CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 28 luglio 2015
491.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 28 luglio 2015. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. — Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 13.40.

Schema di decreto legislativo in materia di trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici.
Atto n. 162-bis.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Paolo PETRINI (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare nuovamente, ai fini del parere al Governo, lo schema di decreto legislativo in materia di trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici (Atto n. 162-bis), trasmesso dal Governo dopo la seconda deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri.
  In merito ricorda preliminarmente che la Commissione Finanze ha già esaminato lo schema di decreto (Atto n. 162), nel testo trasmesso una prima volta dal Governo, esprimendo su di esso parere favorevole, con alcune osservazioni, il 18 giugno 2015.Pag. 170
  Ricorda quindi che lo schema di decreto è stato predisposto ai sensi della delega per la riforma del sistema fiscale conferita al Governo dalla legge n. 23 del 2014.
  In particolare, lo schema di decreto attua i criteri di delega indicati dall'articolo 9 della legge di delega, il quale, nell'ambito delle attività volte a rafforzare l'attività conoscitiva e di controllo, delega il Governo a introdurre norme per il rafforzamento dei controlli, prevede, al comma 1, lettera d), l'incentivazione, mediante una riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili a carico dei contribuenti, dell'utilizzo della fatturazione elettronica e della trasmissione telematica dei corrispettivi, nonché di adeguati meccanismi di riscontro tra la documentazione in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA) e le transazioni effettuate, potenziando i relativi sistemi di tracciabilità dei pagamenti.
  Ai sensi della successiva lettera g) del predetto comma 1, il Governo è delegato a prevedere specifici strumenti di controllo relativamente alle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici.
  Per quanto riguarda il contenuto dello schema di decreto, l'articolo 1, comma 1, introduce la possibilità, per i contribuenti che vi opteranno, di utilizzare gratuitamente il servizio per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche che l'Agenzia delle entrate metterà a disposizione a decorrere dal 1o luglio 2016.
  In tale ambito rileva come, rispetto al testo del decreto legislativo originario, sia stata integrata la rubrica dell'articolo («fatturazione elettronica» nel testo dell'Atto n. 162), aggiungendo il riferimento alla «trasmissione telematica delle fatture e dei relativi dati».
  Inoltre, accogliendo l'osservazione di cui alla lettera a) del parere espresso dalla Commissione Finanze della Camera (e di cui al numero 1 del parere espresso dalla Commissione Finanze del Senato) rispetto al testo originario è stato specificato che il servizio messo a disposizione dall'Agenzia delle entrate riguarda non solo la generazione e la trasmissione, ma anche la «conservazione» delle fatture elettroniche.
  Lo stesso comma 1 prevede l'emanazione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che individui specifiche categorie di soggetti passivi ai quali vengano messi a disposizione i servizi di generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche, già previsto dall'articolo 4, comma 2, del decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, 3 aprile 2013, n. 55. Il sistema gratuito viene messo a disposizione dei soggetti individuati dal decreto ministeriale anche con riferimento all'invio di fattura elettronica a soggetti diversi dalle pubbliche amministrazioni, per le quali è posto l'obbligo di fatturazione elettronica dall'articolo 1, comma 209, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008). Il sistema gratuito verrebbe quindi messo a disposizioni anche per le fatture elettroniche scambiate tra privati.
  In merito osserva inoltre come, rispetto al testo originario del comma 1, il decreto di individuazione dei soggetti passivi sia emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le associazioni di categoria, laddove tale specificazione non era presente nel testo originario dello schema di decreto. In tale ambito rileva come, accogliendo l'osservazione di cui alla lettera d) del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera che suggeriva l'emanazione del decreto di individuazione dei soggetti passivi «sentite le associazioni di categoria», venga stabilito che sono sentite le associazioni nell'ambito dei forum nazionali sulla fatturazione elettronica istituiti in base alla decisione della Commissione europea COM (2010) 8467.
  Ai sensi del comma 2, i contribuenti potranno utilizzare il Sistema di Interscambio di cui all'articolo 1, commi 211 e 212, della legge finanziaria per il 2008, finalizzato alla trasmissione e ricezione delle fatture elettroniche tra privati residenti nel territorio delle Stato, secondo il formato della fattura elettronica definito «fattura PA». Inoltre, a decorrere dal Pag. 171medesimo termine iniziale, l'Agenzia delle entrate metterà a disposizione dei contribuenti, in via telematica, le informazioni acquisite dal Sistema di Interscambio.
  Segnala quindi come, rispetto al testo originario, lo schema di decreto nuovamente trasmesso preveda che le informazioni siano messe a disposizione anche «in formato strutturato».
  Tale modifica accoglie anch'essa l'osservazione di cui alla lettera a) del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera, la quale segnalava la necessità di prevedere soluzioni tecnologiche moderne, che consentano anche la traduzione dei dati nel formato strutturato previsto.
  Il comma 3 dispone che con riferimento alle operazioni rilevanti ai fini IVA, a decorrere dal 1o gennaio 2017, i soggetti passivi IVA potranno optare per l'invio telematico all'Agenzia delle entrate di tutte le fatture (più precisamente, secondo una specificazione introdotta dal testo dello schema, dei dati di tutte le fatture) emesse e ricevute (nonché delle relative variazioni) mediante l'utilizzo del sistema di interscambio; in tal caso l'opzione avrà effetto per cinque anni a decorrere dall'inizio dell'anno solare in cui è esercitata e se non revocata si rinnoverà automaticamente ogni cinque anni.
  Il comma 4 rinvia a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle regole tecniche ed i termini per la trasmissione telematica secondo principi di semplificazione, economicità e di minimo aggravio per i contribuenti. Secondo una modifica apportata al testo originario, il provvedimento dovrà definire anche le soluzioni tecniche più adatte all'attuazione della norma.
  In tale ambito segnala come sia stata accolta l'osservazione di cui alla lettera e) del parere reso dalla Commissione Finanze della Camera, nella quale veniva chiesto di cancellare il richiamo alle associazioni di categoria, in quanto esse sono già presenti nel forum nazionale. Conseguentemente nel nuovo testo viene stabilito che il provvedimento è emanato «sentite le associazioni di categoria nell'ambito di forum nazionale» (e non, come nel testo dell'Atto n. 162, «anche nell'ambito di forum nazionali»): la consultazione risulta quindi effettivamente circoscritta alle associazioni presenti nel predetto forum nazionale.
  Il comma 5 prevede che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo di cui allo schema in esame, saranno stabilite delle modalità semplificate di controlli a distanza degli elementi acquisiti dall'Agenzia delle entrate, al fine di ridurre gli adempimenti dei contribuenti ed escludere duplicazione di attività conoscitiva.
  Il comma 6 disciplina il trattamento sanzionatorio applicabile ai casi di omissione della trasmissione ovvero di trasmissione di dati incompleti o inesatti. A tal fine esso rinvia, per l'individuazione della sanzione amministrativa pecuniaria applicabile, all'articolo 11, comma 1 del decreto legislativo n. 471 del 1997, relativo alle sanzioni tributarie non penali.
  Sempre con riferimento ai temi trattati dall'articolo 1 dello schema non è stata invece accolta l'osservazione di cui alla lettera c) del parere espresso dalla Commissione Finanze della Camera (e di cui all'ultimo paragrafo del numero 1) del parere approvato dalla Commissione Finanze del Senato) con cui veniva segnalata l'opportunità, nel medio periodo – valutandone peraltro gli effetti in via sperimentale – di introdurre l'obbligo di invio telematico all'Agenzia delle entrate dei dati delle fatture, in coincidenza con i termini di liquidazione periodica dell'IVA. A tale proposito l'osservazione sottolineava come l'introduzione di tale obbligo sarebbe stata utile ai fini del contrasto all'evasione e della semplificazione degli adempimenti e dei costi di gestione posti in capo ai contribuenti. Inoltre, i suddetti pareri invitavano il Governo a valutare ulteriori forme di semplificazione degli adempimenti: in particolare le Commissioni dei due rami del Parlamento invitavano il Governo a valutare la soppressione Pag. 172delle norme, recate dalla legge di stabilità per il 2015, relative a reverse charge e split payment.
  Evidenzia quindi come, a fronte di tali osservazioni, la formulazione dell'articolo 1 dello schema mantenga invece il carattere opzionale dell'utilizzo del servizio per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche.
  Anche in relazione alla soppressione dei citati meccanismi introdotti dalla legge di stabilità 2015, il nuovo testo non reca l'abrogazione delle norme qui ricordate.
  In merito la relazione illustrativa allegata allo schema di decreto afferma che il Governo non ha ritenuto di conformarsi sotto questo aspetto ai pareri delle Commissioni parlamentari in quanto l'introduzione nell'ordinamento di tali istituti risponde ad esigenze di contrasto all'evasione fiscale, mentre le misure recate dallo schema di decreto legislativo in esame, basandosi sulla libera scelta dei contribuenti, forniscono solamente informazioni di tipo parcellizzato e non completo e, conseguentemente, non si configurano come una fonte informativa alternativa capace di garantire un efficace contrasto all'evasione fiscale in materia di IVA.
  Non è stata inoltre accolta l'osservazione di cui alla b) del parere espresso dalla Commissione Finanze della Camera la quale chiedeva che l'Agenzia delle entrate elabori una codificazione universale delle causali IVA da utilizzare nella contabilità, al fine di agevolare l'inserimento dei dati ricevuti dai fornitori attraverso il sistema di interscambio.
  Al riguardo rileva come la relazione illustrativa allegata allo schema dichiari che il Governo non ha ritenuto di accogliere il rilievo, in quanto il formato XML di cui al DM n. 55 del 2013, utilizzato per trasmettere le fatture alla pubblica amministrazione, già contiene una specifica delle causali IVA inseribili in fattura. Conseguentemente, ove tutti i contribuenti optassero per la generazione delle rispettive fatture attive secondo tale formato, ovvero, in alternativa tutti i software gestionali utilizzassero la decodifica prevista dal formato XML, si otterrebbe la codifica uniforme delle predette causali.
  Illustra quindi l'articolo 2 dello schema, il quale si rivolge a tutti i soggetti che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi (essenzialmente nel settore del commercio) prevedendo per essi la facoltà di trasmettere telematicamente all'Agenzia delle Entrate i dati dei corrispettivi, in sostituzione degli obblighi di registrazione. L'opzione ha effetto per cinque anni e si estende, ove non revocata di quinquennio in quinquennio. Sottolinea come si tratti, in sostanza, del superamento dello scontrino ai fini fiscali. Resta comunque fermo l'obbligo di emissione della fattura su richiesta del cliente, necessaria ad esempio per attivare una garanzia, o per dimostrare un avvenuto acquisto. Per i gestori dei distributori automatici la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati è obbligatoria. I suddetti adempimenti saranno effettuati mediante strumenti tecnologici che garantiranno l'inalterabilità e la sicurezza dei dati; sarà comunque un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate a dettare le modalità applicative delle disposizioni in parola. Viene fatto quindi rinvio ad un decreto interministeriale con il quale potranno essere individuate diverse tipologie di documentazione atte a rappresentare, anche ai fini commerciali, le operazioni effettuate. Infine sono previste specifiche sanzioni nei diversi casi di violazione delle disposizioni in esame.
  Il comma 1 prevede che tutti i soggetti che effettuano le cessioni di beni e prestazioni di servizi al minuto e attività assimilate, ai sensi dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, possono optare per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni dei beni e delle prestazioni di servizi di cui agli articoli 2 e 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. L'opzione ha effetto per cinque anni, decorrenti dall'inizio dell'anno solare in cui essa è esercitata, e se Pag. 173non revocata, si rinnova automaticamente di quinquennio in quinquennio. La memorizzazione elettronica e la trasmissione dei dati dei corrispettivi, tiene luogo agli obblighi di registrazione di cui all'articolo 24, primo comma, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
  Il contenuto del citato articolo 24, in via generale, riguarda gli obblighi di registrazione dei corrispettivi; in particolare è previsto che i commercianti al minuto e gli altri contribuenti di cui al citato articolo, in luogo del registro delle fatture, possono annotare in apposito registro, relativamente alle operazioni effettuate in ciascun giorno, l'ammontare globale dei corrispettivi delle operazioni imponibili e delle relative imposte, distinto secondo l'aliquota applicabile distintamente per ciascuna tipologia di operazioni indicata. L'annotazione deve essere eseguita, con riferimento al giorno in cui le operazioni sono effettuate, entro il giorno non festivo successivo. Nella determinazione dell'ammontare giornaliero dei corrispettivi devono essere computati anche i corrispettivi delle operazioni effettuate con emissione di fattura, comprese quelle relative ad immobili e beni strumentali.
  Il comma 2 prevede che la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi sia resa obbligatoria, a decorrere dal 1o gennaio 2017, per i soggetti passivi che effettuano cessioni di beni tramite distributori automatici.
  Rileva quindi come, accogliendo l'osservazione di cui alla lettera g) del parere espresso dalla Commissione Finanze della Camera dei deputati (e di cui al numero 3) del parere reso dalla Commissione Finanze del Senato) nella quale viene sottolineata l'opportunità di non prevedere modificazioni alle apparecchiature, ai fini della trasmissione telematica, con conseguenti nuovi oneri in capo agli operatori, la nuova formulazione del comma 2 stabilisca che il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate previsto al comma 4 dovrà indicare soluzioni tecniche finalizzate a garantire la sicurezza e l'inalterabilità dei dati relativi ai corrispettivi acquisiti dagli operatori senza prevedere specifiche modifiche ai distributori automatici.
  Il comma 3 dispone che la memorizzazione e la trasmissione dei dati avvenga mediante l'utilizzo di apparecchi tecnologici in grado di garantire l'inalterabilità e la sicurezza dei dati, comprese le informazioni che consentono i pagamenti con carta di debito e di credito.
  Il comma 4 demanda ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, sentite le associazioni di categoria anche nell'ambito di forum nazionali sulla fatturazione elettronica istituiti in base alla citata decisione della Commissione europea COM (2010) 8467, la definizione delle modalità di opzione, le informazioni da trasmettere, le modalità tecniche e i termini per la trasmissione telematica ed ogni altra disposizione necessaria in attuazione delle disposizioni in esame.
  Il comma 5 prevede che la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi rappresenti una modalità sostitutiva di assolvimento dell'obbligo di certificazione fiscale dei corrispettivi stessi, dal comma 1 (come precisato grazie a una specificazione contenuta nel testo in esame) dell'articolo 12, della legge n. 413 del 1991 (scontrino fiscale e ricevuta fiscale) e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 696 del 1996. Nel caso di richiesta da parte del cliente, resta comunque fermo l'obbligo di emissione della fattura; con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, possono essere individuate tipologie di documentazione idonee a rappresentare, anche a fini commerciali le operazioni in parola.
  Segnala come, anche in questo caso, rispetto al testo originario, sia stata inserita la previsione secondo la quale il provvedimento è emanato «sentite le associazioni di categoria».
  Il comma 6 prevede, a carico dei soggetti che optano per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica e dei soggetti che effettuano cessioni di beni tramite distributori automatici, le sanzioni Pag. 174di cui agli articoli 6, comma 3 e 12, comma 2, del decreto legislativo n. 471 del 1997 in caso di mancata memorizzazione o omissione della trasmissione, o nel caso di memorizzazione o trasmissione incompleta o non veritiera.
  Al riguardo ricorda che le sanzioni previste dai citati articoli 6, comma 3 e 12, comma 2, del decreto legislativo n. 471 del 1997, prevedono rispettivamente:
   una sanzione pari al cento per cento dell'imposta corrispondente all'importo non documentato in caso di mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto, emissione di tali documenti per importi inferiori a quelli reali, omesse annotazioni su apposito registro dei corrispettivi relativi a ciascuna operazione in caso di mancato o irregolare funzionamento degli apparecchi misuratori fiscali;
   in caso di quattro distinte violazioni – nel corso di un quinquennio – dell'obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi, la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività ovvero dell'esercizio dell'attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese. Se l'importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione eccede la somma di euro 50.000 la sospensione è disposta per un periodo da un mese a sei mesi.

  Sempre con riferimento ai contenuti dell'articolo 2 segnala come non sia stata accolta l'osservazione di cui alla lettera f) del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera dei deputati (e di cui al numero 2) del parere approvato dalla Commissione Finanze del Senato) la quale invitava il Governo a prevedere detrazioni fiscali, anche nella forma di crediti di imposta, per le spese sostenute dai contribuenti in relazione alla trasmissione e alla memorizzazione dei dati dei corrispettivi giornalieri.
  Secondo quanto rappresentato dalla relazione illustrativa allo schema di decreto il mancato accoglimento di tale osservazione si deve alla mancanza di adeguata copertura dei relativi oneri.
  Illustra quindi l'articolo 3, il quale reca incentivi all'opzione per la trasmissione telematica delle fatture e dei corrispettivi.
  In particolare, esso prevede, per i soggetti che effettuano l'opzione per la trasmissione telematica delle fatture (di cui all'articolo 1, comma 3) e, sussistendone i presupposti, per coloro che effettuano sia la predetta opzione che quella relativa alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi (articolo 2, comma 1), che vengano meno i seguenti obblighi:
   le comunicazioni dei dati rilevanti a fini IVA (cosiddetto «spesometro»), introdotto dall'articolo 21 del decreto n. 78 del 2010, inizialmente come obbligo di comunicare per via telematica all'Agenzia delle entrate tutte le operazioni rilevanti ai fini IVA svolte dagli operatori, purché aventi importo pari o superiore a 3.000 euro e quindi modificato dall'articolo 2 del decreto-legge n. 16 del 2012 nel senso di prevedere la comunicazione per le sole operazioni rilevanti a fini IVA soggette all'obbligo di fatturazione; pertanto si deve comunicare telematicamente l'importo complessivo delle operazioni attive e passive effettuate nei confronti di ciascun cliente o fornitore; per le operazioni per cui non è previsto l'obbligo di emissione della fattura, la comunicazione deve essere effettuata solo per le operazioni di importo non inferiore a 3.600 euro, IVA inclusa;
   le comunicazioni ai fini del monitoraggio delle transazioni con i paesi appartenenti alla cosiddetta «black list», prevista dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 40 del 2010 e finalizzata al contrasto delle frodi fiscali e finanziarie internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere» (la black list è un elenco dei Paesi in cui esiste un regime fiscale privilegiato la cui caratteristica essenziale consiste nell'avere un livello di tassazione basso o addirittura nullo; le black list esistenti ad oggi sono tre. Più precisamente vengono distinte le seguenti tipologie: black list persone fisiche; black list Pag. 175CFC (controlled foreign companies); black list ai fini della indeducibilità delle componenti negative di reddito;
   gli elenchi riepilogativi delle prestazioni intracomunitarie di servizi ricevuti e degli acquisti effettuati, limitatamente agli acquisti intracomunitari di beni e alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti stabiliti in un altro Stato membro dell'Unione europea, previsti dall'articolo 50, comma 6, del decreto-legge n. 331 del 1993.

  Oltre agli obblighi appena ricordati, già contenuti nel testo originario dello schema di decreto, l'Atto del Governo n. 162-bis fa venir meno anche gli obblighi di comunicazione relativi a:
   contratti di leasing;
   contratti stipulati dagli operatori commerciali che svolgono attività di locazione e di noleggio, ai sensi dell'articolo 7, comma 12, del decreto del Presidente della Repubblica n. 605 del 1973;
   acquisti effettuati da operatori economici italiani che effettuano acquisti nella Repubblica di San Marino (ex articolo 16, lettera c), del decreto del Ministro delle finanze del 24 dicembre 1993 concernente la disciplina agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto dei rapporti di scambio tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino).
  È poi previsto che i rimborsi IVA siano eseguiti in via prioritaria entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione annuale anche in assenza dei presupposti descritti dalle lettere a), b), c), d) ed e), del secondo comma (come meglio precisato nel nuovo testo dello schema), dell'articolo 30 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
  Infine i termini di accertamento in materia di IVA ed imposte dirette, così come previsti rispettivamente dall'articolo 57, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 e dall'articolo 43, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono ridotti di un anno per quei contribuenti che garantiscano la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati nelle modalità che saranno stabilite con successivo del Ministro dell'economia e delle finanze. Tale previsione differisce dallo schema di decreto originario il quale demandava la definizione delle modalità al decreto legislativo di attuazione alla disposizione delegante in materia di tracciabilità dei pagamenti di cui all'articolo 9, comma 1, lettera d) della legge 11 marzo 2014, n. 23.
  Segnala quindi come, in relazione all'articolo 3 dello schema, non sia stata accolta l'osservazione di cui alla lettera h) del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera, la quale chiedeva di chiarire il meccanismo di applicazione dei benefici previsti dall'articolo 3 in presenza di fornitori che inviano ancora le fatture in modalità cartacea, consentendo la veicolazione delle stesse attraverso lo SDI, nonché di implementare un sistema di trasmissione anche verso soggetti (clienti) che abbiano deciso di non avvalersi dello SDI stesso, al fine di conseguire una piena dematerializzazione documentale a beneficio dei soggetti che utilizzano lo SDI.
  Sul primo punto dell'osservazione la relazione illustrativa allegata allo schema di decreto precisa che gli incentivi richiamati sono accordati ai soli contribuenti che eserciteranno l'opzione della trasmissione telematica di cui al comma 3, dell'articolo 1. L'opzione, infatti, vincola i contribuenti a trasmettere telematicamente i dati delle fatture in forma «strutturata», per cui non sarebbe possibile elaborare tempestivamente, controllare e mettere a disposizione degli stessi contribuenti le informazioni acquisite secondo una diversa modalità (carta ovvero files derivanti da scansione di documenti).
  Sul secondo punto della medesima osservazione la relazione illustrativa afferma che il Governo non ha potuto tener conto della richiesta perché non è possibile che formati diversi da quelli gestiti dallo SDI siano veicolati per il tramite dello SDI stesso, che tecnicamente si basa sulla acquisizione ed elaborazione dei files fattura che rispettano lo standard XML previsto dal DM n. 55 del 2013.Pag. 176
  Non è stata inoltre accolta l'osservazione di cui al numero 4) del parere approvato dalla Commissione Finanze del Senato che proponeva di escludere dagli accertamenti analitico induttivi basati sulle presunzioni semplici i contribuenti che, utilizzando gli strumenti previsti dalle norme dello schema di decreto, assicurano la tracciabilità di pagamenti ricevuti ed effettuati.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 4, comma 1, dello schema il quale prevede, a decorrere dal 1o gennaio 2017 e per specifiche categorie di soggetti passivi IVA di minori dimensioni, la realizzazione, da parte dell'Agenzia delle entrate, di un programma di assistenza, differenziato in ragione dei diversi soggetti interessati, con cui sono messi a disposizione in via telematica i dati necessari per effettuare le liquidazioni periodiche e la dichiarazione annuale ai fini IVA. Vengono così meno gli obblighi di registrazione di cui agli articoli 23 (obbligo di registrazione delle fatture emesse) e 25 (obbligo di registrazione degli acquisti di beni e servizi effettuati) del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 nonché l'obbligo di apposizione del visto di conformità e la garanzia previsti dall'articolo 38-bis del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (relativo alle modalità mediante le quali si effettuano i rimborsi d'imposta).
  Il comma 2 specifica che condizione necessaria per usufruire della riduzione dei citati adempimenti è che i soggetti passivi IVA effettuino la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate di tutte le fatture e delle relative variazioni, emesse e ricevute (effettuata anche mediante il Sistema di Interscambio) e, qualora effettuino operazioni di cui all'articolo 22, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633, optino per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi così come previsto dall'articolo 2, comma 1, del presente decreto.
  Il comma 3 dispone che mediante apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze saranno individuate le categorie di soggetti che potranno accedere al regime premiale, tra i quali possono rientrarvi anche soggetti non di minori dimensioni che svolgano attività d'impresa, arte o professione; per tali ultimi soggetti il regime si applica per il periodo in cui l'attività è iniziata e per i due successivi.
  Segnala, con riferimento all'articolo 4 dello schema, come non sia stata recepita l'osservazione di cui alla lettera i) del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera che proponeva l'introduzione di un'ulteriore disposizione al comma 1 recante l'abrogazione dell'articolo 1, comma 1, lettera c), relativa agli oneri di comunicazione per acquisti o importazioni senza l'applicazione dell'IVA.
  Al riguardo la relazione illustrativa allegata al nuovo schema di decreto richiama l'attenzione sul fatto che tali norme sono oggetto del decreto legislativo n. 175 del 2014, in tema di semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata, il quale, all'articolo 20, ha modificato la comunicazione all'Agenzia delle Entrate dei dati delle lettere di intento disciplinata dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 746 del 1983. In sostanza, per effetto delle modifiche proposte, viene posto in capo al cosiddetto «esportatore abituale» (soggetto che a determinate condizioni può porre in essere operazioni senza pagamento dell'IVA) l'obbligo di informare l'Agenzia delle entrate dei dati contenuti nella lettera d'intento da consegnare, ai fini dell'agevolazione predetta, al proprio fornitore.
  Illustra l'articolo 5, il quale è dedicato alla cessazione degli effetti premiali, disponendo la perdita dei benefici riconosciuti al contribuente per effetto dell'adesione al sistema di trasmissione telematica delle operazioni IVA nei casi in cui lo stesso sia incorso in talune violazioni.
  Nello specifico, per il contribuente che abbia optato per la fatturazione elettronica o per la trasmissione telematica dei corrispettivi è prevista la perdita del diritto alle «agevolazioni» di cui agli articoli 3 e 4, comma 1, dello schema nei casi in cui lo stesso:
   a) ometta l'invio telematico all'Agenzia delle entrate dei dati delle fatture emesse e ricevute;Pag. 177
   b) non trasmetta le relative variazioni;
   c) trasmetta dati incompleti o inesatti;
   d) ometta di inviare i dati dei corrispettivi.

  Ricorda che, al fine di favorire l'implementazione del sistema della fatturazione elettronica e la comunicazione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri per coloro che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi al minuto, lo schema di decreto contempla in favore del soggetto che abbia optato per il nuovo sistema alcuni vantaggi rispetto ai contribuenti non optanti, che si sostanziano, per lo più, nell'esonero da taluni adempimenti amministrativi.
  Dette forme di incentivazione dunque verrebbero meno qualora il contribuente, nonostante l'avvenuta opzione per il sistema di trasmissione telematica, sia incorso nelle predette irregolarità ovvero abbia del tutto omesso l'effettuazione delle prescritte trasmissioni telematiche. Continuerebbe invece a fruire dei benefici previsti, qualora regolarizzi la propria posizione trasmettendo correttamente ed in via telematica i dati predetti entro il termine che sarà individuato in via generale nei provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate.
  La disposizione fa salva l'applicazione del regime sanzionatorio previsto agli articoli 1, comma 6, e 2, comma 6, dello schema.
  La prima norma richiamata (articolo 1, comma 6) riferisce all'omissione della trasmissione telematica della fatturazione elettronica ovvero all'invio di dati incompleti la sanzione di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997.
  È fatto altresì salvo il trattamento sanzionatorio previsto dall'articolo 2, comma 6, dello schema per i casi di mancata memorizzazione elettronica dei dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni dei beni e prestazioni di servizi e nei casi di omissione della trasmissione telematica di detti dati ovvero di memorizzazione o di trasmissione con dati incompleti o non veritieri. Anche in tal caso le sanzioni applicabili sono individuate per relationem attraverso il richiamo alle sanzioni previste dai già citati articoli 6, comma 3, e 12, comma 2, del medesimo decreto legislativo n. 471 del 1997. In virtù del primo rinvio, la sanzione amministrativa irrogabile è pari al 100 per cento dell'imposta corrispondente all'importo non documentato. Ai sensi del rinvio all'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n. 471, agli illeciti considerati dall'articolo 2, comma 6, dello schema è riferita anche la misura della sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività ovvero dall'esercizio dell'attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese. Se l'importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione eccede la somma di euro 50.000 la sospensione è disposta per un periodo da un mese a sei mesi.
  Rispetto alla formulazione originaria dell'articolo 5 dello schema segnala solamente una diversa formulazione nel comma 1, laddove nel nuovo testo si fa riferimento alla «trasmissione [...] dei dati delle fatture (e non di «trasmissione di fatture elettroniche»).
  L'articolo 6 prevede che agli oneri derivanti dall'articolo 1, commi 1 e 2, pari a 9,34 milioni di euro per l'anno 2016, a 18,00 milioni di euro per l'anno 2017 e a 20,40 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del fondo di cui all'articolo 16, comma 1, ultimo periodo, della legge 11 marzo 2014, n. 23. Il fondo citato è quello istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze mediante maggiori entrate derivanti dai decreti legislativi adottati ai sensi della legge n. 23 del 2014 (delega fiscale).
  Nella relazione tecnica si dà conto degli oneri del provvedimento, chiarendo che l'onere incrementale a regime conseguente alla scelta di mettere a disposizione il processo di conservazione elettronica a norma delle fatture elettroniche è stimabile in circa 6,35 milioni di euro. Pag. 178
  Al riguardo segnala come, rispetto alla precedente relazione tecnica (sull'Atto n. 162), in cui per l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 2 non erano previsti oneri a carico dello Stato, nella nuova relazione tecnica si stima un costo una tantum di 1,22 milioni di euro (2016) e un costo a regime di 4,2 milioni di euro (a decorrere dal 2017).
  In merito ricorda che la Commissione Bilancio della Camera aveva espresso parere favorevole sui profili di copertura finanziaria del provvedimento, in occasione del primo esame parlamentare dello stesso.
  Fa quindi presente come l'articolo 7 abroghi, a decorrere dal 1o gennaio 2017, le disposizioni – di cui all'articolo 1, commi da 429 a 432, della legge n. 311 del 2004 – che regolano la possibilità, per le aziende della grande distribuzione commerciale, di trasmettere giornalmente all'Agenzia delle entrate i corrispettivi in via telematica, sostituendo in tal modo gli obblighi di certificazione fiscale dei corrispettivi stessi.
  In merito ricorda che la previsione da abrogare si riferisce sia alle imprese che operano con esercizi commerciali con superficie superiore a 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie superiore a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000, sia a quelle facenti parte di un gruppo definibile societario ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, che operi con più punti di vendita sul territorio nazionale e che realizzi un volume d'affari annuo aggregato superiore a 10 milioni di euro.
  Al riguardo non è stata accolta l'osservazione di cui alla lettera l) del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera, che proponeva di anticipare i termini dell'abrogazione.
  Sottolinea quindi, in linea generale, come il complesso delle misure recate dallo schema di decreto vada nella direzione della digitalizzazione e dell'ammodernamento dell'Amministrazione finanziaria, introducendo un regime opzionale agevolato che risulta incentivato sia attraverso interventi di carattere fiscale sia attraverso la previsione di un supporto tecnico a favore dei contribuenti, così da sollevarli dall'assunzione di costi e oneri aggiuntivi.
  Ricorda quindi di aver formulato una proposta di parere favorevole sul provvedimento (allegato 1), la quale è stata trasmessa informalmente via e-mail a tutti i membri della Commissione nella giornata di ieri.

  Maurizio BERNARDO, presidente, avverte che il gruppo M5S ha presentato una proposta di parere alternativa a quella del relatore (allegato 2), la quale sarà posta in votazione solo ove fosse respinta la proposta di parere del relatore.
  Rileva quindi l'opportunità di procedere all'espressione del parere già nella seduta odierna, anche in considerazione della molteplicità degli impegni parlamentari che attendono la Commissione fino all'aggiornamento dei lavori parlamentari per il periodo estivo, nonché per consentire che il provvedimento sia approvato definitivamente nei tempi più rapidi possibili.

  Girolamo PISANO (M5S) ritiene opportuno rinviare il voto sulla proposta di parere alla seduta di domani, per consentire ai componenti della Commissione di valutare più approfonditamente i contenuti dello schema di decreto.
  In particolare, nel sottolineare come le considerazioni contenute nella relazione illustrativa allegata al provvedimento evidenzino, da parte del Governo, il fraintendimento di talune delle osservazioni contenute nel parere espresso dalla Commissione il 18 giugno scorso sull'atto n. 162, ritiene che su di esse possano essere forniti ulteriori chiarimenti e precisazioni dal Governo.

  Daniele PESCO (M5S) si associa alla richiesta del deputato Pisano di rinviare almeno alla seduta di domani l'espressione del parere sul provvedimento, sottolineando come alle forze politiche siano stati concessi tempi molto ristretti per Pag. 179valutare tematiche complesse e di grande rilevanza per i contribuenti.
  Nell'evidenziare, inoltre, come non sussistano motivazioni oggettive per procedere immediatamente al voto sulla proposta di parere, sottolinea come anche la proposta di parere alternativa presentata dal suo gruppo sconti tale ristrettezza dei tempi a disposizione e affronti, di conseguenza, soltanto alcuni punti essenziali del provvedimento, potendo quindi essere utilmente approfondita e ampliata.

  Paolo PETRINI (PD), relatore, pur prendendo atto delle esigenze prospettate dai deputati Pisano e Pesco, ribadisce l'esigenza di procedere al voto della sua proposta di parere non oltre la seduta di domani, anche in considerazione degli impegni che la Commissione dovrà affrontare prima dell'aggiornamento dei lavori parlamentari per il periodo estivo.

  Maurizio BERNARDO, presidente, alla luce degli orientamenti emersi, e nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame a una seduta da convocare nella giornata di domani.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente.
Atto n. 163-bis.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Michele PELILLO (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini del parere al Governo, lo schema di decreto legislativo recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente (Atto n. 163-bis), trasmesso dal Governo dopo la seconda deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri.
  In merito ricorda preliminarmente che la Commissione Finanze ha già esaminato lo schema di decreto (Atto n. 163), nel testo trasmesso una prima volta dal Governo, esprimendo su di esso parere favorevole, con alcune condizioni e osservazioni, l'11 giugno 2015; la Commissione Finanze del Senato ha espresso parere favorevole, con condizioni e osservazioni, il 10 giugno 2015.
  Sul piano del merito segnala, in sintesi, come lo schema di decreto, in attuazione dell'articolo 5 della legge delega (legge n. 23 del 2014), rechi la revisione delle disposizioni antielusive, al fine di disciplinare il principio generale di divieto dell'abuso del diritto, dandone una nuova definizione, unificata a quella dell'elusione, estesa a tutti i tributi, non limitata a fattispecie particolari e corredata dalla previsione di adeguate garanzie procedimentali.
  Costituisce quindi abuso del diritto l'uso distorto di strumenti giuridici allo scopo prevalente di ottenere un risparmio d'imposta, ancorché tale condotta non sia in contrasto con alcuna specifica disposizione. Resta salva la possibilità di scegliere tra regimi alternativi espressamente previsti dal sistema tributario. L'abuso del diritto si configura quando lo scopo di ottenere indebiti vantaggi fiscali risulta come causa prevalente dell'operazione abusiva; al contrario, se l'operazione (o la serie di operazioni) è giustificata da ragioni extrafiscali non marginali, l'abuso non si configura. L'onere di dimostrare il disegno abusivo e le eventuali modalità di manipolazione e di alterazione degli strumenti giuridici utilizzati, nonché la loro mancata conformità a una normale logica di mercato, è posto a carico dell'amministrazione finanziaria, mentre grava sul contribuente l'onere di allegare l'esistenza di valide ragioni extrafiscali alternative o concorrenti che giustifichino il ricorso a tali strumenti.
  Viene inoltre modificata la disciplina del raddoppio dei termini per l'accertamento (ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della citata legge n. 23) e, al fine di migliorare i rapporti con i contribuenti, seguendo le linee della cooperative compliance proposta dall'OCSE, viene introdotta Pag. 180una nuova disciplina del regime dell'adempimento collaborativo, prevedendo sistemi di gestione e controllo interno dei rischi fiscali da parte dei grandi contribuenti (articolo 6, comma 1, della legge delega).
  In dettaglio, illustra l'articolo 1 dello schema di decreto il quale, inserendo l'articolo 10-bis nello statuto dei diritti dei contribuenti (legge n. 212 del 2000), disciplina l'abuso del diritto e l'elusione fiscale, unificati in un unico concetto che riguarda tutti i tributi, imposte sui redditi e imposte indirette, fatta salva la speciale disciplina vigente in materia doganale. In sostanza, in ottemperanza alla raccomandazione 2012/772/UE sulla pianificazione fiscale aggressiva, viene introdotta una norma generale antiabuso, mentre si abroga la vigente norma antielusiva applicabile solo per l'accertamento delle imposte sui redditi ad un numero chiuso di operazioni (articolo 37-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973).
  In sintesi, specifica come l'abuso del diritto si configuri in presenza di:
   una o più operazioni prive di sostanza economica;
   il rispetto formale delle norme fiscali;
   la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
   un vantaggio fiscale che costituisce l'effetto essenziale dell'operazione.

  Infatti, in base alle nuove disposizioni, si è in presenza dell'abuso del diritto allorché una o più operazioni prive di sostanza economica, pur rispettando le norme tributarie, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. La norma chiarisce che un'operazione è priva di sostanza economica se i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, sono inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Vengono considerati indebitamente conseguiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario.
  Tali operazioni non sono opponibili al fisco: quando l'Agenzia delle entrate accerta la condotta abusiva, le operazioni elusive effettuate dal contribuente diventano inefficaci ai fini tributari e, quindi, non sono ottenibili i relativi vantaggi fiscali.
  Non si considerano invece abusive le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa o dell'attività professionale del contribuente. Viene esplicitata la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale.
  Il contribuente può proporre interpello preventivo per conoscere se le operazioni che intende realizzare costituiscano fattispecie di abuso del diritto.
  L'accertamento per abuso del diritto può scattare solo se non si può invocare, ai fini dell'accertamento, la violazione di specifiche norme tributarie.
  L'abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto a pena di nullità da una richiesta di chiarimenti al contribuente da fornire entro sessanta giorni. L'atto impositivo deve essere specificamente motivato anche in relazione ai chiarimenti forniti.
  Nel procedimento di accertamento dell'abuso del diritto l'onere della prova della condotta abusiva grava sull'amministrazione finanziaria, mentre il contribuente è tenuto a dimostrare la sussistenza delle valide ragioni extrafiscali che stanno alla base delle operazioni effettuate.
  L'abuso del diritto non può essere rilevato d'ufficio da parte del giudice tributario.
  L'abuso del diritto non è penalmente punibile, ma dà luogo all'applicazione di sanzioni amministrative tributarie.
  L'efficacia delle disposizioni contenute nel nuovo articolo 10-bis decorre dal primo giorno del mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Esse si applicano retroattivamente anche Pag. 181alle operazioni poste in essere anteriormente, per le quali non sia stato notificato l'atto impositivo.
  Rispetto ai rilievi espressi in merito a tale tematica nel parere della Commissione Finanze della Camera segnala come non sia stata accolta nel testo dello schema – sebbene sia stato precisato nella relazione illustrativa allegata allo schema stesso – l'osservazione di cui alla lettera a) del parere espresso dalle Commissioni Finanze della Camera e del Senato, volta a precisare, nella definizione di vantaggi fiscali indebiti (richiamati dal comma 2, lettera b), del nuovo articolo 10-bis), che il richiamo all'ordinamento tributario deve intendersi come comprensivo sia delle norme interne sia di quelle sovranazionali aventi efficacia nell'ordinamento interno.
  Fa invece presente come, in accoglimento delle osservazioni di cui alle lettere b) e d) dei pareri resi dalle Commissioni Finanze del Senato e della Camera, il comma 5 del predetto articolo 10-bis sia stato riformulato.
  In particolare, con tali osservazioni è stato chiesto di:
   apportare una correzione di drafting (lettera b);
   precisare che l'istanza di interpello preventivo in materia di abuso del diritto sia presentata prima che siano scaduti i termini per la presentazione della dichiarazione e per l'assolvimento di altri obblighi tributari connessi alla fattispecie per la quale si presenta l'istanza (lettera d)).

  La disposizione, conseguentemente, ora prevede la possibilità per il contribuente di presentare un'istanza di interpello all'Agenzia delle entrate, ai sensi dell'articolo 11, della legge n. 212 del 2000, al fine di conoscere se le operazioni che intende realizzare, ovvero che siano state realizzate, costituiscano fattispecie di abuso del diritto. L'istanza va presentata prima della scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione o per l'assolvimento di altri obblighi tributari connessi alla fattispecie cui si riferisce l'istanza medesima.
  Per quanto riguarda l'osservazione di cui alla lettera c) del parere espresso dalle Commissioni parlamentari, la quale chiede di coordinare il comma 5 dell'articolo 10-bis, laddove fa riferimento alla possibilità per il contribuente di proporre interpello preventivo per conoscere se le operazioni che intende realizzare costituiscano abuso del diritto, con il comma 3 dell'articolo 1 dello schema di decreto, il quale prevede che il contribuente presenti istanza di interpello ai fini della disapplicazione delle norme tributarie che, per contrastare fenomeni elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse, al riguardo la relazione illustrativa allegata al nuovo schema di decreto fa presente che tale richiesta è recepita sostanzialmente dall'articolo 7, comma 14, del decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario (Atto n. 184), attualmente all'esame delle Commissioni riunite Giustizia e Finanze.
  La norma citata dispone che il predetto comma 3 dell'articolo 1 dello schema di decreto legislativo in materia di certezza del diritto sia modificato nel senso di prevedere che le norme tributarie le quali, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario possono essere disapplicate qualora il contribuente dimostri che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi. A tal fine il contribuente interpella l'amministrazione ai sensi dell'articolo 11, comma 2, della legge n. 212 del 2000 (cosiddetto interpello disapplicativo, introdotto dal predetto atto n. 184), ferma restando la possibilità di fornire tale dimostrazione anche ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa.
  Segnala come non sia stata invece accolta l'osservazione di cui alla lettera e) del parere espresso delle Commissioni Finanze della Camera e del Senato, con la quale si chiede di prevedere, al comma 9 dell'articolo 10-bis, che la contestazione Pag. 182della condotta abusiva sia preventivamente validata a livello di vertice territoriale dell'Amministrazione finanziaria.
  Al riguardo la relazione illustrativa allegata al nuovo schema di decreto fa presente che il Governo ha ritenuto di non accogliere l'osservazione, in quanto non ha ritenuto la stessa coerente con il vigente assetto dei poteri degli uffici dell'Agenzia delle entrate in materia di accertamento, anche in considerazione del fatto che, seguendo la logica che ispira la proposta, molte altre contestazioni effettuate dagli uffici dell'Agenzia dovrebbero richiedere detta deroga, essendo riferite a fattispecie particolarmente complesse e di significativo disvalore, con conseguenti aggravi nell'organizzazione e vulnus in tema di invalidità degli atti «non validati».
  Più in generale, il Governo rileva che le strutture regionali di vertice già svolgono, ai sensi dell'articolo 4 del Regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle entrate, funzioni di indirizzo e controllo dell'attività degli uffici che esercitano soprattutto in relazione al presidio di delicate attività di controllo.
  Non è stata altresì accolta l'osservazione di cui alla lettera f) del parere espresso dalla Commissione Finanze della Camera, che chiede di precisare, al comma 11 dell'articolo 10-bis, che il termine per la richiesta di rimborso da parte di terzi delle imposte pagate a seguito delle operazioni abusive i cui vantaggi fiscali siano stati disconosciuti dall'Amministrazione finanziaria decorra dal giorno in cui i terzi stessi ricevono l'informazione, da parte dell'Amministrazione, della sopravvenuta emersione del diritto.
  Al riguardo la relazione illustrativa allegata al nuovo schema di decreto fa presente che il Governo non ha accolto tale rilievo affermando che le operazioni abusive sono solitamente caratterizzate da un elevato grado di complessità e, sebbene il nuovo articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000 ponga a carico dell'amministrazione l'onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva attraverso la dimostrazione sia della presenza di una o più operazioni prive di sostanza economica, sia del risparmio fiscale indebito, non è dato di individuare i soggetti che hanno versato imposte nell'ambito della catena di operazioni che configurano la condotta abusiva in capo ad altro soggetto, né sussiste alcun obbligo informativo nei confronti di questi. Si fa il caso di operazioni nelle quali alcune transazioni sono svolte attraverso lo scambio di strumenti finanziari nei mercati regolamentati e, pertanto, di operazioni coperte dall'anonimato di borsa, che non rende possibile all'amministrazione l'invio della comunicazione che attesti il diritto al rimborso.
  Per quanto riguarda l'osservazione di cui alla lettera g) del parere espresso dalla Commissione Finanze della Camera e di cui alla lettera f) del parere espresso dalla Commissione Finanze del Senato, con la quale si invita il Governo a graduare le sanzioni amministrative rispettando la differenza tra evasione ed elusione, la relazione illustrativa allegata al nuovo schema di decreto sottolinea come tale aspetto attenga alla materia affrontato dall'emanando decreto legislativo in tema di revisione del sistema sanzionatorio tributario (Atto n. 183), attualmente all'esame delle Commissioni riunite II e VI.
  Al riguardo la relazione illustrativa allegata al nuovo schema di decreto afferma, in particolare, che l'articolo 1, comma 1, del predetto schema di decreto legislativo sulle sanzioni tributarie, nel modificare l'articolo 1, comma 1, lettera g), del decreto legislativo n. 74 del 2000, ha precisato che dalle operazioni simulate oggettivamente e soggettivamente vanno escluse le operazioni disciplinate dall'articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000 (abuso del diritto o elusione fiscale).
  Osserva, al riguardo, come la disposizione citata miri, in realtà, a esplicitare anche nell'ambito del decreto legislativo n. 74 del 2000 (disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto) la non rilevanza penale dell'abuso del diritto, affermata dal comma 13 del nuovo articolo 10-bis («Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l'applicazione delle sanzioni Pag. 183amministrative tributarie»), non comportando alcuna graduazione nell'ambito delle sanzioni amministrative.
  Nello schema di decreto relativo alla revisione del sistema sanzionatorio (Atto n. 183) non compare, invece, una norma generale sulle sanzioni amministrative applicabili nel caso di elusione con riferimento a tutte le imposte, come richiesto nell'osservazione di cui alla citata lettera g).
  Passando all'articolo 2 dello schema di decreto, esso introduce un limite alla disciplina del raddoppio dei termini per l'accertamento in caso di reato tributario: il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell'amministrazione finanziaria sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini.
  In sostanza, il raddoppio potrà operare solo se la violazione penale sarà stata denunciata dall'amministrazione finanziaria all'autorità giudiziaria entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o, in caso di presentazione omessa o nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo.
  Gli effetti degli atti impositivi notificati sulla base dell'attuale disciplina del raddoppio sono fatti salvi espressamente dalla norma (comma 3). Pertanto, qualora non sia stato notificato un atto impositivo alla data di entrata in vigore del decreto, opera la decadenza per i periodi di imposta fino al 2009 compreso.
  Rispetto ai rilievi espressi in merito a tale tematica sono state accolte le condizioni 1) e 2) contenute nei pareri espressi dalle Commissioni Finanze della Camera e del Senato, relative ai commi 1 e 2 dell'articolo 2, con le quali si chiede che le denunce dell'Amministrazione finanziaria utili per far scattare il raddoppio dei termini di accertamento per le imposte sui redditi e in materia di IVA comprendano anche le denunce presentate dalla Guardia di finanza.
  In accoglimento delle condizioni è stato modificato il testo dei commi 1 e 2, specificando in maniera esplicita che nell'Amministrazione finanziaria è ricompresa la Guardia di finanza.
  È stata inoltre accolta la condizione numero 3) contenuta nei pareri espressi dalle Commissioni Finanze della Camera e del Senato, che richiede una maggiore chiarezza rispetto agli atti di controllo fatti salvi rispetto alla nuova disciplina del raddoppio dei termini.
  A tal fine il nuovo comma 3 dell'articolo 2, in luogo della precedente espressione «atti impositivi», indica espressamente i tipi di atti di controllo i cui effetti sono fatti salvi, qualora notificati alla data di entrata in vigore del decreto in esame. Si tratta in particolare:
   degli avvisi di accertamento;
   dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie;
   degli altri atti impugnabili con i quali l'Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria.

  Inoltre la nuova formulazione specifica che, qualora i relativi atti recanti la pretesa impositiva o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015, sono fatti salvi gli effetti:
   degli inviti a comparire (di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 218 del 1997) notificati alla data di entrata in vigore del decreto legislativo;
   dei processi verbali di constatazione (di cui all'articolo 24 della legge n. 4 del 1929) dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro la data di entrata in vigore del decreto.

  Segnala al riguardo che l'articolo 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente) prevede che, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, salvo casi di particolare e motivata urgenza, devono trascorrere 60 giorni prima dell'emissione dell'atto impositivo per consentire al contribuente di presentare memorie.Pag. 184
  Ricorda, a tale proposito, come le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza 29 luglio 2013, n. 18184) abbiano affermato che la norma citata deve essere interpretata nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di 60 giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto.
  Evidenzia che nel caso in cui il decreto in esame non dovesse entrare in vigore entro il 1o novembre 2015, non sarebbe possibile rispettare contemporaneamente il termine dei 60 giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento e il termine finale del 31 dicembre 2015 per la notifica.
  Evidenzia, inoltre, come, pur in assenza di rilievi al riguardo nei pareri approvati dalle Commissioni Finanze di Camera e Senato, il Governo abbia inserito nell'articolo 2 dello schema un nuovo comma 4, al fine di coordinare le disposizioni in materia di voluntary disclosure (legge n. 186 del 2014) con le modifiche introdotte dai commi da 1 a 3 dell'articolo 2 in tema di raddoppio dei termini.
  In particolare è previsto che, ai fini della causa di non punibilità di cui all'articolo 5-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 167 del 1990 (introdotto dall'articolo 1, comma 1, della citata legge n. 186 del 2014), si considerano oggetto della procedura di collaborazione volontaria anche gli imponibili, le imposte e le ritenute correlati alle attività dichiarate nell'ambito di tale procedura per i quali è scaduto il termine per l'accertamento.
  In merito alla formulazione della norma segnala come la non punibilità sia prevista dal comma 1, e non dal comma 2 del predetto articolo 5-quinquies del decreto-legge n. 167 del 1990.
  Al riguardo la relazione illustrativa allegata al nuovo schema di decreto afferma che la norma è volta a superare l'incertezza interpretativa connessa al disallineamento temporale tra termine di prescrizione dell'azione penale e termine di decadenza dell'accertamento tributario amministrativo, in linea con lo spirito della legge che ha introdotto la procedura di voluntary disclosure.
  Sottolinea come, in effetti, un possibile ostacolo all'adesione sia rappresentato dalla corretta individuazione dei periodi d'imposta ancora accertabili alla data di presentazione della istanza di collaborazione volontaria e che potrebbero essere ricompresi nella procedura.
  L'Agenzia delle entrate, con la circolare 10/E del 13 marzo 2015, ha ribadito che nel caso di violazioni «che comportano l'obbligo di denuncia» gli anni accertabili si raddoppiano e ciò a prescindere dal fatto che il perfezionarsi della procedura comporti la non punibilità di alcuni dei reati tributari.
  La norma del nuovo comma 4, con una formulazione non del tutto chiara, sembra far rientrare nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria, con l'effetto di escludere i profili penali, gli imponibili, le imposte e le ritenute correlati alle attività dichiarate tramite la voluntary disclosure per i quali è scaduto il termine per l'accertamento.
  Rileva come, in tal modo, sembrerebbe pertanto esplicitato che, in assenza della denuncia penale da parte dell'Amministrazione finanziaria entro il 31 dicembre 2014, gli eventuali reati tributari commessi in periodi di imposta anteriori al 2010 non potranno far scattare il raddoppio dei termini per l'accertamento.
  In altre parole la norma sembra volta ad evitare che la «autodenuncia» del soggetto che si avvale della collaborazione volontaria, potendo far emergere fatti penalmente rilevanti anteriori al 2010, determini la sua perseguibilità penale. La disposizione, invece, fa rientrare tra le cause di non punibilità introdotte dalla legge sulla voluntary disclosure, anche gli imponibili, le imposte e le ritenute correlati alle attività dichiarate nell'ambito di tale procedura per i quali è scaduto il termine per l'accertamento.Pag. 185
  Illustra quindi il Titolo III dello schema di decreto, il quale contiene la disciplina del regime dell'adempimento collaborativo, istituito dall'articolo 3 con la finalità di promuovere l'adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate, basate sul reciproco affidamento tra l'amministrazione finanziaria e le società di maggiori dimensioni, nonché di favorire nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione delle controversie in materia fiscale.
  Per accedere al nuovo regime dell'adempimento collaborativo è necessario che il contribuente sia dotato di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, ovvero del rischio di operare in violazione di norme o di princìpi tributari.
  In particolare, ai sensi dell'articolo 4 l'adesione al regime è subordinata al possesso di determinati requisiti, e, ai sensi dell'articolo 5, comporta l'assunzione di doveri per l'amministrazione finanziaria e per il contribuente. Tra i doveri dell'Agenzia delle entrate si segnala la pubblicazione periodica sul sito delle operazioni ritenute di pianificazione fiscale aggressiva.
  Sottolinea come gli effetti del nuovo regime si sostanzino in vantaggi per entrambe le parti e risiedano principalmente in un sollecito e preventivo esame dei casi dubbi e nella correlata riduzione dei controlli successivi e dell'eventuale contenzioso.
  In base all'articolo 6 i contribuenti potranno pervenire con l'Agenzia delle entrate a una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali; potranno accedere, inoltre, ad una procedura abbreviata di interpello preventivo, con un termine per la risposta di 45 giorni.
  Secondo l'articolo 7 nella prima fase di applicazione il regime è riservato ai contribuenti di maggiori dimensioni (con fatturato superiore ai 10 miliardi di euro) e a quelli che hanno aderito al progetto pilota avviato in via sperimentale nel 2013 (con fatturato superiore a 1 miliardo di euro). Successivamente potranno essere ammessi, con decreto ministeriale, i contribuenti con fatturato superiore a 100 milioni di euro ovvero appartenenti a gruppi di imprese.
  Segnala come, rispetto ai rilievi espressi in merito a tale tematica, non sia stata accolta l'osservazione di cui lettera h) del parere espresso dalla Commissione Finanze della Camera, la quale chiede di meglio definire la previsione di cui all'articolo 5, comma 2, lettera c), dello schema, altrimenti troppo generica, secondo la quale il contribuente si impegna a rispondere alle richieste dell'Agenzia delle entrate «nel più breve tempo possibile».
  Al riguardo la relazione illustrativa allegata al nuovo schema di decreto fa presente che non ha recepito tale invito in quanto ritiene che il predetto termine («nel più breve tempo possibile») sia espressione dello spirito collaborativo che ispira il regime di adempimento collaborativo. Inoltre esso deve essere considerato in relazione all'analogo termine previsto a carico dell'Agenzia delle entrate nell'articolo 5, comma 1, lettera e), dove viene previsto che l'Agenzia delle entrate effettua l'esame preventivo delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali significativi e fornisce risposta alle richieste dei contribuenti «nel più breve tempo possibile».
  Fa inoltre presente come il Governo affermi che non è stato previsto un termine specifico proprio al fine di poter graduare la tempistica delle risposte alla complessità delle richieste tenendo conto del reciproco coinvolgimento di entrambe le parti. Una diversa formalizzazione creerebbe un'asimmetria con la ratio stessa dell'istituto che è basato su principi di collaborazione.
  Non è stata inoltre accolta nello schema di decreto l'osservazione di cui alla lettera i) del parere espresso dalla Commissione Finanze della Camera (e di cui alla lettera g) del parere espresso dalla Commissione Finanze del Senato) la quale, con riferimento al comma 3 dell'articolo 6 dello schema di decreto che prevede, nel quadro del nuovo regime dell'adempimento Pag. 186collaborativo, la riduzione alla metà delle sanzioni amministrative applicabili per tale fattispecie, invita il Governo a valutare la possibilità di regolare (nello schema di decreto o nell'emanando decreto legislativo sulle sanzioni penali tributarie) la rilevanza penale della fattispecie relativa ai rischi fiscali comunicati dal contribuente in modo tempestivo ed esauriente all'Agenzia delle entrate nell'ipotesi in cui l'Agenzia non condivida la posizione del contribuente.
  Al riguardo segnala come la relazione illustrativa allegata al nuovo schema di decreto affermi che l'inserimento di una apposita previsione sarà valutata nel corso della procedura che porterà alla approvazione del decreto legislativo in materia di revisione del sistema sanzionatorio.
  A tale riguardo specifica come la richiamata relazione, peraltro, riepiloghi la disciplina introdotta nello schema di decreto, evidenziando come l'impegno a un comportamento collaborativo e trasparente richiesto al contribuente che aderisce al regime, comporti anche la comunicazione tempestiva ed esauriente all'Agenzia delle entrate dei rischi di natura fiscale e, in particolare, delle operazioni che possono rientrare nella pianificazione fiscale aggressiva.
  Lo stesso decreto prevede, all'articolo 6, comma 1, che l'adesione al regime comporta la possibilità per i contribuenti di pervenire con l'Agenzia a una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali, attraverso forme di interlocuzione costante e preventiva su elementi di fatto, inclusa la possibilità dell'anticipazione del controllo.
  Ai sensi dell'articolo 6, comma 2, i contribuenti, inoltre, hanno diritto ad una procedura abbreviata di interpello preventivo in merito all'applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti, in relazione ai quali l'interpellante ravvisa rischi fiscali.
  Segnala come lo stesso decreto già disponga espressamente, al comma 4 dell'articolo 6, proprio in quanto l'adesione al regime è fondata sul reciproco affidamento tra l'Agenzia delle entrate e i contribuenti di maggiori dimensioni, nel comune interesse alla prevenzione e alla risoluzione preventiva delle controversie in materia fiscale, che in caso di denuncia per reati fiscali, l'Agenzia delle entrate comunichi alla Procura della Repubblica che il contribuente ha aderito al regime di adempimento collaborativo, affinché l'Autorità giudiziaria competente possa valutare il comportamento dello stesso anche in relazione alle eventuali iniziative poste in essere al fine di limitare o evitare gravi conseguenze.
  È stata invece accolta l'osservazione di cui alla lettera l) del parere espresso dalla Commissione Finanze della Camera, con cui si invita a stabilire un termine certo per definire la durata della fase di prima applicazione delle norme sull'adempimento collaborativo, prevedendo inoltre che il Ministero dell'economia e delle finanze trasmetta annualmente alle Commissioni parlamentari competenti una relazione circa l'applicazione del nuovo istituto.
  Evidenzia inoltre come l'ultimo periodo del comma 4 dell'articolo 7 preveda che entro il 31 dicembre 2016, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, è fissata la data in cui termina la fase di prima applicazione del regime. Il Ministero dell'economia e delle finanze trasmette annualmente alle Commissioni parlamentari competenti una relazione sullo stato dell'attuazione del nuovo istituto. La prima relazione dovrà essere trasmessa alle citate Commissioni entro il 31 luglio 2017.
  Esprime quindi la sua soddisfazione, per il fatto che lo schema di decreto nuovamente trasmesso dal Governo recepisca tutte le condizioni, nonché gran parte delle osservazioni contenute nel parere espresso dalla Commissione sull'Atto n. 163 l'11 giugno scorso.
  Rileva di aver formulato una proposta di parere favorevole sul provvedimento (allegato 3), la quale è già stata trasmessa informalmente via e-mail a tutti i componenti della Commissione nella giornata di ieri.Pag. 187
  Auspica quindi che sia possibile procedere all'espressione del parere già nella seduta odierna, così da favorire la definitiva approvazione, nei tempi più brevi possibili, del decreto legislativo, il quale apporta alcune modifiche connesse alla normativa sulla cosiddetta voluntary disclosure che risultano particolarmente attese per consentire a tale ultima disciplina di sviluppare appieno le sue potenzialità.
  Evidenzia in particolare come il nuovo comma 4 dell'articolo 2 dello schema di decreto sia volto a coordinare le disposizioni in materia di voluntary disclosure contenute nella legge n. 186 del 2014 con le modifiche introdotte dai commi da 1 a 3 dell'articolo 2 in tema di raddoppio dei termini, e determini quindi il superamento dell'incertezza interpretativa circa l'individuazione dei periodi d'imposta ancora accertabili alla data di presentazione dell'istanza di collaborazione volontaria.
  In tale ambito rileva come sull'originario schema di decreto (Atto n. 163) le forze politiche abbiano svolto un ampio dibattito esprimendo posizioni tra loro molto distanti, le quali rendono difficilmente ipotizzabile il raggiungimento di un punto d'incontro condiviso.
  Ritiene quindi possibile che la Commissione possa esprimersi sul provvedimento già nella seduta odierna, rimettendosi comunque alle valutazioni in merito del Governo.

  Il Viceministro Luigi CASERO, nel condividere l'esigenza, prospettata dal relatore, di concludere con celerità l'esame dello schema di decreto, ritiene comunque possibile rinviare l'espressione del parere alla seduta di domani, anche tenuto conto del fatto che la Commissione Finanze e tesoro del Senato esprimerà il suo parere sul provvedimento nella medesima giornata.

  Maurizio BERNARDO, presidente, avverte che il gruppo M5S ha presentato una proposta di parere contrario sullo schema di decreto, alternativa a quella del relatore (allegato 4), la quale sarà posta in votazione solo ove fosse respinta la proposta di parere favorevole del relatore.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), nel sottolineare come la stampa abbia nei giorni scorsi riportato perplessità e pareri divergenti espressi da numerosi esperti sulle misure recate dall'articolo 2, commi 3 e 4, del provvedimento, chiede che su tali disposizioni il relatore fornisca alcuni chiarimenti nella seduta di domani, prima dell'espressione del parere sullo schema di decreto.

  Maurizio BERNARDO, presidente, accogliendo la richiesta sollevata dal deputato Villarosa, esprime la propria disponibilità affinché, nella giornata di domani, siano approfondite le richiamate questioni.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame a una seduta da convocare nella giornata di domani, nel corso della quale sarà posta in votazione la proposta di parere formulata dal relatore.

Schema di decreto ministeriale concernente l'esonero dall'obbligo di certificazione tramite ricevuta o scontrino fiscale dei corrispettivi per prestazioni di servizi di telecomunicazione, di servizi di teleradiodiffusione e di servizi elettronici rese a committenti che agiscono al di fuori dell'esercizio d'impresa, arte o professione.
Atto n. 194.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto ministeriale.

  Sara MORETTO (PD), relatrice, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini dell'espressione del parere al Governo, lo schema di decreto ministeriale concernente l'esonero dall'obbligo di certificazione tramite ricevuta o scontrino fiscale dei corrispettivi per prestazioni di servizi di telecomunicazione, di servizi di tele radiodiffusione e di servizi elettronici rese a committenti che agiscono al di fuori dell'esercizio d'impresa, arte o professione (Atto n. 194).Pag. 188
  Per quanto riguarda il contenuto dello schema di decreto, il quale si compone di due soli articoli, segnala innanzitutto come esso sia stato predisposto ai sensi dell'articolo 12, comma 3, della legge n. 413 del 1991, ai sensi del quale con decreto del Ministro delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti, può essere stabilito, nei confronti di determinate categorie di contribuenti o per determinate categorie di prestazioni con carattere di ripetitività e a scarsa rilevanza fiscale, l'esonero dagli obblighi, indicati dal comma 1 del medesimo articolo 12, di rilascio della ricevuta fiscale o dello scontrino fiscale, per i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi rilevanti a fini IVA.
  Ricorda che il predetto comma 3 dell'articolo 12 ha già trovato attuazione con il decreto ministeriale 21 dicembre 1992, il quale ha previsto l'esonero dall'obbligo di rilascio della ricevuta e dello scontrino fiscale per 23 categorie di operazioni e prestazioni (operazioni effettuate mediante apparecchi automatici, funzionanti a gettone o a moneta; prestazioni rese mediante apparecchi da trattenimento o divertimento installati in luoghi pubblici o locali aperti al pubblico, ovvero in circoli o associazioni; spettacoli ed altre attività soggetti all'imposta sugli spettacoli; somministrazioni di alimenti e bevande rese in mense aziendali, interaziendali, scolastiche ed universitarie, nonché in mense popolari gestite direttamente da enti pubblici e da enti di assistenza e di beneficenza; prestazioni di traghetto rese con barche a remi, prestazioni rese dai gondolieri della laguna di Venezia, prestazioni di trasporto rese con mezzi a trazione animale e prestazioni di trasporto rese a mezzo servizio di taxi; prestazioni di custodia e amministrazione di titoli; prestazioni inerenti e connesse al trasporto pubblico collettivo di persone e di veicoli e bagagli; prestazioni effettuate da barbieri, parrucchieri, estetisti, sarti e calzolai in base a convenzioni stipulate con pubbliche amministrazioni, in caserme, ospedali od altri luoghi stabiliti; prestazioni rese da fumisti, ciabattini, ombrellai, arrotini ambulanti; prestazioni rese da rammendatrici e ricamatrici; venditori ambulanti di palloncini, piccola oggettistica per bambini, gelati, dolciumi, caldarroste, olive, sementi, simili e affini non muniti di attrezzature motorizzate; autoscuole per le prestazioni didattiche finalizzate al conseguimento della patente; prestazioni rese dalle agenzie di viaggio e turismo concernenti la prenotazione di servizi in nome e per conto del cliente; prestazioni di parcheggio di veicoli; operazioni poste in essere dalle associazioni sportive dilettantistiche, nonché dalle associazioni senza fini di lucro e dalle associazioni pro-loco; prestazioni aventi per oggetto l'accesso nelle stazioni ferroviarie; prestazioni aventi per oggetto servizi di deposito bagagli; prestazioni aventi per oggetto utilizzazione di servizi igienico-sanitari pubblici; prestazioni rese dai dormitori pubblici; vendite per corrispondenza; cessioni di prodotti agricoli, se rientranti nel regime di esonero dagli adempimenti; operazioni poste in essere da regioni, province, comuni e loro consorzi, dalle comunità montane, dagli enti pubblici di assistenza e beneficenza e da quelli di previdenza, delle unità sanitarie locali; prestazioni di servizi rese dai gestori di stabilimenti balneari).
  Rammenta inoltre che, successivamente, in attuazione della medesima disposizione, il decreto ministeriale 13 febbraio 2015 ha previsto l'esonero dall'obbligo di rilascio della ricevuta e dello scontrino fiscale per due tipologie di operazioni (i servizi di stampa e recapito dei duplicati di patente, e i servizi di gestione e di rendicontazione del pagamento dei corrispettivi dovuti dall'utenza per le pratiche di competenza del Dipartimento per i trasporti, resi nei confronti degli utenti dal concessionario in esecuzione del contratto di concessione stipulato con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti).
  Sul relativo schema di decreto (Atto n. 127), la Commissione Finanze ha espresso parere favorevole l'8 gennaio 2015.
  L'articolo 1 dello schema di decreto prevede l'esonero dai predetti obblighi di certificazione dei corrispettivi previsti dal Pag. 189citato comma 1 dell'articolo 12 della legge n. 13 del 1991 per le prestazioni di servizi di telecomunicazione, di servizi di teleradiodiffusione e di servizi elettronici, rese a committenti che agiscono al di fuori dell'esercizio d'impresa, arte o professione.
  Secondo la relazione illustrativa allegata, lo schema di decreto si inserisce nel contesto delle disposizioni di recepimento delle norme della direttiva 2008/8/CE, aventi decorrenza 1o gennaio 2015, che istituiscono i due nuovi regimi speciali IVA cosiddetti «Mini One Stop Shop-MOSS».
  Ricorda che tale direttiva ha modificato i criteri di territorialità IVA dei servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici resi nei confronti di committenti privati, nel senso che l'IVA è dovuta nel luogo di domicilio o residenza del committente, al fine di evitare agli operatori economici l'onere di identificarsi fiscalmente presso tutti gli Stati membri di domicilio o residenza dei loro clienti.
  In particolare, la relazione illustrativa segnala come l'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 42 del 2015 recante attuazione della direttiva 2008/8/CE che modifica la direttiva 2006/112/CE sul luogo delle prestazioni di servizi, preveda l'emanazione del decreto ministeriale in esame.
  Al riguardo fa presente come la predetta disposizione sia stata inserita nello schema di decreto legislativo solo in sede di approvazione definitiva, al fine di tenere conto dell'osservazione di cui alla lettera a) del parere espresso il 28 gennaio 2015 dalla Commissione Finanze della Camera sul relativo schema di decreto legislativo (Atto n. 129), che chiedeva al Governo di valutare l'opportunità di esonerare dalla certificazione a fini IVA dei corrispettivi le operazioni, considerate nello schema di decreto, effettuate nei confronti di soggetti consumatori italiani.
  La relazione sottolinea come, al fine di evitare disparità di trattamento, tale esonero è formulato in termini generali, così da ricomprendere tutte le prestazioni rese in tale ambito a clienti privati domiciliati o residenti nello Stato, a prescindere dal luogo di stabilimento del fornitore e dal fatto che quest'ultimo aderisca o meno a uno dei predetti regimi speciali MOSS.
  Segnala inoltre come la relazione tecnica allegata allo schema decreto ministeriale indichi che l'esonero dagli obblighi di certificazione disposto dallo schema di decreto non comporta variazioni del gettito tributario, in quanto l'esonero stesso ha effetti meramente procedurali e non incide dunque sul pagamento dell'IVA dovuta in relazione a tali prestazioni.
  L'articolo 2 regola l'efficacia del decreto, che si applica alle operazioni effettuate a partire dal 1o gennaio 2015.
  Rileva quindi di aver formulato una proposta di parere favorevole sul provvedimento (vedi allegato 5) la quale è già stata trasmessa informalmente via e-mail a tutti i componenti della Commissione nella giornata di ieri.

  La Commissione approva la proposta di parere della relatrice.

  La seduta termina alle 14.

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