CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 12 dicembre 2013
139.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-01706 Segoni: Sull'attuazione degli impegni recati dalla mozione 1-00114 approvata dalla Camera dei deputati il 26 giugno 2013.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione a risposta immediata presentata dall'onorevole Segoni, incentrandosi sugli impegni assunti in sede di approvazione della Mozione n. 1-00114 presentata dallo stesso onorevole e vertente sull'utilizzo del suolo e sul dissesto idrogeologico, chiede, in particolare, quali siano le iniziative assunte per far fronte agli impegni presi.
  In questi anni il modello di sviluppo seguito dal Paese ha avuto come immediata conseguenza un incremento delle criticità ambientali e, fra queste, un ruolo di primo piano va dato ai sempre più gravi fenomeni di dissesto idrogeologico che spesso, si traducono ogni anno in eventi catastrofi con perdite di vite umane ed ingenti danni al patrimonio infrastrutturale del nostro Paese.
  Pertanto, la riduzione del rischio idrogeologico e la difesa del suolo, visto che 5581 comuni italiani ricadono in aree classificate a potenziale rischio idrogeologico costituiscono una grande emergenza nazionale alla quale il Ministero dell'ambiente, anche se privo di ingenti risorse economiche, sta cercando di porre rimedio.
  La mancata manutenzione del suolo, lo scorretto uso del territorio, nonché l'eccessiva urbanizzazione, sono tutte pratiche scorrette che hanno portato, anno dopo anno, all'intensificarsi dei fenomeni di dissesto. Ecco perché i vincoli posti sul territorio a tutela dell'incolumità pubblica e delle infrastrutture, nonché dei luoghi abitativi, non vanno considerati come un ostacolo alla crescita ed allo sviluppo, ma vanno visti come un mezzo capace di salvaguardare le vite umane e il patrimonio esistente.
  Tali vincoli, posti dagli strumenti di pianificazione di bacino, devono essere recepiti dagli enti locali nella disciplina urbanistica di settore e l'aggiornamento degli strumenti conoscitivi è affidato alle Autorità di bacino ed alle regioni. In merito a ciò, il Ministero dell'ambiente è impegnato a seguire le attività relative all'attuazione della direttiva 2007/60 in materia di pericolosità e rischio alluvioni per la quale, a breve, verranno portate all'attenzione dei rispettivi Comitati Istituzionali le mappe della pericolosità e del rischio alluvioni che contengono il quadro aggiornato della situazione dei rispettivi territori con riferimento a tale tipologia di fenomeno.
  Un altro elemento di grave criticità è la realizzazione di opere abusive in aree ad elevato rischio idrogeologico. Infatti, se si riassumono mentalmente tutti i più gravi fenomeni naturali estremi che hanno interessato il nostro Paese, è facile constatare come le conseguenze più rilevanti in termini di perdita di vite umane e di costi per la messa i sicurezza ed il ripristino dell'assetto del territorio si sono verificate proprio laddove sono state realizzate opere abusive.
  Si tratta di un fenomeno che, in modo selettivo, deve essere controllato in ogni modo proprio per le conseguenze che ne derivano.
  È per questo che il Ministero ha proposto di istituire un apposito fondo per fornire ai comuni le risorse necessarie per l'abbattimento di opere abusive realizzate Pag. 237in aree a grave rischio idrogeologico. Una misura di ripristino la cui efficacia può costituire un elemento fortemente dissuasivo per la realizzazione di nuovi abusi.
  Occorre, quindi, ricercare un nuovo equilibrio nelle relazioni fra economia, società ambiente ed istituzioni ed una nuova prospettiva che porti a valutare come lo sviluppo sostenibile sia la strada da seguire per evitare un consumo inappropriato del suolo e delle sue risorse.
  Un Paese come il nostro, a rischio idrogeologico diffuso ed elevato, prima ancora di progettare opere e strutture artificiali per contenere ed affrontare il dissesto, deve, infatti, tutelare il patrimonio esistente e, anzitutto, ecosistemi e biodiversità in grado di produrre straordinarie difese naturali agli eventi idrogeologici intensi. Restituire più spazio ai corsi d'acqua e ridurre il consumo del suolo sono senza dubbio azioni prioritarie.
  La difesa del suolo, infatti, è anzitutto un uso corretto del suolo secondo linee fondamentali che devono divenire patrimonio comune di tutte le Amministrazioni, dal Governo centrale agli enti locali.
  Fra le priorità del Ministero dell'ambiente, vi è stata quella di procedere alla definizione di una iniziativa legislativa che ponesse dei limiti al consumo del suolo, puntando in tal modo sulla trasformazione del tessuto urbano esistente e non sulla realizzazione di nuove edificazioni, attraverso uno strumento normativo che unisca vincoli ed incentivi. Tale iniziativa è stata frutto di una proficua attività di collaborazione con il Ministero delle politiche agricole che avrà modo di continuare, considerati i molteplici aspetti di interesse comune.
  Peraltro, l'ostacolo maggiore, che costituisce una costante quando si affrontano le tematiche del dissesto idrogeologico, è rappresentato sicuramente dalla scarsità delle risorse disponibili, considerato anche che queste, una volta destinate al finanziamento di interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico, spesso vengono distolte da tali finalità per far fronte ai costi delle riparazioni dei danni causati da eventi alluvionali nel frattempo occorsi. Inoltre, i vincoli derivanti dal Patto di stabilità interno, spesso impediscono di utilizzare i fondi già disponibili per la realizzazione degli interventi di mitigazione.
  Più volte il Ministero dell'ambiente ha sostenuto la necessità, quindi, di svincolare dal Patto di stabilità le opere per il dissesto idrogeologico, nonché di prevedere, di concerto con i soggetti istituzionali competenti, un Fondo per la difesa del suolo e la riduzione del rischio idrogeologico che possa servire per il finanziamento di un Piano organico e strutturale che preveda anche il coinvolgimento del territorio e delle imprese agricole e forestali, nonché la creazione di condizioni per attivare delle partnership pubblico-private.
  Nell'atto camera 1865, legge di stabilità 2014, è prevista una autorizzazione di spesa per il finanziamento degli interventi di mitigazione del dissesto, di 30 milioni di euro per il 2014, 50 per il 2015 e 100 per il 2016.
  Da quanto detto, appare chiara la positiva attività del Ministero dell'ambiente per far fronte agli impegni presi nell'approvazione della mozione di cui trattasi e, nel far notare come le risorse disponibile per affrontare un così grave problema siano abbastanza esigue, non manca l'impegno per assumere tutte le iniziative necessarie per far sì che, nei limiti delle risorse disponibili e dei vincoli di finanza pubblica, le predette risorse vengano incrementate.
  Non mancherà neanche l'impegno nel sollecitare le altre amministrazioni affinché, per quanto di loro competenza, diano corso agli altri impegni esposti nella mozione.

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ALLEGATO 2

5-01707 Terrosi: Sulla verifica dell'impatto ambientale di un progetto per la realizzazione di due centrali geotermiche nell'Altopiano dell'Alfina.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito all'interrogazione a risposta immediata presentata dall'onorevole Terrosi, dove si chiede di conoscere le «iniziative del Ministro dell'ambiente per individuare e scongiurare il reale rischio documentato di sismicità indotta da impianti geotermici, nell'altopiano dell'Alfina e zone limitrofe», si rappresenta quanto segue.
  Il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, modificato dal decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 e dall'articolo 28 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 ha previsto che al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale sono considerati di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale, di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza e con potenza nominale installata non superiore a 5 MW elettrici per ciascuna centrale.
  Si tratta, dunque, di impianti di taglia non elevata, generalmente caratterizzati da ridotti dimensioni e impatti ambientali, realizzati al fine di verificare la profittabilità industriale di questa nuova tipologia di impianti a emissioni nulle o ridottissime.
  L'autorità competente per il conferimento dei relativi titoli minerari è il Ministero dello sviluppo economico, il quale, acquisito il decreto di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM), rilascia il permesso, d'intesa con la regione interessata.
  Il procedimento di rilascio di un permesso di ricerca di risorse geotermiche finalizzato alla sperimentazione di impianti pilota è, dunque, istruito e curato dal Ministero dello sviluppo economico – DGRME.
  L'interrogazione in questione fa riferimento ad un'istanza presentata dalla società ITW-LKW Geotermia Italia il 19 luglio 2011, per la quale è stato espresso parere favorevole dalla Commissione Idrocarburi e Risorse Minerarie (CIRM) in data 11 luglio 2012, e attualmente in istruttoria.
  Il Ministero dello sviluppo economico, che è a conoscenza dei pareri negativi espressi dagli Enti Locali, emessi sulla base di paventati timori connessi ai temi della sismicità e della compromissione delle acque di falda, è attualmente in attesa degli esiti della VIA dal Ministero dell'Ambiente.
  Infatti, il 2 ottobre 2013 la società ITW&LKW Geotermia Italia Spa ha presentato ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, l'istanza di valutazione di impatto ambientale con il progetto di realizzazione di un impianto pilota geotermico denominato «Castel Giorgio» comune di Castel Giorgio (Terni), che prevede la realizzazione di un impianto pilota capace di generare energia elettrica e calore, senza emissioni nell'ambiente. Tale progetto prevede la perforazione di 9 pozzi per la realizzazione di un impianto per l'immissione in rete di 5 MW di potenza elettrica.Pag. 239
  Successivamente, il 16 ottobre 2013 il Ministero dell'ambiente ha comunicato all'organo proponente che dall'esame preliminare la detta istanza di VIA non risultava procedibile, in quanto carente relativamente ai contenuti degli avvisi di stampa, necessari ai fini della consultazione della documentazione di progetto e dello studio d'impatto ambientale e la formulazione di osservazioni da parte del pubblico.
  Tali avvisi, pubblicati sui quotidiani La Stampa edizione nazionale, Il Tempo regionale del Lazio e Il Corriere dell'Umbria del 3 ottobre 2013, non riportavano, come previsto dall'articolo 24, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, la descrizione dei «possibili impatti ambientali» del progetto, e non citavano tra i Comuni territorialmente interessati al progetto medesimo il Comune di Castel Viscardo.
  Colmate le carenze sopra evidenziate, con nota in data 6 novembre 2013 è stata comunicata alla Società predetta e a tutte le Amministrazioni interessate, la procedibilità dell'istanza.
  Relativamente a quanto rappresentato nell'interrogazione in ordine alla difformità del progetto che a suo tempo ha ottenuto il parere favorevole della Commissione Idrocarburi Minerarie del Ministero dello sviluppo economico e il progetto presentato al Ministero dell'ambiente per la VIA, si evidenzia che la Direzione Generale competente di questo Ministero, messa al corrente di tale circostanza tramite una lettera di un'associazione ambientalista con nota in data 22 novembre 2013 ha prontamente chiesto chiarimenti del caso al competente ufficio dello sviluppo economico e, sulla base dei chiarimenti che saranno forniti, verranno adottate determinazioni più opportune sul prosieguo del procedimento di VIA.

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ALLEGATO 3

5-00811 Mannino: Sul riconoscimento del sito di importanza comunitaria «Isola Correnti, pantani di Pineta Pilieri, chiusa dell'Alga e Parrino».
5-00812 Mannino: Sul riconoscimento del sito di interesse comunitario «Cala rossa e Capo Rama».

TESTO DELLA RISPOSTA

  In relazione agli atti di sindacato ispettivo n. 5-00811 e 5-00812 presentate dall'onorevole Mannino ed altri, atteso la rilevanza delle questioni prospettate che investono i diversi aspetti circa il regime di conservazione dei siti di importanza comunitaria ex Direttiva Habitat, nel ritenere utile premettere alcune considerazioni di carattere generale, si ritiene anche opportuno, visto i diversi punti in comune, rispondere congiuntamente.
  Nel nostro Paese la direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche (denominata più semplicemente «direttiva Habitat») è stata recepita con il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 il quale dispone, in particolare, all'articolo 3, comma 1, che le regioni «individuano i siti in cui si trovano tipi di habitat elencati nell'allegato A ed habitat di specie di cui all'allegato B e ne danno comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ai fini della formulazione alla Commissione europea, da parte dello stesso Ministero, dell'elenco dei proposti siti di importanza comunitaria per la costituzione della rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione denominata “Natura 2000”».
  È previsto che la Commissione Europea approvi con decisione l'elenco dei siti di importanza comunitaria per ogni regione biogeografica, alla cui pubblicazione – per quelli italiani – provvede con proprio decreto il Ministero dell'ambiente.
  In base al successivo comma 2 del medesimo articolo 3, i «siti di importanza comunitaria» (SIC) sono quindi designati quali «zone speciali di conservazione» (ZSC) con decreto del Ministero dell'ambiente adottato d'intesa con ciascuna regione interessata, entro il termine massimo di sei anni dalla definizione, da parte della Commissione Europea, dell'elenco dei siti.
  In base al decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 la competenza della gestione di Rete Natura 2000 è posta in capo alle regioni e alle province autonome, cui spetta la definizione degli obiettivi di conservazione e l'individuazione, mediante proprio atto, delle misure di conservazione funzionali alla designazione delle ZSC.
  A tal fine, la competente Struttura del Ministero dell'ambiente ha attivato, a partire dal 2009, incontri bilaterali con le singole regioni per verificare le misure di conservazione e analizzare le eventuali problematiche evidenziate dalla Commissione Europea, relative ai dati contenuti nei Formulari Standard Natura 2000 dei singoli siti, senza la cui risoluzione non è possibile procedere alla designazione delle ZSC.
  L'intero processo di designazione delle ZSC ha subito un conseguente ritardo, non limitato alla sola Italia, anche a seguito dei Pag. 241lavori comunitari che hanno evidenziato la necessità di procedere ad aggiornamenti progressivi delle informazioni relative ai siti individuati dagli Stati membri.
  Nel dettaglio, si è provveduto, su indicazione della Commissione Europea, ad aggiornare annualmente le informazioni contenute nei Formulari. A seguito di tali aggiornamenti è stato necessario, per ogni singolo invio, attendere l'approvazione della Commissione, che solitamente emana la relativa Decisione ad un anno di distanza dal ricevimento delle proposte di modifica degli Stati membri (e, infatti, ad oggi si è ancora in attesa dell'approvazione delle modifiche inviate nell'ottobre 2012).
  In tali condizioni, non essendo ancora consolidate le informazioni relative ai singoli siti (per quanto attiene ad habitat, specie ed eventuale ampliamento dei confini), risultava non opportuno procedere alla designazione delle ZSC.
  Solo recentemente la Commissione Europea ha manifestato la sua intenzione di non prevedere più aggiornamenti annuali, rendendo quindi effettiva la cadenza stabilita dalla Direttiva Habitat (6 anni) per la trasmissione delle informazioni sui siti e, in generale, sull'attuazione della Direttiva stessa. Il Ministero dell'ambiente ha provveduto, conseguentemente, ad avviare il processo di designazione partendo dalle situazioni regionali maggiormente consolidate.
  La Sicilia, in particolare, è una delle regioni che, pur essendosi dotata negli ultimi anni di Piani di gestione, registrava, tuttavia, una serie di problemi relativi ai dati dei Formulari Standard che solo nel 2012 sono stati correttamente aggiornati, anche in coerenza con le informazioni contenute nei suddetti Piani di gestione.
  Per quanto riguarda la redazione di quest'ultimi, la Regione Siciliana, con l'azione 3 «Piani di gestione dei siti Natura 2000» della Misura 1.11 del complemento di programmazione al POR Sicilia 2000-2006 «Sistemi territoriali integrati ad alta naturalità», (Del. G.R. n. 327 dell'8 agosto 2007), ha attivato il processo di pianificazione dei siti Natura 2000 e con il D.D.G. n. 502 del 6 giugno 2007 ha individuato i Piani di gestione da redigere, i Beneficiari finali ed ha impegnato su apposito capitolo regionale le somme occorrenti per il finanziamento di ciascun piano.
  La situazione ad oggi, secondo i dati forniti dalla stessa Regione risalenti al giugno 2013, è la seguente: sono stati redatti 58 Piani di Gestione della rete Natura 2000 che accorpano 218 siti dei complessivi 238 siti (SIC e ZPS) nei quali sono inserire le azioni volte alla tutela e conservazione degli habitat presenti nelle medesime aree.
  Esiste ampia sovrapposizione tra i siti Natura 2000 e le aree protette regionali (riserve naturali e parchi istituiti ai sensi delle leggi regionali n. 98 del 1981 e n. 14 del 1988). Tale sovrapposizione consente di avere vari regimi di protezione applicati ai siti. Ad ogni buon conto la Regione sta predisponendo le misure di conservazione di cui all'articolo 6 della Direttiva Habitat per tutti i siti.
  Più specificatamente nel merito di quanto richiesto espressamente dagli interroganti, alla luce di quanto sopra, si può prevedere di predisporre a breve un primo decreto di designazione delle ZSC della Regione Sicilia con riferimento ai siti per i quali è intervenuta l'approvazione definitiva dei Piani di gestione, sempre che gli stessi contengano i requisiti minimi richiesti dalla Commissione Europea (misure, specie ed habitat specifiche).
  Premesso quanto sopra, si pone ora l'attenzione su quanto segnalato con l'interrogazione n. 5-00812.
  Essa fa riferimento al rilascio in data 29 maggio 2012 di una concessione demaniale da parte dell'Assessorato Territorio e Ambiente della regione Sicilia alla Società DUEGGI a.r.l., della durata di 6 anni, avente come oggetto l'installazione della struttura, denominata «Solarium», adibita a ristorante, punto di ristoro e di somministrazione di cibo e bevande e intrattenimento notturno in un'area di 2.995,6 metri quadri.
  L'area in questione è interamente compresa nel SIC ITA 020009 «Cala Rossa e Capo Rama» e contigua alla Riserva Naturale Pag. 242Orientata «Capo Rama», istituita con Dec.Ass. n. 274/44 del 23 giugno 2000, i cui limiti orientali distano circa 1 chilometro in linea d'aria.
  Il costone roccioso di Cala Rossa sul quale si trova la struttura, è stato individuato, altresì, come «geosito» e risulta inserito nell'inventario nazionale dei «geositi» dell'ISPRA. Un «geosito», in particolare, può essere definito come località, area o territorio in cui è possibile individuare un interesse geologico o geomorfologico per la sua conservazione. In altre parole, si tratta di siti per i quali attualmente non esiste ancora una specifica normativa di tutela ma che per le loro caratteristiche andrebbero comunque conservati.
  Lo stesso costone roccioso ricade, poi, nel Piano d'Assetto Idrogeologico (P.A.I.) approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 271 del 2 luglio 2007, relativo all'Area Territoriale tra Punta Raisi e il bacino idrografico del fiume Nocella ed area territoriale tra il bacino del fiume Nocella e il bacino del fiume Jato come sito interessato da fenomeni di crollo lungo la falesia costiera.
  Il SIC interessato si estende complessivamente su una superficie di 175 ettari, caratterizzata da coste alte e rocciose, a strapiombo sul mare, in un alternarsi di faraglioni, insenature, grotte e promontori. Al suo interno ricade, per quasi un terzo della sua estensione, la Riserva Naturale Orientata (RNO) «Capo Rama».
  Per la regione Sicilia il regime di tutela dei SIC è definito dal Dec.Ass. del 22 ottobre 2007 recante «Disposizioni relative alle misure di conservazioni delle zone di protezione speciale e delle zone speciali di conservazione». Detto decreto, in aggiunta alle misure di conservazione contemplate dalla normativa vigente (direttiva 79/49/CEE, direttiva 92/43/CEE, decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 e successive modificazioni), prevede alcuni divieti specifici. A tali misure possono affiancarsi quelle contenute nei «Piani di gestione» ai sensi dell'articolo 6 della direttiva 92/43/CEE qualora gli strumenti di pianificazione e gestione sovraordinati non garantiscano lo stato di conservazione soddisfacente per le specie e habitat per i quali i SIC/ZPS stessi sono stati designati.
  Il «Piano di gestione» del SIC che qui interessa, in particolare, è stato approvato con prescrizioni con D.D.G. n. 665 del 30 giugno 2009 e risulta pertanto vigente per tutte le parti non comprese nelle prescrizioni. Al suo interno, in linea con il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 3 settembre 2002 recante «Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000», sono individuati gli obiettivi gestionali per il raggiungimento e/o mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente di habitat e specie e le relative azioni da mettere in atto per il suo perseguimento. Pur non essendo presenti divieti specifici all'attività edificatoria, tutte le azioni previste concorrono al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
  Sempre nell'ambito dei regimi di tutela esistenti per l'area interessata, il decreto legislativo n. 42 del 2004 inserisce nelle cosiddette «aree tutelate per legge» ai sensi dell'articolo 142 «i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare». Nel caso di nuove realizzazioni, così, è previsto un articolato procedimento finalizzato all'ottenimento dell'autorizzazione paesaggistica.
Infine, è necessario richiamare le tutele introdotte in Italia dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 dell'8 settembre 1997, e, in particolare, dall'articolo 5, il cui comma 3 prevede che i proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nei SIC/ZTS, ma che possono avere incidenze significative sui siti stessi, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare i principali effetti che detti interventi possono avere sul sito interessato, tenuto conto dei relativi obiettivi di conservazione.Pag. 243
  In altre parole, la valutazione di incidenza ambientale ha lo scopo di accertare preventivamente se determinati progetti possano avere incidenza significativa sui Siti di Importanza Comunitari (SIC) e sulle Zone di Protezione Speciale (ZPS), e ciò al fine di salvaguardare l'integrità dei predetti Siti attraverso l'esame delle interferenze di piani e progetti non direttamente connessi alla conservazione degli habitat e delle specie per cui essi sono stati individuati, ma in grado di condizionarne l'equilibrio ambientale.
  In conclusione, relativamente alla compatibilità (realizzazione e gestione) della struttura denominata «Solarium», adibita a ristorante, punto di ristoro e di somministrazione di cibo e bevande e intrattenimento notturno, con le misure di conservazione che devono essere adottate per evitare il degrado degli habitat naturali presenti all'interno dei siti di importanza comunitaria, si può affermare quanto segue:
   1. Compatibilità ambientale: l'intervento deve rispettare in primo luogo le prescrizioni contenute nel P.A.I. vigente; inoltre, deve essere conforme ai dettami imposti dal vincolo paesaggistico insistente sull'area e rispettare il regime vincolistico relativo al SIC specifico; il giudizio di compatibilità, infine, viene reso dalle competenti strutture, regionali ovvero delegate, all'interno del procedimento di Valutazione di Incidenza Ambientale;
   2. Misure di conservazione: l'intervento non deve porsi in contrasto con le misure di conservazione contenute all'interno del Piano di gestione.

  Sul punto, peraltro, la competente Autorità locale ha trasmesso l'elenco dei provvedimenti abilitativi ed autorizzazioni rilasciati, talora con prescrizioni, a favore della struttura di cui sopra. In particolare, conclude l'elencazione dei provvedimenti autorizzativi precisando che la realizzazione e gestione della stessa struttura, come dimostrato con gli studi ed i sopralluoghi effettuati in sede di valutazione di incidenza ambientale, è compatibile con le prescritte misure di conservazione dell’habitat protetto, anche in relazione alle specifiche prescrizioni formulate in sede di conclusione dei lavori.
  È stato sottolineato, altresì, che il riconoscimento del SIC ITA 020009 «Cala Rossa, Capo Rama» quale zona di conservazione speciale costituisce certamente un riconoscimento importante per la straordinaria unicità del luogo, ritenendo opportuno specificare, tuttavia, che al di là di costituire un impedimento esso deve essere l'occasione per creare nuove opportunità per valorizzare gli ambienti interessati. Viene anche riportato uno stralcio del parere reso dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo con nota del 19 dicembre 2011 che, nell'approvare il progetto ritenendolo compatibile con la natura dei luoghi, ha osservato che esso prevede «il miglioramento del tratto di passeggiata a mare valorizzando i luoghi».
  Per quanto riguarda la segnalazione della Guardia Costiera che viene richiamata dagli interroganti, è stato precisato che essa riguarda esclusivamente l'interdizione delle attività marittime nelle zone di potenziale pericolo e che la realizzata struttura non ricade comunque in aree potenzialmente pericolose.
  Per quanto attiene alla interrogazione n. 5-00811, essa fa riferimento alla concessione demaniale n. 36 del 2013 rilasciata dall'Assessorato Territorio e Ambiente della regione Sicilia per l'apertura di un nuovo stabilimento balneare, con annessi servizi bar e ristorazione, sulla spiaggia antistante l'isola delle Correnti.
  In particolare lo stabilimento oggetto della concessione è stato autorizzato sulla spiaggia antistante l'isola delle Correnti, localizzata in provincia di Siracusa, che ricade all'interno delle seguenti aree vincolate:
   1. SIC ITA 090010 «Isola Correnti, Pantani di Punta Pilieri, chiusa dell'Alga e Parrino»;
   2. ZPS ITA 090029 «Pantani della Sicilia sud-orientale, Morghella, di Marzameni, di Punta Pilieri e Vendicari».

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  Si ricorda che a ciascuna tipologia di area corrisponde uno specifico strumento di gestione ovvero, in caso di assenza, specifiche misure di salvaguardia.
  Relativamente a SIC e ZTS la regione Sicilia ha emanato, come già ricordato, il Dec.Ass. 22 ottobre 2007 che prevede alcuni divieti specifici rispetto alle altre cogenti misure di conservazione.
  In particolare, il Piano di Gestione del SIC ITA 090010 è stato approvato con prescrizioni con D.D.G. n. 673 del 30 giugno 2009. Al suo interno, in linea con il già citato decreto ministeriale 3 settembre 2002, sono individuati gli obiettivi gestionali per il raggiungimento/mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente di habitat e specie e le relative azioni da mettere in atto per il loro perseguimento. Pur non essendo presenti divieti specifici all'attività edificatoria, tutte le azioni previste concorrono al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
  La spiaggia interessata ricade, inoltre, all'interno della Riserva Naturale Orientata «Isola delle Correnti», individuata con le altre 79 Riserve dal Piano Regionale dei Parchi e delle Riserve Naturali. Ad oggi, peraltro, non risulta ancora emanato il Dec.Ass. di istituzione, per cui vigono, per essa, le misure di salvaguardia previste dalle pertinenti disposizioni della legge regionale Sicilia n. 98 del 1981, e successive modificazioni.
  Nell'ambito dei regimi di tutela recati dal decreto legislativo n. 42 del 2004, il Piano Paesaggistico (PP) della provincia di Siracusa risulta essere stato adottato dalla regione Sicilia con Dec.Ass. n. 98 del 2012. Le previsioni per l'area interessata dalla realizzazione dello stabilimento sono contenute nel Titolo III – Norme per paesaggi locali (Art. 39. Paesaggio Locale 19 «Pantani meridionali» e nel Titolo IV – Vincoli e zone di tutela, Art. 40 «Fascia di rispetto costiera» e Art. 42 «Rete Natura 2000 – ZSC e ZPS – e rete ecologica»).
  In conclusione, relativamente alla compatibilità dello stabilimento balneare (realizzazione e gestione) con le misure di conservazione che devono essere adottate per evitare il degrado degli habitat naturali presenti all'interno dei siti di importanza comunitaria interessati, si può affermare quanto segue:
   1. Compatibilità ambientale: l'intervento deve rispettare il regime vincolistico relativo al SIC e alla ZPS, alle norme di salvaguardia della Riserva Regionale, al Piano Paesaggistico della provincia di Siracusa nonché essere conforme ai dettami imposti dal vincolo paesaggistico insistente sull'area concernente i territori costieri; il giudizio di compatibilità, infine, viene reso dalle competenti strutture, regionali ovvero delegate, all'interno del procedimento di Valutazione di Incidenza Ambientale;
   2. Misure di conservazione: l'intervento non deve porsi in contrasto con le misure di conservazione contenute all'interno del Piano di gestione.

  Le problematiche relative sono, sul piano sostanziale, identiche a quelle già trattate con riferimento alle opere autorizzate nel SIC ITA 020009 «Cala Rossa e Capo Rama» e oggetto dell'altra interrogazione n. 5-00811.
  Le abilitazioni e le autorizzazioni rese risultano concesse nel rispetto delle procedure e delle misure di tutela previste. L'esito positivo della Valutazione di Incidenza Ambientale, che qui più interessa, rappresenta presidio di legalità nei confronti di quelle misure più finalizzate alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema unico in base al quale l'area interessata è stata soggetta a protezione.
  Quale elemento di specificità rispetto all'altro caso esaminato, è il riferimento degli interroganti alla autorizzazione rilasciata dalla competente Capitaneria di porto.
  Interpellata sul punto specifico della questione, l'Autorità Marittima ha forniti dettagliati ragguagli, che si riportano in sintesi:
   1. La concessione demaniale marittima è stata rilasciata in data 6 febbraio 2013 con scadenza 31 dicembre 2018, a carattere stagionale (Maggio-Settembre) ed ha per oggetto la realizzazione di uno Pag. 245stabilimento balneare, con i connessi servizi bar e ristorazione, per un'area totale di metri quadri 1.000, dei quali solo metri quadri 97,40 coperti;
   2. i manufatti previsti sono stati realizzati completamente in legno, semplicemente poggiati sull'arenile (sono stati presentati rilievi fotografici);
   3. il parere rilasciato dalla Sopraintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Siracusa ha validità di cinque anni dalla data di emissione;
   4. la mancanza di un piano di utilizzo delle aree demaniali marittime non può costituire motivo ostativo al rilascio della concessione;
   5. dall'attività di vigilanza preventiva e repressiva espletata dal personale militare dipendente, sia durante l’iter amministrativo finalizzato al rilascio del titolo concessorio, sia durante il montaggio delle strutture precarie per i servizi, sia durante la stagione balneare, non sono stati rilevati movimenti di terra, strutture in cemento né tanto meno risultano essere stati alterati o rimossi le dune e la macchia mediterranea;
   6. dopo lo smontaggio delle strutture è stato possibile accertare l'integrale ripristino dello status quo ante (sono stati presentati rilievi fotografici).

  La competente Autorità Marittima ha concluso ritenendo che il parere favorevole espresso nell'ambito del procedimento amministrativo finalizzato al rilascio del titolo concessorio non sia in contrasto con l'interesse alla sicurezza della navigazione in senso lato, né tanto meno lede o compromette gli interessi demaniali marittimi o della sicurezza sottesi nella specie, la cui cura è demandata alla stessa Autorità Marittima.
  Da quanto tutto premesso emerge che alla luce delle misure di protezione e tutela applicabili all'aree presso le quali sono stati autorizzati gli interventi sopra descritti, le opere realizzate risultano ambientalmente compatibili con le pertinenti misure di protezione. In particolare, le positive risultanze concernenti la Valutazione di Incidenza Ambientale, quale strumento prioritario normativamente previsto, costituisce garanzia nei confronti del rispetto delle pertinenti misure di tutela dei siti di importanza comunitaria interessati.
  Valga aggiungere, poi, che rispetto agli altri aspetti autorizzativi – diversi da quelli relativi la compatibilità ambientale rimessi, come visto, alla Valutazione di Incidenza Ambientale – connessi alle segnalate problematiche, al Ministero dell'ambiente non risulta alcun contenzioso in atto posto in essere avverso i numerosi provvedimenti abilitativi e autorizzativi rilasciati dai vari e competenti soggetti istituzionali nel corso della lunga istruttoria.
  Ciò nondimeno, stante la rilevanza ambientale delle problematiche poste dagli interroganti, il Ministero dell'ambiente, tuttavia, alla luce delle funzioni specifiche rimesse sulla materia, quale garante della integrità dei Siti di Natura 2000 nei confronti dell'Unione Europea, e nell'ambito di una più generale funzione di tutela dell'ambiente e del territorio, si farà carico di adottare al riguardo ogni lecita e possibile iniziativa per garantire l'integrale rispetto delle misure di protezione, anche tenuto conto della futura e necessaria definizione delle misure di conservazione funzionali alla trasformazione dei SIC in Zone Speciali di Conservazione (ZSC) nonché alla approvazione dei pertinenti Piani di gestione.

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ALLEGATO 4

5-01533 Manfredi: Sulla presunta contaminazione dell'acqua in alcune aree delle province di Napoli e Caserta.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'atto di sindacato ispettivo che si riscontra gli onorevoli interroganti, con riferimento al noto reportage presentato dal settimanale L'Espresso relativo allo studio realizzato dal comando della «US Navy» di Napoli sull'inquinamento nelle province di Napoli e Caserta, chiedono a questo Ministero se sia a conoscenza dei dati raccolti tra il 2009 e il 2011 e se intenda assumere le iniziative di competenza, di concerto con la regione Campania, per le necessarie urgenti verifiche ambientali e per le eventuali opere di bonifica nelle aree indicate dal predetto dossier.
  Il tema si innesta, com’è noto, sulla questione più vasta della c.d. Terra dei fuochi, già più volte affrontata da questo Ministero in sede di sindacato ispettivo.
  Già da tempo, si ricorderà, e in relazione alla sempre maggiore criticità della situazione, si rendeva necessario e improrogabile pervenire alla individuazione di un quadro generale di azioni concrete, immediate e puntuali, con l'obiettivo di sradicare un fenomeno odioso che ipotecava il presente e il futuro di un vasto territorio e della popolazione ivi residente.
  A dimostrazione di quanto la relativa problematica fosse ritenuta di rilevantissima e prioritaria importanza da parte del Ministero dell'ambiente, è da segnalare che sin dai primi giorni di operatività del nuovo Governo, il Ministro aveva ritenuto suo dovere prendere diretto contatto con la realtà ambientale delle aree interessate.
  Si era ritenuto sin da subito, infatti, che una più forte presenza delle istituzioni sul territorio, una maggiore sinergia tra le competenze dei vari Dicasteri coinvolti con le istituzioni locali, l'inasprimento delle pene per i reati ambientali – in particolare per i roghi dei rifiuti, l'avvio dell'attività di bonifica e risanamento, siano i cardini dell'azione cui deve essere improntata l'attività dell'intero Governo.
  In merito, tuttavia, a quanto specificatamente richiesto dagli interroganti, non può non segnalarsi che la risposta più idonea è allo stato rappresentata dalla avvenuta approvazione nel corso del Consiglio dei Ministri del 3 dicembre 2013 di un piano di azione per l'emergenza della «Terra dei fuochi», e altre emergenze ambientali e industriali.
  Detto piano, concretizzatosi con l'avvenuta pubblicazione del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136 recante «Disposizioni urgenti dirette fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 289 del 10 dicembre 2013, interviene a tutela dell'ambiente, della salute e della qualità delle coltivazioni. Si prevedono il monitoraggio e la classificazione dei suoli, l'accertamento dello stato dell'inquinamento dei terreni, la riforma dei reati ambientali, l'accelerazione e la semplificazione degli interventi necessari, oltreché risorse per le bonifiche indispensabili per territori a forte condizionamento criminale quale è quello della Terra dei fuochi.
  In particolare, e per quanto qui maggiormente interessa, si richiama l'attenzione sulle previsioni degli articoli 1 e 2, laddove ci si propone di fare fronte al gravissimo allarme sociale provocato dalla diffusione di notizie sullo stato di contaminazione Pag. 247dei terreni agricoli campani e su eventuali pericoli per la salute umana.
  Il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, l'istituto superiore di sanità e l'Agenzia regionale per la protezione ambientale in Campania è previsto che svolgano le indagini tecniche per la mappatura dei siti inquinati secondo gli indirizzi comuni e le priorità definiti con apposita direttiva.
  E questo perché è urgente e fondamentale acquisire una fotografia ufficiale della situazione attraverso una mappatura delle aree, che individui quelle interessate da fenomeni da inquinamento tali da rendere necessaria la limitazione delle coltivazioni.
  I risultati scientifici così acquisiti consentiranno, quindi, di perimetrare definitivamente i terreni in modo da sfatare una volta per tutte gli infondati timori che tutti i prodotti della Campania siano contaminati e che tutti i terreni destinati all'agroalimentare della regione siano pregiudicati da gravi fenomeni di inquinamento.
  Attraverso tale strumento normativo potranno inoltre essere coordinati e raccordati utilmente tutti i dati conoscitivi già a disposizione ma che necessitano di essere coordinati e unificati. In tale specifico ambito, pertanto, deve ricondursi lo sprone formulato dagli interroganti laddove auspicano la realizzazione delle urgenti verifiche ambientali.
  Uno degli obiettivi perseguiti sarà poi quello di adottare un programma straordinario e urgente di interventi finalizzati alla tutela della salute, alla sicurezza, alla bonifica dei siti nonché alla rivitalizzazione economica dei territori ove si sono riscontrate concentrazioni di inquinanti tali da renderli inidonei alla produzione agroalimentare.
  Per quanto attiene alla questione delle bonifiche dei siti campani, è prevista la costituzione di un Comitato Interministeriale e di una Commissione con il compito di individuare e potenziare azioni e interventi di monitoraggio e tutela da realizzarsi nell'area della regione Campania.
  L'azione della Commissione avrà lo scopo di semplificare e accelerare le procedure per l'attuazione degli interventi di bonifica dei territori. Sarà così possibile per la realizzazione degli stessi fare ricorso allo strumento giuridico del Contratto Istituzionale di sviluppo proprio al fine di accelerare e garantire la qualità della spesa pubblica. Si prevede, inoltre, la possibilità di finanziare il programma, oltre che con le disponibilità ordinarie, anche mediante l'utilizzo del Piano operativo regionale Campania 2007-2013 (fondi strutturali), del Piano di Azione e Coesione, nonché mediante misure che saranno adottate nella programmazione 2014-2020.
  Preme, in conclusione sottolineare, e con non poco compiacimento, che le iniziative appena riferite non rappresentano mere intenzioni ma provvedimenti concreti adottati dal Governo per far fronte alla rilevantissima crisi ambientale accertata nell'area della Terra dei fuochi, nell'ambito della quale il contenuto del dossier della US Navy, da cui hanno tratto spunto gli interroganti per conoscere le iniziative che il Ministero dell'ambiente intendeva adottare, rappresenta solo un aspetto delle varie problematiche.
  Fermo restando quanto appena riferito, rimane comunque la possibilità di apportare in corso di conversione del decreto-legge quelle modifiche che saranno ritenute opportune per meglio definire il complesso di interventi finalizzati a risolvere, per quanto possibile e che qui interessa, il fenomeno dell'inquinamento nella Terra dei fuochi.