta individuate, aumenta anche la motivazione nel mondo politico e istituzionale per trovare le risorse a rifinanziarle. In particolare, sono assolutamente d'accordo che i centri antiviolenza vadano rifinanziati.
  Quanto al mio atteggiamento nei confronti del tema delle unioni civili, io sono favorevole. L'ho più di una volta sottolineato. Per quanto riguarda l'iniziativa legislativa, avevo annunciato che avrei proposto una legge sulle unioni civili: sono in attesa di vedere come si muovono il Parlamento e il Senato. Come vi dicevo, l'importante è fare accadere le cose e che le soluzioni si attivino.
  Per quanto riguarda la conoscenza dei centri antiviolenza, noi abbiamo comunque il numero 1522, il numero antiviolenza attivo 24 ore al giorno attivato dal Dipartimento per le pari opportunità. Intendiamo rafforzare la promozione di questo numero affinché sia a conoscenza di tutti che le prime informazioni si ottengono da quel numero. A quel numero si sporge una denuncia della violenza, che viene classificata, e dagli operatori vengono indicate le soluzioni possibili e anche i centri ai quali si ci si può rivolgere.
  Sono sicura di non essere stata esaustiva. Se sono rimasti interrogativi o domande nei miei confronti, sono comunque sempre disponibile.

  PRESIDENTE. Ministra, le chiedo scusa e chiedo scusa anche ai colleghi, ma la collega Bellanova, che, per ragioni di tempo, è rimasta fuori dal dibattito, chiede gentilmente di poter fare un rapidissimo – proprio flash – intervento.
  Lo chiedo a voi. Se mi date questo consenso tutti, nessuno escluso, glielo consento.

  JOSEFA IDEM, Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. Con questo lei adesso ha detto che ho concluso il mio intervento ? Non ho capito questa interruzione.

  PRESIDENTE. Pensavo che lei avesse concluso.

Pag. 28

  JOSEFA IDEM, Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. No, glielo farò capire. In questo modo ho effettivamente concluso, perché adesso ho perso il filo e, quindi, l'interruzione è stata molto utile al fine di accorciare i tempi ! Comunque, non c’è problema !
  Volevo comunque entrare nel merito della scarsa conoscenza degli strumenti finanziari, che è stata evidenziata dal collega della Lega.
  Si pensa che questo sia un incentivo per quanto riguarda un rafforzamento dell'occupazione e dell'imprenditorialità femminile. È uno strumento efficace, che ha funzionato, e non occorre neanche tanto commentarlo. Funziona e funziona anche per tutti i giovani, non solo per le donne. È uno strumento che funziona punto e basta !
  Vi ringrazio e concludo con questa battuta. De Coubertin aveva detto «L'importante è partecipare». Io dico sempre che questa frase calza meglio dopo le gare, quando uno non ha vinto e almeno se ne fa una filosofia. Prima tutti vanno per vincere e io credo che tutti noi questa gara la vogliamo vincere. È una dichiarazione che possiamo tranquillamente fare in partenza.

  PRESIDENTE. Se voi consentite all'unanimità, darei la parola alla collega Bellanova per un intervento rapidissimo.
  Prego, ne ha facoltà.

  TERESA BELLANOVA. Grazie. Sarà proprio un telegramma.
  Signora ministra, nell'intervento lungo e articolato che ha svolto all'inizio di quest'audizione, lei ha posto molto l'accento sui diritti civili, che ci trova fortemente sensibili, come il dibattito ha dimostrato.
  Tuttavia, poiché è di pertinenza dell'attività che dovrà svolgere il Dipartimento delle pari opportunità, io vorrei sottoporle una questione che riguarda l'emergenza sociale ed economica che vive questo Paese.
  Noi siamo un Paese che ha il 46 per cento di occupazione femminile e nel Mezzogiorno il 27 per cento. Questo è un tema che non può essere riposto nella sfera di interesse personale. È la cifra distintiva di un Governo di emergenza.
  Le vorrei chiedere brevemente: lei si può impegnare a ritornare in Commissione, in Commissione XI o nelle Commissioni congiunte dove affrontiamo il tema dell'occupazione femminile, per indicare le linee che dovranno informare il suo ministero nel rapporto con gli altri ?

  PRESIDENTE. Ci sono tempi da rispettare. Ci si è impegnati ad essere rapidi, dato che siamo oltre la chiusura della discussione; magari si può interloquire privatamente con il ministro. Noi abbiamo alcune regole a cui io posso derogare solo se tutti rispettiamo gli impegni.

  JOSEFA IDEM, Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. Quanto all'intervento testé svolto, mi riservo di svolgere i necessari approfondimenti.

  PRESIDENTE. Ringrazio la ministra e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.10.