CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 5 dicembre 2017
923.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati. Atto 475.

PROPOSTA DI PARERE

  La II Commissione,
   esaminato il provvedimento in oggetto;
   premesso che:
    lo schema di decreto legislativo in discussione dà attuazione alla riforma della disciplina di procedibilità per alcuni reati, in base alla delega prevista dall'articolo 1, comma 16, della legge n. 103 del 2017;
    come si evince dalla relazione illustrativa, l'obiettivo perseguito, sostanzialmente, è quello di condizionare alla valutazione della persona offesa la perseguibilità di reati non particolarmente gravi e che presidiano beni strettamente individuali;
    l'intervento normativo proposto va ricollegato alla volontà di favorire la nuova disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie di cui al nuovo articolo 162-ter del codice penale, introdotta dalla stessa legge n. 103 del 2017 e applicabile ai soli reati procedibili a querela remissibile;
    con le indicate finalità, il provvedimento in esame novella il codice penale estendendo, da un lato, la procedibilità a querela ad alcuni reati contro la persona e contro il patrimonio, dall'altro limitando, per alcuni reati procedibili a querela nelle ipotesi-base, le circostanze aggravanti che ne determinano la procedibilità d'ufficio;
    in attuazione delle disposizioni della legge delega, sono quindi resi punibili a querela una serie di reati contro la persona previsti dal codice penale, sanzionati con pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni;
   rilevato che:
    nello schema di decreto legislativo in esame viene stabilita la procedibilità a querela dei delitti di arresto illegale, di cui all'articolo 606 c.p. (articolo 1), di indebita limitazione della libertà personale di cui all'articolo 607 c.p. (articolo 2), di perquisizione e ispezione personali arbitrarie, di cui all'articolo 609 c.p. (articolo 3), e di violazione di domicilio commessa dal pubblico ufficiale di cui all'articolo 615 c.p. (articolo 5);
    la scelta di rendere procedibili a querela le predette fattispecie incriminatrici appare contrastante con quella di mantenere la procedibilità di ufficio per il reato previsto dall'articolo 608 del codice penale (Abuso di autorità contro arrestati e detenuti), che, come evidenziato nella relazione illustrativa, non è ricompresa nello schema di decreto legislativo, poiché commessa in danno di « persona affidata alla custodia dell'autore delle condotte abusive e quindi allo stesso sottomessa, con conseguente stato di minorata difesa»;
    tale condizione, in verità, appare ricorrente anche nelle ipotesi di cui agli articoli 606, 607, 609 e 615 del codice penale, trasformate nello schema di decreto legislativo in reati procedibili a querela. Nelle predette ipotesi la persona offesa, infatti, in ragione della posizione rivestita dal soggetto agente, versa in condizioni di minorata difesa o, comunque, di Pag. 70soggezione di fronte all'azione di pubblici ufficiali, del tutto assimilabili a quelle ricorrenti nel reato di «abuso di autorità contro arrestati e detenuti»;
    la procedibilità d'ufficio dovrebbe, pertanto, essere mantenuta anche in relazione fattispecie incriminatrici sopra richiamate;
   ritenuto che:
    all'articolo 4, comma 1, lettera a), dello schema di decreto legislativo, è prevista la procedibilità a querela per l'ipotesi di minaccia grave, di cui all'attuale articolo 612, comma 2, del codice penale, per la quale viene mantenuta solo una specie di pena diversa rispetto all'ipotesi base (la reclusione, anziché la multa). Alla lettera b) del medesimo articolo 4, invece, è conservata la procedibilità d'ufficio nel caso in cui la minaccia sia fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339 del codice penale. Ciò in attuazione dello specifico criterio di delega di cui all'articolo 16, lettera a), n. 2 della legge n. 103 del 2017, dove, peraltro, si prevede di conservare la procedibilità d'ufficio anche nei casi in cui ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale;
    essendosi trasformata la minaccia grave in ipotesi procedibile a querela, non risulterebbero, quindi, più punibili d'ufficio, oltre alle ipotesi di cui all'articolo 612, comma 2, anche quelle di minaccia aggravate dalle finalità di terrorismo e di eversione (articolo 1 del decreto-legge n. 625 del 1979), di mafia (articolo 7 del decreto-legge n. 152 del 1991), o di discriminazione razziale, etnica e religiosa (articolo 3 del decreto-legge n. 122 del 1993). Trattasi di circostanze ad effetto speciale, che sanzionano condotte particolarmente offensive e pericolose per l'ordine pubblico, in ordine alle quali può apparire inopportuna la previsione del regime di procedibilità a querela, tanto più che le stesse fattispecie refluirebbero nell'ambito applicativo dell'estinzione per condotte riparatorie di cui all'articolo 162-ter del codice penale;
    per tali ragioni, dovrebbe essere valutata l'opportunità di modificare l'articolo 4, comma 1, lettera b), dello schema di decreto legislativo, attraverso il richiamo, dopo il riferimento all'articolo 339 del codice penale, anche alle circostanze aggravanti ad effetto speciale;
   considerato che:
    l'articolo 10 introduce la procedibilità a querela per la fattispecie aggravata di uccisione o danneggiamento di animali altrui prevista dal secondo comma dell'articolo 638 c.p;
    tale fattispecie, consistente nell'uccisione o nel danneggiamento di tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero di animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria, è punita con la reclusione 6 mesi a 4 anni;
    la procedibilità a querela di parte del reato in questione appare inopportuna, sia per la particolare pericolosità sociale di tale condotte criminali, poste in essere, per lo più, a scopo intimidatorio o ritorsivo negli ambienti agresti o pastorali, spesso soggetti alla pressione della criminalità organizzata che opera nel settore agricolo e zootecnico; sia in ragione dell'esigenza, particolarmente avvertita nell'attuale contesto sociale, di garantire una adeguata tutela agli animali quali componenti della collettività;
   osservato che:
    nello schema di decreto legislativo è mantenuta ferma la perseguibilità d'ufficio in tutte le ipotesi di cui all'articolo 590-bis del codice penale (lesioni personali colpose derivanti da violazione del codice della strada). Nella relazione illustrativa si giustifica tale scelta in ragione del fatto che «anche in tali ipotesi la persona offesa, avendo subito una lesione, versa per ciò stesso in una situazione di invalidazione sia pure temporanea»;
    la legge delega ancora la trasformazione del regime di procedibilità ad un profilo di gravità astratta del reato e alla mancanza di talune circostanze, tra cui Pag. 71rientra (articolo 1, comma 16, lettera a), numero 1), della legge n. 103 del 2017) l'ipotesi in cui «la persona offesa sia incapace per età o per infermità»;
    la suddetta circostanza ostativa deve ritenersi riferibile ai casi in cui le particolari condizioni di vulnerabilità della vittima, per età o per infermità, preesistano al comportamento criminoso dell'autore del reato e siano perciò da questo indipendenti. La maggiore gravità del fatto, cui si lega la scelta di mantenere ferma la perseguibilità d'ufficio, sembrerebbe, quindi, essere ancorata alla circostanza che l'agente, per la realizzazione del reato, ha sfruttato una situazione di minorata difesa della vittima, antecedente alla condotta punita che ne ha reso più agevole l'esecuzione, piuttosto che ad una situazione di infermità procurata anche a seguito della condotta criminosa;
    la scelta di preservare la procedibilità d'ufficio può, pertanto, condividersi per le ipotesi previste all'articolo 590-bis, commi 4, 5 e 6 del codice penale, per l'indubbia rilevanza delle regole cautelari violate, ma non per quella di cui al primo comma dell'articolo 590-bis, relativa al reato di lesioni colpose gravi o gravissime cagionate per colpa consistita nella violazione delle generali norme in materia di circolazione stradale;
    il mantenimento per tali ipotesi colpose stradali minori del regime di procedibilità d'ufficio determina, peraltro, l'ulteriore effetto di non rendere operanti cause estintive del reato che si fondano sull'avvenuto integrale risarcimento del danno in favore della persona offesa (la remissione della querela e le condotte riparatorie ex articolo 162-ter del codice penale), disincentivando lo stesso risarcimento al quale non può conseguire una pronuncia liberatoria;
    dovrebbe, pertanto, essere valutata l'opportunità di ricomprendere la sola ipotesi di cui all'articolo 590-bis, comma 1, del codice penale nel novero dei reati procedibili a querela;

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
   1) sopprimere gli articoli 1, 2, 3, 5 e 10;
   2) all'articolo 4, comma 1, lettera b), dopo le parole: «articolo 339» inserire le seguenti: «o quando ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale»;
   3) sia ricompresa nel novero dei reati procedibili a querela la fattispecie di cui all'articolo 590-bis, comma 1, del codice penale.

Pag. 72

ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni. Atto n. 472.

PROPOSTA DI PARERE

  La II Commissione,
   esaminato il provvedimento in oggetto;
   premesso che:
    la legge 23 giugno 2017, n. 103, all'articolo 1, comma 82, reca la delega al Governo per la riforma della disciplina in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni;
    come precisato nella relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo, tale riforma è finalizzata alla realizzazione di un giusto contemperamento tra interessi parimenti meritevoli di tutela costituzionale, vale a dire la libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione (articolo 15 Cost.) e il diritto all'informazione (articolo 21 Cost.);
    con l'obiettivo di garantire anche la riservatezza delle comunicazioni, sono quindi introdotte disposizioni dirette a disciplinare, da un lato, l'utilizzazione a fini cautelari dei risultati delle intercettazioni, dall'altro, il procedimento di selezione delle comunicazioni intercettate, delineato sulla base di una specifica scansione temporale;
    in attuazione dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 84, lettera a), della richiamata legge delega, tali disposizioni sono volte ad impedire l'indebita divulgazione di fatti e riferimenti a soggetti estranei all'attività investigativa. Ciò sia attraverso l'esclusione di qualsivoglia riferimento a persone solo occasionalmente coinvolte dall'attività di ascolto, sia mediante l'espunzione del materiale documentale, ivi compreso quello registrato, non rilevante a fini di giustizia;
    l'impianto complessivo dello schema di decreto legislativo è sicuramente condivisibile, sia nella parte in cui costruisce la procedura di selezione come un'autentica procedura acquisitiva (nel senso che sino a che la selezione non è stata positivamente effettuata le intercettazioni non possono dirsi acquisite al fascicolo delle indagini preliminari, e non sono in alcun modo spendibili nel procedimento), sia nella parte in cui stabilisce che tutte le intercettazioni restano coperte da segreto sino alla conclusione della procedura di selezione, benché siano atti che sono stati già integralmente depositati e quindi portati a conoscenza della difesa, e che dopo la conclusione di tale procedura il segreto permane per le conversazioni non acquisite. Altresì condivisibile è quella parte del provvedimento in cui viene meno l'attuale automatismo tra la procedura di selezione e la perizia trascrittiva delle intercettazioni, dislocando la prima nelle indagini e la seconda nel dibattimento;
    condivisibile è certamente l'intento di mantenere il segreto «esterno» sui materiali irrilevanti ai fini processuali, per evitarne la pubblicazione. Apprezzabile, pertanto, è la scelta di realizzare la scissione del legame, sino ad oggi esistente, tra caduta del segreto investigativo (cosiddetto «interno») rispetto all'imputato e possibilità di divulgare il contenuto delle intercettazioni (articolo 114, comma 2, in relazione all'articolo 329 del codice di procedura penale): in base alla riforma, la Pag. 73pubblicazione resterebbe vietata malgrado l'avvenuta conoscenza dell'atto in capo alla difesa. Efficace è pure lo strumento dell'archivio riservato ove custodire gli atti non inseriti nel fascicolo di indagine;
    invero, tutta la disciplina procedurale con cui lo schema di decreto legislativo, novellando il Codice di Procedura Penale, regola in dettaglio i rapporti tra Giudice, Pubblico Ministero e difensori, appare strettamente funzionale alla ratio generale della delega che «richiede al Governo di garantire il rispetto dell'articolo 15 della Costituzione» e impone al legislatore delegato «una precisa scansione procedimentale per la selezione di materiale intercettativo», salvaguardando espressamente il «contraddittorio tra le parti» e le esigenze di indagine, «avendo speciale riguardo alla tutela della riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni»;
    l'intercettazione, infatti, non può diventare un mezzo di conoscenza collettiva di dati personali che non sarebbero altrimenti reperibili, se questi eccedono lo scopo in vista del quale risulta legittimo il sacrificio del diritto costituzionalmente protetto alla riservatezza delle comunicazioni, vale a dire quando le informazioni captate non attengono all'oggetto del processo. L'insegnamento fondamentale al riguardo della Corte europea dei diritti dell'uomo è contenuto nella sentenza 17 luglio 2003, nella quale si afferma che «l'interesse pubblico a ricevere informazioni riguarda esclusivamente i fatti che siano connessi con le accuse penali rivolte alla persona imputata»;
   rilevato che:
    l'articolo 2, comma 1, lettera a) dello schema di decreto legislativo, dà attuazione alla disposizione di delega relativa alla riservatezza delle comunicazioni dei difensori nei colloqui con l'assistito, modificando l'articolo 103 del codice di procedura penale. Tale disciplina, in conformità ai principi stabiliti dalla legge delega, tutela la riservatezza delle comunicazioni del difensore con il proprio assistito, prevedendo che, fermo restando il divieto di attività diretta di intercettazione con conseguente inutilizzabilità delle relative acquisizioni, nel caso di attività di ascolto in via anche solo occasionale sia vietata la verbalizzazione delle relative comunicazioni o conversazioni: il contenuto delle intercettazioni, infatti, non può essere trascritto neanche sommariamente. Conseguentemente, appare condivisibile il rilievo secondo cui va soppresso il riferimento all'articolo 267, comma 4, del codice di procedura penale, disposizione che attiene soltanto alla procedura di scarto delle conversazioni irrilevanti e non certo a quelle inutilizzabili;
    il medesimo articolo, al comma 1, lettera b), modifica il comma 4 dell'articolo 267 del codice di procedura penale (relativo ai presupposti e alle forme del provvedimento che dispone l'intercettazione), prevedendo che l'ufficiale di polizia giudiziaria debba informare preventivamente il pubblico ministero di eventuali comunicazioni o conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini o riguardanti dati sensibili. La polizia giudiziaria annota i contenuti delle comunicazioni e conversazioni al fine di poterle sottoporre al pubblico ministero, cui spetta la decisione circa la trascrizione;
    l'articolo 1, comma 84, lettera a), n. 5, della legge n. 103 del 2017, stabilisce, infatti, che, in caso di conversazioni che non siano oggetto di trascrizione sommaria, si debba indicare nel verbale soltanto «data, ora e apparato su cui la registrazione è intervenuta, previa informazione al pubblico ministero, che ne verifica la rilevanza con decreto motivato autorizzandone, in tal caso, la trascrizione»;
    l'ufficiale di polizia giudiziaria delegato all'ascolto, in attuazione della direttiva di delega, quindi, deve interpellare il pubblico ministero e renderlo edotto, con lo strumento più agile, dell'esistenza della conversazione apparentemente non rilevante, per metterlo in condizioni di stabilire se scartarla o se invece trasfonderla nel verbale; questa nota informativa Pag. 74– espressione diretta del rapporto delegato-delegante che lega l'ufficiale di polizia giudiziaria incaricato dell'ascolto e il pubblico ministero titolare del potere di esecuzione delle operazioni – si risolve, all'esito della procedura di ascolto, in un utile strumento per orientare anche i difensori al momento dell'accesso in archivio, nella ricerca del materiale che merita, nella loro prospettiva, di essere recuperato;
    è pertanto opportuna la disposizione diretta a stabilire che, in stretta connessione con la previsione che nel verbale, in caso di mancata trascrizione, «sono indicate soltanto la data, l'ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta» (articolo 268, comma 2-bis), si abbia un ulteriore supporto documentale (articolo 267, comma 4) costituito da «un'annotazione» della polizia giudiziaria rivolta al pubblico ministero, in cui devono essere indicati «i contenuti» della comunicazione non trascritta;
   rilevato altresì che:
    le lettere c) e d) del medesimo articolo 2, modificano l'articolo 268 del codice di procedura penale, relativo all'esecuzione delle operazioni;
    in particolare, attraverso l'introduzione del comma 2-bis, si vieta la trascrizione, anche sommaria, delle comunicazioni o conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini. L'irrilevanza può essere collegata all'oggetto della conversazione o ai soggetti coinvolti, nonché ai dati personali sensibili. In applicazione del divieto, il verbale delle operazioni dovrà riportare solo la data, l'ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta. La relazione illustrativa precisa che attraverso tale disposizione trova applicazione il principio di delega «secondo cui le intercettazioni inutilizzabili, ovvero quelle contenenti dati sensibili o comunque irrilevanti, non trovano ingresso nei cd. «brogliacci» d'ascolto, cioè nei verbali delle operazioni, redatti anche in forma sommaria ai sensi dell'articolo 268 del codice di procedura penale»;
    attraverso l'inserimento del comma 2-ter, si consente, inoltre, al PM di disporre, con decreto motivato, la trascrizione nel verbale delle comunicazioni e conversazioni che in un primo momento aveva ritenuto irrilevanti ai sensi del comma 2-bis, quando egli ne apprezzi successivamente, in forza della successiva attività di indagine, la rilevanza per i fatti oggetto di prova. Il parametro è costituito dai «fatti oggetto di prova», dato che si tiene conto della progressione investigativa e del diverso momento in cui la prima decisione (di irrilevanza) e la seconda (di rilevanza) si collocano. Se in un primo momento il criterio valutativo non può che essere molto ampio, segnato dai temi di indagine che sono un dato variabile e modificabile, temi che possono ampliarsi in ragione di un dato fisiologico rappresentato dalla relativa fluidità del fatto che ne guida lo sviluppo, diverso e più selettivo è il parametro per le decisioni volte al recupero di conversazioni inizialmente scartate. La decisione di recupero si colloca, per ragioni di intuitiva comprensione, quando il quadro investigativo è sufficientemente composto, sicché ben può essere calibrata su ipotesi di fatto ben più delineate e definite, prossime al tema di prova consegnato dall'imputazione. Un criterio ancor più selettivo è invece disegnato per il recupero di conversazioni che siano relative a dati sensibili. Anch'esse scartate in un primo momento, quando apparivano non rilevanti per le indagini, sono oggetto di una opposta considerazione ma, per non infliggere inutili sacrifici alla riservatezza delle persone, si precisa che la loro riemersione trova giustificazione su un duplice giudizio, di rilevanza e di necessità di prova. Tale soluzione è fondata sulle previsioni della legge delega (articolo 1, comma 84, lettera a), n. 1): il criterio direttivo distingue, infatti, nel comune ambito della non rilevanza, le conversazioni, contenenti dati sensibili, non pertinenti all'accertamento della responsabilità, e quelle comunque non rilevanti. Si condivide allora la scelta di tener conto di questa bipartizione proprio in sede di apprezzamento per il recupero delle conversazioni Pag. 75prima scartate. Per le conversazioni relative a dati sensibili il criterio per la riemersione deve corrispondere a quello utilizzato per lo scarto, sicché se quest'ultimo guarda alla prospettiva dell'accertamento di responsabilità, anche l'altro deve avere lo stesso spettro valutativo;
    mediante, infine, la sostituzione del comma 4 del richiamato articolo 268, si prevede che i verbali e le intercettazioni sono trasmessi al pubblico ministero, immediatamente dopo la scadenza del termine indicato per lo svolgimento delle operazioni, se pure oggetto di proroga, per la conservazione nell'archivio riservato presso l'ufficio del pubblico ministero;
    la normativa attualmente vigente dispone che, formato il verbale, esso è oggetto di immediata trasmissione al pubblico ministero; l'immediatezza sottolinea il profilo qualificante dell'intero disegno codicistico in punto di intercettazioni, ossia l'assenza di un ruolo autonomo in capo alla polizia giudiziaria che può sì essere delegata all'ascolto ma con il costante controllo del pubblico ministero;
    la periodica trasmissione all'archivio riservato di atti e registrazioni mentre ancora le intercettazioni sono in corso, perché prorogate, può però rappresentare, come è stato evidenziato, un ostacolo per l'efficacia delle indagini, nella misura in cui può rendere più difficoltoso l'esame del seguito dell'ascolto in assenza delle risultanze del periodo o dei periodi precedenti. A tal proposito può osservarsi che il criterio di delega impone che il materiale intercettativo, in specie quello irrilevante e quindi non contenuto nei verbali, sia custodito in apposito archivio riservato fino al momento di conclusione della procedura acquisitiva (articolo 1, comma 84, lett. a), n. 2) , a protezione rafforzata della segretezza. Tale criterio, tuttavia, non impone anche che verbali e registrazioni siano sempre periodicamente trasmessi dalla polizia giudiziaria delegata al pubblico ministero delegante;
    merita, pertanto, condivisione il rilievo secondo cui è opportuno sopprimere l'inciso «se pure oggetto di proroga» contenuto nel novellato comma 4 dell'articolo 268;
   osservato che:
    l'articolo 3 dello schema di decreto legislativo reca modifiche al codice di procedura penale in materia di trascrizione, deposito e conservazione dei verbali di intercettazione. Nello specifico, è introdotta una procedura di tipo «bifasico», che prevede una prima fase di deposito dei verbali e delle registrazioni, cui fa seguito quella di acquisizione del materiale intercettato al fascicolo delle indagini. L'acquisizione da parte del giudice che ha autorizzato le operazioni avviene all'esito di un contraddittorio tra le parti che può essere anche solo cartolare, attraverso richieste scritte, memorie, controdeduzioni. Viene, pertanto, ridefinita la procedura di selezione del materiale raccolto dal pubblico ministero attraverso l'introduzione degli articoli 268-bis (Deposito di verbali e registrazioni), 268-ter (Acquisizione al fascicolo delle indagini), e 268-quater (Termini e modalità della decisione del giudice), e la modifica del comma 1 dell'articolo 269 del codice di procedura penale;
    in particolare, il nuovo articolo 268-ter del codice di procedura penale, introdotto dall'articolo 3, comma 1, lettera a), dello schema di decreto legislativo, dispone che il pubblico ministero, entro cinque giorni dal deposito dei verbali e delle registrazioni, presenta al giudice la richiesta di acquisizione delle comunicazioni o conversazioni e dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche ritenute rilevanti a fini di prova e ricomprese nell'elenco formato a norma dell'articolo 268-bis, comma 1, dandone contestualmente comunicazione ai difensori (comma 2);
    nel medesimo termine di cinque giorni dal deposito, i difensori hanno facoltà di richiedere al giudice l'acquisizione di conversazioni ulteriori, non comprese nell'elenco del pubblico ministero, oppure l'eliminazione di quelle ivi contenute ritenute inutilizzabili o irrilevanti e, pertanto, non trascrivibili (comma 3);Pag. 76
    il deposito è contemplato con riguardo all'intero compendio di documenti e atti (annotazioni, verbali, registrazioni, decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione), proprio al fine di garantire l'esercizio delle facoltà riconosciute ai difensori delle parti e consentire il controllo sulle scelte di esclusione operate dal pubblico ministero;
    tra il materiale oggetto di deposito sono comprese le annotazioni a cui la polizia giudiziaria è tenuta per informare il pubblico ministero sui contenuti di conversazioni che potrebbero, data la loro irrilevanza, essere non trascritte in verbale;
    contestualmente al deposito, il pubblico ministero è tenuto a elencare le comunicazioni e conversazioni ritenute utili nella prospettiva di accusa, selezionando cioè fin da subito il materiale ritenuto utile a fini di prova, e quindi oggetto della verosimile trascrizione in forma di perizia. Ciò significa che i difensori sono così posti nelle condizioni per apprendere immediatamente quale potrà essere il contenuto delle richieste di acquisizione del pubblico ministero;
    il pubblico ministero deve dare immediato avviso ai difensori delle parti delle facoltà di esaminare gli atti, prendere visione dell'elenco predisposto, di ascoltare le registrazioni. Il deposito può essere ritardato, per decisione del giudice e su richiesta del pubblico ministero, se sussistono esigenze di tutela delle indagini (essenzialmente anche connesse alla pendenza di richiesta di misura cautelare);
    a fronte della richiesta del pubblico ministero, che ha già individuato le conversazioni o comunicazioni utili all'accusa, i difensori sono onerati di individuarne altre o di chiedere l'eliminazione di quelle indicate: in tal modo, si definisce per tempo, quasi compiutamente, l'oggetto delle valutazioni del giudice per le indagini preliminari;
    le maggiori preoccupazioni derivano dai tempi abbastanza ristretti concessi alla difesa per ottenere che siano recuperate dall'archivio riservato conversazioni rilevanti in chiave difensiva. In particolare, deve essere corretta la disposizione che fa coincidere il dies a quo per la decorrenza del termine accordato alle difese con il momento del deposito. È invece logico e corretto individuare il momento iniziale del termine a beneficio delle difese nel giorno in cui ricevono avviso dell'avvenuto deposito;
    il termine concesso alla difesa, peraltro, risulta troppo breve e può essere raddoppiato (10 giorni), con possibilità di proroga (fino a 20 giorni) in ragione della complessità del procedimento (in relazione al numero di indagati e al numero delle utenze intercettate);
    successivamente alla conclusione della procedura di selezione, inoltre, è concessa alla difesa la possibilità di reiterare richieste di acquisizione già rigettate o di formularne di nuove, anche in ragione del fatto che la selezione ex articoli 268-ter e quater avviene quando l'accusa non è ancora compiutamente delineata e quando la difesa non è a conoscenza dell'intero compendio investigativo;
    a tal fine dovrebbe essere esplicitato, all'articolo 269, comma 1, del codice di procedura penale, benché risulti sostanzialmente implicito, nelle modifiche apportate agli articoli 422 e 472 del medesimo codice, che il difensore dell'imputato, per l'esercizio dei suoi diritti e delle sue facoltà, può accedere all'archivio riservato nell'intero corso del procedimento per presentare al giudice procedente le sue richieste di acquisizione;
   considerato che:
    l'articolo 3, comma 1, lettera a), capoverso articolo 268-ter, comma 1, e lettere d), e) ed f) dello schema di decreto legislativo, disciplina il procedimento di utilizzazione e acquisizione delle intercettazioni nella fase cautelare;
    al riguardo, certamente da condividere è la scelta di affidare al giudice della cautela un compito di eliminazione Pag. 77dell'irrilevante analogo a quello che spetta al giudice della procedura selettiva, anche se, in questo caso, si tratta di una cernita che avviene necessariamente senza contraddittorio con la difesa. Sul piano tecnico, si postula un'acquisizione delle conversazioni rilevanti al fascicolo delle indagini (articolo 268-ter, comma 1) che, in realtà, è successiva al già avvenuto utilizzo dell'atto di indagine a fini cautelari. Sembra, dunque, preferibile prevedere che l'acquisizione al fascicolo si realizzi al momento dell'uso dell'intercettazione ai fini della richiesta cautelare, con facoltà, per il giudice della cautela, di decretare lo spostamento dell'atto dal fascicolo delle indagini all'archivio riservato; conseguentemente, appare preferibile trasferire nel codice la previsione relativa ai poteri del giudice della cautela contenuto nel nuovo articolo 92, comma 1-bis, delle norme di attuazione;
    rispetto alla normativa vigente, la riforma specifica che, tanto nella richiesta del pubblico ministero quanto nell'ordinanza del giudice che concede la misura, possono essere riprodotti solo i brani essenziali delle comunicazioni intercettate, che risultino necessari a sostenere la richiesta del pubblico ministero o a motivare la decisione del giudice;
    in particolare, attraverso la modifica dell'articolo 293 del codice di procedura penale, che disciplina gli adempimenti esecutivi della misura cautelare, si consente al difensore di esaminare, senza poterne fare copia, i verbali delle comunicazioni e conversazioni intercettate. Si prevede, inoltre, il diritto del difensore medesimo di ottenere la trasposizione della registrazione su idoneo supporto, analogamente a quanto previsto dall'articolo 268-quater, comma 4;
    la scelta di attribuire al difensore, successivamente al deposito dell'ordinanza cautelare, accanto al diritto di ottenere la trasposizione delle registrazioni, il «diritto di esame e non di copia dei verbali delle comunicazioni e conversazioni intercettate» non è del tutto condivisibile trattandosi, infatti, di una compressione del diritto di difesa che non appare giustificata. Né pare significativo l'incremento dei diritti di privacy dei soggetti coinvolti nell'intercettazione, dal momento che i difensori possono comunque divulgare la registrazione o provvedere essi stessi alla trascrizione, facendo circolare un testo scritto. Per tali stesse ragioni, fuori dall'incidente cautelare, dovrebbe essere consentito alla difesa di ottenere copia dei verbali delle comunicazioni e conversazioni intercettate di cui sia stata disposta la selezione all'esito della procedura selettiva, modificando opportunamente il nuovo articolo 268-quater, comma 4, del codice di procedura penale;
   considerato, altresì, che:
    l'articolo 4 modifica alcune disposizioni del capo relativo alle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni (segnatamente gli articoli 266, 267, 268, 270 e 271) per dare attuazione alla delega (articolo 1, comma 84, lettera e) per la disciplina delle intercettazioni tra presenti mediante immissione di captatori informatici in dispositivi elettronici portatili;
    in particolare, la riforma (articolo 4, co. 1, lett. a) interviene sull'articolo 266 c.p.p., per specificare che in tutti i casi in cui sono consentite le intercettazioni di comunicazioni tra presenti, è consentito anche procedervi con l'inserimento di un captatore informatico su un dispositivo elettronico portatile;
    la riforma, inoltre, modifica l'articolo 267 c.p.p., prevedendo che il decreto che autorizza l'intercettazione tra presenti attraverso il captatore informatico debba indicare le ragioni che rendono necessarie questa particolare modalità per lo svolgimento delle indagini e, se si procede per uno dei delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, anche i luoghi e il tempo, anche indirettamente determinati, nei quali è possibile attivare il microfono (comma 1);
    come precisato nella relazione illustrativa, la formula, secondo la quale nel Pag. 78decreto autorizzativo i luoghi e il tempo, in cui il dispositivo può essere attivato da remoto, possono essere «anche indirettamente determinati» si spiega nell'impossibilità di prevedere specificamente tutti gli spostamenti dell'apparecchio controllato. Da ciò consegue la necessità logica di delimitare gli ambiti ai verosimili spostamenti del soggetto, in base alle emergenze investigative;
    nella medesima relazione illustrativa si evidenzia, altresì, che la previsione dell'attivazione del microfono da remoto sta pertanto a significare che, nel rispetto delle indicazioni contenute nel decreto autorizzativo, la captazione delle comunicazioni o conversazioni non può iniziare già dal momento dell'inserimento del captatore informatico. Questa è operazione preliminare necessaria, ma non sufficiente, per procedere all'ascolto dovendosi tener conto dei limiti di spazio e di tempo disegnati dal decreto autorizzativo;
   evidenziato che:
    il nuovo articolo 89-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, introdotto dal richiamato articolo 5 dello schema di decreto legislativo, prevede l'istituzione, presso l'ufficio del pubblico ministero, dell'archivio riservato delle intercettazioni, nel quale sono custoditi le annotazioni, i verbali, gli atti e le registrazioni cui afferiscono (comma 1);
    il predetto archivio è tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del procuratore della Repubblica, con modalità tali da assicurare la segretezza della documentazione ivi custodita. Il procuratore della Repubblica impartisce, con particolare riguardo alle modalità di accesso, le prescrizioni necessarie a garantire la tutela del segreto su quanto custodito (comma 2);
    a questo riguardo, si sottolinea l'esigenza di prevedere una specifica disciplina relativa sia alle modalità di accesso all'archivio riservato, la cui tenuta pone, peraltro, complessi problemi organizzativi, sia ai poteri di controllo del procuratore della Repubblica per impedire l'impropria diffusione del materiale ivi custodito, nonché con riferimento all'istituzione di un registro informatico. Al fine di assicurare la sicurezza dei sistemi informativi, si profila, quindi, l'opportunità di adottare specifiche linee guida da adottarsi con successivo decreto ministeriale, sentito il Garante della protezione dei dati personali;
   rilevato, infine, che:
    il comma 3 del medesimo articolo 89-bis dispone, inoltre, che oltre agli ausiliari autorizzati dal pubblico ministero, al predetto archivio possono avere accesso, secondo quanto stabilito dal codice, il giudice che procede e i suoi ausiliari, il pubblico ministero e i suoi ausiliari, nonché i difensori delle parti, assistiti, se necessario, da un interprete;
    tale disposizione deve interpretarsi, come già osservato in riferimento all'articolo 269, comma 1, del codice di procedura penale, nel senso di ritenere che il difensore dell'imputato, per l'esercizio dei suoi diritti e facoltà, possa accedere all'archivio riservato in ogni stato e grado del procedimento;

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
   1) all'articolo 2, comma 1, lettera a), sopprimere l'ultimo periodo;
   2) all'articolo 2, comma 1, lettera c), numero 2), sopprimere le parole: «se pure oggetto di proroga»;
   3) all'articolo 3, comma 1, lettera a), capoverso Art. 268-ter, comma 3, sostituire le parole: «nel termine di cui al comma 2» con le seguenti: «nel termine di dieci giorni dalla notifica dell'avviso di cui all'articolo 268-bis, comma 2». Conseguentemente, aggiungere, in fine, al medesimo comma 3, i seguenti periodi: «Tale termine può essere oggetto di proroga per un periodo di pari durata. Il giudice dispone Pag. 79la proroga in ragione della complessità del procedimento e del numero delle utenze intercettate;
   4) all'articolo 3, comma 1, lettera a), capoverso Art. 268-quater, sostituire il comma 4 con il seguente: «I difensori possono fare eseguire la trasposizione delle registrazioni acquisite su supporto informatico o altro strumento idoneo alla riproduzione dei dati e possono ottenere copia dei verbali delle operazioni concernenti le comunicazioni e conversazioni acquisite»;
   5) all'articolo 3, comma 1, lettera b), n. 1), secondo periodo, dopo le parole: «Al giudice per le indagini preliminari» inserire le seguenti: «e ai difensori dell'imputato per l'esercizio dei loro diritti e facoltà»;
   6) all'articolo 3, comma 1, lettera f), sopprimere la parola: «non»;

e con la seguente osservazione:
  all'articolo 5, comma 1, lettera b), capoverso Art. 89-bis, comma 2, in ragione dell'esigenza di prevedere una specifica disciplina relativa sia alle modalità di accesso all'archivio riservato, sia ai poteri di controllo del procuratore della Repubblica per impedire l'impropria diffusione del materiale ivi custodito, si valuti l'opportunità di introdurre una disposizione volta a prevedere l'adozione di specifiche linee guida da adottarsi con decreto ministeriale, sentito il Garante della protezione dei dati personali.

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni. Atto n. 472.

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO DEL GRUPPO MOVIMENTO CINQUE STELLE IN COMMISSIONE GIUSTIZIA

  La Commissione Giustizia,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni (atto del Governo n. 472);
   rilevato che gli articoli 2 e 3 dello schema di decreto in titolo intendono rivedere l'intera procedura attraverso cui vengono trascritte, depositate e conservate le intercettazioni nonché i modi con cui queste possono essere utilizzate come strumento di prova, con l'intento di impedire che intercettazioni asseritamente «non significative» entrino negli atti dei processi e dagli atti finiscano sui giornali, anche a potenziale detrimento dei diritti processuali delle parti;
   considerato che:
    all'articolo 2 dello schema di decreto, la modifica del comma 4 dell'articolo 267 del codice di procedura penale – riguardo all'annotazione da parte della polizia giudiziaria sui contenuti delle intercettazioni irrilevanti – nel combinato disposto con i nuovi commi 2-bis e ter dell'articolo 268, potrebbe dar luogo a vuoti irreparabili di conoscenza sia al pubblico ministero che alle difese, ove la valutazione sull'irrilevanza della conversazione intercettata – con il conseguente divieto di trascrizione della stessa – sia affidato alla preliminare valutazione dell'ufficiale di polizia giudiziaria. La norma, peraltro imporrebbe a quest'ultimo l'avviso preventivo, con annotazione, sui contenuti irrilevanti al pubblico ministero senza indicare rispetto a quale passaggio procedurale, poiché se è preventivo rispetto alla trascrizione nel verbale, allora si deve assumere che il verbale non sia contestuale rispetto all'ascolto, quando invero il verbale documenta proprio l'ascolto;
    con specifico riferimento al richiamato nuovo comma 2-bis dell'articolo 268 c.p.p., con quale si vieta la trascrizione, anche sommaria, delle comunicazioni o conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini, la possibile dinamica che potrà caratterizzarsi da queste operazioni, se non gestita con accortezza, potrebbe mettere in difficoltà il pubblico ministero nel cogliere il significato dei dialoghi, nell'ottica di un accertamento veloce e penetrante. Stante il notevole quantitativo di comunicazioni, separare all'origine la verbalizzazione di quelle rilevanti da quelle irrilevanti può infatti comportare l'inconveniente di far perdere il senso del contesto al titolare dell'indagine che sia costretto a leggere le conversazioni già divise secondo questo criterio: il dialogo ritenuto erroneamente irrilevante dalla polizia giudiziaria non potrà essere compreso nel suo significato autentico dal pubblico ministero, se questi non ha l'occasione di leggerlo insieme a quelli precedenti e successivi secondo la semplice scansione cronologica delle telefonate;
    inoltre che, sempre sul medesimo comma 2-bis dell'articolo 268 c.p.p., una conversazione ha senso solo se viene letta alla luce di ciò che la precede e la segue, mentre, laddove le conversazioni non vengano presentate all'accusatore tutte in ordine Pag. 81rigorosamente cronologico per costui sarà impossibile valutarne la rilevanza, se non attraverso il recupero del contesto del dialogo ricostruendo le telefonate verbalizzate in altra sede – una operazione faticosa e fin troppo complessa dati i carichi di lavoro delle Procure, poiché il magistrato dovrebbe incrociare continuamente i verbali delle conversazioni rilevanti con le annotazioni di quelle ritenute non pertinenti –. Considerazioni che valgono, ovviamente, per il difensore dell'indagato prima, e delle parti processuali;
    in merito al nuovo comma 2-ter dell'articolo 268 del codice di procedura penale, la riservatezza non va contrapposta all'accertamento della colpevolezza, ma all'accertamento tout court, che può essere anche di innocenza. In questo bilanciamento, la privacy è destinata a riemergere solo quando il materiale intercettato non risulti utile alla ricostruzione del fatto tanto in chiave accusatoria quanto in chiave difensiva. Al tal proposito si ricorda che è inopportuna la specificazione riguardante le conversazioni contenenti dati sensibili. Il punto deve essere solo la rilevanza: non c’è dato sensibile che possa fermare l'accertamento penale, salvo che la legge non lo protegga specificamente con un segreto (articolo 200 ss. c.p.p.). Appare dunque difficile giustificare, anche alla luce della stessa ragionevolezza della scelta legislativa, che la Corte costituzionale si troverebbe eventualmente a valutare, che il dato sensibile possa costituire oggetto di trascrizione non se rilevante ma quando necessario. Se rileva per l'accertamento, e non importa «quanto» rilevi, esso non è escludibile sol perché dato personale sensibile. Se ne impedisca una conoscenza diffusa in altro modo, se si deve, ma che il giudice e le parti ne dispongano ai fini della prova. A tal proposito, la delega parla di «pertinenza» e «rilevanza» (c. 84 lett. a) n. 1) e mai di «necessità», elemento ulteriore, questo, che potrebbe generare il vizio dell'eccesso di delega;
   preso atto che al secondo comma del nuovo articolo 268-quater del codice di procedura penale sul procedimento di selezione delle intercettazioni, introdotto all'articolo 3 dello schema di decreto evoca un'udienza da fissare «quando necessario», altrimenti il giudice decide in solitudine sulla selezione delle conversazioni;
   considerato che è assai discutibile che il giudice decida senza confronto sull'acquisizione dei dialoghi in quanto ogni decisione sulla rilevanza di una prova è strutturalmente connaturata a essere adottata nel confronto vivo delle parti, e che sottrarre al giudice questo essenziale ausilio alla valutazione è controproducente, non solo per i diritti delle parti ma soprattutto per il lavoro del giudice, poiché ove questi intenda adottare una decisione ben calibrata sul diritto e sull'addebito, dovrebbe sentire sempre il bisogno dell'udienza. Il giudice, pur giovandosi delle richieste delle parti, senza costoro, non avrà sufficienti dati per capire perché si desidera acquisire quelle conversazioni, posto che dell'indagine il G.i.p. non ne è edotto. Inoltre, non la disposizione non conferisce al giudice alcun elemento per valutare la necessità dell'udienza, che non può trattarsi di un mero bisogno personale in totale assenza di criteri, pena la resa all'insindacabile arbitrio giudiziario, lasciare priva di presupposti la necessità di un segmento procedurale;
   esaminato che con la modifica dell'articolo 293 c.p.p., sugli adempimenti esecutivi della misura cautelare, l'articolo 3, comma 5, lettera f) dello schema di decreto, consente al difensore di esaminare, senza potere copiare, i verbali delle comunicazioni intercettate e di ottenere la trasposizione della registrazione su un idoneo supporto, analogamente a quanto disposto dall'articolo 268-quater, comma 4;
   valutato che la facoltà di esaminare i verbali senza avere diritto di copia rappresenti un ostacolo ed un rallentamento alla difesa contrario ai contenuti minimi della difesa costituzionalmente garantita, soprattutto se si considera che l'imputato ha pochissimo tempo per reagire alla cautela. Pag. 82Ancor più se la suddetta modalità soggiace alla mera esigenza di prevenire la diffusione dei dialoghi impedendo alla difesa di disporre dei verbali. Previsione, questa, non solo meritevole di censura costituzionale, bensì inefficace e controproducente in relazione agli obiettivi prefissati, poiché il difensore in possesso degli audio delle intercettazioni, ove sia deciso a renderne pubblici contenuti, potrà diffondere le tracce audio con maggior lesione della riservatezza;
   considerato che la sentenza della Corte costituzionale n. 336 del 2008, indicata dalla relazione introduttiva allo schema di decreto quale presupposto della disposizione di cui al citato comma 3 del articolo 293 c.p.p., risulta menzionata nel senso del tutto contrario a quello autentico per cui si ribadisce il diritto all'ascolto del difensore che avesse i verbali – situazione quindi uguale e opposta a quella qui in esame – , mentre alcunché la Corte dispone per il caso in cui lo stato delle cose sia rovesciato, ossia quando la difesa abbia gli audio e non i verbali;
   ravvisato inoltre, sul succitato punto, un evidente eccesso di delega rispetto al dettato comma 84, lettera a), n. 2), dell'articolo 1 della legge 23 giugno 2017, n. 103, per il quale la facoltà di esame e ascolto ma non di copia è limitato agli atti che non siano allegati alla richiesta di misura cautelare, mentre, al contrario, nello schema di decreto delegato la facoltà di ascolto ma non di copia si riferisce proprio alle comunicazioni usate per la richiesta della misura cautelare;
   considerato che, più in generale, il diritto di estrarre copia dovrebbe essere esteso all'archivio riservato (nuovo articolo 89-bis, comma 4 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b) dello schema di decreto) al quale, peraltro, devono poter accedere i difensori in ogni stato e grado del procedimento, poiché, la riservatezza non può comportare restrizioni che riguardino le difese – che costituzionalmente deve poter avere gli stessi strumenti del p.m. che invece può accedere senza limiti a tale archivio riservato – , ma deve poter anche marcare un limite di diffusione tra il «dentro» e il «fuori» del procedimento, e la difesa è collocata, senza dubbio, all'interno al processo;
   esaminato che, in considerazione delle criticità rilevate sia dall'Anm in sede di indagine conoscitiva che dai procuratori nella lettera fatta pervenire a questa Commissione, la modifica operata all'articolo 267 del codice di procedura penale di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b) dello schema di decreto, in merito all'uso del captatore informatico, escludendo l'utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni mediante captatore per reati diversi – e non per i procedimenti diversi (come fa l'articolo 270 c.p.p. oggi in vigore per le intercettazioni) – da quelli per i quali vi è stata l'autorizzazione, anche se connessi, sarebbe stato più opportuno prevedere che i risultati delle intercettazioni eseguite attraverso il trojan horse possano essere utilizzati per altri reati diversi da quelli per cui si procede (a prescindere dal fatto che i futuri procedimenti siano riuniti oppure no) a patto che questi diversi reati siano annoverati tra quelli per cui è autorizzata, in generale, l'intercettazione e che il pubblico ministero ottenga la convalida dal Gip nelle 48 ore successive dell'atto con cui si intercetta in assenza di autorizzazione (o meglio con autorizzazione per un diverso reato), sulla base dei presupposti di cui agli articoli 266, 267, 268. In tal caso, se il Gip convalidasse quanto intercettato in precedenza il materiale sarebbe utilizzabile, in caso contrario, quei dialoghi sarebbero inutilizzabili;
   rilevato che l'articolo 6 dello schema di decreto legislativo dà attuazione al principio di delega relativo alla semplificazione delle condizioni di impiego delle intercettazioni delle conversazioni e delle comunicazioni telefoniche e telematiche nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (comma 84, lett. d) e che a tal fine, il primo comma dell'articolo 6 Pag. 83dello schema di decreto individua tali delitti nei delitti dei pubblici ufficiali contro la p.a previsti dal Capo I, Titolo II del Libro secondo del codice penale puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni;
   considerato che tale semplificazione si estrinseca nella disposizione, di cui al comma 1 dell'articolo 6, per la quale, quando si procede per uno dei summenzionati delitti, le intercettazioni possano essere svolte anche in assenza dei gravi indizi di reato e del requisito dell'indispensabilità ai fini della prosecuzione delle indagini, pur tuttavia fissando un limite, al secondo comma estraneo alla delega, all'effettuazione di intercettazioni ambientali in luoghi di privata dimora solo quando vi sia motivo di ritenere che in tali luoghi si stia svolgendo l'attività criminosa, così scegliendo in maniera significativa di non assimilare i gravi reati contro la p.a. ai delitti di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p. per i quali, invece, l'uso del captatore informatico è sempre consentito;
   valutato, infine, che l'introduzione nel codice penale del delitto di «diffusione di riprese e registrazioni di comunicazioni fraudolente» – articolo 617-septies – , all'articolo 1 dello schema di decreto, per quanto rispondente alla delega, segna un restringimento dei margini, per il cittadino, della libertà di documentare la propria vita, così come sostenuto ed incentivato dalla Corte di cassazione, nonché di divulgare informazioni raccolte che abbiano rilevanza pubblica, fermo restando la presenza nel nostro ordinamento, in caso di danno all'altrui reputazione ed immagine, del reato di diffamazione e della richiesta di risarcimento in sede civile. Valutazione che avrebbe dovrebbe indurre l'esecutivo a non esercitare la delega sullo specifico punto;

  esprime

PARERE CONTRARIO.