CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 25 febbraio 2016
599.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta delle elezioni
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 25 febbraio 2016.

  L'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, si è riunito dalle 8.45 alle 8.50.

GIUNTA PLENARIA

  Giovedì 25 febbraio 2016. — Presidenza del presidente Giuseppe D'AMBROSIO.

  La seduta comincia alle 8.50.

Esame della posizione del deputato Giancarlo Galan.

  Giuseppe D'AMBROSIO, presidente, avverte che l'ordine del giorno della seduta reca l'esame della posizione del deputato Giancarlo Galan. 
  Comunica che nell'ambito dell'odierna riunione dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, si è stabilito di programmare i lavori della Giunta come segue: oggi l'esame della Giunta inizierà con la relazione del Vicepresidente Pagano e potranno essere svolti i primi interventi in discussione generale; la discussione generale si concluderà in una seduta da convocare per giovedì 3 marzo 2016; sarà quindi convocata un'ulteriore seduta, martedì 8 marzo 2016, dedicata alle dichiarazioni di voto e alla votazione della proposta del Comitato per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze. Qualora fosse deliberata la contestazione dell'elezione, la Giunta sarebbe convocata in seduta pubblica giovedì 7 aprile 2016 nel rispetto delle modalità e dei termini previsti dall'articolo 13, comma 1, della Giunta delle elezioni.
  Invita quindi il Vicepresidente Pagano, coordinatore del Comitato per i profili attinenti alle ineleggibilità e alle decadenze, a riferire sull'istruttoria svolta dal Comitato in merito alla posizione del deputato Galan.

  Alessandro PAGANO, coordinatore del Comitato per i profili attinenti alle ineleggibilità e decadenze, ricorda che il procedimento ha preso avvio a seguito del deferimento alla Giunta da parte della Presidente della Camera, con lettera del 19 novembre 2015, di copia della sentenza emessa in data 16 ottobre 2014 dal Giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale ordinario di Venezia, irrevocabile dal 2 luglio 2015, nei confronti del deputato Giancarlo Galan, trasmessa alla Camera dei deputati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Venezia, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, in data 11 novembre 2015 e pervenuta il 18 novembre 2015. Pag. 4
  Procede quindi ad una sintetica illustrazione della vicenda processuale con riferimento ai profili di interesse della Giunta. Con sentenza del GUP di Venezia del 16 ottobre 2014 è stata disposta l'applicazione della pena su richiesta delle parti nei confronti del deputato Galan, in ordine ai reati ascrittigli, nella misura di due anni e dieci mesi di reclusione. I capi d'imputazione sono riconducibili essenzialmente al delitto di cui all'articolo 319 del codice penale (corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio), per il quale è prevista la pena della reclusione da sei a dieci anni.
  L'interessato ha quindi presentato ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza. La Corte di cassazione, con l'ordinanza del 2 luglio 2015, n. 4692, ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso. Pertanto, il 2 luglio 2015 la sentenza è divenuta irrevocabile.
  Si sono allora determinati i presupposti per una valutazione da parte della Camera di appartenenza, ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione, ai fini dell'accertamento della sussistenza di una causa di ineleggibilità sopravvenuta e, quindi, di decadenza dal mandato parlamentare, ai sensi del decreto legislativo n. 235 del 2012 (la cosiddetta «legge Severino»).
  In base all'articolo 1 del citato decreto legislativo non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore, fra gli altri, coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione, per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni.
  La presente procedura si è attivata in virtù del successivo articolo 3, il quale dispone che, qualora una causa di incandidabilità di cui all'articolo 1 sopravvenga o comunque sia accertata nel corso del mandato elettivo, la Camera di appartenenza delibera ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione. A tal fine le sentenze definitive di condanna, emesse nei confronti di deputati o senatori in carica, sono immediatamente comunicate, a cura del pubblico ministero presso il giudice competente per l'esecuzione.
  Ritiene opportuno fornire preliminarmente alcuni chiarimenti volti a definire l'oggetto e la natura del presente procedimento.
   a) Rileva, infatti, come la legge Severino disciplini un istituto che opera e produce i propri effetti ex lege prima dell'assunzione della carica, precludendo in concreto l'assunzione della stessa, ovvero dopo la proclamazione, producendo la mancata convalida dell'elezione o la decadenza dal mandato parlamentare.
  Pur consapevole del fatto che non sempre la dottrina e parte della giurisprudenza sono giunte a conclusioni univoche in ordine alla qualificazione dell'incandidabilità come figura speciale di ineleggibilità, ritiene che non si possa prescindere dal riconoscere carattere preminente alle indicazioni offerte in tal senso dal diritto positivo.
  L'istituto de quo, infatti, è direttamente qualificato dalle disposizioni in esame in termini di «incandidabilità» ed appare dalle stesse configurato come particolare forma di ineleggibilità, anche in virtù dell'espressa previsione di una necessaria delibera della Camera di appartenenza ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione, a norma del quale ciascuna Camera giudica, tra l'altro, «delle cause sopraggiunte di ineleggibilità».
  La riconducibilità dell'incandidabilità al più ampio genus dell'ineleggibilità appare d'altra parte confermata anche dalla giurisprudenza costituzionale (si vedano le sentenze nn. 407 del 1992, 141 del 1996 e 132 del 2001, ma anche la recente sentenza n. 236 del 2015).
  Il presente procedimento, che trova la propria fonte di rango più elevato nell'articolo 66 della Costituzione e nello stesso principio di autonomia degli organi costituzionali, ha dunque ad oggetto la verifica della effettiva sussistenza delle condizioni per ritenere applicabile – al caso di specie – una causa di ineleggibilità sopravvenuta e, conseguentemente, di decadenza dal mandato parlamentare.
   b) Si tratta della prima procedura di decadenza in applicazione del decreto legislativo Pag. 5n. 235 del 2012 attivata presso la Camera del deputati.
  La questione preliminare della specifica procedura applicabile è stata esaminata dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Giunta delle elezioni, che, nella riunione del 26 novembre 2015, ha ritenuto all'unanimità di conformarsi ai precedenti di contestazione dell'elezione a seguito della comunicazione, da parte dell'autorità giudiziaria, di una condanna alla pena accessoria della interdizione temporanea o perpetua dai pubblici uffici (caso Frigerio, nella XIV legislatura; caso Previti, nella XV legislatura; caso Drago, nella XVI legislatura).
  Ritiene opportuno ricordare sin d'ora come, secondo una costante e risalente prassi seguita dalla Giunta delle elezioni della Camera, il presente procedimento non abbia natura giurisdizionale e come né questa Giunta, né l'Assemblea della Camera dei deputati, possano qualificarsi come giudici a quo ai fini dell'eventuale rimessione alla Corte costituzionale di questioni di legittimità costituzionale (si vedano le sedute del 30 gennaio 1964, del 17 giugno 2009 e del 18 aprile 2002).
  Ostano ad una contraria conclusione molteplici argomentazioni riconducibili, in particolare, al principio di autonomia degli organi costituzionali, al difetto del requisito della terzietà (che contraddistingue le autorità giurisdizionali), alla possibilità della Camera dei deputati di intervenire direttamente su disposizioni che essa ritenga affette da illegittimità costituzionale attraverso l'esercizio della funzione legislativa e, per quanto concerne in modo specifico il procedimento dinanzi a questa Giunta, il contenuto di «mera proposta» rivolta all'Assemblea, assunto dalla sua deliberazione conclusiva.
  Nella citata riunione del 26 novembre 2015, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha deferito il «caso Galan» al Comitato permanente per le ineleggibilità, le incompatibilità e le decadenze, da lui coordinato, affinché svolgesse la propria attività istruttoria e presentasse una proposta alla Giunta entro il termine di quattro mesi previsto dall'articolo 16, comma 2, del Regolamento della Giunta.
  Il Comitato ha avviato l'istruttoria il 3 dicembre 2015. Si è poi riunito il 17 dicembre 2015, il 21 gennaio, l'11 e il 18 febbraio 2016. Ha quindi concluso i lavori nella riunione del 23 febbraio 2016 (con ampio anticipo rispetto al termine finale di quattro mesi) deliberando, a maggioranza, di proporre alla Giunta di accertare la sussistenza della causa di ineleggibilità sopravvenuta e, quindi, di decadenza dal mandato parlamentare, nei confronti dell'onorevole Giancarlo Galan.
  Desidera precisare sin d'ora di avere inteso esercitare in modo strettamente istituzionale le sue funzioni di coordinatore del Comitato per i profili attinenti alle ineleggibilità e alle decadenze, secondo criteri di assoluta imparzialità ed astenendosi dall'esprimere, anche attraverso il voto, la sua posizione e quella del suo gruppo sul merito della questione.
  Pertanto, al fine di compiere una compiuta e obiettiva verifica ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione, nelle prime riunioni del Comitato, ha ritenuto di procedere delineando con precisione il quadro normativo di riferimento e, quindi, enucleando dalla vicenda giudiziaria in esame gli elementi giuridicamente significativi in un siffatto contesto normativo, per rimetterli alla valutazione dei colleghi.
  Segnala, peraltro, come sia emerso un orientamento maggioritario contrario allo svolgimento da parte della Giunta di audizioni informali di esperti della materia, contestuali allo svolgimento dell'istruttoria in Comitato e propedeutiche ai lavori dello stesso.
  Ciò premesso, si è rilevato come la normativa applicabile al caso di specie derivi dal combinato disposto di numerose disposizioni del decreto legislativo n. 235 del 2012.
  Ricorda che, ai sensi della legge Severino non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione, per determinate categorie Pag. 6di delitti: in particolare, per quelli previsti nel libro II, titolo II, capo I, del codice penale (delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione) ovvero per delitti per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni (articolo 1, comma 1, lettere b) e c)). Qualora una causa di incandidabilità sopravvenga o comunque sia accertata nel corso del mandato elettivo, la Camera di appartenenza delibera ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione (articolo 3, comma 1). L'incandidabilità decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza (articolo 13, comma 1) ed opera anche nel caso in cui la sentenza definitiva disponga l'applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale (articolo 15, comma 1). Tale ultima disposizione si applica alle sentenze previste dal citato articolo 444, pronunciate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo (articolo 16, comma 1).
  Il Comitato ha quindi individuato gli elementi ritenuti giuridicamente rilevanti nel contesto normativo delineato: la sentenza del GUP di Venezia dispone l'applicazione della pena su richiesta delle parti nei confronti del deputato Galan nella misura di due anni e dieci mesi di reclusione, per fatti riconducibili essenzialmente al delitto di cui all'articolo 319 c.p. (corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio), per il quale è prevista la pena della reclusione da sei a dieci anni; i fatti ascritti all'interessato risultano commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge Severino, avvenuta il 5 gennaio 2013; la sentenza è passata in giudicato il 2 luglio 2015.
  Il dibattito nel Comitato si è sviluppato intorno alla tematica centrale della irretroattività o retroattività delle disposizioni del decreto legislativo 235 del 2012 che prevedono una causa di ineleggibilità sopravvenuta e, quindi, di decadenza dal mandato parlamentare – questione inevitabilmente connessa alla possibilità o meno di qualificare la decadenza come sanzione penale –, anche tenendo conto del più recente orientamento della giurisprudenza costituzionale in materia, la cui riferibilità al caso di specie non è peraltro risultata pacifica.
  Infatti, negli obiter dicta della sentenza n. 236 del 2015, che pure – come si dirà meglio in seguito – è riferita a disposizioni della legge Severino diverse da quelle che vengono in considerazione per il deputato Galan, sono comunque contenute alcune considerazioni di carattere generale sulla natura giuridica dell'istituto della decadenza.
  La Corte costituzionale, segnatamente, esclude che le misure della incandidabilità e della decadenza abbiano carattere sanzionatorio: tali misure non costituirebbero sanzioni o effetti penali della condanna, ma conseguenze del venir meno di un requisito soggettivo per l'accesso alle cariche considerate o per il loro mantenimento, rientrando pertanto nell'alveo dell'articolo 51, primo comma, della Costituzione (che attribuisce al legislatore il potere di stabilire i requisiti di eleggibilità) e non in quello dell'articolo 25, secondo comma, della Costituzione (che sancisce il principio di irretroattività della legge penale).
  All'esito di una delibazione preliminare, nella riunione del 21 gennaio 2016, il Comitato ha deliberato, a maggioranza, nel senso della sussistenza di elementi riconducibili ad una causa di decadenza a carico dell'onorevole Giancarlo Galan, ritenendo necessari ulteriori approfondimenti. Si è aperta, pertanto, la fase dell'istruttoria in contraddittorio prevista dall'articolo 16, comma 2, lettera c) del Regolamento della Giunta delle elezioni.
  Il 4 febbraio 2016 sono pervenute le controdeduzioni scritte dell'interessato, il quale ha peraltro rinunciato alla facoltà di essere ascoltato dal Comitato.
  Espone, in sintesi, la prospettazione contenuta nella memoria difensiva prodotta dall'onorevole Galan, il cui esame da parte del Comitato è iniziato nella seduta dell'11 febbraio 2016.
   a) Nel caso di specie, la nuova causa di decadenza prevista dalla legge Severino verrebbe applicata retroattivamente, con Pag. 7riferimento a fatti commessi in un momento in cui la norma censurata non era in vigore (si sottolinea come i fatti siano anteriori anche all'entrata in vigore della delega legislativa). A tali fatti verrebbe quindi applicato un trattamento sanzionatorio più gravoso rispetto a quello vigente al momento della commissione del reato. Ciò in violazione del principio di irretroattività della legge penale, oltre che del principio di legalità, di predeterminazione e di proporzionalità delle sanzioni penali.
   b) Con la pronuncia n. 236 del 2015 la Corte costituzionale ha negato carattere retroattivo alla disposizione introdotta dall'articolo 11 della legge Severino. Tale sentenza, tuttavia, non si è pronunciata sulla legittimità costituzionale e sulla compatibilità dell'intera normativa al principio di irretroattività, bensì del solo articolo 11, che riguarda la sospensione e decadenza di diritto degli amministratori locali in condizione di incandidabilità, ma non il caso di specie.
   c) Dalla predetta sentenza si evince come il giudice remittente non abbia invocato il contrasto con l'articolo 25, secondo comma, della Costituzione, precludendo così alla Corte di esaminare la questione con riferimento al parametro costituzionale rappresentato dal principio di irretroattività della legge penale.
   d) L'interpretazione secondo la quale le misure della incandidabilità e della decadenza non costituirebbero sanzioni o effetti penali della condanna si pone in contrasto con la giurisprudenza sull'articolo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (nullum crimen, nulla poena sine lege), elaborata dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo.
  L'applicazione degli autonomi criteri utilizzati dalla Corte EDU per qualificare come penale una sanzione (cosiddetti criteri Engel) induce, infatti, a riconoscere la natura sanzionatoria penale dell'incandidabilità e della decadenza dal mandato parlamentare. Si assume, pertanto, violato l'articolo 7 CEDU per violazione del divieto di retroattività delle sanzioni penali, del principio di legalità, di sufficiente predeterminazione e proporzionalità delle sanzioni stesse.
   e) Si assume altresì violato l'articolo 3 del protocollo n. 1 della CEDU, che sancisce il diritto alle libere elezioni. Secondo la prospettazione dell'interessato, infatti, la decadenza lede il diritto del parlamentare a continuare a rivestire la carica legittimamente assunta e la legittima aspettativa del corpo elettorale alla permanenza in carica dello stesso per tutta la durata della legislatura.

  La memoria difensiva contiene anche un articolato petitum, rivolto alla Giunta delle elezioni. Si chiede, in via principale, di ritenere non applicabile al caso di specie il decreto legislativo n. 235 del 2012; in via subordinata, di sollevare la questione di legittimità costituzionale di alcune disposizioni del predetto decreto legislativo; in ulteriore subordine, di promuovere il rinvio pregiudiziale alla Corte EDU; in estremo subordine, di sospendere la decisione della Giunta delle elezioni in attesa della decisione della Corte EDU nel caso Berlusconi c. Italia, ritenuto analogo a quello dell'onorevole Galan.
  Alla memoria difensiva sono stati, infine, allegati dei pareri pro veritate resi da esperti della materia. Tali pareri, peraltro, sono riferiti al procedimento parlamentare, svoltosi in questa legislatura al Senato, che ha condotto alla delibera di decadenza dal mandato parlamentare di Silvio Berlusconi.
  Osserva che le controdeduzioni dell'onorevole Galan sono state oggetto di attento esame da parte del Comitato, nell'ambito del quale sono emersi due orientamenti contrapposti.
  Il primo orientamento, sostanzialmente adesivo alle difese dell'interessato e, quindi, contrario all'applicazione della causa di decadenza, può essere sintetizzato negli interventi dell'onorevole Gregorio Fontana, il quale ha più volte evidenziato come, nella sentenza n. 236 del 2015, la Corte costituzionale abbia negato carattere Pag. 8retroattivo alla legge Severino con riferimento esclusivo agli amministratori locali che si trovino in condizioni di incandidabilità sopravvenuta, ma senza entrare nel merito della medesima disciplina in quanto riferita ai membri del Parlamento. Egli ha sottolineato, infatti, come secondo la giurisprudenza e la dottrina la posizione dell'amministratore e quella del parlamentare non siano assimilabili sotto il profilo del livello di tutela costituzionale. Nel caso dell'elettorato passivo di cui agli articoli 56 e 58 della Costituzione è possibile parlare di una speciale tutela, in quanto attraverso di essi si realizza il principio della sovranità popolare. Se è vero che nulla osta, secondo la Corte, a che determinati diritti possano essere limitati per garantire la protezione di altri beni costituzionali, non si comprende, in questo caso, con quale bene costituzionale sarebbe «bilanciata» la privazione del diritto elettorale passivo per le elezioni del Parlamento. Nel caso dei pubblici amministratori può ben farsi riferimento al principio del buon andamento della Pubblica amministrazione. Ma lo stesso non può dirsi per i parlamentari.
  L'onorevole Fontana ha rilevato, inoltre, come siano pendenti presso la Corte costituzionale tre casi dalla cui soluzione potrebbe derivare una risposta ai quesiti che ruotano attorno alla questione relativa a Gianfranco Galan. Pertanto, ha proposto di deliberare nel senso della non applicabilità della legge Severino, anche al fine di evitare una decisione che potrebbe essere contraddetta dalla Corte costituzionale.
  Ricorda come nel corso delle riunioni del Comitato sia intervenuto anche l'onorevole Ignazio Abrignani, che si è dichiarato contrario all'applicazione della causa di decadenza, rilevando come i pareri pro veritate allegati alle controdeduzioni dell'interessato, per quanto riferiti all'analogo caso di Silvio Berlusconi, esaminato dal Senato, siano rilevanti anche per il «caso Galan», poiché contengono una serie di condivisibili censure mosse nei confronti della legge Severino. Ha rilevato, in particolare, il carattere arbitrario e illegittimo dell'estensione ai parlamentari delle cause di incandidabilità già previste per le elezioni locali e regionali, nonché la gravità della violazione del diritto di elettorato passivo derivante dall'applicazione retroattiva di una sanzione penale (poiché tale, a suo giudizio, è la decadenza dal mandato parlamentare). Ha osservato, inoltre, come nella sentenza n. 236 del 2015, la Corte costituzionale abbia evitato di entrare nel merito dell'applicabilità della legge Severino ai parlamentari e di argomentare in ordine allo specifico diritto di elettorato passivo parlamentare, previsto dagli articoli 56, secondo comma, e 58, secondo comma, della Costituzione. Ha, infine, rilevato come un'eventuale decisione della Camera nel senso dell'applicazione della decadenza all'onorevole Galan, potrebbe essere presto smentita dalla stessa Corte costituzionale, chiamata di recente a pronunciarsi nuovamente sulla legge Severino.
  Il secondo orientamento, risultato prevalente, si è espresso invece in senso contrario alle argomentazioni prospettate dall'interessato, nonché alle richieste da egli avanzate – sia in via principale che in via subordinata – e, quindi, a favore all'applicazione della causa di decadenza.
  Secondo l'onorevole Davide Crippa, l'applicabilità della causa di decadenza al deputato Galan appare evidente quale esito di una mera interpretazione letterale del decreto legislativo n. 235 del 2012. Non vi sarebbero, a suo giudizio, particolari margini di discussione al riguardo, giacché in claris non fit interpretatio.
  L'onorevole Giuseppe Lauricella, pur non condividendo le argomentazioni contenute nella memoria dell'interessato e nei pareri pro veritate alla stessa allegati, ha evidenziato talune lacune del decreto legislativo n. 235 del 2012 che de jure condendo dovrebbero essere colmate. Con riferimento al caso di specie, ha ritenuto che il combinato disposto degli articoli 15 e 16 del citato decreto legislativo sia determinante al fine di ritenere sussistenti i presupposti per poter procedere in ordine alla decadenza, in quanto prevede che l'incandidabilità operi anche nel caso in cui la sentenza definitiva disponga l'applicazione della pena su richiesta, ai sensi Pag. 9dell'articolo 444 del codice di procedura penale (articolo 15, comma 1), e che tale ultima disposizione si applichi alle sentenze previste dal citato articolo 444, «pronunciate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo» (articolo 16, comma 1), trattandosi, peraltro, di incandidabilità sopravvenuta, come ormai assunto anche dalla giurisprudenza. Altra cosa sarebbe stata se la pronuncia in ordine al patteggiamento fosse giunta in tempi precedenti all'entrata in vigore della legge, atteso che sarebbe mancata per l'interessato la possibilità di conoscerne il contenuto e le relative conseguenze sanzionatorie.
  Tanto premesso il Comitato, nella riunione del 23 febbraio 2016, ha deliberato, a maggioranza, di proporre che la Giunta accerti l'ineleggibilità sopravvenuta dell'onorevole Giancarlo Galan e, quindi, la sussistenza di una causa di decadenza, deliberando conseguentemente la contestazione della sua elezione.

  Giuseppe D'AMBROSIO, presidente, ringrazia il Vicepresidente Pagano per l'ampia e dettagliata relazione. Non essendovi iscritti a parlare in discussione generale, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 9.10.