CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 17 dicembre 2015
564.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e XIII)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 17 dicembre 2015. — Presidenza del presidente della II Commissione, Donatella FERRANTI. — Interviene il viceministro della Giustizia Enrico Costa.

  La seduta comincia alle 14.45.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni sanzionatorie per la violazione del regolamento (UE) n. 29/2012 relativo alle norme di commercializzazione dell'olio di oliva e del regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi ad essi attinenti.
Atto n. 248.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Colomba MONGIELLO (PD) nell'illustrare il provvedimento in esame rileva che il settore olivicolo-oleario italiano sta attraversando un periodo difficile, con elevate incertezze per il futuro sia a livello di politica europea, sia di andamento dei mercati, tanto in termini di prezzi che di volumi dell'offerta. Pur essendo uno dei prodotti simbolo dell'agroalimentare italiano, l'olio di oliva risente delle criticità della filiera dalla produzione alla commercializzazione e, in particolare, della scarsa trasparenza sull'origine del prodotto e della difficoltà dei consumatori di percepirne la qualità. I casi di frodi dell'olio in commercio e l’italian sounding (ovvero la vendita di prodotti che «suonano» come italiani, grazie a nomi e immagini che richiamano l'Italia, ma che in realtà di made in Italy hanno ben poco o nulla) che ne danneggia la concorrenza sui mercati esteri, impediscono una giusta valorizzazione della qualità dell'olio italiano e un'adeguata remunerazione degli olivicoltori.
  La regolamentazione del settore olivicolo-oleario, essendo oggetto di discipline di fonti eterogenee e stratificate nel tempo, ha subìto modifiche legislative e pronunce giurisprudenziali che hanno mutato il quadro normativo di riferimento. Ciò è reso ancora più complesso dal sovrapporsi di più soggetti regolatori, con aree di Pag. 8competenza non sempre esattamente definite, pur in presenza di un principio, quello di «sussidiarietà», affermato a livello comunitario oltre che nazionale, che attribuisce a questi soggetti competenze differenziate, tanto ai fini del mercato agricolo e agroalimentare quanto di governo della produzione agricola e dello sviluppo rurale.
  Così, se riguardo alla commercializzazione dell'olio le norme a livello di Unione europea sono chiaramente individuabili – reg. (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento «OCM unica») e reg. di esecuzione (UE) n. 29/2012 della Commissione, del 13 gennaio 2012, relativo alle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva – l'incidenza di tali norme sul complesso piuttosto frammentato delle norme nazionali (statali e regionali) si presenta complicato sotto distinti profili, alla luce, anche, di possibili nuovi provvedimenti.
  In tale contesto si inserisce nell'immediato lo schema di decreto legislativo in esame, predisposto sulla base della delega contenuta nella legge 7 ottobre 2014, n. 154 (legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre), che mira a prevedere specifiche norme sanzionatorie per le violazioni degli obblighi previste dal regolamento di esecuzione (UE) n. 29/2012 della Commissione, del 13 gennaio 2012, relativo alle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva e dal regolamento (CEE) n. 2568/91, relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi ad essi attinenti. Come meglio desumibile dalla proposta di decreto, la natura delle norme sanzionatorie in esso previste corrisponde al rango degli illeciti amministrativi di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 recante «Modifiche al sistema penale». Tale precisazione appare doverosa in quanto la previsione di misure afflittive aventi natura di illeciti amministrativi nel settore della commercializzazione dell'olio di oliva, potrebbe comportare rischi di depenalizzazione dei vigenti reati colpiti da sanzioni penali come da ultimo introdotti in tale settore dalla legge n. 9 del 2013.
  Il settore della commercializzazione dell'olio di oliva trova la sua preordinante fonte giuridica di disciplina, nella Regolamentazione Europea. Trattasi del Regolamento di Esecuzione (UE) N. 29/2012 della Commissione del 13 gennaio 2012 relativo alle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva. Altra norma che regola tale settore, è il regolamento (CEE) n. 2568/91, relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi ad essi attinenti.
  Rileva altresì come, specialmente negli ultimi tempi, il settore dell'olio di oliva, in particolare dell'olio extravergine di oliva, si è caratterizzato per l'accertamento di preoccupanti e sempre più sofisticati comportamenti delittuosi i cui riverberi si sono palesati come danni alla salute del consumatore e pregiudizi alla lealtà del commercio e della trasparenza dei mercati, perciò ben oltre le fattispecie che possono essere dissuase da semplici sanzioni amministrative pecuniarie, essendo in gran parte comportamenti aventi natura di reati e quindi da sottoporre alle previsione del codice penale.
  Ciò è stato utilmente soddisfatto, seppure non in maniera esaustiva, ma ad ogni modo efficace, tramite l'introduzione dei reati previsti dalla legge 14 gennaio 2013, n. 9 recante «Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini». Tale legge, approvata specificamente per porre un serio argine alle frodi ed alle contraffazioni, nonché alle adulterazioni che colpiscono il settore commerciale dell'olio di oliva e quindi danneggiano la salute e la qualità alimentare dei consumatori nonché i giusti profitti degli olivicoltori italiani, ha avuto l'obiettivo di assicurare qualità e trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini tuttavia che ciò abbia dovuto comportare l'introduzione nell'ordinamento di discipline processuali penali speciali che abbiano ad oggetto i reati volti a punire condotte pregiudizievoli rispetto al predetto obiettivo.Pag. 9
  In sintesi, l'articolo 4 della legge n. 9 del 2013, in ragione delle pratiche che con maggior frequenza inducono in errore il consumatore danneggiando la produzione nazionale, ha introdotto dettagliate indicazioni su quelle pratiche che devono essere ritenute ingannevoli, tra le quali: non solo l'uso di diciture, ma anche quello di immagini e simboli grafici che configuri una delle ipotesi di cui agli artt. 21-23 del codice del consumo (rispettivamente sulle azioni, sulle omissioni, sulla pubblicità, e sulle pratiche commerciali ingannevoli di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005); l'omissione che induca in errore sulla provenienza delle olive; l'attribuzione di requisiti positivi non previsti dalle norme, o l'attribuzione di valutazioni organolettiche, riservate agli oli extravergini, agli altri oli d'oliva.
  Gli articoli 5 e 6 hanno disciplinato l'illecito uso di un marchio, le conseguenze amministrative, e le sanzioni nella ipotesi di reato.
  Con l'articolo 7 è stabilito ex lege il termine entro il quale il prodotto conserva, in adeguate condizioni di trattamento, le possedute proprietà specifiche. Tale termine non potrà superare i 18 mesi dalla data d'imbottigliamento. Ancora l'articolo 7 rivede le disposizioni sulle modalità di proposizione nei pubblici esercizi degli oli d'oliva vergini, prevedendo che i relativi contenitori debbano essere forniti di idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata e provvisti di un sistema di protezione che non ne permetta il riutilizzo dopo l'esaurimento del contenuto. La sanzione amministrativa pecuniaria per tale inosservanza è compresa tra 1.000 euro e 3.000 euro, cui si aggiunge la confisca del prodotto.
  L'articolo 12 prevede la responsabilità amministrativa degli enti della filiera degli oli vergini d'oliva laddove alcuni reati siano commessi nel loro interesse.
  Ad oggi, per le violazioni delle norme comunitarie in materia di commercializzazione dell'olio di oliva, è pienamente applicabile nell'ordinamento nazionale, il decreto legislativo 30 settembre 2005, n. 225, recante «Disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CE) n. 1019/2002 relativo alla commercializzazione dell'olio d'oliva». Tale decreto legislativo non apparirebbe neppure compromesso, nonostante la nuova approvazione del regolamento (UE) n. 29/2012 abbia abrogato il predetto regolamento (CEE) n. 1019/2002, in quanto lo stesso regolamento (UE) n. 29/2012 ha appositamente previsto, all'articolo 11, che, abrogando il precedente regolamento, «i riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II».
  L'Allegato II in questione riporta le corrispondenze tra i nuovi articoli del Regolamento (UE) n. 29/2012 ed i vecchi articoli del Reg. (CEE) n. 1019/2002 per cui anche le vecchie norme trovano tuttora continuità applicativa proprio in ragione della prevista concordanza normativa.
  L'introduzione di un compiuto quadro sanzionatorio penale nel settore della commercializzazione dell'olio di oliva, tramite la legge n. 9 del 2013, è stata oggetto di significativi apprezzamenti da parte delle forze dell'ordine e dell'Autorità giudiziaria come generalmente è stato meglio espresso da tali istituzioni presso le specifiche audizioni conoscitive che ha svolto la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, allorquando si è occupata degli illeciti nel settore della commercializzazione dell'olio di oliva.
  L'articolo 3 del decreto legislativo all'esame oggi prevede che l'indicazione non conforme al regolamento 29/2012 sia soggetta una sanzione amministrativa da 1600 a 9500 euro. La DIA Bari ha indagato all'inizio di dicembre per frode in commercio per il reato di falso olio made in Italy con riferimento a 7000 tonnellate di falso made in Italy, ovvero il 20 per cento della produzione nazionale, per un valore di 20 milioni di euro.
  Altra questione su cui ritiene necessario un ripensamento è quella relativa all'introduzione Pag. 10dell'articolo 4 del decreto legislativo oggi prevede che indicazione di origine diversa da quella indicata sia sanzionata da 1600 a 9500 euro, previsione che, se fosse stata in vigore, avrebbe impedito di compiere le inchieste giudiziarie degli ultimi tempi come quelle della DIA di Bari, o come quelle di Siena o Trani, che hanno portato al sequestro di 10000 tonnellate di falso olio. Ricorda infatti che l'operazione è stata possibile, per stessa ammissione del pubblico ministero Natalini, anche grazie alla legge n. 9 del 2013, che offre strumenti nuovi come le intercettazioni telefoniche.
  Ricorda poi la questione del tappo antirabbocco, che pure viene richiamato, già normato sia dalla legge «salva-olio» che dalla legge comunitaria per quel che riguarda la confisca del prodotto.
  Ricorda infine che tale apporto positivo della legge n. 9 del 2013 nell'ordinamento penale contro i reati della contraffazione e delle frodi è stato preso a riferimento e proposto come esempio da estendere a tutto il sistema agroalimentare, tant’è che sia la Commissione Anticontraffazione e sia dal Comitato scientifico dell'osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare insediato presso la Presidenza del Consiglio stanno discutendo della possibilità della sua generalizzazione sistemica.
  Alla luce di queste seppur brevi ma significative indicazioni, senza mai dimenticare quanto valga la produzione e la commercializzazione del vero olio d'oliva made in Italy per sistema Italia e quindi quanto sia importante la necessità di proteggerla contro le condotte criminali tramite la previsione di severissime norme punitive, ritiene che, per quanto riguarda le competenze di ambito agroalimentare e la protezione della produttività del sistema olivicolo oleario nazionale, oltre gli interessi dei consumatori e degli agricoltori, sarebbe utile soffermarsi con maggior ponderazione sull'attualità dell'approvazione in tempi urgenti di una nuova norma afflittiva di carattere amministrativo per il settore, quale è lo schema di provvedimento all'esame, riflettendo invece se non sia più appropriato individuare norme di irrobustimento e di ampliamento del quadro sanzionatorio previsto dal codice penale a norma della legge n. 9 del 2013, da introdurre tramite un apposito ed organico progetto di legge, magari di natura governativa.
  Proprio per questi motivi, ritiene proficuo effettuare una serie di audizioni su questa materia in maniera da avere un quadro di riferimento più ampio e di dettaglio per poi poter esprimere un parere sul provvedimento meglio mirato e con più effettiva cognizione di causa.

  Donatella FERRANTI, presidente e relatrice per la II Commissione, preliminarmente dichiara di condividere i rilievi espressi dalla relatrice per la XIII Commissione sul provvedimento.
  Nell'illustrare il testo per le parti di più stretta competenza della Commissione Giustizia, fa presente che lo schema di decreto, in attuazione della delega contenuta nell'articolo 2 della legge n. 154 del 2014 (Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre), introduce nel nostro ordinamento sanzioni amministrative per la violazione di due regolamenti europei in tema di caratteristiche degli oli di oliva e di sansa d'oliva (Regolamento CEE n. 2568/91) e di commercializzazione dell'olio d'oliva (Regolamento di esecuzione UE n. 29/2012).
  Al riguardo, rammenta che l'articolo 2 della legge n. 154 del 2014 (legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre) delega il Governo ad adottare, entro 2 anni dall'entrata in vigore, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in regolamenti dell'Unione europea pubblicati alla data dell'entrata in vigore della stessa legge, per i quali non sono già previste sanzioni penali o amministrative.
  La delega deve essere attuata ai sensi dell'articolo 33 della legge n. 234 del 2012, che rimanda per i principi e criteri direttivi nella fissazione delle sanzioni al precedente articolo 32. In base a questa Pag. 11disposizione (comma 1, lettera d) il legislatore delegato può prevedere le seguenti sanzioni:
   la sanzione penale di natura contravvenzionale, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In particolare, dovrà essere prevista la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l'interesse protetto e la pena congiunta (arresto e ammenda) per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità;
   la sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro, nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi diversi;
   sanzioni penali o sanzioni amministrative accessorie.

  Tali principi e criteri direttivi operano «al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti». Nelle materie di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni.
   Nel passare all'esame dei contenuti dello schema di decreto legislativo, segnala che lo stesso si compone di si compone di 12 articoli attraverso i quali vengono sanzionate a titolo di illecito amministrativo le condotte di violazione della disciplina europea vigente e viene contestualmente abrogato il decreto legislativo n. 225 del 2005 che attualmente contiene le disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CE) n. 1019/2002 relativo alla commercializzazione dell'olio d'oliva.
  L'articolo 1 individua l'oggetto dello schema di decreto legislativo, consistente nell'introduzione della disciplina sanzionatoria per la violazione di quanto disposto dal regolamento (UE) n. 29/2012, relativo alle norme di commercializzazione dell'olio di oliva e dall'articolo 7-bis del regolamento (CEE) n. 2568/91 che, nell'ambito della regolamentazione delle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva, prevede l'obbligo di tenere registri di entrata e di uscita per tutte le categorie di olio di oliva. L'articolo 7-bis è stato introdotto nel regolamento (CEE) del 1991 dal recente regolamento (UE) n. 299/2013 (Regolamento di esecuzione della Commissione recante modifica del regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi ad essi attinenti).
  Fa presente che l'articolo 2 introduce sanzioni amministrative per la violazione dell'articolo 2 del Regolamento (UE) 29/2012, cioè delle disposizioni sugli imballaggi destinati al consumatore finale o alla preparazione dei pasti nelle collettività. Tali fattispecie sono attualmente regolate all'articolo 1 del decreto legislativo n.  225 del 2005, dove si prevede che, salvo che il fatto costituisca reato, chiunque detenga per vendere o venda gli oli di cui all'articolo 1, paragrafo 1, del reg (CE) n. 1019/2002 in imballaggi preconfezionati non conformi all'articolo 2, paragrafo 1, del medesimo regolamento (CE) n. 1019/2002, è sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma:
   a) da 100 a 600 euro, nel caso di imballaggi non conformi in quanto di capacità superiore a quelle massime consentite;
   b) da 800 a 4.800 euro, nel caso di imballaggi non conformi in quanto non provvisti di un sistema di chiusura che perde la propria integrità dopo la prima utilizzazione.

  Rammenta che lo schema di decreto legislativo, invece, prevede:
   per la violazione delle disposizioni sulla capacità massima dei recipienti – fissata in 5 litri per gli oli destinati al consumatore finale e in 25 litri per gli oli destinati al consumo in ristoranti, ospedali, mense o collettività simili – la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 600 euro. Rispetto alla normativa vigente, Pag. 12dunque, viene aggiornato l'importo della sanzione amministrativa minima, che viene portato a 300 euro rispetto agli attuali 100, in attuazione di quanto richiesto dalla legge delega (che individua il minimo della sanzione in 150 euro);
   per la violazione delle disposizioni sul sistema di chiusura degli imballaggi – che richiedono che il sistema perda la sua integrità dopo la prima utilizzazione – la sanzione amministrativa pecuniaria da 800 a 4.800 euro.

  Al riguardo, osserva che l'espressa abrogazione del decreto legislativo n. 225 del 2005, disposta dall'articolo 11 del provvedimento in discussione, determinerebbe una sostanziale depenalizzazione delle fattispecie in questione, dal momento che l'articolo 2 dello schema di decreto non introduce alcuna clausola di salvaguardia («salvo che il fatto costituisca reato»), che invece è prevista dalle disposizioni del richiamato decreto legislativo. Ciò comporta che condotte sanzionate penalmente dalla legislazione vigente verrebbero sanzionate esclusivamente in via amministrativa, qualora dovesse essere approvato il testo in esame.
  Occorre, peraltro, a suo avviso, sottolineare che qualsiasi forma di depenalizzazione determinata dal provvedimento sarebbe in contrasto con i principi e criteri direttivi di delega che, come già evidenziato, operano «al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti».
  Segnala, inoltre, che l'articolo 7, comma 2, della legge n. 9 del 2013, recante norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, ha stabilito che gli oli di oliva vergini proposti in confezioni nei pubblici esercizi, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, debbano essere presentati in contenitori etichettati conformemente alla normativa vigente, forniti di idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata e provvisti di un sistema di protezione che non ne permetta il riutilizzo dopo l'esaurimento del contenuto originale indicato nell'etichetta. Il comportamento illecito è sanzionato con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 1.000 a 8.000 euro, cui si aggiunge la confisca del prodotto.
  Fa presente che l'articolo 3 reca disposizioni in materia di informazione sulla categoria dell'olio. Esso stabilisce che chiunque non indichi sull'etichetta dell’«olio extra vergine d'oliva», dell’«olio di oliva vergine», dell’«olio d'oliva composto di oli di oliva raffinati e oli di oliva vergini» e dell’«olio di sansa di oliva» preimballati le informazioni previste per le rispettive categorie dall'articolo 3 del regolamento (UE) n. 29/2012, ovvero le indichi in maniera difforme, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 1.600 a 9.500 euro. Nella relazione tecnica si segnala come gli importi delle sanzioni previsti dall'articolo 3 dello schema siano stati allineati a quelli previsti all'articolo 18, comma 2, del decreto legislativo n. 109/1992, recante attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE, concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari, che sanziona le violazioni dell'obbligo di riportare le indicazioni obbligatorie nel dispositivo di etichettatura dei prodotti alimentari preconfezionati. Le indicazioni obbligatorie sono quelle previste all'articolo 3 del regolamento n. 29/2012, mentre la sanzione a legislazione vigente è contenuta nell'articolo 2 del decreto legislativo n. 225/2005. In particolare, l'articolo 2 del decreto legislativo n. 225 del 2005, rubricato «Informazioni sulla categoria di olio», attualmente vigente, prevede che, salvo che il fatto costituisca reato, chiunque utilizzi etichette non conformi per quanto concerne le informazioni previste per ogni categoria di olio di cui all'articolo 3 del regolamento (CE) n. 1019/2002, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 300 a 1.800 euro. In proposito, analogamente a quanto rilevato con riferimento all'articolo 2 del provvedimento in titolo, osserva che, in conseguenza della prevista Pag. 13abrogazione del decreto legislativo n. 225 del 2005, la fattispecie in questione assumerebbe una rilevanza esclusivamente amministrativa e non penale, laddove non è stata espressamente introdotta la medesima clausola di salvaguardia («salvo che il fatto costituisca reato») di cui all'articolo 2 del predetto decreto legislativo. Segnala altresì che non appare opportuno, in considerazione della diversa gravità delle condotte poste in essere, prevedere l'applicazione della medesima sanzione alle ipotesi, rispettivamente, di «omessa indicazione» delle informazioni di cui all'articolo 3 del regolamento (UE) n. 29 del 2012, e di «indicazione difforme» delle informazioni stesse, condotta quest'ultima che sembra presupporre un intento di carattere fraudolento.
  Rammenta che l'articolo 4 dispone in ordine al mancato rispetto degli obblighi di indicazione dell'origine dell'olio, quando si tratti di «oli extra vergini di oliva» e di «olio di oliva vergine»; tali obblighi sono infatti stati introdotti, per la prima volta, dal regolamento (UE) n. 29/2012, in sostituzione della precedente indicazione di carattere facoltativo. In particolare, al comma 1, salvo che il fatto costituisca reato, viene prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 a 9.500 euro in caso di mancata o difforme indicazione, anche attraverso segni, figure o altro, della designazione d'origine in etichetta e nei documenti commerciali degli «oli extra vergini di oliva» e degli «oli di oliva vergini», sia preimballati che allo stato sfuso. Le disposizioni penali che il legislatore pare richiamare sono quelle relative alla vendita di prodotti con segni mendaci (articolo 517 del codice penale), aggravata in caso di alimenti la cui denominazione di origine o le cui caratteristiche sono protetti dalle norme vigenti (articolo 517-bis c.p.), alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (articolo 517-quater c.p.). Relativamente alle disposizioni di cui al predetto comma, osserva che la sanzione ivi prevista appare non del tutto proporzionata rispetto a quella di cui al precedente articolo 3, che, con la medesima pena pecuniaria, sanziona condotte di maggiore gravità, soprattutto in riferimento alla difformità delle indicazioni.
  Rileva, inoltre, che quella del comma 1 è l'unica disposizione nella quale il Governo introduce la clausola di salvaguardia «salvo che il fatto costituisca reato». Al comma 2 si prevede che chiunque, in violazione delle disposizioni di cui all'articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento UE n. 29/2012, utilizzi nell'etichetta dell’ «olio di oliva composto da oli di oliva raffinati e da oli di oliva vergini» e dell’ «olio di sansa di oliva», e nei documenti commerciali di detti oli, sia preimballati che allo stato sfuso, nonché nella loro presentazione e pubblicità, la designazione dell'origine, anche riportando segni, figure o altro che possano evocare un'origine geografica, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma ricompresa tra 3.500 e 18.000 euro. Il comma 3 dispone che chiunque non riporti nei documenti utilizzati per la movimentazione delle olive destinate alla produzione di olio, conformemente all'articolo 4, paragrafo 5, del richiamato regolamento (UE), anche un riferimento all'Unione europea o allo Stato membro o al Paese terzo in cui le olive sono state raccolte o alla DOP/IGP che si intende utilizzare, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 600 a 3.500 euro.
  Segnala che nella relazione tecnica si fa presente che gli importi di tale sanzione sono stati allineati a quelli previsti all'articolo 18 del decreto legislativo 109/1992 per la violazione dell'obbligo di riportare le indicazioni obbligatorie nel dispositivo di etichettatura dei prodotti alimentari preconfezionati.
  Fa presente che l'articolo 5 dello schema di decreto legislativo sanziona chi utilizza le indicazioni facoltative previste dall'articolo 5 del regolamento (UE) n. 29/2012 senza averne titolo o senza aver rispettato gli obblighi previsti, prevedendo una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.500 a 18.000 euro (comma 1). Il Pag. 14comma 2 sanziona chi riporta sugli oli preimballati e nella documentazione commerciale le indicazioni facoltative in modo difforme dall'articolo 5 del regolamento (UE) n. 29/2012, oppure le riporta senza averle comunicate al Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN) o non esibisce la documentazione attestante l'effettuazione dell'esame organolettico o dell'esame chimico. Per tali comportamenti si prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro. Tale illecito non è attualmente previsto dalla legislazione vigente, mentre l'attestazione della documentazione sull'esame organolettico o chimico è attualmente sanzionata dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 225 del 2005 con una sanzione da 500 a 3.000 euro, i cui limiti pecuniari sono stati confermati.
  Osserva che l'articolo 6 disciplina il mancato rispetto dell'obbligo di raggruppare nel campo visivo principale degli imballaggi la «denominazione di vendita» e, quando obbligatoria, l’«origine», nonché dell'obbligo di riportare le medesime indicazioni integralmente e in un corpo di testo omogeneo. Per i trasgressori si introduce la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 a 9.500 euro.
  Ricorda che l'articolo 7 sanziona la violazione delle norme sui registri previste dall'articolo 7-bis del regolamento (CEE) n. 2568/1991, prevedendo:
   la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 1.000 a 6.000 euro per colui che, essendo obbligato, non istituisce il registro nell'ambito del SIAN;
   la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 300 a 1.200 euro per chi non rispetta le modalità di tenuta telematica del predetto registro, stabilite nell'ambito del SIAN.

  Segnala che nella relazione tecnica si fa presente che sanzioni in merito non sono previste a legislazione vigente, in quanto il quadro normativo di riferimento ha ampliato la categoria di operatori soggetti all'obbligo e le categorie di prodotti oggetto di registrazione. Gli importi previsti sono stati allineati, per analogia delle fattispecie violate, a quelli di cui all'articolo 3, comma 3, del Decreto legislativo. 225/2005, in caso di mancata istituzione del registro ed a quelle dell'articolo 3, comma 4 del medesimo decreto in caso di mancato rispetto delle modalità di tenuta.
  Fa presente, tuttavia, che l'articolo 16 della legge n. 9 del 2013 prevede l'obbligo per tutti i produttori di oli vergini, extravergini e lampanti, di costituire ed aggiornare il fascicolo aziendale; in caso di mancata ottemperanza all'obbligo in esame, le produzioni non possono essere destinate al commercio. La violazione comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 500 a 3.000 euro (commi 1 e 2). Alle imprese che provvedono all'annotazione nel registro di carico e scarico di olive e di oli di produttori che non rispettano l'obbligo di cui sopra sono tenute al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di una somma da 500 euro a 3.000 euro, nonché alla sanzione accessoria della sospensione del riconoscimento per un periodo da uno a sei mesi.
  Osserva che l'articolo 8 sanziona le violazioni inerenti i recipienti di stoccaggio (comma 1) del prodotto che:
   non riportano in maniera chiara e leggibile la categoria dell'olio, le indicazioni sulla designazione dell'origine e, se utilizzate, sulle indicazioni facoltative;
   siano privi di un codice identificativo, della indicazione della capacità totale e di un dispositivo di misurazione per la valutazione della quantità dell'olio contenuto.

  Al comma 2 viene sanzionato chi non identifica le partite di olio confezionate, ma non ancora etichettate, mediante un cartello recante il lotto, il numero di confezioni, la loro capacità, la categoria dell'olio, le indicazioni obbligatorie e facoltative. In tutti i predetti casi è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 500 a 3.000 euro.Pag. 15
  Segnala che nella relazione illustrativa si avverte che, a differenza di quanto previsto all'articolo 4, commi 1 e 2, la sanzione si riferisce esclusivamente a partite di olio non ancora dotate di etichetta, le quali necessitano di una corretta ed adeguada identificazione nei locali di magazzinaggio attraverso un apposito cartello.
  L'articolo 9 articola in modo diverso le sanzioni previste dagli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, a seconda che si tratti di piccoli o grandi quantitativi. Le sanzioni sono dimezzate se le violazioni riguardano quantitativi di prodotto non superiori a 200 chilogrammi/litri di olio o a 1.000 chilogrammi di olive (comma 1, lettera a)). Le sanzioni sono raddoppiate qualora le violazioni riguardano quantitativi di prodotto superiori a 30.000 chilogrammi/litri di olio o a 150.000 chilogrammi di olive (comma 1, lettera b)). Il comma 2 chiarisce che, nei casi di prodotto preconfezionato, il quantitativo di olio a cui rapportare la sanzione è determinato dal quantitativo del lotto di produzione.
  Fa presente che l'articolo 10 disciplina l'autorità competente all'accertamento e all'irrogazione della sanzione amministrativa e le modalità di pagamento. In particolare, la competenza all'irrogazione delle sanzioni viene affidata al Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Mipaaf (ICQRF). Restano ferme le competenze spettanti, ai sensi della normativa vigente, agli organi preposti all'accertamento delle violazioni (comma 1).
  Osserva che l'articolo 11 dispone l'abrogazione espressa del Decreto legislativo. 225/2005, recante «Disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CE) n. 1019/2002 relativo alla commercializzazione dell'olio d'oliva», che viene superato dal sistema sanzionatorio introdotto dal presente schema di decreto legislativo. Nel richiamare le osservazioni relative agli articoli 2 e 3 del provvedimento in discussione, si rileva che la prevista abrogazione del decreto legislativo in questione, qualora non si dovessero reintrodurre nel testo in esame le clausole di salvaguardia dallo stesso richiamate, determinerebbe l'inapplicabilità di fattispecie penali.
  Fa presente che occorre, pertanto, valutare l'opportunità di prevedere tale clausola anche in riferimento alle fattispecie di cui agli articoli 2, 3 e 4, commi 2 e 3 dello schema di decreto; ciò, in considerazione del fatto che tali clausole consentono di applicare la fattispecie penale nel caso in cui la condotta sanzionata in via amministrativa sia riconducibile ad una ipotesi di reato.
  Rileva, peraltro, che l'eventuale depenalizzazione delle fattispecie di reato attualmente vigenti determinerebbe l'inapplicabilità delle disposizioni contenute nelle legge n. 9 del 2013 in materia di confisca, sanzioni accessorie ed interdittive, misure investigative (con particolare riferimento alle intercettazioni), responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. Trattasi, infatti, di misure la cui applicazione necessariamente presuppone la natura penalmente rilevante della condotta posta in essere.
  Proprio a tal proposito, segnala che le indagini sulle frodi alimentari condotte dall'autorità di polizia giudiziaria, specificamente nel settore dell'olio di oliva, fanno emergere la centralità dell'attività investigativa per identificare forme di frode realizzate da strutture associative sempre più complesse, dalle dimensioni di vere e proprie organizzazioni criminali, le cui attività sono attualmente sanzionate attraverso l'applicazione delle disposizioni del codice penale, segnatamente degli articoli 81, 110, 515 e 517-bis c.p.
  Ricorda, infine, che l'articolo 12, infine, contiene la consueta clausola di invarianza finanziaria.
  Ciò premesso, in ragione della particolare delicatezza del provvedimento in discussione, che richiede un'approfondita attività istruttoria, rileva l'opportunità che il Governo si dichiari disponibile ad accordare alle Commissioni riunite un ulteriore lasso di tempo rispetto al termine del 4 gennaio prossimo, per l'espressione del parere di competenza. Chiede pertanto al Pag. 16Viceministro Costa se il Governo sia disponibile a non emanare il decreto legislativo prima del 31 gennaio prossimo.

  Ludovico VICO (PD), nell'associarsi alla richiesta della presidente Ferranti, rileva come gli articoli 2, 3 e 11 del provvedimento in discussione presentino gravi profili di criticità.

  Filippo GALLINELLA (M5S) osserva preliminarmente che, come è stato anche sottolineato dalla relatrice per la II Commissione, nel nuovo testo che abroga il decreto legislativo n. 225 del 2005 è omessa l'espressione «salvo che il fatto costituisca reato», tranne che all'articolo 4 e si chiede pertanto il valore di tale parziale omissione. Ritiene infatti che proprio sugli articoli da cui è stata espunta tale previsione, che trattano tra l'altro di etichettatura e indicazione d'origine, temi estremamente sensibili per i consumatori italiani, il legislatore avrebbe dovuto mantenere una forte sanzione, visto anche che spesso le contraffazioni su etichette e origine sono operate da organizzazioni criminali. Fa presente infine che, ad aggravare il quadro di una non positiva innovazione normativa, viene meno anche la pena accessoria della sospensiva.
  Ritiene pertanto che la Commissione potrebbe utilmente ascoltare in audizione su tali questioni il ministro Orlando.
  Tra le questioni su cui fare chiarezza ritiene vi sia quella della scelta strategica del governo, se intende contrastare i fenomeni della contraffazione in tale settore agendo di prevalentemente con l'azione amministrativa o quella penale, visti tempi di prescrizione di quest'ultima.
  Chiede infine di chiarire all'articolo 9 l'espressione chilogrammi/litri di olio relativamente all'applicazione delle sanzioni e la reale capacità dell'ICQRF di procedere, in quanto detentore dell'azione di controllo, con risorse sufficienti vista l'invarianza finanziaria prevista dal decreto legislativo.

  Donatella AGOSTINELLI (M5S) concorda sulla necessità che le disposizioni del provvedimento in esame siano oggetto di adeguato approfondimento.

  Il viceministro Enrico COSTA, in riferimento alla richiesta della presidente Ferranti, dichiara la disponibilità del Governo a concedere alle Commissioni riunite ulteriore tempo per l'espressione del parere di competenza.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.15.