CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 19 novembre 2015
544.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto ministeriale concernente regolamento recante disciplina delle modalità e delle procedure per lo svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione forense e per la valutazione delle prove scritte e orali. Atto n. 205.

PROPOSTA DI PARERE

  La Commissione Giustizia,
   esaminato il provvedimento in oggetto;
   premesso che:
    il presente schema di regolamento, in attuazione dell'articolo 46, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n.  247, recante la «nuova disciplina della professione forense», persegue lo scopo di assicurare, al massimo grado, la regolarità dello svolgimento delle prove dell'esame di Stato per l'esercizio della professione forense e di garantire la serietà delle selezioni dei candidati;
    l'impostazione del predetto provvedimento è da ritenersi condivisibile, anche alla luce dei dati statistici riportati nella relazione illustrativa;
   rilevato che:
    l'articolo 2, al comma 1, prevede che, con decreto del Ministro della Giustizia, vengano indetti gli esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione forense e siano fissati il termine e le modalità di presentazione delle domande;
    il predetto decreto dovrebbe prevedere l'obbligo per gli ordini forensi territorialmente competenti di consentire la presentazione della domanda anche in via telematica, attraverso l'utilizzo della posta elettronica certificata;
   ritenuto che:
    l'articolo 3, al comma 1, dispone che i temi relativi alle prove di diritto civile e di diritto penale debbano essere formulati in modo da consentire al candidato di sviluppare un parere motivato in relazione ad un caso concreto, affrontando gli eventuali profili di interdisciplinarietà, approfondendo i fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati, e «analizzando» i principali orientamenti giurisprudenziali;
    piuttosto che l’ «analisi» ( termine troppo specifico), dovrebbe essere richiesta al candidato la capacità di argomentare, in via più generale, in ordine agli orientamenti giurisprudenziali prevalenti; ciò, anche in considerazione del fatto che l'articolo 46, comma 7, della legge n. 247 del 2012 prevede che le prove scritte si svolgono con il solo ausilio dei testi di legge, senza commenti o citazioni giurisprudenziali;
   osservato che:
    il medesimo articolo 3, al comma 2, dispone che la formulazione del tema relativo alla redazione dell'atto giudiziario debba consentire al candidato di dimostrare, oltre che la conoscenza del diritto processuale, la sua applicazione pratica e le tecniche di redazione dell'atto, anche «la padronanza delle tecniche di persuasione e argomentazione»;
    la norma, che appare formulata in termini quanto mai ambigui e generici, risulta di non agevole applicazione, specie con riferimento alla redazione dell'atto Pag. 33amministrativo, per il quale risulta difficile ipotizzare modalità di formulazione del tema idonee a consentire al candidato la dimostrazione del possesso di «tecniche di persuasione»;
    anche in relazione a tale ipotesi, analogamente a quanto già rilevato con riferimento alle disposizioni di cui al comma precedente, sarebbe necessario, pertanto, prevedere che il candidato possa dimostrare, in luogo della padronanza delle predette «tecniche di persuasione», il possesso di un'adeguata capacità argomentativa;
   considerato che:
    l'articolo 5, al comma 3, dispone che, in sede di correzione delle prove scritte, la commissione e le sottocommissioni distrettuali siano tenute a verificare, oltre che la coerenza dell'elaborato con il tema assegnato e la corretta applicazione delle regole processuali, anche la conoscenza da parte del candidato degli orientamenti giurisprudenziali;
    tale ultimo requisito non dovrebbe, tuttavia, essere considerato quale elemento essenziale della valutazione del candidato, al quale dovrebbe invece essere richiesta, principalmente, la cognizione degli istituti giuridici trattati e delle norme di diritto sostanziale;
   evidenziato che:
    l'articolo 5, al comma 7, e l'articolo 6, al comma 8, nel disciplinare, rispettivamente, le modalità di correzione degli elaborati scritti e di svolgimento delle prove orali, prevedono che, in caso di valutazione negativa del candidato, se ne debba riportare, nel processo verbale, «succinta» motivazione;
    in base ai principi generali dell'ordinamento, ogni provvedimento amministrativo deve essere adeguatamente motivato;
    andrebbe, quindi, espunto dalle disposizioni sopra richiamate il termine «succinta» e, in via di stretta correlazione, previsto espressamente che dalla motivazione debbano risultare gli elementi posti alla base della valutazione negativa;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) all'articolo 3, comma 1, sostituire le parole: «analizzando i» con le seguenti: «argomentando in ordine ai»;
   2) all'articolo 3, comma 2, sostituire le parole: «della padronanza delle tecniche di persuasione e argomentazione» con le seguenti: «di una adeguata capacità argomentativa»;
   3) all'articolo 5, comma 3, sostituire la parola: «degli» con le seguenti: «del diritto sostanziale anche con riferimento agli»;
   4) all'articolo 5, comma 7, ultimo periodo, sopprimere la parola: «succinta», e dopo la parola: «motivazione» aggiungere le seguenti: «dalla quale risultano gli elementi posti a base del giudizio»; conseguentemente, all'articolo 6, comma 8, ultimo periodo, sopprimere la parola: «succinta», e dopo la parola: «motivazione» aggiungere le seguenti: «dalla quale risultano gli elementi posti alla base del giudizio»;
  e con la seguente osservazione:
   all'articolo 2, comma 1, dopo il primo periodo, valuti il Governo l'opportunità aggiungere il seguente: «I consigli dell'ordine devono prevedere la possibilità di presentare la domanda anche attraverso l'utilizzo della posta elettronica certificata».

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ALLEGATO 2

5-06653 Camani: Sui ricorsi contro le decisioni di diniego alle domande di protezione internazionale.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'atto ispettivo in oggetto, l'onorevole Camani ripropone il delicato tema su cui questo Ministero è stato chiamato ad esprimersi in occasione delle mozioni presentate lo scorso 28 ottobre.
  Ci sia permesso ripercorrere, con alcuni dettagli più specifici, l'impianto argomentativo illustrato in quella sede.
  Il tema in esame rappresenta una delle questioni più complesse ed urgenti che il nostro Paese e la comunità internazionale sono chiamati ad affrontare ed è una priorità dell'azione di Governo, tanto sotto il profilo dell'adeguamento della normativa vigente che sotto quello delle misure organizzative necessarie a fronteggiare nella maniera più efficace le connesse esigenze.
  Il Ministro della Giustizia ha, peraltro, da tempo riservato al tema estrema attenzione.
  L'esame della materia in questione, di indubbia ed evidente delicatezza, impone in via preliminare la ricostruzione dell'attuale stato della normativa e delle competenze dei soggetti chiamati – a vario titolo e nelle diverse fasi del procedimento – alla verifica dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria.
  È opportuno preliminarmente ricordare che l'adozione del decreto legislativo n. 142 del 18 agosto 2015 – che novellando integralmente il decreto legislativo n. 25 del 28 gennaio 2008, ha dato attuazione alle direttive dell'Unione Europea n. 32 e n. 33 del 2013 – e l'emanazione del relativo regolamento di attuazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 21 del 12 gennaio 2015, entrambi in vigore dal 15 settembre 2015, hanno profondamente innovato il procedimento amministrativo, allo scopo di introdurre, all'interno degli Stati membri, procedure comuni con riguardo al riconoscimento e alla revoca dello status di protezione internazionale.
  Si è in tal modo previsto che lo straniero che intenda ottenere protezione debba presentare la domanda di asilo, all'ufficio di polizia di frontiera o alla Questura competente, i quali informano il richiedente della procedura da seguire, dei suoi diritti e dei suoi doveri. Ove la domanda sia presentata da un minore non accompagnato, l'autorità che la riceve sospende il procedimento e dà immediata comunicazione al Tribunale per i minorenni, nonché al giudice tutelare per la nomina del tutore.
  Come è noto, gli organi di prima istanza sono le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, la cui presenza sul territorio italiano è stata più che raddoppiata, portandoli dai 20 iniziali agli attuali 41, con provvedimenti emessi da questo Governo nel corso del 2014, proprio per rispondere al consistente aumento delle domande.
  Come riferito dal Ministero dell'Interno tali misure hanno già prodotto apprezzabili risultati: infatti, dall'inizio dell'anno alla data del 10 ottobre, le istanze definite dalle Commissioni territoriali sono state 46.490, con un aumento di circa il 70 per cento rispetto all'analogo periodo del 2014 e si attendono risultati ancora più significativi nel prosieguo, considerato che le Pag. 35neoistituite Commissioni e sezioni stanno operando solo ora a pieno ritmo e che ancora non è stato ancora raggiunto il tetto massimo di 50, essendo per ora operative – come detto – 41 Commissioni.
  La Commissione territoriale istruisce la pratica e provvede al colloquio personale con il richiedente entro trenta giorni dal ricevimento della domanda e decide entro i tre giorni feriali successivi, prorogabili solo in casi eccezionali.
  All'esito dell'istruttoria, la Commissione territoriale riconosce lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria, ovvero rigetta la domanda per manifesta infondatezza o per mancanza dei presupposti. Avverso la decisione della Commissione territoriale è ammesso ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria.
  Merita essere evidenziato, a tal riguardo, che sono stati oggetto di specifica considerazione i casi in cui il ricorrente sia stato raggiunto da un provvedimento di trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione, ed è stata in tal caso prevista una riduzione dei termini della metà, al fine di rendere ancora più tempestiva la procedura.
  Quanto al procedimento giurisdizionale, il giudice dell'opposizione decide con rito camerale e il suo sindacato, peraltro, investe il diritto assoluto dello straniero ad ottenere la forma di protezione che l'ordinamento gli riconosce in relazione alla sua condizione individuale e alla situazione del suo Paese di provenienza. Anche per questo è previsto che il cittadino straniero sia assistito da un avvocato, con possibilità di ammissione al gratuito patrocinio ove ricorrano le condizioni di legge.
  La competenza per queste controversie è attribuita al Tribunale in composizione monocratica del capoluogo del distretto di Corte di Appello in cui ha sede la Commissione territoriale che ha pronunciato il provvedimento impugnato e, nel caso in cui il ricorrente sia ospitato in una struttura del sistema di protezione o trattenuto in un centro di identificazione ed espulsione, al Tribunale del capoluogo di distretto di Corte di Appello in cui ha sede la struttura ovvero il centro.
  In tale quadro normativo, come anticipato, al fine precipuo di contenere la durata dei procedimenti giurisdizionali, questo Governo, con il decreto legislativo n. 142 del 18 agosto 2015, ha introdotto un termine di sei mesi, dalla presentazione del ricorso, per la decisione da parte del Tribunale, ed analogo termine per il giudizio di appello e per quello avanti la Suprema Corte.
  Ciò premesso, con riguardo al quadro normativo di riferimento, occorre sottolineare che l'emergenza rappresentata dal consistente incremento dei ricorsi presentati ai Tribunali avverso le decisioni di diniego alla domande di protezione internazionale assunte dalle Commissioni territoriali competenti ha indotto il Governo e il Ministero della Giustizia ad assumere una serie di misure volte a dotare gli uffici giudiziari maggiormente interessati di più adeguate risorse umane e strumentali.
  Com’è noto, in sede di conversione del decreto legge n. 83 del 2015, è stata introdotta una specifica disposizione – articolo 18-ter – con cui si prevede che il Consiglio superiore della magistratura predisponga «un piano straordinario di applicazioni extradistrettuali diretto a fronteggiare l'incremento del numero di procedimenti giurisdizionali connessi con le richieste di accesso al regime di protezione internazionale e umanitaria da parte dei migranti presenti sul territorio nazionale e di altri procedimenti giudiziari connessi ai fenomeni dell'immigrazione».
  Il Ministro della Giustizia ha, peraltro, offerto all'organo di autogoverno la più ampia collaborazione al fine dare completa e tempestiva attuazione alla nuova previsione normativa. Il Consiglio Superiore della Magistratura con delibera del 23 settembre scorso, ha già avviato il monitoraggio finalizzato alla pubblicazione degli interpelli rivolti ai magistrati da destinare agli uffici giudiziari che hanno registrato i maggiori incrementi del numero di procedimenti giurisdizionali.Pag. 36
  Il Ministero, per la parte di propria competenza, si è impegnato ad assicurare la spedita definizione delle procedure di applicazione extradistrettuale e, al contempo, sta elaborando nuove strategie per affrontare le criticità che i considerevoli flussi di migranti inevitabilmente comportano. E chiaro, infatti, che la portata epocale del fenomeno impone, in modo ineludibile, la necessità di esaminare strumenti nuovi ed ulteriori che consentano di fronteggiare l'emergenza mediante una gestione tempestiva ed efficace, che passi anche attraverso una sensibile riduzione dei tempi di esame delle domande di asilo.
  Sul punto, però, un dato deve essere adeguatamente evidenziato: le modifiche legislative più recenti sono già andate complessivamente nella direzione della riduzione dei tempi processuali.
  È proprio di questi giorni la notizia che nell'ultima edizione del rapporto «Doing Business» l'Italia ha registrato un miglioramento davvero notevole anche nel comparto giustizia, scalando così ben 37 posizioni, anche grazie alle riforme introdotte in materia di processo civile e di digitalizzazione dello stesso che stanno avendo effetti anche sui tempi di definizione dei processi.
  Ed è sempre nell'ambito delle scelte sinora compiute da questo Governo in materia di Giustizia – le quali, come appena rilevato, stanno già dimostrando la loro efficacia – che si è provveduto a stabilire, con l'articolo 19 del decreto legislativo n. 150 del 2011, così come modificato dall'articolo 27, comma 1, lettera a), nn. 1), 2) e 3), decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, che alle controversie giurisdizionali in materia di riconoscimento della protezione internazionale si applichi il rito sommario di cognizione, che è un rito deformalizzato, anche in fase istruttoria.
  La fase giurisdizionale prende, dunque, avvio con l'impugnazione avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale o della Commissione nazionale sulla revoca o sulla cessazione dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria.
  Al fine di apprestare la massima tutela all'interessato, la proposizione del ricorso giurisdizionale sospende, automaticamente ed ex lege, l'efficacia esecutiva del provvedimento della Commissione impugnato, salvo che in alcune ipotesi tipiche, nelle quali si ravvisi un fumus di manifesta infondatezza o della strumentalità del ricorso.
  È anche importante ricordare che il Disegno di legge delega sulla riforma del processo civile, attualmente all'esame della Camera, prevede l'attribuzione delle controversie relative al riconoscimento dello status di rifugiato e alla protezione internazionale disciplinate dal decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, nonché dal decreto legislativo 1o settembre 2011, n. 150 alle Sezioni della famiglia, istituite presso il Tribunale ordinario. Ciò consentirà una maggiore concentrazione della materia, rispetto all'attuale frammentazione, nonché, un complessivo accrescimento della specializzazione dei magistrati addetti a tale sezione.
  Sono, inoltre, allo studio ulteriori proposte normative di modifica dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 150 del 2011, sempre finalizzate ad accelerare i tempi di definizione e a semplificare i procedimenti giurisdizionali, anche attraverso l'istituzione di una sezione specializzata per la protezione internazionale, sul modello del Tribunale delle imprese.
  In attesa della evoluzione di tali iniziative sono già in atto diversi interventi, di natura organizzativa, non meno importanti dei primi, finalizzati ad assicurare sin dall'immediato una adeguata gestione dei flussi procedimentali in materia. È stata infatti già data indicazione alla competente Direzione Generale dei sistemi informativi di valutare le soluzioni di digitalizzazione dei flussi relativi a tale procedure, specie nella fase di trasmissione dalla sede amministrativa alla fase giurisdizionale.
  Come noto, la digitalizzazione comporta non solo una maggiore efficienza dei Pag. 37procedimenti, ma anche una progressiva contrazione dei tempi, specie perché elimina alcune fasi di lavorazione delle cancellerie.
  Tale processo di innovazione partirà necessariamente da alcune sperimentazioni.
  Presso il Tribunale di Catania – che, notoriamente, registra un imponente contenzioso in materia – è già stato avviato un progetto innovativo finalizzato alla digitalizzazione dei flussi di comunicazione e di accettazione con le Commissioni Territoriali, proprio allo scopo di risolvere le criticità finora rilevate, relative per lo più alla acquisizione in sede giurisdizionale delle informazioni e dei documenti già in possesso delle predette Commissioni nella fase amministrativa.
  È, inoltre, allo studio della competente articolazione del Ministero della Giustizia l'estensione di tale modello a tutti gli uffici giudiziari.
  Con riferimento alle misure organizzative, si fa presente come il programmato ingresso di nuove risorse di personale amministrativo destinati agli uffici giudiziari, possa costituire valido supporto alla più celere definizione anche di tipologie di procedimenti nella materia oggi in discussione. In questi giorni si stanno, infatti, completando le procedure relative al bando per mobilità di 1031 posti – pubblicato nel novembre 2014 ed integrato nel 2015 – e ulteriori previsioni di assunzione di personale in mobilità provinciale sono contenute nella legge di stabilità 2015 e nel disegno di legge di stabilità 2016.

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ALLEGATO 3

5-06648 Tripiedi: Sull'utilizzo dell'immobile ove aveva sede il tribunale di Desio.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Mediante l'atto ispettivo in oggetto, l'onorevole interrogante individua talune criticità strutturali della ASL di Desio con particolare riguardo agli accessi per persone con disabilità e, dopo aver segnalato una serie di attività poste in essere dalla stessa ASL per la riorganizzazione della rete territoriale delle proprie strutture, chiede di conoscere quali siano i motivi per i quali, nonostante le iniziative intraprese in tal senso, non sia ancora stata rilasciata l'autorizzazione da parte del Ministro della giustizia in merito all'utilizzazione dell'immobile dell'ex tribunale di Desio, attualmente dismesso.
  Premessa doverosa per una corretta definizione del tema proposto è quella che ricorda come l'opera di razionalizzazione territoriale intrapresa con il decreto legislativo n. 155 del 2012 abbia comportato, tra l'altro, l'estinzione delle articolazioni distaccate di Tribunale, con conseguente dismissione degli edifici in precedenza destinati a sede di uffici giudiziari.
  Tale situazione, che ha interessato l'intero territorio nazionale, ha infatti determinato, così come per l'ex tribunale di Desio, la temporanea dismissione di alcuni immobili, in attesa di una loro diversa utilizzazione.
  In tale contesto si è, quindi, esplicata ed attualmente prosegue l'attività di riordino e riorganizzazione della competente Direzione generale per le risorse materiali del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria di questo Dicastero la quale, non ha mancato di indagare le diverse realtà territoriali ed interloquire con le autorità locali al fine di puntualizzare gli aspetti di opportunità circa la valorizzazione dell'impiego degli immobili interessati dalla riforma della geografia giudiziaria.
  Anche nel caso che qui occupa tale complessa attività non è stata in alcun modo trascurata o rallentata, trattandosi di un immobile che è di proprietà comunale, ma che risulta attualmente gravato da vincolo di utilizzo per ragioni di giustizia.
  Ciò che piuttosto appare opportuno segnalare è come l'attualità dell'interesse alla destinazione del predetto edificio a sede dell'ASL di Monza e Brianza risulti temporalmente recente, collocandosi in epoca successiva non soltanto al menzionato protocollo di intesa tra ASL e Comune di Desio approvato in data 26 novembre 2013, ma anche alla richiesta di finanziamento, che è stata presentata in data 4 aprile 2014 dalla Direzione dell'ASL alla Regione Lombardia per ottenere i fondi necessari alla riqualificazione ed adeguamento della sede dell'ex Tribunale di Desio, ma che è stata respinta in data 8 maggio 2014 per mancato rispetto del termine perentorio di presentazione fissato alla data dell'8 novembre 2013.
  Dalla istruttoria compiuta e dalle informazioni acquisite dalla Regione Lombardia risulta, infatti, che in merito alla istanza di accesso all'utilizzo dei fondi per la riqualificazione dell'edificio ex sede del Tribunale di Desio, di proprietà del Comune di Desio e da destinare alla sede dell'ASL Monza e Brianza, la Regione Lombardia ha espresso parere negativo, argomentando il diniego in quanto «istanza di finanziamento estemporanea Pag. 39non rientrante nell'ambito di una cornice programmatoria», segnalando, altresì, la possibilità di riproporre il progetto in coerenza con le regole e i criteri stabiliti dalla Giunta regionale, nell'ambito della programmazione 2014, oggetto di specifico provvedimento regionale.
  Si precisa, tuttavia, che l'ASL Monza e Brianza non ha dato seguito ad ulteriori richieste di finanziamento.
  Come riferito dalla competente Direzione generale, allo stato l'immobile in precedenza destinato alla soppressa sezione distaccata di Desio, risulta essere di proprietà comunale ma, in quanto interessato da interventi edilizi finanziati con fondi statali, è ancora gravato da vincolo di utilizzo per ragioni di giustizia.
  È in tale vincolo e nelle ragioni sottese alla sua permanenza e, non certo in una ipotizzata inerzia di questa Amministrazione, che va rinvenuta la ratio della necessaria autorizzazione da parte della competente Direzione Generale ad una diversa destinazione dell'immobile. Vale al riguardo segnalare che il vincolo suddetto persiste su tale immobile indipendentemente dall'attualità o meno del mutuo ottenuto dal Comune di Desio ai sensi dell'articolo 19 legge n. 119 del 1981 da parte della Cassa Depositi e Prestiti ed oggi integralmente estinto da parte del Comune stesso.
  L'esame della questione dovrà peraltro tenere conto degli esiti dell'iter del DDL stabilità 2016, dal momento che alcuni emendamenti presentati proprio in questi giorni possono avere alcune ricadute sulla tematica generale degli immobili con vincolo di utilizzo per ragioni di giustizia che il sindacato ispettivo proposto dall'onorevole Tripiedi ha posto oggi in rilievo.
  Fatte, quindi, le doverose precisazioni del caso, si assicura che sarà prestata la massima attenzione alle valorizzate esigenze del Comune e dell'ASL di Desio, fermo restando che il rilascio dell'autorizzazione dell'immobile per finalità estranee a quelle normativamente previste, dovrà essere necessariamente oggetto di un accurato accertamento – attualmente in corso – quanto alla assoluta non utilità della sede ai fini dei servizi di competenza del Ministero della giustizia.