CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 12 ottobre 2017
892.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto ministeriale concernente regolamento recante disciplina dei corsi di formazione per l'accesso alla professione di avvocato. Atto n. 437.

PARERE APPROVATO

  La II Commissione,
   esaminato lo schema di decreto in oggetto;
   premesso che:
    il provvedimento in discussione costituisce attuazione degli articoli 1, comma 3, e 43, comma 2, della legge n. 247 del 2012, recante «Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense».
    in particolare, l'articolo 43, comma 1, della richiamata legge ha previsto che il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso uno studio professionale, consiste altresì nella frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a diciotto mesi, di corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti da ordini e associazioni forensi, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge;
    lo schema di decreto ministeriale in esame introduce, quindi, mediante lo strumento regolamentare, la disciplina dei corsi di formazione per l'accesso alla professione di avvocato, proponendosi lo scopo di rendere puntuale ed effettivo il controllo sulla serietà, la trasparenza e l'efficacia dei corsi medesimi;
   considerato che:
    l'articolo 2 del provvedimento stabilisce, al comma 1, che i corsi di formazione possono essere organizzati dai consigli dell'ordine e dalle associazioni forensi giudicate idonee, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge;
    al riguardo, appare opportuno chiarire nel testo che i corsi in questione possono essere organizzati anche dalle scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398»;
   osservato che:
    l'articolo 6, al comma 1, prevede che i soggetti organizzatori dei corsi di formazione possano prevedere la corresponsione di una quota di iscrizione, destinata alla copertura delle spese di organizzazione e degli eventuali compensi ai docenti. Il medesimo articolo, al comma 2, prevede che gli stessi possono, in via facoltativa, prevedere borse di studio in favore dei tirocinanti più meritevoli da attribuire anche sulla base di requisiti di reddito;
    in proposito, si rileva l'opportunità di prevedere che le linee guida di cui all'articolo 3, comma 3, siano predisposte in modo da garantire l'omogeneità e il contenimento dei costi dei corsi di formazione sul territorio nazionale, ferma restando la qualità dell'offerta formativa. È auspicabile, inoltre, che la previsione di borse di studio diventi una prassi costantemente osservata dai Consigli dell'ordine; ciò sia al fine di agevolare effettivamente l'accesso ai corsi di formazione da parte dei tirocinanti più meritevoli, ma con minore capacità di reddito, sia di evitare eventuali disparità di trattamento tra le diverse realtà territoriali;Pag. 48
   rilevato che:
    l'articolo 8 prevede, al comma 1, che al termine dei primi due semestri, ovvero nei mesi di maggio e novembre secondo le cadenze temporali previste dall'articolo 5,comma 1, dello schema di decreto, e alla conclusione del corso, sono previste verifiche da parte dei soggetti formatori. La verifica del profitto consiste in un test a risposta multipla su argomenti relativi agli insegnamenti svolti nel periodo oggetto di verifica (comma 2);
    la previsione di cui al comma 1 , anche al fine di evitare verifiche finali temporalmente troppo vicine all'esame di Stato, andrebbe allineata a quella di cui all'articolo 5, comma 1, dello schema di decreto. Infatti, tale ultima disposizione prevede che, per assicurare la massima vicinanza temporale tra iscrizione nel registro dei praticanti, inizio del corso e verifiche intermedie e finali, i corsi sono organizzati, per moduli semestrali, nei mesi da novembre ad aprile e da maggio ad ottobre;
   rilevato altresì che:
    l'articolo 11 prevede che esso si applichi ai tirocinanti iscritti nel registro dei praticanti con decorrenza posteriore al primo giorno del primo semestre successivo alla data della sua entrata in vigore;
    al riguardo, si rileva l'opportunità di prevedere un termine più ampio per consentire l'organizzazione dei corsi di formazione e far decorrere l'obbligo di frequenza degli stessi,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   1) all'articolo 2, comma 1, si valuti l'opportunità di aggiungere, infine, le seguenti parole «, incluse le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398»;
   2) all'articolo 6, dopo il comma 1, si valuti l'opportunità di introdurre una disposizione volta a prevedere che le linee guida di cui all'articolo 3, comma 3, siano predisposte dal Consiglio Nazionale Forense in modo da garantire l'omogeneità ed il contenimento dei costi dei corsi di formazione sul territorio nazionale, ferma restando la qualità dell'offerta formativa;
   3) all'articolo 8, comma 1, si valuti l'opportunità sostituire le parole «nei mesi di maggio e novembre» con le seguenti: «nei mesi di aprile e ottobre»;
   4) all'articolo 11, si valuti l'opportunità di: sostituire il comma 1 con il seguente: «Il presente regolamento si applica ai tirocinanti iscritti nel registro dei praticanti con decorrenza posteriore all'inizio del secondo modulo semestrale successivo alla sua entrata in vigore»; conseguentemente, di sostituire la rubrica del medesimo articolo con la seguente: «(Decorrenza degli effetti)».

Pag. 49

ALLEGATO 2

5-12433 Ferraresi: Sul fenomeno del bracconaggio ittico nelle acque del fiume Po e dei suoi affluenti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'atto di sindacato ispettivo oggi in discussione affronta il tema del bracconaggio sul fiume Po e sui suoi emissari. Una volta ricordato che «gli articoli 39 e 40 della legge n. 154 del 2016, stabiliscono i divieti, le contravvenzioni, le pene detentive e le misure per il contrasto del bracconaggio ittico», gli Onorevoli interroganti chiedono di conoscere «la cifra totale relativa alle sanzioni pecuniarie applicate, la cifra totale effettivamente riscossa dai trasgressori, il numero degli arresti effettuati e dei procedimenti penali avviati per i reati legati alla pesca di frodo».
  Va, in proposito, immediatamente evidenziato come l'introduzione delle norme citate nel corpo dell'interrogazione rappresenti l'approdo del dibattito parlamentare su un disegno di legge governativo, che ha portato all'approvazione della legge n. 154 del 2016, in vigore dal 25 agosto 2016, poco più di un anno fa.
  La legge introduce misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura ed incide – opportunamente – anche sul bracconaggio ittico nelle acque interne per contrastare ogni attività connessa all'esercizio illegale della pesca, al prelievo, alla cattura, al trasporto e alla commercializzazione di specie ittiche con mezzi e attrezzature vietate dalla legge ovvero con modalità vietate dai regolamenti in materia.
  Salvo che il fatto costituisca più grave reato (ad esempio il danneggiamento ambientale finalizzato alla cattura di esemplari ittici) si sono introdotte sanzioni gravi – come l'arresto fino a due anni e l'ammenda fino a dodici mila euro – raddoppiate in caso di recidiva, con la confisca e la reimmissione nei corsi d'acqua del pescato (se ancora vivo), il sequestro dei mezzi di trasporto utilizzati con la rifusione all'ente territoriale competente per la gestione delle acque di 20 euro per ciascun capo pescato e con il ristoro delle spese per il ripopolamento delle acque.
  Per quanto riguarda il monitoraggio relativo all'applicazione delle nuove disposizioni contravvenzionali non è stato ancora possibile raccogliere dagli uffici giudiziari elementi statisticamente attendibili in considerazione della recente entrata in vigore delle norme; a maggior ragione, il breve lasso temporale intercorso non ha ancora consentito di pervenire all'emissione di sentenze irrevocabili così da potersi quantificare l'ammontare complessivo delle sanzioni pecuniarie irrogate ed effettivamente riscosse dall'Erario, come pure delle pene detentive dell'arresto comminate.
  In ogni caso, sulla base delle informazioni acquisite presso gli uffici giudiziari territorialmente interessati in merito ai procedimenti penali aperti per i reati contravvenzionali previsti dagli articoli di legge citati, si rappresenta come la Procura della Repubblica presso il tribunale di Rovigo abbia comunicato che dalla data di entrata in vigore della legge sono state sottoposte a indagini quattro persone nell'ambito di due procedimenti penali. Il primo è stato definito con richiesta di decreto penale di condanna a pena pecuniaria, mentre il secondo è in fase di indagini preliminari, nel corso delle quali si è proceduto al sequestro di un natante.

Pag. 50

  Quanto alle attività di accertamento e di polizia si rileva come la tematica investa la competenza delle amministrazioni provinciali e regionali trattandosi di tutela della fauna delle acque interne, con la conseguenza che le attività di sorveglianza sono demandate agli ufficiali di polizia giudiziaria dei citati enti locali, oltre che alle associazioni di volontariato. La stessa legge n. 154 del 2016 prevede che le regioni e le province autonome possano adeguare ove necessario i propri ordinamenti interni: lo ha fatto, ad esempio, la regione Emilia Romagna con una legge che attua precetti e sanzioni della legge statale.

  A livello nazionale massiccia e costante è l'attività di controllo svolta – con continuità in ogni periodo dell'anno ed anche in orari notturni – per stroncare i traffici in punti nevralgici, quali il delta del Po ed i laghi nella provincia di Foggia. Per completezza, dal gennaio di quest'anno la competenza è passata al Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dei Carabinieri e, in particolare, al SOARDA (Servizio operativo antibracconaggio e reati a danno degli animali) una risorsa nel contrasto a questo crimine e per la tutela della biodiversità e degli ecosistemi.

Pag. 51

ALLEGATO 3

5-12434 Molteni: Sul rimborso delle spese di funzionamento della sezione distaccata di Cantù del Tribunale di Como.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Mediante l'atto di sindacato ispettivo in discussione, si chiede al Ministro della giustizia se intenda procedere alla integrale rifusione delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari sostenute sino al 31 agosto 2015 dai comuni, e nello specifico dal comune di Cantù, nonché a provvedere a riformulare la rateizzazione del rimborso, in ottemperanza a quanto statuito dal TAR Lazio con ordinanza n. 1687 in data 14 settembre 2017.
  Va, in proposito, preliminarmente precisato che con l'ordinanza di sospensione cautelare richiamata nell'atto di sindacato ispettivo in discussione, il TAR non ha inciso sull'impianto complessivo del modello di liquidazione del contributo ai comuni che il DPCM 10 marzo 2017 ha declinato, in attuazione della norma primaria contenuta nella legge di stabilità per il 2017 che ha istituito il relativo fondo e previsto le modalità di erogazione, ma si è limitato a censurare la sola previsione che subordina il riconoscimento e la corresponsione delle somme alla rinuncia al contenzioso pendente, unitamente al provvedimento, adottato dal Ministero della giustizia, di fissazione del termine per la presentazione dei documenti a corredo della domanda di rimborso.
  In ordine al generale tema della rifusione delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari, proprio la prospettiva di un corretto avvio del nuovo sistema introdotto dalla legge di stabilità 2015 ha orientato l'impegno del Governo anche nel regolare definitivamente e al più presto le posizioni pregresse con i comuni.
  Al fine di superare il complesso procedimento di liquidazione dei contributi previsto dalla ormai superata legge del ’41, la legge di stabilità per il 2017 ha stabilito che il fondo istituito nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze, pari a 300 milioni di euro in rate annuali di 10 milioni di euro dal 2017 al 2046, sia ripartito fra i comuni mediante decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, che individuano i beneficiari, le finalità, i criteri e le modalità di riparto.
  In attuazione di tali disposizioni, è stato adottato il DPCM 10 marzo 2017 che ha, fra l'altro, previsto che una quota del fondo da ripartire sia erogato a titolo di definitivo concorso dello Stato alle spese sostenute dai comuni fino al 31 agosto 2015, a condizione che i medesimi rinuncino ad azioni, anche in corso, ovvero a porre in esecuzione titoli per il pagamento del contributo.
  Il quadro normativo così delineato è, dunque, finalizzato a superare il vecchio regime di contribuzione ai costi annualmente affrontati dai comuni, che venivano rimborsati solo parzialmente, mediante un contributo economico calcolato secondo una specifica procedura, disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 187 del 1998, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal decreto del Presidente della Repubblica 21 febbraio 2014, n. 61. La percentuale di contributo annuale, infatti, veniva determinata rapportando il complesso delle spese sostenute con gli stanziamenti di bilancio previsti in finanziaria per il Ministero della giustizia. Pag. 52Il contributo veniva erogato sulla base dei consuntivi di spesa, preventivamente sottoposti al vaglio di ammissibilità della locale Commissione di manutenzione e del Ministero della giustizia. Una volta quantificate le spettanze, la determinazione veniva rimessa, infine, ad apposito decreto del Ministro della giustizia, del Ministro dell'interno e del Ministro dell'economia e delle finanze.
  Siffatto contesto normativo consente di rilevare che con il DPCM oggetto di impugnazione innanzi al giudice amministrativo si è inteso offrire agli enti locali una definitiva forma di ristoro, semplificata sotto il profilo procedimentale e senz'altro più vantaggiosa, nel rispetto della normativa primaria e con il fine di prevedere, nel quadro di un intervento di più ampio respiro in favore degli enti territoriali, una misura ulteriore di sostegno economico per questi ultimi.
  Il Governo valuterà l'opportunità di dispiegare ogni utile difesa avverso il provvedimento cautelare ed ogni determinazione in merito alla sua esecuzione andrà vagliata, anche tenuto conto che l'erogazione delle somme afferenti all'apposito fondo al quale si riferisce il DPCM citato è attribuita al Ministero dell'interno.
  Gli enti locali interessati potranno, pertanto, optare per il nuovo regime di rimborso, che prevede la liquidazione di somme determinate e finanziate secondo un piano pluriennale certo e determinato, ovvero ricorrere all'ormai superato procedimento di liquidazione del contributo che – come rilevato – presenta caratteri di complessità e di variabilità di risultato.
  In riferimento al tema proposto va, peraltro, ulteriormente rilevato che non sussiste un diritto soggettivo degli enti locali a conseguire l'integrale restituzione delle spese sostenute per il funzionamento degli uffici giudiziari, come affermato anche dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 15151/2015.
  Con specifico riguardo al comune di Cantù – che non risulta tra gli enti locali che hanno proposto il ricorso al giudice amministrativo a cui l'ordinanza richiamata si riferisce – si rappresenta che lo stesso risulta aver conseguito, per il periodo compreso tra il 2010 ed il 2014, l'integrale rimborso degli importi dovuti a titolo di contributo per le spese di funzionamento del relativo ufficio giudiziario, mentre per l'anno 2015 si è in attesa della necessaria rendicontazione.

Pag. 53

ALLEGATO 4

5-12435 Chiarelli: Sulla conoscenza della lingua francese da parte dei notai che esercitano le funzioni in Valle d'Aosta.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'atto di sindacato ispettivo in discussione si chiede al Governo se sia possibile chiarire che i notai piemontesi che intendano aprire uffici secondari nel territorio della Valle d'Aosta in virtù dell'articolo 1, comma 144, della legge n. 124 del 2017 debbano avere la piena conoscenza della lingua francese ai sensi della norma di attuazione dello Statuto speciale della Valle d'Aosta di cui al decreto legislativo 22 maggio 2001, n. 263 e se ritenga opportuno un intervento normativo chiarificatore in tal senso.
  L'interrogazione si fonda sul presupposto che l'ultima modifica della geografia giudiziaria relativa agli uffici di secondo grado avrebbe ricompreso la Valle d'Aosta nel distretto della Corte di appello di Torino, con l'effetto che un notaio con sede in Piemonte potrebbe aprire un ufficio secondario in Valle d'Aosta, alla luce della maggiore estensione dell'ambito territoriale nel quale il professionista può esercitare le proprie funzioni in seguito alle modifiche apportate dalla citata legge n. 124 del 2017 all'ordinamento notarile.
  Va preliminarmente precisato che le riforme della geografia giudiziaria del 2012 non hanno modificato l'estensione del distretto della Corte d'appello di Torino, che da sempre comprende il territorio delle regioni Piemonte e Valle d'Aosta.
  Parimenti va chiarito che la legge annuale per il mercato e la concorrenza del 2017, in relazione al distretto Piemonte-Valle d'Aosta, nulla ha innovato in relazione alla competenza territoriale della funzione notarile estesa a tutto il territorio del distretto della Corte d'appello che comprende più regioni ed alla possibilità di aprire un ufficio secondario atteso che, prima ancora della legge in questione, le funzioni del notaio potevano esplicarsi in tutto il territorio del distretto della Corte di appello e, quindi, per il distretto di Torino, sia in Piemonte e che in Valle d'Aosta.
  Ciò premesso, in ordine alla specifica questione posta dagli Onorevoli interroganti, va rilevato che il requisito della conoscenza della lingua francese è espressamente previsto dall'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 22 maggio 2001, n. 263, recante norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Valle d'Aosta in materia di accertamento della conoscenza della lingua francese per l'assegnazione di sedi notarili.
  La disposizione richiamata, tuttavia, sembrerebbe riferirsi, nel suo tenore testuale, alla assegnazione della sede principale, e non già alla apertura di un ufficio secondario nell'ambito del distretto di Corte d'appello.
  Ne deriva che solo una modifica del decreto legislativo 22 maggio 2001, n. 263, potrebbe consentire una espressa estensione del requisito della conoscenza della lingua francese anche per l'apertura di un ufficio secondario, secondo le procedure previste dall'articolo 48-bis dello statuto speciale della regione Valle d'Aosta, che richiedono deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta della commissione paritetica e previa acquisizione del parere del Consiglio regionale.Pag. 54
  Giova comunque rilevare che, a normativa invariata, è rimessa alla competenza degli organi di governo e disciplinari del notariato la valutazione dell'adeguatezza della prestazione del servizio reso da notai che aprono sedi secondarie nella regione Valle d'Aosta, anche in ordine al possesso, in capo al professionista, di una piena conoscenza della lingua francese.