CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 15 settembre 2016
693.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-09123 Rizzetto: Iniziative in materia di salvaguardia rispetto all'applicazione dei requisiti di accesso al pensionamento previsti dal decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, e quantificazione dei possibili beneficiari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare dell'onorevole Rizzetto concernente le iniziative in materia di salvaguardia rispetto all'applicazione dei requisiti di accesso al pensionamento previsti dal decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 e quantificazione dei possibili beneficiari.
  Più in particolare, viene chiesto di conoscere – relativamente ai cosiddetti «lavoratori ex postali» e, più in generale, a tutti coloro che hanno presentato una domanda di salvaguardia respinta – la distribuzione per anno del raggiungimento dei requisiti secondo le regole in vigore prima della legge n. 214 del 2011.
  Per fornire le informazioni richieste, l'INPS ha estrapolato, dal complesso delle domande respinte, le domande dei lavoratori che non hanno avuto accesso alle salvaguardie per mancanza del requisito anagrafico e contributivo entro i limiti temporali previsti da ciascuna norma di salvaguardia, ovvero per mancanza di uno dei cosiddetti «requisiti accessori» (ad esempio accordi di mobilità successivi al 2011).
  La verifica è stata effettuata sulla base della contribuzione attualmente accreditata in favore degli assicurati. La tabella che si mette a disposizione dell'onorevole interrogante e di tutta la Commissione, riporta in apposita colonna, la prima decorrenza utile della pensione in salvaguardia degli 82 lavoratori cessati da Poste italiane. Dalla lettura dei dati forniti dall'Inps, si evidenzia che:
   1.542 soggetti non possiedono al momento della verifica contribuzione accreditata sufficiente per accedere alla pensione in salvaguardia;
   1.779 soggetti, per i quali la decorrenza della pensione in salvaguardia si sarebbe collocata entro il 6 gennaio 2017 – termine ultimo per la fruizione della ed. «settima salvaguardia» – non possiedono una delle condizioni accessorie richieste;
   3.099 soggetti possono ottenere la pensione in salvaguardia nel periodo 7 gennaio 2017-31 dicembre 2018;
   10.911 soggetti possono ottenere la pensione in salvaguardia fra il 1o gennaio 2019 e il 31 dicembre 2045.

  Voglio sottolineare che l'analisi riguarda i soli soggetti che hanno presentato domanda di accesso alla pensione in salvaguardia pur non avendone tutti i requisiti.
  Tale platea non è ovviamente esaustiva di tutti coloro che potrebbero fare domanda ove una norma ne prevedesse il diritto alla pensione in deroga alla legislazione vigente.
  Pertanto, nell'evidenziare l'impegno del Governo sulla questione oggetto del presente atto parlamentare, posso rassicurare Onorevole interrogante che sono già allo studio possibili interventi da adottare nel rispetto dei vincoli della spesa pubblica.

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ALLEGATO 2

5-08597 Porta: Tasso di cambio utilizzato per la determinazione del reddito dei pensionati italiani residenti in Venezuela.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'Onorevole Porta con il presente atto parlamentare, richiama l'attenzione sul tasso di cambio utilizzato per la determinazione del reddito dei pensionati italiani residenti in Venezuela.
  I connazionali residenti in Venezuela, che hanno versato contributi in entrambi i Paesi, ricevono dall'INPS e dall'ente pensionistico venezuelano, il pagamento delle pensioni con il cosiddetto sistema pro rata. A tale proposito, l'INPS per determinare il diritto e la misura del trattamento minimo e della maggiorazione sociale, utilizza, nella conversione in euro dell'importo delle pensioni venezuelane e degli altri redditi dichiarati, il cambio ufficiale euro/bolivar pubblicato dalla Banca d'Italia. Tuttavia, tale cambio sovrastima la valuta locale e non tiene conto del suo costante deprezzamento. Pertanto, il valore della pensione venezuelana determinato in questo modo dall'INPS, è poco realistico tanto che la quota di pensione italiana spesso non viene più erogata. Di conseguenza molti dei pensionati italiani residenti in Venezuela, che vantano una quota di contributi versati in Italia, non ricevono più dall'Inps l'integrazione al minimo né la maggiorazione sociale, benefìci che consentirebbero loro di affrontare più dignitosamente la grave situazione economica locale.
  La situazione di difficoltà in cui versano i pensionati italiani residenti in Venezuela è già da alcuni mesi all'attenzione del Governo ed in particolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il Governo ha avvertito, infatti, la necessità di riconsiderare il tasso di cambio utilizzato per la individuazione del valore in euro delle pensioni e degli altri redditi dichiarati all'Inps.
  Tale problematica, oggetto da alcuni mesi di un'approfondita interlocuzione tra Ministero del lavoro, Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero degli affari esteri, INPS e Banca d'Italia, ha tuttavia subito di recente un brusco rallentamento a causa della riforma del sistema dei cambi in Venezuela, che, com’è noto, ha introdotto il nuovo tasso DICOM in sostituzione del precedente tasso SIMADI.
  Da ultimo, nel ribadire la vicinanza del Governo per la situazione di oggettiva difficoltà socio-economica che stanno vivendo i nostri concittadini residenti in Venezuela, posso assicurare l'impegno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Governo a pervenire in tempi rapidi ad una positiva soluzione della problematica rappresentata.

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ALLEGATO 3

5-09049 Fedriga: Previsione di esuberi di personale nel piano aziendale della società Ericsson.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare dell'onorevole Fedriga – inerente alla situazione produttiva e occupazionale del gruppo Ericsson in Italia – si rappresenta quanto segue.
  Lo scorso 13 giugno, Ericsson Telecomunicazioni spa ed Ericsson lt Solution & Service spa (società interamente partecipata da Ericsson Telecomunicazioni spa) hanno dato avvio – ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 – ad una procedura di licenziamento collettivo, dichiarando la prima, un esubero pari a 291 unità lavorative, e la seconda, un esubero di 31 unità lavorative.
  Al riguardo, Ericsson ha reso noto che i predetti esuberi sono da ricondurre alla delicata fase di trasformazione che il gruppo sta attraversando e al conseguente avvio di un programma finalizzato al contenimento dei costi e all'aumento dell'efficienza delle strutture aziendali, nonché a un riassetto occupazionale.
  La fase sindacale della procedura si è conclusa con la sottoscrizione di un verbale di mancato accordo tra le parti.
  Lo scorso 6 settembre – nell'ambito della successiva fase amministrativa – si è tenuto, presso il Ministero che rappresento, un incontro tra i vertici delle due società, le rappresentanze sindacali dei lavoratori e i rappresentanti delle regioni interessate, al fine di proseguire il confronto tra le parti.
  Nel corso degli incontri, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le regioni hanno invitato le società a valutare la possibilità dell'utilizzo di ammortizzatori sociali di tipo conservativo; per contro, le società hanno dichiarato la non percorribilità dell'utilizzo di tali strumenti non sussistendo le condizioni giuridiche per potervi accedere. Inoltre, al fine di favorire una positiva definizione della controversia collettiva tra le parti, le regioni hanno prospettato alle società l'utilizzo di una serie di strumenti e di azioni programmatiche di competenza regionale (il finanziamento della formazione continua, il finanziamento dei progetti di ricerca e sviluppo per l'innovazione tecnologica, ecc.). Al riguardo, le società hanno precisato che gli strumenti proposti presuppongono la continuità del rapporto di lavoro e che pertanto non risultano compatibili con l'attuale situazione aziendale in considerazione del carattere strutturale degli esuberi.
  Lo scorso 12 settembre – presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – si sono tenuti due nuovi incontri cui hanno preso parte i vertici delle società, le rappresentanze sindacali dei lavoratori, le regioni interessate e le Amministrazioni Comunali.
  Nel corso degli incontri, le società – dopo aver ribadito il carattere strutturale delle eccedenze e l'impossibilità di adottare misure alternative – hanno tuttavia reso noto che, per un congruo periodo di tempo, i licenziamenti potranno essere intimati solo nei confronti dei lavoratori che riterranno di aderire volontariamente al piano di riduzione del personale. A tali Pag. 132soggetti verrà riconosciuto un consistente incentivo economico e verrà offerta la possibilità di avvalersi di un percorso di outplacement.
  Tuttavia, nonostante gli sforzi profusi al fine di addivenire ad una intesa, il Ministero che rappresento – preso atto delle divergenti posizioni delle parti – ha dichiarato conclusa con mancato accordo la fase amministrativa della procedura di licenziamento collettivo avviata dalle società.
  In siffatto contesto, vorrei comunque rassicurare l'interrogante in merito all'attenzione rivolta dal Ministero che rappresento in ordine alla situazione occupazionale del gruppo Ericsson in Italia, tenuto anche conto degli istituti di tutela dei lavoratori finora attivati.
  A titolo esemplificativo, ricordo infatti che – con decreto direttoriale dell'11 marzo 2015 – a seguito della sottoscrizione di un contratto di solidarietà, i competenti uffici del Ministero che rappresento hanno autorizzato la concessione – per il periodo dall'8 luglio 2014 al 7 aprile 2015 – del trattamento di CIGS in favore di 1.456 dipendenti delle diverse unità produttive – ivi compresa quella di Genova cui fa riferimento l'interrogante – su un organico complessivo pari a 3.903 unità lavorative.

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ALLEGATO 4

5-09381 Cominardi: Situazione finanziaria dell'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI) e tutela dei giornalisti freelance.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare degli onorevoli Cominardi ed altri inerente alla situazione finanziaria dell'istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (Inpgi), nonché alla tutela dei giornalisti precari, faccio presente che il Ministero che rappresento ha avviato – ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 509 del 1994 – l'istruttoria sul bilancio consuntivo 2015 delle gestioni INPGI, le cui risultanze verranno formulate non appena il covigilante Ministero dell'economia e delle finanze avrà reso i propri rilievi.
  In relazione alla sostenibilità finanziaria dell'Inpgi (gestione sostitutiva dell'assicurazione generale obbligatoria), va detto che il Consiglio di amministrazione dell'istituto ha adottato, nella seduta del 27 luglio 2015, la delibera n. 24/2015 recante: modifiche al regolamento delle prestazioni previdenziali ed assistenziali e variazioni delle aliquote contributive, con il dichiarato intento di predisporre misure utili a riportare in equilibrio la gestione previdenziale. Tuttavia – nell'ambito dell'istruttoria effettuata dal Ministero che rappresento, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze – è emerso che le iniziative contenute nella delibera, sebbene non peggiorative, erano tuttavia inidonee a riequilibrare la gestione. Ciò nonostante, i Ministeri vigilanti hanno ritenuto che la delibera contenesse misure improcrastinabili che avrebbero dovuto trovare accoglimento al fine di consentire un miglioramento, seppur non definitivo, dei risultati della gestione.
  Pertanto – ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 509 del 1994 – il Ministero che rappresento, d'intesa con il covigilante Ministero dell'economia e delle finanze, ha provveduto ad approvare la delibera limitatamente alle seguenti misure:
   l'incremento, a decorrere dal 1o gennaio 2016, delle aliquote contributive per le prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti (IVS), sia a carico dei giornalisti dipendenti che a carico dei datori di lavoro;
   l'inserimento a regime, a decorrere dal 1o gennaio 2017, dell'aliquota dell'1 per cento a carico dei datori di lavoro, destinata a finanziamento del trattamento straordinario di integrazione salariale (Cigs);
   l'individuazione della retribuzione pensionabile, per le anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1o gennaio 2016, di cui all'articolo 6, comma 1, lettera e) del citato Regolamento;
   l'applicazione, a decorrere dal 1o gennaio 2016, delle percentuali per il computo della pensione, di cui all'articolo 7, comma 2, del Regolamento medesimo.
  Le Amministrazioni vigilanti hanno dunque ritenuto urgente rendere esecutivi alcuni aspetti della delibera n. 24 del 2015, ma, nel contempo, hanno espressamente sollecitato l'INPGI ad adottare misure più incisive ed efficaci utili a consentire il definitivo riallineamento delle risultanze gestionali e a garantire l'effettiva Pag. 134tutela previdenziale dei propri iscritti, in conformità a quanto stabilito dal decreto legislativo n. 509 del 1994.
  Inoltre – in considerazione della necessità di raggiungere in tempi brevi il riequilibrio ed il risanamento della gestione – il Ministero che rappresento, di intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, ha richiesto che le predette misure fossero adottate anche con il supporto di elaborazioni tecniche veritiere e conformi alle norme vigenti. Ciò, al fine di consentire alle amministrazioni vigilanti la valutazione, oltre che della sostenibilità complessiva della gestione, anche degli effetti di ciascuna delle misure che l'INPGI intenderà prevedere.
  Con riferimento a quanto richiesto dall'interrogante in ordine alle iniziative che i Ministeri vigilanti intendano intraprendere al fine di rimediare alle criticità denunciate nella relazione della Corte dei conti sulle risultanze del controllo eseguito sulla gestione finanziaria per l'esercizio 2015 va detto, preliminarmente, che tali criticità sono essenzialmente riconducibili alla profonda crisi strutturale che ha investito l'intero settore dell'editoria e che ha comportato, da un lato, il ricorso, da parte delle imprese in difficoltà, ai contratti di solidarietà, agli esodi incentivanti e ai prepensionamenti e, dall'altro, ad una sensibile riduzione del numero di contribuenti attivi. Contestualmente, si è assistito negli ultimi anni ad un maggiore impiego da parte delle imprese editrici di figure professionali quali collaboratori e cosiddetto freelance. Al riguardo, la competente direzione generale del Ministero che rappresento – con nota dello scorso 4 agosto – ha sollecitato l'INPGI a sottoporre con urgenza ai Ministeri vigilanti le determinazioni che l'istituto medesimo dovrà porre in essere al fine di assicurare la sostenibilità nel medio-lungo periodo della Gestione sostitutiva dell'Assicurazione generale obbligatoria. L'INPGI, lo scorso 9 settembre, ha comunicato che sta procedendo ad adottare nuovi interventi che consentano di far fronte alla necessità di riequilibrio della gestione previdenziale al fine di assicurare la sostenibilità della gestione stessa nel lungo periodo». Tali provvedimenti verranno sottoposti all'approvazione delle Amministrazioni vigilanti nell'ambito del processo di attuazione dell'iter previsto dal decreto legislativo n. 509 del 1994.
  Per quanto riguarda, invece, la sostenibilità della Gestione separata dell'INPGI (cosiddetta INPGI 2), faccio presente che il bilancio tecnico al 31 dicembre 2014, assunto dall'istituto con delibera del 14 ottobre 2015, risulta allo stato ancora in fase istruttoria presso i Ministeri vigilanti.
  Da ultimo, con riferimento a quanto evidenziato dall'interrogante in ordine alla disparità di trattamento retributivo e di tutele tra le varie categorie di giornalisti (giornalisti dipendenti, da un lato, e giornalisti precari-freelance, dall'altro) occorre evidenziare che, anche in questo specifico ambito lavorativo, è riconosciuta e confermata da costante giurisprudenza la possibilità di ricorrere a qualunque tipo di contratto di lavoro, sia di natura subordinata che autonoma, e che un miglioramento degli aspetti relativi alle condizioni di lavoro dei giornalisti passa anche attraverso un più efficace dialogo tra le parti sociali: in capo a queste ultime, infatti, sussiste la titolarità di adottare gli eventuali interventi correttivi ritenuti opportuni. Ricordo inoltre che il Governo – con la riforma del mercato del lavoro adottata, nel corso del 2015, con il cosiddetto Jobs Act – è intervenuto razionalizzando le diverse tipologie contrattuali al fine di favorire maggiore stabilità nei rapporti di lavoro.
  Colgo l'occasione per far presente che nel disegno di legge delega per la riforma del sostegno pubblico al settore editoriale (A.S. 2271) – attualmente in discussione al Senato della Repubblica – è espressamente previsto, tra i principi e criteri direttivi riferiti ai requisiti per l'ammissione alle provvidenze per l'editoria, «il regolare l'adempimento, da parte dell'impresa istante, degli obblighi derivanti dal rispetto e dall'applicazione del contratto collettivo di lavoro, nazionale o territoriale, stipulato tra le organizzazioni o le associazioni sindacali dei lavoratori dell'informazione Pag. 135e delle telecomunicazioni e le associazioni dei relativi datori di lavoro, comparativamente più rappresentative».
  Pertanto, dopo l'approvazione del predetto disegno di legge, il Governo sarà impegnato – attraverso l'emanazione dei decreti attuativi – a ridefinire la disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici anche con riguardo alla corretta applicazione contrattuale nei confronti delle diverse categorie operanti nel settore. Si tratta di un insieme di interventi che si rivolgono ad un mercato editoriale in evoluzione e che prevedono misure nuove (tra cui anche forme di contribuzione indiretta) volte, da un lato, a sostenere la piccola editoria espressione del pluralismo dell'informazione e dall'altro, a favorire l'ingresso dei cosiddetti outsiders attraverso la previsione di finanziamenti da assegnare mediante bandi a progetti innovativi presentati da imprese editoriali di nuova costituzione.
  L'insieme di queste misure sarà in grado di favorire una inversione dell'attuale tendenza negativa che caratterizza i principali indici industriali e finanziari del settore, contribuendo quindi anche ad un recupero dei livelli occupazionali e contributivi.
  Da ultimo, per quanto concerne invece la questione relativa all'equo compenso nel lavoro giornalistico occorre precisare che la Commissione per la valutazione dell'equo compenso nel lavoro giornalistico, istituita ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 233 del 2012, ha adottato la delibera del 19 giugno 2014 con la quale sono stati individuati, per la prima volta, i parametri minimi per il compenso dei giornalisti a collaborazione coordinata e continuativa. Tale delibera è stata tuttavia impugnata dal Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti ed annullata dal Tar Lazio con sentenza del 7 aprile 2015, poi sostanzialmente confermata in appello dal Consiglio di Stato con sentenza del 16 marzo 2016. Al riguardo, tengo a precisare che, con il citato disegno di legge delega (A.S. 2271), si provvede anche a prorogare la durata della Commissione sino all'approvazione della nuova delibera che definirà l'equo compenso e fino al completamento degli altri adempimenti previsti dalla legge medesima. Pertanto, non appena il disegno di legge sarà approvato da entrambi i rami del Parlamento, la Commissione sarà riconvocata al fine di riprendere i lavori alla luce delle recenti pronunce dei giudici amministrativi.