CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 22 gennaio 2015
374.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 22 gennaio 2015. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 14.15.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67.
Atto n. 130.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto, rinviato nella seduta del 20 gennaio 2015.

  Donatella FERRANTI, presidente, ricorda che martedì 27 gennaio prossimo si svolgeranno le audizioni del professor Palazzo e dei rappresentanti di Associazione nazionale magistrati e dell'Unione delle Camere penali italiane. Comunica che sono state chieste ad ANIA, Confindustria Cultura, ENPA e LAV, che avevano chiesto l'audizione di loro rappresentanti, eventuali osservazioni sul testo. Martedì 27 gennaio, dopo lo svolgimento delle audizioni, il relatore presenterà una proposta di parere, che potrà tenere conto delle eventuali osservazioni che i deputati intendessero preventivamente trasmettere. Ricorda di aver chiesto nella seduta di martedì 20 di far pervenire tali osservazioni entro le ore 11 di martedì 27 gennaio proprio per consentire al relatore di tenerne conto in vista della presentazione della proposta di parere.

  David ERMINI (PD), relatore, preliminarmente dichiara che come preannunciato dalla Presidente nella scorsa seduta presenterà una proposta di parere martedì prossimo dopo lo svolgimento delle audizioni e tenendo conto, per quanto possibile, delle eventuali osservazioni che nel frattempo saranno trasmesse dai deputati. Precisa che naturalmente esaminerà con attenzione anche le osservazioni che associazioni ed enti interessati trasmetteranno alla Commissione.
  Ritiene, tuttavia, che possa essere utile comunicare alla Commissione alcune considerazioni sullo schema di decreto che ho maturato dopo una più approfondita analisi rispetto a quella fatta in occasione della relazione svolta in apertura dell'esame parlamentare. Pag. 251
  Il primo punto riguarda l'ambito applicativo del decreto legislativo. Dal dibattito svoltosi non solo in Commissione ma anche al di fuori delle aule parlamentari è emersa da più parti una preoccupazione in merito all'applicabilità del nuovo istituto a reati ritenuti gravi. In maniera del tutto errata e fuorviante si è parlato addirittura di depenalizzazione. Sono state pertanto avanzate ipotesi di ridurre l'ambito applicativo dell'istituto a reati puniti con pene detentive non superiori nel massimo a quattro o tre anni ovvero di prevedere delle cause di esclusione oggettive riferite a determinati reati.
  Vuole chiarire immediatamente che questa strada non può essere seguita in quanto sarebbe in contrasto con i principi e criteri direttivi di delega. Ricorda che l'articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67, sancisce come principio e criterio direttivo di delega legislativa l'esclusione della «punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento, senza pregiudizio per l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento del danno e adeguando la relativa normativa processuale penale».
  Se questa è la formulazione letterale adottata dal legislatore delegante è di tutta evidenza che l'ambito oggettivo di applicazione dell'istituto della non punibilità per particolare tenuità dell'offesa è stato individuato senza lasciare alcun ambito di discrezionalità al legislatore delegato. Il predetto istituto, pertanto, deve trovare applicazione per tutti i reati puniti con pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni.
  Ciò non significa che le preoccupazioni che stanno alla base delle richieste di restringimento dell'ambito applicativo dell'istituto non possano essere tenute in considerazione.
  La delega, infatti, non si limita ad individuare i reati ai quali applicare il nuovo istituto, ma precisa anche che questo può essere applicato a condizione che risulti la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento. Al legislatore delegato è lasciato un margine di discrezionalità per individuare eventuali criteri e parametri utilizzabili dal giudice per verificare in concreto che il fatto abbia determinato una offesa di particolare tenuità ed il comportamento lesivo non sia abituale. In questo margine di discrezionalità possiamo intervenire con il parere che daremo.
  Lo schema di decreto legislativo incardina la valutazione della particolare tenuità dell'offesa su due parametri: la modalità della condotta e l'esiguità del danno o del pericolo. Come risulta espressamente dalla relazione di accompagnamento allo schema di decreto non si è utilizzato il parametro del grado e dell'intensità della colpevolezza sia perché nella delega non è fatta alcuna menzione dell'elemento soggettivo sia perché gli accertamenti di tipo psicologico – soggettivistico sono sempre ardui e «tanto più problematici quanto più destinati ad essere effettuati nelle fasi prodromiche del procedimento, secondo la naturale vocazione dell'istituto.» Tuttavia, come precisato nella medesima relazione, il parametro della «modalità della condotta consente valutazioni anche di natura soggettiva riguardo il grado della colpa e l'intensità del dolo». A tal fine potrebbe essere utile specificare ulteriormente i criteri di valutazione dell'intensità dell'offesa; potrebbe essere quindi opportuno richiamare i criteri specificati dall'articolo 133, del codice penale relativo alla valutazione della gravità del reato che il giudice deve fare per individuare la pena da applicare in concreto.
  Ritiene che sarebbe opportuno prevedere espressamente nel testo che la valutazione della modalità della condotta sia effettuata tenendo in considerazione anche i motivi dell'azione e gli effetti della stessa avendo come parametro di riferimento: l'avere agito per motivi abietti o futili; l'avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell'evento; l'avere adoperato sevizie, o l'aver agito con crudeltà; l'aver violato il sentimento di pietà degli animali; l'avere profittato di circostanze di tempo, Pag. 252di luogo o di persona, anche in riferimento all'età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa; l'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità; l'avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso; l'aver commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto, qualora in concreto vi siano elementi tali da escluderne in concreto la particolare tenuità; l'avere, nei delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la libertà personale commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza. Si ripromette di trovare una formulazione normativa sintetica che tenga conto di questa esigenza. L'importante è che l'avere agito per motivi abietti o futili, l'avere adoperato sevizie o l'aver agito con crudeltà o in violazione del sentimento di pietà degli animali o in condizioni di minorata difesa della persona offesa anche in riferimento all'età siano tutti sintomi della gravità del fatto.
  Vi è poi un'altra questione che è stata sollevata che a suo parere è infondata, in quanto lo schema di decreto legislativo la risolverebbe proprio nel senso auspicato da coloro che muovono queste critiche. Si riferisce all'applicazione dell'istituto ai reati di maltrattamenti e di stalking. Tuttavia, per evitare qualsiasi dubbio, nel parere si potrebbe far riferimento alla valutazione della non abitualità del comportamento, che secondo la delega costituisce la seconda e contestuale condizione necessaria per escludere la punibilità. Se si riflette si comprende che la particolare tenuità come causa di non punibilità postula l'occasionalità del comportamento, per quanto vi sia una diversità tra la condotta che integra il delitto e il comportamento dell'autore del reato. Si potrebbe quindi sottolineare che secondo l'effettiva ratio del principio di delega appare quindi evidente che debbano restare estranee all'istituto della non punibilità per particolare tenuità tutte le fattispecie di reato che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
  Sempre in relazione al principio e criterio direttivo di delega e in particolare a quello relativo alla non abitualità del comportamento, si potrebbe chiedere l'inserimento nel testo di una disposizione che specifichi che il comportamento è considerato non abituale nel caso in cui il suo autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso altri reati della stessa indole anche se ciascun fatto, isolatamente considerato sia di particolare tenuità.
  Un'altra questione legata all'ambito applicativo dell'istituto è quella relativa alle circostanze ad effetto speciale. Il secondo comma del nuovo articolo 131-bis prevede che ai fini della determinazione della pena detentiva di cui al primo comma si tenga conto solo di quelle circostanze che, comportando una specie di pena diversa od essendo ad effetto speciale, rilevano – come espressamente dichiarato nella relazione di accompagnamento – una particolare significatività tale da essere in qualche modo accostabili a sottospecie di fattispecie autonome. Proprio in ragione di tale considerazione, sarebbe opportuno stabilire espressamente con riferimento all'applicazione del nuovo istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto l'esclusione del giudizio di bilanciamento con circostanze attenuante ad effetto comune.
  Nella proposta di parere terrà conto anche delle questioni processuali, di cui all'articolo 2. In primo luogo non ritiene congruo che dell'archiviazione richiesta per la particolare tenuità del fatto il pubblico ministero debba dare avviso, oltre che alla persona sottoposta alle indagini, alla persona offesa solo nel caso in cui abbia dichiarato di voler essere informata dell'eventuale archiviazione per infondatezza della notizia di reato, considerato Pag. 253che rispetto a questa l'archiviazione per particolare tenuità del fatto ha una peculiarità propria.
  Ritiene inoltre che sia opportuno richiamare anche il comma 3 dell'articolo 409 del codice di procedura penale (avviso dell'udienza al procuratore generale presso la Corte d'appello) nel caso in cui il giudice fissi l'udienza in camera di consiglio, ritenendo non inammissibile l'opposizione alla archiviazione.
  Vi è poi una correzione tecnica da fare nel caso in cui si prevede l'emanazione dell'ordinanza nel caso di accoglimento della richiesta di archiviazione in quanto in questo caso, come peraltro precisato nel testo, si provvede con decreto. L'ordinanza sarà emanata solo nel caso di accoglimento dell'opposizione della persona sottoposta alle indagini o della persona offesa o comunque di rigetto della richiesta di archiviazione.
  Infine, sottopone all'attenzione della Commissione e del Governo i rapporti tra il nuovo istituto e quanto già l'ordinamento prevede per i reati di competenza del giudice di pace ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 28 ottobre 2000, n. 274. Si chiede se sia opportuno mantenere una diversa disciplina a seconda della competenza dei reati, considerando che quelli di competenza del giudice di pace sono di minore gravità. Mentre la minore gravità giustifica alcune particolarità della disciplina dettata per il giudice di pace (tenere conto altresì del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento possa recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato) non ne giustifica altre che prevedono, rispetto al testo in esame, maggiori tutele per la parte offesa, come la previsione secondo cui se è stata esercitata l'azione penale, la particolare tenuità del fatto può essere dichiarata con sentenza solo se l'imputato e la persona offesa non si oppongono. Occorre fare una riflessione sul punto tenendo conto, comunque, che una eventuale abrogazione del predetto articolo 34 non sarebbe da considerare fuori delega in quanto sarebbe riconducibile ad una esigenza di coordinamento delle norme legislative vigenti a seguito delle nuove norme che si introducono nell'ordinamento a seguito dell'esercizio della delega. Sarebbe in contrasto con i principi di delega adeguare il nuovo istituto a disposizioni già vigenti, come accadrebbe, ad esempio, nel caso di prevedere per l'applicazione del nuovo istituto la condizione della mancata opposizione dell'imputato e la persona offesa ove sia stata esercitata l'azione penale.

  Nicola MOLTENI (LNA) ritiene che le correzioni che si intendono apporre al testo appena prospettate dal relatore non possano far venir meno il giudizio negativo sul provvedimento che rappresenta un attentato alla sicurezza dei cittadini. Non ritiene corretta la decisione della Presidenza di non sentire il Capo della Polizia, il quale, pur non rappresentando sempre coloro che operano sul campo, avrebbe avuto modo di chiarire l'assurdità del nuovo istituto che finirà per rendere inutile in molti casi il lavoro svolto dalle forze di polizia.
  Conclude ricordando che tra qualche decina di giorni il governo presenterà lo schema di decreto legislativo sulla depenalizzazione di una serie di reati, che sarà un ulteriore vulnus alla sicurezza dei cittadini.

  Vittorio FERRARESI (M5S) ribadisce l'assoluta contrarietà del suo gruppo al testo in esame, che comunque si cercherà di migliorare per quanto possibile, pur essendo convinti che la soluzione migliore sia il ritiro dello schema di decreto legislativo da parte del Governo.

  Tancredi TURCO (M5S) esprime forte perplessità sulla reale applicabilità del nuovo istituto ritenendo che nei casi concreto sarà molte volte interesse dell'indagato procedere ulteriormente per cercare di essere assolto con formula piena.

  Gianfranco Giovanni CHIARELLI (FI-PdL) si riserva di intervenire in una prossima seduta.

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  Alfonso BONAFEDE (M5S) ritiene che sia del tutto errato sotto il profilo giuridico inserire nel testo, come prospettato dal relatore, il richiamo all'articolo 133 del codice penale, trattandosi di una norma che presuppone la condanna dell'imputato.

  David ERMINI (PD), relatore, precisa di aver fatto riferimento ai parametri di cui all'articolo 133 del codice penale.

  Donatella FERRANTI, presidente, dopo aver ringraziato il relatore per aver dato conto alla Commissione delle linee guida del suo parere, sottolinea l'esigenza, peraltro ripresa dal relatore, di considerare il parametro della non occasionalità che porterebbe ad escludere le condotte plurime, abituali e reiterate. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.40.