CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 10 dicembre 2014
354.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Mercoledì 10 dicembre 2014. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il viceministro della giustizia Enrico Costa.

  La seduta comincia alle 13.20.

Disposizioni in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante nonché di segreto professionale. Ulteriori disposizioni a tutela del soggetto diffamato.
C. 925-B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 19 novembre 2014.

  Donatella FERRANTI, presidente, ricorda che ieri si è conclusa l'indagine conoscitiva sul provvedimento in oggetto. Nessuno chiedendo di intervenire dichiara concluso l'esame preliminare e fissa il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 14 di lunedì 12 gennaio 2015. Rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di accesso del figlio adottato non riconosciuto alla nascita alle informazioni sulle proprie origini e sulla propria identità.
C. 784 Bossa, C. 1874 Marzano, C. 1343 Campana, C. 1983 Cesaro Antimo, C. 1901 Sarro, C. 1989 Rossomando, C. 2321 Brambilla e C. 2351 Santerini.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 22 ottobre 2014.

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  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che sono stati presentati emendamenti al provvedimento in esame (vedi allegato) e che le sedute di questa settimana sono dedicate agli interventi sul complesso degli emendamenti.

  Giuseppe BERRETTA (PD), relatore, osserva come sia stato presentato un numero cospicuo di emendamenti basati su impostazioni anche molto diverse tra loro, ciò che dimostra come, nonostante la sintesi operata con la redazione del testo base, permangano ancora diversità di vedute, talvolta molto marcate. Gli interventi volti ad illustrare gli emendamenti, pertanto, saranno importanti per identificare gli elementi sui quali tentare una mediazione, tenendo conto che da parte sua vi è la massima disponibilità a contemperare il diritto della madre a mantenere l'anonimato con il diritto del figlio, altrettanto meritevole di tutela e supportato dalle pronunce della CEDU e della Corte Costituzionale, a conoscere le proprie origini. Ovviamente trovando delle modalità che assicurino ad entrambi i diritti una tutela avanzata, moderna e attenta alle numerose e delicate questioni coinvolte.

  Michela MARZANO (PD) ritiene che con il testo base presentato dal relatore sia stato fatto un ottimo lavoro e precisa come i suoi emendamenti siano volti sono ad apportarvi delle minime correzioni. Ricorda come sia la Corte EDU che la Corte Costituzionale abbiano rilevato un'asimmetria tra il diritto della donna a conservare l'anonimato e quello dei figli non riconosciuti ad accedere alle proprie origini.
  Chiarisce che i suoi emendamenti sono volti a precisare che possano accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l'identità dei propri genitori biologici l'adottato e il figlio nato da donna che abbia manifestato la volontà di non essere nominata, raggiunta la maggiore età, e che la domanda possa essere sempre presentata al tribunale per i minorenni del luogo di residenza o del luogo di nascita del figlio. Si estende, quindi, la legittimazione dell'accesso alle origini, attribuendola al figlio maggiorenne di una donna che abbia fatto ricorso al parto anonimo, anche se questa non abbia revocato l'anonimato, e si estende la possibilità di presentare la relativa domanda prevedendo una competenza territoriale alternativa. Si prevede un meccanismo che consente, entro un anno dal parto anonimo, di effettuare il riconoscimento del figlio da parte di colui che assuma di essere il padre biologico. Si propone, infine, di prevedere che i sanitari che assistono al parto e raccolgono la dichiarazione di anonimato materno informino la donna delle conseguenze che tale decisione produce nei riguardi suoi e del nato, e raccolgano i dati anamnestici non identificativi della partoriente, anche con riguardo alla sua storia sanitaria personale e familiare, di cui il figlio ha accesso ai sensi dell'articolo 93, comma 3, del decreto legislativo n. 196 del 2003.
  Osserva come tutti sembrino d'accordo sul fatto che occorra riequilibrare il diritto della madre all'anonimato e il diritto del figlio a conoscere le sue origini, ma sottolinea come il problema sia quello di stabilire da quale soggetto debba provenire l'istanza, precisando come a suo giudizio sia logico che la domanda debba provenire dal figlio.

  Antimo CESARO (SCpI) illustra il suo emendamento 1.5 e rileva come il testo base, alla lettera a), introduca una disparità di trattamento ingiustificabile tra situazioni soggettive identiche: il diritto fondamentale della persona a conoscere le proprie origini, ivi compresa l'identità materna, in caso di ripensamento della madre sulla decisione di anonimato. Per il figlio non riconosciuto alla nascita (ossia il nato da parto anonimo) si accorda tutela a questo diritto solo in caso di revoca del segreto per iniziativa materna, escludendo l'interpello su istanza del figlio. Ciò perpetua proprio quella lesione che la sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2013 ha ritenuto incostituzionale. La limitazione riguardante l'età espone a censure di incostituzionalità e violazione delle Pag. 30convenzioni internazionali, come sottolineato dal giudice Monica Velletti e dai professori Cesare Massimo Bianca e Arnaldo Morace Pinelli. La Commissione ha evidenziato la necessità di superare quel paternalismo giuridico che impedisce alla persona adulta di esercitare un proprio diritto fondamentale, scaricando sulla legge la protezione di interessi né certi né dimostrabili alla stabilità affettiva della famiglia adottiva. Infine, la discrasia tra Tribunale dei minorenni del luogo di residenza o luogo di nascita rappresenta una irragionevole duplicazione di competenze territoriali, che introduce difficoltà di coordinamento tra strutture e rischio di contemporanea litispendenza giudiziale. È preferibile radicare la competenza presso un unico ufficio, il Tribunale dei minorenni del luogo di nascita del figlio, scelta che sembrerebbe più ragionevole, trattandosi dell'ufficio che dispone del fascicolo completo dell'adozione. In tal senso è orientato anche il suo emendamento 1.54.
  Quanto al suo emendamento 1.28, precisa come questo sia volto ad evitare che si vanifichi la previsione di ripensamento su interpello del figlio, ove questo sia impedito dalla concreta impossibilità di rintracciare la donna, condizione equiparabile al decesso, o di raccogliere un suo ripensamento consapevole, che non può essere delegato al tutore o all'amministratore di sostegno, in quanto diritto personalissimo che involge situazioni soggettive di particolare delicatezza, nelle quali comunque la comunicazione dell'identità al figlio non potrebbe danneggiare la madre, appunto perché versa in condizioni di incapacità di discernimento.

  Daniele FARINA (SEL) precisa come il suo gruppo abbia presentato pochi emendamenti, tutti soppressivi di parti cospicue del testo. Manifesta, infatti, forti perplessità sul testo e sulla necessità di intervenire sulla normativa vigente con una modifica così incisiva.

  Giuseppe BERRETTA (PD), relatore, ribadisce come l'intervento normativo sia reso necessario dalle pronunce in materia della Corte EDU e della Corte Costituzionale. Quest'ultima, in particolare, ha stabilito che l'articolo 28, comma 7, della legge n. 184 del 1983 è parzialmente illegittimo nella parte in cui non prevede l'interpello. Attualmente, pertanto, i tribunali per i minorenni procedono all'interpello in modo autonomo e discrezionale. È dunque evidente la necessità di un intervento normativo, che prenderà forma con una soluzione di compromesso volta a bilanciare ed equilibrare i diritti in questione.

  Vanna IORI (PD) ritiene che non sarà semplice raggiungere una soluzione di compromesso. Illustra quindi il suo emendamento 1.41, volto a riformulare il comma 7-bis nel senso di sopprimere la generica espressione «senza formalità» ed a prevedere con esattezza chi debba contattare la madre ed in che modo debba farlo. Il tribunale per i minorenni, segnatamente, avvalendosi di personale professionalmente qualificato dei servizi socio-educativi, contatta l'istante al fine di informarlo, mediante uno o più colloqui facoltativi, sulle conseguenze giuridiche della procedura e sulle difficoltà connesse a una eventuale nuova situazione familiare della madre. Il medesimo tribunale, trascorsi 60 giorni dal deposito, prende informazioni sulla situazione della madre e la contatta, con modalità che assicurano la massima riservatezza, individuando i modi, i luoghi e i tempi più idonei, tramite i servizi sociali, ove possibile coadiuvati da mediatori familiari o servizi consultoriali, attraverso più colloqui, anche telefonici, per verificare se intenda mantenere l'anonimato. L'istanza, che deve essere presentata al tribunale per i minorenni del luogo di residenza del figlio, è sempre revocabile.

  Anna ROSSOMANDO (PD) ricorda come la legislazione italiana in materia di famiglia e di minori sia tra le più avanzate in Europa e come la Corte Costituzionale non abbia dichiarato l'inutilità delle norme in esame ribadendo, anzi, alcuni imprescindibili concetti, quale in particolare Pag. 31la tutela del parto anonimo. D'altra parte sottolinea come sia difficile definire il contenuto del diritto all'identità, che per qualcuno è la ricerca delle proprie origini e della propria storia, mentre si va sempre più affermando l'idea di una persona connotata dal luogo in cui si costruisce la propria vita e i propri affetti. Riservandosi di intervenire puntualmente in seguito per illustrare le sue proposte emendative, precisa di ritenere che nel riequilibrare il diritto della madre all'anonimato e il diritto del figlio a conoscere le sue origini, l'istanza debba provenire dalla donna.

  Michela MARZANO (PD) ribadisce come, a suo giudizio, debba provenire dal figlio l'iniziativa che porterà all'accesso alle origini e chiarisce di non ritenere che le origini possano essere ridotte al mero aspetto genetico, trattandosi di ricostruire una parte della storia delle persone. Osserva che, di fatto, con il parto anonimo il bambino venga abbandonato e non ritiene che introdurre una normativa che consenta di revocare l'anonimato possa essere in alcun modo interpretato come un atto che sottragga o diminuisca un diritto della donna.

  Daniele FARINA (SEL) ritiene al contrario che la normativa in esame possa avere effetti estremamente deleteri sulle scelte che le donne potranno compiere al momento del parto.

  Donatella FERRANTI, presidente, ritiene necessari alcuni chiarimento sulle ragioni dell'intervento normativo.
  In primo luogo la Corte Europea dei diritti dell'uomo, nella sentenza 25 settembre 2012 (Godelli vs Italia) esprime un giudizio negativo circa l'irretrattabilità dell'anonimato, prevista dalla normativa italiana, ritenuta in contrasto con l'articolo 8 della Convenzione EDU. Secondo la Corte, il diritto di conoscere la propria ascendenza rientra nel campo di applicazione della nozione di «vita privata» che comprende aspetti importanti dell'identità personale di cui fa parte l'identità dei genitori. L'articolo 8 della Convenzione tutela un diritto all'identità ed allo sviluppo personale e quello di allacciare e approfondire relazioni con i propri simili ed il mondo esterno. A tale sviluppo contribuiscono la scoperta dei dettagli relativi alla propria identità di essere umano e l'interesse vitale, tutelato dalla Convenzione, ad ottenere delle informazioni necessarie alla scoperta della verità riguardante un aspetto importante dell'identità personale, ad esempio l'identità dei propri genitori. La nascita, e in particolare le circostanze di quest'ultima, rientra nella vita privata del bambino, e poi dell'adulto, sancita dall'articolo 8 della Convenzione che trova così applicazione nel caso di specie. L'articolo 8 della Convenzione non si limita ad ordinare allo Stato di astenersi da ingerenze che possano pregiudicare il diritto alla vita familiare, ma impone obblighi positivi di adozione di misure che assicurino tale rispetto anche nei rapporti tra individui. La discrezionalità degli Stati su tale aspetto trova il proprio limite nella equa ponderazione dell'interesse di tutelare la salute della madre e del minore durante la gravidanza ed il parto e di evitare aborti clandestini o abbandoni selvaggi, da un lato, e dell'interesse del figlio a conoscere le proprie origini biologiche, dall'altro. Tale limite è stato violato dallo Stato italiano, in cui è stata data prevalenza assoluta al diritto all'anonimato, senza consentire né la reversibilità dello stesso per volontà della madre appositamente interrogata né di accedere alle informazioni non identificative sulle origini in stretta correlazione con la scelta dell'anonimato al momento della nascita. La Corte ritiene quindi che l'Italia non abbia cercato di stabilire un equilibrio ed una proporzionalità tra gli interessi delle parti in causa ed abbia dunque oltrepassato il margine di discrezionalità che le è stato accordato.
  Sulla disciplina dell'articolo 28 della legge n. 184 del 1983 è recentemente intervenuta anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 278 del 2013, che ha dichiarato l'incostituzionalità parziale del comma 7 dell'articolo 28 della legge 184 del 1983, nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza Pag. 32– la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio, di interpellare la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 396/2000, ai fini di una eventuale revoca dell'anonimato.
  Con tale sentenza, che viene posta a disposizione di tutti i commissari, la Corte ha invece ritenuto che «una scelta per l'anonimato che comporti una rinuncia irreversibile alla «genitorialità giuridica» può, invece, ragionevolmente non implicare anche una definitiva e irreversibile rinuncia alla «genitorialità naturale»: ove così fosse, d'altra parte, risulterebbe introdotto nel sistema una sorta di divieto destinato a precludere in radice qualsiasi possibilità di reciproca relazione di fatto tra madre e figlio, con esiti difficilmente compatibili con l'articolo 2 Cost. In altri termini, mentre la scelta per l'anonimato legittimamente impedisce l'insorgenza di una «genitorialità giuridica», con effetti inevitabilmente stabilizzati pro futuro, non appare ragionevole che quella scelta risulti necessariamente e definitivamente preclusiva anche sul versante dei rapporti relativi alla «genitorialità naturale»: potendosi quella scelta riguardare, sul piano di quest'ultima, come opzione eventualmente revocabile (in seguito alla iniziativa del figlio), proprio perché corrispondente alle motivazioni per le quali essa è stata compiuta e può essere mantenuta».
  La Corte costituzionale – in tal modo accedendo alle conclusioni della citata sentenza Godelli vs Italia della CEDU – ritiene che il vulnus ai principi costituzionali sia rappresentato dalla irreversibilità del segreto. Sarà compito del legislatore, conclude la Corte, «introdurre apposite disposizioni volte a consentire la verifica della perdurante attualità della scelta della madre naturale di non voler essere nominata e, nello stesso tempo, ... cautelare in termini rigorosi il suo diritto all'anonimato, secondo scelte procedimentali che circoscrivano adeguatamente le modalità di accesso, anche da parte degli uffici competenti, ai dati di tipo identificativo».
  Evidenzia, dunque, come il testo base non sia altro che una forma minimale di recepimento dei principi enunciati in queste sentenze e come il dibattito in Commissione non possa assolutamente prescindere dalle citate pronunce giurisprudenziali. In particolare, occorre considerare che la sentenza della Corte Costituzionale ha già determinato un cambiamento della normativa vigente e che, allo stato, i giudici possono procedere in modo autonomo e discrezionale, come correttamente rilevato dal relatore, all'interpello della madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata.
  Illustra quindi il proprio emendamento 1.16, del quale è cofirmataria la collega Giuliani, che costituisce una possibile evoluzione del testo base, una mera ipotesi di lavoro con la quale si intende contribuire al dibattito in Commissione e che dovrà essere valutata con attenzione.
  In particolare, la riformulazione del comma 1, lettera c) ribadisce il principio il principio dell'anonimato, facendo salve, in attuazione della sentenza della Corte costituzionale, le modalità attraverso cui il giudice verifica il perdurare di tale anonimato. Peraltro è importante sottolineare che il dato relativo all'anonimato della madre o la sua revoca andrebbe qualificato come «dato sensibile» ai sensi del Codice privacy, questo al fine di innalzarlo ad un livello di tutela di gran lunga superiore a quello dei dati comuni, soprattutto poiché questo dato è trattato da soggetti pubblici.
  Nel riformulare il comma 1, lettera d) si prevede che la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata può revocare tale dichiarazione in qualunque momento tramite una comunicazione scritta al Garante per la protezione dei dati personali, il quale registra tale volontà. A tal fine è istituito presso il Garante un apposito registro denominato «Registro delle identità materne», consultabile dal solo Garante. La comunicazione da parte della madre, sempre revocabile dalla stessa, deve contenere il nome e cognome della dichiarante, l'indirizzo di residenza della dichiarante, il luogo, Pag. 33l'anno, il mese e il giorno del parto, il sesso del figlio, nonché le modalità preferenziali di contatto da parte del Garante.
  L'adottato o il figlio non riconosciuto alla nascita può, nel rispetto dei limiti di età previsti dal comma 5, richiedere al tribunale per i minorenni del luogo di residenza di conoscere l'identità della donna che lo ha partorito. A tal fine il tribunale trasmette l'istanza al Garante per la protezione dei dati personali, il quale, sulla base delle informazioni ivi contenute, procede ad identificare la donna, contattando la direzione sanitaria degli istituti di cura pubblici e privati che abbiano prestato assistenza alla donna in occasione del parto ovvero, laddove non sia conosciuto il luogo dove è avvenuta la nascita, gli uffici anagrafici presso cui è stata resa la dichiarazione di nascita di cui all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.
  Una volta identificata la donna ai sensi del comma precedente, il Garante verifica se questa sia iscritta o meno all'interno del Registro di cui al comma 7-bis. Nel caso in cui il nominativo della donna sia presente all'interno del Registro, il Garante comunica l'identità della donna e la sua iscrizione nel Registro al tribunale per i minorenni, il quale procede secondo le modalità di cui al comma 6. Nel caso in cui il nominativo della donna non sia presente nel Registro, il Garante, su autorizzazione del Tribunale per i minorenni, procede a contattare la donna e la interpella, attraverso procedure che assicurino la massima riservatezza, per verificare se questa intenda mantenere l'anonimato di cui all'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396. Nel caso in cui la donna non intenda mantenere l'anonimato, il Garante comunica l'identità della donna e la sua volontà al tribunale per i minorenni, il quale procede secondo le modalità di cui al comma 6. Nel caso in cui la donna intenda mantenere l'anonimato ovvero sia deceduta, il Garante comunica tale volontà o l'avvenuto decesso al Tribunale per i minorenni, il quale adotta i provvedimenti di competenza.

  Fabrizia GIULIANI (PD) rileva come il testo base adottato dalla Commissione abbia suscitato già molte discussioni, ritenendo però possibile compiere un passo in avanti. Sottolinea come, soprattutto in una materia così delicata, la politica abbia la responsabilità di operare sintesi e fornire soluzioni. Ritiene che la questione in esame non debba essere valutata come uno scontro tra diritti, ma come l'occasione di approntare un'adeguata tutela in una dimensione di relazione. Si tratta infatti di tutelare decisioni che avvengono in situazioni di criticità e di offrire la possibilità di ritrovare una relazione importante per la persona.

  Giuseppe BERRETTA (PD), relatore, chiarisce come non vi sia alcuna intenzione di disconoscere il parto anonimo né la tutela dell'anonimato della madre. Vi è, tuttavia, l'esigenza di dare una risposta equilibrata alla questione posta dalla Corte costituzionale e di superare una situazione di incertezza normativa.
  Illustra il proprio articolo aggiuntivo 1.02 volto a prevedere che al momento del parto anonimo la donna venga informata della facoltà di revocare senza limiti di tempo la dichiarazione di non voler essere nominata.
  Rileva come l'emendamento Morani 1.9, che legittima all'accesso anche il figlio nato in seguito all'utilizzo di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, ponga una questione che esula dal tema dell'identità biologica.
  Conclude evidenziando la necessità di esplicitare meglio quali siano i dati sanitari e come debbano essere raccolti.

  Michela MARZANO (PD) considera interessante l'emendamento Ferranti 1.16, anche se esprime perplessità sull'attribuzione di ulteriori compiti al Garante per la protezione dei dati personali, che non sarebbe un organismo specificamente deputato ai compiti in questione, analogo a quello presente in Francia. Con riferimento ai dati anamnestici, ricorda come Pag. 34su quelli non identificativi sia già consentito l'accesso.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.35.

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 10 dicembre 2014.

Audizione, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 2738, approvata dal Senato, C. 1735 Leva, C. 1850 Brunetta, C. 990 Gozi e C. 2140 Cirielli, concernenti disposizioni in materia di responsabilità civile dei magistrati, di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati e dell'Unione delle Camere penali italiane.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14.40. alle 15.30.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Modifiche al codice penale in materia di prescrizione dei reati.
C. 1174 Colletti, C. 1528 Mazziotti Di Celso e C. 2150 Ferranti.

SEDE CONSULTIVA

Revisione della parte seconda della Costituzione.
C. 2613 Cost. Governo, approvato dal Senato, ed abb.

ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/99/UE sull'ordine di protezione europeo.
Atto n. 117.

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