CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 24 settembre 2014
302.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per le questioni regionali
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Riforma codice nautica da diporto (S. 1167 Governo).

PARERE APPROVATO

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
   esaminato il disegno di legge del Governo S. 1167, recante «Delega al Governo per la riforma del codice della nautica da diporto»;
   rilevato che:
    la materia della formazione professionale rientra nell'ambito delle competenze legislative residuali delle regioni, ai sensi dell'articolo 117, quarto comma, della Costituzione;
    nel prevedere l'istituzione della figura professionale dell'istruttore di vela (nell'ambito dei principi e criteri direttivi della delega legislativa), il provvedimento specifica che sono «fatte salve le prerogative costituzionali delle regioni» (articolo 1, comma 2, lettera i));
    ai sensi dell'articolo 1, comma 3, sugli schemi dei decreti legislativi di attuazione della delega, come pure sugli eventuali decreti legislativi correttivi, è prevista l'acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza unificata,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 2

Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (testo unificato C. 750 Dell'Orco e abbinate).

PROPOSTA DI PARERE INIZIALE

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
   esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 750 e abbinate, adottato dalla Commissione di merito come testo base, recante «Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali»;
   premesso che:
    il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha pienamente liberalizzato il regime dei tempi di apertura delle attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande, stabilendo che tali attività non siano soggette, tra l'altro, a limiti o prescrizioni concernenti gli orari di apertura e chiusura, all'obbligo di chiusura domenicale e festiva, nonché a quello della giornata di chiusura infrasettimanale (in tal senso l'articolo 31, comma 1, del citato decreto-legge n. 201, che ha novellato l'articolo 3, comma 1, della lettera d-bis) del decreto legge n. 223 del 2006);
    l'articolo 1, comma 1, del provvedimento in esame reintroduce alcune limitazioni rispetto ai tempi di apertura delle attività in questione, sostanzialmente disponendo la loro obbligatoria chiusura in dodici specifici giorni dell'anno, coincidenti con dodici festività nazionali, salva la possibilità per i comuni di sostituire non più dei sei giorni indicati con altri sei giorni a scelta (previo esperimento di una procedura di consultazione delle organizzazioni dei consumatori, delle imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti);
    l'articolo 2 del provvedimento in esame prevede che i comuni – fermo restando l'obbligo anzidetto – possano predisporre (previo esperimento di una procedura di consultazione delle organizzazioni dei consumatori, delle imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti, nonché della popolazione residente) accordi territoriali non vincolanti per definire gli orari di apertura e le chiusure degli esercizi commerciali (commi 1-4); che le regioni e i comuni possano stabilire incentivi per favorire l'adesione agli accordi in questione da parte delle micro, piccole e medie imprese del commercio (comma 5); che le regioni debbano definire alcuni aspetti di dettaglio della disciplina del sistema degli accordi territoriali e costituire osservatori per il monitoraggio dell'attuazione del sistema stesso (commi 6 e 7);
    l'articolo 3 del provvedimento conferisce ai sindaci il potere di stabilire – per esigenze di sostenibilità ambientale o sociale, di tutela dei beni culturali, di viabilità o di tutela del diritto dei residenti alla sicurezza o al riposo, salvo che vi si possa provvedere diversamente – restrizioni agli orari di apertura dei pubblici esercizi e delle attività commerciali e artigianali in determinate zone del territorio comunale;
   rilevato che:
    prima della piena liberalizzazione dei tempi di apertura degli esercizi commerciali disposta dal citato decreto-legge n. 201 del 2011, la Corte costituzionale ha costantemente ricondotto la disciplina di questo aspetto alla materia del commercio, attribuita alla competenza legislativa residuale Pag. 277delle regioni di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione;
    in particolare, la Corte costituzionale, con le sentenze n. 288 del 2010 e n. 150 del 2011, ha giudicato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate rispetto a norme regionali che dettavano discipline volte a rendere più liberale, rispetto alla normativa nazionale allora vigente, il regime dei tempi di apertura delle attività commerciali: nella sentenza n. 150 citata, in particolare, la Corte ha evidenziato che «la materia “tutela della concorrenza”, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera e), Cost., non ha solo un ambito oggettivamente individuabile che attiene alle misure legislative di tutela in senso proprio, quali ad esempio quelle che hanno ad oggetto gli atti e i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull'assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le modalità di controllo, ma, dato il suo carattere “finalistico”, anche una portata più generale e trasversale, non preventivamente delimitabile, che deve essere valutata in concreto al momento dell'esercizio della potestà legislativa sia dello Stato che delle Regioni nelle materie di loro rispettiva competenza»;
    dopo la piena liberalizzazione disposta dal più volte citato decreto-legge n. 201 del 2011, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 299 del 2012, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalle regioni rispetto alla norma statale di liberalizzazione (articolo 31), stabilendo che la disciplina statale di promozione della concorrenza costituisce un limite alla disciplina che le regioni possono adottare in altre materie di loro competenza; sulla base del medesimo principio, la Corte, con la sentenza n. 27 del 2013, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di una disposizione legislativa regionale (della Toscana) che stabiliva un regime dei tempi di apertura degli esercizi commerciali più restrittivo di quello introdotto dal decreto-legge n. 201;
   considerato che:
    alla luce della giurisprudenza costituzionale sopra richiamata sembra potersi affermare che la competenza legislativa regionale in materia di tempi di apertura degli esercizi commerciali – che viene compressa dalla prevalenza della competenza legislativa statale a stabilire il principio di piena liberalizzazione in questo campo (prevalenza basata sulla tutela della concorrenza, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione) – è destinata a riespandersi nel momento in cui il legislatore statale riduca gli spazi di libertà (come fa il provvedimento in esame), fissando limiti alla facoltà degli esercizi commerciali di decidere i propri tempi di apertura,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  a condizione che:
   la lettera b) dell'articolo 1, comma 1, e gli articoli 2 e 3 siano riformulati in modo da prevedere che le regioni – al fine di assicurare al regime dei giorni e orari di apertura delle attività commerciali destinatarie del provvedimento la necessaria flessibilità rispetto ai diversi territori – possano adottare proprie discipline in materia, in ogni caso garantendo livelli di concorrenza pari o superiori a quelli stabiliti, a livello nazionale, dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del provvedimento in esame.

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ALLEGATO 3

Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (testo unificato C. 750 Dell'Orco e abbinate).

PARERE APPROVATO

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
   esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 750 e abbinate, adottato dalla Commissione di merito come testo base, recante «Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali»;
   premesso che:
    il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha pienamente liberalizzato il regime dei tempi di apertura delle attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande, stabilendo che tali attività non siano soggette, tra l'altro, a limiti o prescrizioni concernenti gli orari di apertura e chiusura, all'obbligo di chiusura domenicale e festiva, nonché a quello della giornata di chiusura infrasettimanale (in tal senso l'articolo 31, comma 1, del citato decreto-legge n. 201, che ha novellato l'articolo 3, comma 1, della lettera d-bis) del decreto legge n. 223 del 2006);
    l'articolo 1, comma 1, del provvedimento in esame reintroduce alcune limitazioni rispetto ai tempi di apertura delle attività in questione, sostanzialmente disponendo la loro obbligatoria chiusura in dodici specifici giorni dell'anno, coincidenti con dodici festività nazionali, salva la possibilità per i comuni di sostituire non più dei sei giorni indicati con altri sei giorni a scelta (previo esperimento di una procedura di consultazione delle organizzazioni dei consumatori, delle imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti);
    l'articolo 2 del provvedimento in esame prevede che i comuni – fermo restando l'obbligo anzidetto – possano predisporre (previo esperimento di una procedura di consultazione delle organizzazioni dei consumatori, delle imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti, nonché della popolazione residente) accordi territoriali non vincolanti per definire gli orari di apertura e le chiusure degli esercizi commerciali (commi 1-4); che le regioni e i comuni possano stabilire incentivi per favorire l'adesione agli accordi in questione da parte delle micro, piccole e medie imprese del commercio (comma 5); che le regioni debbano definire alcuni aspetti di dettaglio della disciplina del sistema degli accordi territoriali e costituire osservatori per il monitoraggio dell'attuazione del sistema stesso (commi 6 e 7);
    l'articolo 3 del provvedimento conferisce ai sindaci il potere di stabilire – per esigenze di sostenibilità ambientale o sociale, di tutela dei beni culturali, di viabilità o di tutela del diritto dei residenti alla sicurezza o al riposo, salvo che vi si possa provvedere diversamente – restrizioni agli orari di apertura dei pubblici esercizi e delle attività commerciali e artigianali in determinate zone del territorio comunale;
   rilevato che:
    prima della piena liberalizzazione dei tempi di apertura degli esercizi commerciali disposta dal citato decreto-legge n. 201 del 2011, la Corte costituzionale ha costantemente ricondotto la disciplina di questo aspetto alla materia del commercio, attribuita alla competenza legislativa residuale Pag. 279delle regioni di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione;
    in particolare, la Corte costituzionale, con le sentenze n. 288 del 2010 e n. 150 del 2011, ha giudicato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate rispetto a norme regionali che dettavano discipline volte a rendere più liberale, rispetto alla normativa nazionale allora vigente, il regime dei tempi di apertura delle attività commerciali: nella sentenza n. 150 citata, in particolare, la Corte ha evidenziato che «la materia “tutela della concorrenza”, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera e), Cost., non ha solo un ambito oggettivamente individuabile che attiene alle misure legislative di tutela in senso proprio, quali ad esempio quelle che hanno ad oggetto gli atti e i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull'assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le modalità di controllo, ma, dato il suo carattere “finalistico”, anche una portata più generale e trasversale, non preventivamente delimitabile, che deve essere valutata in concreto al momento dell'esercizio della potestà legislativa sia dello Stato che delle Regioni nelle materie di loro rispettiva competenza»;
    dopo la piena liberalizzazione disposta dal più volte citato decreto-legge n. 201 del 2011, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 299 del 2012, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalle regioni rispetto alla norma statale di liberalizzazione (articolo 31), stabilendo che la disciplina statale di promozione della concorrenza costituisce un limite alla disciplina che le regioni possono adottare in altre materie di loro competenza; sulla base del medesimo principio, la Corte, con la sentenza n. 27 del 2013, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di una disposizione legislativa regionale (della Toscana) che stabiliva un regime dei tempi di apertura degli esercizi commerciali più restrittivo di quello introdotto dal decreto-legge n. 201;
   considerato che:
    alla luce della giurisprudenza costituzionale sopra richiamata sembra potersi affermare che la competenza legislativa regionale in materia di tempi di apertura degli esercizi commerciali – che viene compressa dalla prevalenza della competenza legislativa statale a stabilire il principio di piena liberalizzazione in questo campo (prevalenza basata sulla tutela della concorrenza, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione) – è destinata a riespandersi nel momento in cui il legislatore statale riduca gli spazi di libertà (come fa il provvedimento in esame), fissando limiti alla facoltà degli esercizi commerciali di decidere i propri tempi di apertura,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  a condizione che:
   la lettera b) dell'articolo 1, comma 1, e gli articoli 2 e 3 siano riformulati in modo da prevedere che le regioni – al fine di assicurare al regime dei giorni e orari di apertura delle attività commerciali destinatarie del provvedimento la necessaria flessibilità rispetto ai diversi territori – possano adottare proprie discipline in materia, in ogni caso garantendo livelli di concorrenza come previsto, a livello nazionale, dall'articolo 1, comma 1, lettera a) del provvedimento in esame;

  e con la seguente osservazione:
   si valuti l'opportunità, in modo da tenere conto dell'evoluzione normativa, di fare riferimento nel testo alle città metropolitane, anziché alle aree metropolitane.