CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 9 ottobre 2013
99.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e III)
COMUNICATO
Pag. 8

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 9 ottobre 2013. — Presidenza del presidente della II Commissione Donatella FERRANTI. – Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giuseppe Berretta.

  La seduta comincia alle 14.10.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, fatta all'Aja il 19 ottobre 1996, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
C. 1589 Governo.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Michele NICOLETTI (PD), relatore per la III Commissione, fa presente che la Convenzione in esame, risalente al 1996, ma firmata dal nostro Paese sette anni dopo, il 10 aprile 2003, è finalizzata all'integrale revisione del testo del 1961 sulla competenza delle autorità e la legge applicabile nel campo della protezione dei minori. In particolare essa mira a superare talune criticità emerse nel funzionamento della Convenzione del 1961, soprattutto a seguito dell'entrata in vigore della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dal nostro Paese con la legge 27 maggio 1991, n. 176. Con tale atto giuridico multilaterale è infatti intervenuto un profondo mutamento d'approccio nel diritto internazionale posto a tutela dell'infanzia, poiché sono stati introdotti alcuni importanti princìpi volti a garantire ai minori e ai loro diritti una collocazione privilegiata all'interno di ciascun sistema giuridico e sociale.
  Osserva che si è quindi prodotto un disallineamento tra la Convenzione, ora citata, ed il testo del 1961 che la Convenzione dell'Aja del 1996 cerca di superare, adottando un nuovo criterio principale di collegamento per l'individuazione dell'autorità competente a emettere le misure di protezione: quello del luogo di residenza abituale del minore, ove si radicano i suoi interessi e il suo ambiente familiare. Ciò Pag. 9determinerà (salve limitate eccezioni) sia la competenza dell'autorità sia, attraverso il richiamo alla lex fori, la legge applicabile.
  Ritiene che tale soluzione presenti un duplice vantaggio: le autorità potranno applicare la legge che meglio conoscono; le misure, generalmente, verranno eseguite direttamente, in quanto saranno eseguite nello Stato cui appartengono le autorità che le hanno adottate. Tuttavia, l'articolo 15 stabilisce che le autorità competenti possono «applicare o prendere in considerazione», in via eccezionale, la legge di un altro Stato con cui la situazione presenti uno stretto collegamento, accertando che ciò sia richiesto dall'interesse superiore del minore. Infine, la norma detta disposizioni per determinare la legge applicabile in caso di trasferimento della residenza abituale del minore.
  Considera la scelta operata del resto coerente con quanto è stato previsto in altre Convenzioni promosse dalla Conferenza dell'Aja di diritto internazionale privato (quali ad esempio la Convenzione del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori e la Convenzione del 1993 sulla protezione dei minori e la cooperazione in materia di adozioni internazionali). Quanto alla legge applicabile alle misure di protezione del minore è infatti prevista, come principio generale e salve alcune determinate e giustificate eccezioni, l'applicazione della lex fori da parte delle autorità competenti, superando anche in questo ambito le rilevanti difficoltà operative che derivano dall'applicazione del diritto di uno Stato diverso da quello dello Stato in cui si trova l'autorità competente a emettere la misura.
  Segnala che la ratifica da parte italiana della Convenzione implica altresì l'esigenza di dettare specifiche norme di adeguamento dell'ordinamento interno sia con riferimento a profili concernenti il riconoscimento di alcune misure di protezione, sia per la necessità di modificare la legge 31 maggio 1995, n. 218, recante riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato. Per tali aspetti rinvia alla relazione del collega Biffoni della II Commissione.
  Richiama poi il fatto che la ratifica della Convenzione pone l'esigenza di rispondere ad una vasta aspettativa determinatasi nel mondo dell'associazionismo con finalità umanitarie e di tutela dei minori abbandonati: quella di dare adeguata veste normativa nell'ordinamento italiano alla cosiddetta kafala, unico istituto giuridico di diritto islamico in grado di consentire l'accoglienza in famiglia dei minori il cui Paese di origine non conosce l'adozione, come avviene in alcuni Paesi fra cui il Marocco, nei cui orfanotrofi e istituti vivono circa decina di migliaia di minori abbandonati.
  Ricorda che, a seguito del costante aumento dei flussi di persone provenienti dai Paesi di fede islamica, si è registrata, anche in Italia, l'emersione sempre più frequente di rapporti giuridici familiari non solo fra cittadini appartenenti agli Stati suddetti ma anche fra tali persone e cittadini italiani o stranieri non islamici residenti nel nostro Paese. Questioni peculiari sono sorte riguardo al ruolo da assegnare all'istituto della kafala, previsto negli ordinamenti di matrice religiosa mussulmana quale unica misura di protezione dei minori abbandonati, a causa del generale divieto dell'adozione.
  Rileva che, anche se si tratta di un istituto sconosciuto all'ordinamento italiano, nonché agli ordinamenti di stampo occidentale, esso risulta tuttavia contemplato da specifiche norme internazionali. Da un lato, l'articolo 20, paragrafo 3, della richiamata Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989 lo annovera tra le «misure di protezione sostitutiva», accanto all'affidamento familiare e all'adozione. Dall'altro lato, l'articolo 3, lettera e), della Convenzione al nostro esame enumera tra le misure suddette il «recueil légal par kafala ou par une institution analogue».
  Auspica che, con la ratifica della presente Convenzione, l'istituto della kafala, possa essere finalmente disciplinato. Attraverso il monitoraggio di un'autorità Pag. 10centrale sarà, quindi, possibile affrontare caso per caso le delicate questioni di compatibilità tra il sistema giuridico italiano, dai risvolti umani drammatici e distinguere fra i vari provvedimenti di kafala, previsti dagli ordinamenti di matrice islamica.
  Venendo in estrema sintesi ai profili di competenza della III Commissione, fa presente che la Convenzione in esame consta di 63 articoli, articolati in sette capitoli riguardanti rispettivamente l'ambito di applicazione, la competenza giurisdizionale, la legge applicabile, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni, la cooperazione, le disposizioni generali e le clausole finali.
  Gli articoli 1-4 delineano il campo di azione della Convenzione: in particolare ai sensi dell'articolo 3 rientrano nel campo di applicazione della Convenzione l'attribuzione, l'esercizio e la revoca – totale o parziale – della responsabilità genitoriale; il diritto di affidamento; la tutela, la curatela e gli istituti analoghi; la designazione e le funzioni di qualsiasi persona od organismo incaricato di occuparsi del minore o dei suoi beni; il collocamento del minore in famiglia di accoglienza o in istituto anche mediante kafala o istituto analogo; la supervisione da parte delle autorità pubbliche dell'assistenza fornita al minore da qualsiasi persona se ne faccia carico; l'amministrazione, conservazione o disposizione dei beni del minore. Sono esclusi dal campo della Convenzione l'accertamento e la contestazione della filiazione; la decisione e la revoca sull'adozione e le misure preparatorie; il cognome e nome del minore; l'emancipazione; gli obblighi agli alimenti; le amministrazioni fiduciarie e le successioni; la previdenza sociale; le misure pubbliche generali in materia di istruzione e sanità; le misure adottate in conseguenza della commissione di reati da parte del minore; le decisioni in materia di diritto d'asilo e di immigrazione (articolo 4).
  Gli articoli 5-14 (capitolo II) della Convenzione in esame riguardano la competenza: particolare rilievo assume l'articolo 7 che dispone la conservazione della competenza in capo alle autorità dello Stato contraente di abituale residenza del minore in caso di trasferimento o di mancato ritorno illecito del minore, e ciò fino al momento in cui questi abbia acquisito una residenza abituale in un altro Stato. Ai sensi della norma è considerato illecito il trasferimento o il mancato ritorno del minore se avviene in violazione di un diritto di affidamento effettivamente esercitato. L'articolo 8 prevede la possibilità, in via eccezionale, che l'autorità dello Stato contraente competente in applicazione dell'articolo 5 o 6, ove ritenga che l'autorità di un altro Stato contraente sarebbe meglio in grado di valutare il superiore interesse del minore in un caso particolare, possa chiedere a quell'autorità di accettare la competenza ad adottare le misure di protezione che riterrà necessarie, o sospendere la decisione e invitare le parti a investire di tale richiesta l'autorità dell'altro Stato. La norma individua, altresì, le condizioni sottese alla possibilità che l'autorità dell'altro Stato venga richiesta o adita.
  Con gli articoli 15-22 (capitolo III) si dettano disposizioni in materia di legge applicabile. L'articolo 15 dispone che, nell'esercizio della competenza loro attribuita dalle disposizioni del capitolo II, le autorità degli Stati contraenti applichino la propria legge. Qualora tuttavia la protezione della persona o dei beni del minore lo richieda, esse potranno eccezionalmente applicare o prendere in considerazione la legge di un altro Stato con il quale la situazione presenti uno stretto legame. L'attribuzione o l'estinzione di pieno diritto di una responsabilità genitoriale, senza l'intervento di un'autorità giudiziaria o amministrativa, è disciplinata dalla legge dello Stato di residenza abituale del minore. L'attribuzione o l'estinzione di una responsabilità genitoriale mediante accordo o atto unilaterale, senza l'intervento di un'autorità giudiziaria o amministrativa, è disciplinata dalla legge dello Stato di residenza abituale del minore nel momento in cui l'accordo o l'atto unilaterale prende effetto. La responsabilità genitoriale esistente secondo la legge dello Pag. 11Stato di residenza abituale del minore sussiste dopo il trasferimento di tale residenza abituale in un altro Stato (articolo 16).
  Gli articoli 23-28 (capitolo IV) si incentrano su riconoscimento ed esecuzione. In particolare con l'articolo 23 è stabilito che le misure adottate dalle autorità di uno Stato contraente saranno riconosciute di pieno diritto negli altri Stati contraenti. La norma prevede, tuttavia, una serie di ipotesi all'inverarsi delle quali il riconoscimento potrà essere negato. L'articolo 28 dispone invece che le misure adottate in uno Stato contraente e dichiarate esecutive, o registrate ai fini dell'esecuzione in un altro Stato contraente, sono eseguite in quest'ultimo come se fossero state adottate dalle proprie autorità. L'esecuzione delle misure avviene conformemente alla legge dello Stato richiesto nei limiti che vi sono previsti, tenuto conto del superiore interesse del minore.
  La cooperazione è considerata dagli articoli 29-39 (capitolo V). Tra questi, l'articolo 29 prevede che ogni Stato contraente designi un'autorità centrale incaricata di adempiere gli obblighi derivanti dalla Convenzione. Le Autorità centrali dovranno cooperare fra loro e promuovere la cooperazione fra le autorità competenti del proprio Stato per realizzare gli obiettivi della Convenzione. Esse, nell'ambito dell'applicazione della Convenzione, adottano le disposizioni idonee a fornire informazioni sulla loro legislazione, nonché sui servizi disponibili nel loro Stato in materia di protezione del minore (articolo 30). Ai sensi dell'articolo 31 l'Autorità centrale di uno Stato contraente adotta tutte le disposizioni idonee ad agevolare le comunicazioni e offrire l'assistenza prevista dalle norme dell'Accordo in esame (articoli 8 e 9 e capitolo V); ad agevolare con la mediazione, la conciliazione o qualsiasi altra analoga modalità, accordi amichevoli sulla protezione della persona o dei beni del minore nelle situazioni in cui si applica la Convenzione; ad aiutare, su richiesta di un'autorità competente di un altro Stato contraente, la localizzazione del minore quando appare che questi sia presente sul territorio dello Stato richiesto e abbia bisogno di protezione.
  Gli articoli 40-56 (capitolo VI) recano le disposizioni generali: a norma dell'articolo 51 la Convenzione in esame sostituisce, nei rapporti fra gli Stati contraenti, la Convenzione del 5 ottobre 1961 sulla competenza delle autorità e la legge applicabile in materia di protezione dei minorenni e la Convenzione per regolare la tutela dei minorenni firmata all'Aia il 12 giugno 1902, fermo restando il riconoscimento delle misure adottate secondo la citata Convenzione del 5 ottobre 1961.
  Gli articoli 57-63 (capitolo VII) recano le clausole finali. Nell'auspicare una pronta approvazione del provvedimento, ricorda che è decorso un lunghissimo lasso di tempo prima che il Parlamento fosse investito dell'autorizzazione alla ratifica della Convenzione in oggetto. Infatti solo nella XVI legislatura veniva avviato, il 13 luglio 2011, da parte della III Commissione, l'esame di quattro progetti di legge di iniziativa parlamentare volti ad autorizzare la ratifica della Convenzione del 1996, in attesa della presentazione del disegno di legge del Governo. L'esame delle quattro proposte di legge proseguiva fino alla seduta del 6 novembre 2012, e in seguito decadeva per la conclusione della legislatura. Il relatore dei provvedimenti abbinati in III Commissione rimarcava più volte il ritardo nel concerto interministeriale che impediva la presentazione del disegno di legge governativo, imputandolo sia a questioni burocratiche come la definizione e il finanziamento dell'Autorità nazionale incaricata dell'esecuzione in Italia della Convenzione, sia ad alcune remore in ordine alla difficoltà di impianto nell'ordinamento italiano di un istituto giuridico come la kafala. Prima e dopo la discussione alla Camera delle quattro proposte di legge, una serie di atti di indirizzo approvati dal Senato cercavano di accelerare la presentazione del testo governativo, considerando anche il grave ritardo italiano nell'adeguamento alla Decisione del Consiglio dei ministri UE 2008/431/CE del 5 giugno 2008, che aveva fissato in due Pag. 12anni il termine per la ratifica da parte degli Stati membri della UE. Alla Camera analoghe istanze venivano prospettate da alcuni atti di sindacato ispettivo presentati in Commissione Esteri rispettivamente il 6 ottobre ed il 22 dicembre 2010, nonché il 29 giugno 2011.
  A testimonianza del perdurante interesse parlamentare per il recepimento della Convenzione dell'Aja, segnala che anche in questo primo scorcio della XVII legislatura, è intervenuta la presentazione di una nuova proposta di legge, l'A.C. 648, d'iniziativa dei colleghi Caruso e Chaoki, recante l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione.
  Ricorda infine che il ritardo italiano nell'adempiere a tale impegno internazionale sta configurandosi quale fonte di responsabilità sul piano dell'Unione europea. Con due lettere, rispettivamente del 23 maggio 2012 e del 14 giugno 2013, la Commissione europea ha chiesto all'Italia di far conoscere le motivazioni all'origine del ritardo da parte italiana nel procedere alla ratifica della Convenzione dell'Aja, prospettando la possibile apertura di una procedura di infrazione. Con successiva missiva del 18 luglio scorso Bruxelles ha nuovamente chiesto di conoscere il calendario preciso di adozione del disegno di legge di ratifica. Conclusivamente, auspica il più celere iter di ratifica della Convenzione in titolo.

  Matteo BIFFONI (PD), relatore per la II Commissione, soffermandosi sul contenuto del disegno di legge in esame, rileva come gli articoli 1 e 2 contengano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione e l'ordine di esecuzione.
  Gli articoli seguenti sono volti a dettare alcune norme di adeguamento dell'ordinamento nazionale ai principi espressi dalla Convenzione, in particolare per dare una veste giuridica a quella sorta di affidamento familiare, previsto come unica misura di protezione del minore in stato di abbandono negli ordinamenti islamici, la cosiddetta kafala.
  Per effetto della kafala, segnatamente, un adulto musulmano (o una coppia di coniugi) ottiene la custodia del minorenne, in stato di abbandono, che non sia stato possibile affidare alle cure di parenti, nell'ambito della famiglia estesa: è in sostanza un affidamento che si protrae fino alla maggiore età, e non trova ad oggi espresse corrispondenze nell'ordinamento giuridico italiano.
  L'articolo 3 del disegno di legge, che apre le disposizioni di adeguamento interno, è dedicato alle definizioni e consente di: – individuare nel Ministero della Giustizia, Dipartimento per la Giustizia minorile, l'autorità centrale italiana, incaricata di adempiere gli obblighi derivanti dalla Convenzione ai sensi dell'articolo 29 della stessa; – individuare nella Commissione per le adozioni internazionali l'autorità competente italiana (alla quale, come si dirà oltre, il disegno di legge attribuisce il potere di approvare la proposta di assistenza legale, tramite kafala o istituto analogo, di un minore in stato di abbandono, emessa dall'autorità giudiziaria di altro Stato contraente); – definire le autorità competenti straniere come le autorità competenti ad adottare le misure di protezione del minore e dei suoi beni; – definire il concetto di assistenza legale di un minore (si tratta dell'assistenza disposta ai sensi dell'articolo 33 della Convenzione dall'autorità giudiziaria previa autorizzazione dell'autorità centrale o dell'autorità competente); chiarire che con l'espressione decreto di idoneità si intende il decreto di idoneità ad adottare previsto dall'articolo 30 della legge sulle adozioni.
  Gli articoli 4 e 5 delineano le diverse procedure da seguire per il collocamento in Italia di minori stranieri a seconda che gli stessi si trovino o meno in stato di abbandono.
  In particolare, l'articolo 4 delinea la procedura da seguire quando debba essere collocato in Italia un minore straniero che non si trovi in stato di abbandono (precisando che questa procedura non si applica ai minori che giungono in Italia nell'ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea).
  Il disegno di legge delinea il seguente percorso: l'autorità competente straniera Pag. 13propone all'autorità centrale italiana (Ministero della Giustizia) il collocamento o l'assistenza legale del minore presso una persona, una famiglia o una struttura di accoglienza in Italia, motivando la proposta e illustrando la situazione del minore (comma 1); il Ministero della Giustizia – Dipartimento per la giustizia minorile trasmette gli atti al tribunale per i minorenni (l'autorità giudiziaria competente è individuata in base alla residenza della famiglia o struttura di accoglienza); il tribunale per i minorenni può chiedere ulteriori informazioni sul minore, tramite il Ministero, e deve assumere informazioni, tramite i servizi sociali o le ASL, sulle persone o la struttura individuata per l'assistenza (comma 2); in particolare (comma 3), il tribunale dovrà verificare che persone e struttura siano capaci di provvedere all'educazione, all'istruzione e al mantenimento del minore; siano disponibili a favorire il contatto tra il minore e la famiglia e cultura d'origine; rispettino specifici requisiti di onorabilità e relativi alla normativa sull'immigrazione.
  In esito a tale istruttoria, il tribunale per i minorenni approva o respinge con decreto motivato la proposta, comunicando la decisione al Ministero (comma 2).
  Il Ministero trasmette il decreto del tribunale all'autorità competente straniera, all'ufficio consolare italiano all'estero, al giudice tutelare e ai servizi socio-assistenziali e alla questura del luogo in cui si stabilirà il minore, nonché alla persona, famiglia o struttura di accoglienza identificata (comma 4); l'ufficio consolare italiano nel paese in cui si trova il minore rilascia il visto d'ingresso (comma 5); spetta al Ministero della giustizia dare comunicazione del visto alle competenti autorità straniere; il questore rilascia al minore che non sia cittadino dell'Unione europea un permesso di soggiorno (ai sensi dell'articolo 5 del TU immigrazione) per assistenza legale, della durata di 2 anni, rinnovabile per periodi di uguale durata se permangono le condizioni che ne hanno giustificato il rilascio (comma 6).
  Il minore che entra in Italia in base a questa procedura può beneficiare di tutti i diritti riconosciuti al minore in affidamento familiare.
  L'articolo 5 disciplina invece l'ipotesi di assistenza legale al minore straniero che si trova nel proprio paese in stato di abbandono ed è consentita a coniugi residenti in Italia rispetto ai quali il tribunale abbia emesso un decreto di idoneità all'adozione. Il presupposto è dunque il possesso dei requisiti per adottare, disciplinati dall'articolo 6 della legge sull'adozione (n. 184 del 1983).
  In tale ipotesi, il procedimento da seguire è il seguente: la richiesta degli interessati è presentata alla Commissione per le adozioni internazionali, con indicazione dell'ente o del servizio che li assistono nelle procedure; la Commissione per le adozioni internazionali inoltra la richiesta all'autorità competente straniera, unitamente alla documentazione comprovante l'idoneità dei richiedenti (comma 3); l'ente autorizzato o il servizio pubblico svolgono le attività previste dall'articolo 31 della legge sulle adozioni; la Commissione per le adozioni internazionali riceve dall'autorità competente straniera la proposta di accoglienza del minore in regime di assistenza legale, unitamente a tutte le informazioni relative allo stato di abbandono del minore, all'impossibilità di un suo collocamento familiare nel paese di provenienza, al consenso degli interessati, alle informazioni sulla situazione personale del minore, le sue necessità particolari e le informazioni che gli sono state fornite tenendo conto dell'età e della maturità personale (comma 5); la Commissione decide dunque, sulla scorta di tali informazioni, di approvare o respingere la richiesta di assistenza legale dandone, in caso di esito positivo, comunicazione all'ente autorizzato (o al servizio pubblico), al tribunale per i minorenni e ai servizi sociali (comma 6); la stessa Commissione riceve dall'autorità straniera l'autorizzazione al trasferimento permanente del minore in Italia e ne autorizza a sua volta l'ingresso in Italia (dandone comunicazione all'ufficio consolare, al tribunale per i minorenni, Pag. 14al giudice tutelare, all'ente autorizzato e alla questura (comma 8)); l'ufficio consolare italiano nel paese in cui si trova il minore rilascia il visto d'ingresso (comma 9); il questore rilascia al minore che non sia cittadino dell'Unione europea un permesso di soggiorno (ai sensi dell'articolo 5 del TU immigrazione) per assistenza legale, della durata di 2 anni, rinnovabile per periodi di uguale durata se permangono le condizioni che ne hanno giustificato il rilascio (comma 10); anche il minore che entra in Italia in base a questa procedura può beneficiare di tutti i diritti riconosciuti al minore in affidamento familiare (comma 11). I servizi sociali assistono il minore e la famiglia che lo accoglie, riferendo periodicamente al tribunale per i minorenni; il giudice tutelare conferisce ai coniugi le funzioni di tutore e di protutore e si applicano, ove compatibili, le disposizioni sulla scelta del tutore previste dall'articolo 348 del codice civile.
  L'articolo 5 specifica che nelle more della procedura non può esservi alcun contatto tra la famiglia che richiede l'assistenza legale del minore e i genitori del minore o chiunque altro di cui sia necessario il consenso (comma 8).
  L'articolo 6 stabilisce quali disposizioni della normativa in tema di immigrazione possano trovare applicazione in caso di minore presente nel nostro paese per assistenza legale. In particolare, il comma 1 dispone che al minore di Paesi non UE, entrato in Italia in base agli articoli 4 e 5, si applicano le disposizioni sulla conversione del permesso di soggiorno di cui all'articolo 32 del TU immigrazione.
  Il comma 2 esclude invece che ai medesimi minori si possano applicare le disposizioni dell'articolo 29, commi 2 e 5, del TU immigrazione, in tema di ricongiungimento familiare.
  L'articolo 7 disciplina l'ipotesi in cui il minore che necessita di assistenza legale sia residente in Italia e la sua collocazione debba essere effettuata all'estero, presso una persona, una famiglia o una struttura di accoglienza in un altro Stato contraente. In questo caso l'esigenza di collocamento sarà rilevata dall'autorità giudiziaria italiana che, per il tramite del Ministero della giustizia – Dipartimento per la giustizia minorile, inoltrerà la richiesta e la documentazione all'autorità competente dello Stato estero (comma 1).
  L'articolo 8 novella le disposizioni penali della legge n. 184 del 1983 (Legge sulle adozioni internazionali), al fine di estendere le sanzioni penali – già previste per la violazione della legge in materia di adozione – alle fattispecie commesse in violazione della legge in commento, di ratifica della Convenzione dell'Aja.
  L'articolo 9 novella la legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, n. 218 del 1995, aggiornando il riferimento alla Convenzione dell'Aja del 1961, che disciplinava la medesima materia, con quello alla Convenzione dell'Aja del 1996, oggetto di ratifica (articolo 42).
  L'articolo 10 riguarda le misure di protezione disposte da Stati non aderenti alla Convenzione.
  L'articolo 11 stabilisce che, con regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, siano disciplinate le modalità operative per l'attuazione degli articoli 4 e 5. I regolamenti sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri degli affari esteri, dell'interno, della giustizia, del lavoro e delle politiche sociali e per l'integrazione.
  L'articolo 12 contiene la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 13 detta disposizioni transitorie.
  L'articolo 14 reca la clausola di immediata entrata in vigore della legge.
  Pur condividendo la necessità di approvare al più presto il disegno di legge, ritiene comunque utile che le Commissioni compiano un approfondimento per verificare, in particolare, se le procedure di cui agli articoli 4 e 5, oltre che denotate da assoluto rigore, siano anche concretamente fruibili dalle famiglie. A tal fine, appare utile svolgere un breve ciclo di audizioni, per sentire chi opera quotidianamente sul campo.

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  Maria Edera SPADONI (M5S) ritiene che la complessa materia affrontata dalla Convenzione all'ordine del giorno richieda un esame approfondito e circostanziato, senza indulgere alla fretta. A suo avviso, il ritardo maturato dalla sottoscrizione della Convenzione stessa costituisce ormai un dato di fatto che non può giustificare un mancato approfondimento delle delicate questioni sottese al provvedimento che necessitano del giusto tempo di esame.

  Donatella FERRANTI, presidente, concorde il vicepresidente della III Commissione, onorevole Manciulli, ritiene che le esigenze di approfondimento e di una rapida approvazione del provvedimento siano conciliabili predisponendo lo svolgimento di un ciclo breve e mirato di audizioni. Invita quindi i gruppi ad indicare i soggetti che potranno essere auditi entro domani, ritenendo comunque opportuno che siano auditi rappresentanti della Commissione per le adozioni internazionali e dei competenti uffici del Ministero degli Affari Esteri.

  Michele NICOLETTI (PD), relatore per la III Commissione, nel condividere l'opportunità degli approfondimenti richiesti soprattutto con riferimento alle parti di competenza della II Commissione, osserva tuttavia che l'urgenza di procedere alla ratifica della Convenzione in titolo non deriva soltanto da pressioni esterne, ma soprattutto dall'esigenza di corrispondere ad una maggiore tutela dei diritti delle persone interessate. Facendo presente come l'Italia si trova spesso in una posizione delicata in seno all'Unione europea in materia di protezione dei diritti fondamentali, invita a proseguire l'esame del provvedimento con la massima serietà, ma al tempo stesso con la consapevolezza di non dover perdere tempo.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.50.