CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 12 novembre 2014
333.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione 5-02395 Massimiliano Bernini: In materia di certificazioni biologiche.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione cui mi accingo a rispondere riguarda il Sistema informativo biologico (SIB) il cui riferimento normativo è rappresentato dai decreti ministeriali 1o febbraio 2012, n. 2049 e 9 agosto 2012, n. 18321.
  Detto Sistema nasce per fornire un utile strumento agli operatori, agli organismi di certificazione e alla pubblica amministrazione, per tutto quanto concerne l'attività di certificazione e vigilanza a garanzia del mercato e per la concessione e la verifica dei pagamenti dei contributi di settore.
  Le procedure del Sistema informativo biologico, integrate nel Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), raggruppando le informazioni specifiche del settore biologico con quelle già presenti nei Fascicoli aziendali di ciascuna ditta (dati anagrafici, superfici, animali, strutture, ecc.) consentono, non solo, il riconoscimento dello status di operatore biologico sulla base di informazioni certificate e condivise con altri procedimenti, ma anche un potenziamento del sistema di controllo.
  Il SIB è un sistema cooperativo cui partecipano anche le regioni dotate di un proprio sistema informativo per il settore biologico (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Puglia) e gli organismi di controllo.
  Come previsto dalle norme di riferimento, e in linea con quanto disposto dall'articolo 92-ter del Regolamento (CE) n. 889/2008 del 5 settembre 2008 della Commissione (che obbliga gli Stati membri a mettere a disposizione del pubblico gli elenchi aggiornati degli operatori biologici nonché i documenti giustificativi rilasciati a ciascun operatore da parte degli organismi di certificazione), le citate regioni che si sono dotate di un autonomo sistema informativo per il biologico sono tenute a far confluire nel SIB tutte le informazioni secondo le regole vigenti per i servizi di cooperazione applicativa della pubblica amministrazione; gli organismi di controllo, dal canto loro, sono invece tenuti a completare l’iter delle notifiche mediante l'inserimento del documento giustificativo direttamente nel SIB.
  La realizzazione di questo progetto, che ha impegnato l'amministrazione e coinvolto numerosi soggetti interessati dall’iter amministrativo, è stata complessa e onerosa e ha determinato, come comprensibile, talune difficoltà nella realizzazione dell'elenco sopracitato; invero, è il caso di ricordare, in alcune regioni dotate di autonomo sistema informativo, non tutte le notifiche presentate sono state scaricate sul SIB.
  Alla luce di quanto esposto occorre far presente che «l'albo biologico» scaturisce proprio a conclusione dell’iter della notifica che fa acquisire all'operatore lo status di biologico. Completano la procedura, ciascuno per la propria competenza, gli organismi di certificazione (che, inserendo sul SIB i documenti di certificazione, fanno acquisire alla notifica lo status di «idonea») e l'amministrazione regionale o il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (per l'attività di importazione) che, decorsi 30 giorni dall'esito positivo dei controlli di competenza, chiudono il procedimento e provvedono all'iscrizione dell'operatore nell'apposito elenco, ove rimane iscritto fino all'eventuale comunicazione di recesso o all'intervenuto provvedimento di esclusione.
  Evidenzio che dallo scorso marzo, in conformità con l'articolo 92-ter del Regolamento n. 889 del 2008, abbiamo messo a disposizione del pubblico, attraverso il portale www.sinab.it, l'elenco aggiornato degli operatori biologici e i relativi documenti giustificativi. Viene in tal modo garantito, negli anni, un aggiornamento automatico delle informazioni relative a ciascun operatore come stabilito dal decreto ministeriale 1o febbraio 2012, n. 2049.
  Tutte le informazioni relative alle notifiche e al loro iter istruttorio, nonché il Documento giustificativo ed eventuali atti di esclusione e recesso, vengono quindi acquisiti e memorizzati nella banca-dati del SIB mediante applicazioni on line o attraverso web services.
  Inoltre, per risolvere le problematiche sopravvenute, tra le misure approntate dall'amministrazione occorre ricordare la proposta di inserire l'articolo 6 nel disegno di legge collegato alla finanziaria in materia di agricoltura per il 2014 proprio al fine di ottimizzare i controlli e la normativa e realizzare un migliore coordinamento nazionale con messa in comune di tutti i dati rilevati.
  Preciso poi che, nella nota del 27 febbraio 2014 cui fanno riferimento gli interroganti, è stata rinnovata la richiesta a regioni e organismi di controllo di adoperarsi con la massima sollecitudine al fine di completare le attività di competenza, anche in virtù delle richieste del Food and veterinary office indirizzate all'amministrazione.
  Peraltro, proprio allo scopo di intensificare il sistema dei controlli lungo tutta la filiera ed assicurare trasparenza e correttezza nelle informazioni, con il decreto ministeriale 20 dicembre 2013, n. 15962 abbiamo «standardizzato» non solo la modulistica utilizzata dagli organismi di controllo, ma anche le cosiddette «non conformità» da essi applicate agli operatori che pongono in essere eventuali comportamenti qualificati come irregolarità o infrazioni.
  Si tratta di provvedimenti che, insieme all'informatizzazione della notifica e dei programmi annuali di produzione, sono volti a prevenire e a reprimere eventuali frodi alimentari, attraverso controlli mirati a salvaguardia delle produzioni e a garanzia dei consumatori.
  Infine, è necessario ricordare che le informazioni del SIB vengono utilizzate dall'organismo pagatore AGEA nell'ambito dell'elaborazione e controllo delle domande di aiuto PAC.

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ALLEGATO 2

Interrogazione 5-03148 Venittelli: Sui fondi europei destinati al comparto della pesca.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogante chiede di conoscere i motivi per cui non sia stata ancora pubblicata la graduatoria degli aventi diritto al premio di arresto definitivo per demolizione delle imbarcazioni autorizzate alla piccola pesca e se il ritardo delle relative procedure possa compromettere l'utilizzo dei pertinenti fondi europei destinati al comparto della pesca nelle regioni Campania, Calabria, Puglia e Sicilia.
  Al riguardo premetto che, per pervenire alla predetta graduatoria, è necessario assegnare ad ogni singola pratica (per un totale di 900 istanze presentate) un punteggio che viene computato attribuendo un punto per ogni GT (stazza lorda dell'imbarcazione) e 5 punti per ogni anno di vetustà della stessa imbarcazione superiore ai 10 anni, calcolata dalla data di entrata in servizio, come previsto dai decreti ministeriali del 14 ottobre 2013, pubblicati entrambi nella Gazzetta Ufficiale n. 277 del 26 novembre 2013.
  L'accertamento di tale ultimo dato richiede, ai sensi del Regolamento (CEE) n. 2930/1986 del 22 settembre 1986 del Consiglio (che definisce le caratteristiche dei pescherecci), l'individuazione della data di prima iscrizione dell'unità in un registro peschereccio, cui si perviene ripercorrendo, a ritroso, i passaggi delle stesse imbarcazioni nei vari uffici marittimi ove sono state iscritte.
  Tale procedura appare necessaria per garantire la pubblicazione di una corretta graduatoria e quindi per scoraggiare eventuali ricorsi da parte di soggetti interessati che, impugnandola, impedirebbero in tal modo l'utilizzo nei tempi previsti delle risorse finanziarie disponibili.
  Al momento, le procedure per verificare i dati suddetti è a buon punto, anche se per talune imbarcazioni stiamo incontrando qualche difficoltà nel risalire alla data di entrata in servizio, considerati i molteplici trasferimenti di uffici marittimi d'iscrizione.
  In ogni caso, rassicuro l'interrogante che non si ravvisano problematiche riguardanti l'eventuale disimpegno dei fondi complessivi (previsti in 25 milioni di euro tra quota europea e quota nazionale) in quanto, entro sei mesi dalla pubblicazione della graduatoria in parola nella Gazzetta Ufficiale, sarà possibile liquidare gli importi dei premi spettanti agli aventi diritto.

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ALLEGATO 3

Interrogazione 5-03150 Arlotti: Sul fermo pesca per l'anno 2014.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione cui mi accingo a rispondere concerne talune problematiche connesse al fermo pesca biologico.
  Al riguardo mi preme anzitutto precisare che, in merito all'arresto temporaneo delle attività di pesca per l'anno 2013, le istanze pervenute sono state tutte regolarmente istruite mediante l'inserimento nella pertinente procedura informatizzata e la relativa liquidazione è terminata lo scorso settembre, ad eccezione di un esiguo numero di pratiche con problematiche in via di risoluzione.
  Per quanto concerne il fermo pesca temporaneo 2014, ricordo che i periodi di interruzione sono stati determinati a seguito di accordo con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le regioni, le associazioni di categoria e i sindacati. Il relativo decreto ministeriale è stato firmato il 23 luglio scorso e, a breve, verranno definite le modalità attuative.
  Per gli ulteriori aspetti gestionali, relativi alla Cassa integrazione guadagni in deroga per la misura in questione, devo necessariamente rinviare a quanto disposto dal competente Dicastero del lavoro e delle politiche sociali che, ai sensi dell'articolo 1, comma 184 della legge n. 147 del 2013 (Legge di stabilità 2014), con il decreto interministeriale n. 84376 dell'11 settembre 2014 ha destinato 30 milioni di euro al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga per il settore della pesca. Contestualmente, l'INPS è stato incaricato all'ammissione ai trattamenti di sostegno al reddito e alla relativa erogazione nei limiti delle risorse disponibili.
  Al riguardo, ritengo utile evidenziare che il citato Istituto di previdenza, con circolare n. 7101 del 18 settembre 2014, ha confermato che la cassa integrazione guadagni in deroga è erogata al personale imbarcato, dipendente e socio lavoratore di cui alla legge n. 142 del 2001, delle imprese di pesca interessate dallo stato di crisi, che benefici di un sistema retributivo con minimo monetario garantito. Peraltro, l'accesso alle misure di sostegno al reddito potrà avvenire sulla base di specifici accordi, comprensivi degli elenchi nominativi dei lavoratori beneficiari, sottoscritti dalle parti sociali presso le locali autorità marittime.Pag. 133
  Inoltre, il trattamento di integrazione salariale è riconosciuto, secondo quanto chiarito dalla nota INPS in parola, in tutte le situazioni di crisi del settore – anche collegate ai periodi di fermo biologico – in cui si renda necessario sospendere l'attività lavorativa per cause non imputabili al datore di lavoro e, comunque, per un periodo non superiore al numero di giornate retribuite al lavoratore nel corso dell'anno precedente. Peraltro, ai fini del periodo massimo indennizzabile con il trattamento di cassa integrazione guadagni in deroga, si farà riferimento al numero di giornate retribuite al lavoratore nel corso dell'anno precedente.
  Si evidenzia infine che, ai fini del monitoraggio e del rispetto del limite delle disponibilità finanziarie, è previsto esclusivamente il pagamento diretto da parte dell'INPS dei trattamenti di sostegno al reddito.

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ALLEGATO 4

Risoluzioni 7-00454 Benedetti, 7-00472 Venittelli, 7-00477 Benedetti e 7-00491 Franco Bordo: Sull'attuazione della politica comune della pesca (PCP).

TERZA RIFORMULAZIONE DELLA RISOLUZIONE 7-00454 APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XIII Commissione,
   premesso che:
    in base all'articolo 2 del regolamento dell'Unione europea n. 1380/2013, viene posto come obiettivo cardine della politica comune della pesca per il periodo 2014-2020 il rispetto del tasso di rendimento massimo sostenibile (MSY), obiettivo che deve essere ottenuto entro il 2015 ove possibile, e progressivamente al più tardi entro il 2020 per tutti gli stock ittici;
    a norma dell'articolo 15 del regolamento dell'Unione europea n. 1380/2013 vige l'obbligo di sbarco per «tutte le catture di specie soggette a limiti di cattura e, nel Mediterraneo, anche le catture di specie soggette a taglie minime quali definite nell'allegato III del Regolamento UE 1967/2006, effettuate nel corso di attività di pesca nelle acque unionali, o da pescherecci unionali al di fuori delle acque unionali in acque non soggette alla sovranità o alla giurisdizione di Paesi terzi, nei luoghi di pesca e nelle zone geografiche elencati di seguito sono portate e mantenute a bordo dei pescherecci, registrate, sbarcate e imputate ai contingenti, se del caso». Per rendere possibile l'obbligo di sbarco a partire dal 1° gennaio 2015 è necessario che gli Stati membri, anche sulla base di un approccio decisionale maggiormente regionalizzato, cooperino e ne elaborino le effettive misure di attuazione;
    per quanto riguarda la pesca al tonno rosso, vige un totale ammissibile di cattura (TAC) stabilito annualmente dall'ICCAT. Gli Stati membri dell'Unione europea coinvolti attivamente nella pesca di questa risorsa sono: Spagna, Francia, Italia, Grecia, Portogallo, Cipro, Malta e Croazia. Gli 8 Paesi condividono il contingente dell'Unione europea, di cui Spagna e Francia detengono le quote maggiori. Nel 2014 il contingente dell'Unione europea è stato aumentato del 5 per cento, pari a 7.939 tonnellate, ed è probabile un aumento di quote anche per il 2015. La Spagna ha già chiesto formalmente l'aumento delle quote di tonno rosso a partire dalla prossima campagna di pesca, dopo che negli ultimi anni il comparto ha fatto sacrifici importanti per consentire al tonno rosso di recuperare gli stock. L'Unione europea presenterà la sua proposta in merito alle quote pesca del tonno rosso dopo il Consiglio dei ministri europei della pesca di ottobre, che si terrà sotto la presidenza italiana dell'Ue;
    la Commissione europea ha chiesto formalmente all'Italia di conformarsi alle norme comunitarie in materia di pesca nel Mediterraneo; a norma del regolamento (UE) 1967/2006, gli Stati membri devono infatti adottare piani nazionali di gestione per le attività di pesca condotte con reti da traino, sciabiche da natante, sciabiche da spiaggia, reti da circuizione e draghe all'interno delle rispettive acque territoriali. I piani di gestione italiani dovevano essere Pag. 135adottati entro il 31 dicembre 2007, tuttavia il nostro Paese, come altri Stati membri, non dispone ancora di validi piani di gestione per le attività di pesca condotte con i vari sistemi di pesca;
    i piani nazionali sono strumenti importantissimi per uno sfruttamento sostenibile delle risorse alieutiche nel Mediterraneo, mare in cui, tradizionalmente, non si applica la gestione della pesca basata sui contingenti. In mancanza di una risposta soddisfacente entro due mesi, la Commissione potrà pertanto deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea;
    a norma del regolamento (UE) 1380/2013, la Commissione e gli Stati membri provvedono affinché il sostegno dei fondi strutturali e di investimento europei sia coerente con le pertinenti politiche, con i principi orizzontali e con le priorità dell'Unione europea. Ad aprile 2014, a seguito della trasmissione dell'Accordo di partenariato da parte del Governo italiano, i competenti servizi della Commissione europea formulavano delle osservazioni in merito, rilevando dei vulnus nella strategia di utilizzo determinata per i Fondi SIE. In particolare, in relazione alla programmazione del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) la Commissione europea evidenziava alcune criticità relative al meccanismo di attuazione, posto che molte funzioni sono delegate al livello regionale, sebbene incluse nel PON, alla strategia di sviluppo delle imprese dell'acquacoltura; alle strategie di sviluppo tra attività economiche marittime ed ambiente marino; all'analisi sulla biodiversità marina, le zone marine protette e la qualità delle acque marine,

impegna al Governo:

   ad attivare urgentemente le iniziative volte alla definizione del rendimento massimo sostenibile entro i termini stabiliti, posto che il mare Mediterraneo è il bacino che presenta il 91 per cento degli stock ittici sovra sfruttati;
   a promuovere immediatamente in sede di Consiglio dell'Unione europea la conclusione degli accordi di cooperazione tra Stati membri in modo da raggiungere l'implementazione dei piani gestione degli sbarchi nelle aree di pesca condivise entro il termine stabilito del 1° gennaio 2015;
   a mantenere l'impegno dell'amministrazione italiana nelle competenti sedi comunitarie al fine di garantire gli interessi delle flotte nazionali interessate alla pesca del tonno rosso, nel rispetto, in ogni caso, del principio di sostenibilità;
   ad adottare urgentemente il piano nazionale di gestione per le attività della pesca per cui non sia stato ancora adottato (ad esempio draghe);
   a predisporre il programma operativo nazionale del FEAMP in modo da superare le criticità evidenziate nell'Accordo di partenariato da parte della Commissione dell'Unione europea.
(7-00454)
«Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Parentela, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cozzolino, Da Villa, D'Incà, Fantinati, Grillo, Rizzetto, Rostellato, Spessotto, Turco».

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ALLEGATO 5

Risoluzioni 7-00454 Benedetti, 7-00472 Venittelli, 7-00477 Benedetti e 7-00491 Franco Bordo: Sull'attuazione della politica comune della pesca (PCP).

TERZA RIFORMULAZIONE DELLA RISOLUZIONE 7-00472

  La XIII Commissione,
   premesso che:
    la filiera produttiva del settore primario della pesca è in una fase di straordinaria difficoltà; dal 2000, la produttività si è quasi dimezzata (-48,84 per cento); il personale imbarcato si è ridotto di circa il 40 per cento (persi 20.000 posti di lavoro diretti) a fronte di una riduzione della flotta del 30 per cento. I ricavi della pesca marittima si sono contratti del 31 per cento, con una crisi di redditività che ha raggiunto dimensioni straordinarie per il concomitante aumento dei costi di produzione delle imprese, anche per effetto dell'aumento del costo del gasolio. Il deficit della bilancia commerciale ittica si attesta sui 4,3 miliardi di euro l'anno, con una spesa sui mercati esteri di circa 11 milioni di euro al giorno;
    il settore della filiera ittica gioca un ruolo importante tra i diversi comparti che costituiscono il cluster marittimo italiano (trasporti marittimi, armamento, servizi di logistica portuale, porti, cantieristica, nautica): con un contributo di 4,4 miliardi, genera il 15 per cento del PIL, delle attività marittime, al pari della cantieristica navale, e il maggior numero di occupati, pari a circa 60 mila addetti diretti, acquacoltura compresa, rispetto agli altri segmenti del sistema marittimo (dati Censis);
    la filiera ittica nazionale fronteggia la sfida di dare attuazione alla ambiziosa riforma della Politica comune della pesca 2014-2020, entrata in vigore il 1° gennaio scorso, che impone sostanziali e gravosi cambiamenti introducendo inediti approcci alla gestione delle risorse e nuovi obblighi, come ad esempio il raggiungimento del rendimento massimo sostenibile (MSY) per tutti gli stock nel 2020, l'obbligo di sbarco delle catture sottotaglia, la redazione di piani pluriennali di gestione delle risorse e la regionalizzazione della gestione;
    i Piani di gestione pluriennali, da redigersi in forma regionalizzata e quindi di concerto con altri Stati membri, rappresentano lo strumento fondamentale per dare risposta allo stato di profonda difficoltà in cui si dibattono segmenti specifici della pesca professionale, come ad esempio ed in particolare la pesca dei piccoli pelagici e la pesca dei molluschi bivalvi, le cui catture hanno un peso notevole sulla produzione nazionale;
    il 1o gennaio 2014 è entrato in vigore anche il nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) che dovrà sostenere e contribuire al conseguimento degli obiettivi della PCP riformata. Per l'Italia gli stanziamenti ammontano a circa 537 milioni di euro nei prossimi sette anni, stanziamenti in cui per la prima volta rientrano anche gli interventi previsti dalla Politica marittima integrata;
    a fronte di una consistente e progressiva riduzione degli stanziamenti nazionali a favore della filiera ittica per effetto degli interventi di contenimento della finanza pubblica, è una priorità strategica per il nostro Paese garantire la Pag. 137più immediata attivazione e la migliore capacità di spesa delle risorse europee del FEAMP, ovviando a tutte quelle lentezze ed inefficienza varie che sono culminate, quanto alla precedente gestione del Fondo Europeo Pesca (FEP), nella perdita definitiva di consistenti aiuti, soprattutto nella parte decentrata alle regioni;
    la Presidenza italiana dell'Unione europea rappresenta una grande opportunità per affrontare da una posizione di leadership in Europa alcuni dossier fondamentali per la filiera ittica nazionale, che rappresentano un grave rischio per gli impatti sociali ed occupazionali attesi, quali l'attuazione, del piano d'azione (Action Plan) per i controlli delle attività di pesca professionale; la discussione delle misure contenute nella proposta di Regolamento europeo cosiddetto Omnibus (COM 889/2013); la discussione della proposta di Regolamento europeo (COM 265/2014) per la messa al bando delle reti derivanti dal 1° gennaio 2015;
    il coordinamento pesca dell'Alleanza delle cooperative italiane ha presentato al tribunale dell'Unione europea un ricorso contro l’Action Plan presentato alla Commissione europea e adottato dalla stessa con decisione C(2013) 8635 del 6 dicembre 2013 «per ovviare alle carenze del sistema italiano di controllo della pesca». Il tribunale è stato chiamato a valutare l'arbitrarietà, la proporzionalità e la consistenza di nuove e gravose limitazioni che appesantiscono ulteriormente un quadro sanzionatorio e ispettivo già iper-regolamentato e con diverse difficoltà applicative;
    la proposta di Regolamento europeo cosiddetto Omnibus (COM 889/2013) rappresenta una sorta di provvedimento ponte, in vista di un più omogeneo provvedimento sulle misure tecniche, resosi necessario per dare attuazione ed eliminare gli ostacoli legislativi relativi all'obbligo di sbarco introdotto con la riforma della Politica comune della pesca a partire dal 1o gennaio 2015. Nel testo, all'esame del Parlamento europeo, trovano spazio ulteriori obblighi introdotti a carico delle imprese di pesca (stivaggio separato delle catture sottotaglia, nuova strumentazione a bordo per il controllo a distanza delle catture, e altro);
    due studi scientifici condotti da enti di ricerca indipendenti per conto della stessa Commissione europea (Progetto DRIFTMED e «Study in support of the review of the eu regime on the small-scale driftnet fisheries») hanno messo in discussione l'opportunità di un bando totale, da una parte confermando la gravità dell'impatto socio-economico ed occupazionale di questa misura, dall'altra mettendo in guardia sulla incertezza delle sue ricadute ambientali, difficili da quantificare soprattutto per il rischio che lo sforzo di pesca si sposti su mestieri meno sostenibili;
    a questo scenario comunitario si aggiungono le misure di politica nazionale, non meno complesse;
    il Programma nazionale triennale 2013-2015 ha registrato ampio consenso nella categoria, ma gli strumenti nevralgici più innovativi in esso contenuti, quali il Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria ittica, il Piano assicurativo nazionale ed il Fondo interbancario di garanzia, sono rimasti lettera morta, perché privi di adeguate risorse finanziarie. Ciò ostacola il raggiungimento degli obiettivi prefissati per il rilancio della competitività delle imprese ittiche;
    per garantire adeguati ammortizzatori sociali agli occupati del settore della pesca, che al momento continuano ad essere esclusi dal poter beneficiare in forma stabile di queste tutele, è necessario prevedere apposite dotazioni nell'ambito del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione (articolo 18, comma 1, decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, e succ. mod.) per la copertura degli interventi previsti dalla Cassa integrazione in deroga;
    i nuovi e più qualificanti impegni derivanti dall'attuazione della riforma della Politica comune della pesca e del nuovo FEAMP necessitano di una urgente Pag. 138e più adeguata organizzazione della Direzione generale pesca e acquacoltura, oggi sotto organico;
    è necessario sostenere il processo di transizione della pesca italiana ai cambiamenti imposti dalla riforma della politica comune della pesca e del suo nuovo strumento finanziario. È pienamente funzionale a questo obiettivo il rafforzamento delle Convenzioni tra pubblica amministrazione e Associazioni di categoria, per sostenere operatori ed imprese sul fronte degli interventi di semplificazione degli adempimenti e dell'agevolazione dell'accesso al credito,

impegna il Governo:

   a garantire una attuazione della Politica comune della pesca in linea con i principi di sostenibilità ambientale e socio-economica per valorizzare la filiera ittica come risorsa della crescita blu e dell'agroalimentare italiano di qualità;
   a promuovere il dialogo nell'area mediterranea per la realizzazione dei piani di gestione pluriennali previsti dalla Politica comune della pesca;
   ad intraprendere senza ulteriori indugi tutte le azioni possibili per dare al Fondo europeo degli affari marittimi e della pesca (FEAMP) una piena e veloce attuazione, scongiurando ritardi che potrebbero avere ripercussioni sul sistema delle imprese e sulla qualità ed efficienza dei Fondi strutturali comunitari;
   a mettere in atto tutte le iniziative possibili per semplificare gli adempimenti a carico degli operatori e per permettere agli organismi dediti al controllo di svolgere al meglio i propri compiti;
   a prevedere sufficienti dotazioni per procedere all'attivazione dei qualificanti strumenti previsti nel programma nazionale triennale di settore, nonché a reperire risorse finanziarie per un rifinanziamento della cassa integrazione in deroga per il settore;
   a salvaguardare lo sviluppo ottimale e sostenibile di tutte le attività connesse al mare come requisito fondamentale per garantire la produttività della pesca e la qualità delle produzioni ittiche, in maniera prioritaria rispetto a tutte le altre attività di sfruttamento del mare;
   a procedere in tempi stretti al rafforzamento della struttura ministeriale della direzione generale della pesca e acquacoltura, colmando i ritardi dovuti alle prorogate vacatio dirigenziali;
   ad assumere le necessarie iniziative per procedere al rinnovo e al rafforzamento delle convenzioni tra pubblica amministrazione ed associazioni per una migliore qualifica della spesa e per garantire l'erogazione di servizi che non sarebbe possibile fornire se non tramite la loro esternalizzazione e a valutarne nel tempo l'efficacia.
(7-00472)
«Venittelli, Luciano Agostini, Oliverio, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Zanin».

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ALLEGATO 6

Risoluzioni 7-00454 Benedetti, 7-00472 Venittelli, 7-00477 Benedetti e 7-00491 Franco Bordo: Sull'attuazione della politica comune della pesca (PCP).

RIFORMULAZIONE DELLA RISOLUZIONE 7-00491 APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XIII Commissione,
   premesso che:
    la politica comune della pesca (PCP) ha come obiettivo principale quello di far sì che la pesca e l'acquacoltura siano sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale ed assicurare al contempo che il prodotto ottenuto da queste attività rappresenti una fonte alimentare sicura per i cittadini dell'Unione europea;
    la politica comune della pesca, PCP, avviata negli anni ’70, è stata recentemente riformata dal regolamento (UE) 1380/2013, e prevede misure per garantire che le attività di pesca e di acquacoltura contribuiscano alla sostenibilità a lungo termine sotto il profilo ambientale, economico e sociale; per assicurare la tracciabilità, la sicurezza e la qualità dei prodotti commercializzati nell'Unione; per garantire un equo tenore di vita agli operatori del settore, anche della piccola pesca; per il raggiungimento di una certa stabilità dei mercati, al fine della disponibilità di risorse alimentari ai consumatori a prezzi ragionevoli;
    da un punto di vista tecnico, nell'ambito dell'impegno dell'Unione europea ad intervenire contro il costante declino di numerosi stock ittici, il regolamento (UE) n. 1380/13, stabilisce che lo sfruttamento delle risorse biologiche marine debba avvenire in modo tale che dal 2015 le popolazioni degli stock non vengano sfruttate al di sopra dei livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile (MSY); tuttavia, qualora l'adempimento di tale obbligo compromettesse gravemente la sostenibilità sociale ed economica delle flotte da pesca interessate, viene consentito il raggiungimento dell'obiettivo al più tardi al 2020;
    l'altra significativa novità della PCP è l'introduzione di misure volte a ridurre i livelli (attualmente elevati soprattutto nei mari del nord Europa) di catture accidentali e ad eliminare gradualmente i rigetti in mare, che sono ritenuti uno spreco considerevole e che incidono negativamente sullo sfruttamento sostenibile delle risorse biologiche marine e sugli ecosistemi marini;
    per ridurre i rigetti viene introdotto, con una calendarizzazione ben definita, un «obbligo di sbarco» per tutte le catture di specie soggette a limiti di cattura e, nel Mediterraneo, anche per le catture soggette a taglie minime effettuate nell'ambito di attività di pesca, con divieto di commercializzazione ad uso umano diretto per le catture sotto la taglia minima regolamentare;
    dal 1o gennaio 2015 l’»obbligo di sbarco» si applica alle catture di acciuga, sardina, sgombri e sugarello effettuate con le reti volanti o con le reti a circuizione a chiusura meccanica con attrazione luminosa (lampare), sia in taglia commerciale che sotto la taglia minima prevista dall'allegato III del regolamento (CE) n. 1967/06 (cosiddetto regolamento Mediterraneo); Pag. 140
    il nuovo obbligo di sbarco comporta un cambiamento netto nei comportamenti e nella mentalità dei pescatori che, per talune specie e progressivamente, devono passare dall'obbligo di rigetto al divieto di rigetto, con rischi di pesanti sanzioni che, oltre all'aspetto pecuniario, impattano anche sulla licenza di pesca per via del sistema della licenza a punti introdotto dal regolamento (CE) n. 1224/2009 (cosiddetto regolamento controllo);
    è molto probabile che sia in ambito comunitario che in quello nazionale non si riesca a coordinare in tempo la normativa vigente con quella che entra in vigore il 1o gennaio 2015 in tema di «obbligo di sbarco» e, per questo, è necessario impartire direttive chiare agli organi di controllo, in modo tale da evitare inutili e controproducenti contenziosi per via di norme in contrapposizione tra loro;
    per il raggiungimento degli obiettivi di base della PCP è necessaria una registrazione accurata delle informazioni sulle caratteristiche e sulle attività dei pescherecci dell'Unione, ed è inoltre importante raccogliere dati biologici sulle catture, inclusi i rigetti, e informazioni provenienti da indagini sugli stock ittici e sull'impatto ambientale potenziale delle attività di pesca sull'ecosistema marino;
    i risultati degli studi e della ricerca scientifica sono sempre più importanti per una gestione della pesca efficiente ed efficace, le cui ricadute sul settore però possono essere spesso traumatiche per gli operatori e per le imprese;
    la stessa PCP richiede, per tale ragioni, una migliore cooperazione tra il mondo scientifico ed il settore; e ciò è tanto più vero per la piccola pesca artigianale, assolutamente maggioritaria nel nostro Paese, la quale, oltre ad essere esercitata in modo sostenibile, ha importanti ricadute positive sull'occupazione e sulle economie della fascia costiera nazionale;
    l'applicazione della politica comune della pesca è supportata finanziariamente dal fondo europeo degli affari marittimi e della pesca, FEAMP, per il quale occorre però assicurare il partenariato che, a tutt'oggi, non risulta essersi avviato con tutte le componenti descritte dalla normativa di base che disciplina il funzionamento della politica strutturale europea;
    è necessario, altresì, uno sforzo ulteriore attraverso lo stanziamento di ulteriori fondi nazionali per poter ottemperare al meglio ai nuovi adempimenti e rispondere positivamente alle sfide lanciate dalla politica della pesca riformata;
    a seguito dell'adozione del piano pluriennale di ricostituzione dello stock di tonno rosso nel 2006 ad opera dell'ICCAT, International commission for the conservation of atlantic tunas, gli indici di abbondanza mostrano quest'anno per la prima volta segnali incoraggianti di ripresa che sono stati peraltro confermati dalla recente riunione dell'SCRS, Standing committee on research and statistics, dell'ICCAT e, fatte salve le attuali ripartizioni delle quote di cattura tra i diversi sistemi di pesca, è necessario fare il possibile in ambito internazionale per garantire una fissazione del nuovo livello totale delle catture ammissibili, TAC, in linea con gli indirizzi di gestione suggeriti dallo stesso SCRS, a beneficio della quota europea e, di conseguenza, della quota nazionale;
    la gestione del tonno rosso, basata su contingenti di cattura e limitazioni tecniche sugli attrezzi e l'attività di pesca, ha permesso di conseguire obbiettivi di protezione dello stock, ma, al contempo, ha generato pesanti ricadute in termini sociali ed economici soprattutto nel settore della piccola pesca artigianale e nelle aree meridionali del nostro Paese, nel quale tale segmento di pesca è largamente presente, più che in ogni altro Paese del Mediterraneo;
    occorre evitare che, nell'implementazione delle regole ICCAT per la gestione dello sforzo di pesca sulla risorsa pesce spada, si riproducano le stesse conseguenze negative sulla pesca artigianale i cui sbarchi di prodotto pongono l'Italia al Pag. 141primo posto dei Paesi produttori nel Mediterraneo, interessando migliaia di imbarcazioni e di lavoratori;
    è opportuno quindi, che nella gestione del pesce spada, al fine di ottemperare a quanto previsto dalla raccomandazione ICCAT 11/03, si individuino criteri oggettivamente rispondenti alla realtà delle imbarcazioni dedite alla pesca del pesce spada, in modo che si possa tutelare chi effettivamente opera questo tipo di pesca senza creare ulteriore disoccupazione oltreché la pesca illegale;
    a tale riguardo, il decreto del 3 ottobre 2014 del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, recante attuazione di alcune misure del piano d'azione, adottato con decisione della Commissione europea n. C(2013) 8635 del 6 dicembre 2013, contiene misure che non sembrano essere aderenti a quanto previsto dalla raccomandazione ICCAT 11/03 sulle misure per il pesce spada (ad esempio nella parte in cui si introduce un limite alle catture accessorie superiori al 5 per cento), con possibili evidenti ricadute negative sul ceto peschereccio;
    la commissione generale per la pesca nel Mediterraneo, CGPM, è un'organizzazione della pesca in ambito FAO, che ha come obiettivi principali la promozione dello sviluppo, della conservazione e della corretta gestione delle risorse biologiche marine nel Mediterraneo, ed annovera tra le parti contraenti sia l'Unione europea che i singoli Stati membri dell'Unione europea. In via di principio l'Unione europea ha diritto ad un numero di voti pari al numero degli Stati che la compongono e che sono parte della CGPM, ma può esercitare il suo diritto di voto soltanto in via alternativa agli stessi e nelle materie di sua competenza esclusiva in virtù del Trattato di funzionamento dell'Unione europea (articolo 3);
    la CGPM, così come anche la stessa ICCAT, adotta raccomandazioni vincolanti per le parti contraenti, raccomandazioni che dovranno essere poi implementate nell'ordinamento interno per avere efficacia sui diretti interessati, ad esempio sui pescatori;
    l'obbligo di recepimento nel diritto comunitario, tuttavia, riduce il ruolo del Parlamento europeo e dello stesso Consiglio, nonché la portata di quanto previsto dal Trattato di Lisbona in materia di procedure legislative dell'Unione europea, in quanto le raccomandazioni delle organizzazioni regionali della pesca quali la CGPM o l'ICCAT, proprio per essere «vincolanti» per le parti contraenti, non possono subire modifiche nel processo legislativo ordinario di codecisione tra Consiglio e Parlamento europeo);
    in taluni casi addirittura sembra che la stessa Commissione europea preferisca passare attraverso la via della CGPM, in quanto più rapida e meno insidiosa per l'approvazione di alcune misure;
    una tale situazione si è recentemente verificata in merito all'adozione da parte della CGPM della raccomandazione 37/2013/1 che ha istituito un piano di gestione per i piccoli pelagici in Adriatico: in tal caso sia il Parlamento europeo e che il Consiglio non sono potuti intervenire nel dibattito e nelle fasi precedenti l'adozione;
    vi è il fondato timore che analogo percorso, che può mortificare il ruolo delle istituzioni e del confronto con la categoria, possa essere intrapreso per altre aree del Mediterraneo, Canale di Sicilia in primis,

impegna il Governo:

   ad attivarsi nelle sedi opportune affinché venga raggiunta la sostenibilità ambientale, economica e sociale, evitando che con il fine del raggiungimento del rendimento massimo sostenibile, MSY, al 2020 vengano sacrificati gli obiettivi di tutela dei posti di lavoro e della vitalità economica delle imprese di pesca;
   ad assumere iniziative per coordinare la normativa nazionale con quanto previsto dall'articolo 15 del regolamento n. 1380/13 in materia di obbligo di sbarco Pag. 142delle catture indesiderate, in particolare eliminando le disposizioni di legge in contrasto con quanto previsto dalla regolamentazione comunitaria al fine di evitare inutili e controproducenti contenziosi tra il Ministero e il ceto peschereccio;
   ad assicurare il massimo sostegno finanziario possibile, anche attraverso corsi di formazione ad hoc per i rilevatori, alla raccolta dei dati prevista dal regolamento (CE) n. 199/2008 al fine di avere risultati di qualità, aggiornati e coerenti per una gestione delle risorse della pesca realmente legata alla realtà del Mediterraneo nell'ottica della citata sostenibilità ambientale, economica e sociale;
   ad adottare ogni iniziativa possibile per bilanciare gli obbiettivi di tutela biologica con quelli altrettanto importanti di difesa della piccola pesca artigianale avviando nelle sedi opportune comunitarie la discussione sull'importanza della small-scale fishery;
   ad assumere le iniziative di competenza per dotare il settore della pesca degli strumenti finanziari e delle risorse umane necessarie a raccogliere la sfida del nuovo corso della Politica comune della pesca, come da ultimo riformata con il regolamento 1380/13;
   ad attivarsi con maggiore determinazione in ambito comunitario, affinché nel corso delle riunioni annuali dell'ICCAT, l'Unione europea riesca ad ottenere un totale delle catture ammissibili, TAC, maggiormente legato allo stato reale della risorsa, con aumenti dei quantitativi catturabili in periodi di abbondanza di risorsa e, viceversa, nel rispetto del principio di stabilità relativa e secondo le attuali chiavi di ripartizione fra Parti contraenti e Stati membri;
   a ripartire, anno per anno, tra i vari sistemi di pesca la quota di cattura di tonno rosso assegnata annualmente all'Italia, nel rispetto del principio comunitario della stabilità relativa, tenendo conto delle indicazioni in materia di sostenibilità economica, sociale ed ambientale alla base delle medesime raccomandazioni dell'ICCAT;
   ad individuare, nell'ambito del decreto 3 ottobre 2014, le imbarcazioni autorizzate alla pesca del pesce spada sulla base di criteri oggettivi e storici;
   ad attivarsi in ambito comunitario per sanare il «vulnus» che si crea nella procedura legislativa ordinaria dell'Unione europea in tutti i casi di implementazione nell'ordinamento di raccomandazioni vincolanti della CGPM o dell'ICCAT e ad evitare che il percorso seguito per l'adozione della raccomandazione 37/2013/1 venga ripetuto per altre aree del Mediterraneo.
(7-00491) «Franco Bordo, Zaccagnini».

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ALLEGATO 7

Risoluzioni 7-00454 Benedetti, 7-00472 Venittelli, 7-00477 Benedetti e 7-00491 Franco Bordo: Sull'attuazione della politica comune della pesca (PCP).

QUARTA RIFORMULAZIONE DELLA RISOLUZIONE 7-00472 APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XIII Commissione,
   premesso che:
    la filiera produttiva del settore primario della pesca è in una fase di straordinaria difficoltà; dal 2000, la produttività si è quasi dimezzata (-48,84 per cento); il personale imbarcato si è ridotto di circa il 40 per cento (persi 20.000 posti di lavoro diretti) a fronte di una riduzione della flotta del 30 per cento. I ricavi della pesca marittima si sono contratti del 31 per cento, con una crisi di redditività che ha raggiunto dimensioni straordinarie per il concomitante aumento dei costi di produzione delle imprese, anche per effetto dell'aumento del costo del gasolio. Il deficit della bilancia commerciale ittica si attesta sui 4,3 miliardi di euro l'anno, con una spesa sui mercati esteri di circa 11 milioni di euro al giorno;
    il settore della filiera ittica gioca un ruolo importante tra i diversi comparti che costituiscono il cluster marittimo italiano (trasporti marittimi, armamento, servizi di logistica portuale, porti, cantieristica, nautica): con un contributo di 4,4 miliardi, genera il 15 per cento del PIL, delle attività marittime, al pari della cantieristica navale, e il maggior numero di occupati, pari a circa 60 mila addetti diretti, acquacoltura compresa, rispetto agli altri segmenti del sistema marittimo (dati Censis);
    la filiera ittica nazionale fronteggia la sfida di dare attuazione alla ambiziosa riforma della Politica comune della pesca 2014-2020, entrata in vigore il 1o gennaio scorso, che impone sostanziali e gravosi cambiamenti introducendo inediti approcci alla gestione delle risorse e nuovi obblighi, come ad esempio il raggiungimento del rendimento massimo sostenibile (MSY) per tutti gli stock nel 2020, l'obbligo di sbarco delle catture sottotaglia, la redazione di piani pluriennali di gestione delle risorse e la regionalizzazione della gestione;
    i Piani di gestione pluriennali, da redigersi in forma regionalizzata e quindi di concerto con altri Stati membri, rappresentano lo strumento fondamentale per dare risposta allo stato di profonda difficoltà in cui si dibattono segmenti specifici della pesca professionale, come ad esempio ed in particolare la pesca dei piccoli pelagici e la pesca dei molluschi bivalvi, le cui catture hanno un peso notevole sulla produzione nazionale;
    il 1o gennaio 2014 è entrato in vigore anche il nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) che dovrà sostenere e contribuire al conseguimento degli obiettivi della PCP riformata. Per l'Italia gli stanziamenti ammontano a circa 537 milioni di euro nei prossimi sette anni, stanziamenti in cui per la prima volta rientrano anche gli interventi previsti dalla Politica marittima integrata;
    a fronte di una consistente e progressiva riduzione degli stanziamenti nazionali a favore della filiera ittica per effetto degli interventi di contenimento Pag. 144della finanza pubblica, è una priorità strategica per il nostro Paese garantire la più immediata attivazione e la migliore capacità di spesa delle risorse europee del FEAMP, ovviando a tutte quelle lentezze ed inefficienza varie che sono culminate, quanto alla precedente gestione del Fondo Europeo Pesca (FEP), nella perdita definitiva di consistenti aiuti, soprattutto nella parte decentrata alle regioni;
    la Presidenza italiana dell'Unione europea rappresenta una grande opportunità per affrontare da una posizione di leadership in Europa alcuni dossier fondamentali per la filiera ittica nazionale, che rappresentano un grave rischio per gli impatti sociali ed occupazionali attesi, quali l'attuazione, del piano d'azione (Action Plan) per i controlli delle attività di pesca professionale; la discussione delle misure contenute nella proposta di Regolamento europeo cosiddetto Omnibus (COM 889/2013); la discussione della proposta di Regolamento europeo (COM 265/2014) per la messa al bando delle reti derivanti dal 1° gennaio 2015;
    il coordinamento pesca dell'Alleanza delle cooperative italiane ha presentato al tribunale dell'Unione europea un ricorso contro l’Action Plan presentato alla Commissione europea e adottato dalla stessa con decisione C(2013) 8635 del 6 dicembre 2013 «per ovviare alle carenze del sistema italiano di controllo della pesca». Il tribunale è stato chiamato a valutare l'arbitrarietà, la proporzionalità e la consistenza di nuove e gravose limitazioni che appesantiscono ulteriormente un quadro sanzionatorio e ispettivo già iper-regolamentato e con diverse difficoltà applicative;
    la proposta di Regolamento europeo cosiddetto Omnibus (COM 889/2013) rappresenta una sorta di provvedimento ponte, in vista di un più omogeneo provvedimento sulle misure tecniche, resosi necessario per dare attuazione ed eliminare gli ostacoli legislativi relativi all'obbligo di sbarco introdotto con la riforma della Politica comune della pesca a partire dal 1o gennaio 2015. Nel testo, all'esame del Parlamento europeo, trovano spazio ulteriori obblighi introdotti a carico delle imprese di pesca (stivaggio separato delle catture sottotaglia, nuova strumentazione a bordo per il controllo a distanza delle catture, e altro);
    due studi scientifici condotti da enti di ricerca indipendenti per conto della stessa Commissione europea (Progetto DRIFTMED e «Study in support of the review of the eu regime on the small-scale driftnet fisheries») hanno messo in discussione l'opportunità di un bando totale, da una parte confermando la gravità dell'impatto socio-economico ed occupazionale di questa misura, dall'altra mettendo in guardia sulla incertezza delle sue ricadute ambientali, difficili da quantificare soprattutto per il rischio che lo sforzo di pesca si sposti su mestieri meno sostenibili;
    a questo scenario comunitario si aggiungono le misure di politica nazionale, non meno complesse;
    il Programma nazionale triennale 2013-2015 ha registrato ampio consenso nella categoria, ma gli strumenti nevralgici più innovativi in esso contenuti, quali il Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria ittica, il Piano assicurativo nazionale ed il Fondo interbancario di garanzia, sono rimasti lettera morta, perché privi di adeguate risorse finanziarie. Ciò ostacola il raggiungimento degli obiettivi prefissati per il rilancio della competitività delle imprese ittiche;
    per garantire adeguati ammortizzatori sociali agli occupati del settore della pesca, che al momento continuano ad essere esclusi dal poter beneficiare in forma stabile di queste tutele, è necessario prevedere apposite dotazioni nell'ambito del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione (articolo 18, comma 1, decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, e succ. mod.) per la copertura degli interventi previsti dalla Cassa integrazione in deroga;
    i nuovi e più qualificanti impegni derivanti dall'attuazione della riforma Pag. 145della Politica comune della pesca e del nuovo FEAMP necessitano di una urgente e più adeguata organizzazione della Direzione generale pesca e acquacoltura, oggi sotto organico;
    è necessario sostenere il processo di transizione della pesca italiana ai cambiamenti imposti dalla riforma della politica comune della pesca e del suo nuovo strumento finanziario. È pienamente funzionale a questo obiettivo il rafforzamento delle Convenzioni tra pubblica amministrazione e Associazioni di categoria, per sostenere operatori ed imprese sul fronte degli interventi di semplificazione degli adempimenti e dell'agevolazione dell'accesso al credito,

impegna il Governo:

   a garantire una attuazione della Politica comune della pesca in linea con i principi di sostenibilità ambientale e socio-economica per valorizzare la filiera ittica come risorsa della crescita blu e dell'agroalimentare italiano di qualità;
   a promuovere il dialogo nell'area mediterranea per la realizzazione dei piani di gestione pluriennali previsti dalla Politica comune della pesca;
   ad intraprendere senza ulteriori indugi tutte le azioni possibili per dare al Fondo europeo degli affari marittimi e della pesca (FEAMP) una piena e veloce attuazione, scongiurando ritardi che potrebbero avere ripercussioni sul sistema delle imprese e sulla qualità ed efficienza dei Fondi strutturali comunitari;
   a mettere in atto tutte le iniziative possibili per semplificare gli adempimenti a carico degli operatori e per permettere agli organismi dediti al controllo di svolgere al meglio i propri compiti;
   a prevedere sufficienti dotazioni per procedere all'attivazione dei qualificanti strumenti previsti nel programma nazionale triennale di settore, nonché a reperire risorse finanziarie per un rifinanziamento della cassa integrazione in deroga per il settore;
   a salvaguardare lo sviluppo ambientalmente sostenibile di tutte le attività connesse al mare come requisito fondamentale per garantire la produttività della pesca e la qualità delle produzioni ittiche, in maniera prioritaria rispetto a tutte le altre attività di sfruttamento del mare;
   a procedere in tempi stretti al rafforzamento della struttura ministeriale della direzione generale della pesca e acquacoltura, colmando i ritardi dovuti alle prorogate vacatio dirigenziali;
   ad assumere le necessarie iniziative per procedere al rinnovo e al rafforzamento delle convenzioni tra pubblica amministrazione ed associazioni per una migliore qualifica della spesa e per garantire l'erogazione di servizi che non sarebbe possibile fornire se non tramite la loro esternalizzazione e a valutarne nel tempo l'efficacia.
(7-00472)
«Venittelli, Luciano Agostini, Oliverio, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Zanin».