CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 21 gennaio 2014
161.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
ALLEGATO

ALLEGATO

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2011/98/UE relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di Paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro (Atto n. 61).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La XIV Commissione Politiche dell'Unione europea,
   considerato che lo schema di decreto legislativo attua la delega legislativa conferita dall'articolo 1 della legge 6 agosto 2013, n. 96, per recepire la direttiva 2011/98/UE relativa al rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di Paesi terzi al contempo di soggiornare e di lavorare nel territorio di uno Stato membro e definisce un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro;
   osservato che l'istituzione di una procedura unica di domanda volta al rilascio di un titolo combinato che comprenda sia il permesso di soggiorno sia i permessi di lavoro in un unico atto amministrativo è finalizzata alla semplificazione oltre che alla armonizzazione delle relative norme degli Stati membri, con risvolti positivi sia per i migranti, sia per i loro datori di lavoro, consentendo, inoltre, controlli più agevoli sulla regolarità del soggiorno e dell'impiego;
   atteso che la direttiva persegue l'obiettivo di assicurare un insieme comune di diritti ai lavoratori stranieri, che soggiornano in uno Stato membro, in condizioni di parità di trattamento con i cittadini nazionali, in relazione alle condizioni di lavoro, all'istruzione e alla formazione professionale, alla sicurezza sociale, all'accesso a beni e servizi offerti al pubblico e agli altri aspetti connessi con l'occupazione, al fine di ridurre il rischio di concorrenza sleale tra i cittadini dello Stato membro e i cittadini stranieri, e di riconoscere il contributo che i cittadini stranieri apportano, con il loro lavoro e i loro versamenti tributari, allo sviluppo economico dell'Unione;
   considerate sia le finalità generali di semplificazione delle norme di rilascio del permesso di soggiorno unico lavoro richiamate nel considerando 3) alla direttiva 2011/98, quanto l'attuazione del diritto alla parità di trattamento in materia di condizioni di lavoro, di cui all'articolo 12 comma 1 lettera a) della direttiva medesima;
   valutato che lo schema di decreto legislativo non ottempera a molte delle disposizioni previste nella direttiva, sia omettendo di semplificare il rilascio e il rinnovo dei titoli di soggiorno, sia omettendo di rimuovere norme vigenti che impediscono la parità di trattamento per i titolari del permesso unico;
   ribadito che uno degli obiettivi perseguiti dalla direttiva è quello della semplificazione e in particolare quello di una «procedura unica di domanda volta al rilascio di un titolo combinato che comprenda sia il permesso di soggiorno, sia i permessi di lavoro in un unico atto amministrativo» (considerando n. 3) e pertanto Pag. 174non appaiono compatibili con tali obblighi derivanti dalla direttiva 2011/98 le attuali disposizioni contenute nel T.U. immigrazione (articolo 5-bis decreto legislativo n. 286 del 1998) e del suo regolamento di attuazione (articolo 13 comma 2- bis decreto del Presidente della Repubblica n. 394/99) che subordinano il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro alla sottoscrizione del contratto di soggiorno, inclusa la dichiarazione del datore di lavoro attestante la disponibilità del lavoratore di un alloggio idoneo, anche alla luce del fatto che l'attuale previsione normativa appare in contrasto con il principio di parità di trattamento di cui all'articolo 10 della Convenzione OIL n. 143/1975 in quanto prevede un requisito per l'accesso ai rapporti di impiego aggiuntivo rispetto a quelli richiesti al lavoratore nazionale;
   osservato che la procedura attuale di accesso al lavoro degli stranieri titolari di permesso di soggiorno per lavoro subordinato prevista dagli articoli 35 e 36 del decreto del Presidente della Repubblica 394/1999 che prevede prima la stipula del contratto di soggiorno e poi (spesso dopo molti mesi) il rilascio del permesso di soggiorno appare anomala creando un periodo in cui il lavoratore è regolarmente soggiornante e autorizzato al lavoro, ma non è formalmente titolare di un titolo di soggiorno, con grave danno per la sua possibilità di accedere a quei diritti che pure gli dovrebbero essere garantiti dalla sua condizione di regolarità e dalla direttiva (per es.: accesso alle agenzie di intermediazione, diritto a cambiare lavoro, ecc.);
   ritenuto quindi necessario rimuovere tale anomalia che non soddisfa la prescrizione della direttiva di unificazione del permesso di soggiorno e del permesso di lavoro in un unico atto, in quanto ora il permesso di lavoro è rilasciato, sotto forma di contratto, prima del rilascio del permesso di soggiorno;
   ritenuto altresì che la medesima finalità indicata al considerando 13 della direttiva è frustrata anche dall'articolo 36- bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 394/1999 che obbliga alla stipula del contratto di soggiorno per l'instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro, perché il contratto di soggiorno, in quanto richiede un nuovo intervento dell'autorità pubblica, è un'ulteriore autorizzazione pubblica al lavoro, ma tale autorizzazione, ai sensi della direttiva, deve invece considerarsi inglobata nel rilascio del permesso di soggiorno;
   atteso che il citato articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 394/1999 (introdotto dal decreto del Presidente della Repubblica 334/2004) appare comunque superato dall'articolo 17 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (convertito in legge 4 aprile 2012, n. 35) e dunque il recepimento della direttiva dovrebbe costituire anche occasione per sanare questa discrepanza tra fonte legale e disciplina di attuazione;
   osservato, in secondo luogo, che l'articolo 9 lettera d) della direttiva prevede che lo straniero «ha diritto di essere informato dei diritti conferitegli dal permesso» e che la vigente normativa nazionale non contiene alcuna previsione in questo senso, che va pertanto introdotta, quantomeno mediante il rilascio, in sede di consegna del permesso di soggiorno, di un testo in una lingua nota che informi compiutamente lo straniero dei diritti conferitigli dal permesso, da inserirsi al punto 2 dell'accordo di integrazione alla voce (obblighi dello Stato) che nel testo attuale è per la sua genericità, del tutto inidonea a costituire una informazione dei diritti derivati dal permesso;
   considerato che il principio di parità di trattamento in materia di condizioni di lavoro di cui all'articolo 12 comma 1 lettera a) della direttiva 2011/98/UE stabilisce standard minimi, facendo salva la possibilità degli Stati membri di prevedere disposizioni più favorevoli che ne prevedano l'estensione non solo ai rapporti di lavoro già instauranti, ma anche all'accesso alle posizioni lavorative (considerando n. 12 e articolo 13 comma 2);Pag. 175
   ritenuto che permangono nelle normative di settore disposizioni nell'ambito dei rapporti del pubblico impiego e nelle imprese del trasporto pubblico locale e del settore autoferrotranviario che tuttora escludono dall'accesso i cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti con permesso di soggiorno per motivi di lavoro;
   tenuto presente che tali normative continuano a trovare generalizzata applicazione nonostante dovrebbero ritenersi già implicitamente abrogate a seguito dell'evoluzione normativa intervenuta in particolare con l'articolo 2 comma 3 del decreto legislativo n. 286/98 (T.U. immigrazione) e con il principio di parità di trattamento tra lavoratore migrante regolarmente soggiornante e lavoratore nazionale anche nell'ambito dell'accesso al lavoro in esso contenuto per effetto dell'adesione e ratifica dell'Italia alla citata Convenzione OIL n. 143/1975, così come riconosciuto da larghissima giurisprudenza di merito in tema di rapporti di pubblico impiego e da diverse pronunce relative ai rapporti di impiego nelle imprese del trasporto pubblico urbano ed extraurbano (Tribunale di Milano, ordinanza 20 luglio 2009; Tribunale di Torino, ordinanza 13 ottobre 2013);
   richiamato l'ordine del giorno n. 9/1327/4 a firma dei deputati G. Guerini, L. Pastorino, F. Bonomo, L. Ricciatti accolto dal Governo nella seduta della Camera dei deputati del 31 luglio 2013, nel quale si richiede una disciplina compiuta dell'ambito relativo all'accesso ai concorsi pubblici da parte dei cittadini di Stati non appartenenti all'UE, in cui si chiarisca che l'unico requisito per l'accesso è costituito dal possesso di un titolo di soggiorno che consenta attività lavorativa;
   considerato in terzo luogo che la direttiva 2011/98 prevede il diritto alla parità di trattamento per i lavoratori di paesi terzi nei settori della sicurezza sociale definiti dal Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e che, al contrario di quanto asserito dal Governo nella relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo, la nozione di «sicurezza sociale» non deve essere intesa nell'accezione propria del diritto interno e quindi limitata alle prestazioni nell'ambito pensionistico ed aventi carattere contributivo, bensì in quella propria del diritto dell'Unione europea sulla base della lettura combinata degli articoli 3 comma 3, e 70 del Regolamento n. 883/2004, che include tra le prestazioni di «sicurezza sociale» non solo quelle prettamente pensionistiche, ma anche quelle «miste», ovvero aventi carattere assistenziale da un lato in quanto non sorrette da meccanismi contributivi e finanziate dalla fiscalità generale, ma che dall'altro costituiscono diritti soggettivi, in quanto criteri e condizioni per l'accesso sono regolati dalla normativa interna senza margini di discrezionalità lasciati alle Pubbliche Amministrazioni. Ne consegue che, nello specifico, vadano ricomprese nella nozione di «sicurezza sociale» innanzitutto quelle prestazioni elencate nell'allegato X (già allegato II-bis) al Regolamento 883/2004, introdotto con Regolamento (CE) n. 988/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009, così come le «prestazioni familiari» ovvero quelle «prestazioni in natura o in denaro destinate a compensare i carichi familiari» (articolo 3 c. 1 lett. j) e articolo 1 lett. z) Reg. CE n. 883/2004), inclusi gli assegni speciali di nascita o di adozione, in quanto l'Italia non ha menzionato alcuno di essi nell'apposito allegato I al Regolamento. Per l'Italia l'elenco delle prestazioni incluse nel citato allegato X sono:
    a) pensioni sociali per persone sprovviste di reddito (legge n. 153 del 30 aprile 1969);
    b) pensioni, assegni e indennità per i mutilati e invalidi civili (leggi n. 118 del 30 marzo 1971, n. 18 dell'11 febbraio 1980 e n. 508 del 23 novembre 1988);
    c) pensioni e indennità per i sordomuti (leggi n. 381 del 26 maggio 1970 e n. 508 del 23 novembre 1988);Pag. 176
    d) pensioni e indennità per i ciechi civili (leggi n. 382 del 27 maggio 1970 e n. 508 del 23 novembre 1988);
    e) integrazione delle pensioni al trattamento minimo (leggi n. 218 del 4 aprile 1952, n. 638 dell'11 novembre 1983 e n. 407 del 29 dicembre 1990);
    f) integrazione dell'assegno di invalidità (legge n. 222 del 12 giugno 1984);
    g) assegno sociale (legge n. 335 dell'8 agosto 1995);
    h) maggiorazione sociale (articolo 1, commi 1 e 12 della legge n. 544 del 29 dicembre 1988 e successive modifiche);
   rilevato che permangono nella normativa nazionale clausole di esclusione di lavoratori di Paesi terzi da prestazioni sociali che rientrano a pieno titolo nella nozione di «sicurezza sociale» richiamata dalla direttiva europea 2011/98 e che, pertanto, tali clausole risultano incompatibili con la direttiva medesima;
   considerato che il mancato adeguamento di tali normative agli obblighi risultanti dalla direttiva 2011/98 esporrebbe il nostro paese al rischio di possibili procedure di infrazione del diritto UE;
   ritenuto perciò che ai fini di un corretto recepimento della direttiva sia necessario abrogare il requisito del permesso di soggiorno di lungo periodo nelle ulteriori disposizioni di legge che ancora lo prevedono e cioè a) articolo 65 legge 448/98 e successive modifiche, che istituisce l'assegno INPS ai nuclei familiari con almeno tre figli minori (si tratta infatti di una «prestazione familiare» ai sensi del Regolamento CE n. 883/2004 e rientra pertanto nel campo di applicazione della direttiva); b) articolo 74 del decreto legislativo n. 151/2001 in tema di assegno di maternità di base (si tratta anche in questo caso di una «prestazione familiare» ai sensi del Regolamento n. 883 cit., non compresa nell'allegato I a detto regolamento); c) «carta acquisti» di cui all'articolo 81 decreto-legge n. 112/2008, convertito nella legge n. 133/2008 (c. 32) («carta acquisti» riservata agli anziani over 65 e bambini under 3); d) «carta acquisti sperimentale» di cui all'articolo 60 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, poi convertito in legge n. 35/2012, ed integrato dalle disposizioni di cui al decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99 («carta acquisti sperimentale» per i Comuni con più di 250 mila abitanti e per i Comuni delle Regioni del Mezzogiorno); e) articolo 19 comma 18 legge n. 2/2009 («carta bambini»: rimborso delle spese per pannolini e latte artificiale);
   considerato in quarto luogo che l'articolo 12 comma 1 lettera g) della direttiva 2011/98 prevede a favore dei lavoratori di Paesi terzi la parità di trattamento nell'accesso ai beni e servizi offerti al pubblico, incluse le procedure per l'ottenimento di un alloggio;
   ritenuto che l'articolo 40, comma 6 decreto legislativo n. 286/1998 in materia di accesso dei cittadini di Paesi terzi agli interventi relativi al «diritto sociale all'abitazione» sembra già soddisfare le esigenze di un equilibrato bilanciamento tra principio di parità di trattamento da un lato e requisiti di sufficiente radicamento sociale dello straniero volti ad assicurare efficacia e razionalità amministrativa dell'intervento sociale nel settore abitativo dall'altro, mediante la previsione del requisito del possesso del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti ovvero del permesso di soggiorno di durata almeno biennale, accompagnato in quest'ultimo caso dall'ulteriore requisito dell'esercizio dell'attività lavorativa, requisiti che rientrano entro i poteri di «deroga» consentiti dall'articolo 12 c. 2 lettera d) sub. i) della direttiva 2011/98;
   rilevato invece che non appare conforme al principio di parità di trattamento di cui alla direttiva 2011/98 l'articolo 11, comma 13, della legge n. 133/2008, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 112/2008, modificativo dell'articolo 11 della legge n. 431/98, che ha subordinato per i soli cittadini stranieri Pag. 177(extra UE) l'accesso al Fondo nazionale per il sostegno alle abitazioni in locazione al requisito del possesso del certificato storico di residenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione;
   rilevato infatti che tale requisito di anzianità di residenza, valido solo per i cittadini di Paesi terzi, fonda una «discriminazione diretta» incompatibile con il principio costituzionale di eguaglianza che non ammette distinzioni tra cittadini e non nell'accesso ai diritti fondamentali, cui appartiene pure il diritto sociale all'abitazione (in proposito Corte Cost., sentenza n. 61/2011);
   rilevato ugualmente che la norma appare già incompatibile con il principio di parità di trattamento in materia di prestazioni di assistenza sociale di cui alla direttiva 109/2003 sui lungo soggiornanti, così come recepita con il decreto legislativo n. 3/2007, come si evince dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea nel caso Kamberaj c. Provincia di Bolzano (sentenza 24 aprile 2012 causa C-571/10);
   osservato in quinto luogo che lo schema di decreto legislativo non prevede una sostanziale semplificazione delle procedure di conversione, di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno unico, ma che anzi aumenta la durata dei termini per il rilascio del permesso unico rispetto ai termini vigenti dal 1998 (da 20 a 60 giorni per il rilascio del permesso di soggiorno e da 40 a 60 giorni per il rilascio del nulla osta alla assunzione) e che anche tale allungamento appare in contrasto con l'effetto utile perseguito dalla direttiva cioè la semplificazione e un alleggerimento degli oneri burocratici;
   rilevato in particolare che ai sensi dell'articolo 10 della direttiva, l'importo dei diritti richiesti per il rilascio del permesso unico lavoro deve essere proporzionato e basato sui servizi effettivamente prestati per il trattamento delle domande, il che comporta la necessità di riformare l'attuale sistema delle tariffe e dei costi per il rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno;
   osservato in sesto luogo che lo schema di decreto legislativo non prevede una semplificazione delle procedure di riconoscimento dei titoli di studio e delle qualifiche professionali, come invece prevede l'articolo 12, par. 1, lettera d) della direttiva;
   osservato infine che lo schema di decreto legislativo non ottempera alla parità di trattamento per l'ottenimento di un alloggio, di cui all'articolo 12, par. 1 lett. g) della direttiva,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) in ottemperanza alla procedura unica di rilascio e rinnovo del permesso unico e dell'eguaglianza di trattamento previsti dagli artt. 4, 6 e 12, par. 1, lett. a) della direttiva, il decreto legislativo abroghi la stipula del contratto di soggiorno come requisito per la costituzione di rapporti di lavoro del lavoratore di Paese terzo titolare del permesso unico successivi ai rapporti di lavoro dopo il primo ingresso e come requisito per il rinnovo del permesso unico, mantenendola soltanto nell'ambito delle procedure di primo ingresso per lavoro subordinato;
   2) in ottemperanza all'articolo 9 lettera d) della direttiva, il decreto legislativo preveda che lo straniero titolare del permesso unico sia informato dei diritti conferitegli dal permesso, mediante il rilascio, in sede di consegna del permesso di soggiorno, di un testo in una lingua nota che informi compiutamente lo straniero dei diritti conferitigli dal permesso, da inserirsi al punto 2 dell'accordo di integrazione alla voce «obblighi dello Stato»;
   3) in ottemperanza all'eguaglianza di trattamento prevista dall'articolo 12, par. 1, lettera a) della direttiva, il decreto legislativo preveda anche per i cittadini di Paesi terzi titolari di permesso unico l'accesso al pubblico impiego alle medesime condizioni previste dall'articolo 38 decreto Pag. 178legislativo n. 165/2001 per i cittadini dell'Unione europea e per i loro familiari, per i titolari di permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti e per i rifugiati e titolari di protezione sussidiaria;
   4) in ottemperanza all'eguaglianza di trattamento prevista dall'articolo 12, par. 1, lettera a) della direttiva il decreto legislativo preveda l'abrogazione espressa del requisito di cittadinanza italiana contenuto all'articolo 10 c. 1 del «Regolamento contenente disposizioni sullo stato giuridico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione» di cui all'allegato A del R.D. n. 148/1931 recante «Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie, e linee di navigazione interna in regime di concessione» e in quanto tale requisito di cittadinanza è altresì applicabile anche ai lavoratori dei servizi di trasporto pubblico urbano ed extraurbano per effetto delle leggi 3 novembre 1952, n. 628, e 22 settembre 1960, n. 1054;
  e con le seguenti osservazioni:
   valuti il Governo l'opportunità di inserire nel decreto legislativo:
    a) in ottemperanza all'eguaglianza di trattamento prevista dall'articolo 12, par. 1, lettera e) della direttiva il decreto legislativo, abroghi espressamente l'articolo 80 c. 19 della legge n. 388/2000 che prevede il possesso della carta di soggiorno o permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti quale requisito per l'accesso dei cittadini di Paesi terzi all'assegno sociale e alle provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali, tra cui tutte le prestazioni sociali collegata alla condizione di disabilità, anche in considerazione della consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze n. 40/2013, 329/2011, 187/2010, 285/2009, 11/2009, 306/2008, 324/2006) che ne ha riconosciuto l'illegittimità costituzionale, con conseguente ripristino dell'efficacia dell'articolo 41 del decreto legislativo n. 286/1998;
    b) in ottemperanza all'eguaglianza di trattamento prevista dall'articolo 12, par. 1, lett. e) della direttiva il decreto legislativo preveda espressamente l'estensione anche ai cittadini di Paesi terzi titolari di un permesso unico dell'assegno INPS ai nuclei familiari numerosi con almeno tre figli minori di cui all'articolo 65 legge n. 448/98 e successive modifiche, trattandosi a tutti gli effetti di una «prestazione familiare» ai sensi del Regolamento (CE) n. 883/2004;
   c) in ottemperanza all'eguaglianza di trattamento prevista dall'articolo 12, par. 1, lett. e) della direttiva il decreto legislativo preveda espressamente l'estensione anche alle cittadine di Paesi terzi titolari di un permesso di soggiorno unico lavoro l'assegno di maternità comunale di cui all'articolo 74 del decreto legislativo n. 151/2001, trattandosi a tutti gli effetti di una «prestazione familiare» ai sensi del Regolamento (CE) n. 883/2004 e non essendo tale assegno speciale di nascita menzionato nell'allegato I al Regolamento (CE) n. 883/2004 (articolo 1 lett. z) del Regolamento 883/2004;
    d) in ottemperanza all'eguaglianza di trattamento prevista dall'articolo 12, par. 1, lettera e) della direttiva il decreto legislativo preveda espressamente l'estensione anche ai cittadini di Paesi terzi titolari di permesso unico, a) della «carta acquisti» di cui all'articolo 81 decreto-legge n. 112/2008, convertito nella legge n. 133/2008 (c. 32) («carta acquisti» riservata agli anziani over 65 e bambini under 3), b) della «carta acquisti sperimentale» di cui all'articolo 60 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, poi convertito in legge n. 35/2012, ed integrato dalle disposizioni di cui al decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99 («carta acquisti sperimentale» per i Comuni con più di 250 mila abitanti e per i Comuni delle Regioni del Mezzogiorno), trattandosi a tutti gli effetti Pag. 179di «prestazioni familiari» nell'accezione di diritto europeo ovvero di «prestazioni miste» (di assistenza sociale aventi natura di diritto soggettivo), c) della «carta bambini» (rimborso delle spese per pannolini e latte artificiale) prevista all'articolo 19 comma 18 legge n. 2/2009);
    e) in ottemperanza all'eguaglianza di trattamento prevista dall'articolo 12, par. 1, lett. e) della direttiva il decreto legislativo preveda espressamente l'abrogazione dell'articolo 20 comma 10 decreto-legge n. 112/2008, convertito con legge n. 133/2008, che ha introdotto un requisito di anzianità di residenza decennale in Italia ai fini dell'accesso all'assegno sociale a partire dal 1o gennaio 2009, il che costituisce una discriminazione «indiretta» o «dissimulata» a danno degli stranieri, in quanto tale criterio di anzianità di residenza appare più facile da soddisfare per i cittadini nazionali rispetto ai cittadini stranieri e non appare sorretto da una finalità obiettiva perseguita con criteri di proporzionalità, anche tenendo conto che con riferimento ai profili di violazione dei principi della cittadinanza europea e della libera circolazione dei cittadini di Paesi membri dell'UE e dei loro familiari, la norma di cui alla legge n. 133/2008 è già oggetto di una procedura preliminare di infrazione del diritto UE avviata dalla Commissione europea nei confronti della Repubblica Italiana (PILOT n. 2384/11/JUST);
    f) avvalendosi della facoltà di deroga prevista dall'articolo 12 comma 2 lettera b) della direttiva 2011/98, in considerazione delle conseguenze per la spesa pubblica derivanti dall'allargamento dei beneficiari delle prestazioni sociali, il decreto legislativo preveda che l'estensione dell'accesso all'assegno sociale e alle prestazioni indicati nei punti sub 5), 6), 7), 8), sia disposta soltanto in favore dei cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti titolari di permesso di soggiorno CE, dei familiari di cittadini dell'Unione europea residenti in Italia, dei beneficiari di protezione internazionale, nonché ai titolari del permesso unico che possano dimostrare lo svolgimento di un'attività lavorativa o la pregressa attività lavorativa per un periodo di almeno sei mesi unitamente alla registrazione come disoccupati nei centri per l'impiego;
    g) l'abrogazione espressa dell'articolo 11 comma 13 della legge n. 133/2008, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 112/2008, modificativo dell'articolo 11 della legge n. 431/98, nella parte in cui per i soli cittadini stranieri (extra UE) si prevede che l'accesso al Fondo nazionale per il sostegno alle abitazioni in locazione sia limitato al requisito del possesso del certificato storico di residenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione;
    h) il rilascio del permesso unico ai cittadini di paesi terzi titolari di visto di ingresso per lavoro subordinato ovvero che sulla base di un regolare rapporto di lavoro ottengano la conversione di qualsiasi tipo di permesso di soggiorno rilasciato per motivi non lavorativi ovvero che al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo erano titolari di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, anche in corso di rinnovo e preveda altresì che in tutte le norme vigenti il permesso unico sostituisca i permessi di soggiorno per lavoro subordinato;
    i) la parità di accesso agli alloggi, incluso l'accesso al credito, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, alle altre forme di agevolazione e intermediazione, a favore dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti in Italia;
    j) la piena equiparazione dei cittadini di Stati terzi regolarmente soggiornanti in Italia ai cittadini italiani per quanto concerne l'autocertificazione della situazione reddituale e patrimoniale;
    k) forme di semplificazione e di snellimento delle procedure di rilascio dei visti e dei permessi di soggiorno per motivi di studio e delle procedure di riconoscimento dei titoli di studio e delle qualifiche professionali degli stranieri regolarmente soggiornanti;Pag. 180
    l) la riparametrazione dell'importo delle tasse per il trattamento delle domande di rilascio o di rinnovo del permesso unico in conformità con l'articolo 10 della direttiva, in modo che sia proporzionato e basato sui servizi effettivamente prestati per il trattamento delle domande;
    m) misure volte a garantire una sostanziale abbreviazione delle procedure di conversione, di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno unico, tenuto conto che l'aumento della durata dei termini per il rilascio del permesso unico rispetto ai termini vigenti dal 1998 (da 20 a 60 giorni per il rilascio del permesso di soggiorno e da 40 a 60 giorni per il rilascio del nulla osta alla assunzione), introdotto dal decreto legislativo in esame, appare in contrasto con l'obiettivo della semplificazione degli oneri burocratici perseguito dalla direttiva.