CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 4 ottobre 2016
702.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO

ALLEGATO

DL 168/2016: Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa. Nuovo testo C. 4025 Governo.

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
   esaminato il nuovo testo del disegno di legge C. 4025 Governo, recante «DL 168/2016: Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa»;
   considerato che le disposizioni da esso recate sono riconducibili alle materie «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato» e «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa» che rientrano tra gli ambiti di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere g) e l) della Costituzione;
   sottolineato che l'articolo 4, comma 1, prevede che il personale amministrativo assegnato agli uffici di sorveglianza non possa essere destinato temporaneamente ad altri uffici del distretto di appartenenza senza il nulla osta del presidente del tribunale di sorveglianza;
   preso atto che l'articolo 5 prevede, che «al fine di assicurare la continuità negli incarichi apicali, direttivi superiori e direttivi presso la Suprema Corte di cassazione e la Procura Generale della Corte di cassazione, in ragione delle molteplici iniziative di riforma intraprese per la definizione dell'elevato contenzioso ivi pendente, gli effetti dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, sono ulteriormente differiti al 31 dicembre 2017 per i magistrati che ricoprono funzioni apicali, direttive superiori o direttive presso la Suprema Corte di cassazione e la Procura Generale, i quali non abbiano compiuto il settantaduesimo anno di età alla data del 31 dicembre 2016 e che debbano essere collocati a riposo nel periodo compreso fra la medesima data del 31 dicembre 2016 e il 30 dicembre 2017. Per tutti gli altri magistrati ordinari resta fermo il termine ultimo di permanenza in servizio stabilito dal citato articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 90 del 2014»;
   preso atto, altresì, che l'articolo 10 in materia di proroga degli effetti del trattenimento in servizio di magistrati amministrativi e contabili e avvocati dello Stato stabilisce che le disposizioni dell'articolo 5, comma 1, si applicano anche ai magistrati del Consiglio di Stato nella posizione equivalente ai magistrati ordinari individuati allo stesso articolo 5, comma 1, che non abbiano compiuto il settantesimo anno di età al 31 dicembre 2016 nonché agli avvocati dello Stato nella posizione equivalente ai magistrati ordinari individuati allo stesso articolo 5, comma 1, che non abbiano compiuto il settantesimo anno di età alla data del 31 dicembre 2016 e gli effetti dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, sono differiti al 31 dicembre 2017 per i magistrati contabili in servizio, con funzioni direttive o semidirettive, che non abbiano compiuto il settantesimo anno di Pag. 22età alla data del 31 dicembre 2016 e che debbano essere collocati a riposo nel periodo compreso fra la medesima data del 31 dicembre 2016 e il 30 dicembre 2017. Per tutti gli altri magistrati contabili resta fermo il termine ultimo di permanenza in servizio stabilito dal citato articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 90 del 2014;
   ricordato che la lettura che la giurisprudenza della Corte costituzionale ha dato del principio di uguaglianza ha portato ad enucleare anche un generale principio di «ragionevolezza», alla luce del quale la legge deve regolare in maniera uguale situazioni uguali ed in maniera razionalmente diversa situazioni diverse, con la conseguenza che la disparità di trattamento trova giustificazione nella diversità delle situazioni disciplinate: «il principio di eguaglianza è violato anche quando la legge, senza un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso ai cittadini che si trovino in eguali situazioni» (sentenza n. 15 del 1960), poiché «l'articolo 3 della Costituzione vieta disparità di trattamento di situazioni simili e discriminazioni irragionevoli» (sentenza n. 96 del 1980). Così, il principio «deve assicurare ad ognuno eguaglianza di trattamento, quando eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono per la loro applicazione» (sentenza n. 3 del 1957), con la conseguenza che il principio risulta violato «quando, di fronte a situazioni obbiettivamente omogenee, si ha una disciplina giuridica differenziata determinando discriminazioni arbitrarie ed ingiustificate» (sentenza n. 111 del 1981);
   sottolineato, inoltre, che il giudizio di uguaglianza postula dunque l'omogeneità delle situazioni messe a confronto e «non può essere invocato quando trattasi di situazioni intrinsecamente eterogenee» (sentenza n. 171 del 1982) o «quando si tratti di situazioni che, pur derivanti da basi comuni, differiscano tra loro per aspetti distintivi particolari» (sentenza n. 111 del 1981 già citata). Pertanto, il giudizio ex articolo 3 della Costituzione si articola in due momenti, il primo destinato a verificare la sussistenza di omogeneità fra le situazioni poste a confronto, «quel minimo di omogeneità necessario per l'instaurazione di un giudizio di ragionevolezza» (sentenza n. 209 del 1988), il secondo, subordinato all'esito affermativo del precedente, destinato a stabilire se sia razionale o meno la diversità di trattamento predisposta per le stesse dalla legge: se, infatti, «la valutazione della rilevanza delle diversità di situazioni in cui si trovano i soggetti dei rapporti da regolare non può essere riservata alla discrezionalità del legislatore» (sentenza n. 3 del 1957), tale discrezionalità non può trascendere i limiti stabiliti dal primo comma dell'articolo 3 della Costituzione;
   evidenziato che, sempre secondo la Corte costituzionale, «si ha violazione dell'articolo 3 della Costituzione quando situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, mentre non si manifesta tale contrasto quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non sostanzialmente identiche» (sentenza n. 340 del 2004);
   rilevato, inoltre, che, secondo la sentenza n. 163 del 1993: «il principio di eguaglianza comporta che a una categoria di persone, definita secondo caratteristiche identiche o ragionevolmente omogenee in relazione al fine obiettivo cui è indirizzata la disciplina normativa considerata, deve essere imputato un trattamento giuridico identico od omogeneo, ragionevolmente commisurato alle caratteristiche essenziali in ragione delle quali è stata definita quella determinata categoria di persone. Al contrario, ove i soggetti considerati da una certa norma, diretta a disciplinare una determinata fattispecie, diano luogo a una classe di persone dotate di caratteristiche non omogenee rispetto al fine obiettivo perseguito con il trattamento giuridico ad essi riservato, quest'ultimo sarà conforme al principio di eguaglianza soltanto nel caso che risulti ragionevolmente differenziato in relazione alle distinte caratteristiche proprie delle sottocategorie di persone che quella classe compongono»;Pag. 23
   sottolineato che la Corte costituzionale si è pronunciata con due recenti sentenze sulla specifica tematica del trattenimento in servizio;
   evidenziato, al riguardo, che, con la sentenza n. 83 del 2013, la Corte costituzionale ha accolto la questione di costituzionalità proposta sotto il profilo della disparità di trattamento tra universitari e altri dipendenti pubblici e della lesione del buon andamento della pubblica amministrazione, sempre con riferimento all'istituto del trattenimento in servizio previsto dall'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 503 del 1992, nel testo modificato dall'articolo 72, comma 7, del decreto-legge n. 112 del 2008, poi convertito dalla legge n. 133 del 2008;
   fatto presente che in quel caso la Corte ha ritenuto che la norma inibisse, violando l'articolo 3 della Costituzione, solo all'università ogni margine di autonomo apprezzamento delle esigenze organizzative e funzionali rilevando che la disposizione censurata, che escludeva l'applicazione a professori e ricercatori universitari dell'istituto del trattenimento in servizio, precludeva a tale categoria la facoltà, riconosciuta agli altri dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici, di permanere in servizio per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsto, previa valutazione favorevole dell'amministrazione di appartenenza;
   rilevato che non era dato individuare, ad avviso della Corte, ragioni idonee a giustificare, per la sola categoria dei professori e ricercatori universitari, l'esclusione dalla possibilità di avvalersi del trattenimento in servizio, evidenziando che rientra nella discrezionalità del legislatore l'obiettivo di favorire il ricambio generazionale (in quel caso nell'ambito dell'istruzione universitaria) ma che tuttavia, «fermo restando in via generale tale principio, è pur vero che il perseguimento di questo obiettivo deve essere bilanciato con l'esigenza, a sua volta riconducibile al buon andamento dell'amministrazione e perciò nello schema dell'articolo 97 della Costituzione, di mantenere in servizio – peraltro per un arco di tempo limitato – docenti in grado di dare un positivo contributo per la particolare esperienza professionale acquisita in determinati o specifici settori ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi. In questo quadro si colloca il disposto dell'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 503 del 1992, nel testo modificato dall'articolo 72, comma 7, del decreto-legge n. 112 del 2008, poi convertito dalla legge n. 133 del 2008. Detta norma realizza, per l'appunto, il suddetto bilanciamento, affidando all'amministrazione la facoltà di accogliere o no la richiesta del dipendente, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali e secondo i criteri nella norma medesima indicati. Resta dunque priva di giustificazioni l'esclusione della sola categoria dei professori e ricercatori universitari dall'ambito applicativo del citato articolo 16, comma 1, quando proprio per tale categoria l'esigenza suddetta si presenta in modo più marcato, avuto riguardo ai caratteri ed alle peculiarità dell'insegnamento universitario»;
   ricordato che, diversamente, con la sentenza 10 giugno 2016, n. 133, la Corte costituzionale si è espressa sulle disposizioni del decreto-legge n. 90 del 2014, che sono intervenute sulla disciplina del trattenimento in servizio, con particolare riferimento alle norme transitorie ivi previste, e ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale poste in relazione all'articolo 1, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 con riguardo alle censure poste rispetto all'articolo 3 della Costituzione per irragionevole disparità di trattamento di fattispecie omogenee e irragionevole eguaglianza di trattamento di fattispecie diverse;
   rilevato, in particolare, che il TAR Emilia-Romagna, il Consiglio di Stato e il TAR Lazio avevano posto la questione relativa all'irragionevole disparità di trattamento fra gli avvocati dello Stato e i magistrati, ordinari, amministrativi, contabili Pag. 24e militari, in possesso alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 90 del 2014 dei requisiti di cui all'articolo 16 del decreto legislativo n. 503 del 1992, per i quali il trattenimento in servizio era garantito fino alla data del 31 dicembre 2015;
   sottolineato che la Corte costituzionale ha ricordato che dai lavori preparatori della legge di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014 emerge chiaramente che la disciplina transitoria derogatoria, contenuta nel comma 3 – che nel testo originario riguardava anche agli Avvocati dello Stato mentre, in sede di approvazione della legge di conversione, veniva rivolta esclusivamente ai magistrati –, era stata dettata in vista della necessità di ovviare alle «conseguenti possibili criticità per il funzionamento regolare degli uffici giudiziari», derivanti dall'improvvisa cessazione dal servizio di un numero rilevante di dipendenti;
   rilevato che la Corte ha evidenziato come «la ratio sottesa a tale deroga è dunque inerente esclusivamente all'organizzazione degli uffici e non attiene allo status dei magistrati». Pertanto, la ritenuta equiparazione fra avvocati e magistrati in ordine al trattamento giuridico non rileva in questa sede. Né la moltiplicazione dei compiti affidati agli avvocati dello Stato è riconducibile alle esigenze di «funzionalità degli uffici giudiziari» che hanno giustificato l'introduzione della disciplina transitoria derogatoria con riguardo ai magistrati (ulteriormente prorogata con riguardo a categorie specifiche);
   preso atto che la relazione illustrativa del provvedimento in esame pone a fondamento della proroga del trattenimento in servizio dei soli magistrati che ricoprono funzioni apicali, direttive superiori o direttive presso la Suprema Corte di Cassazione e la Procura Generale, l'esigenza di «assicurare la continuità degli incarichi apicali direttivi superiori e direttivi presso la Corte di cassazione e la procura generale», ed evidenziato che la relazione tecnica afferma che l'articolo 5 è «teso a salvaguardare la funzionalità degli uffici giudiziari superiori, con particolare riguardo agli apicali, direttivi superiori o direttivi, che si renderebbero vacanti nell'anno 2017»;
   preso atto, altresì, che l'articolo 5 del decreto precisa che tale continuità è necessaria «in ragione delle molteplici iniziative di riforma intraprese per la definizione dell'elevato contenzioso ivi pendente»;
   preso atto inoltre che l'articolo 10 individua la ratio della proroga degli effetti del trattenimento in servizio di magistrati amministrativi e contabili e avvocati dello Stato nella necessità di assicurare la funzionalità della giustizia amministrativa, dell'Avvocatura dello Stato e della Corte dei conti,
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PARERE FAVOREVOLE.