CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 2 aprile 2014
210.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.20 alle 13.30.

ELEZIONE DI UN SEGRETARIO

  Mercoledì 2 aprile 2014. – Presidenza del vicepresidente Danilo LEVA.

  La seduta comincia alle 13.30.

  Danilo LEVA (PD), vicepresidente, indìce la votazione per schede per l'elezione di un segretario.
  Comunica il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  14   

  Ha riportato voti:
   Matteo Bragantini  12   
   Schede bianche  2   

  Proclama eletto segretario il deputato Matteo Bragantini, con il quale si congratula.

  Hanno preso parte alla votazione i deputati: Bragantini, Carinelli, Chiarelli, Ermini, Giulietti, Grillo, Impegno, Leone, Leva, Rabino, Rossomando, Vazio, Verini e Zoggia.

DELIBERAZIONI IN MATERIA D'INSINDACABILITÀ

Richiesta di deliberazione pervenuta dal tribunale di Bergamo nell'ambito del procedimento penale (n. 953/2012 RGNR – n. 11742/2012 RG GIP) nei confronti del deputato Umberto Bossi) (doc. IV-ter, n. 10).
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Giunta riprende l'esame della richiesta in titolo, rinviato da ultimo il 26 marzo 2014.

  Danilo LEVA (PD), presidente, ricorda che nella precedente seduta l'onorevole Leone aveva svolto la relazione introduttiva, riservandosi di formulare la sua proposta in esito al dibattito.

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  Leonardo IMPEGNO (PD), nel manifestare l'apprezzamento per la relazione dell'onorevole Leone, ritiene che i contorni della vicenda in esame siano chiari e delineati.
  Osserva che nel corso dell'udienza preliminare la difesa dell'onorevole Bossi avanzava, tra l'altro, richiesta di emissione di sentenza di non luogo a procedere ritenendo applicabile la scriminante di cui all'articolo 68 della Costituzione dal momento che i capi di imputazione sarebbero stati decontestualizzati trascurando il fatto che l'onorevole Bossi stava tenendo un comizio avente ad oggetto la situazione politica nel dicembre 2011, nel quale aveva richiamato argomenti abitualmente utilizzati dalla Lega Nord.
  A tale proposito, ritiene che il tema della contestualità non possa essere evocato nel caso specifico e che debba essere dimostrato il rapporto tra gli argomenti utilizzati dalla Lega Nord e le dichiarazioni rese dall'onorevole Bossi, così come il nesso funzionale tra le predette dichiarazioni e l'esercizio della funzione parlamentare.
  Ricorda anche che il GUP, con ordinanza ampiamente motivata, ha affermato che le dichiarazioni rese dal deputato Umberto Bossi non costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
  Ritiene opportuno, prima di affrontare nel merito alcune questioni, svolgere una considerazione preliminare.
  Ricorda che la giurisprudenza, sia costituzionale che di legittimità, ha più volte messo in evidenza la circostanza che, ai fini dell'individuazione del parametro entro il quale riconoscere la garanzia dell'insindacabilità delle opinioni espresse dai membri del Parlamento in contesti diversi dal rigoroso ambito di svolgimento dell'attività parlamentare strettamente intesa, lo scrutinio debba tenere conto di due esigenze, entrambe di risalto costituzionale: da un lato, quella di salvaguardia dell'autonomia e della libertà delle assemblee parlamentari, quali organi di diretta rappresentanza popolare, dalle possibili interferenze di altri poteri; dall'altro, quella di garantire ai singoli il diritto alla tutela della dignità personale, presidiato dall'articolo 2 della Costituzione.
  Ed invero, come ha ribadito la Corte costituzionale in una recente pronuncia relativa ad un caso analogo a quello in oggetto, l'attività del parlamentare intra moenia può essere sindacata e, se del caso, censurata anche attraverso gli strumenti previsti dai regolamenti parlamentari, con la conseguenza che comportamenti eventualmente lesivi della dignità delle persone possono essere opportunamente prevenuti; le condotte «esterne» rispetto all'attività parlamentare tipica, in tanto possono godere della garanzia della insindacabilità, prevista dall'articolo 68, primo comma, Costituzionale, in quanto risultino rigorosamente conducibili alle specifiche e «qualificate» attribuzioni parlamentari. Il nesso che deve, dunque, sussistere tra la dichiarazione divulgativa extra moenia e l'attività parlamentare propriamente intesa, non può essere visto come un semplice collegamento di argomento o contesto politico fra l'una e l'altra, – come invece sostenuto nella richiesta della difesa dell'onorevole Bossi – ma come identificabilità delle dichiarazioni quale espressione della sostanziale contestualità tra i due momenti, a testimonianza dell'unitario alveo «funzionale» che le deve, appunto, correlare. D'altra parte, poiché la garanzia della insindacabilità opera in relazione non alle opinioni espresse «in occasione» o «a causa» delle funzioni parlamentari, ma soltanto a quelle riconducibili «all'esercizio delle funzioni medesime, qualsiasi diversa lettura dilaterebbe il perimetro costituzionalmente tracciato, generando un'immunità non più soltanto funzionale, ma, di fatto, sostanzialmente «personale», a vantaggio di chi sia stato eletto membro del Parlamento.
  Ebbene, arrivando alle conclusioni, nel caso di specie, come ampiamente argomentato anche dal GIP nell'ordinanza del 23 maggio 2013, le espressioni utilizzate dall'onorevole Bossi nei confronti del Presidente della Repubblica non presentano Pag. 5alcuna attinenza con atti tipici riferibili allo stesso parlamentare; anzi, al contrario, rappresentano chiaramente espressioni della condotta tipica di offesa all'onore e al prestigio del Presidente della Repubblica.
  Occorre, inoltre, ricordare che la Corte di cassazione ha più volte ribadito che l'immunità parlamentare è riservata alle opinioni e non può essere estesa sino a comprendere insulti.
  Sottolinea all'attenzione dei colleghi di non aver mai ripetuto la frase incriminata perché tutti sanno che l'espressione utilizzata dall'onorevole Bossi costituisce un insulto. Anche qui viene in soccorso la Corte di cassazione, come ha ben detto il presidente Leone nella sua relazione.
  Aggiunge, tra l'altro, che mentre il termine in questione può assumere un carattere scherzoso se utilizzato in una conversazione amichevole e privata, esso acquista un significato doppiamente rilevante quando viene pronunciato in pubblico e nei confronti di soggetti che hanno ruoli e funzioni politiche e istituzionali.
  Del resto, giungere ad una conclusione diversa da quella della sindacabilità risulterebbe in contrasto non soltanto con i principi tracciati in materia dalla Consulta, come ha finora dimostrato, ma anche con i principi espressi dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo.
  Questo è un ulteriore elemento, né ritiene che al riguardo si possa diversamente argomentare, in maniera ardita, sulla base della ipotetica sussistenza di un nesso funzionale tra tali espressioni e l'attività e la linea politica dell'allora segretario della Lega Umberto Bossi.
  Alla luce delle argomentazioni sopra esposte, ritiene evidente che le parole pronunciate dall'onorevole Bossi non possano in alcun modo costituire opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ma debbano essere considerate espressioni senza alcun dubbio sindacabili. In tal senso preannunzia l'orientamento del gruppo del Partito Democratico.

  Matteo BRAGANTINI (LNA) ritiene opportuno richiamare l'attenzione dei colleghi su alcuni elementi di fatto che attengono alla condotta tenuta dall'onorevole Bossi durante il comizio svolto in occasione della manifestazione Berghem frecc e rispetto ai quali si è sviluppata l'accusa formulata dal GIP.
  In primo luogo, si sofferma sul movimento delle dita della mano destra dell'onorevole Bossi, minuziosamente descritto nel verbale di trascrizione del comizio, nel quale il magistrato ha ravvisato il compimento del gesto delle corna indirizzato al Presidente della Repubblica. Con riferimento a tale circostanza, evidenzia che, nei suoi interventi pubblici, in relazione alla sua situazione personale, l'onorevole Bossi molto spesso fa ricorso ad una gestualità della mano destra che ha funzione evocativa ed è assolutamente priva di intenti offensivi. A suo avviso, anche nella circostanza richiamata, non è ravvisabile alcuna volontà ingiuriosa nel movimento delle dita compiuto dall'onorevole Bossi, che con la mano destra impugnava il microfono: ritiene, pertanto, non fondata l'interpretazione data dal magistrato a tale gesto.
  In secondo luogo, osserva che dalla trascrizione del comizio non emerge in modo incontrovertibile neppure la circostanza che l'onorevole Bossi avrebbe pronunciato il termine incriminato nei confronti del Presidente della Repubblica. Risulta infatti che l'onorevole Bossi avrebbe proferito tale termine non rivolto al pubblico, ma mentre parlava con qualcuno presente sul palco alle sue spalle: non è affatto certo, pertanto, che tale termine fosse rivolto al Capo dello Stato, come invece sostiene l'accusa. D'altra parte, non potrebbe neanche escludersi che tutta la frase pronunziata dall'onorevole Bossi abbia un carattere scherzoso, dal momento che non vi è alcun dubbio che il Capo dello Stato sia persona a lui ben nota.
  Non ritiene quindi che nel caso in esame siano ravvisabili gli elementi necessari ad integrare la fattispecie penale di offesa all'onore e al prestigio del Capo Pag. 6dello Stato. Sottolinea inoltre, su un piano più propriamente politico, l'inopportunità di promuovere simili iniziative giudiziarie – che appaiono sproporzionate – in relazione a dichiarazioni rese nel corso di comizi, nei quali, accade spesso che si utilizzino toni accesi nei confronti degli avversari politici.

  Mariano RABINO (SCpI) concorda pienamente con la posizione del gruppo del Partito Democratico espressa dal collega Impegno, ritenendo comunque doveroso soffermarsi anche sulle considerazioni svolte dal collega Bragantini circa l'imbarbarimento del linguaggio che connota la dialettica politica da molti anni a questa parte. Si tratta, a suo giudizio, di un tema rilevante, che investe anche aspetti di carattere penalistico, e che necessita di una risposta da parte della politica, innanzitutto sul piano culturale, per riportare il confronto su un piano di rispetto delle reciproche posizioni, sia all'interno che all'esterno del Parlamento.

  Danilo LEVA (PD), presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad una prossima seduta.

  La seduta termina alle 14.