CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 29 maggio 2013
28.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-00173 Fucci: Iniziative volte a prevenire i casi di leucemie e altre forme di tumore diffusi tra i bambini di Andria.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto ispettivo in esame, prima di entrare nel merito della specifica questione sollevata relativa al Comune di Andria, in via preliminare, si osserva quanto segue.
  L'Istituto Superiore di Sanità ha inteso precisate che le leucemie, pur essendo le malattie neoplastiche più frequenti in età infantile (0-14 anni), sono patologie piuttosto rare. In Italia l'incidenza delle leucemie in età pediatrica è pari a circa 55 casi per milione di bambini, con una leggera prevalenza di insorgenza nei maschi (60) e livelli di incidenza più elevati nel Nord rispetto al Centro e al Sud del Paese. La leucemia linfoblastica acuta (ULA) è il tipo citologico prevalente (80 per cento dei casi).
  In Italia, come nel resto d'Europa, la sopravvivenza dei pazienti leucemici diagnosticati in età pediatrica è significativamente migliorata negli ultimi decenni e si attesta ormai su livelli superiori all'80 per cento.
  Sempre a carattere generale, si segnala che il Ministero della salute fin dal 2004, con l'istituzione del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), ha sostenuto la costituzione e il rafforzamento dei Registri Tumori; a seguito di tale azione la copertura del territorio nazionale da parte di tali Registri è passata dal 25 al 50 per cento in tale periodo temporale.
  Infatti, la rete dei Registri Tumori sostenuta dal Ministero della salute e finanziata dal CCM attualmente copre circa il 50 per cento del territorio nazionale. Sulla base dell'analisi dei dati raccolti fino al marzo 2013, la rete ha prodotto una monografia dal titolo «I tumori dei bambini e degli adolescenti», in collaborazione con l'Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica (AIEOP).
  I dati, riferiti a tutta l'Italia, mostrano nel periodo 1998-2008 una diminuzione significativa del complesso dei tumori maligni.
  Inoltre, per la istituzione dei Registri come prospettiva del futuro, va ricordato che l'articolo 12 del decreto-legge n. 179/2012, convertito dalla legge n. 221 del 2012, in materia di fascicolo sanitario elettronico, prevede la formalizzazione, implementazione e regolamentazione dei Registri Tumori. A tale fine, questo Ministero è attualmente impegnato a predisporre i provvedimenti attuativi della normativa citata e, in tale ambito di azione, sarà riconsiderato anche il tema dell'estensione territoriale dei Registri.
  Nel merito della questione in esame, si osserva quanto segue.
  La Prefettura di Andria, nella giornata di ieri, ha precisato che la problematica sollevata dall'interrogante è argomento di attenzione da parte dei principali soggetti istituzionali competenti del territorio.
  Ha comunicato, inoltre, che nei giorni scorsi si è svolto un incontro con la popolazione patrocinato da ASL e Comune di Andria, nel corso del quale sono stati illustrati i risultati dell'attività di uno studio di settore.
  Le conclusioni dell'analisi cui è pervenuto tale studio sono sintetizzabili nell'assunto che il numero di leucemie nel 2012 è stato effettivamente «più alto che negli Pag. 81anni precedenti in cui, però, è stato osservato talvolta un numero di casi inferiore all'atteso».
  Inoltre, gli esiti dello studio raccomandano una attività di monitoraggio dell'incidenza.
  È emerso, infatti, che la sorveglianza sulle nuove diagnosi di neoplasie ematologiche infantili nel 2013 potrebbe fornire importanti elementi di giudizio in ordine alla patologia in esame.
  Da ultimo, la Prefettura ha inteso precisare che una efficace misura per sorvegliare il fenomeno sarà costituita dal Registro Tumori dell'ASL di Barletta, Andria e Trani, che risulta già istituito, anche se ancora non è operativo.
  A tal riguardo, desidero assicurare la S. V. che il Ministero della salute provvederà a sensibilizzare le competenti Autorità della Regione Puglia affinché in tempi rapidi sia garantita l'operatività del Registro.

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ALLEGATO 2

5-00174 Biondelli: Iniziative per definire criteri volti all'istituzione di concorsi riguardanti l'assunzione specifica di infermieri pediatrici in strutture pubbliche e private.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto ispettivo in esame, in via preliminare, va ricordato che nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale e dell'assistenza alla popolazione, compresa quella pediatrica, è in atto una significativa evoluzione delle componenti organizzativo-assistenziali, correlata ai mutati bisogni di salute ed al costante e profondo progresso scientifico e tecnologico.
  Nell'ambito di questa attività di integrazione, è indubbio che la figura professionale dell'infermiere pediatrico rivesta un ruolo centrale.
  Ne consegue che la peculiarità di tale fase della vita umana comporta che la tutela della salute dell'area neonatale, pediatrica e dell'età evolutiva necessiti di una formazione infermieristica specifica.
  Ciò premesso, entrando nel merito delle questioni poste, si comunica che nel mese di febbraio 2013 è stata predisposta una proposta di Accordo Stato-Regioni, condivisa dalla Federazione Collegi Infermieri e dalle organizzazioni sindacali interessate, inerente l'implementazione delle competenze infermieristiche e l'introduzione delle specializzazioni già previste dalla legge n. 43/2006 che, come è noto, istituisce una specifica area specialistica pediatrica.
  La Commissione salute ha già reso il parere favorevole, il prossimo e definitivo passaggio è rappresentato dalla Conferenza Stato-Regioni.
  Per quanto riguarda la possibilità di riconoscere ai laureati in infermieristica pediatrica un titolo equipollente a quello di infermiere generalista, l'attuale normativa universitaria prevede il riconoscimento di crediti formativi.
  Attesa la rilevanza della tematica, questo Ministero sottoporrà la questione all'attenzione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in occasione della revisione degli ordinamenti didattici dei corsi di studio universitari; peraltro tale revisione è già prevista dalla menzionata proposta di Accordo Stato-regioni.
  In ordine alla possibilità di definire, a livello nazionale, criteri volti all'istituzione di concorsi per infermieri pediatrici, il decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 2001, n. 220 già disciplina la procedura concorsuale del personale non dirigenziale del SSN.
  Tuttavia, la questione in esame va valutata con riguardo ai programmi delle singole Regioni, che devono già prevedere le disposizioni per gli accreditamenti delle singole strutture, anche con specifico riguardo alle strutture pediatriche, al cui interno devono essere garantite le necessarie figure professionali, ai fini dello stesso accreditamento.
  Inoltre, va detto anche che molte aziende sanitarie procedono ai concorsi solo per infermieri professionali, per poter poi beneficiare di una maggiore flessibilità del personale.
  Sarà cura di questo Ministero sensibilizzare le Regioni affinché siano rispettate le procedure per l'accreditamento, per poter poi bandire i concorsi per l'infermiere pediatrico. Pag. 83
  Da ultimo, per quanto concerne la possibilità di prevedere un affiancamento dell'infermiere pediatrico al pediatra di libera scelta, si ricorda che il decreto-legge 12 settembre 2012 n.158, convertito dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, ha dettato disposizioni in materia di riordino dell'assistenza territoriale. Tale riforma, come è noto, ha l'obiettivo di favorire ed implementare una maggiore integrazione di tutte le categorie professionali operanti nel Servizio Sanitario Nazionale e migliorare i collegamenti tra queste ultime e le Aziende sanitarie, attraverso un modello di rete integrata di servizi sanitari e sociali. In tale contesto riorganizzato sarà più agevole per i professionisti coinvolti operare in una logica multiprofessionale e multidisciplinare, al fine di garantire l'efficacia della continuità delle cure, anche in risposta ai bisogni specifici di salute sia dell'adulto che del bambino.
  Pertanto, nel rispetto delle disposizioni vigenti, spetta alle Regioni adottare ogni utile iniziativa finalizzata a valorizzare, tra le altre, la figura dell'infermiere pediatrico, che nell'ambito della propria autonomia professionale può collaborare con il pediatra di libera scelta.

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ALLEGATO 3

5-00182 Cecconi: Iniziative per ridurre l'impatto della crisi economica sulla salute degli italiani.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito alle questioni sollevate nell'atto ispettivo in esame, partendo da alcune considerazioni generali, si fa presente quanto segue.
  Negli ultimi anni, i crescenti costi per garantire servizi di qualità elevata, le manovre di contenimento della spesa pubblica e la conseguente contrazione delle risorse finanziarie, il progressivo invecchiamento della popolazione e l'aumento delle patologie croniche, il divario ancora oggi esistente tra il Nord e il Mezzogiorno del nostro Paese, hanno posto al centro dell'attenzione il dibattito sulla sostenibilità del nostro sistema sanitario e impongono con urgenza di ripensare il modello organizzativo e strutturale del sistema sanitario nazionale.
  Attraverso un profondo cambiamento organizzativo e strutturale sarà possibile attuare un modello di assistenza compatibile con i bisogni dei cittadini e anche con le esigenze di razionalizzazione della spesa sanitaria.
  Sulla base dell'esperienza passata, si può certamente affermare che bisogna evitare le iniziative volte a produrre un risparmio nell'immediato, in termini economico-finanziari, puntando piuttosto ad avviare e completare un cambiamento culturale e strutturale dei modelli organizzativi dei sistemi sanitari, rispettoso delle prescrizioni di razionalizzazione della spesa già vigenti, al fine di produrre una reale riqualificazione dei servizi.
  Ed è proprio da tale revisione che dovranno essere recuperate una parte delle risorse per investire nel nuovo modello.
  A questo proposito, si rammenta che è al vaglio della Conferenza Stato-Regioni lo schema di regolamento sulla «Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera» previsto dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge n. 135 del 2012, che contiene, tra le altre, l'indicazione utile ad avviare la revisione del modello organizzativo e strutturale del Servizio Sanitario Nazionale in grado di recuperare risorse anche per investire nell'assistenza territoriale.
  Si ritiene che attraverso il completamento di questo trasferimento di risorse dall'ospedale al territorio, sarà possibile affrontare efficacemente anche i temi della prevenzione, dell'invecchiamento e delle cronicità e, quindi, a garantire la sostenibilità futura del Servizio Sanitario Nazionale.
  Il nuovo modello organizzativo consentirà anche la valorizzazione e la creazione di strutture di eccellenza presenti in ognuna delle regioni italiane, sia per ridurre il fenomeno della mobilità interregionale, come sollevato dagli On.li interroganti, che per ridurre la mobilità dall'Italia verso altri Paesi Europei.
  È appena il caso di ricordare, come è noto a questa Commissione, che il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, a causa sia delle passate manovre sia della legge di Stabilità, è stato ridotto in misura significativa.
  Alla luce delle valutazioni rese, il Governo è pienamente consapevole che ulteriori riduzioni di risorse non appaiono più compatibili con la sostenibilità del sistema sanitario, già messo a dura prova negli ultimi anni.Pag. 85
  Tenuto conto del fatto che ogni Regione italiana può documentare punti di forza e punti di debolezza del sistema, sarà pertanto opportuno concordare preventivamente, proprio con le Regioni, una modalità di razionalizzazione della spesa, che tenga conto delle differenti capacità organizzative e culturali del territorio, premiando gli sforzi ed i successi già ottenuti negli anni dalle singole realtà regionali, condividendo azioni di programmazione che possano ridurre il divario tra nord e sud.
  È necessario pertanto individuare, assieme alle Regioni, una mappatura ulteriore degli sprechi, specialmente in alcuni contesti del nostro Paese, dove ai costi elevatissimi delle prestazioni sanitarie non corrispondono solitamente adeguati livelli di qualità dei servizi resi ai cittadini.
  Alla luce di quanto ho già riferito, il Ministero della salute ha già avviato ogni iniziativa utile per scongiurare ogni ulteriore riduzione del fondo sanitario, nella consapevolezza di essere sostenuto anche dalla proficua attività di questa Commissione e di tutto il Parlamento.
  A tale fine comunico che il Presidente del Consiglio, in occasione del primo incontro del Governo con la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, ha manifestato unitamente al Ministro della salute la volontà di tenere aperto un canale di dialogo costante e proficuo con le Amministrazioni regionali ed ha esplicitato ai rappresentanti delle Regioni la necessità di costituire una Commissione Governo-Regioni proprio per approfondire la materia relativa ai ticket sanitari e impedite che dal 1o gennaio 2014 siano aumentati i ticket sanitari.

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ALLEGATO 4

5-00183 Gigli: Dati sull'attività svolta dai consultori per aiutare le donne a non interrompere volontariamente la gravidanza.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione riguarda taluni aspetti che attengono all'attuazione della legge n. 194 del 1978, che ha disciplinato in modo sistematico la maternità e l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG).
  Ritengo opportuno fin da subito segnalare che nell'impianto generale della legge un ruolo fondamentale, come è noto, deve essere riconosciuto alla rete dei consultori familiari, che costituiscono i servizi più vicini all'attivazione di reti di sostegno per la maternità, in collaborazione con i servizi sociali dei comuni e con il privato sociale.
  Nel merito del quesito posto e in particolare al dettaglio dei dati richiesti, come la cifra spesa per i consultori o il numero delle collaborazioni con il mondo del volontariato o ancora il numero degli interventi personalizzati per evitare l'aborto, da inserire nella prossima Relazione al Parlamento, fin da subito comunico tali dati non sono in possesso del Ministero della salute per diversi ordini di motivi, che in generale si possono ricondurre alla gestione delle singole realtà sanitarie, che rientrano nella piena potestà organizzativa delle Regioni. Valga un esempio per tutti: i consultori vanno considerati nell'ambito dell'attività del Dipartimento di prevenzione delle aziende sanitarie, pertanto il loro operato e il conseguente onere non può essere valutato singolarmente rispetto al Dipartimento di prevenzione; o ancora a proposito del numero degli interventi personalizzati, si ricorda che trattasi di interventi assistenziali riconducibili all'attività sanitaria di ciascuna ASL e delle Regioni.
  Sono comunque consapevole, che le questioni poste denotano l'esclusivo interesse degli Onorevoli interroganti circa il rispetto e il diritto delle donne alle cure, pertanto anticipo l'impegno del Ministero della salute ad avviare presso le Regioni una adeguata iniziativa, anche con formale lettera, non solo per sensibilizzare le strutture sanitarie con particolare riguardo al mondo del volontariato per promuovere e sostenere importanti canali di collaborazione e supporto tra i consultori e le associazioni di volontariato, ma soprattutto per chiedere se è possibile di acquisire una specifica dei dati con maggiore livello di dettaglio in relazione ai singoli quesiti posti.

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ALLEGATO 5

5-00184 Lenzi: Dati sull'incremento degli aborti clandestini e ritardo nella presentazione alle Camere della relazione annuale sull'attuazione della legge n. 194 del 1978.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In riferimento all'atto parlamentare in esame, anche esso rivolto alla corretta applicazione della legge n. 194 del 1978 e al ritardo con cui viene presentata dal Governo la relazione al Parlamento, espongo di seguito le motivazioni oggettive che costituiscono la ratio del mancato rispetto del termine del mese di febbraio di ogni anno per la presentazione della medesima, peraltro già illustrate nella Relazione del 2012.
  La raccolta, il controllo e l'elaborazione dei dati analitici sulle interruzioni volontarie di gravidanza di tutte le Regioni, rappresentano un processo lungo e delicato che impegna tutti gli attori istituzionali coinvolti nel sistema di sorveglianza, dalle strutture periferiche (rappresentate dalle strutture sanitarie in cui si effettua l'interruzione volontaria di gravidanza, dalle ASL e dagli Assessorati regionali alla sanità) a quelle centrali (rappresentate dal Ministero della salute e dall'Istituto Superiore di Sanità).
  A ciò aggiungasi che, ai tempi necessari per acquisire i dati sufficientemente accurati e completi, sopra indicati, vanno considerati anche i tempi per l'acquisizione delle informazioni relative alle popolazioni di riferimento (donne in età feconda e nati vivi dell'anno in oggetto), forniti dall'ISTAT.
  Tali dati sono disponibili o come stime (donne in età feconda) o come dati definitivi (nati vivi) solo nella seconda metà dell'anno successivo a quello in oggetto.
  Dalle motivazioni sopra rese si evince che, solo nella seconda metà dell'anno in corso è possibile trasmettere al Parlamento la Relazione con i dati definitivi e l'analisi del fenomeno.
  Per quanto riguarda eventuali inosservanze nella applicazione della legge, sarà cura di questo Ministero sollecitare le Regioni non solo per vigilate ma soprattutto per creare condizioni sempre più favorevoli alla corretta attuazione della norma.
  Ciò premesso, l'ultima Relazione al Parlamento presentata in data 8 ottobre 2012 riferisce, invece, che nel nostro Paese prosegue la tendenza alla diminuzione del numero di interruzione volontaria di gravidanza, e quindi del tasso di abortività, e che nella grande maggioranza dei casi il ricorso a questo intervento rappresenta l'ultimo stadio del percorso, nel senso che sono da considerarsi già prima avviati i metodi per evitare gravidanze indesiderate. La riduzione percentuale di aborti ripetuti è la più significativa dimostrazione del cambiamento nel tempo del rischio di gravidanze indesiderate, poiché, se tale rischio fosse rimasto costante nel tempo, si sarebbero avute attualmente percentuali doppie rispetto a quelle osservate.
  Sarà cura di questo Ministero, attesi i dati allarmanti forniti nell'interrogazione in esame, con la nota sopra già annunciata chiedere alle Regioni di verificare, con tutti gli strumenti di competenza, se tale fenomeno della clandestinità sia confermato.
  Relativamente all'obiezione di coscienza, e nel rispetto dell'articolo 9 della legge in esame, volto a disciplinare la possibilità da parte del sanitario di sollevare obiezione di coscienza, è doveroso ricordate che il legislatore, se ha correttamente valutato Pag. 88il diritto degli obiettori, ha nel contempo tutelato il diritto della donna ad accedere alle cure e ad accedere alle pratiche della interruzione della gravidanza. La legge infatti prescrive che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure in questione.
  Va anche riconosciuto che i valori di obiezione di coscienza tra il personale medico e delle altre figure sanitarie interessate dall'interruzione volontaria di gravidanza sono presenti sin dai primi anni dell'attuazione della legge. Ciò non ha però pregiudicato il diritto delle donne all'accesso all’iter previsto dalla legge e quindi all'intervento, avendo le Regioni e le Aziende Sanitarie garantito, non solo attraverso la mobilità del personale di ruolo, ma anche attraverso opportune convenzioni con specialisti, l'espletamento delle procedure previste dalla legge 194.
  Così come riportato nell'ultima Relazione al Parlamento presentata l'8 ottobre 2012 – a cui si rinvia per il dettaglio dei dati – nel 2010 si evince una stabilizzazione generale dell'obiezione di coscienza tra i ginecologi e gli anestesisti, dopo un notevole aumento negli ultimi anni.
  Pertanto, il livello dell'obiezione di coscienza presente in Italia, ponderato, come già detto, in parte dalla mobilità del personale e da contratti in convenzione con specialisti in ostetricia e ginecologia e da ultimo, dall'introduzione anche in Italia dell'aborto farmacologico, sembra non avere una diretta incidenza nel ricorso all'IVG; né aver compromesso i diritti delle donne. Da ultimo va segnalato che nel tempo la riduzione delle donne, che ricorrono all'IVG, è di gran lunga maggiore rispetto all'aumento del numero del personale sanitario obiettore.