CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 29 giugno 2016
664.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 56

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Mercoledì 29 giugno 2016. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.

  La seduta comincia alle 9.20.

Delega al Governo per la riforma del sistema dei confidi.
Emendamenti C. 3209.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), relatrice, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2015-2016.
Emendamenti C. 3821 Governo, approvato dal Senato.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Alessandro NACCARATO, presidente, in sostituzione del relatore impossibilitato a partecipare alla seduta, rileva, in relazione agli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1, che l'emendamento Gagnarli 31.4 presenta profili di criticità, in quanto volto a prevedere il carattere vincolante per le Regioni del parere espresso dall'ISPRA sui calendari venatori regionali, mentre i restanti emendamenti non presentano profili critici. Propone pertanto di esprimere parere contrario sull'emendamento Gagnarli 31.4 e parere di nulla osta sui restanti emendamenti contenuti nel fascicolo 1 (vedi allegato 1).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000, e delega al Governo per la sua attuazione. Delega al Governo per la riforma del libro XI del codice di procedura penale. Modifiche alle disposizioni in materia di estradizione per l'estero: termine per la consegna e durata massima delle misure coercitive.
C. 1460-B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato.
(Parere alle Commissioni riunite II e III).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con osservazione).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), relatrice, ricorda che il Comitato, Pag. 57nella seduta del 19 maggio 2015 ha espresso parere favorevole sul provvedimento in esame, concernente la ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sull'assistenza giudiziaria in materia penale prevista dal Piano di azione contro la criminalità organizzata (orientamento politico n. 4 e raccomandazione n. 16), approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam nel giugno 1997, e, in conformità all'articolo 34 del Trattato sull'Unione Europea allora vigente, adottato dal Consiglio UE il 29 maggio 2000. Il testo della proposta di legge è stato approvato in prima lettura dalla Camera e poi modificato dal Senato. Il Comitato è chiamato quindi ad esprimersi solo sulle modifiche apportate dall'altro ramo del Parlamento. Nel richiamare sui contenuti generali della Convenzione e della proposta di legge, composta da 7 articoli, la relazione svolta in occasione del parere espresso in prima lettura, osserva che si limiterà ad illustrare le parti oggetto di modifica.
  Rileva che l'articolo 3 delega il Governo ad emanare – entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge – uno o più decreti legislativi per dare attuazione alla Convenzione, individuando alcuni principi e criteri direttivi. In particolare, in base alle lettere a) e b) del comma 1, il Governo dovrà prevedere norme volte a migliorare la cooperazione giudiziaria in materia penale con gli Stati membri dell'UE e ad assicurare che l'assistenza giudiziaria dell'Italia sia attuata in maniera rapida ed efficace, nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo-CEDU. Il Senato ha precisato che nell'attuare la delega su questi temi il Governo dovrà tener conto anche dei principi e criteri direttivi relativi alla riforma del libro XI del codice di procedura penale, previsti al successivo articolo 4. Il Senato ha modificato anche la lettera d) del comma 1, che prevede tra gli altri principi direttivi quello di disciplinare gli effetti processuali delle audizioni compiute mediante videoconferenza in base al Titolo II della Convenzione. Il Senato ha precisato che l'attuazione di questo principio dovrà avvenire tenendo conto dell'articolo 205-ter delle disposizioni di attuazione del codice di rito, che disciplina la partecipazione al processo a distanza per l'imputato detenuto all'estero, prevedendo appunto il collegamento audiovisivo. Il Senato ha introdotto alla lettera e) una ulteriore disposizione di delega, volta a prevedere l'applicazione del principio di reciprocità nei confronti di Regno Unito e Irlanda ai quali, in base all'articolo 6 della Convenzione, è consentito di far transitare le richieste di assistenza giudiziaria per le autorità centrali evitando lo scambio diretto tra autorità giudiziarie. Se tali Paesi dovessero avvalersi di questa possibilità, anche le autorità italiane dovrebbero fare altrettanto, in base appunto al principio di reciprocità. Il Governo dovrà inoltre, ai sensi della lettera f), disciplinare la procedura per svolgere le intercettazioni all'estero in attuazione degli articoli da 17 a 22 della Convenzione. Il Senato ha precisato che l'attuazione di questo profilo della delega dovrà essere data nel rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano. Infine, il Senato ha aggiunto, con la lettera g), una ulteriore disposizione di delega, volta a prevedere la responsabilità civile e penale a carico dei funzionari stranieri che, nell'ambito delle consegne sorvegliate sul nostro territorio, di cui all'articolo 12 della Convenzione, causino nell'adempimento della missione dei danni. Il comma 2 del medesimo articolo 3 delinea la procedura per l'emanazione dei decreti legislativi, che prevede l'acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentari: Il Senato ha precisato che si tratta tanto delle commissioni competenti nel merito quanto delle commissioni competenti per i profili finanziari.
  L'articolo 4, come già accennato, individua i principi e criteri direttivi per la riforma del libro XI del codice di rito, in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere. Nel corso dell'esame al Senato sono state aggiunte due lettere, corrispondenti alle lettere a) e b) del testo attuale. È stato così anzitutto precisato alla lettera a) che nella riforma il Governo dovrà tenere distinti i rapporti con le Pag. 58autorità di Stati membri dell'Unione europea da quelli con le autorità di Stati diversi. In relazione ai primi, infatti, la cooperazione giudiziaria in materia penale dovrà essere realizzata nel rispetto dei Trattati e degli atti normativi UE; solo in assenza di disposizioni specifiche, si potranno applicare le convenzioni internazionali e le norme di diritto internazionale generale e, in via residuale, le disposizioni del codice di procedura. Nei rapporti con gli Stati non membri dell'Unione europea la cooperazione giudiziaria si dovrà svolgere nel rispetto delle convenzioni internazionali e del diritto internazionale e, in via residuale, nel rispetto di quanto disciplinato dal codice di procedura penale. In entrambi i casi, ai sensi della lettera b), è riconosciuto il potere del Ministro della giustizia di rifiutare la cooperazione se lo Stato richiedente assistenza non fornisce idonee garanzie di reciprocità. La distinzione in base alla partecipazione all'UE è ripresa anche dai principi relativi alla disciplina processuale dell'assistenza giudiziaria a fini di giustizia penale, indicati alla lettera c). In particolare il numero 4) indica i criteri per la risoluzione dei conflitti quando gli atti da compiere investano le competenze di distretti giudiziari diversi. Al riguardo il Senato ha precisato che, se si tratta di attività che richiedono l'autorizzazione del giudice, la Corte di cassazione dirime il conflitto con procedura in camera di consiglio (articoli 32 e 127 del codice di procedura penale), dandone avviso al solo procuratore generale presso la Cassazione e comunicando la propria decisione, oltre che all'autorità giudiziaria designata anche al Ministro della giustizia; se il conflitto riguarda attività che non richiedono l'intervento del giudice, si applicano le procedure dettate per il contrasto tra pubblici ministeri (articolo 54 e seguenti del codice di procedura penale). Con il numero 5), introdotto dal Senato, sono indicate le ipotesi nelle quali l'autorità giudiziaria può non dare corso alla richiesta di assistenza. Si tratta di una elencazione di casi (atti contrari alla legge o ai principi del nostro ordinamento; fatto con previsto come reato nel nostro ordinamento; procedimento penale che possa essere ritenuto discriminatorio; possibile ostacolo a indagini in corso in Italia) in presenza dei quali l'assistenza giudiziaria può essere negata. Il Senato ha anche modificato il numero 9) concernente l'impiego della videoconferenza per consentire la partecipazione al procedimento a distanza non solo dell'imputato, ma anche del testimone o del perito, nei rapporti con altri Stati dell'Unione europea e il numero 10) concernente la possibilità di costituire squadre investigative comuni nell'ambito dell'Unione europea o nella cooperazione con paesi terzi, stabilendo che della costituzione della squadra dovrà essere informato il Ministro della giustizia. Nel corso dell'esame al Senato è stato integrato il numero 14, nel senso di prevedere che l'eventuale citazione all'estero di un testimone o di un perito possa essere autorizzata dal Ministro della giustizia sono in presenza di garanzie circa l'immunità della persona citata. La lettera d), parzialmente modificata dal Senato, detta principi e criteri direttivi per riformare la disciplina dell'estradizione. In particolare è stato introdotto il numero 9) che prevede che il Ministro della Giustizia è competente a decidere in ordine all'accettazione delle condizioni poste dallo Stato estero per concedere l'estradizione e al rispetto di tali condizioni sarà vincolata anche l'autorità giudiziaria. Inoltre, il Senato ha precisato, modificando il numero 2), che la competenza per il riconoscimento della sentenza straniera è attribuita alla corte d'appello ed ha individuato una serie di casi in presenza dei quali il riconoscimento dovrà essere negato: sentenza non irrevocabile, contraria ai principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, pronunciata da un giudice non indipendente o a seguito di processo non equo, discriminatoria; fatto non previsto come reato in Italia, fatto oggetto di giudizio penale in Italia; bene da confiscare in base alla sentenza non confiscabile nel nostro ordinamento. Il Senato ha anche delineato, con il nuovo numero 3), il procedimento che dovrà essere seguito per riconoscere Pag. 59la sentenza straniera. In particolare, la corte d'appello, nel dare esecuzione alla sentenza, dovrà determinare la pena da eseguire nel nostro Stato, tenendo conto di quanto previsto dal nostro codice penale e rispettando il limite massimo di pena previsto per il fatto nel nostro ordinamento. Eventuali benefici che siano stati già riconosciuti nello Stato che ha emesso la sentenza dovranno essere convertiti in analoghe misure previste nel nostro ordinamento. Nel procedimento di riconoscimento il legislatore delegato dovrà prevedere il potere del Ministro della giustizia, fermo il rispetto dei nostri principi fondamentali, di garantire allo Stato estero l'osservanza di eventuali condizioni particolari richieste per l'esecuzione. Il Senato ha esplicitato, inserendo il numero 6) i presupposti in base ai quali la corte d'appello può concedere o negare l'estradizione: in assenza di convenzione, l'estradizione dovrà essere concessa se sussistono gravi indizi di colpevolezza, una sentenza irrevocabile di condanna e se, per i medesimi fatti, non è in corso un procedimento penale in Italia, né è già stata pronunciata sentenza irrevocabile. Ai sensi poi del numero 7), introdotto anch'esso al Senato, la corte d'appello dovrà invece, in ogni caso, negare l'estradizione se il fatto per il quale è richiesta è punito con la pena di morte, se il procedimento penale che sarà seguito non assicura il rispetto dei diritti fondamentali, se la sentenza irrevocabile che dovrà essere eseguita contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, se si ritiene che la persona possa essere sottoposta ad atti persecutori o discriminatori. In ordine alla formulazione del numero 6) – che consente l'estradizione anche in assenza di convenzione, se ricorrono alcuni presupposti – ricorda che l'articolo 26, primo comma, della Costituzione prevede che «L'estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali». Quanto ai principi in materia di riconoscimento di sentenze penali di altri Stati e di riconoscimento all'estero di sentenze penali italiane, prevista dalla lettera e) la delega è ispirata in primo luogo a principi di massima semplificazione. Inoltre, il Senato ha precisato, con il nuovo numero 2), che la competenza per il riconoscimento della sentenza straniera è attribuita alla corte d'appello ed ha individuato una serie di casi in presenza dei quali il riconoscimento dovrà essere negato: sentenza non irrevocabile, contraria ai principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, pronunciata da un giudice non indipendente o a seguito di processo non equo, discriminatoria; fatto non previsto come reato in Italia, fatto oggetto di giudizio penale in Italia; bene da confiscare in base alla sentenza non confiscabile nel nostro ordinamento. Il Senato ha anche delineato, con l'introduzione del numero 3), il procedimento che dovrà essere seguito per riconoscere la sentenza straniera. In particolare, la corte d'appello, nel dare esecuzione alla sentenza, dovrà determinare la pena da eseguire nel nostro Stato, tenendo conto di quanto previsto dal nostro codice penale e rispettando il limite massimo di pena previsto per il fatto nel nostro ordinamento. Eventuali benefici che siano stati già riconosciuti nello Stato che ha emesso la sentenza (es. sospensione condizionale della pena o liberazione condizionale) dovranno essere convertiti in analoghe misure previste nel nostro ordinamento. Nel procedimento di riconoscimento il legislatore delegato dovrà prevedere il potere del Ministro della giustizia, fermo il rispetto dei nostri principi fondamentali, di garantire allo Stato estero l'osservanza di eventuali condizioni particolari richieste per l'esecuzione. In materia di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie nei rapporti con Stati membri dell'Unione europea alla lettera f), parzialmente modificata dal Senato, si prevede tra l'altro che: ai fini della garanzia giurisdizionale la competenza sia attribuita alla corte d'appello, con il procedimento già descritto per il riconoscimento delle sentenze straniere (come precisato nel corso dell'esame in Senato); le decisioni giudiziarie emesse dalle competenti autorità degli Stati dell'Unione europea Pag. 60possano essere eseguite nel territorio dello Stato in base al principio del mutuo riconoscimento e che l'autorità giudiziaria italiana possa essere destinataria diretta delle decisioni giudiziarie da eseguirsi nel territorio dello Stato e possa richiedere alle competenti autorità degli altri Stati dell'Unione europea l'esecuzione di proprie decisioni in conformità al principio del mutuo riconoscimento. Viene quindi meno la preventiva valutazione del Ministro della giustizia, salva la sussistenza del potere di garantire, nei casi e nei modi previsti dalla legge, l'osservanza delle condizioni eventualmente richieste in casi particolari per l'esecuzione all'estero o nel territorio dello Stato della decisione della quale è stato chiesto il riconoscimento. Si prevede inoltre che sia stabilita l'impugnabilità – in genere senza effetto sospensivo dell'esecutività – delle decisioni di riconoscimento. Come precisato dal Senato, l'effetto sospensivo potrà essere previsto in ragione della rilevanza dei beni della persona coinvolti nelle procedure di riconoscimento; siano stabiliti rimedi a tutela dei diritti dei terzi di buona fede, eventualmente pregiudicati dall'esecuzione della decisione. La lettera g) delega il Governo a disciplinare il trasferimento dei procedimenti giurisdizionali tra Stati diversi, prevedendo in particolare che, se il procedimento deve passare dall'autorità giudiziaria italiana alla giurisdizione di altro Stato, il Ministro della giustizia sia interpellato per potersi opporre. Il trasferimento dovrà comunque assicurare l'idoneità – per legame con il fatto per il quale si procede o con le fonti di prova – della decisione assunta dalla giurisdizione di altro Stato.
  L'articolo 5 introduce modifiche agli articoli 698, 708 e 714 del codice di procedura delle sentenze penali in materia di estradizione per l'estero. In particolare, la modifica all'articolo 698, comma 2, del codice di procedura penale, introdotta dal Senato, riguarda la tutela dei diritti fondamentali ed è volta a circoscrivere ulteriormente le ipotesi di concessione dell'estradizione verso uno Stato che potrebbe applicare la pena di morte. A fronte della formulazione attuale, che consente l'estradizione in presenza di assicurazioni all'autorità giudiziaria e al Ministro della giustizia circa la non esecuzione della pena capitale, la proposta di legge subordina l'estradizione all'emanazione da parte dell'autorità giudiziaria estera di una decisione irrevocabile che applichi una pena diversa dalla pena di morte o che commuti la pena di morte in altra pena. La verifica è rimessa all'autorità giudiziaria italiana.
  L'articolo 6 reca la clausola di invarianza finanziaria e le disposizioni correttive volte ad assicurare la copertura finanziaria dei decreti legislativi, qualora determinino nuovi o maggiori oneri. In particolare, il Senato ha precisato che se dall'attuazione della delega deriveranno nuovi oneri, i decreti legislativi potranno essere emanati solo successivamente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi che stanzino le necessarie risorse finanziarie.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole con un'osservazione, volta ad invitare le Commissioni di merito a valutare la formulazione dell'articolo 4, comma 1, lettera d), n. 6), alla luce di quanto disposto dall'articolo 26, primo comma, della Costituzione (vedi allegato 2).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

Introduzione nel codice penale del reato di frode in processo penale e depistaggio.
C. 559-B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato.
(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole)

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Alessandro NACCARATO, presidente e relatore, ricorda che la proposta di legge C. 559-B, che torna all'esame della Camera dopo l'approvazione con modifiche Pag. 61al Senato, introduce nel codice penale il reato di frode processuale e depistaggio, definendone le conseguenze penali. Ricorda, infatti, che il nostro ordinamento penale non prevede un reato specifico di depistaggio, ma una serie di disposizioni che puniscono la condotta di colui il quale in vario modo intralcia la giustizia: basti pensare alla falsa testimonianza, alla calunnia e all'autocalunnia, al favoreggiamento personale, al falso ideologico, alle false informazioni al pubblico ministero. Si tratta – come per il depistaggio – di comportamenti, anche omissivi, volti con diverse modalità ad ostacolare l'acquisizione della prova o l'accertamento dei fatti nel processo penale.
  Rispetto al testo già approvato dalla Camera: il Senato, tornando all'impostazione originaria dell'A.C. 559 , ha previsto che il reato possa essere commesso solo dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio (cosiddetto reato proprio); ha elevato le pene edittali; ha introdotto nuove circostanze aggravanti e attenuanti.
  Quanto al contenuto, il provvedimento si compone di tre articoli.
  L'articolo 1, comma 1, sostituisce l'articolo 375 del codice penale (attualmente relativo alle circostanze aggravanti dei delitti di falsità processuale) per punire con la reclusione da 3 a 8 anni il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che compia una delle seguenti azioni, finalizzata ad impedire, ostacolare o sviare un'indagine o un processo penale: mutare artificiosamente il corpo del reato, lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone connessi al reato; affermare il falso o negare il vero ovvero tacere in tutto o in parte ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, ove richiesto dall'autorità giudiziaria o dalla polizia giudiziaria di fornire informazioni in un procedimento penale. La norma ha carattere sussidiario, essendo applicabile solo quando il fatto non presenti gli estremi di un più grave reato (primo comma). Si tratta di un reato proprio, in quanto soggetto attivo può essere solo un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio; nel testo approvato dalla Camera, invece, il reato era comune («chiunque») e la commissione da parte del pubblico ufficiale determinava l'applicazione di un'aggravante. L'elemento soggettivo è il dolo specifico, perché oltre alla coscienza e volontà della condotta occorre il fine di «impedire, ostacolare o sviare un'indagine». La pena da applicare è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso mediante distruzione, soppressione, occultamento, danneggiamento, in tutto o in parte, ovvero formazione o artificiosa alterazione, in tutto o in parte, di un documento o di un oggetto da impiegare come elemento di prova o comunque utile alla scoperta del reato o al suo accertamento (secondo comma). Si applica la pena della reclusione da 6 a 12 anni se il fatto è commesso in relazione a procedimenti penali relativi ad alcuni specifici reati (terzo comma). La pena è diminuita dalla metà a due terzi se l'autore del fatto si adopera per: ripristinare lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove; evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori aiutare concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto oggetto di inquinamento processuale e depistaggio e nell'individuazione degli autori (quarto comma). Quando le circostanze aggravanti (secondo e terzo comma) concorrono con circostanze attenuanti – diverse da quelle previste dal quarto comma e dagli articoli 98 e 114 del codice penale (minore età e minima importanza nella partecipazione ai fatti, in caso di concorso) – le attenuanti non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto alle prime e le diminuzioni di pena si applicano sulla quantità di pena risultante dall'aumento derivante dalle aggravanti (quinto comma). Il sesto comma del nuovo articolo 375 del codice penale prevede che alla condanna per il delitto di frode in processo penale e depistaggio consegua, in caso di reclusione superiore a 3 anni, la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Infine, la disposizione, a seguito delle modifiche approvate dal Senato, afferma l'applicabilità della fattispecie Pag. 62penale anche quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio siano cessati dall'ufficio o dal servizio (settimo comma). La norma poi esclude la punibilità se il fatto è commesso con riferimento ad un reato procedibile a querela, richiesta o istanza e questa non è stata presentata (ottavo comma) e afferma l'applicabilità della fattispecie penale anche quando la frode o il depistaggio attengono alle indagini e ai processi della Corte penale internazionale, in ordine ai crimini definiti dallo Statuto della Corte medesima (nono comma).
  L'articolo 1, comma 2 , interviene sul primo comma dell'articolo 374 del codice penale e innalza a 1 anno (nel minimo) e a 5 anni (nel massimo) la pena della reclusione per chi si rende responsabile del reato di frode processuale nell'ambito di un procedimento civile o amministrativo, e cioè per colui il quale – nell'ambito di tale procedimento – al fine di trarre in inganno il giudice in un atto d'ispezione o di esperimento giudiziale, ovvero il perito nell'esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo stato dei luoghi o delle cose.
   L'articolo 1, comma 3, inserisce nel codice penale l'articolo 383-bis e vi colloca le circostanze che aggravano non solo il depistaggio, ma anche alcuni altri delitti contro l'amministrazione della giustizia, riprendendo l'attuale formulazione dell'articolo 375 del codice penale. Il Senato è intervenuto su questa disposizione per innalzare le pene.
  L'articolo 1, comma 4, modifica la disciplina della prescrizione del reato prevedendo il raddoppio dei termini di prescrizione per il delitto di frode in processo penale e depistaggio aggravato, di cui al terzo comma dell'articolo 375 del codice penale. Il Senato ha inoltre soppresso la modifica – prevista dal testo della Camera – dell'articolo 384, primo comma, del codice penale, volta ad aggiungere il reato di inquinamento processuale e depistaggio alle fattispecie cui sono riferibili i casi di non punibilità.
  L'articolo 2 della proposta di legge, introdotto dal Senato, inserisce nel codice penale il nuovo articolo 384-ter (Circostanze speciali). La nuova disposizione prevede che, nel caso in cui i delitti di false informazioni al pubblico ministero (articolo 371-bis), di falsa testimonianza (articolo 372), di frode processuale (articolo 374) e di favoreggiamento personale (articolo 378) siano commessi al fine di impedire, ostacolare o sviare un'indagine o un processo penale in relazione ad alcuni specifici delitti (gli stessi delitti che sono richiamati nel terzo comma del nuovo articolo 375, cui si rinvia), la pena è aumentata dalla metà a due terzi e non opera la sospensione prevista nei casi di false informazioni al pubblico ministero o al difensore. Analogamente a quanto previsto dall'articolo 375 del codice penale, anche in questi casi la pena è diminuita dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per ripristinare lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove, nonché per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto oggetto di inquinamento processuale e depistaggio e nell'individuazione degli autori.
  Infine, l'articolo 3, anch'esso introdotto dal Senato, modifica l'articolo 376 del codice penale, per affermare anche in relazione al nuovo delitto di frode in processo penale e depistaggio la non punibilità del colpevole che entro la chiusura del dibattimento ritratti il falso e manifesti il vero.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, l'intervento è riconducibile alla competenza legislativa esclusiva statale, con riguardo all'ordinamento penale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 3).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

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Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali nonché disposizioni per la riqualificazione ed il recupero dei centri storici.
Ulteriore nuovo testo unificato C. 65 Realacci ed abb.
(Parere alle Commissioni riunite V e VIII).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Marilena FABBRI (PD), relatrice, rileva che il testo unificato delle proposte di legge nn. 65 e 2284, che consta di sedici articoli, contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici. Il testo, adottato come nuovo testo base dalla Commissione di merito, è stato modificato nel corso dell'esame degli emendamenti.
  L'articolo 1, al comma 1 precisa le finalità generali della proposta di legge, richiamando gli articoli 3, 44, secondo comma, 117 e 119, quinto comma, della Costituzione e la conformità agli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale di cui all'articolo 3 del Trattato sull'UE e di pari opportunità per le zone con svantaggi strutturali e permanenti di cui all'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'UE (TFUE). Il comma 3 reca la definizione di «piccolo comune», che deve avere una popolazione residente fino a 5.000 abitanti o essere stato istituito a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno popolazione fino a 5.000 abitanti, e che deve rientrare in una delle tipologie ivi elencate. Osserva in proposito che la tipologia di cui alla lettera m) del comma 3, riguardante i comuni istituiti a seguito di fusione, andrebbe coordinata con la prima parte della definizione, che già contempla tale requisito. Ai sensi del comma 4, le regioni possono prevedere ulteriori tipologie di comuni, tenuto conto della specificità del proprio territorio. Il comma 5 prevede che i dati concernenti la popolazione dei comuni siano periodicamente aggiornati e resi pubblici conformemente a quelli elaborati dall'ISTAT e che, in sede di prima applicazione, è considerata la popolazione risultante dall'ultimo censimento ISTAT. Si osserva che andrebbe valutato se definire un termine preciso per l'aggiornamento dei dati, considerato che il comma 7 prevede la revisione triennale dell'elenco dei «piccoli comuni». Il comma 2 disciplina l'applicazione delle norme della legge nei comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti, nonché nei comuni istituiti a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno popolazione residente fino a 5.000 abitanti, non rientranti nell'elenco dei «piccoli comuni». Tale comma dispone che, fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, tali comuni esclusi attuino le citate disposizioni nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Il comma 2 stabilisce altresì che le regioni, nell'ambito delle proprie competenze, possono definire interventi ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge per il raggiungimento delle finalità di cui al comma 1, anche al fine di concorrere all'attuazione della Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese. Si osserva che tale disposizione, che sembra avere una portata generale, potrebbe trovare più opportunamente un'autonoma collocazione (alla stregua di quanto prevedeva il testo iniziale dell'A.C. 65), atteso che il comma 2 detta disposizioni limitate ai comuni non rientranti nell'elenco dei «piccoli comuni».
  L'articolo 2 demanda a una pluralità di enti la possibilità di assicurare, secondo le rispettive competenze, che nei piccoli comuni siano perseguite la qualità e l'efficienza dei servizi essenziali, con particolare riguardo ad ambiente, protezione civile, istruzione, sanità, servizi socio-assistenziali, trasporti, viabilità e servizi postali. In attuazione delle predette finalità, il comma 2 dispone la facoltà nei piccoli comuni, anche in forma associata, di istituire centri multifunzionali, con la Pag. 64possibilità del concorso di regioni e province alla copertura delle relative spese, nei quali concentrare: la fornitura di una pluralità di servizi per i cittadini, nonché lo svolgimento di attività di volontariato e di associazionismo culturale. Il medesimo comma 2 prevede altresì la possibilità che i centri multifunzionali stipulino con gli imprenditori agricoli le convenzioni e i contratti d'appalto previsti dalla vigente normativa sulla modernizzazione del settore agricolo, per lo svolgimento di attività volte alla cura e alla manutenzione del territorio.
  L'articolo 3 disciplina l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, di un Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni per il finanziamento di investimenti per l'ambiente e i beni culturali, la mitigazione del rischio idrogeologico, la salvaguardia e la riqualificazione urbana dei centri storici, la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici, lo sviluppo economico e sociale, l'insediamento di nuove attività produttive. Ai fini dell'utilizzo delle suddette risorse, i commi 2 e 3 prevedono, rispettivamente, la predisposizione di un Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni, da approvare con decreto del Presidente del Consiglio, previa intesa in sede di Conferenza unificata, e l'individuazione, con successivi decreti del Presidente del Consiglio, dell'elenco di interventi prioritari assicurati dal Piano nazionale. In particolare, nel Piano sono definite le modalità di presentazione dei progetti da parte delle amministrazioni comunali, nonché di selezione dei progetti medesimi da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri sulla base dei criteri individuati nella norma.
  L'articolo 4, ai commi da 1 a 3, prevede la possibilità, per i piccoli comuni, di individuare, all'interno del perimetro dei centri storici, zone di particolare pregio, in cui realizzare interventi integrati pubblici e privati finalizzati alla riqualificazione urbana, nel rispetto delle tipologie e delle strutture originarie, attraverso gli strumenti all'uopo previsti dalla vigente normativa statale e regionale in materia. Il comma 2 disciplina le modalità di approvazione e i contenuti degli interventi integrati in questione. Viene infatti disposto che tali interventi sono approvati dal comune con propria deliberazione e prevedono: il risanamento, la conservazione e il recupero del patrimonio edilizio da parte di soggetti privati; la realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico, nel rispetto dei caratteri identificativi e tipici delle zone di cui al comma 1; la manutenzione straordinaria dei beni pubblici già esistenti da parte dell'ente locale e il riuso del patrimonio edilizio inutilizzato; il miglioramento e l'adeguamento degli arredi e dei servizi urbani; gli interventi finalizzati al consolidamento statico e antisismico degli edifici storici; la realizzazione di infrastrutture e servizi adeguati; il miglioramento dei servizi urbani quali l'illuminazione, la pulizia delle strade, i parcheggi, l'apertura e la gestione di siti di rilevanza storica, artistica e culturale. In base al comma 3 le regioni possono prevedere forme di indirizzo e coordinamento finalizzate al recupero e alla riqualificazione dei centri storici, anche in relazione agli interventi integrati approvati dai comuni. Il comma 4 prevede la possibilità per i comuni di realizzare alberghi diffusi, avvalendosi delle risorse del fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni di cui all'articolo 3. La stessa disposizione definisce come alberghi diffusi le strutture ricettive ricavate dal recupero e dal restauro conservativo degli immobili inutilizzati e in stato di degrado, che si trovano in borghi antichi o in centri storici abbandonati o parzialmente spopolati. Per quanto attiene la definizione di albergo diffuso, ricorda che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 80 del 2012, ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 79 del 2011, in materia di classificazione e disciplina delle strutture ricettive alberghiere e paralberghiere, poiché la disposizione aveva accentrato in capo allo Stato compiti e funzioni la cui disciplina era stata rimessa alle Regioni e alle Province autonome dall'articolo 1 dell'accordo tra lo Pag. 65Stato, le Regioni e le Province autonome recepito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 settembre 2002. La Corte ha specificato che la disposizione realizzava un accentramento di funzioni legislative 7 spettanti in via ordinaria alle Regioni, in virtù della loro competenza legislativa residuale in materia di turismo. Tale spostamento aveva quindi alterato il riparto di competenze tra Stato e Regioni nella suddetta materia. Osserva, quindi che l'articolo 4, comma 4, nella parte in cui reca la definizione di albergo diffuso debba essere valutato dalle Commissioni di merito alla luce della richiamata sentenza della Corte costituzionale.
  L'articolo 5 prevede che i piccoli comuni, anche avvalendosi delle risorse di cui all'articolo 3, comma 1, hanno la facoltà di adottare misure volte all'acquisizione e alla riqualificazione di immobili al fine di contrastare l'abbandono di terreni e di edifici in stato di abbandono o di degrado.
  L'articolo 6 stabilisce che i piccoli comuni, anche in forma associata, potranno acquisire stazioni ferroviarie disabilitate o case cantoniere della società ANAS Spa, al valore economico definito dai competenti uffici dell'Agenzia del territorio, oppure stipulare intese finalizzate al recupero di tali beni. Questi potranno essere destinati, anche attraverso l'istituto del comodato, a favore di organizzazioni di volontariato e a presìdi di protezione civile e salvaguardia del territorio. In alternativa, d'intesa con Invitalia – Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, potranno essere destinati a sedi di promozione ed eventuale vendita dei prodotti tipici locali e per altre attività comunali. È inoltre previsto che i piccoli comuni possano acquisire il sedime ferroviario dismesso, da utilizzare principalmente per la realizzazione di piste ciclabili. Il comma 2 prevede in particolare che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in collaborazione con Ferrovie dello Stato e previo accordo con regioni ed enti locali interessati, promuova la realizzazione di circuiti e itinerari turistico-culturali, volti alla fruizione dei percorsi connessi alla rete ferroviaria storica, con particolare riferimento al territorio delle piccole comunità. Il comma 3 prevede che ai piccoli comuni si applicano le disposizioni di cui all'articolo 135, comma 4, lettera d), del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004. Tale disposizione prevede che i piani paesaggistici, con riferimento ai diversi ambiti, definiscono apposite prescrizioni e previsioni ordinate in particolare ad una serie di finalità, tra le quali l'individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO. Andrebbe valutata l'opportunità di chiarire la portata normativa della disposizione tenuto conto che la norma richiamata ha un'applicazione di carattere generale.
  L'articolo 7 prevede la possibilità, per i piccoli comuni, anche in forma associata, di stipulare convenzioni con le diocesi cattoliche e le rappresentanze delle altre confessioni religiose che hanno concluso intese con lo Stato italiano, ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione. La finalità è quella di salvaguardare e recuperare i beni culturali, storici, artistici e librari degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, anche avvalendosi delle risorse relative al Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno dall'articolo 3 e di quelle rese disponibili da operatori economici privati.
  L'articolo 8 stabilisce, al comma 1, che le aree dei piccoli comuni individuati dalla proposta di legge, che rientrano nelle «aree bianche», ossia a fallimento di mercato, possano essere destinatarie delle risorse previste, in attuazione del piano per la banda ultralarga del 2015, per le aree a fallimento di mercato. Si tratta delle aree per le quali la delibera CIPE 6 agosto 2015, n. 65 ha previsto uno stanziamento pari a 2,2 miliardi di euro a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione Pag. 66(FSC) 2014-2020, per interventi di immediata attivazione. Andrebbe pertanto chiarita l'effettiva portata normativa del comma 1 dell'articolo 8. Infatti già sulla base della mappatura del territorio nazionale in essere le aree dei comuni di cui alla proposta di legge che rientrino nelle aree a fallimento di mercato, saranno destinatarie degli interventi di realizzazione della banda ultralarga finanziati sulla base della delibera CIPE 6 agosto 2015, n. 65. Il comma 2 prevede che i progetti informatici riguardanti i piccoli comuni conformi ai requisiti prescritti dalla legislazione nazionale e dell'Unione europea, abbiano la precedenza nell'accesso ai finanziamenti pubblici previsti dalla normativa vigente per la realizzazione dei programmi di e-government. In tale ambito sono definiti come prioritari i collegamenti informatici nei centri multifunzionali per la fornitura di una pluralità di servizi da parte dei comuni (previsti dall'articolo 2, comma 2), compresi quelli realizzati attraverso l'utilizzo di sistemi di telecomunicazione a banda larga e senza fili. Il comma 3 prevede infine che il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione dia priorità ai piccoli comuni, anche in forma associata, nella individuazione delle iniziative di innovazione tecnologica individuate per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.
  L'articolo 9, comma 1, per favorire il pagamento di imposte, tasse e tributi nonché dei corrispettivi dell'erogazione di acqua, energia, gas e di ogni altro servizio nei piccoli comuni, consente di utilizzare la rete telematica gestita dai concessionari del Ministero dell'economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per l'attività di incasso e trasferimento di somme, previa convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze medesimo, nel rispetto della disciplina riguardante i servizi di pagamento e delle disposizioni adottate in materia dalla Banca d'Italia. Osserva che il riferimento alla «rete telematica gestita dai concessionari del Ministero dell'economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato» sembra non consentire di individuare con precisione l'infrastruttura tramite la quale potranno essere effettuati i predetti flussi di pagamenti. Il comma 2 consente ai piccoli comuni, anche in forma associata e d'intesa con la regione, in conformità alla normativa europea e nazionale e fermo restando il rispetto della normativa regolatoria di settore, di proporre iniziative per sviluppare l'offerta complessiva dei servizi postali congiuntamente ad altri servizi in specifici ambiti territoriali. Tali ambiti saranno individuati tenuto conto di ragioni di efficienza e razionalizzazione della fornitura dei servizi e valorizzando la presenza capillare degli uffici postali del fornitore del servizio universale postale. Si prevede che di tali iniziative, che dovranno essere valutate favorevolmente da parte del fornitore del servizio universale postale, sia data informazione, a cura dello stesso fornitore del servizio universale, al Ministero dello sviluppo economico e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM). Viene inoltre riconosciuta, ai sensi del comma 3. ai piccoli comuni la facoltà di stipulare convenzioni, d'intesa con le organizzazioni di categoria e con la società Poste italiane Spa, affinché i pagamenti su conti correnti, in particolare quelli relativi alle imposte comunali, i pagamenti dei vaglia postali, nonché altre prestazioni possano essere effettuati presso gli esercizi commerciali di comuni o frazioni non serviti dal servizio postale, e affidare a Poste italiane spa la gestione dei servizi di tesoreria e di cassa.
  L'articolo 10 prevede che i piccoli comuni possano promuovere il consumo e la commercializzazione dei prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta a chilometro utile. A tal fine, viene fornita la definizione di filiera corta, intesa come «filiera produttiva caratterizzata dall'assenza di intermediari commerciali», e da prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta a chilometro utile, intesi come prodotti provenienti da filiera corta, le cui aree di produzione, anche se ricadenti in più regioni, sono poste ad una distanza che non supera i 50 chilometri dal luogo Pag. 67di vendita, o che sono comprese nei territori dei comuni confinanti. Rileva, al riguardo, che il combinato disposto delle due disposizioni sembra configurare come unica ipotesi quella della «vendita diretta» e della «filiera corta». Il comma 3 stabilisce che l'utilizzo di prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta a chilometro utile e dei prodotti agroalimentari ecologici costituisca un titolo preferenziale, ai fini dell'aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi o di forniture di prodotti alimentari destinati alla ristorazione collettiva dei piccoli comuni, nel caso in cui tale utilizzo sia previsto in quantità superiori ai criteri minimi ambientali stabiliti dai paragrafi 5.3.1. e 6.3.1. dell'allegato I annesso al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 luglio 2011. Andrebbe valutata l'opportunità di coordinare la predetta disposizione con gli articoli 34 e 144 del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, che riguardano rispettivamente i criteri ambientali minimi e i servizi di ristorazione.
  L'articolo 11 prevede, al comma 1, che i piccoli comuni riservino almeno il 25 per cento del totale dei posteggi delle aree pubbliche destinate ai mercati alimentari di vendita diretta agli imprenditori agricoli che vendono i prodotti agroalimentari, inclusi quelli ecologici, provenienti da filiera corta a chilometro utile. Il comma 2 prevede che per la vendita dei medesimi prodotti le strutture commerciali ubicate nei piccoli comuni sono tenute ad allestire appositi spazi in modo da rendere edotti gli acquirenti sugli elementi distintivi di qualità e di sostenibilità ambientale dei prodotti in vendita. La disposizione sembra configurare un obbligo applicabile solo per gli esercizi commerciali dei piccoli comuni e non per quelli che operano nella grande distribuzione.
  L'articolo 12, intitolato alla vendita dei prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta, nel testo fa riferimento invece alla vendita nei mercati alimentari di vendita diretta, prevedendo che possano svolgere tale attività gli imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese, la cui azienda agricola sia ubicata nell'ambito territoriale amministrativo della regione o negli ambiti definiti dalle singole amministrazioni competenti. Gli amministratori dell'impresa non devono aver riportato condanne con sentenze passate in giudicato per delitti in materia di igiene e di frode nella preparazione degli alimenti. Rileva, in proposito, che in tal caso non risulta specificata l'applicabilità della norma ai soli piccoli comuni; per la generalità vale quanto previsto dal decreto ministeriale 20 novembre 2007, che disciplina la vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli nei mercati riservati, dove si prevede, oltre ai due requisiti richiamati nell'articolo 12, anche quello relativo alla provenienza dei prodotti agricoli dalla propria azienda, ottenuti anche a seguito di manipolazione e trasformazione, ovvero di prodotti ottenuti nell'ambito territoriale definito, nel rispetto del limite di prevalenza di cui all'articolo 2135 del codice civile.
  L'articolo 13 pone in capo ai comuni che esercitano obbligatoriamente in forma associata le funzioni fondamentali mediante unione di comuni o unione di comuni montani l'obbligo di svolgere le funzioni di programmazione in materia di sviluppo socio-economico, e quelle che riguardano l'impiego delle occorrenti risorse finanziarie, anche derivanti dai fondi strutturali dell'Unione europea. È fatto divieto di ricorrere alla creazione di nuovi soggetti, agenzie o strutture comunque denominate per lo svolgimento di tale compito. Le regioni devono adottare gli opportuni provvedimenti per recepire la disciplina dell'Unione europea in materia di sviluppo delle aree rurali e montane.
  L'articolo 14 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, predispone, in coerenza con la strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, il Piano per i trasporti e Pag. 68il Piano per l'istruzione, entrambi destinati alle aree rurali e montane. Il Piano per i trasporti deve avere come obiettivo il miglioramento delle reti infrastrutturali, il coordinamento tra i servizi, pubblici e privati, finalizzati al collegamento tra i comuni delle aree rurali e montane, nonché il collegamento degli stessi con i comuni capoluogo di provincia e regione. Occorre valutare se il Piano per i trasporti non debba essere elaborato su diretta proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, eventualmente prevedendo il concerto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Il Piano per l'istruzione deve avere particolare riferimento al collegamento delle scuole ubicate in tali aree, all'informatizzazione e alla progressiva digitalizzazione.
  L'articolo 15 contiene la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 16 stabilisce che sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che perseguono le finalità della presente legge ai sensi di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione. La disposizione potrebbe essere intesa nel senso di escludere le regioni a statuto speciale e le province autonome dall'ambito di applicazione della legge. Si segnala che tutte le autonomie speciali hanno competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali. Si segnala altresì che gli ambiti di intervento della legge sono molteplici, alcuni dei quali, peraltro, attengono a funzioni tipicamente statali come ad esempio lo sviluppo della rete in banda ultra larga e programmi di e-government (articolo 8) o le disposizioni relative ai servizi postali e all'effettuazione di pagamenti (articolo 9) che quindi dovrebbero riguardare tutto il territorio nazionale.
  Con riguardo alle competenze legislative costituzionalmente definite, le disposizioni del provvedimento in esame appaiono prevalentemente riconducibili alle disposizioni dettate dall'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, che prevede che lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettuai interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale e per rimuovere gli squilibri economici e sociali, nonché alle materie «sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie». Relativamente a singole disposizioni possono essere richiamate una pluralità di materie, tra cui la tutela dell'ambiente, l'ordinamento civile e la tutela della concorrenza, assegnate alla competenza legislativa esclusiva statale (articolo 117, secondo comma, lettere s), l) ed e) della Costituzione), il governo del territorio, l'ordinamento della comunicazione e l'istruzione, demandate alla competenza concorrente tra Stato e regioni (articolo 117, terzo comma, della Costituzione), nonché turismo, agricoltura e commercio, ascritte alla competenza residuale delle regioni (articolo 117, quarto comma, della Costituzione).
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole con quattro osservazioni (vedi allegato 4).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

  La seduta termina alle 9.40.

INTERROGAZIONI

  Mercoledì 29 giugno 2016. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno, Gianpiero Bocci.

  La seduta comincia alle 14.05.

5-05857 Sibilia: Sulle nomine degli scrutatori di seggio nel comune di Avellino alle elezioni regionali del 2015.

  Il sottosegretario Gianpiero BOCCI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 5).

Pag. 69

  Carlo SIBILIA (M5S), replicando, si dichiara soddisfatto della risposta del rappresentante del Governo, che ha confermato una interpretazione della normativa che conferisce un margine discrezionale alle commissioni comunali elettorali nella formazione delle graduatorie degli scrutatori. Stigmatizza, dunque, le dichiarazioni rese sull'argomento dal sindaco di Avellino, che, al contrario, aveva escluso tale possibilità.

5-07774 Labriola: Sul potenziamento dell'organico del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.

  Il sottosegretario Gianpiero BOCCI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 6).

  Vincenza LABRIOLA (Misto), replicando, sottolinea preliminarmente come il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco rappresenta da sempre una costante di impegno straordinario in termini qualitativi e quantitativi, al servizio dei cittadini in tutti i compiti ai quali esso è preposto per legge e per i quali si trova quotidianamente a intervenire su richiesta di soggetti sia pubblici che privati. Va altresì sottolineato che negli ultimi tempi la dimensione internazionale della sicurezza e la moltiplicazione delle ipotesi di rischio, ha indotto ad elevare il livello di guardia in tutto il Paese e per tale motivo il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco è chiamato a garantire in via esclusiva il soccorso specializzato con appositi nuclei in caso di pericolo nucleare, batteriologico, chimico e radioattivo, le cui iniziali vanno a formare l'acronimo NBCR. Rileva come il Governo e le istituzioni hanno il dovere di accogliere le richieste che gli stessi appartenenti al Corpo avanzano, vale a dire potenziamento, ammodernamento dei mezzi di soccorso ma, sopratutto a seguito dei pensionamenti del personale ormai al limite del periodo lavorativo. I potenziamenti degli organici operati negli ultimi due anni sono in realtà del tutto fittizi. Si tratta infatti di interventi di conversione in pianta stabile di posizioni prima ricoperte con personale precario i volontari discontinui. La copertura di dette assunzioni si è realizzata tramite corrispondente riduzione del fondo dei richiami del personale discontinuo e con anticipi del turn over. Ciò che chiedono direttamente gli operatori del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e’ di potenziare il Corpo, attingendo dalle graduatorie degli idonei. Ricorda come di queste istanze si sia fatta portavoce con un ordine del giorno alla legge di stabilità per 2016 e con un ordine del giorno al decreto mille proroghe dello scorso febbraio, entrambi accolti dal Governo. Si riferisce agli idonei dei concorsi collocati nelle graduatorie di cui all'articolo 8 del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazione, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, graduatorie vigenti sino al 31 dicembre 2016. Tuttavia pare che il Ministero dell'interno non sia intenzionato a procedere in merito a tale facoltà, preferendo utilizzare tali fondi a copertura di un progetto di riordino delle carriere con la previsione, tra le altre cose, di ulteriori benefici economici per il personale dirigente del Corpo Nazionale e il transito automatico nel ruolo « direttivi speciali» di personale sostituto direttore antincendio. Tale previsione avverrebbe all'interno del progetto di revisione dell'ordinamento del personale, di cui al decreto legislativo n. 217 del 2005, con decreto attuativo in applicazione della legge delega n. 124 del 2015, la cosiddetta legge Madia. Ricorda che tali risparmi dovrebbero essere destinato esclusivamente al ripristino della funzionalità del Corpo. Alla luce di quanto detto auspica che, in virtù del principio di responsabilità che lega il Governo e le Istituzioni, negli atti legislativi annunciati dal Sottosegretario si riesca a dare risposta a questi giovani risultati idonei e collocati in graduatoria. Si portino ad esaurimento le graduatorie e poi si indichi un nuovo bando di concorso dimostrando rispetto e solidarietà a tutti quei ragazzi che servono con orgoglio il nostro Paese. Da una parte si dichiara parzialmente soddisfatta, ma dall'altra, si dichiara non soddisfatta in quanto, a suo avviso la risposta fornita dal Pag. 70sottosegretario è troppo generica, mentre la situazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco richiede risposte concrete.

5-03431 Fregolent: Sulla situazione di pericolo delle palazzine «ex Moi» di Torino.

  Il sottosegretario Gianpiero BOCCI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 7).

  Silvia FREGOLENT (PD), replicando, fa notare che la situazione di pericolo delle palazzine «ex Moi» di Torino descritta nell'interrogazione appare ormai insostenibile e richiede un'attenta valutazione da parte delle istituzioni. Si augura, quindi, che si possa dar luogo quantomeno ad un monitoraggio che conduca ad una valutazione del fenomeno e ad una quantificazione del numero degli occupanti, anche in vista di un futuro ricollocamento in altre sedi, con la garanzia di condizioni di maggiore vivibilità.

5-08928 Valiante: Sulla regolarità delle procedure elettorali con particolare riferimento a un episodio accaduto a Vallo della Lucania.

  Il sottosegretario Gianpiero BOCCI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 8).

  Simone VALIANTE (PD), replicando, ringrazia il Governo per la risposta tempestivamente fornita alla sua interrogazione, presentata il 21 giugno scorso. Nel prendere atto delle difficoltà che presenta allo stato attuale il ricorso al voto elettronico, sottolinea come episodi analoghi a quello oggetto dell'interrogazione in titolo siano frequenti specialmente nel Sud dell'Italia. Invita quindi il Ministero non solo alla vigilanza, ma anche alla collaborazione con gli inquirenti. Se, infatti, l'episodio da lui richiamato non comporta alterazioni del voto, è però indubitabile che denoti la volontà di dare conto a qualcuno del voto espresso. Non può, infatti, trovare altra spiegazione il fotografare la propria scheda elettorale.

  La seduta termina alle 14.35.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 29 giugno 2016. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. – Interviene il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.

  La seduta comincia alle 16.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente regolamento recante norme per la semplificazione e l'accelerazione dei procedimenti amministrativi.
Atto n. 309.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 23 giugno 2016.

  Gian Luigi GIGLI (DeS-CD) desidera sottoporre alcuni rilievi in funzione della proposta di parere che formulerà il relatore. In primo luogo richiama l'intesa sancita in sede di conferenza unificata il 12 maggio 2016, riferita ai commi 2 e 3 dell'articolo 2 dello schema di decreto legislativo in esame. In sostanza nell'intesa si chiede di inserire un comma aggiuntivo al comma 2, nel senso di prevedere che con intesa in sede di Conferenza unificata siano stabiliti i criteri per la selezione dei Pag. 71progetti a cui si possono applicare le misure di accelerazione procedimentale previste dallo schema di decreto. Si chiede altresì, al comma 3, che i progetti medesimi sono individuati, sentiti i Presidenti delle regioni interessate che partecipano ciascuno per la rispettiva competenza alla seduta del Consiglio dei ministri.
  Con riguardo alle regioni a statuto speciale e alla province autonome, ritiene opportuno prevedere, analogamente a quanto stabilito dalla legge delega n. 124 del 2015, un'intesa tra queste e il Governo.
  Esprime infine perplessità sull'ultimo comma dell'articolo 6 dello schema di decreto che stabilisce che al personale chiamato a supportare il titolare del potere sostitutivo non spetti alcuna riduzione del carico di lavoro e, quindi, di orario.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD) fa notare che il parere del Consiglio di Stato reca utili indicazioni, soprattutto nella parte in cui sollecita una riflessione sul tema della valutazione delle politiche e sull'esigenza di operare un riordino della normativa. Auspica che tali elementi siano presi in considerazione dal relatore dell'elaborazione della sua proposta di parere.

  Roger DE MENECH (PD), relatore, assicura che ai fini dell'espressione della propria proposta di parere terrà conto sia del parere del Consiglio di Stato che dell'intesa in sede di Conferenza unificata e dei suggerimenti che verranno dal dibattito in Commissione.
  Fa osservare alla deputata Gasparini che ai fini del provvedimento in esame è determinante il fattore tempo e la velocizzazione dei procedimenti e non la loro tipologia e conformazione.
  Ritiene meritevoli di attenzione tre punti in particolare: la previsione di un monitoraggio, l'elaborazione di una griglia dei progetti e il tema del personale, visto in relazione alla necessaria accelerazione dei procedimenti.

  Andrea CECCONI (M5S) si chiede se la finalità di semplificazione perseguita dal provvedimento in esame sarà accompagnata da un adeguato rafforzamento del personale, che appare necessario a fornire il necessario sostegno soprattutto nell'ambito degli enti locali. Paventa infine il rischio che il provvedimento, così come formulato, sia passibile di rilievi di incostituzionalità da parte delle regioni, dal momento che si prevede un'ampia discrezionalità del Governo nell'indicare i procedimenti da semplificare, senza che sia contemplato alcun coinvolgimento regionale.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.05.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 29 giugno 2016. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO.

  La seduta comincia alle 16.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'omicidio di Pier Paolo Pasolini.
Doc. XXII, n. 57 Bolognesi e Doc. XXII, n. 67 Pellegrino.
(Seguito dell'esame e rinvio – Abbinamento della proposta di inchiesta parlamentare Doc. XXII, n. 67).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 23 giugno 2016.

Pag. 72

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che è stata assegnata alla I Commissione il Doc. XII n. 67, a prima firma della deputata Pellegrino, recante «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'omicidio di Pier Paolo Pasolini».
  Poiché la suddetta proposta di legge verte sulla stessa materia del Doc. XII n. 57, a prima firma del deputato Bolognesi, avverte che ne è stato disposto l'abbinamento, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del regolamento.

  Celeste COSTANTINO (SI-SEL), relatrice, rileva che la proposta di inchiesta parlamentare Doc. XXII, n. 67, a prima firma della deputata Pellegrino, sostanzialmente reca un contenuto identico a quello della proposta a prima firma del deputato Bolognesi, già illustrata in una precedente seduta, divergendo solamente per taluni limitati aspetti, su cui si soffermerà brevemente, rinviando per il resto al contenuto della precedente relazione.
  Anzitutto, l'articolo 1, che prevede l'istituzione, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, di una Commissione di inchiesta sull'omicidio di Pier Paolo Pasolini, tra i compiti della Commissione, oltre a quelli già contemplati nel Doc. XXII, n. 57, prevede, alla lettera c), quello di esaminare quanto sostenuto da Pier Paolo Pasolini nei suoi scritti cercando di appurare da dove attingesse le relative informazioni, aggiungendo poi, alla lettera d), il compito di valutare l'eventuale coinvolgimento di organizzazioni criminali nell'esecuzione dell'omicidio.
  Gli articoli 2, 3, 4 e 5 – in tema di composizione nonché poteri e limiti della Commissione, obblighi di segreto e collaborazioni – hanno un contenuto identico a quello dei corrispondenti articoli del Doc. XXII, n. 57, mentre l'articolo 6 del provvedimento in esame, in tema di organizzazione interna, stabilisce, al comma 4, le spese per il funzionamento della Commissione, poste a carico del bilancio interno della Camera, spese che, a differenza di quanto previsto nel Doc. XXII, n. 57, sono determinate nella misura di 80.000 euro complessivi (30.000 per il 2016, e 50.000 per il 2017), a differenza dei 130.000 euro complessivi dell'altra proposta (in cui le spese prese in considerazione, peraltro, decorrono dall'anno 2015).
  L'articolo 7, infine, interviene sulla durata dei lavori della Commissione, che deve concludere i propri lavori entro quindici mesi dalla sua costituzione, a differenza dei diciotto mesi previsti dal Doc. XXII n. 57. Al pari di quanto previsto da quest'ultimo, la Commissione, ai sensi della proposta in esame, presenta alla Camera una relazione finale sull'attività svolta.
  Si impegna, quindi, a formulare in tempi brevi una proposta di testo unificato.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.15.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali.
Esame C. 45-933-952-1959-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

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