CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 17 settembre 2015
506.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario.
Atto n. 184-bis.

PARERE APPROVATO

  Le Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze) della Camera dei deputati,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario (Atto n. 184-bis), ulteriormente trasmesso dal Governo dopo la seconda deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri;
   rilevato positivamente come il Governo abbia accolto buona parte dei rilievi contenuti nel parere espresso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze sullo schema di decreto il 5 agosto 2015,
   esprimono

PARERE FAVOREVOLE.

Pag. 10

ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario.
Atto n. 184-bis.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE

  Le Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze) della Camera dei deputati,
   esaminato il provvedimento in oggetto,
   rilevato che:
    alcun provvedimento è stato adottato in merito alla questione della applicazione del termine di sospensione feriale delle attività processuali alla procedura di accertamento con adesione, già affrontata con l'interrogazione n. 5-06008 del 9 luglio 2015. Al riguardo sarebbe auspicabile l'introduzione di una norma di interpretazione autentica che preveda la cumulabilità del periodo di sospensione di cui all'articolo 6, comma 3, del D.Lgs 218/1997 con il periodo di sospensione feriale dei termini processuali di cui all'articolo 1 della legge 742/1969, confermando la prassi interpretativa consolidata, espressa dallo stesso MEF con la risoluzione 159/E/1999. La decisione espressa con l'ordinanza 11632/2015 dalla Suprema Corte di cassazione (e che ha negato la cumulabilità dei due termini di sospensione) non può trovare condivisione alcuna, soprattutto sotto il profilo giuridico. Contrariamente a quanto si sostiene, infatti, le previsioni normative di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 6 del D.Lgs 218/1997 vanno necessariamente interpretate in combinato disposto con l'articolo 1 della legge 74271969: infatti, i commi 2 e 3 richiamano espressamente «i termini per l'impugnazione» (ossia i termini processuali) che sono sospesi per novanta giorni se il contribuente, prima del decorso di essi, formula istanza di accertamento con adesione. È evidente allora che i termini processuali richiamati dalla disposizione siano da considerarsi comprensivi anche della sospensione feriale ove applicabile, giusta il disposto dell'articolo 1 della Legge 742/69. In altre parole, la locuzione del comma 3 dell'articolo 6 in commento contiene un rinvio implicito alla sospensione feriale e ciò non può che significare che i termini processuali, cioè quelli il cui decorso è sospeso nel periodo dal primo al trentuno di Agosto, sono sospesi per novanta giorni in caso di presentazione di istanza di accertamento con adesione. Come rilevato dalla più attenta dottrina (v. «Ancora equivoci su istanza di adesione e sospensione del termine per ricorrere» di Dario Stevanato, prof. Ordinario di diritto tributario presso l'Università di Trieste, su Corriere Tributario, ed. 34/2015 del 14 settembre 2015), la sospensione feriale dei termini processuali provocherebbe in sostanza un «sospensione della sospensione», senza che ciò significhi – come sostenuto dalla Corte – applicare la sospensione feriale ad un procedimento amministrativo (incentivando in tal modo il buon esito delle soluzioni extragiudiziali delle controversie tributarie). Alla luce di queste considerazioni, la cumulabilità delle due sospensioni dei termini appare conclusione inevitabile oltre che l'unica giuridicamente sostenibile;
    in disparte le considerazioni sul piano giuridico, anche dal punto di vista pratico la decisione meriterebbe di essere censurata. Essa getta sgomento tra gli Pag. 11addetti ai lavori andando a modificare un orientamento consolidatosi nel corso degli anni e mai contraddetto sin dalla sua introduzione risalente all'anno 1997, con le evidenti ricadute pratiche che ne derivano per il diritto alla difesa dei contribuenti. L'innovativa pronuncia, infatti, rischia di compromettere l'ammissibilità di migliaia di ricorsi pendenti, il cui termine per impugnare è stato calcolato attraverso il cumulo dei due diversi termini di sospensione, con ciò ledendo gravemente il diritto di difesa e del legittimo affidamento riservato nell'orientamento espresso dalla prassi amministrativa;
    il criterio applicativo enunciato nell'ordinanza in commento crea ingiustificate disparità di trattamento ed uno stato di incertezza del diritto. A parità di condizioni, infatti, la non cumulabilità dei detti termini potrebbe anche non operare. Ad esempio, in presenza di avvisi di accertamento notificati in pari data (es., il primo luglio 2015), i termini della sospensione feriale e quello dell'accertamento con adesione sono cumulabili nel caso in cui l'istanza di adesione venga presentata l'ultimo giorno utile per il ricorso (30 settembre 2015 che diventerebbe 29 dicembre 2015); viceversa, la presentazione dell'istanza di adesione prima o durante la vigenza del periodo di sospensione feriale (es. 30 luglio 2015) non consente il cumulo dei due termini (in questo caso il termine per impugnare scadrebbe il 30 novembre 2015). Si verificherebbero dunque delle distorsioni e disparità di trattamento in relazione ad una circostanza del tutto casuale, ovvero al momento di presentazione dell'istanza. È evidente dunque il «caos» applicativo che deriverebbe dall'attuazione del principio ermeneutico sancito dalla SC;
    nel rispondere all'interrogazione parlamentare (n. 5-06008 del 9.7.2015), il Ministero dell'economia e delle finanze ha ribadito l'orientamento espresso con la risoluzione dell'11.11.1999 n. 159/E, ipotizzando un intervento normativo chiarificatore già con lo schema di decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario (atto Camera n. 184), in linea peraltro con quanto già previsto dall'articolo 9 del citato provvedimento (che prevede la riformulazione dell'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992, disponendo che «Il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di modifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura di cui al presente articolo. Si applica la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale»). Come chiarito dallo stesso MEF, «appare evidente dunque la volontà del legislatore di riconoscere l'applicazione della sospensione dei termini feriali anche quando si attivino procedimenti che – seppur di natura amministrativa – risultino collocarsi in una fase prodromica a quella squisitamente processuale. Ciò al fine di deflazionare il contenzioso e di garantire al contribuente il pieno esercizio al diritto alla difesa riconoscendogli un tempo congruo per valutare la convenienza in ordine all'opportunità di definire la pretesa impositiva in sede amministrativa ovvero intraprendere la via giurisdizionale».

  All'articolo 9 le soluzioni individuate dal Governo, seppure per certi versi migliorative della disciplina prevista nel testo originario, non risolvono le criticità segnalate nel parere alternativo che qui si ribadiscono quanto alle spese di lite della fase cautelare, andrebbe chiarito espressamente se l'ordinanza cautelare costituisce immediatamente titolo esecutivo per il recupero delle somme liquidate. Al riguardo, la norma prevede che «la pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza di merito», lasciando intendere una immediata efficacia esecutiva, che però viene negata dal Governo nella relazione illustrativa; sempre in materia di spese di lite, andrebbe poi previsto che in caso di cessata materia del contendere il giudice debba in ogni caso valutare la soccombenza virtuale al fine di liquidare le spese sopportate dal contribuente per Pag. 12l'inizio della sua difesa. Ciò soprattutto nei casi di annullamento dell'atto in autotutela che di per sé giustifica il ristoro delle spese processuali affrontate dal contribuente; quanto alle comunicazioni e notificazioni, si insiste nel rilevare l'irragionevolezza della «sanzione impropria» prevista dalla disposizione nei casi di impossibilità di recapito della pec al difensore (notifica mediante deposito in segreteria), che sembra non tener conto adeguatamente dell'esigenze di tutela del contribuente e della rilevanza delle comunicazioni in relazione al decorso di termini essenziali per il compimento di attività processuali. Per di più, in relazione a fattispecie tecniche di non certa definizione (si pensi alla mancata consegna per causa imputabile al destinatario) ed in assenza di un obbligo di notificazione a mezzo pec (che rappresenta invece solo una delle diverse modalità di esecuzione delle notifiche). Sotto tale profilo, la previsione viola certamente il principio di collaborazione e buona fede tra cittadini (nella specie, contribuenti e professionisti abilitati alla difesa) e amministrazione pubblica; altrettanti dubbi applicativi genera la previsione secondo la quale nella fase cautelare in primo grado il dispositivo dell'ordinanza deve essere «immediatamente comunicato alle parti in udienza». Previsione che peraltro non si rinviene nella disciplina della fase cautelare prevista per i successivi gradi di giudizio. In assenza di chiarimenti nella relazione tecnica di accompagnamento, deve intendersi quindi che l'esito della sospensiva vada comunicato «immediatamente» in udienza ovvero direttamente alle parti presenti all'esito della discussione. Se così è, l'accelerazione imposta dal legislatore rischia di compromettere il regolare svolgimento della fase cautelare imponendo sbrigative decisioni «a braccio», senza alcuna concreta utilità per le parti in causa (considerato che attualmente l'ordinanza cautelare va comunque deliberata all'esito della camera di consiglio ed è per prassi comunicata il giorno successivo alle parti in causa). Anche tale previsione, quindi, andrebbe soppressa lasciando l'attuale formulazione normativa; in merito alla fase cautelare, andrebbe espressamente prevista la possibilità di attivare la fase cautelare anche a seguito del rinvio operato dalla Suprema Corte di Cassazione, anche in conseguenza dell'introduzione della lett. c-bis) all'articolo 68 (che legittimerà la riscossione delle somme dovute nella pendenza del giudizio di primo grado); in relazione al ricorso per saltum in Cassazione, invece, andrebbe fatta chiarezza su cosa si intende per «accordo delle parti», sui tempi e sulle modalità di formazione dell'accordo e, soprattutto, sulla decorrenza del termine per impugnare in via ordinaria in attesa della definizione dell'accordo per il ricorso diretto in Cassazione; in relazione all'articolo 9 lettera f) nella parte in cui si prevede che «le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla commissione tributaria soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate» andrebbe rivalutata la scelta operata poiché una così stringente previsione non si ritiene opportuna e condivisibile;
   andrebbe poi ripristinata l'alternatività tra giudizio di ottemperanza ed esecuzione in via ordinaria nei casi di mancata esecuzione della sentenza, al fine di non limitare inutilmente il diritto di difesa del contribuente costituzionalmente garantito;
   vi sarebbero le seguenti ulteriori aree di intervento normativo: 1.- introduzione nel processo tributario di una specifica disciplina della traslatio iudicii, semmai adottando la stessa formulazione e procedura prevista dall'articolo 59 legge 69/2009 (già applicabile al processo tributario); 2.- introduzione del principio che i poteri istruttori delle commissioni tributarie non possono in ogni caso superare decadenze e preclusioni maturate a carico delle parti; 3.- revisione del sistema delle prove utilizzabili dal contribuente nel processo tributario con l'introduzione espressa della «prova testimoniale scritta», analogamente a quanto previsto in altre giurisdizioni e del principio di pari dignità delle parti in Pag. 13causa; 4.- introduzione del principio che l'estratto del ruolo è impugnabile direttamente dal contribuente, quantomeno nei casi di maturata decadenza o prescrizione del credito tributario; 5- prevedere la vigilanza del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria e dei presidenti delle Commissioni sul rispetto del termine di 30 giorni previsto per il deposito delle sentenze emesse; 6.- introduzione del principio che la mancata costituzione della parte resistente nel termine di 60 giorni dalla notifica del ricorso preclude la possibilità di produrre documenti nuovi o ulteriori rispetto a quelli posti a fondamento della motivazione dell'atto impugnato; 7.- attribuzione alla Commissione tributaria provinciale del potere di autorizzare la riscossione provvisoria a seguito della notifica dell'accertamento, così come previsto per l'adozione di misure cautelari a seguito del p.v. di constatazione,
   esprimono

PARERE CONTRARIO.

Pesco, Ferraresi, Alberti, Pisano, Ruocco, Villarosa, Fico, Colletti, Businarolo, Sarti, Agostinelli, Bonafede.

Pag. 14

ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante revisione del sistema sanzionatorio. Atto n. 183-bis.

PARERE APPROVATO

  Le Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze) della Camera dei deputati,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante revisione del sistema sanzionatorio (Atto n. 183-bis), ulteriormente trasmesso dal Governo dopo la seconda deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri;
   rilevato positivamente come il Governo abbia accolto buona parte delle condizioni e delle osservazioni contenute nel parere espresso dalle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze) sullo schema decreto il 5 agosto 2015;
   rilevato come all'articolo 1, comma 1, lettera b), la modifica alla lettera c), del comma 1, dell'articolo 1, del decreto legislativo n. 74 del 2000, appaia di dubbia interpretazione ed applicazione, laddove viene fatto riferimento ai «casi previsti dalla legge»; in particolare vi potrebbe essere il rischio di rendere penalmente rilevante solo l'omessa dichiarazione del sostituto d'imposta, senza tenere conto che la legge delega richiede che si attui la revisione del vigente sistema sanzionatorio «dando rilievo, tenuto conto di adeguate soglie di punibilità, alla configurazione del reato per i comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e all'utilizzo di documentazione falsa»: ne consegue che un sistema penale che si occupi della dichiarazione del sostituto d'imposta solo nel caso in cui questi non la presenti non risponde né al precetto della legge delega, né alla condizione della lettera a) del parere espresso il 5 agosto 2015 dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze della Camera, la cui ratio era l'inserimento della rilevanza della dichiarazione del sostituto in tutti i reati dichiarativi e non solo nel caso di omessa dichiarazione; pertanto, qualora si intenda fare una selezione tra i casi di delitti dichiarativi previsti dalla legge, si deve in primo luogo prevedere la rilevanza della dichiarazione del sostituto d'imposta per il caso di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo 3) essendo questa una condicio sine qua non per il rispetto della legge delega; per le ragioni sopra esposte appare pertanto opportuno aggiungere all'articolo 3 del decreto legislativo n. 74 del 2000 un comma nel quale si preveda che le disposizioni del predetto articolo si applichino anche per la dichiarazione del sostituto d'imposta;
   osservato che non è stata accolta la condizione di cui alla lettera f) del parere espresso il 5 agosto 2015 dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze della Camera, che richiedeva, in relazione ai reati di omessa dichiarazione, omesso versamento di ritenute certificate e di omesso versamento di IVA, l'individuazione di una più idonea qualificazione delle condotte omissive di versamenti o di ritenute e delle pene, laddove qualificate da strategie fraudolente non riconducibili a reali condizioni di crisi aziendale;
   rilevato che dalla formulazione della fattispecie penale di cui all'articolo del testo, relativa al delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo Pag. 153 del decreto legislativo n. 74 del 2000) sembrerebbe essere esclusa la condotta del sostituto d'imposta, per cui sarebbe opportuno modificarla facendo riferimento alle ritenute ed alla dichiarazione del sostituto d'imposta;
   osservato, in relazione al predetto mancato recepimento della condizione di cui alla lettera f), che la circostanza aggravante per l'articolo 5 del decreto legislativo n. 74 del 2000 sarebbe finalizzata a punire adeguatamente le condotte di chi crea stabili organizzazioni occulte o fa apparire la residenza della società all'estero (esterovestizione); in questi casi, infatti, il contribuente non presenta alcuna dichiarazione fiscale, poiché attraverso i mezzi fraudolenti fa apparire in modo falso di non averne l'obbligo: non essendovi alcuna dichiarazione fiscale presentata è impossibile contestare le condotte che il Governo ritiene coprano il fenomeno fraudolento; allo stesso modo le condotte di cui agli articoli 10-bis e 10-ter sono escluse dagli articoli 2 e 3, poiché si realizzano in relazione a contribuenti (società) che dichiarano fedelmente il dovuto (quindi la dichiarazione fiscale è inattaccabile) ma poi utilizzano vari modi per sfuggire alla riscossione ed alla contestazione del reato (tipico è il caso di affidare apparentemente la società ad un amministratore solo sulla carta e spesso emigrato all'estero ed irrintracciabile, occultando in tal modo le responsabilità dei veri artefici dell'evasione): si ritiene auspicabile la previsione di una circostanza aggravante secondo cui le pene stabilite per i delitti di cui agli articoli 5, 10-bis e 10-ter siano aumentate di un terzo qualora le condotte siano state realizzate avvalendosi di mezzi fraudolenti o di documentazione falsa;
   ritenuto che all'articolo 12, comma 1, capoverso Art. 13-bis, comma 3, il riferimento alla «elaborazione di modelli fiscali», rimanendo esclusi dalla previsione normativa i casi in cui il professionista fornisca al cliente un modello di evasione redatto da altri e i casi in cui lo stesso professionista si limiti ad aiutare il cliente a porre in essere un modello di evasione già detenuto da quest'ultimo;
   rilevato che l'articolo 32 dello schema (corrispondente all'articolo 31 nell'atto del Governo n. 183) prevede una decorrenza posticipata al 2017 per il titolo II del provvedimento, recante la revisione del sistema sanzionatorio amministrativo, mentre la riforma dei reati tributari produrrà effetti dall'entrata in vigore del decreto legislativo, ovverosia decorsi quindici giorni dalla pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale; le sanzioni amministrative, secondo i principi fondanti del provvedimento in esame, sono volte a punire quelle condotte illecite che hanno una corrispondenza in fattispecie penali, dalle quali si differenziano sotto l'aspetto quantitativo (soglie di punibilità); la previsione, per le sanzioni amministrative, di una decorrenza diversa dell'efficacia rispetto all'entrata in vigore del provvedimento sarebbe, quindi, incongrua e incoerente con la ratio dei provvedimento medesimo, proprio in considerazione della circostanza che la sfera dell'illiceità delle condotte punite è data dalla complementarietà della sanzione penale con la sanzione amministrativa; occorre pertanto assicurare che, con l'entrata in vigore del decreto legislativo, producano effetti tanto il titolo I sulle sanzioni penali quanto il titolo II sulle sanzioni amministrative;
   rilevato altresì che sono state accolte le analoghe osservazioni delle Commissioni riunite del Senato e della Camera, volte a sopprimere la norma proposta nell'articolo 15 dell'Atto n. 183 (nella parte in cui inserisce un comma 7-bis all'articolo 11 del decreto legislativo n. 471 del 1997) che prevedeva una sanzione per la mancata o inesatta indicazione da parte dell'imprenditore del soggetto beneficiario delle somme prelevate dal proprio conto corrente bancario; tuttavia, non è stata accolta la parte delle predette osservazioni che suggeriva l'abrogazione definitiva della disposizione di cui alla lettera e) del comma 1-bis dell'originario articolo 31 (ora articolo 32), volta ad abolire la presunzione Pag. 16legale di cui all'articolo 32, primo comma, numero 2), del d.P.R. n. 600 del 1973, secondo la quale il prelevamento non giustificato dal conto bancario corrisponde automaticamente a un costo a sua volta produttivo di un ricavo,
   esprimono

PARERE FAVOREVOLE

   con le seguenti osservazioni:
    a) valuti il Governo l'opportunità di aggiungere all'articolo 3, comma 1, capoverso Art. 3, il seguente comma: «Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche per la dichiarazione del sostituto d'imposta.» ovvero di apportare all'articolo 3, comma 1, capoverso Art. 3, le seguenti modifiche: a) al comma 1, dopo le parole «valore aggiunto» inserire le seguenti: «o le ritenute»; b) al comma 1, dopo le parole «relative a dette imposte» inserire le seguenti «o nella dichiarazione del sostituto d'imposta»; c) al comma 1, lettera a) dopo le parole «a taluna delle singole imposte, a euro trentamila» inserire le parole «o le ritenute evase sono superiori a euro trentamila».
    b) valuti il Governo l'opportunità di aggiungere all'articolo 12, comma 1, capoverso Art. 13-bis, il seguente comma: «Le pene stabilite per i delitti di cui agli articoli 5, 10-bis e 10-ter sono aumentate di un terzo se le condotte vengono realizzate avvalendosi di mezzi fraudolenti o di documentazione falsa.»;
    c) valuti il Governo l'opportunità all'articolo 12, comma 1, capoverso Art. 13-bis, comma 3, di sostituire le parole «attraverso l'elaborazione di modelli di evasione fiscale» con le seguenti: «attraverso l'elaborazione, la commercializzazione o l'utilizzo di modelli di evasione fiscale»;
    d) valuti il Governo l'opportunità di modificare l'articolo 32 dello schema di decreto, in modo da anticipare la decorrenza delle disposizioni ivi contenute alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame;
    e) valuti il Governo l'opportunità di inserire, all'articolo 32, dopo il comma 2, un nuovo comma 2-bis, volto a sopprimere, all'articolo 32, comma 1, n. 2), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, le parole «o compensi» e le parole «i prelevamenti e».

Pag. 17

ALLEGATO 4

Schema di decreto legislativo recante revisione del sistema sanzionatorio. Atto n. 183-bis.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE

  Le Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze) della Camera dei deputati,
  esaminato il provvedimento in oggetto,
   rilevato che:
    all'articolo 1 è condivisibile la modifica alla lettera b) che, nel definire il concetto di «dichiarazione», include anche quelle presentate dal sostituto d'imposta nonché tutti gli altri casi previsti dalla legge; Altrettanto non può dirsi invece per le modifiche apportate alla lettera c), ove si definisce il concetto di operazione simulata. La sostituzione della parola «non integranti» con «diverse» non risolve infatti i dubbi applicativi e interpretativi della disposizione, stante peraltro l'equivalenza dei diversi termini utilizzati. Sarebbe stata più opportuna l'individuazione di una definizione di simulazione dai contorni più precisi: contrariamente alla definizione recata dalla disposizione in esame, la carenza di volontà non riguarda l'operazione posta in essere ma i relativi effetti (si vuole realizzare ciò che appare ma non si vogliono i relativi effetti);
    all'articolo 3 non si condivide l'osservazione del Governo in merito al requisito dell’«idoneità della condotta ad indurre in errore», che sarebbe coerente con la natura fraudolenta del mezzo adoperato. Come rilevato dagli addetti al settore nel corso del seminario istituzionale, tale requisito rischia di compromette la corretta applicazione della disposizione: se il reato è stato accertato, infatti, non sussiste l'idoneità della condotta ad indurre in errore l'amministrazione finanziaria; inoltre la definizione di cui all'articolo 3 non si coordina con la definizione di mezzi fraudolenti di cui all'articolo 1, lettera c). Dubbi interpretativi genera anche il comma 3, considerato che la maggior parte dei casi di dichiarazione fraudolenta si fonda su omesse annotazioni contabili;
    all'articolo 4, mentre si condivide l'inserimento della lett. d), che sostituisce la parola «fittizi» con «inesistenti» garantendo una maggiore coerenza terminologica del testo normativo, non si conferma invece la modifica al capoverso 1-ter di cui alla lettera c). Sebbene la locuzione «Fuori dai casi di cui al comma 1-bis» attenui in parte il conflitto interno tra i due commi, si invita nuovamente il Governo a valutare che la maggior parte delle condotte che integrano il reato di dichiarazione infedele si sostanziano in errate valutazioni delle componenti di reddito e che pertanto, sotto tale profilo, la norma ne comporta inevitabilmente la depenalizzazione, andando ad incidere sui processi pendenti. Si insiste pertanto per la soppressione dei commi 1-bis e 1-ter;
    all'articolo 5 si condividono le modifiche apportate al testo, in accoglimento delle condizioni di cui al parere del relatore approvato dalle Commissioni riunite II – VI Camera dei Deputati. Si ribadisce in ogni caso l'opportunità di introdurre la previsione di una specifica condotta di omessa dichiarazione fraudolenta, che invece continua ad essere equiparata alle ipotesi ordinarie di omessa dichiarazione.

Pag. 18

  All'articolo 7 si condivide l'ampliamento della fattispecie di reato di cui all'articolo 10-bis del D.Lgs n. 74 del 2000 (omesso versamento ritenute) con il riferimento alle ritenute «dovute» oltre che alle ritenute certificate;
   all'articolo 8 si insiste nel rilevare che l'aumento della soglia a 250.000 euro appare estremamente eccessivo considerato che così come formulata la disposizione andrà ad incidere, positivamente per l'imputato contribuente, sulla maggioranza dei procedimenti penali pendenti;
   all'articolo 10 non si ritiene sufficiente la modifica apportata, con la quale si è posto un limite alla confisca per la «per la parte che il contribuente si impegna a restituire» (in sostituzione di «la parte che può essere restituita»). Al di là della difficoltà di configurare ipotesi d'impegno alla restituzione (in considerazione di somme già dovute dal contribuente), la disponibilità del contribuente sarà rapportata alla sua possibilità di adempiere sicché, così come formulato, non vi è alcuna differenza tra impegno/possibilità di restituzione. Si insiste pertanto per la soppressione del comma 2;
   all'articolo 11 si ritiene necessaria la revisione dell'articolo 11 (immutato), definito «criminogeno» nel corso delle audizioni, in quanto tendente a favorire l'evasione ed il ritardato pagamento. Non si condivide la previsione in relazione ai reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater per i quali si prevede che l'estinzione del debito possa avvenire prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. Tale momento, infatti, andrebbe anticipato sia perché spesso esso viene fissato a distanza di anni dal rinvio a giudizio sia per non vanificare del tutto il lavoro svolto dall'autorità giudiziaria inquirente;
   articolo 12 si condivide la soppressione del riferimento all’«elaborazione di modelli seriali di evasione fiscale», considerato che il disvalore della condotta è già insito nell'esercizio dell'attività professionale;
   quanto alle sanzioni amministrative, va anzitutto rivista la scelta di posticipare al 2017 l'entrata in vigore delle nuove disposizioni. Si tratta di una scelta irragionevole sul piano sistematico, peraltro non giustificata dallo stesso Governo. Il disvalore di una condotta sanzionabile non ammette attese: se l'ordinamento considera antigiuridico un determinato comportamento entro certi limiti non può allo stesso tempo considerarlo sanzionabile «per il futuro». Sembra chiaro invece che la scelta sia stata dettata da ragioni di gettito. Il che rende di fatto ancora più irragionevole la posticipazione non potendo subordinare scelte di politica sanzionatoria alle esigenze della finanza pubblica. Sotto tale profilo, incomprensibile appare anche la previsione di attribuire al MEF la possibilità di variare la misura delle sanzioni al fine di salvaguardare i saldi di finanza pubblica. Si condivide invece la soppressione del comma 7-bis dell'articolo 11 in materia di omessa indicazione del beneficiario di prelevamenti bancari. Allo stesso modo si condivide la revisione del sistema sanzionatorio in materia di reverse charge, in linea con i recenti orientamenti della Corte di Giustizia UE e della Corte di cassazione.
   quanto alla previsione di una sanzione ridotta nei casi di presentazione «tardiva» della dichiarazione dei redditi, ovvero i casi di presentazione della dichiarazione omessa entro l'anno successivo o prima dell'inizio di attività amministrativa di accertamento, la condizione per l'applicazione della detta sanzione ridotta andrebbe individuata nella presentazione della dichiarazione prima dell'inizio di attività ispettive (il testo fa invece riferimento ad attività amministrativa di accertamento),
  esprimono

PARERE CONTRARIO

  Pesco, Alberti, Pisano, Ruocco, Villarosa, Fico.