CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 10 ottobre 2017
890.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e X)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficace e assicura il corretto funzionamento del mercato interno (COM(2017)142).

PROPOSTA DI DOCUMENTO FINALE

  Le Commissioni II e X,
   esaminata, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento della Camera dei deputati, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficaci e assicura il corretto funzionamento del mercato interno (COM(2017)142);
   preso atto degli elementi di conoscenza e valutazione acquisiti nel corso delle audizioni svolte sul documento;
   premesso che:
    l'applicazione puntuale e coerente della disciplina dell'Unione europea in materia di tutela della concorrenza costituisce la più efficace garanzia di mercati competitivi e innovativi per tutelare i consumatori da pratiche commerciali volte a mantenere i prezzi di beni e servizi artificialmente elevati e permettere loro di avere una scelta più ampia di beni e di servizi;
    con il regolamento (CE) n. 1/2003 si è introdotto un sostanziale decentramento nella gestione delle pratiche anticoncorrenziali responsabilizzando le autorità nazionali garanti della concorrenza (ANC), in modo da alleggerire il carico gravante sulla Commissione europea che, conseguentemente, ha potuto concentrarsi sulle violazioni più gravi aventi una dimensione transfrontaliera;
    tuttavia, permangono alcune criticità che il regolamento non è riuscito a risolvere, derivanti dal fatto che la normativa UE è applicata negli Stati membri sulla base di procedure e con sanzioni differenti. Sebbene alcuni Stati membri abbiano allineato il loro ordinamento alle disposizioni di cui al citato regolamento (CE) n. 1/2003, sussistono notevoli differenze tra i diversi regimi nazionali, in gran parte dovute al differente livello di autonomia delle ANC;
    con la proposta di direttiva in oggetto la Commissione europea intende armonizzare gli strumenti e i poteri a disposizione delle ANC degli Stati membri sul modello di quelli attribuiti alla Commissione europea nei procedimenti di sua competenza. Alcune ANC non dispongono, infatti, di sufficienti garanzie di autonomia ovvero delle risorse umane e finanziarie necessarie;
    a causa delle suddette differenze, i procedimenti avviati contro le imprese che adottano pratiche anticoncorrenziali possono sfociare in esiti difformi, a seconda dello Stato membro competente. L'applicazione disomogenea delle norme dell'UE in materia di concorrenza provoca una distorsione della concorrenza nel mercato interno e mina il sistema di applicazione decentrata,
   rilevata la necessità che il presente documento finale sia trasmesso tempestivamente alla Commissione europea, nell'ambito del cosiddetto dialogo politico, Pag. 10nonché al Parlamento europeo e al Consiglio,
   esprimono una

VALUTAZIONE FAVOREVOLE,

  con le seguenti osservazioni:
   a) in linea generale, appare condivisibile l'obiettivo di consolidare le autorità nazionali garanti della concorrenza (ANC) attraverso un rafforzamento della loro indipendenza e l'armonizzazione dei poteri di intervento. Il processo di armonizzazione degli strumenti e dei poteri a disposizione delle ANC deve comunque avvenire valorizzando le esperienze più avanzate, come quella italiana;
   b) il principio di indipendenza delle ANC, di cui all'articolo 4 della proposta di direttiva e ai connessi consideranda 13-17, deve trovare un'adeguata traduzione, anche a livello di ordinamenti nazionali, attraverso sistemi aperti e trasparenti per la designazione delle candidature e le nomine dei componenti degli organi collegiali e dei vertici delle strutture, oltre che attraverso un trasparente regime delle incompatibilità e di prevenzione dei conflitti di interessi;
   c) si ravvisa l'opportunità di un approfondimento dell'impatto discrezionale della disposizione di cui all'articolo 4, comma 2, lettera e), circa l'attribuzione alle ANC del potere di respingere denunce formalmente depositate in quanto da esse non ritenute prioritarie, fermo restando, ai sensi del considerando 17, il diritto di un Governo di uno Stato membro di comunicare alle ANC orientamenti sulle priorità che non riguardino procedimenti specifici di applicazione degli articoli 101 e 102 del TFUE;
   d) allo scopo di favorire la trasparenza e l'accountability delle ANC, si segnala l'opportunità di valutare l'inserimento di una disposizione diretta a impegnare le ANC alla trasmissione di relazioni periodiche sull'attività svolta, come già previsto nell'ordinamento italiano e come peraltro prospettato nel considerando 16;
   e) l'obbligo, posto a carico degli Stati membri ai sensi dell'articolo 5 della proposta di direttiva, di assicurare alle ANC le risorse umane, finanziarie e tecniche necessarie per l'efficace svolgimento dei loro compiti e l'esercizio dei loro poteri, rende opportuna un'analisi comparata dei modelli di finanziamento delle autorità che, attraverso l'individuazione delle migliori pratiche, supporti le scelte dei legislatori nazionali. In particolare, si potrebbe mirare a un corretto equilibrio tra finanziamento a carico del bilancio degli Stati e contribuzione a carico del mercato, eventualmente accompagnato, a fini di rendiconto, dall'ipotesi del considerando 16 in base alla quale le ANC possono anche essere soggette al controllo o alla sorveglianza delle loro spese finanziarie, purché ciò non pregiudichi la loro indipendenza;
   f) il rafforzamento dei poteri delle ANC, di cui al capo IV della proposta di direttiva (articoli da 6 a 11), sollecita un approfondimento della portata delle «garanzie adeguate» di cui all'articolo 3 alla luce del dettato del connesso considerando 12. In questo contesto, assumono particolare rilievo lo svolgimento, da parte dell'autorità, di attività ispettive di carattere paragiurisdizionale (con impatti anche sulla sfera delle libertà personali e dei diritti costituzionalmente tutelati) e l'incidenza di tali attività in eventuali e successivi procedimenti giudiziari;
   g) in particolare, il bilanciamento e le garanzie dovrebbero comportare, nel nostro ordinamento, la previsione di forme di tutela dell'attività di consulenza e assistenza stragiudiziale resa da soggetti diversi dagli avvocati ma in vincolo di subordinazione con l'impresa, nonché una disciplina in materia di esercizio da parte delle autorità nazionali tanto di funzioni istruttorie quanto di funzioni decisorie, alla luce dell'articolo 7 del decreto legislativo 19 gennaio 2017, n. 3, in materia di effetti di decisioni antitrust definitive in Pag. 11sede di azione per il risarcimento del danno e di correlato controllo giurisdizionale;
   h) sempre per quanto concerne la necessità di trovare adeguate compensazioni tra le finalità istruttorie e ispettive delle ANC e le garanzie dei diritti fondamentali e dell'intangibilità della sfera giuridica dei soggetti interessati, con riferimento all'articolo 6, paragrafo 1, concernente il potere di effettuare accertamenti nei locali dell'impresa, si segnalano le indicazioni fornite dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost., sent. n. 10/1971 e sent. n. 56/1973) ed in particolare, nell'ambito della sent. n. 10/1971, la precisazione secondo la quale «non esiste una libertà dell'ispettore di esercitare promiscuamente funzioni di vigilanza amministrativa e di polizia giudiziaria», nonché, per i controlli e le copie documentali di cui alle lettere b) e c) del paragrafo, le disposizioni dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, richiamato dalla disciplina delle procedure istruttorie dell'AGCM;
   i) con riferimento all'articolo 6, paragrafo 2, concernente l'assistenza necessaria per l'esecuzione dell'accertamento disposto da un'ANC attraverso il ricorso alla forza pubblica o a un'autorità equivalente incaricata dell'applicazione della legge, si valuti l'opportunità di precisare che, ove prevista dalla legislazione nazionale, sia necessaria la previa autorizzazione di un'autorità giudiziaria, così come già disposto dall'articolo 20, paragrafi 7 e 8, del Regolamento (CE) 1/2003;
   j) inoltre, sempre in tema di garanzie, l'attuale formulazione dell'articolo 7, che disciplina il potere di effettuare accertamenti in altri locali ove sussistano «motivi ragionevoli» e con preliminare autorizzazione dell'autorità giudiziaria nazionale, andrebbe riconsiderata alla luce delle più puntuali motivazioni previste – per l'esercizio del medesimo potere ispettivo da parte della Commissione europea e per il rilascio dell'autorizzazione giudiziaria – dall'articolo 21, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) 1/2003; sempre all'articolo 7, paragrafo 3, si ravvisa l'opportunità di sostituire il riferimento ai «giudici nazionali» con la locuzione «autorità giudiziaria» per confermare, in fase discendente, l'affidamento al procuratore della Repubblica del potere di autorizzare;
   k) con riferimento, poi, all'articolo 9, in materia di constatazione e cessazione delle infrazioni, il riconoscimento alle ANC della possibilità di «imporre l'adozione di tutti i rimedi comportamentali o strutturali proporzionati all'infrazione commessa e necessari a far cessare effettivamente l'infrazione stessa» andrebbe integrato alla stregua di quanto stabilito all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1/2003, per cui i rimedi strutturali possono essere imposti solo quando non esiste un rimedio comportamentale parimenti efficace o quando un rimedio comportamentale parimenti efficace risulterebbe più oneroso, per l'impresa interessata, del rimedio strutturale;
   l) con riferimento al capo V della proposta di direttiva (articoli 12-15), in materia di ammende e penalità di mora, fermo restando l'obiettivo di introdurre una parziale convergenza delle politiche sanzionatorie, si segnala l'utilità di ricorrere a soluzioni di soft law, quali l'elaborazione di best practices;
   m) sempre in riferimento al capo V, si segnala l'esigenza di un'attenta riconsiderazione delle ammende stabilite a carico delle associazioni d'impresa sulla base non già dell'entità dei contributi associativi ma, come affermato al considerando 33, in ragione della «somma delle vendite di beni e servizi alle quali l'infrazione si riferisce direttamente o indirettamente, effettuate dalle imprese che sono membri dell'associazione» e con possibilità di «richiedere il pagamento dell'ammenda ai membri dell'associazione nei casi in cui quest'ultima non sia solvibile», secondo le previsioni degli articoli 12, 13 e 14 della proposta. Vanno, infatti, rammentate, al riguardo, la differenza strutturale tra fatturati d'impresa e bilanci degli enti associativi Pag. 12fondati sulla contribuzione delle imprese aderenti, nonché l'indeterminatezza della nozione di associazione di imprese;
   n) si segnala, altresì, l'opportunità di una più puntuale e motivata formulazione del comma 3 dell'articolo 12 allo scopo di assicurare che l'applicazione della «nozione di impresa ai fini dell'imposizione delle ammende alla società madre e ai successori legali ed economici delle imprese» – in funzione di contrasto di fenomeni di elusione di responsabilità operati attraverso il ricorso a cambiamenti di natura giuridica o organizzativa dell'attività d'impresa – non si traduca in forme presuntive di responsabilità e, nei rapporti tra controllante e controllata, si fondi, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, sull'effettivo esercizio di un'influenza determinante;
   o) con riferimento all'articolo 14, appare necessario definire un livello minimo e massimo delle ammende che possono essere comminate dalle ANC al fine di circoscrivere il margine di discrezionalità ed evitare disparità eccessive nelle pronunce adottate. L'articolo 14, infatti, prevede al paragrafo 1 che, in caso di violazione degli articoli 101 e 102 del TFUE l'autorità nazionale garante della concorrenza possa infliggere una sanzione il cui importo massimo sia fissato a un livello non inferiore al 10 per cento del fatturato mondiale totale dell'impresa o dell'associazione di imprese responsabile della violazione e che, ove l'infrazione commessa da un'associazione di imprese riguardi le attività dei suoi membri, l'importo massimo dell'ammenda sia fissato a un livello non inferiore al 10 per cento della somma dei fatturati mondiali totali di ciascun membro operante sul mercato interessato. Tale limite minimo della sanzione appare eccessivo e sproporzionato anche in rapporto alle sanzioni che possono essere irrogate dalla Commissione ai sensi del Regolamento n. 1 del 2003. L'articolo 23 del predetto Regolamento prevede infatti, al paragrafo 2, per le violazioni degli articoli 81 e 82 del trattato (ora 101 e 102 TFUE), un'ammenda il cui importo non può superare il 10 per cento del fatturato totale realizzato nell'esercizio. Il Regolamento, dunque, che può essere assunto a parametro, individua l'importo del 10 per cento del fatturato totale (peraltro non mondiale) quale effettivo limite massimo della sanzione pecuniaria concretamente irrogabile. Si osserva, inoltre, che la disciplina delineata dal predetto articolo va ulteriormente precisata sotto il profilo dell'imputazione di responsabilità della nozione di «associazione di imprese», peraltro ricorrente in diverse disposizioni della proposta di direttiva, nozione che, com’è noto, viene intesa in termini estensivi ed elastici nell'ambito della giurisprudenza della Corte di giustizia, così come nel diritto interno;
   p) sempre sul piano sanzionatorio, meriterebbe, ancora, attenta valutazione – anche sulla scorta dell'esperienza italiana in materia – l'ipotesi di riconoscimento, nell'impianto della proposta di direttiva, dell'adozione e del rispetto di programmi di compliance antitrust da parte delle imprese;
   q) è opportuna una modifica sostanziale del capo VI della proposta di direttiva (articoli 16-22), concernente i programmi di trattamento favorevole che consentono alle ANC di concedere l'immunità dalle ammende alle imprese, in modo da renderlo più rispettoso dell'autonomia dei programmi nazionali e del principio di leale collaborazione tra Commissione europea e ANC. L'assetto normativo prefigurato tende a una codificazione quasi integrale del modello di programma ECN (European Competitiveness Network), che potrebbe condurre a un'eccessiva compressione dell'autonomia degli Stati membri con ripercussioni negative sotto il profilo della flessibilità e dell'adattabilità dell'istituto stesso alle specificità nazionali. In particolare, suscita forti perplessità l'articolo 21 nella parte in cui consente ai richiedenti che abbiano presentato una domanda di clemenza alla Commissione europea di presentare domande semplificate alle ANC che ritengano nella posizione Pag. 13più idonea per trattare il caso. In tal caso, le ANC potrebbero trovarsi obbligate ad accettare domande di clemenza prive di supporto probatorio anche quando siano esse – e non la Commissione europea – nella posizione migliore per svolgere l'eventuale accertamento istruttorio. Inoltre, il medesimo articolo priva le ANC del potere di chiedere informazioni supplementari all'impresa prima della presentazione della domanda completa e dispone che l'integrazione della domanda (attualmente rimessa alla valutazione discrezionale dell'autorità procedente) possa avvenire solo quando la Commissione europea abbia informato le autorità nazionali che non intende intervenire sul caso;
   r) sempre in riferimento al capo VI della proposta, particolare delicatezza assumono le disposizioni di cui all'articolo 22, laddove si consente la previsione di una speciale causa di non punibilità per i dipendenti e gli amministratori delle imprese responsabili degli illeciti anticoncorrenziali che denuncino i fatti. Sarebbe preferibile al riguardo, per garantire maggiore coerenza con il nostro ordinamento, lasciare la possibilità di prevedere, in alternativa, una mera circostanza attenuante;
   s) in riferimento all'articolo 23, relativo alle ipotesi di cooperazione tra le autorità nazionali garanti della concorrenza, si segnala che lo stesso prevede la possibilità che funzionari incaricati da autorità straniere assistano all'accertamento e vi partecipino attivamente esercitando i poteri di cui agli articoli 6 e 7 della proposta di direttiva. Al riguardo, rilevata l'eccezionalità di tali forme di partecipazione «attiva e considerati gli eventuali profili di responsabilità dello Stato, non si ritiene del tutto coerente con il vigente quadro normativo che i poteri dei funzionari incaricati dall'autorità nazionale richiedente eccedano quelli previsti per gli agenti autorizzati dalla Commissione dall'articolo 22, paragrafo 2, del Regolamento CE n. 1 del 2003, il quale si limita a disporre che gli accompagnatori autorizzati dalla Commissione «possono assistere i funzionari dell'autorità interessata»;
   t) circa la previsione per cui i termini di prescrizione per l'imposizione di ammende o di penalità di mora da parte delle ANC rimangano sospesi nell'ipotesi in cui sia in corso, dinanzi ad un'altra ANC o alla Commissione europea, un procedimento riguardante la medesima condotta (articolo 27), si segnala il rischio di una eccessiva dilatazione del termine. Si suggerisce, pertanto, anche alla luce di quanto stabilito dall'articolo 25 del Regolamento CE n. 1 del 2003, che prevede la sospensione del termine di prescrizione solo per il tempo durante il quale il ricorso contro la decisione della Commissione pende innanzi alla Corte di giustizia, di inserire nella proposta di direttiva una disposizione che stabilisca, in ogni caso, un termine massimo di prescrizione;
   u) con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 29 circa i limiti all'uso delle informazioni raccolte sulla base delle disposizioni di cui alla proposta di direttiva, sembra opportuno richiamare la direttiva 2014/104/UE in tema di acquisizione delle prove.

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui alla direttiva 94/11/CE concernente l'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore e al regolamento (UE) n. 1007/2011 relativo alle denominazioni delle fibre tessili e all'etichettatura e al contrassegno della composizione fibrosa dei prodotti tessili. Atto n. 433.

PROPOSTA DI PARERE

  Le Commissioni II e IX,
   esaminato lo Schema di decreto legislativo recante la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni della direttiva 94/11/CE sull'etichettatura nelle calzature e del regolamento (UE) n. 1007/2011 sulle denominazioni delle fibre tessili e sull'etichettatura dei prodotti tessili;
   premesso che:
    lo schema di decreto legislativo in discussione definisce la disciplina sanzionatoria per le disposizioni di cui alla direttiva 94/11/UE, concernente l'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore, e al regolamento (UE) n. 1007/2011, relativo alle denominazioni delle fibre tessili e all'etichettatura e al contrassegno della composizione fibrosa dei prodotti tessili;
    il provvedimento è adottato in attuazione dell'articolo 3 della legge n. 114 del 2015 (legge di delegazione europea per il 2014), il quale dispone che il Governo, fatte salve le norme penali vigenti, è delegato ad adottare, ai sensi dell'articolo 33 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, entro due anni dalla data di entrata in vigore della medesima legge di delegazione europea 2014, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in direttive europee attuate in via regolamentare o amministrativa, o in regolamenti dell'Unione europea pubblicati alla data dell'entrata in vigore della predetta legge, per le quali non siano già previste sanzioni penali o amministrative;
    come chiarito dalla relazione illustrativa dello schema di decreto, sono state, quindi, previste solo sanzioni di natura amministrativa connesse a violazioni di obblighi informativi, essendo già disciplinate le fattispecie penali ricorrenti in materia dagli articoli 515 e 517 del codice penale;
    tali sanzioni sono state determinate in ragione della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto, nonché tenendo conto della previsione di particolari doveri di prevenzione, controllo e vigilanza che gravano sul fabbricante, importatore o distributore di prodotti tessili;
   rilevato che:
    l'articolo 3 del provvedimento in discussione delinea il quadro sanzionatorio relativo alle violazioni delle disposizioni contenute all'articolo 4 della richiamata direttiva, concernente l'etichettatura dei materiali usati per i componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore;Pag. 15
    in particolare, il comma 3 del predetto articolo, dispone che, salvo che il fatto costituisca reato, il fabbricante o l'importatore che, in violazione dell'articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 94/11/CE, immette sul mercato calzature con composizione diversa da quella dichiarata in etichetta è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500,00 a 20.000 euro;
    al riguardo, appare opportuno precisare che l'inesattezza delle informazioni riportate in etichetta sia relativa ai materiali usati nelle principali componenti delle calzature così come indicate nell'allegato I della direttiva;
   rilevato altresì che:
    il successivo comma 4 del medesimo articolo 3 prevede, salvo che il fatto costituisca reato, l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie da 1.500 a 20.000 euro per l'immissione sul mercato di calzature con etichetta non conforme alle indicazioni dell'articolo 4 della richiamata direttiva;
    al riguardo, ai fini della corretta applicazione della sanzione, appare opportuno chiarire che, qualora nessuno dei materiali impiegati raggiunga almeno l'80 per cento delle componenti, il produttore o l'importatore sono tenuti a riportare in etichetta sia la percentuale delle due componenti principali, sia le informazioni relative alle altre componenti,
  esprimono

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) all'articolo 3, comma 3, dello schema di decreto, si valuti l'opportunità di inserire dopo le parole «diversa da quella dichiarata in etichetta» le seguenti: «relativamente ai materiali usati nei principali componenti delle calzature indicate nell'allegato I della direttiva 94/11/CE»;
   b) al comma 4 del medesimo articolo, si valuti l'opportunità di chiarire che, se nessuno dei materiali impiegati raggiunge almeno l'80 per cento delle componenti, sia obbligatorio per il fabbricante e l'importatore fornire sia la composizione in percentuale delle componenti principali sia le informazioni sulle altre componenti.